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DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PSICOBIOLOGIA E NEUROSCIENZE COGNITIVE TESI DI LAUREA SPERIMENTALE IN NEUROSCIENZE DELLE RELAZIONI SOCIALI MODULAZIONE DELLA RISPOSTA VISIVA DEI NEURONI SPECCHIO DELLA CORTECCIA PREMOTORIA VENTRALE DELLA SCIMMIA (F5) IN RELAZIONE AL CONTESTO SOCIALE Laureanda: Rossella Di Domenico Relatore: Chiar.mo Prof. Pier Francesco Ferrari Controrelatore: Chiar.mo Prof. Leonardo Fogassi ANNO ACCADEMICO 2014/2015

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DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN PSICOBIOLOGIA E

NEUROSCIENZE COGNITIVE

TESI DI LAUREA SPERIMENTALE IN NEUROSCIENZE DELLE RELAZIONI

SOCIALI

MODULAZIONE DELLA RISPOSTA VISIVA DEI

NEURONI SPECCHIO DELLA CORTECCIA

PREMOTORIA VENTRALE DELLA SCIMMIA (F5) IN

RELAZIONE AL CONTESTO SOCIALE

Laureanda: Rossella Di Domenico

Relatore: Chiar.mo Prof. Pier Francesco Ferrari

Controrelatore: Chiar.mo Prof. Leonardo Fogassi

ANNO ACCADEMICO 2014/2015

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Questa tesi è dedicata a Betta ed Houdinì, i due macachi rhesus che hanno reso

possibile la realizzazione di questo studio.

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INDICE

ABSTRACT…………………………………………………………………. ...... i

RIASSUNTO………………………………………………………………... ...... iii

1. INTRODUZIONE………………………………………………………… ..... 1

1.1 ANATOMIA E FUNZIONI DELLA CORTECCIA PREMOTORIA.. .... 1

1.1.1 Aree parieto-dipendenti ed aree prefronto-dipendenti………………... ..... 1

1.1.2 Caratteristiche funzionali ed anatomiche della corteccia premotoria

ventrale(area F5)……………………………………………………………........ 3

1.2 IL RUOLO DEI NEURONI SPECCHIO NELLA COMPRENSIONE

DELLE AZIONI E DELLE INTENZIONI ALTRUI……………………… ... 7

1.2.1 I Neuroni Specchio……………………………………………………. ..... 7

1.2.2 Comprensione e riconoscimento delle azioni e delle intenzioni altrui........ 12

1.3 CONTESTO SOCIALE E CORRELATI NEUROFISIOLOGICI NELLA

CODIFICA DELLE AZIONI ALTRUI……………………………………. .... 15

1.3.1 Aree della corteccia attive in relazione al contesto sociale……………...... 15

1.3.2 Brain-to-brain coupling……………………………………………….. ...... 18

2. SCOPO DELLA TESI……………………………………………………. ..... 21

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2.1 Premesse…………………………………………………………………….. . 21

2.2 Obiettivi……………………………………………………………………… 23

3. MATERIALI E METODI…………………………………………………… 25

3.1 ADDESTRAMENTO PRELIMINARE DELLE SCIMMIE…………….. 25

3.1.1 Compito visivo (CV) - Osservazione di un’azione di afferramento……..... 26

3.1.2 Compito motorio (CM) - Esecuzione di un’azione di afferramento……. .. 26

3.2 IMPIANTO DEL SISTEMA DI FISSAGGIO E DELLA CAMERA DI

REGISTRAZIONE……………………………………………………………... 27

3.3 MAPPATURA DELLA CORTECCIA PREMOTORIA VENTRALE

DELLA SCIMMIA (AREA F5)……………………………………………….. 28

3.4 DALLA VALUTAZIONE CLINICA ALL’ACQUISIZIONE DEI

NEURONI………………………………………………………………………. 31

3.4.1 Tecniche di registrazione…………………………………………………. . 31

3.4.2 Calibrazione oculare e Software di acquisizione dei dati……………….. .. 33

3.5 PARADIGMA SPERIMENTALE - Compito visivo (CV) e Compito motorio

(CM)…………………………………………………………………………….. . 35

3.6 ANALISI STATISTICHE………………………………………………….. 40

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3.6.1 Analisi di popolazione e analisi di correlazione tempo – frequenza…… ... 41

4. RISULTATI…………………………………………………………………. . 43

4.1 Analisi di Popolazione e di correlazione: Risultati……………………….. ... 51

5. DISCUSSIONE……………………………………………………………… . 53

6. BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………. . 61

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i

ABSTRACT

Several studies show that mirror neurons‟ discharge in the monkey ventral premotor

cortex and in the inferior parietal lobule is modulated by the action‟s goal and by the

context in which the action has been executed (Fogassi et al., 2005; Bonini et al.

2009). In this study, we investigated how the social context can influence the

modulation of visual mirror neurons‟ discharge in the monkey ventral premotor

cortex (F5). In particular, we investigated if contextual information (such as the

presence of a container), which requires a passive observation of the action, and

social cues (such as the motor interaction between the observer and the executer),

which requires the execution of an action in coordination with the observed agent,

can affect differently the activity of mirror neurons‟ visual discharge in F5 area. We

carried out electrophysiological recordings in the ventral premotor cortex of two

macaques (Macaca mulatta), with a sixteen channels multielectrode. The neural

activity was recorded in the visual task (VT) and in the motor task (MT) to

demonstrate the presence of mirror response. The visual task was made under 4

conditions in which the monkey observed an experimenter grasping an object

followed by one out of four possible action goal: 1. Container (grasping the object

followed by placing it into a container), 2. Hand (grasping to place it into another

experimenter's hand), 3. Monkey (grasping to place it into the monkey's hand; in this

condition the monkey had to prepare and perform a grasping action), 4. Mouth

(grasping the object in order to eat it). We find that the spikes frequency was

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ii

significantly lower in the Monkey condition compared to the other 3 conditions.

Interestingly, the spikes frequency and the time (between the contact of the

experimenter‟s hand with the target and the release of the monkey‟s hand by her

handle) were negatively correlated suggesting that the observation of an action which

leads to an interaction with the observer attenuate the visual response of MN in the

ventral premotor cortex.

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iii

RIASSUNTO

Diverse evidenze dimostrano che la scarica dei neuroni specchio della corteccia

premotoria ventrale e del lobulo parietale inferiore è modulata dallo scopo finale di

un‟azione e dal contesto in cui l‟azione viene eseguita (Fogassi et al. 2005; Bonini et

al. 2009). In questo studio ci siamo proposti di indagare come il contesto sociale

possa influire sulla modulazione della scarica visiva dei neuroni mirror della

corteccia premotoria ventrale (F5). In particolare, ci siamo proposti di verificare se

informazioni di natura contestuale (come la presenza di un contenitore o di

un‟interazione tra due individui), che richiedono solo un‟osservazione passiva, ed

informazioni di natura sociale che pero‟ sono seguiti da un‟interazione con l‟agente

(osservazione attiva) e quindi richiedono una preparazione motoria da parte

dell‟osservatore, abbiano un impatto diverso nella modulazione della scarica visiva

dei neuroni mirror di F5. Abbiamo condotto lo studio su due scimmie, del genere

Macaca mulatta, in registrazione intracorticale extracellulare, con un multielettrodo

da 16 canali. L‟area di registrazione è stata la corteccia premotoria ventrale (area F5).

L‟attività neuronale veniva acquisita durante un compito visivo (CV) ed un compito

motorio (CM), al fine di verificare se le risposte ottenute fossero di tipo “mirror”. Il

compito visivo (CV) prevedeva 4 condizioni: Container (afferrare per piazzare in un

contenitore), Hand (afferrare per piazzare nella mano di un altro sperimentatore),

Monkey (afferrare per piazzare nella mano della scimmia), Mouth (afferrare per

portare alla bocca). Abbiamo rilevato che la frequenza di scarica delle risposte visive

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iv

dei neuroni mirror della premotoria ventrale, è significativamente inferiore nella

condizione Monkey, rispetto alle altre condizioni. Inoltre, la frequenza di scarica

tende a diminuire in relazione all‟aumento del tempo intercorso tra il contatto della

mano dello sperimentatore con l‟oggetto target e il rilascio della mano della scimmia

dal punto di partenza, mostrando quindi una correlazione di tipo negativo. Questi

risultati suggeriscono che l‟osservazione di un azione che richiede una successiva

azione coordinata da parte dell‟osservatore con l‟agente osservato, produce

un‟attenuazione della scarica visiva dei neuroni specchio nella corteccia premotoria

ventrale.

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1. INTRODUZIONE

1.1 ANATOMIA E FUNZIONI DELLA CORTECCIA PREMOTORIA

1.1.1 Aree parieto-dipendenti ed aree prefronto-dipendenti

Il lobo frontale dei primati, può essere suddiviso in due macro-aree corrispondenti

l‟una alla corteccia prefrontale e l‟altra alle cortecce motoria e premotoria. L‟area

prefrontale è deputata per lo più a funzioni cognitive di ordine superiore, come le

funzioni esecutive, la pianificazione ed il controllo delle azioni, le funzioni

mnemoniche. Le cortecce motoria e premotoria, invece, assolvono funzioni per lo più

motorie e sono chiaramente riconoscibili a causa della mancanza del IV strato

corticale (strato granulare interno).

Queste aree sono identificabili rispettivamente con le aree 4 e 6 di Broadmann.

A partire dagli anni 80‟, si è dato inizio ad alcune indagini elettrofisiologiche e di tipo

anatomico che hanno rivelato come le aree 4 e 6 di Broadmann siano a loro volta

suddivisibili in altre 7 aree numerate da F1 ad F7 (Matelli et al., 1985; Barbas &

Pandya, 1987; Matelli et al., 1991; Petrides & Pandya, 1994). Queste aree,

interconnesse tra loro, contengono rappresentazioni dei movimenti del corpo e

possiedono connessioni con la restante corteccia.

L‟area F1, si trova posizionata rostralmente al solco centrale e corrisponde

precisamente all‟area 4 di Broadmann, mentre le restanti sei aree rappresentano delle

vere e proprie suddivisioni della corteccia premotoria o area 6 di Broadmann:

-F2 ed F7 si trovano nella porzione dorsale dell‟area 6;

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-F3 ed F6 si trovano nella porzione mesiale dell‟area 6;

-F4 ed F5 si trovano nella porzione ventrale dell‟area 6.

Le aree F2, F3, F4, F5 (regione posteriore della corteccia premotoria) sono state

definite aree parieto-dipendenti poiché ricevono afferenze dal lobo parietale

(Luppino & Rizzolatti, 2000; Rizzolatti & Luppino, 2001). Esse inoltre sono

direttamente connesse con F1.

Le aree F6 ed F7 definite aree prefronto-dipendenti ricevono invece le loro principali

afferenze dalla corteccia prefrontale (Matelli et al., 1986; Luppino et al., 1993;

Rizzolatti & Luppino, 2001).

Poiché le aree parieto-dipendenti presentano alcune proiezioni dirette al midollo

spinale, entrano a far parte del tratto cortico-spinale, mentre le aree prefronto-

dipendenti mandano le loro proiezioni al tronco encefalico (Keizer & Kuypers, 1989;

Galea & Darian-Smith, 1994). Quindi, le prime sono deputate a trasformare

l‟informazione sensoriale proveniente dalle aree parietali in movimenti appropriati al

contesto, mentre le seconde sono deputate alle funzioni di controllo eseguite sulla

base delle informazioni afferenti dalla corteccia prefrontale. Tuttavia, le aree

prefronto-dipendenti, non avendo connessioni dirette con F1, possono esercitare il

controllo del movimento solo attraverso le loro interconnessioni con le aree

premotorie (Rizzolatti & Luppino, 2001).

Le fibre discendenti che originano da F1 raggiungono direttamente i motoneuroni

localizzati nella lamina IX del midollo spinale. Mentre, le proiezioni cortico-spinali

originate dalle aree parieto-dipendenti raggiungono solamente la porzione intermedia

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del midollo spinale (Porter & Lemon, 1993). Si può quindi ipotizzare che le aree F2,

F3, F4 ed F5 svolgano la funzione di attivare circuiti predeterminati e in questo modo

di agire sul movimento globale in quanto tale, mentre le proiezioni derivanti da F1

svolgano funzioni di regolazione fine del movimento (Gentilucci et al., 1988;

Luppino et al., 1991; Coudè et al., 2005).

Pertanto, le connessioni parieto-frontali, avrebbero un ruolo nella trasformazione

sensori-motoria, quindi nell‟esecuzione e nel controllo dei movimenti da una parte

(Fogassi et al., 1992, Gallese et al., 1994) e nel riconoscimento e nella comprensione

delle azioni altrui dall‟altra (Gallese et al., 1996; Fadiga et al., 2000; Rizzolatti &

Craighero, 2004). Invece, le connessioni tra la prefrontale e l‟area F6

contribuirebbero a fornire informazioni motivazionali, mnemoniche e contestuali

(Tanji, 2001; Hoshi & Tanji, 2004), quindi svolgerebbero funzioni di ordine

esecutivo e circostanziale sulle azioni (Rizzolatti & Luppino, 2001).

1.1.2 Caratteristiche funzionali ed anatomiche della corteccia premotoria

ventrale(area F5)

La corteccia premotoria ventrale può essere suddivisa in una regione caudale,

corrispondente all‟area F4 ed una regione rostrale corrispondente all‟area F5, con

differenti caratteristiche (Figura 1.A).

Figura 1.A. Cervello di macaco. All‟interno della cornice rossa:

le aree premotorie ventrali.

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L‟area F5, costeggia i Frontal Eye Fields (FEF) all‟interno del solco arcuato inferiore

e si estende fino ai limiti della corteccia prefrontale. Essa si compone di due settori

principali (Matelli et al., 1985):

-F5ab: localizzato nel banco posteriore del solco arcuato inferiore;

-F5c: localizzato nella convessità corticale.

Attraverso analisi neurochimiche è stato possibile individuare all‟interno del settore

F5ab, due tipologie di aree (Figura 1.B) di cui la prima, F5p, posta più caudalmente,

si estende lungo tutto il banco posteriore del solco arcuato inferiore e presenta una

organizzazione colonnare con suddivisione del V strato in due sublamine. La

seconda, F5a, posta più rostralmente nel fondo del solco arcuato inferiore, mostra un

V strato più omogeneo. Infatti, mentre in F5p, le cellule immunopositive alla

calbindina (CB) si concentrano nel II e III strato, in F5a esse si concentrano proprio

nel V strato (Luppino & Rizzolatti, 2000).

Figura 1.B. Cervello di macaco. Suddivisione

dell‟area F5 nei settori: F5a, F5p, F5c.

B

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Nella parte rostrale della corteccia premotoria ventrale, corrispondente all‟area F5, è

stata dimostrata l‟esistenza di neuroni motori e visuo-motori che si attivano con

l‟esecuzione di atti motori finalizzati al raggiungimento di uno scopo, come afferrare,

tenere, manipolare o rompere (Rizzolatti et al., 1987; Gentilucci et al., 1988).

Gli atti motori sono costituiti da sequenze di movimenti semplici, eseguite in modo

fluido, coordinato e sinergico e dirette al conseguimento di uno scopo. Ad esempio,

l‟atto di afferrare richiede una flessione del pollice e dell‟indice oppure di tutta la

mano in relazione alla grandezza dell‟oggetto. Registrando l‟attività di un neurone in

F5 che codifica l‟afferramento, durante l‟atto di graffiare o di grattarsi, avremmo una

frequenza di scarica pressocchè nulla, in quanto, pur essendo coinvolti gli stessi

effettori, lo scopo dell‟azione è molto differente rispetto a quella di afferrare. Per

questo possiamo affermare che i neuroni di F5 codificano il movimento in termini di

scopo dell‟azione che si sta eseguendo.

I neuroni visuo-motori dell‟area F5 sono stati suddivisi in due classi: neuroni

canonici e neuroni mirror, localizzati in settori differenti dell‟area stessa (Rizzolatti &

Luppino, 2001). I neuroni mirror codificano per lo più azioni distali come

l‟afferramento con la mano o con la bocca, il tenere e lo strappare ed hanno una

selettività per il modo in cui l‟atto viene svolto (presa di precisione, presa a tutta

mano). Circa la metà dei neuroni motori dell‟area F5 risponde anche alla

stimolazione somatosensoriale e circa un quinto di essi mostra risposte di tipo visivo.

Questi ultimi, i neuroni canonici, scaricano alla sola presentazione di oggetti e sono

caratterizzati da una stretta congruenza tra il tipo di presa e le caratteristiche visive

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dell‟oggetto presentato. Ad esempio, se un neurone scarica durante l‟afferramento di

un tipo particolare di oggetto, magari di piccole dimensioni, la scarica visiva di

questo neurone sarà congruente con la presentazione nel campo visivo di un oggetto

di piccole dimensioni. Questo suggerisce che in F5 gli oggetti vengano rappresentati

in relazione al tipo di interazione motoria che si può avere con essi. Infatti,

disattivando farmacologicamente quest‟area, diventa molto difficile per la scimmia

conformare i propri atti motori di afferramento (con la mano controlaterale

all‟emisfero leso) alle dimensioni e alla forma degli oggetti da afferrare e questo

inserisce ancora una volta F5 all‟interno del suddetto (cfr. par 1.1.1) circuito parieto-

premotorio deputato alla trasformazione dell‟informazione sensori-motoria.

L‟area F5 sarebbe dunque dotata di un vocabolario di atti motori finalizzati, in cui le

parole sono le popolazioni neuronali che codificano un particolare atto motorio o un

suo aspetto, lo scopo dell‟azione oppure il modo in cui questa azione deve essere

eseguita. Inoltre, la coesistenza di risposte visive e risposte motorie in uno stesso

neurone testimonia la possibilità di evocare un atto motorio anche quando

quest‟ultimo non deve essere attivamente eseguito.

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1.3 IL RUOLO DEI NEURONI SPECCHIO NELLA COMPRENSIONE

DELLE AZIONI E DELLE INTENZIONI ALTRUI

1.3.1 I Neuroni Specchio

E‟ ormai noto che all‟inizio degli anni Novanta, nel settore F5c dell‟area F5, siano

stati registrati dei neuroni atipici, diversi da quelli canonici ed indistinguibili dagli

altri neuroni della corteccia premotoria per quanto riguarda le proprietà motorie. La

peculiarità di questi neuroni consiste nel fatto che essi si attivino sia quando

l‟individuo osserva un atto motorio finalizzato eseguito da un altro individuo, sia

quando è l‟individuo stesso ad eseguire quell‟atto motorio. Per questi motivi essi

sono stati definiti “neuroni specchio” (Di Pellegrino, Rizzolatti et al., 1992; Rizzolatti

et al., 1996, Ferrari et al., 2003). Il sistema specchio sarebbe quindi in grado di

attivare nell‟individuo che osserva, la stessa rappresentazione motoria che si

genererebbe quando compie la medesima azione.

Questa scoperta ha interessato diversi settori delle scienze umane, aprendo la strada a

numerosissimi studi in diversi ambiti disciplinari.

Meno noti sono i “neuroni simil-specchio”, che in F5 mostrano risposte visive

all‟osservazione di atti motori finalizzati, ma restano silenti durante l‟esecuzione

stessa dell‟atto.

I neuroni specchio mostrano un‟attività correlata all‟osservazione di una interazione

motoria con l‟oggetto presentato, tipicamente un afferramento di mano o bocca,

differentemente dai neuroni canonici che rispondono alla presentazione dell‟oggetto.

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In questo modo, l‟attivazione dei neuroni canonici sarebbe in grado di fornire

all‟individuo una rappresentazione visiva delle caratteristiche fisiche e geometriche

dell‟oggetto su cui poi poter, eventualmente, programmare un‟azione la cui

rappresentazione motoria deriva dall‟attivazione dei neuroni specchio.

Diversi sono gli stimoli che possono contribuire a modulare l‟attivazione del sistema

mirror. Per esempio, la valenza dello stimolo presentato, che può differire per una

scimmia, come un pezzo di cibo oppure un cubetto metallico, evoca risposte

differenti per intensità. Talvolta è possibile osservare una modulazione di scarica per

la direzione del movimento (verso destra o sinistra). Inoltre, i neuroni mirror,

analogamente ai neuroni motori di F5, possono mostrare una preferenza per

determinati tipi di azione: afferrare, tenere, manipolare. Una delle classificazioni più

peculiari di questa classe di neuroni riguarda la congruenza tra le risposte visive e

quelle motorie. Avremo infatti:

- neuroni strettamente congruenti: che scaricano solo quando l‟azione osservata è la

medesima di quella eseguita;

- neuroni congruenti in senso lato: che scaricano per due o più tipi di azione

osservata;

- neuroni congruenti da un punto di vista logico: che scaricano quando l‟azione

osservata prelude all‟azione eseguita (ad esempio: piazzamento di un oggetto su di

una superficie, prima di afferarlo).

In aggiunta, mentre precedentemente ci si era concentrati sul settore mediale dell‟area

F5, dove sono rappresentate principalmente azioni di mano, nel 2003 il gruppo di

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ricerca di Ferrari si è concentrato nella porzione più laterale dell‟area, nella quale la

codifica delle azioni di bocca è predominante e dove circa il 25% dei neuroni

possiede proprietà mirror.

Un recente studio (Bonini et al., 2014) ha mostrato la presenza, sempre in area F5, di

una terza classe di neuroni che presenta sia proprietà mirror sia proprietà canoniche: i

neuroni canonici-mirror. In particolare da questo studio emerge che la risposta dei

neuroni canonici e canonici-mirror alla presentazione degli oggetti emerge soprattutto

quando lo stimolo è presente in uno spazio peripersonale all‟osservatore. Al

contrario, la risposta all‟osservazione dell‟azione da parte dei neuroni mirror e dei

canonici-mirror è presente sia quando l‟azione si svolge in uno spazio peripersonale

sia quando si svolge in uno spazio extrapersonale. Questo risultato è in accordo con

lo studio di Caggiano (2009), in cui sono stati registrati neuroni specchio che si

attivano in modo differente a seconda che l‟azione osservata venga eseguita in uno

spazio peripersonale o extrapersonale alla scimmia. Questi risultati dimostrerebbero

quindi che il sistema mirror è in grado di rappresentare lo spazio in cui viene eseguita

un‟azione non come distanza metrica bensì come eventuale preparazione motoria da

parte dell‟individuo a una possibile e conseguente interazione. Infatti eseguire un atto

motorio nello spazio peripersonale, piuttosto che extrapersonale, rispetto

all‟osservatore, potrebbe determinare l‟attivazione di un piano motorio finalizzato a

una successiva e immediata interazione fra l‟agente e l‟osservatore.

Inoltre sono stati individuati, in area F5, neuroni specchio che si attivano anche

durante l‟osservazione di un‟ azione inibita o trattenuta (inaction) (Bonini et al.,

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2014). Questi neuroni sono definiti neuroni inaction. In questo studio, la scimmia è a

conoscenza, tramite cue sonori differenti, di quando verrà o meno eseguita l‟azione di

afferramento di un cubetto da parte di uno sperimentatore. Inoltre, è stata lei stessa

addestrata a eseguire o inibire l‟atto motorio a seconda dei medesimi cue sonori

utilizzati nel task d‟osservazione. I neuroni inaction si attivano sia all‟osservazione

di un‟ azione trattenuta dallo sperimentatore, sia quando è la scimmia stessa a dover

inibire l‟esecuzione dell‟atto motorio . Non solo, la maggior parte di questi neuroni si

attiva anche quando, al contrario, l‟azione viene eseguita o dallo sperimentatore (task

visivo) o dall‟animale stesso (task motorio). Dal momento che questi neuroni

mostrano lo stesso pattern di attivazione durante l‟osservazione ed esecuzione di

azioni e di inaction, probabilmente, come i neuroni specchio, generano la

rappresentazione interna dell‟atto motorio proprio o dell‟individuo osservato, sia

quando l‟azione è eseguita sia quando viene volontariamente trattenuta. In questo

modo il sistema mirror diventerebbe cruciale per capire e codificare non solo l‟atto

motorio che noi o gli altri stiamo per compiere, ma anche l‟atto motorio che noi o gli

altri stiamo per trattenere o inibire.

Alcune risposte derivanti dall‟osservazione di atti motori finalizzati, sono state

localizzate anche in neuroni appartenenti al solco temporale superiore (STSa ed

STSv), ma questo tipo di risposte non sono propriamente mirror in quanto non si

attivano durante l‟esecuzione del movimento stesso (Perrett et al., 1989). Si è

avanzata l‟ipotesi che il solco temporale superiore potesse fungere da “fonte” delle

informazioni visive per F5, tuttavia non vi sono evidenze di connessioni dirette con

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quest‟area (Matelli et al., 1986). Al contrario, il lobulo parietale inferiore (IPL), in

particolare l‟area PFG e l‟area intraparietale inferiore (AIP) sembrano essere

connesse con l‟area F5 (Petrides & Pandya, 1984; Matelli & Luppino, 1997) e con

STS (Rizzolatti et al., 1998; Rozzi et al., 2006; Borra et al., 2008).

Secondo i dati riportati in uno studio di Nelissen del 2011, svolto in risonanza

magnetica funzionale (fMRI), l‟informazione visiva viene codificata a livello del STS

e inviata ad F5 attraverso due distinti circuiti: uno proietta afferenze da STS (banco

superiore) all‟area PFG che a sua volta rimanda l‟informazione ad F5c ed un altro

manda afferenze da STS (banco anteriore) ad F5a, passando attraverso AIP. Le aree

F5a ed F5c sono diverse poiché nella prima è possibile evocare una attività neuronale

anche presentando solamente gli effettori del corpo interessati all‟atto di afferramento

(mano o avambraccio), mentre nella seconda è possibile evocare tali risposte

solamente quando è presente l‟intera figura dell‟individuo che svolge l‟azione

(Nelissen et al., 2005). Quello che viene a crearsi è dunque un circuito temporo-

parieto-frontale, in cui il lobo parietale fungerebbe da semplice tramite. In realtà, le

risposte motorie dei neuroni in PFG durante l‟esecuzione di azioni di afferramento e

la sua diretta connessione con il midollo spinale suggerirebbero un ruolo diverso del

lobo parietale quale sede dell‟integrazione visiva (da STS) e motoria (a F5). Anche

l‟area AIP, in studi di neuroimaging, mostra una congruenza tra lo svolgimento di

azioni di afferramento manuale e l‟osservazione delle stesse (Rizzolatti & Sinigaglia,

2010). Anche altre aree del cervello sembrano essere interessate da risposte mirror, in

particolare nell‟area premotoria dorsale (PMd) sono stati trovati neuroni che

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mostrano attivazione per l‟esecuzione di azioni come lo spostamento di un cursore su

di un monitor e per la sola osservazione del movimento del cursore. Questi neuroni si

attivano anche in presenza del solo goal dell‟azione e non necessitano della visione di

un effettore che interagisca con l‟oggetto (Cisek & Kalaska, 2005). Neuroni analoghi

sono stati localizzati anche in F1 (Tkach et al., 2007).

Dinanzi ad un così complesso circuito, ci si è chiesti se fosse eventualmente presente

un circuito di inibizioni e modulazioni atto ad impedire di evocare una spontanea

imitazione gestuale dell‟atto osservato. Lo studio di Kraskov (2009) dimostra la

presenza in area F5 di neuroni con proprietà mirror-like che proiettano attraverso il

tratto piramidale direttamente o indirettamente ai motoneuroni del midollo spinale

(PTNs). Questi neuroni mostrano una chiara risposta inibitoria quando la scimmia

osserva l‟azione, mentre mostrano una scarica massimale durante l‟esecuzione

dell‟azione stessa . I PTNs potrebbero esercitare il loro effetto inibitorio o tramite

circuiti feedforward inibitori dei sistemi propriospinali a livello cervicale oppure

tramite i circuiti cortico-corticali che sopprimono gli outputs direttamente dalla

corteccia motoria primaria. In questo modo potrebbero sopprimere eventuali

comportamenti imitativi spontanei.

1.2.2 Comprensione e riconoscimento delle azioni e delle intenzioni altrui

Atti motori come l‟afferramento sono molto spesso azioni che si concatenano ad altri

atti motori all‟interno di sequenze specifiche dotate di uno scopo finale. Per esempio,

l‟afferramento di un pezzo di cibo prevede l‟attivazione in sequenza di diversi atti

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motori (raggiungimento, afferramento, sollevamento) e può essere finalizzato a

portarlo alla bocca o a riporlo all‟interno di un contenitore.

Lo scopo di un‟azione non è un argomento di poco conto dal momento che è stato

dimostrato che i neuroni motori parietali hanno una preferenza per determinati tipi di

azione come “afferrare per mangiare” o “afferrare per piazzare” (Fogassi et al.,

2005). Al fine di garantire la fluidità cinematica del movimento, i neuroni di IPL

potrebbero avere il ruolo di codificare singoli atti motori inclusi in catene neuronali

già precostituite in cui la codifica di un atto motorio, faciliterebbe la codifica del

successivo. Sebbene in percentuale minore rispetto a quelli presenti in IPL, anche in

F5 è stata verificata la presenza di neuroni di afferramento che discriminano tra scopi

differenti (Bonini et al., 2009). Mentre, in entrambe le aree (F5 ed IPL) sono stati

registrati neuroni mirror che presentano una scarica differenziale (circa il 65% in

entrambe le aree) durante l‟osservazione di un‟azione di afferramento di un oggetto

target a seconda che il goal sia quello di portarlo alla bocca o riporlo all‟interno di un

contenitore (Fogassi et al., 2005; Bonini et al., 2009). Il sistema mirror sarebbe quindi

in grado di codificare lo scopo finale dell‟azione dell‟agente basandosi su

informazioni contestuali esterne. Inoltre, studi di risonanza magnetica funzionale

(fMRI) dimostrano come le aree del sistema mirror siano attive nell‟uomo proprio

quando viene richiesto di inferire, grazie ad informazioni contestuali, lo scopo finale

di un‟azione (Iacoboni et al., 2005).

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La capacità di attivare rappresentazioni motorie condivise tra agente ed osservatore

renderebbe i neuroni mirror i protagonisti di un sistema di mappatura dell‟azione

osservata su quella eseguita (Ferrari & Rozzi, 2012). Nell‟individuo che osserva

un‟azione eseguita da un altro individuo si attiva una specifica catena motoria, la

stessa che si attiverebbe quando è l‟individuo stesso a compiere l‟azione. Quindi

l‟osservatore, sarà capace di predire lo scopo dell‟azione osservata, riconoscendo

l‟intenzione stessa dell‟agente (Fogassi et al., 2005). A tal fine diventano importanti

informazioni esterne come il contesto e la tipologia dell‟oggetto. Ad esempio, se un

oggetto è edibile (tipologia di oggetto), allora più probabilmente l‟azione sarà quella

di mangiarlo, piuttosto che spostarlo. Tuttavia, se fosse presente un contenitore

(informazione contestuale), allora probabilmente lo scopo finale dell‟azione potrebbe

essere quello di riporvi l‟oggetto stesso. Questi due tipi di informazioni, chiaramente

interagiscono tra loro per dare la migliore resa possibile a livello del tutto

probabilistico (Fogassi et al., 2005). L‟osservazione dell‟azione indurrebbe

nell‟osservatore un meccanismo di simulazione “incarnata” che costituirebbe una

forma implicita di comprensione dell‟azione stessa (Gallese et al., 2004). La

rappresentazione dell‟azione osservata sarebbe generata all‟interno della corteccia

premotoria anche in assenza dell‟intera visione dell‟azione stessa. Ad esempio,

nascondendo la parte finale dell‟azione è possibile rilevare comunque una attivazione

dei neuroni specchio di F5 (Umiltà et al., 2001). Non solo, anche informazioni di

tipo audio-visivo potrebbero generare l‟attivazione di specifici neuroni specchio

(Kohler et al., 2002). Questi neuroni scaricano al solo suono dell‟azione, senza che

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questa venga effettuata all‟interno del campo visivo della scimmia e risultano selettivi

per un determinato tipo di atto motorio (rompere una nocciolina, strappare della carta

ecc.), mostrando anche congruenza tra l‟esecuzione e l‟audizione dell‟atto motorio in

questione. Pertanto, la rappresentazione dell‟atto motorio evocata resta sempre la

stessa pur cambiando la natura dell‟informazione sensoriale (Keysers et al., 2003).

1.4 CONTESTO SOCIALE E CORRELATI NEUROFISIOLOGICI NELLA

CODIFICA DELLE AZIONI ALTRUI

1.3.1 Aree della corteccia attive in relazione al contesto sociale

Come abbiamo descritto in precedenza (cfr. par 1.1.1), le aree della regione

posteriore della corteccia premotoria, tra cui l‟area F5, sono state definite aree

parieto-dipendenti a causa delle afferenze che ricevono dalle aree parietali (Rizzolatti

& Luppino, 2001). Il lobulo parietale inferiore (IPL), in particolare l‟area PFG e

l‟area intraparietale inferiore (AIP) sono connesse con l‟area F5 (Petrides & Pandya,

1984; Matelli & Luppino, 1997) e con STS (Rizzolatti et al., 1998; Rozzi et al., 2006;

Borra et al., 2008). Ma qual è il ruolo svolto da queste aree nella codifica delle azioni

altrui? Come riportato sopra, è stato dimostrato che i neuroni specchio in F5 e IPL

sono modulati da diversi aspetti del contesto, questo permetterebbe alla scimmia di

costruire una rappresentazione dell‟azione altrui che integri diversi aspetti del

contesto sociale che permettono una migliore comprensione dell‟azione ed intenzione

altrui. Alcuni aspetti del contesto sociale potrebbero giocare un ruolo importante per

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costruzione di tale rappresentazione al fine di meglio decifrare il comportamento

altrui. Tra questi aspetti la direzione dello sguardo potrebbe avere un ruolo centrale in

quanto è strettamente associato ai fenomeni di orientamento attenzionale che

anticipano le azioni di un individuo. Da un punto di vista dell‟osservatore, la

direzione dello sguardo è stata studiata sia nell‟uomo che nei primati non-umani

(Emery et al. 2000; Ferrari et al. 2000). Questo comportamento è in grado di

scatenare nell‟osservatore delle risposte inseguimento dello sguardo denominate

gaze-following. Il gaze-following è un tipo di abilità presente in diverse specie di

scimmie ed anche nell‟uomo. Nei macachi, migliora sensibilmente con l‟avanzare

dell‟età poiché tendenzialmente i piccoli di macaco seguono principalmente

l‟orientamento di capo e occhi piuttosto che solo quello degli occhi (Ferrari et al.,

2000). Da un punto di vista neurofisiologico, esistono aree nella corteccia temporale

che sembrano codificare per la direzione dello sguardo altrui. Un ruolo fondamentale

è svolto proprio da un meccanismo visivo presente nell‟area del solco temporale

superiore (STS) all‟interno del quale sono stati scoperti dei neuroni che si attivano

durante l‟osservazione di movimenti direzionali della testa (Jellema & Perrett, 2003).

E‟ interessante notare che neuroni simili sono stati trovati nel solco intraparietale

(area LIP). Diversamente da quelli di STS, quelli presenti nella LIP hanno anche

un‟attività legata al movimento oculare. Questi neuroni infatti mostrano di rispondere

sia all‟orientamento del capo e degli occhi in una determinata direzione, sia

all‟osservazione di un individuo che orienta il capo in quella stessa direzione

(Shepherd et al., 2009).

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Il comportamento altrui, all‟interno di un contesto ecologico e sociale, fornisce

importanti informazioni alle quali gli individui necessitano di prestare attenzione, al

fine di trarne vantaggio per la propria sopravvivenza. Infatti, altre aree della

corteccia, oltre a quelle sopra descritte, sembrano essere coinvolte nella codifica delle

azioni altui. Ad esempio, Yoshida e colleghi (2011) hanno rilevato, nella corteccia

medio-frontale del macaco (MFC), neuroni che sono stati definiti “partner-type”

perché tendono ad aumentare la propria attività durante l‟osservazione

dell‟esecuzione dell‟azione da parte del partner. Inoltre, lesioni della MFC provocano

ridotte capacità comunicative ed espressive, ridotta risposta a gesti minacciosi o

affiliativi e compromissione del legame materno (Machado et al., 2006).

Anche la corteccia orbito-frontale (OFC) risulta implicata nella codifica delle azioni

altrui. In particolare, essa codifica il valore di una ricompensa, infatti in uno studio di

Sescousse del 2010 in risonanza magnetica funzionale (fMRI) è stato dimostrato che

gli esseri umani rivelano una rappresentazione rinforzo-specifica in differenti aree

della OFC: nello specifico, la parte laterale anteriore della OFC (più recente

evolutivamente) risulta implicata nell‟elaborazione di ricompense monetarie (rinforzo

secondario), mentre la parte laterale posteriore (più antica evolutivamente) sembra

essere coinvolta nel processamento di stimoli erotici (rinforzo primario). Anche altre

strutture cerebrali sembrano essere implicate nella codifica del valore soggettivo di

una ricompensa, in particolare la parte ventrale dello striato, l‟insula anteriore, la

corteccia anteriore cingolata (ACC) e il mesencefalo (Sescousse et al., 2010). Questi

meccanismi sono utili ad effettuare decisioni tra differenti alternative ed in relazione

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a diversi contesti sociali in cui vi è la necessità di operare una valutazione costo-

beneficio. Ad esempio, quando la scimmia sa che la ricompensa che riceverà sarà

elargita anche ad un altro individuo (partner) la sua motivazione ad effettuare risposte

corrette, che porterebbero ad una ricompensa maggiore, diminuisce. In generale i

comportamenti prosociali ed altruistici sembrano essere correlati per lo più al rango

sociale dell‟individuo partner o a preferenze di tipo amicale (Joao, Azzi, Sirigu,

Duhamel, 2011).

Infine, i neuroni del giro anteriore cingolato (ACCg) sembrano codificare

l‟allocazione della ricompensa a se stessi, agli altri, oppure a nessuno, mentre quelli

del solco anteriore cingolato (ACCs) sembrano codificare la ricompensa data ad

un‟altra scimmia oppure a nessuno. Questo network (OFC, ACCg, ACCs) sembra

giocare un ruolo essenziale nei processi sociali di decision-making (Chang, Garièpy,

Platt, 2013).

1.3.2 Brain-to-brain coupling

L‟emergere di comportamenti complessi ha senz‟altro richiesto la coordinazione delle

azioni tra gli individui e la divisione dei ruoli in un complesso gioco di gruppo. Le

ricerche in neuroscienze si sono nel tempo concentrate prevalentemente sul ruolo del

singolo individuo, anche a causa della difficoltà di formulare un paradigma

sperimentale in grado di conciliare lo studio di più individui in un contesto sociale

con le tecniche di registrazione elettrofisiologica. Tuttavia, la nostra mente è plasmata

in uno spazio interpersonale e per questo vi è la necessità di passare da un approccio

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“single-brain” ad un approccio “multi-brain”. Spesso i processi che avvengono

all‟interno del cervello di un singolo individuo sono accoppiati a quelli che

avvengono nel cervello di un altro individuo tramite una complessa rete di segnali

emessi nell‟ambiente circostante. Tipicamente, al fine di controllare meglio le

variabili, si è teso a separare il singolo individuo dal contesto sociale e a farlo

interagire spesso soltanto con programmi computerizzati. Questo ha però impedito di

studiare aspetti della nostra vita di relazione, come la cooperazione, che risultano

fondamentali per lo studio delle capacità cognitive sociali. Molte abilità non verbali

richiedono la collaborazione di molteplici individui e le facoltà cognitive emergenti

in questi contesti, sono del tutto peculiari e difficilmente studiabili in un individuo

isolato. Recentemente, infatti, è stato dimostrato che le scimmie aumentano la propria

velocità di apprendimento e migliorano le loro performance a seguito

dell‟osservazione di un conspecifico o di un essere umano che svolgono un compito

associativo visuomotorio (Faic, Boussaoud et al., 2015). Inoltre, imparano di più

dagli errori commessi dallo sperimentatore, piuttosto che dai suoi successi (Faic,

Boussaoud et al., 2015). Questo è stato uno dei primi studi che ha dimostrato come

l‟apprendimento per osservazione possa avvenire anche in condizioni estremamente

vincolanti, come l‟essere seduti su di una sedia per primati con la testa fissata e

utilizzando un task associativo visuomotorio astratto, aprendo così la strada alla

possibilità di studiare le basi dell‟apprendimento sociale anche a livello neuronale.

La premessa che è alla base del brain-to-brain coupling è che il sistema percettivo di

un individuo possa essere accoppiato al sistema motorio di un altro individuo e che

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questo legame sia simile a quello di azione-percezione, ovvero al modo in cui un

singolo individuo agisce nell‟ambiente fisico circostante (Hasson, Keysers et al.,

2012). Gli organismi, così come l‟ambiente circostante, non sono semplici ricevitori

di informazioni, ma soggetti attivi in grado di modulare le loro risposte attraverso lo

sguardo, la mimica, il corpo. La coordinazione del comportamento tra l‟emittente e il

ricevitore, dipende da un‟accurata produzione e percezione di segnali sociali e questo

può dipendere a sua volta dalla coesione del gruppo e dalla interazione con lo stesso.

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2.SCOPO DELLA TESI

2.1 Premesse

I macachi rappresentano il modello sperimentale piu‟ utilizzato negli studi

elettrofisiologici anche perchè non è possibile effettuare questo tipo di studi sulle

scimmie antropomorfe. All‟interno dei gruppi sociali dei macachi vi è un sistema di

relazioni sociali vincolate da un tipo di società matriarcale con femmine dominanti e

femmine sottomesse ed alcuni maschi adulti riproduttori. Un aspetto molto

importante per la vita del macaco è l‟interazione con la madre, che nel caso delle

femmine, può durare per tutta la vita. Questo stretto rapporto tra madre e figlia, è

stato ampiamente documentato dagli studi di Hinde e Harlow, e successivamente da

Suomi e Maestripieri. Il pattern di attaccamento che emerge da questi studi è molto

simile a quello presente nella specie umana, rendendo questo modello estremamente

utile per capire le dinamiche sociali-affettive che avvengono nella nostra specie

durante lo sviluppo. I macachi sono in grado di riconoscere ciascun membro del

gruppo, di ricordare le relazioni di parentela e di dominanza (Tomasello & Carpenter,

2005), di apprendere comportamenti attraverso l‟osservazione ed il gioco, di

condividere l‟attenzione con i membri della propria specie e con altre specie (ad

esempio, gli sperimentatori), di generalizzare le capacità motorie proprie della loro

specie a quelle di altre specie. Questo li rende un ottimo modello sperimentale per

comprendere il possibile ruolo del contesto sociale sull‟attività neuronale in quelle

aree del cervello deputate alla codifica del comportamento altrui.

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Come abbiamo descritto fin ora, studi di registrazione dell‟attività di singoli neuroni

nei macachi (di Pellegrino et al., 1992; Gallese et al., 1996; Rizzolatti et al., 1996)

hanno dimostrato l‟esistenza di un sistema di neuroni specchio attivo sia durante

l‟esecuzione di un‟azione sia durante la sua osservazione, che permette, attraverso un

meccanismo di risonanza motoria, una comprensione immediata non solo dell‟atto

percepito, ma anche dell‟intenzionalità dell‟agente (Fogassi et al., 2005; Iacoboni et

al., 2005). Tale sistema sarebbe attivo fin dalla nascita, come dimostrano studi

elettroencefalografici su piccoli di macaco (Ferrari et al., 2012). Il contesto in cui

l‟azione viene eseguita sembrerebbe cruciale per l‟attivazione di quelle catene

motorie che codificano l‟azione più probabile in relazione alle circostanze. La

sopravvivenza all‟interno di un gruppo sociale è correlata con la capacità di

comprendere e prevedere il comportamento degli altri e ciò avviene spesso sulla base

di suggerimenti contestuali (Pelpherey et al., 2004). Infatti, diverse evidenze

dimostrano che la scarica dei neuroni specchio della corteccia premotoria ventrale e

del lobulo parietale inferiore è modulata dallo scopo finale di un‟azione e che il

contesto gioca un ruolo determinante in questa modulazione (Fogassi et al. 2005;

Bonini et al. 2009).

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2.2 Obiettivi

Non è ancora stato oggetto di studi il ruolo del contesto sociale nel modulare la

scarica dei neuroni specchio. Un‟informazione determinante, durante l‟osservazione

di un‟azione, può essere quella dell‟eventuale interazione con l‟individuo che si sta

osservando, al fine di elaborare il piano motorio più adeguato a quel tipo di

interazione. Ad esempio, lo scopo di afferrare un oggetto da parte di un individuo

potrebbe essere quello di porgerlo ad un altro individuo che sta osservando l‟azione,

il quale a sua volta potrebbe preparare un programma motorio atto alla ricezione

dell‟oggetto stesso. I neuroni specchio di F5, essendo presenti in un‟area deputata al

controllo motorio della mano, potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella

codifica delle azioni altrui quando queste sono finalizzate a interagire con

l‟osservatore. Nelle situazioni in cui tale azione non è finalizzata a un‟interazione con

la scimmia, è possibile che i neuroni specchio possano avere una diversa

modulazione. In altre parole l‟osservazione passiva, che non richiede alcuna

preparazione motoria, potrebbe avere un diverso impatto sulle popolazioni neuronali

di F5 deputate alla codifica dell‟azione altrui. Viceversa, la preparazione di un atto

motorio da parte della scimmia, potrebbe avere un impatto sulla scarica visiva dei

neuroni specchio di F5. Tuttavia questo aspetto non è mai stato indagato a livello

neuronale.

Lo scopo di questo studio è stato, quindi, quello di indagare se informazioni

biologiche di tipo contestuale, come la presenza di un oggetto inanimato (nel caso

specifico di un contenitore) o informazioni di natura sociale quali quelle derivanti

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dall‟interazione con un altro individuo (ad esempio con un altro sperimentatore o con

la stessa scimmia), possano modulare diversamente la scarica visiva dei neuroni

specchio nella corteccia premotoria ventrale, durante l‟osservazione di azioni

finalizzate.

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3. MATERIALI E METODI

L‟esperimento di registrazione dell‟attività neuronale è stato condotto su due scimmie

adulte (Macaca mulatta) del peso di circa 4 Kg. Le condizioni di stabulazione ed i

protocolli sperimentali sono stati preliminarmente approvati dal Servizio Veterinario

dell‟Università degli Studi di Parma ed hanno ottenuto la prevista autorizzazione dal

Ministero della Sanità, rispettando le norme europee circa la cura e l‟uso degli

animali da laboratorio.

3.1 ADDESTRAMENTO PRELIMINARE DELLE SCIMMIE

Il periodo precedente l'inizio degli esperimenti elettrofisiologici, è stato caratterizzato

da una sessione di addestramento della durata di circa 6-8 mesi durante i quali le

scimmie sono state abituate al setting sperimentale, ovvero a sedersi su una sedia per

primati in condizioni di limitata mobilità. Gli scopi di tale addestramento sono stati:

a) abituare le scimmie a restare sedute sulle sedie ad esse destinate, per un

periodo di tempo sempre maggiore, durante il quale venivano alimentati con

liquidi (acqua o succhi di frutta) e cibi solidi (panini, frutta fresca, verdure).

b) abituare i primati ad interagire con gli sperimentatori, in quanto durante la

somministrazione dei compiti, gli animali venivano sottoposti a brevi test

clinici per individuare le caratteristiche neuronali delle unità registrate. Questi

test clinici implicavano anche delle interazioni dirette con la scimmia, come ad

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esempio la stimolazione tattile di alcune parti del corpo, per verificare la

presenza di proprietà neuronali di tipo somatosensoriale.

3.1.1 Compito visivo (CV) - Osservazione di un’azione di afferramento

Il training del compito visivo consisteva nell‟addestrare le scimmie ad osservare

un‟azione di afferramento (raggiungimento e prensione), eseguita dallo

sperimentatore stesso, posto di fronte alla scimmia. L‟animale doveva quindi

imparare a mantenere lo sguardo all‟interno di una finestra di fissazione centrata

sull'oggetto target dell'azione. Inizio e durata del tempo di fissazione venivano

indicati dall‟accensione di un laser rosso e da un suono. Se l'osservazione avveniva

nei tempi richiesti, la scimmia riceveva un premio (succo di frutta). Tale paradigma

di apprendimento è basato sui canoni del condizionamento operante di Skinner:

attraverso la procedura di shaping, dapprima la scimmia veniva rinforzata quando

guardava casualmente all‟interno della finestra di fissazione. Successivamente veniva

rinforzata quando aumentava il tempo di fissazione della finestra ed infine veniva

rinforzata solo quando guardava all‟interno della finestra per il tempo necessario allo

svolgimento di un trial.

3.1.2 Compito motorio (CM) - Esecuzione di un’azione di afferramento

Lo scopo dell'esecuzione di un compito motorio, in questo tipo di esperimenti, è di

verificare la presenza di risposte motorie dei neuroni mirror precedentemente

acquisiti. Nello specifico, il CM eseguito dalla scimmia consisteva nel tenere la mano

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destra su di un pomello metallico (starting point) fino a quando lo sperimentatore non

rimuoveva lo schermo trasparente posto tra il pomello e un contenitore, all'interno del

quale veniva allocato l'oggetto. All‟inizio del trial la scimmia afferrava l'oggetto

presente nel contenitore e lo collocava in un secondo contenitore o nella mano dello

sperimentatore.

3.2 IMPIANTO DEL SISTEMA DI FISSAGGIO E DELLA CAMERA DI

REGISTRAZIONE

Per poter effettuare le registrazioni è stato necessario sottoporre le scimmie a due

interventi chirurgici. Durante il primo intervento, si è proceduto al posizionamento

del sistema di fissaggio della testa, seguito poi da un periodo di assestamento. In

questo periodo, le scimmie sono state abituate a restare sedute sulla sedia per primati

con la testa fissata. Il secondo intervento è consistito, invece, nell'apertura della

breccia ossea al di sopra dell'area corticale di interesse. Entrambi gli interventi

chirurgici sono stati eseguiti in condizioni di asepsi e di anestesia generale mediante

ripetute iniezioni intramuscolari di Ketamina (6,4 mg/Kg) e Medetomidina

“Domitor” (0,08 mg/Kg). La testa dell'animale anestetizzato veniva inserita in un

apparato stereotassico che ne assicurava la posizione stabile. Il sistema di fissaggio

della testa consisteva in una base in titanio a forma di “K”, appositamente progettata

per aderire al cranio, con tre buchi per braccio per altrettante viti in titanio, utili

all‟ancoraggio con la parete ossea e ricoperte da cemento acrilico antibioticato

(Antibiotic Simplex©). Il sistema di fissaggio presentava inoltre un supporto

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perpendicolare alla base e ad essa saldato, disegnato per essere compatibile con il

reggitesta ancorato alla sedia da primati. Successivamente all‟impianto del sistema di

fissaggio è stata effettuata una craniotomia, in modo da esporre la superficie durale

della regione corticale di interesse dell‟emisfero sinistro. La camera di registrazione,

costituita da una struttura in cilux di 28 mm x 28 mm e costruita sulla base di un

calco della porzione di calotta cranica da rimuovere, è stata ancorata all‟osso

circostante mediante ulteriori viti autofilettanti in titanio ricoperte di idrossiapatite e

di cemento acrilico antibioticato. Infine la camera di registrazione è stata riempita, a

scopo protettivo, con agarosio. In ultimo, si è proceduto con la misurazione delle

coordinate stereotassiche di un angolo della camera come punto di repere per la

griglia delle penetrazioni.

3.3 MAPPATURA DELLA CORTECCIA PREMOTORIA VENTRALE

DELLA SCIMMIA (AREA F5)

Le registrazioni elettrofisiologiche sono state condotte all'interno dell'emisfero

sinistro delle scimmie. Prima di procedere con le registrazioni è stata condotta

un‟esplorazione elettrofisiologica delle regioni corticali esposte, al fine di identificare

le zone caratterizzate da risposte "mirror". Questa operazione, definita "mappatura" è

stata condotta con un microelettrodo a 16 canali di registrazione. L'attività neuronale

(multi - e single unit) presente nella zona d‟interesse veniva ampiamente descritta e

appuntata su di un protocollo al fine di rendere possibile il delineamento, seppur

approssimativo, dei bordi dei settori e l'esatta collocazione di convessità e solchi.

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Questo ha consentito successivmente di tracciare mappe funzionali delle regioni di

interesse.

Inoltre, lo studio dell'attività neuronale multiunitaria ha permesso di evidenziare

eventuali proprietà somatosensoriali, visive e motorie delle zone oggetto di

esplorazione. Al fine di testare le proprietà somatosensoriali sono state somministrate

agli animali stimolazioni di tipo tattile, come sfiorare e toccare la cute di diverse

regioni corporee, esercitando pressioni di intensità differente, e di tipo propriocettivo,

come estensione, flessione e rotazione passiva degli arti. Le proprietà visive, invece,

sono state testate presentando all'interno del campo visivo della scimmia, in differenti

porzioni di spazio, oggetti di varia natura e grandezza (come pezzi di cibo, o palline,

o cubetti) posti a distanze differenti dall'animale. Tali oggetti venivano utilizzati

anche per valutare le risposte visive a stimoli in movimento a velocità differenti, con

andamento rotatorio o rettilineo, in direzione orizzontale, verticale o sagittale, a

partire da differenti posizioni nello spazio e a differenti distanze dalla scimmia

(spazio extra-personale e peri-personale).

Per verificare, invece, che vi fossero risposte neuronali dovute all'osservazione di

azioni biologiche, lo sperimentatore effettuava di fronte all'animale differenti

tipologie di azioni per identificare quale di queste fosse quella responsabile

nell'evocare tali risposte.

Veniva inoltre valutata l‟eventuale congruenza delle risposte visive con le risposte

motorie dei neuroni stessi. Ad esempio, una risposta mirror veniva definita

congruente se il neurone in esame mostrava una scarica sia in relazione

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all‟osservazione dell‟azione svolta dallo sperimentatore, che in relazione

all‟esecuzione dell‟azione stessa da parte della scimmia.

La proprietà motorie dei neuroni venivano osservate dapprima attraverso il

monitoraggio dell'attività neuronale durante movimenti spontanei dell'animale e,

successivamente, attraverso l'induzione dello stesso a produrre vari tipi di azione in

relazione ad oggetti collocati in diverse regioni dello spazio. Le azioni studiate in

maggior dettaglio erano quelle di raggiungimento, prensione e manipolazione. Le

risposte derivanti dall'uso della mano controlaterale o ipsilaterale all'emisfero di

registrazione erano oggetto di valutazione. Tra le azioni che lo sperimentatore

induceva a produrre vi erano la presa di precisione, quella di potenza e la prensione

con tutte le dita. Come le azioni di afferramento, anche altri tipi di azione manuale

venivano studiati: la scimmia eseguiva azioni di manipolazione prolungata di oggetti

posati su un supporto orizzontale o tenuti dalle mani dello sperimentatore e, in

entrambi i casi, veniva ritardato il momento della completa presa di possesso

dell'oggetto da parte dell‟animale. I movimenti di raggiungimento venivano studiati

presentando alle scimmie stimoli interessanti o con valenza positiva (come cibo, o

oggetti nuovi) e stimoli con valenza negativa (come piani metallici), questi ultimi al

fine di evocare azioni di respingimento. Come i movimenti di prensione, anche quelli

di raggiungimento venivano esaminati in modo che le scimmie utilizzassero sia il

braccio controlaterale che quello ipsilatarale rispetto all‟emisfero di registrazione.

L‟attività neuronale evocata da movimenti della bocca è stata studiata in relazione ad

azioni quali: mordere, masticare, deglutire, succhiare liquido da una siringa e leccare.

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Infine per testare i movimenti oculari venivano mostrati stimoli a diverse distanze,

dapprima fermi, per poter valutare la fissazione, e successivamente in movimento con

velocità diverse e in senso tangenziale, per testare i movimenti di inseguimento lento.

Al fine di evocare movimenti saccadici, veniva presentato uno stimolo in rapida

sequenza sul piano orizzontale di fronte alla scimmia. La componente di divergenza

veniva esaminata muovendo gli stimoli lontano/verso le scimmie.

3.4 DALLA VALUTAZIONE CLINICA ALL’ACQUISIZIONE DEI

NEURONI

Le tecniche di mappatura consentivano di individuare zone spazialmente limitate

contenenti neuroni mirror. Ove possibile, l'attività di singoli neuroni con

caratteristiche mirror in relazione ad azioni di afferramento, poteva essere registrata e

separata dall'attività multiunitaria.

3.4.1 Tecniche di registrazione

Le scimmie, una volta uscite dalla gabbia venivano condotte all'interno del

laboratorio su di una sedia per primati che, successivamente, veniva fissata

opportunamente da un lato della box utilizzata per il setting sperimentale. In seguito,

si procedeva al fissaggio della testa attraverso l'head post che veniva ancorato al

sistema di fissaggio. Grazie a questo sistema le scimmie, pur avendo il capo fermo,

avevano la possibilità di muovere gli arti inferiori e superiori. Ogni sessione di

registrazione iniziava con la rimozione del coperchio e dell'agarosio presente

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all'interno della camera di registrazione, in modo da esporre la superficie durale che

veniva poi trattata con soluzione salina e antibiotico e successivamente sottoposta ad

una accurata pulizia del tessuto connettivo in eccesso. Quest'ultima operazione

consentiva di ridurre la resistenza che il multielettrodo incontrava attraversando la

dura madre.

Il multielettrodo utilizzato (U-probe, Plexon inc., Dallas, TX, USA) (Figura 3.A) è

dotato di 16 canali ed un diametro esterno di 185 μm ed una lunghezza di 90 mm, di

cui 75 mm fanno parte del guiding tube (diametro 460 μm) che garantisce maggiore

stabilità nella penetrazione. Ogni elettrodo è distanziato dall'altro di 150-200 μm ed

ha un diametro di 15-20 μm con un'impedenza di 275 KOhm (+/- 50 KOhm).

Figura 3.A. Esempi di multielettrodo da 8, 16 e 24 canali, formati ciascuno da un singolo elettrodo (U-probe, Plexon inc., Dallas,

TX, USA).

Il multielettrodo permette di rilevare un segnale elettrico continuo derivante da

ciascun elettrodo. Tale segnale viene amplificato e monitorato da un oscilloscopio e

registrato attraverso Omniplex (Plexon), un sistema di acquisizione dati.

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Prima di effettuare una penetrazione è necessario procedere alla calibrazione del

multielettrodo attraverso un micro-manipolatore (MT Microdriving TerminalTM),

ancorato alla camera di registrazione, che consente di effettuare spostamenti

micrometrici lungo gli assi X,Y e Z della camera stessa. L'angolo di penetrazione, di

circa 35° rispetto al piano sagittale, garantiva un ingresso perpendicolare del

microelettrodo nella convessità corticale.

3.4.2 Calibrazione oculare e Software di acquisizione dei dati

Ogni sessione di registrazione o di training è preceduta dalla calibrazione dei

parametri oculari necessaria per il monitoraggio della posizione oculare della

scimmia durante le fasi dell'esperimento. E' possibile attuare tale calibrazione

attraverso un sistema di eye-tracking composto da una telecamera a 50 Hz, dotata sia

di filtro ad infrarossi che di due faretti ad emissione di infrarossi puntati sull'occhio

sinistro della scimmia. Il segnale rilevato dalla telecamera viene rimandato ad un

computer dotato del sistema Pupil Ezetracker che elabora in tempo reale la posizione

oculare della scimmia, in modo da eliminare prove invalide, ovvero prove nelle quali

la scimmia spostava lo sguardo al di fuori della finestra di fissazione centrata sul

target dell‟azione (Figura 3.B).

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Figura 3.B. Indicata dalla freccia: la finestra di fissazione (in rosso).

Per quanto riguarda l‟acquisizione e l‟analisi dei dati, abbiamo utilizzato specifici

software sviluppati dalla Plexon, Neuroexplorer e Off-line Sorter, che permettono di

studiare l'attività dei neuroni sia online che off-line.

Per poter ottenere un segnale digitale, veniva attuata una conversione analogico-

digitale attraverso un computer dotato di scheda di acquisizione (National

Instruments, PCI 6025E) ed elaborato attraverso Labview program, un software che

consente di registrare e memorizzare i dati in ingresso e consentire l'allineamento

della scarica neuronale con i segnali digitali prodotti da questa sequenza:

1. contatto della mano della scimmia con il pomello di partenza;

2. distacco della mano dello sperimentatore dalla piattaforma metallica di

partenza;

3. contatto della mano dell‟agente con l‟oggetto target dell‟azione posto su di una

piattaforma cilindrica dotata anch‟essa di superficie metallica.

Ognuna di queste superfici metalliche era collegata ad un sensore in grado di fornire

informazioni nel tempo sulla scarica neuronale in relazione ad eventi di interesse.

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3.5 PARADIGMA SPERIMENTALE - Compito visivo (CV) e Compito motorio

(CM)

Durante il Compito visivo, lo sperimentatore, seduto di fronte alla scimmia ad una

distanza di 60 cm con la mano destra sulla propria postazione di partenza (handle),

doveva compiere un‟azione di raggiungimento, prensione e sollevamento di un

cubetto metallico di 1x1 cm o di un pezzo di cibo delle medesime dimensioni.

Una scatola nera in plexiglass (box, 80 x 60 x 30 cm), aperta in corrispondenza della

scimmia e dello sperimentatore (Figura 3.C), era interposta tra i due: al centro rispetto

alla facciata dello sperimentatore, posto su di una piattaforma cilindrica, vi era

l'oggetto target dell'azione. La base sulla quale era poggiata tale piattaforma era

dotata di un sistema di sensori di contatto metallici collegati ad un circuito elettrico. Il

primo sensore, del diametro di 25 mm era collocato in prossimità del punto di

partenza dell'azione ed era in grado di inviare un segnale elettrico al momento del

distacco della mano dello sperimentatore dalla piattaforma e faceva quindi partire

l'azione. Un secondo sensore del diametro di 45 mm era collocato in corrispondenza

della posizione dell‟oggetto target ed inviava un segnale elettrico al momento

dell‟afferramento, quando cioè la mano dello sperimentatore entrava in contatto con

l‟oggetto. Infine, un terzo sensore, del diametro di 25 mm, posto in corrispondenza

della posizione di collocamento del target, indicava il momento di piazzamento

dell'oggetto stesso.

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Per quanto riguarda la scimmia, un pomello metallico, posto a 15 cm di distanza e

collegato a un circuito, fungeva da punto di partenza. La scimmia doveva mantenere

la mano controlaterale rispetto all‟emisfero di registrazione su tale pomello metallico

per tutta la durata della prova. La prova non poteva partire se, sia la scimmia che lo

sperimentatore, non erano entrambi posizionati sui propri punti di partenza. La prova

veniva invalidata se la scimmia rimuoveva la mano dal proprio pomello, oppure se lo

sperimentatore commetteva degli errori durante l‟azione.

Figura 3.C. La “box”. In questa figura sia la scimmia che lo sperimentatore sono posizionati sui propri punti di partenza. E‟, inoltre,

visibile il sensore metallico indicante il momento del grasping (di fronte alla mano dello sperimentatore) e quello indicante il

momento del placing (a sinistra della mano dello sperimentatore).

Il compito visivo prevedeva la fissazione da parte della scimmia di una “finestra di

fissazione”, indicata dall‟accensione di un laser rosso, e centrata sull‟oggetto target

dell‟azione. Il tempo totale di fissazione previsto era di 1500 ms; dopo 500 ms

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dall‟accensione del laser, un segnale istruiva lo sperimentatore ad eseguire il compito

di raggiungimento, prensione, sollevamento e piazzamento dell'oggetto. In

quest'ultima fase, però, non veniva richiesta obbligatoriamente la fissazione da parte

dell‟animale del sito in cui veniva collocato il target dell‟azione. Se la scimmia

manteneva lo sguardo all‟interno della finestra di fissazione per tutta la durata

richiesta senza rilasciare la mano dal proprio punto di partenza, la prova veniva

considerata valida e automaticamente l'animale veniva rinforzato con 0,14 ml di

succo di frutta erogati tramite cannula. In caso contrario, l'animale non veniva

rinforzato, mentre la prova veniva esclusa dall‟analisi e ripresentata successivamente.

Il paradigma sperimentale fin qui citato, prevedeva 4 condizioni, che differivano per

lo scopo finale dell'azione (Figura 3.D.):

1. Condizione Container: in cui lo sperimentatore piazzava l‟oggetto target

all‟interno di un contenitore.

2. Condizione Hand: in cui lo sperimentatore collocava l‟oggetto all‟interno della

mano di un secondo sperimentatore, sempre reso visibile alla scimmia;

3. Condizione Monkey: in cui lo sperimentatore dopo aver afferrato il target lo

consegnava alla scimmia. Quest'ultima, dopo aver osservato l'azione rilasciava

la mano dal pomello e effettuava un‟azione di reaching e successivo

afferramento dell‟oggetto offerto dallo sperimentatore;

4. Condizione Mouth: lo sperimentatore, dopo aver preso possesso del target, in

questo caso un pezzo di cibo, lo portava alla bocca per masticarlo.

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La condizione Monkey è stata introdotta per valutare eventuali modulazioni della

scarica neuronale indotte da un'interazione tra scimmia e sperimentatore.

La condizione Hand è stata adottata al fine di valutare l'eventuale modulazione della

scarica dei neuroni in relazione ad un'azione di natura biologica, quale l'interazione

tra due individui.

Figura 3.D. Il compito visivo.

In tutte le condizioni, la scimmia doveva fissare solamente il punto in cui avveniva

l'azione di afferramento del target, ma non anche il suo riposizionamento. Tuttavia, è

possibile che, in relazione al contesto diverso delle varie prove, la scimmia potesse

già presupporre quale fosse la condizione che si andava a svolgere successivamente e

Condizione Mouth Condizione Monkey

Condizione Hand Condizione Container

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pertanto, si suppone che anche questo possa aver avuto un'influenza sulla scarica dei

neuroni mirror presi in considerazione.

Al fine di dimostrare la presenza della codifica motoria del neurone specchio si

procedeva al termine del CV all'acquisizione del CM. L‟apparato utilizzato era il

medesimo di quello utilizzato per il CV, solo che a svolgere l‟azione motoria di

afferramento in questo caso era la scimmia. Il segnale di partenza era rappresentato

dal pomello metallico posto di fronte alla scimmia e che la stessa doveva tenere in

possesso prima dell‟inizio e per tutta la durata della prova. L‟oggetto target da

afferrare veniva posto ad una distanza di circa 15 cm dal pomello, all‟interno di un

piccolo contenitore, del diametro di 5 cm, di materiale plastico, provvisto di una

fessura lunga quanto il diametro interno (larghezza e profondità 1 cm) per

l‟alloggiamento dello stesso oggetto da afferrare. La scimmia, una volta afferrato

l'oggetto, doveva piazzarlo all'interno di un contenitore (Container), oppure nella

mano dello sperimentatore (Hand), oppure mangiarlo (Mouth) a sua volta. La prova

poteva avere inizio solo dopo la rimozione di uno schermo trasparente (40 x 23 x 0.5

cm) interposto tra il pomello di partenza ed il target. In caso di errori da parte della

scimmia durante l‟esecuzione del compito in fase di registrazione, la prova veniva

invalidata e ripetuta, fino al conseguimento di un numero totale di dieci prove per

ogni condizione.

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3.6 ANALISI STATISTICHE

Le analisi statistiche alle quali sono state sottoposte le unità acquisite durante il

Compito visivo ed il Compito motorio, sono state utilizzate per verificare eventuali

differenze nella frequenza di scarica dei neuroni in relazione alle diverse condizioni

previste dal paradigma sperimentale. Al fine di verificare l'aumento o la diminuzione

della frequenza di scarica neuronale (spike/secondo) durante l'esecuzione o

l'osservazione di un atto motorio di afferramento (grasping: corrispondente al

momento di contatto della mano con l'oggetto target) nel corso di 10/12 prove, sono

state definite un'epoca di baseline ed un'epoca di grasping, ciascuna delle quali della

durata di 600 ms. Per analizzare sia i neuroni acquisiti durante il CV che quelli

registrati durante il CM, l'epoca di grasping iniziava 300 ms prima del contatto della

mano della scimmia o dello sperimentatore con il target dell‟azione e terminava 300

ms dopo lo stesso contatto. Per l‟analisi dei neuroni acquisiti durante il CM, l'epoca

di baseline iniziava 1000 ms prima che la scimmia rilasciasse il pomello metallico di

partenza e terminava 500 ms dopo, quando la scimmia continuava a mantenere la

mano sul pomello di partenza. I neuroni acquisiti durante il compito visivo sono stati

analizzati, invece, adottando un'epoca di baseline che andava da 1000 a 400 ms prima

dell'accensione del laser puntato sull'oggetto e indicante la finestra di fissazione.

L'epoca di baseline quindi corrispondeva al momento in cui scimmia e

sperimentatore erano posizionati l'uno di fronte all'altro e fermi sul rispettivo segnale

di partenza (pomello ed handle).

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I neuroni acquisiti durante tutte le fasi di registrazione sono stati sottoposti ad una

analisi della varianza (ANOVA 4[condizioni del CV] X 2[epoca di baseline/epoca di

grasping]) a misure ripetute e al test post-hoc di Newman-Keuls. Il livello di

significatività stabilito è stato, per convenzione, di p<0.05.

3.6.1 Analisi di popolazione e analisi di correlazione tempo – frequenza

L‟analisi di popolazione è stata condotta realizzando per ogni neurone una “spike

density function” calcolando la media della frequenza di spike per ogni bin (20 ms) di

tutte le prove eseguite per ogni sessione di registrazione. Da questa è stata sottratta

l‟attività media registrata durante l‟epoca di baseline calcolata su tutte le prove

eseguite. I dati sono stati quindi normalizzati dividendo la frequenza di spike per ogni

bin così ottenuta per il valore massimo ottenuto da tutti i bin. Per ogni neurone, il

risultato ottenuto è un rate di scarica compreso fra -1 e 1. La curva di popolazione è

stata realizzata sommando la frequenza di spike per ogni bin di ogni neurone.

Differenze statistiche significative fra le popolazioni sono state calcolate basandosi

sul firing rate durante l‟epoca di grasping, mediante ANOVA a misure ripetute (one

way), seguita da test post hoc Newman-Keuls.

Inoltre per la Condizione Monkey, è stata condotta un‟analisi di correlazione di

Pearson tempo-frequenza considerando per ogni neurone e per ogni prova acquisita

due parametri. Il primo parametro è il tempo intercorso tra il contatto della mano

dello sperimentatore con l‟oggetto target dell‟azione e il rilascio della mano della

scimmia dalla propria handle. Il secondo parametro è la frequenza di spike calcolata

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nell‟epoca di grasping. Tale correlazione è stata infine rappresentata tramite un

linear fit model.

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4. RISULTATI

Attraverso un programma grafico (CarelDRAW) è stato possibile ricostruire i solchi e

i bordi delle camere di registrazione utilizzando i dati delle risonanze magnetiche

delle due scimmie. In entrambe le scimmie sono stati indagati in totale 590 siti di

registrazione, risultanti dalle 53 penetrazioni effettuate negli emisferi sinistri degli

animali. Le tecniche di registrazione elettrofisiologica hanno permesso di verificare

che l'area di registrazione fosse collocata all'interno della convessità della corteccia

premotoria ventrale (area F5). Le mappe funzionali, risultanti dall'esecuzione dei test

clinici, hanno mostrato che, nella maggior parte delle penetrazioni, le proprietà

relative dell'area fossero di tipo motorio ed in prevalenza riferibili ad azioni di mano

e di bocca. L'attivazione neuronale maggiore la si aveva in relazione ad azioni come

l'afferramento di un oggetto, ovvero a movimenti finalizzati. Nelle regioni più

laterali, i movimenti della mano e quelli della bocca erano correlati, mentre

spostandosi di poco si potevano trovare proprietà motorie riguardanti

prevalentemente la mano (Figura 4.A e Figura 4.B). Le regioni più anteriori dell'area,

invece, mostravano risposte correlate al movimento degli occhi e dunque non più

tipicamente riferibili alle proprietà di F5 (Figura 4.A).

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Figura 4.A. Rappresentazione della distribuzione delle penetrazioni effettuate (cerchi). Come si può notare, le regioni contrassegnate

da cerchietti verdi, corrispondono alle penetrazioni nelle quali si è registrata attività per movimenti oculari. Quelle contrassegnate da

cerchietti blu mostrano le penetrazioni dove sono state rilevate risposte miste di mano e bocca. Infine, le penetrazioni contrassegnate

da cerchietti rossi hanno rilevato attività esclusivamente per azioni manuali. Sulla destra (CS): il solco centrale. Sulla s inistra (IAS):

il solco arcuato inferiore. Linee di tratteggio: rappresentazione dei bordi esterni della camera di registrazione.

Figura 4.B. Rappresentazione della distribuzione delle penetrazioni effettuate (cerchi). Le regioni contrassegnate da cerchietti blu,

rappresentano le penetrazioni dove sono state rilevate risposte miste di mano e bocca. Le regioni contrassegnate da cerchietti rossi,

rappresentano le penetrazioni dove sono state riscontrate risposte esclusivamente manuali. Sulla destra (CS): il solco centra le.Sulla

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sinistra (IAS): il solco arcuato inferiore. Linee di tratteggio: rappresentazione dei bordi esterni della camera di registrazione.

Delle 53 penetrazioni effettuate su entrambe le scimmie, 31 di esse hanno proprietà

mirror. Date le caratteristiche motorie dell'area, le risposte di tipo mirror erano legate

prevalentemente all'osservazione di azioni di mano e di bocca. Procedendo ad una

analisi clinica dei diversi canali, si è potuto verificare che delle 31 penetrazioni dove

era presente attività mirror, 9 avevano tale attività in più del 50% dei canali di

registrazione, 10 in meno del 50% e 12 in meno del 25% (Figura 4.C).

Figura 4.C. Cerchio bianco: indica le penetrazioni ove non era presente attività mirror. Cerchio rosso: indica le penetrazioni ove era

presente attività mirror. Dimensione del cerchio: in relazione alla percentuale di canali per ciascuna penetrazione, dove era presente

l‟attività mirror. I cerchi più grandi indicano una maggiore percentuale di canali per penetrazione aventi attività mirro r.

Sulla destra (CS): il solco centrale. Sulla sinistra (IAS): il solco arcuato inferiore. Linee di tratteggio: rappresentazione dei bordi

esterni della camera di registrazione.

Inoltre, sono state analizzate 25 delle penetrazioni aventi attività mirror per un

totale di 325 canali di registrazione. Complessivamente, nelle penetrazioni

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effettuate sulle due scimmie, 84 neuroni mirror hanno scaricato durante il Compito

visivo. Di questi, 76 (90,5%) avevano una scarica modulata in relazione alle diverse

condizioni del paradigma sperimentale, mentre 8 (9,5%) non mostravano alcuna

modulazione (Figura 4.D). Inoltre, 43 (56,6%) erano modulati per una sola

condizione (Figura 4.E), mentre 33 (43,4%) mostravano una modulazione per due o

più condizioni (Figura 4.F). I risultati sono riassunti in questa tabella:

MODULATED

NOT

MODULATED

TOTAL

One condition

43 (56,6%)

More conditions

33 (43,4%)

76 (90,5%)

8 (9,5%)

84 (100%)

Tabella 1. Neuroni Specchio modulati e non modulati con relative percentuali.

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Dei 43 neuroni mirror modulati per una sola condizione, 14 (32,6%) preferivano la

Condizione Container, 12 (28%) la Condizione Hand, 16 la Condizione Mouth

(37,2%) e 3 la Condizione Monkey. Di questi ultimi 3, 2 erano inibitori ed uno solo

eccitatorio (2,33%) (Tabella 2).

ONE CONDITION

MORE

CONDITIONS

MODULATED

CONTAINER

14 (32,6%)

HAND

12 (28%)

MOUTH

16 (37,2%)

MONKEY

1 (2,33%)

43 (56,6%)

33 (43,4%)

76 (100%)

Tabella 2. Neuroni Specchio modulati in una condizione con relative percentuali.

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Nella Figura 4.D è possibile visualizzare un esempio di neurone mirror non

modulato: il neurone non presenta alcuna modulazione specifica di scarica per

nessuna condizione sperimentale del Compito visivo.

Figura 4.D. Esempio di neurone mirror che non presenta una modulazione per una o più condizioni del CV. Come possiamo notare,

la scarica, nell‟epoca di grasping, non presenta variazioni significative per le quattro condizioni sperimentali.

La risposta è allineta con t=0, ovvero con il momento di contatto della mano dello sperimentatore con l‟oggetto target.

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Nella Figura 4.E è visibile un esempio di neurone mirror modulato per una

condizione la cui scarica raggiunge il livello massimale nella Condizione Mouth del

Compito visivo.

Figura 4.E. Esempio di neurone mirror con una scarica modulata per la condizione Mouth . La frequenza di scarica è

significativamente maggiore nella condizione Mouth rispetto alle altre 3 condizioni. La risposta è allineata con t=0, corrispondente al

momento di contatto della mano con l‟oggetto target dell‟azione.

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Nella Figura 4.F abbiamo, infine, un esempio di neurone mirror modulato per due o

più condizioni la cui scarica raggiunge il livello massimale durante l’osservazione di

un afferramento nella Condizione Container, nella Condizione Hand, nella

Condizione Monkey, ma non nella Condizione Mouth.

Figura 4.F. Esempio di neurone mirror con una scarica modulata per 3 condizioni (Container, Hand e Monkey). Il neurone presenta

una frequenza di scarica significativamente maggiore nelle altre 3 condizioni rispetto alla Condizione Mouth. La risposta è allineata

con t=0, corrispondente al momento di contatto della mano dello sperimentatore con l‟oggetto target dell‟azione.

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4.1 Analisi di Popolazione e di correlazione: Risultati

L‟analisi di popolazione è stata calcolata su tutti i neuroni mirror (n=84) acquisiti in

tutte le penetrazioni effettuate e indipendentemente dalla loro modulazione,

considerando la frequenza di scarica nell‟epoca di grasping (3700-4280 ms) per tutte

le prove effettuate di ogni Condizioni del compito visivo. I risultati mostrano che la

popolazione mirror presenta una frequenza di scarica significativamente maggiore

nelle Condizioni Container, Hand, Mouth rispetto a quella della Condizione Monkey

(Figura 4.G.).

Alla luce di questo risultato, abbiamo deciso di eseguire un‟ulteriore analisi per le

prove della Condizione Monkey, al fine di valutare la presenza o meno di una

correlazione fra due parametri di tale condizione. L‟analisi effettuata è la correlazione

di Pearson, calcolata fra il tempo intercorso tra il contatto della mano dello

sperimentatore con l‟oggetto target dell‟azione e il rilascio della mano della scimmia

dalla propria handle (T) e la frequenza di scarica (W) calcolata nell‟epoca di grasping

(r=0.2236 ; p=0.0036) (Figura 4.H.). Abbiamo, in seguito, rappresentato tale

correlazione mediante un modello lineare W=a+b*T; il coefficiente angolare b= -

4.547 indica che la correlazione è di tipo negativa, ovvero al crescere del tempo

diminuisce la frequenza di scarica (Figura 4.H.).

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Figura 4.G. Popolazione mirror valutata nelle 4 Condizioni sperimentali del Compito visivo. Nelle Condizioni Container (rosa),

Hand (azzurro), Mouth (rosso) la popolazione mirror presenta una frequenza di scarica maggiore rispetto a quella della Condizione

Monkey (blu).

Figura 4.H. Grafico di correlazione lineare. In ascissa: il tempo (T). In ordinata: la frequenza di spike (W).

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5.DISCUSSIONE

Questo studio si è proposto di indagare come il contesto sociale possa modulare la

scarica visiva dei neuroni specchio nella corteccia premotoria ventrale (F5) del

macaco. In particolare è stato valutato l‟effetto che la preparazione di un atto motorio

ha sulla scarica visiva nei neuroni specchio di F5. Infatti, da un punto di vista teorico,

la possibilità di interagire con un secondo individuo potrebbe indurre dei

cambiamenti nell‟attività neuronale che si potrebbero ripercuotere sull‟attività visiva

dei neuroni specchio durante l‟osservazione dell‟azione.

I risultati di questo studio dimostrano che la maggior parte dei neuroni specchio

registrati (90,5%) sono modulati dal contesto in cui l‟azione di afferramento, da parte

dello sperimentatore, viene effettuata. Il 56,6% dei neuroni modulati mostra

un‟attività maggiore solamente in una condizione, mentre il restante 43,4% mostra

un‟attività differenziale meno specifica, in quanto la scarica più intensa del neurone è

presente in due o tre condizioni. Similmente ad altri studi (Fogassi et al. 2005; Bonini

et al. 2009), questi dati dimostrano che l‟attività differenziale avviene durante il

primo atto motorio di afferramento che è identico in tutte le condizioni. Inoltre, a

differenza degli studi precedenti, la scimmia è istruita ad osservare l‟atto motorio di

afferramento per un periodo di tempo fisso, all‟interno del quale lo sperimentatore

deve afferrare l‟oggetto. È quindi da escludere che le differenze di scarica neuronale

nelle varie condizioni siano dovute a fattori attenzionali.

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Pertanto, si può ipotizzare che l‟attività differenziale dei neuroni specchio rifletta la

capacità degli stessi di codificare l‟intenzione dell‟agente osservato. In linea con

quanto ipotizzato in studi precedenti, è possibile che i neuroni motori e visuo-motori

dell‟area premotoria ventrale (e anche della porzione della corteccia parietale

posteriore connessa anatomicamente con F5) siano collegati tramite catene neuronali

con popolazioni di neuroni che codificano specifici aspetti dell‟azione

(raggiungimento, afferramento dell‟oggetto, ecc.). L‟attivazione di una popolazione

di neuroni che codifica per un atto motorio specifico faciliterebbe, da un punto di

vista motorio, l‟attivazione di popolazioni di neuroni che codificano l‟atto seguente

(Fogassi et al. 2005). Questo schema è stato teorizzato attraverso modelli matematici.

Da un punto di vista visivo l‟osservazione di un atto motorio quale l‟afferramento di

un pezzo di cibo (che verrà portato alla bocca e mangiato), secondo questo modello,

attiverebbe una serie di catene di neuroni che sono finalizzate ad un particolare scopo

motorio (mangiare). Gli elementi del contesto sono particolarmente importanti perché

forniscono input visivi rilevanti per disambiguare situazioni in cui risulta difficile

capire, dal punto di vista dell‟osservatore, l‟intenzione dell‟agente osservato. Ad

esempio, la presenza di un contenitore vicino all‟oggetto da afferrare potrebbe

indicare all‟osservatore che l‟atto di afferramento dell‟agente avrà come scopo quello

di piazzare l‟oggetto dentro al contenitore stesso. Gli input visivi relativi al contesto

contribuiscono quindi all‟attivazione di specifiche catene di neuroni, facilitando il

flusso di attivazione neuronale lungo le catene. Durante l‟osservazione dell‟atto

motorio di afferramento si attivano popolazioni di neuroni che codificano per

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l‟afferramento e che, a loro volta, pre-attiverebbero quindi quelle catene neuronali

che specificano lo scopo dell‟azione (ad esempio mangiare), permettendo

all‟osservatore di predire lo scopo (o l‟intenzione motoria) dell‟agente osservato.

Uno dei risultati più originali di questo studio è che la scarica visiva di alcuni dei

neuroni specchio è modulata dal contesto sociale e, in particolare, dallo scopo di

natura sociale dell‟agente osservato. Infatti, in due condizioni (“Monkey” e “Hand”),

lo scopo dell‟atto di afferramento era quello di dare l‟oggetto alla scimmia o ad un

altro sperimentatore.

È interessante notare che il numero di neuroni che „preferiscono‟ la condizione

„Monkey‟ è estremamente ridotto. Questo è un risultato inatteso in quanto ci si poteva

aspettare che nella condizione “Monkey”, la preparazione di un atto di afferramento

da parte della scimmia (in questa condizione la scimmia doveva ricevere l‟oggetto

preso dallo sperimentatore) potesse pre-attivare i neuroni specchio durante

l‟osservazione dell‟atto di afferramento. In realtà, sembrerebbe proprio il contrario: la

preparazione di un atto motorio in seguito all‟osservazione dell‟azione di

afferramento dello sperimentatore sembrerebbe avere un effetto inibitorio sulla

scarica visiva di alcuni dei neuroni specchio acquisiti. A livello di popolazione

abbiamo, infatti, dimostrato che la condizione „Monkey‟ è quella in cui la scarica

neuronale è più bassa. Questo risultato potrebbe dar luogo a due differenti

interpretazioni:

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1. Ipotesi dell’inibizione motoria sulla scarica visiva dei neuroni specchio : essendo i

neuroni mirror dei neuroni visuomotori e quindi coinvolti nel controllo motorio

dell‟azione, una loro pre-attivazione motoria porterebbe ad avere un effetto inibitorio

sull‟input visivo che arriva ai neuroni specchio, riducendo cosi l‟attività di scarica

durante l‟osservazione dell‟azione.

2. Ipotesi attenzionale: la scimmia, dovendo preparare un‟azione di coordinamento

con lo sperimentatore che gli porge l‟oggetto, deve non solo preparare un‟azione di

afferramento, ma anche prestare attenzione a come lo sperimentatore prende l‟oggetto

e lo porge alla scimmia, perché questo determina degli aggiustamenti nella

coordinazione motoria dell‟azione di afferramento. Questo “spostamento” di risorse

neurali potrebbe avere un effetto secondario sulla scarica visiva dei neuroni specchio

durante l‟osservazione causando un‟attività ridotta dei neuroni mirror.

Questa seconda ipotesi sembrerebbe non supportata dai nostri risultati. Infatti, in

seguito ad una seconda analisi che è stata compiuta su di una sola scimmia, in cui,

trial per trial, sono stati analizzati i tempi di rilascio della mano della scimmia dal

pomello per andare a prendere l‟oggetto offerto dallo sperimentatore nella condizione

„Monkey‟, rispetto al momento in cui lo sperimentatore ha preso l‟oggetto, si è

evidenziato che l‟attività di scarica visiva dei neuroni specchio durante l‟osservazione

dell‟azione è più intensa quando la scimmia rilascia velocemente il pomello per

andare a prendere il cubetto metallico, e meno intensa quando la scimmia deve

attivamente inibire il comportamento di reaching-grasping per un periodo più lungo,

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rimanendo con la mano sul pomello. Da un punto di vista attenzionale la scimmia

nella fase di inibizione attiva deve prestare attenzione all‟azione dello sperimentatore

per potersi poi coordinare con lui, indipendentemente che quest‟azione venga

eseguita con tempi di latenza diversi. L‟effetto inibitorio, secondo l’ipotesi

attenzionale, dovrebbe essere presente per tutta la durata dell‟ inibizione attiva, e cioè

durante il tempo in cui, dopo che lo sperimentatore ha afferrato il cubetto, la scimmia

deve rimanere con la mano sul pomello di partenza. Al contrario, quest‟ultimo dato

risulta compatibile con la prima ipotesi, ovvero che l‟inibizione attiva di un piano

motorio abbia un effetto di soppressione dell‟attività di scarica visiva dei neuroni

mirror. Tale effetto potrebbe essere dovuto a circuiti inibitori locali in cui

l‟attivazione di una serie di neuroni implicati in uno specifico programma motorio

potrebbe parallelamente portare ad una inibizione di neuroni vicini per evitare un

possibile conflitto di comandi motori simultanei. Questa ipotesi richiede chiaramente

un‟ulteriore investigazione.

Ad ogni modo, questa soppressione della scarica visiva non si verifica nelle altre

condizioni in cui la scimmia deve solamente tenere la mano sul pomello durante

l‟osservazione passiva (condizione “Hand”, “Container”, “Mouth”). Infatti, l‟unica

condizione in cui alla scimmia era richiesta un‟interazione diretta con lo

sperimentatore era la condizione “Monkey”, poichè la scimmia, dopo la fine del

periodo di fissazione, durante il quale lo sperimentatore afferrava l‟oggetto, doveva

eseguire un‟azione di afferramento dell‟oggetto offerto dallo sperimentatore. E‟

interessante notare che la condizione “Hand” che prevede anch‟essa un‟interazione

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tra due individui (due sperimentatori) non evoca risposte analoghe alla condizione

“Monkey”, quindi sembra proprio che sia la preparazione all‟ interazione motoria

dell‟osservatore con l‟agente a generare questa soppressione della scarica visiva dei

neuroni specchio.

Le informazioni visive relative al contesto o alla finalità interattiva dell‟azione

raggiungono le cortecce premotoria ventrale e sono integrati con altri aspetti di

codifica dell‟azione. Questa integrazione sensori-motoria sembra necessaria per

permettere la formazione di una rappresentazione dell‟azione altrui al fine di meglio

comprendere le finalità per cui uno specifico atto motorio è eseguito. I neuroni mirror

sono quindi in grado di differenziare se azioni altrui sono finalizzate ad uno scopo

interattivo di natura sociale (un‟ interazione motoria). Questi risultati pongono nuove

domande rispetto a come il circuito mirror possa ricevere queste informazioni di

carattere visivo da altre aree, e rispetto alla complessità delle informazioni visive

riguardo i goals sociali di un‟azione, che vengono codificati dai neuroni specchio di

F5. Altri studi neurofisiologici sui macachi dimostrano che altre aree corticali sono

coinvolte nella decodifica del comportamento altrui e nell‟attuazione di strategie

comportamentali che sono fortemente dipendenti dalle attività dei membri del proprio

gruppo, come la corteccia medio-frontale ed orbito-frontale che sono coinvolte nella

valutazione soggettiva del valore di un rinforzo e nella valutazione costo-beneficio

(Padoa-Schioppa & Cai, 2011). Inoltre, uno studio sui singoli neuroni nella corteccia

prefrontale di scimmia ha mostrato che alcuni neuroni vengono modulati a seconda

che l‟azione compiuta dalla scimmia abbia come conseguenza il rilascio di una

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ricompensa per sé, per un‟altra scimmia o per entrambe (Azzi et al. 2011). Questi ed

altri studi quindi dimostrano che in diverse aree corticali i neuroni tengono traccia dei

comportamenti altrui e delle conseguenze di questi comportamenti (Yoshida et al.

2011).

Questi studi suggeriscono che in diverse aree della corteccia cerebrale avvenga una

codifica di informazioni relative allo stato sociale degli individui e al tipo di

interazione sociale o al tipo di azione che intercorre tra gli agenti osservati. E‟

possibile ipotizzare che queste informazioni possano modulare anche la scarica dei

neuroni mirror in F5. Tuttavia, solo ulteriori ricerche potranno chiarire da un punto di

vista neurofisiologico ed anatomico questi aspetti.

I nostri risultati sembrano quindi supportare l‟idea che i neuroni specchio possano

avere un ruolo importante non solo nel decodificare le azioni degli altri, ma anche nel

decodificare le loro intenzioni in relazione a scopi di natura sociale e non. La capacità

di individuare le intenzioni di altri individui è un aspetto molto importante nella vita

sociale dei primati in quanto è fondamentale per riuscire a coordinare il proprio

comportamento con quello degli altri membri del gruppo o, in situazioni competitive

e conflittuali, per anticipare il comportamento altrui. In diverse specie di macachi, la

struttura sociale del gruppo è formata da femmine che sono imparentate tra loro e

formano gerarchie di dominanza che hanno come individuo alfa la femmina

(generalmente) più anziana, la matriarca (Thierry B., M. Singh and W. Kumanns

2004.). I legami tra le femmine di una famiglia possono durare per tutta la vita,

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mentre i maschi, una volta raggiunta la pubertà, migrano alla ricerca di altri gruppi. I

vari gruppi matrilineari sono spesso in competizione tra loro e la loro unità dipende

fortemente dalla capacità dei vari membri di mantenere l‟armonia nelle relazioni

all‟interno del gruppo, di sostenersi durante i conflitti con altri gruppi, di cooperare e

coordinarsi nelle varie attività. Questi comportamenti devono quindi fare affidamento

su un sistema nervoso in grado di decodificare in maniera efficiente il

comportamento altrui e di attuare piani motori che sono fortemente dipendenti dalle

attività dei membri del proprio gruppo, dal loro stato sociale e dalle precedenti

esperienze intercorse tra loro.

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Special Thanks to:

Prof.re Pier Francesco Ferrari

Prof.re Leonardo Fogassi

Dott. Gino Coudè

Dott.ssa Giulia Toschi