metodi psicofisici e procedure metodi basati sulla ... · la psicologia deve a fechner...
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Metodi psicofisici e procedure
Saranno di seguito proposti i metodi e le procedure psicofisiche più tipicamente adoperate nella ricerca
psicologica. Una prima macro divisione può essere fatta tra “metodi basati sulla rilevazione di valori di soglia”
(sia assoluta che differenziale) e “metodi di scaling o soprasoglia” il cui scopo è la costruzione di scale
psicologiche che rendano possibile sia il confronto tra le variazioni di una proprietà fisica con quelle della
conseguente variabile psicologica/sensoriale, sia la realizzazione di scale per fenomeni squisitamente
cognitivi.
Metodi basati sulla rilevazione di valori di soglia
La Psicologia deve a Fechner l’ideazione di tre distinte procedure per la misurazione di valori di soglia (sia
assoluta che differenziale): il metodo degli stimoli costanti, il metodo dei limiti ed il metodo
dell’aggiustamento. Tali procedure sono anche conosciute anche con il nome di “metodi della Psicofisica
classica”.
Il metodo degli stimoli costanti
Calcolo della soglia assoluta (AL): si usa un medesimo set di stimoli, suoni di una determinata intensità, oggetti
più o meno pesanti, sapori, etc. (usualmente da un minimo di 5 ad un massimo di 9) da presentare più volte
lungo tutta la durata dell’esperimento. La scelta del set di stimoli viene fatta in modo che l’estremo inferiore,
lo stimolo che esprime meno la proprietà in esame, eliciti una percezione poco più dello 0-5% delle volte che
viene proposto al soggetto, mentre l’estremo superiore, lo stimolo che esprime al massimo la proprietà in
esame, poco meno del 95-100%. La soglia assoluta AL cade necessariamente da qualche parte all’interno del
set proposto. L’intera gamma viene mostrata ai soggetti, solitamente, da 20 a 200 volte. La presentazione di
ogni condizione stimolo avviene secondo un ordine casuale (Guilford, 1939/1954). Durante l’esperimento ai
soggetti viene chiesto di riportare se lo stimolo presentato è stato, o meno, percepito. Lo sperimentatore, quindi,
raccoglie il numero di risposte “SI” ed il numero di risposte “NO”. La proporzione di risposte “SI”, ovvero
numero di risposte “SI” diviso il numero totale di volte che quello stesso stimolo è stato proposto al soggetto
sperimentale, rappresentate graficamente danno origine alla cosiddetta funzione psicometrica (funzione
ogivale) già mostrata in figura 53 e qui sotto riproposta adattata al caso specifico di un caso di percezione di
peso.
Figura 46: funzione psicometrica, relazione tra proporzioni di risposta “SI” ed il valore di soglia assoluta AL
2
La soglia assoluta AL corrisponde, per definizione, a quel valore letto sulla scala delle intensità dello stimolo,
associato ad una proporzione di risposte “SI” pari a 0,5. Esistono differenti procedure matematiche per il
calcolo di AL (Bock and Jones, 1968): la più utilizzata è quella proposta da Urban (1908) detta dei minimi
quadrati, in cui la funzione ogivale psicometrica viene convertita in una retta trasformando le proporzioni di
risposta “SI” in punti z (si è già discusso dei punti z nel capitolo 2). Esistono diversi modi “comodi” per
trasformare una proporzione in punti z: si possono usare le apposite tabelle di conversione o uno dei tanti
software presenti sul mercato che consentono di farlo velocemente. Con software quali Microsoft Excel o
LibreOffice/OpenOffice Calc è possibile adoperare la funzione predefinita INV.NORM.ST o INV.NORM.S a
seconda della versione software. Si veda l’esempio di tabella vvv che mostra gli stessi dati di figura 46. In
questo esempio ogni stimolo è stato presentato 100 volte.
Intensità dello
stimolo
( )
Numero di
risposte
“SI”
Proporzione di
risposte “SI”
(numero risposte SI/100)
Punti z
(numero risposte SI/100)
6 7 0,07 -1,47579
8 16 0,16 -0,99446
10 31 0,31 -0,49585
12 50 0,50 0
14 69 0,69 0,49585
16 84 0,84 0,994458
18 93 0,93 1,475791
Tabella vvv: conversione di risposte “SI” in punti z in relazione all’intensità dello stimolo e del numero di detezioni avvenute
Ogni proporzione di risposta “SI” di tabella vvv rappresenta la proporzione di area sotto la curva della
distribuzione normale in cui il punto z relativo rappresenta il valore sull’asse delle ascisse. Se si rappresenta in
un sistema di assi cartesiani non più la proporzione di risposta “SI”, ma i relativi punti z, quello che si ottiene
è una funzione lineare (figura 47).
Figura 47: funzione psicometrica rettificata, relazione tra punti z delle proporzioni di risposta “SI” ed il valore di soglia
assoluta AL
Conoscendo l’equazione di una funzione lineare (vedi capito 1), è possibile scrivere:
3
𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑧 = 𝑎 + 𝑏Φ
dove b è il valore del coefficiente angolare della retta (slope – inclinazione della retta, corrispondente alla
tangente dell’angolo che la retta forma con l’asse x delle ascisse), a è l’intercetta, Φ è l’intensità dello stimolo
fisico ed n è il numero di stimoli adoperati nell’esperimento. Dall’applicazione del metodo dei minimi quadrati
si può, quindi, scrivere:
𝑏 =𝑛(∑ Φ𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑖
𝑛𝑖=1 )(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛𝑖=1 )
𝑛(∑ Φ𝑖2𝑛
𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑖𝑛𝑖=1 )
2
𝑎 =(∑ Φ𝑖
2𝑛𝑖=1 )(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑖
𝑛𝑖=1 )(∑ Φ𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛𝑖=1 )
𝑛(∑ Φ𝑖2𝑛
𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑖𝑛𝑖=1 )
2
Conoscendo il valore di b e di a e sapendo che il valore di AL corrisponde all’intensità di quello stimolo fisico
Φ associato ad un punto z pari a 0 (figura 47), si ricava:
𝐴𝐿 = −𝑎
𝑏
Nel caso dei dati di tabella vvv, per un numero n di stimoli pari a 7, si ottiene:
(∑ Φ𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛
𝑖=1
) = 27,65
(∑ Φ𝑖
𝑛
𝑖=1
) = 84
(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧𝑖
𝑛
𝑖=1
) = 0
(∑ Φ𝑖2
𝑛
𝑖=1
) = 1120
(∑ Φ𝑖
𝑛
𝑖=1
)
2
= 7056
quindi:
𝑏 =7 ∙ (27,65) − (84) ∙ (0)
7 ∙ (1120) − (7056)= 0,247
𝑎 =(1120) ∙ (0) − (84) ∙ (27,65)
7 ∙ (1120) − (7056)= −2,96
𝐴𝐿 = −𝑎
𝑏= −
−2,96
0,247≃ 12
Calcolo della soglia differenziale (DL): per il computo del valore di soglia differenziale DL, al soggetto
sperimentale viene chiesto di esaminare coppie di stimoli e di giudicare quale dei due produce una sensazione
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di livello superiore. Uno dei due stimoli, usualmente, è di valore costante: tale stimolo prende il nome di
stimolo standard ( s ). Gli stimoli con cui s viene confrontato, prendono il nome di stimoli di confronto ( c
). Per ogni sessione, il soggetto sperimentale deve riportare se la sensazione elicitata di uno specifico c è
maggiore o minore di quella elicitata da s . Abitualmente si scelgono da 5 a 9 c separati da distanze uguali
lungo la scala fisica; lo stimolo c più grande è scelto in modo tale che eliciti una risposta “maggiore di s ”
per circa il 95-100% delle volte in cui avviene il confronto con s , mentre lo stimolo più piccolo è scelto in
modo che eliciti una risposta “maggiore di s ” per circa lo 0-5% delle volte in cui avviene il confronto con
s . Per avere una condizione ottimale, s ed il c di turno, dovrebbero essere presentati nello stesso
momento sia spazialmente che temporalmente: questo è, ovviamente impossibile. La soluzione è presentare
s e c in due differenti regioni dello spazio in uno stesso momento, oppure presentarli in una identica
regione, ma in tempi differenti. La scelta di un caso o dell’altro è relata al tipo di esperimento che deve essere
condotto: se, per esempio, lo scopo sperimentale è studiare la discriminazione tra aree più o meno brillanti, è
bene adottare la presentazione contemporanea in aree spazialmente differenti; nel caso in cui si voglia, di
contro, studiare la discriminazione di intensità di toni acustici, è bene presentare gli stimoli in uno stesso luogo
in tempi differenti. Sia l’una che l’altra procedura, soprattutto in seguito all’anisotropia dello spazio percettivo
e per l’intervento di processi mnestici quando gli stimoli sono proposti in tempi differenti, possono causare
errori di misura, rispettivamente errore spaziale ed errore temporale, che si cerca di ridurre al minimo
adottando semplici procedure sperimentali.
Per ridurre al minimo l’errore spaziale si è soliti bilanciare la posizione di presentazione degli stimoli: per il
50% delle volte si fa apparire ad esempio s sulla destra e c sulla sinistra e per il restante 50% delle volte si
procede in modo inverso; per ridurre al minimo l’errore temporale è sufficiente far apparire per il 50% delle
volte temporalmente prima s e per l’altro 50% prima c . Sia la diversa pozione spaziale che quella temporale
sono scelte casualmente di modo che il soggetto sperimentale non sappia se spazialmente a sinistra c’è s
oppure c , oppure se temporalmente apparirà prima s o c .
Per meglio comprendere il computo di DL col metodo degli stimoli costanti, si consideri l’esempio di seguito
proposto. Si immagini che il fine ultimo sia la determinazione di DL per discriminazioni di peso, che s sia
un cubo pesante 80 grammi e che la serie dei c sia composta da cubi (della stessa dimensione di s di modo
che il giudizio dei soggetti sperimentali non venga influenzato dalle dimensioni fisiche dei diversi cubi
adoperati) di valore pari a 72, 74, 76, 78, 80, 82, 84. Seguendo le regole sperimentali sopra esposte, lo
sperimentatore prende nota (manualmente o via software) di quante volte s viene giudicato più pesante dei
vari c . Quello che si ottiene è una serie di dati simili a quelli di tabella rrr. In questo esempio ogni stimolo
c è stato confrontato 100 volte con lo stimolo s .
Intensità dello
stimolo standard
( s ) - grammi
Intensità degli
stimoli di
confronto
( c ) - grammi
Numero di
risposte
s > c
Proporzione di
risposte
( s > c /100)
Punti z
( s > c /100)
80
72 12 0,12 -1,17499
74 20 0,2 -0,84162
76 32 0,32 -0,4677
78 50 0,50 0
80 67 0,67 0,439913
82 82 0,82 0,915365
84 93 0,93 1,475791
Tabella rrr: conversione di risposte s > c in punti z in relazione all’intensità dello stimolo standard, degli stimoli di
confronto ed al numero di discriminazioni avvenute
5
Il valore di quello stimolo, statisticamente determinato, che per il 50% delle volte viene ritenuto identico a Φ𝑠,
rappresenta il punto di eguaglianza soggettiva (point of subjective equality, PSE, di cui si è già discusso nel
secondo capitolo). Nella maggior parte dei casi, il valore di PSE non corrisponde a quello di s . Nel caso di
tabella rrr, ad esempio, ad un s di 80 grammi corrisponde un PSE di 78 grammi. La differenza tra il valore di
Φ𝑠 ed di PSE determina la quantità psicofisica dell’errore costante (constant error, CE):
𝐶𝐸 = 𝑃𝑆𝐸 − Φ𝑠 = 78 – 80 = -2
Il valore di CE dipende da alcuni fattori sistematici incontrollabili presenti nel processo di misurazione. Sia
l’errore spaziale che quello temporale sono errori costanti. Per il computo di DL si adoperano le proporzioni
dello 0,25 e dello 0,75 (25% e 75% di risposte “ s maggiore di c ”). Si definisce soglia differenziale
superiore (DLS) la gamma di stimoli compreso tra PSE e la stimolazione corrispondente alla proporzione di
risposte 0,75; si definisce soglia differenziale inferiore (DLI) la gamma compresa tra la stimolazione
corrispondente alla proporzione di risposte 0,25 ed il PSE (figura 48).
Figura 48: funzione psicometrica, relazione tra proporzioni di risposta 𝚽𝒔 > 𝚽𝒄, PSE ed i valori 𝑫𝑳𝒔 e 𝑫𝑳𝒊
La somma di DLS e DLI costituisce l’intervallo di incertezza (IU, interval uncertainty); metà intervallo di
incertezza è pari al valore di DL. In riferimento ai dati di figura 48 e di tabella rrr, si ha:
𝐷𝐿 =𝐷𝐿𝑖 + 𝐷𝐿𝑠
2=
(𝑃𝑆𝐸 − Φ0,25) + (Φ0,75 − 𝑃𝑆𝐸)
2
Anche la funzione psicometrica di figura 48 può essere trasformata in una retta, così come si è già fatto per il
caso della soglia assoluta, rappresentando ora graficamente non più le proporzioni di risposte Φ𝑠 > Φ𝑐 , ma le
loro trasformazioni in punti z (figura 49).
6
Figura 49: funzione psicometrica rettificata, relazione tra punti z delle proporzioni di risposta 𝚽𝒔 > 𝚽𝒄, PSE ed i valori 𝑫𝑳𝒔 e
𝑫𝑳𝒊
Sapendo che il punto z relativo al PSE vale (per definizione) 0, che il punto z di una proporzione di risposte
pari a 0,25 è uguale sempre a -0,674 e che quello relativo ad una proporzione di risposte pari a 0,75 vale sempre
0,674, è possibile calcolare il valore di DL adoperando la stessa procedura mostrata per la soglia assoluta AL
come segue:
𝑃𝑆𝐸 = −𝑎
𝑏
𝐷𝐿𝑖 = 𝑃𝑆𝐸 −−0.674 − 𝑎
𝑏
𝐷𝐿𝑠 =0.674 − 𝑎
𝑏− 𝑃𝑆𝐸
𝐷𝐿 =𝐷𝐿𝑖 + 𝐷𝐿𝑠
2=
0.674
𝑏
Considerando che, in questo caso:
𝑏 =𝑛(∑ Φ𝑐𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖
𝑛𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑐𝑖
𝑛𝑖=1 )(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖
𝑛𝑖=1 )
𝑛(∑ Φ𝑐𝑖2𝑛
𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑐𝑖𝑛𝑖=1 )
2
𝑎 =(∑ Φ𝑐𝑖
2𝑛𝑖=1 )(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖
𝑛𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑐𝑖
𝑛𝑖=1 )(∑ Φ𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖
𝑛𝑖=1 )
𝑛(∑ Φ𝑐𝑖2𝑛
𝑖=1 ) − (∑ Φ𝑐𝑖𝑛𝑖=1 )
2
(∑ Φ𝑐𝑖 ∙ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖
𝑛
𝑖=1
) = 51,795
(∑ Φ𝑐𝑖
𝑛
𝑖=1
) = 546
7
(∑ 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜𝑧(Φ𝑠>Φ𝑐)𝑖𝑛𝑖=1 ) = 0,346
(∑ Φ𝑐𝑖2
𝑛
𝑖=1
) = 42700
(∑ Φ𝑐𝑖
𝑛
𝑖=1
)
2
= 298116
quindi:
𝑏 =7 ∙ (51,795) − (546) ∙ (0,346)
7 ∙ (42700) − (298116)= 0,221
𝑎 =(42700 ∙ 0,346) − (546 ∙ 51,795)
7 ∙ (42700) − (298116)= −17,23
𝐷𝐿 =0.674
0.221= 3,05
𝑃𝑆𝐸 =17,23
0,221≅ 78
Il metodo dei limiti
Calcolo della soglia assoluta (AL): il metodo dei limiti è molto utilizzato dagli psicofisici in quanto più rapido
nell’esecuzione, anche se meno preciso, del metodo degli stimoli costanti. Per il calcolo di AL, il metodo dei
limiti prevede che lo sperimentatore cominci la sessione sperimentale presentando stimoli ben al di sopra e ben
al di sotto della potenziale AL. Nelle successive presentazioni la soglia viene avvicinata cambiando di volta in
volta l’intensità della stimolazione presentata fino a quando la sensazione elicitata svanisce: questo produce
due tipologie di serie in cui gli stimoli vengono presentati, una ascendente ed una discendente. Se la serie è
ascendente lo sperimentatore comincia presentando uno stimolo molto sotto soglia e ne aumenta, di
presentazione in presentazione, l’intensità; se la serie è discendente lo sperimentatore comincia presentando
uno stimolo molto sopra soglia e ne diminuisce, di presentazione in presentazione, l’intensità. Il metodo dei
limiti è frequente in audiometria per determinare la soglia assoluta AL per i toni puri di una particolare
frequenza. Si supponga, ad esempio, che si voglia capire quale sia la minima intensità (misurata in decibel –
dB) di un suono di 1000 Hz in grado di suscitare una sensazione acustica. In un caso come questo un
esperimento che adotti il metodo dei limiti potrebbe configurarsi come mostrato in tabella ooo.
8
Intensità sonora
(dB) - Φ A D A D A D A D A D
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
SÍ
SÍ
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
NO
SÍ
NO
NO
NO
NO
NO
SÍ
SÍ
SÍ
NO
SÍ
NO
NO
NO
NO
NO
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
NO
SÍ
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
NO
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
NO
SÍ
NO
NO
NO
NO
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
SÍ
NO
Soglie momentanee
ML =
4,5 3,5 3,5 4,5 5,5 4,5 4,5 2,5 3,5 4,5
AL = 4,1
Tabella ooo: applicazione del metodo dei limiti per il computo di AL
La lettera A in tabella ooo indica una serie ascendente, la D una serie discendente. I “sì” ed i “no” rappresentano
le risposte date da un ipotetico soggetto sperimentale a cui vengono presentati gli stimoli. Normalmente, per
evitare che il soggetto “impari” che deve rispondere sempre dopo un certo numero di stimoli che gli vengono
proposti, si fanno cominciare entrambi i tipi di serie da intensità di stimolo differenti. Se si osserva ancora una
volta la tabella ooo si può notare che, ad esempio, nella prima serie ascendente il primo stimolo proposto ha
intensità pari a 6 dB, mentre nella seconda serie ascendente il primo stimolo presentato vale 4 dB. Spesso viene
anche cambiato il “disegno delle serie” che non appaiono sempre, come in tabella ooo, in schemi simmetrici
del tipo A-D-A-D (es: AA-DD-AA-DD; AA-DDD-AAA-DD: etc.). Lo sperimentatore registra a livello di
quali stimoli il soggetto cambia la propria risposta da “sì percepisco lo stimolo” a “no, non percepisco lo
stimolo”: per ciascuna serie, tale punto di passaggio prende il nome di soglia momentanea (momentary limen,
ML). Precisamente:
𝑀𝐿 =Φ𝑆𝐼 + Φ𝑁𝑂
2
che nel caso della seconda colonna di tabella ooo diventa:
𝑀𝐿 =5 + 4
2= 4,5
La media aritmetica di tutte le ML calcolate equivale al valore della soglia assoluta AL:
𝐴𝐿 =∑ 𝑀𝐿𝑖
𝑛𝑖=1
𝑛=
4,5 + 3,5 + 3,5 + 4,5 + 5,5 + 4,5 + 4,5 + 2,5 + 3,5 + 4,5
10= 4,1
9
Calcolo della soglia assoluta (DL): per il computo della soglia differenziale DL con il metodo dei limiti lo
stimolo standard s ed uno stimolo di confronto c vengono presentati in uno stesso momento in due
posizioni spaziali differenti o in tempi diversi in una stessa posizione spaziale. Si parte dalla condizione di
macro differenza (quindi evidente discriminabilità) tra s e c : nelle successive presentazioni c viene
modificato, per step successivi, in modo che la sensazione da esso elicitata si avvicini sempre più a quella
elicitata da s . Si può procedere in due direzioni: si comincia da uno stimolo di confronto c massimamente
minore dello standard s e si procede per progressivi aumenti di c , dando così origine ad una serie
ascendente “A”, oppure si comincia con uno stimolo di confronto c massimamente maggiore dello standard
s e si procede per progressive diminuzioni, dando così origine ad una serie discendente “D”. Si consideri, ad
esempio (colonna 2, tabella 7), che s sia un tono di 20 dB, lo sperimentatore potrebbe cominciare, nel caso
di una serie ascendente “A”, da un c di 15,5 dB ed incrementare volta per volta di 0,5 dB, fino a registrare
il momento in cui il soggetto cambia la propria risposta da “ c è minore di s ” a “ c è uguale a s ”
(passaggio da un segno “-” ad un segno “=” in tabella 7) e quindi proseguire ancora fino a quando la risposta
cambia da “ c è uguale a s ” a “ c è maggiore di s ” (passaggio da un segno “=” ad un segno “+” in tabella
7). Se il valore dello stimolo di confronto c è maggiore rispetto allo standard s , supponiamo sia di 24 dB,
si procede, di contro, con una serie discendente “D” (colonna 3, tabella 7) ossia decrementando volta per volta
di 0,5 dB, fino a quando si passa da una risposta del tipo “ c è maggiore di s ” ad una del tipo “ c è uguale
di s ” (passaggio da un segno “+” ad un segno “=” in tabella 7), proseguendo ancora fino ad arrivare al
successivo cambio di risposta “ c è minore di s ” (passaggio da un segno “=” ad un segno “-” in tabella 7).
La soglia momentanea ML prende il nome di soglia superiore (upper limen, UL) se si registra il passaggio
dalla risposta “ c è maggiore di s ” a “ c è uguale a s ” o viceversa (da un “+” ad un “=” o viceversa);
ML prende il nome di soglia inferiore (lower limen, LL) se si registra il passaggio dalla risposta “ c è minore
di s ” a “ c è uguale a s ” o viceversa (da un “-” ad un “=” o viceversa). UL è il valore quantitativamente
maggiore, sulla scala degli stimoli fisici, ad essere ritenuto pari allo standard s ; LL, di contro, è il valore
quantitativamente minore, sulla scala degli stimoli fisici, ad essere ritenuto pari a s .
In tabella 7 è riportata la struttura tipica di un esperimento in cui viene calcolata DL adottando il metodo dei
limiti considerando come s un tono di 1000 Hz a 20 dB.
Intensità sonora
(dB) A D A D A D A D A D
24.5
24.0
23.5
23.0
22.5
22.0
21.5
21.0
20.5
20.0 ( s )
19.5
19.0
18.5
18.0
17.5
17.0
16.5
16.0
15.5
+
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-
-
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-
UL 21,75 22,25 22,25 21,75 22,75 21,25 22,25 21,75 21,75 22,75
LL 17,75 18,75 17,75 18,25 17,25 18,25 17,75 18,25 17,25 17,25
IU 4 3,5 4,5 3,5 5,5 3 4,5 3,5 4,5 5,5
𝐼𝑈̅̅ ̅ = 4,2 𝐷𝐿 = 2,1 PSE = 19,95
10
Tabella 7: applicazione del metodo dei limiti per il computo di DL
Il range di stimoli in cui il soggetto non percepisce alcuna differenza tra s e c (gli intervalli di risposta
identificati dal simbolo “=”) prende il nome di intervallo di incertezza (interval of uncertainty, IU). Il valore
di DL viene considerato pari alla metà dell’intervallo di incertezza IU medio, che è a sua volta calcolabile a
partire dai valori di UL e LL, ovvero:
𝑈𝐿 =Φ+ + Φ=
2
𝐿𝐿 =Φ− + Φ=
2
𝐼𝑈 = 𝑈𝐿 − 𝐿𝐿
𝐼𝑈̅̅ ̅ =∑ 𝐼𝑈𝑖
𝑛𝑖=1
𝑛
𝐷𝐿 =𝐼𝑈̅̅ ̅
2
È, quindi, possibile anche calcolare il valore del PSE:
𝑃𝑆𝐸 =
∑ 𝑈𝐿𝑖𝑛𝑖=1
𝑛+
∑ 𝐿𝐿𝑖𝑛𝑖=1
𝑛2
Il metodo dell’aggiustamento
Calcolo della soglia assoluta (AL): il metodo dell’aggiustamento viene ritenuto il meno preciso dei metodi
psicofisici classici, ma continua ad esser utilizzato soprattutto per la sua estrema semplicità. Lo sperimentatore
chiede al soggetto di manipolare direttamente, attraverso adeguata apparecchiatura, l’entità di uno stimolo
fisico. Una tipica situazione è quella in cui il soggetto mediante una manopola (oppure una tastiera, delle leve,
etc.) modifica l’intensità di un suono che in alcuni casi, secondo il disegno sperimentale stabilito dallo
sperimentatore, comincia con una intensità di molto sopra il livello di soglia assoluta ed in altri casi molto al
di sotto (quindi per nulla udibile). Lo sperimentatore registra come valore di soglia l’intensità di quello stimolo
fisico che il soggetto smette ti aggiustare. Se si fanno fare più aggiustamenti, si considera la soglia assoluta AL
pari alla media degli stimoli aggiustati. Se si indica con a uno stimolo aggiustato, è possibile scrivere:
𝐴𝐿 =∑ Φ𝑎𝑖
𝑛𝑖=1
𝑛
Calcolo della soglia differenziale (DL): quando il metodo dell’aggiustamento è adoperato per ottenere il valore
di DL, al soggetto sperimentale viene chiesto di eguagliare, con la stessa meccanica sopra descritta, uno stimolo
di confronto Φ𝑐 ad uno standard Φ𝑠 . Se le variabili non sono continue e Φ𝑐 e Φ𝑠 non possono essere presentati
assieme, l’utilizzo del metodo dell’aggiustamento è sconsigliato. In un grande numero di prove il soggetto
sperimentale in alcuni casi sottostima ed in altri sovrastima l’entità dello stimolo di confronto, ovvero per un
certo numero di volte tende a dire che Φ𝑐 è uguale a Φ𝑠 quando in realtà Φ𝑠 è più grande e per un certo altro
numero di volte tende a dire che Φ𝑐 è uguale a Φ𝑠 quando in realtà Φ𝑠 è più piccolo. Per la maggior parte delle
volte gli aggiustamenti tendono, comunque, a raggrupparsi vicino al valore di Φ𝑠. Sui grandi numeri, quello
che si viene a configurare è una distribuzione dei valori degli aggiustamenti simile a quella di figura 11.
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Figura 11: distribuzione di frequenza in relazione al calcolo di DL
Il valore di PSE corrisponde alla media dei valori degli stimoli Φ𝑎 aggiustati allo standard Φ𝑠. Se non ci
fossero errori costanti (CE=PSE- s ), condizione alquanto rara, PSE e Φ𝑠 dovrebbero corrispondere. Il valore
di DL viene assunto pari alla deviazione standard:
𝐷𝐿 = 𝐷𝑆 = √∑ (Φ𝑎𝑖 − Φ̅𝑎)2𝑛
𝑖=1
𝑛
Maggiore è la precisione degli aggiustamenti, minore sarà l’indice di dispersione (quindi DS sarà ridotto) con
la conseguenza che anche DL risulterà di quantità ridotta.
Alcune considerazioni sui metodi della Psicofisica classica
Il progressi che la materia Psicofisica ha fatto negli anni hanno messo in luce che ciascuno dei 3 metodi sopra
descritti, i metodi classici, presenta uno o più dei problemi seguenti (Treutwein, 1995):
- non dice nulla circa il modo in cui il soggetto decide/sceglie di rispondere ad uno stimolo;
- i valori di soglia stimati possono essere non obbiettivi in quanto influenzati da fattori terzi;
- mancano spiegazioni teoriche che giustifichino il modo di procedere;
- una grande quantità di dati/tempo è sprecata poiché molti stimoli presentati hanno valori lontani dal
valore di soglia (assoluta e differenziale). Per fare un parallelismo: è come se si facessero domande
inutili, in quanto te risposte non ci dicono nulla di informativo.
Nei passati decenni la ricerca in campo psicofisico ha trovato differenti rimedi ai problemi riportati: i primi tre
sono stati superati grazie all’applicazione alla Psicologia della “Choice Theory” (Luce, 1959; 1963) ed alla
“Signal Detection Theory” (Green & Sweet, 1966; Macmillan & Creelman, 1991). Il quarto problema è stato
affrontato con l’introduzione dei laboratori di Psicologia di computer e procedure che hanno consentito una
miglior selezione degli stimoli sperimentali. Tali procedure sono i cosiddetti “metodi adattivi”.
I metodi adattivi
Nonostante le procedure adattive fossero state utilizzate, in varie forme, da diversi anni (Levitt, 1992), è il
relativamente recente utilizzo nella pratica clinica che ne ha sancito un più largo impiego. La nascita di nuove
discipline quali l’audiometria, a cavallo della seconda guerra mondiale, ha dato impulso ad una applicazione
sempre maggiore delle tecniche adattive. Come puntualizzato da Falmagne (1986), la differenza tra i metodi
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della psicofisica classica e quelli adattivi è che i primi scelgono i proprio set di stimoli proposti prima che
l’esperimento abbia inizio (il set è fisso), mentre i metodi adattivi selezionano gli stimoli proposti in funzione
alle risposte ottenute agli stimoli presentati precedentemente. Il fine è quello di ottenere la massima precisione
possibile nel computo dei valori di soglia minimizzando il numero di prove, ossia la quantità di stime richieste
al soggetto sperimentale, proponendo stimoli che siano via via più prossimi al valore di soglia. Procedendo in
questo modo i metodi adattivi limitano al minimo due fenomeni noti come “guessing rate” e “lapsing rate” che
si possono incontrare in compiti di detezione/discriminazione. Per una miglior comprensione, si prenda come
riferimento la figura xzx in cui è riportata una funzione psicometrica, ossia la proporzione di risposte “SI-
percepisco lo stimolo” in un classico esperimento SI/NO.
Figura xzx: guessing e lapsing in un esperimento SI/NO
In relazione alla figura xzx, il guessing rate vale 0,2 e corrisponde alla proporzione di risposte SI corrette date
allo stimolo di intensità minore (quello di valore 5). Il lapsing rate corrisponde, invece, corrisponde alla
proporzione di risposte corrette date dopo che la funzione psicometrica collassa, ossia la proporzione di
risposte corrette comprese tra lo stimolo di intensità 27 e quello finale di intensità 45: tale proporzione, in
figura xzx, vale 0,02 (ossia 1 meno 0,98). Guessing e lapsing sono importanti perché delimitano la porzione
di funzione psicometrica (quella compresa tra i due quadratini neri in figura xzx) che è utile per una stima
precisa del valore di soglia, sia assoluta che differenziale.
Esistono diversi metodi adattivi, ma è possibile categorizzare le procedure ad oggi utilizzate in tre gruppi
(Leek, 2001):
- PEST (Parameter Estimation by Sequential Testing
- MLAP (Maximum-Likelihood Adaptive Procedures)
- SP (Staircase Procedure)
Le variabili sperimentali che possono incidere sul tipo di procedura sono:
- La grandezza del passo, ossia la distanza che esiste tra uno degli stimoli proposti ed il
successivo/precedente;
- Il valore di partenza, ovvero la grandezza dello stimolo con cui si comincia la sessione sperimentale
- L’algoritmo di tracciamento, ossia il processo che per fasi successive propone gli stimoli durante
l’esperimento
- Il momento in cui si decide di fermarsi, ovvero quando termina l’algoritmo di tracciamento
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PEST (Parameter Estimation by Sequential Testing)
L’algoritmo della procedura PEST (Taylor & Creelman, 1967) adotta cambiamenti nella grandezza del passo
e determina il valore di soglia arrestandosi dopo un preciso iter di posizionamento al fine di aumentare la
precisione della misurazione e diminuire il numero di passi richiesti. La figura 1000 mostra un tipico compito
PEST nella forma proposta da Hall (1981) in accordo con quanto suggerito da Taylor & Creelman (1967).
Viene selezionato uno stimolo iniziale decisamente sopra soglia per cominciare la sessione sperimentale. Dopo
ogni presentazione ad un livello di stimolazione prefissata, viene applicato un test statistico (direttamente dal
software che gestisce la presentazione degli stimoli) al fine di indicare se la performance del soggetto
sperimentale a quel preciso livello è migliore o peggiore di quella che si desidera raggiungere (es.: 50% di
detezioni corrette, oppure 75% di detezioni corrette, etc. a seconda delle esigenze dello sperimentatore). In
considerazione dell’esito del test statistico può poi essere modificato il valore dello stimolo da proporre per
poi riprendere la procedura di test. Nell’esempio di figura 1000 è riportato un caso uditivo in cui si comincia
con un suono di 8 dB che dopo quattro presentazioni tutte con risposta positiva (ovvero il soggetto sperimentale
risponde sempre “si, sento il suono”) cambia di un passo di 8dB per arrivare a 0dB (si ricorda che scala dB è
ad intervalli, quindi il valore 0 non sta ad indicare un’assenza assoluta di suono/rumore). Nel presente caso, il
software di gestione della PEST ha bisogno di nove presentazioni per determinare che il livello dello stimolo
a 0dB è troppo basso (si vede da grafico che il suono di 0dB riceve cinque risposte del tipo “no, non sento” e
quattro del tipo “si, sento”). Segue, quindi un aumento di livello dello stimolo, ma questa volta di 4dB, un
passo metà del precedente. Questa volta dopo 7 presentazioni (sei con risposta “si, sento” ed una con risposta
“no, non sento”) il software di gestione della PEST abbassa l’intensità del suono, sempre dimezzando il passo,
quindi proponendo ora un suono di 2dB. La procedura continua in questo modo fino a quando il software
decide che l’obiettivo è raggiunto: nel caso dei suoni ora proposti questo accade quando la proporzione di
risposte “si, sento” è pari al valore predeterminato ai fini sperimentali (50% di detezioni, oppure 75%, etc.).
Figura 1000: percorso adattivo di una procedura PEST
MLAP (Maximum-Likelihood Adaptive Procedures)
MLAP è una seconda categoria di procedure adattive in cui la scelta dello stimolo da presentare viene fatta
considerando l’intero set di risposte date in precedenza. Ad ogni prova, il set di stimoli e la proporzione di
risposte corrette associate a ciascuno stimolo vengono combinati per ridisegnare una funzione psicometrica
come quella di figura 46. A seconda della quantità di detezioni corrette che si desidera ottenere (50%, 75%,
etc.) diventa, per mezzo della funzione psicometrica, semplice scegliere il livello dello stimolo da proporre.
Un classico esempio ci viene proposto da Green (1993) che sviluppò una procedura di massima
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verosimiglianza in un compito di detezione si-no. Green assume, innanzitutto, che vi sia una particolare
funzione psicometrica di riferimento (ad esempio una funzione ogivale come quella di figura 46) che relaziona
il numero di risposte “si percepisco lo stimolo” e l’entità degli stimoli stessi. Scelto un set di stimoli che
comprende anche quello che presumibilmente corrisponderà al livello di soglia assoluta (scelta fatta con un
esperimento pilota), il metodo di Green computa, tramite utilizzo di computer, una serie di diverse possibili
funzioni psicometriche, tutte della stessa forma di quella di riferimento, mettendole poi in relazione con le
risposte raccolte dopo ogni presentazione di ciascuno stimolo per arrivare a valutare quale di queste è la più
verosimile, quella che spiega meglio la relazione tra stimoli e risposte registrate. Una volta determinata, la
funzione viene adoperata per determinare l’entità dello stimolo da proporre alla prova successiva. La figura
1001 mostra la tipica procedura adattiva seguita da Green: si può notare che dopo una iniziale grande distanza
tra l’entità fisica degli stimoli proposti (dB in questo caso in uno studio sulla discriminazione uditiva) vi sia
poi una rapida e progressiva convergenza degli stimoli stessi verso il valore di soglia. Secondo Green la sua
procedura conduce ad un valore di soglia verosimile entro 12 prove. Secondo Leek, Dubno, He e Ahlstrom
(2000), che adottano un sistema basato sulla valutazione della variabilità tra gli stimoli proposti, sono invece
necessarie 24 prove per ottenere un valore di soglia stabile.
Figura 1001: percorso adattivo di una procedura MLAP (Green, 1993)
SP (Staircase Procedures)
Sia PEST che MLAP sono procedure spesso complesse al punto che sono molti i ricercatori a preferire, data
la maggior semplicità, il metodo SP che procede selezionando lo stimolo da proporre a partire direttamente
dalla precedente (o precedenti) risposte date dai soggetti sperimentali per arrivare alla determinazione del
valore di soglia calcolando, per la maggior parte dei casi, la media tra gli stimoli contigui in cui si registra una
inversione della risposta, da positiva a negativa (es.: da “si” percepisco lo stimolo a “no” non lo percepisco).
La figura 1002 mostra una tipica SP, nello specifico un caso di “up-down staircase”: partendo da un livello
decisamente soprasoglia, ad ogni risposta positiva (“si, percepisco lo stimolo”) segue un decremento continuo
del livello dello stimolo fino a quando si ottiene una risposta negativa (“no, non percepisco lo stimolo”). A
questo punto si cambia direzione e si torna ad aumentare l’entità dello stimolo fino a quando la risposta da
negativa torna ad essere positiva. La procedura poi riprende fino a quando la probabilità di ottenere una risposta
positiva risulta essere uguale alla probabilità di ottenere una risposta negativa.
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Figura 1002: percorso adattivo di una procedura up-down SP
Esistono varianti nella procedura up-down. Un esempio noto ci è offerto da Levitt (1971) in cui l’algoritmo è
three down-one up (figura 1003).
Figura 1003: percorso adattivo di una procedura three up-one down SP
Considerazioni sui metodi adattivi
Nel tentativo di mettere a confronto le tre categorie di procedure adattive descritte è possibile dire che:
- PEST ha il vantaggio di non fare riferimento a particolari funzioni psicometriche in base alle quali
computare i valori di soglia e fornisce una rapida convergenza al valore finale;
- MLAP richiede un grosso lavoro a livello computazionale sia per la scelta degli stimoli da proporre
che per il computo del valore di soglia, ma consente risultati molto precisi e rapidi;
- SP non richiede assunzioni particolari e si basa su un algoritmo piuttosto semplice.
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Non c’è una regola chiara per preferire una procedura alle altre, ma dipende dalla situazione sperimentale
che si deve affrontare. Ad esempio, se un esperimento deve essere eseguito in tempi molto stretti, tipico
nel caso in cui si lavori con bambini piccoli ed animali, potrebbe essere utile la rapidità di MLAP. I metodi
adattivi offrono precisione ed affidabilità e consentono un forte risparmio di tempo.