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Claudio Martinelli – Malattie dell'orecchio medio : le otiti medie – MALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIO MALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIO MALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIO MALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIO

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Otiti Medie e complicanze

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Claudio Martinelli – Malattie dell'orecchio medio : le otiti medie –

MALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIOMALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIOMALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIOMALATTIE DELL'ORECCHIO MEDIO

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Claudio Martinelli – Malattie dell'orecchio medio : le otiti medie –

I processi flogistici dell'orecchio medio (otite media) assumono aspetti clinici molto diversi, in

dipendenza di molteplici fattori etiopatogenetici che li determinano.

Li elenchiamo:

Fattore anatomico

II decorso di un otite media può essere profondamente influenzato dalle variazioni anatomiche del

temporale; esse riguardano soprattutto la pneumatizzazione, cioè il formarsi nel temporale di

concamerazioni aerate: la pneumatizzazione è soprattutto pronunciata nell'apofisi mastoide.

La pneumatizzazione non termina che verso i 20-25 anni; nel soggetto normale assume l'aspetto, e

così viene definita, della pneumatizzazione a "grandi cellule".

Quando però essa sia a "medie" o a "piccole" cellule, oppure assente del tutto (in tal caso:

mastoide spongiosa o eburnea) rappresenta una condizione anormale, il più spesso di significato

patologico.

La scarsa o mancante pneumatizzazione del temporale può essere dovuta ad un fattore

embrionale, evolutivo (elemento genotipico) o derivare da flogosi auricolari, decorse nella prima

infanzia (elemento fenotipico).

Più vicina al normotipo la pneumatizzazione del temporale e minore sarà l'influsso sulla flogosi: la

quale risentirà perciò maggiormente la predominanza del fattore batterico; pertanto, nel normale,

con mastoide pneumatizzata a grandi cellule, l'otite media avrà un ciclo rapido e una spiccata

acutezza di sintomi.

Fattore batterico

Tutti i germi piogeni sono in grado di determinare un'otite media : provengono quasi sempre dalla

faringe, benché, vivendo, in fase saprofitica nell'orecchio medio, possono anche virulentarsi in

loco. L'otite media acuta è infatti quasi sempre preceduta da rinite o da faringo-tonsillite acuta.

Si ricordano particolarmente: lo streptococco, il diplococco, il pneumococco del III tipo

(streptococco mucoso), il B. Coli, l'Haemophilus Influentiae, etc.

La terapia antibiotica, oggi largamente diffusa, rende meno importante l'azione patogena del

fattore microbico, ma può, dal canto suo, condizionare, come vedremo, l'evoluzione del processo

flogistico. L'otite acuta è inizialmente monomicrobica; più tardi diviene polimicrobica, ciò che ne

favorisce la cronicizzazione e la resistenza agli antibiotici e ai chemioterapici.

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Claudio Martinelli – Malattie dell'orecchio medio : le otiti medie –

Fattore tubarico e nasale

È quello maggiormente responsabile della cronicizzazione dell'otite, al punto da conferire il nome a

un tipo particolare di essa, l'otite media cronica tuborroica. Questo fattore agisce con duplice

meccanismo:

1. meccanismo rappresentato dalla stenosi tubarica, causa di imperfetta aerazione

dell'orecchio medio, della sua iperemia "ex vacuo", etc.; esso acquista preminente

importanza nell'etiopatogenesi dell'otite media catarrale acuta e cronica, e dell'otite media

congestiva;

2. infettivo, nel senso che il rifornimento dell'orecchio medio di germi e di muco si attua

attraverso la tuba; la quale viene poi colpita molto spesso da processi flogistici ad essa

propri (otosalpingite acuta e cronica).

In entrambi questi meccanismi ha molta importanza l'ipertrofia e la flogosi delle vegetazioni

adenoidi nei bambini, che, occludendo il rinofaringe, ostruiscono l'orifizio tubarico e

rappresentano un facile rifornimento di materiale flogistico e batterico.

Altri fattori

1. Immunitario;

2. Del terreno;

3. Dell'età.

hanno minore importanza, tuttavia possono dare una impronta clinica particolare all'otite media.

Potremo così riconoscere forme anatomo-cliniche diverse di questa malattia; una prima distinzione

si fa tra l'otite media acuta e l'otite media cronica, entrambe sia purulenta che catarrale.

OTITE MEDIA ACUTAOTITE MEDIA ACUTAOTITE MEDIA ACUTAOTITE MEDIA ACUTA

A seconda della virulenza del germe, della prevalenza del fattore batterico o di quello infettivo

tubarico, dello stato di difesa del soggetto, delle condizioni anatomiche locali e via dicendo, l'otite

media acuta avrà un decorso clinico ben diverso. Talvolta una forma sfocia nell'altra; esse possono

costituire così due tappe del medesimo processo infettivo.

Otite media catarrale

(detta anche retrazione timpanica acuta o otosalpingite catarrale).

Patogenesi: stenosi della tuba, quasi sempre secondaria a un affezione del rinofaringe o delle fosse

nasali (rinite, polipi; soprattutto vegetazioni adenoidi); quindi fattore eziologico prevalente

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meccanico, cioè mancata aerazione dell'orecchio medio, e conseguente assorbimento dell'aria

contenutavi, con edema ed essudazione della mucosa (Tabella 24).

Oltre al fattore etiologico meccanico altri fattori possono influenzare l'occlusione tubarica. Per

meglio comprendere questo tipo di patologia è utile rivederne brevemente l'anatomia. La Tuba di

Eustachio consta di una parte ossea o timpanica che è lunga circa 10 mm. e una parte cartilaginea

lunga circa 25-30 mm.: le due parti sono raccordate fra loro da un istmo, il punto più ristretto del

sistema con diametro di circa 1,2 mm.

Ha un decorso lievemente sinuoso, ad S italica e fa comunicare la cassa del timpano con

l'epifaringe; è rivestita da epitelio cilindrico vibratile che si fa polistratificato a livello dell'ostio

rinofaringeo. Nella parte cartilaginea, che sporge leggermente in rinofaringe (padiglione tubarico),

esistono ghiandole mucose ed intorno alla parte posteriore di questa struttura si riscontrano

elementi linfatici che si strutturano come piccole formazioni tonsillari, sottomucose (Tonsilla di

Gerlach). Nella prima infanzia la Tuba è più breve, più rettilinea, più orizzontale con diametro più

ampio. L'ostruzione tubarica può essere di due tipi: meccanica o infiammatoria.

1. Forma meccanica o trasudativa: ostruzione della tuba senza che si abbia un processo

infiamamatorio. Ne sono causa: processi adenoiditici non infiammatori (nel bambino),

brusche variazioni di pressione atmosferica (es. otite barotraumatica negli aviatori).

2. Forma infiammatoria o essudativa: processo infiammatorio tubarico che determina edema

e congestione delle pareti della tuba. Di solito è legata a processi infiammatori rinofaringei

che si propagano alla tuba (riniti, sinusiti, adenoiditi, rinofaringiti).

Otite media catarrale trasudativa

1. Otodinia violenta improvvisa(dolore localizzato a livello auricolare )

2. Acufeni gravi (percezioni sonore in assenza di stimolazione fisiologica dei recettori cocleari,

per lo più a tonalità acute)

3. Autofonia (sensazione uditiva oggettiva a causa della quale l'orecchio percepisce suoni che

vengono dall'interno del corpo, come il respiro, la voce, la deglutizione, i movimenti

articolari)

4. Ipoacusia di trasmissione (legata alle alterazioni di tipo infiammatorio dell’apparato di

trasmissione dei suoni)

5. Vertigini (talvolta)

Obiettivamente la membrana timpanica è iperemica (lungo il manico del martello) ed opaca.

Attraverso la membrana timpanica è possibile talvolta osservare un livello idroaereo dovuto alla

presenza di trasudato. Il timpanogramma è piatto e spostato a sinistra.

L'otite media trasudativa guarisce spontaneamente in 8-20 giorni. Ripetute recidive possono però

portare ad aderenze (briglie cicatriziali) o esitare in otite cronica adesiva (timpanosclerosi, con

infossamento della membrana ed orizzontalizzazione del martello).

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Se non regredisce in 7-8 gg si procede a paracentesi timpanica per il drenaggio del trasudato con

ago e in anestesia generale o locale. Il drenaggio dura 5-6 gg (effettuare anche copertura

antibiotica). Se non si ha trasudato si somministrano balsamici e corticosteroidi via aerosol. Dopo

7-8 gg si effettua la manovra di Valsalva (espirazione a bocca e narici chiuse dopo inspirazione

forzata) atta a ristabilire la pervietà tubarica. Altra tecnica per ristabilire la pervietà tubarica è il

cateterismo tubarico.

Otite media catarrale essudativa

Può rimanere limitata alla tuba o interessare anche il cavo timpanico.

Se limitata alla tuba:

1. Senso di occlusione

2. Ovattamento auricolare

3. Manca una vera otodinia

4. Ipoacusia

5. Acufeni

6. Autofonia

Obiettivamente si rileva un lieve opacamento ed una leggera retrazione della membrana.

Riduzione del triangolo luminoso.

Se interessa anche il cavo timpanico:

1. Otodinia

2. Ipoacusia

3. Acufeni

4. Autofonia

5. Vertigini (specie soffiando il naso)

Obiettivamente la membrana si presenta inizialmente iperemica e successivamente ispessita e

retratta. L'essudato è scarso.

La terapia è antibiotica: amoxicillina clavulanato (Augmentin), claritromicina (Klacid), azitromicina

(Zitromax). Corticosteroidi più decongestionanti per via nasale come desametasone+oximetazolina

(Nasocortin) per reinstaurare la pervietà tubarica. In assenza di perforazione timpanica per

l'otodinia si utilizzano antinfiammatori ed anestetici locali (gocce auricolari) come procaina

cloridrato+ fenazone (Otalgan). Dopo la fase acuta occorre ristabilire la pervietà tubarica con la

manovra di Politzer (deglutizione a narici e bocca chiuse) o il cateterismo tubarico.

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Otite media purulenta acuta

Per otite purulenta (otite batterica, otite suppurativa) si intende un processo infiammatorio da

germi a carico dell'orecchio medio con formazione di essudato purulento all'interno della cassa del

timpano. È più frequente nell'infanzia e può verificarsi sia in forma isolata che in corso di malattie

infettive. Nel periodo invernale può presentarsi in forma endemica.

I microrganismi patogeni responsabili sono soprattutto streptococchi, stafilococchi, pneumococchi

ed haemophilus influentiae. I batteri arrivano all'orecchio medio soprattutto per via tubarica:

pertanto tutti i processi flogistici delle prime vie aeree rappresentano una condizione favorente la

comparsa di una otite media batterica. In un numero più limitato di casi, l'infezione otologica può

avvenire per via ematica: l'otite può pertanto essere una complicanza di malattie infettive

generali (morbillo, scarlattina, ecc.). Qualche volta l'infezione può instaurarsi dal meato acustico

esterno a causa di una perforazione timpanica preesistente, per ingresso di acqua e germi dal

condotto. Alcune otiti si presentano in forma isolata senza cause apparenti.

L'otite media purulenta evolve attraverso vari stadi: la sintomatologia ed il quadro clinico si

modificano a secondo dello stadio della malattia.

1. Fase iperemica: iI primo stadio dell'otite batterica è quello dell'iperemia. Il processo

infiammatorio determina inizialmente un'iperemia con parziale edema della mucosa della

cassa, della mastoide e della tuba di Eustachio. Il paziente avverte otalgia non

particolarmente marcata, gravativa o a fitta, talvolta pulsante, con senso di tensione

nell'orecchio. L'ipoacusia è ancora modesta o assente. L'esame otoscopico evidenzia una

iperemia timpanica soprattutto lungo il manico del martello, nella “pars flaccida” ed a

livello dell'anulus. Se l'edema flogistico ha determinato un'ostruzione tubarica, il timpano

può essere retratto. E' presente febbre.

2. Fase essudativa: La febbre si fa elevata e l'otodinia più marcata, pulsante (sincrona con il

polso). Compare cefalea gravativa ed il dolore si estende a tutto l'emicranio. Sono presenti

ipoacusia di trasmissione, acufeni ed autofonia. Obiettivamente l'iperemia della membrana

è più accentuata, diffusa e la membrana appare estroflessa verso il meato esterno.

3. Fase perforativa: si ha la perforazione della membrana timpanica con otorrea. Il drenaggio

spontaneo determina risoluzione della sintomatologia.

La terapia è affidata soprattutto all'uso di antibiotici (amoxicillina clavulanato, claritromicina,

azitromicina, ceftriaxone), possibilmente ad ampio spettro ed a pieno dosaggio. L'antibiosi deve

essere prolungata per alcuni giorni anche dopo la scomparsa dell'otorrea, onde evitare l'instaurarsi

di un'otite subacuta torpida. Indicato l'uso di cortisonici e mucolitici per via generale per ridurre

l'edema e l'ipertrofia della mucosa dell'orecchio medio e per non rischiare che residui un'otite

catarrale secondaria. Si deve sempre eseguire una detersione del pus presente nel condotto con

stuello portacotone imbevuto di soluzione disinfettante preferibilmente alcoolica: la toilette del

condotto evita l'instaurarsi di un'otite esterna secondaria e favorisce l'instillazione di gocce

auricolari antibiotiche da parte del paziente. L'introduzione nel condotto di una garza orlata sterile

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può favorire il drenaggio del pus che si forma successivamente. Gocce nasali ed aerosolterapia

sono indicate per decongestionare l'orletto tubarico rinofaringeo, quando esiste una flogosi

concomitante delle prime vie aeree.

La paracentesi timpanica, usata in passato nello stadio essudativo purulento dell'otite media per

favorire il drenaggio del pus, è passata in disuso negli ultimi 20 anni ed è oggi proponibile solo in

casi di grave otite media della prima infanzia, quando non avviene la perforazione spontanea. Il

prelievo di pus dall'orecchio per esame batteriologico e relativo antibiogramma, si deve effettuare

in caso di otite media resistente al trattamento; il prelievo non deve essere eseguito sul pus

stagnante nel condotto ma a livello della perforazione timpanica.

Nei pazienti che presentano una perforazione timpanica come conseguenza di una pregressa otite

media purulenta, è indicato un intervento chirurgico di obliterazione della perforazione

(miringoplastica), che viene eseguito per evitare ulteriori riacutizzazioni flogistiche dall'esterno

(legate soprattutto all'ingresso di acqua dal condotto) e per migliorare la funzione uditiva quando

sia compromessa.

Nel caso di un'otite purulenta acuta o subacuta, possono verificarsi, anche se con bassa incidenza,

delle complicanze rappresentate soprattutto dalla mastoidite, dalla paralisi periferica del nervo

faciale e dalla meningite (nell'otite cronica le complicanze sono più frequenti).

OTITE MEDIA CRONICAOTITE MEDIA CRONICAOTITE MEDIA CRONICAOTITE MEDIA CRONICA

A seconda della virulenza del germe, della prevalenza del fattore batterico o di quello infettivo

tubarico, dello stato d

Otite media catarrale cronica

(Sinonimi: otosalpingite cronica; retrazione timpanica cronica).

La persistenza del fattore "stenosi tubarica" (solitamente un'ipertrofia adenoidea) tende a rendere

stabile la formazione di trasudato mucoso (in pratica catarro tubarico denso, vischioso giallastro

-otite media cronica essudativa-). Questa forma, detta Glue-Ear od otorrea tubarica, si riscontra

spesso nei bambini. Altre cause di otite media catarrale cronica sono la palatoschisi (per

insufficienza dei mm. Tensore ed elevatore del velo palatino) e le neoplasie del rinofaringe.

La terapia prevede la correzione delle cause di stenosi tubarica ed eventuale drenaggio trans-

timpanico (in caso di mancato risultato dopo tre mesi di terapia medica).

Otite media suppurativa cronica

Se l'otite media acuta dura molti giorni, e se tutti i sintomi acuti scompaiono e rimane soltanto la

secrezione di pus, l'otite è divenuta cronica. Si tratta dell'esito di una otite purulenta acuta non

adeguatamente trattata oppure di un'otite necrotizzante (scarlattinosa), oppure ancora è favorita

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da alcune condizioni generali (es. diabete). Altri fattori sono rappresentati da lesioni osteitiche

dell'orecchio medio (ossicini, pareti ossee) o della mastoide e persistenza di un'affezione faringea

o nasale, che rifornisce di germi l'orecchio medio.

Si distinguono due forme cliniche dell'otite media suppurativa cronica:

Otite Semplice

Eziologia faringo-nasale. Sintomi: secrezione intermittente di pus filante (otorrea), sempre in

coincidenza di riniti o di rinofaringiti; lieve ipoacusia di trasmissione; perforazione timpanica unica

centrale; otodinia (in fase di riacutizzazione o provocata da infiammazioni del meato acustico

esterno a causa dell'essudato che vi ha trasportato germi).

L'evoluzione della forma è benigna; le sole cure mediche (detersione dell'essudato, instillazione di

alcool salicilico, soluzioni antibiotiche) e la cura dell'affezione faringo-nasale spesso bastano a

guarirla. Assenti o rare le complicanze.

Otite Colesteomatosa

Caratterizzata da perforazione marginale o più spesso perforazione della membrana flaccida,

massa biancastra nella regione epitimpanica.

Il colesteatoma è una neoproduzione di tessuto epiteliale, a conformazione pluristratificata, che

invade progressivamente la cavità endotimpanica e la mastoide. Tale neoproduzione, tipica

dell'orecchio, può essere paragonata ad un tumore benigno, con capacità di accrescersi ed

usurare le strutture con le quali viene a contatto. Il colesteatoma si presenta come una massa di

colorito biancastro madreperlaceo, costituito da cellule pavimentose desquamate e lamelle cornee

a strati sovrapposti.

E' considerato una complicanza dell'otite media cronica e risulta costituito da ammassi di detriti

organici, epiteliali ed essudativi, racchiusi da uno strato di discreto spessore di epitelio

pavimentoso corneificante, che può provenire o da metaplasia flogistica dell'epitelio della cassa, o

dall'epitelio del condotto uditivo esterno, migrato nella cassa attraverso la perforazione. La

disfunzione della Tuba di Eustachio determina una diminuzione permanente della pressione

dell'orecchio medio: questo è uno dei fattori patogenetici più importanti nella migrazione

dell'epitelio malpighiano nell'orecchio medio.

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Lo strato più esterno del colesteatoma, che tappezza la superficie ossea circostante, prende il

nome di "matrice", in quanto è proprio questo strato che alimenta l'accrescimento della massa. La

sostanza centrale è biancastra, traslucida, di consistenza caseosa, e contiene numerosi cristalli di

acidi grassi e di colesterina, da cui il nome di colesteatoma. Altre volte il colesteatoma può avere

origine malformativa (colesteatoma vero), e formarsi come una cisti dermoide dell'orecchio

medio, sul quale si impianta, per le cause già dette, un processo flogistico cronico. Nella chirurgia

della flogosi cronica si può formare un colesteatoma per retrazione "a dito di guanto", del

neotimpano.

Il colesteatoma ha tendenza a crescere, erodendo e distruggendo le strutture ossee vicine: può

giungere fino alla dura madre, e può anche scoprire il nervo faciale e il labirinto membranoso.

II colesteatoma determina una osteolisi con riassorbimento delle strutture ossee (pareti della

cassa, dell'antro, della mastoide e catena ossiculare) con le quali viene a contatto.

Sono state formulate varie ipotesi patogeniche per la formazione del colesteatoma. La più

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accreditata è quella della migrazione epiteliale dal condotto alla cassa attraverso una

perforazione timpanica: le perforazioni che più facilmente possono favorire la formazione del

colesteatoma, sono quelle situate nella “pars flaccida” del timpano e quelle della “pars tensa” in

posizione marginale (vicino all'anulus) alta. L'epitelio pavimentoso si introduce in tal modo

nell'epitimpano o nell' “aditus ad antrum”. L'epitelio che è migrato nella cavità endotimpanica, dà

origine al colesteatoma. Il colesteatoma rappresenta inoltre un ottimo terreno per la riproduzione

dei batteri: pertanto nell'otite colesteatomatosa è il colesteatoma stesso che una volta formalo

favorisce l'infezione cronica. Una seconda ipotesi è quella della invaginazione: il colesteatoma

avrebbe origine da una tasca di retrazione timpanica, per lo più a livello della “pars flaccida”, con

invaginazione di tessuto epiteliale nell'epitimpano. Il colesteatoma può anche essere iatrogeno

(secondario a interventi di miringoplastica o timpanoplastica), post-traumatico (lacerazione della

membrana timpanica) o primitivo.

Lo sviluppo del colesteatoma è di solito lento ed insidioso e la sintomatologia può essere

relativamente modesta (otorrea fetida, ipoacusia, senso di peso all'orecchio), tanto che il paziente

viene a farsi visitare in concomitanza di una riacutizzazione o addirittura di una complicanza

(paralisi del faciale, sindrome vertiginosa, cofosi - perdita completa e bilaterale della funzione

uditiva -).

Il trattamento delle otiti purulente croniche è prevalentemente chirurgico; si può attuare un

trattamento medico solo in quelle forme non colesteatomatose e con ampia perforazione che

permette di controllare bene la cassa del timpano e il drenaggio del pus. Gli antibiotici devono

essere usati per un periodo prolungato, a pieno dosaggio, ad ampio spettro e per via iniettiva; il

paziente dovrà medicare l'orecchio quotidianamente con soluzioni antisettiche alcooliche e

instillare sistematicamente gocce auricolari antibiotiche, previa pulizia del condotto dell'essudato.

Lo specialista dovrà detergere, una o più volte la settimana, il condotto e la cassa attraverso la

perforazione con microaspiratori. Nei casi di otite media cronica colesteatomatosa la terapia

medica antibiotica è solo un tempo antiflogistico che precede l'intervento chirurgico. Prima di

intraprendere la terapia chirurgica sarà bene valutare la perdita audiometrica e quali siano stati gli

esiti locali, in quanto è possibile la chiusura spontanea della perforazione, evitando così

l'intervento di miringoplastica.

La terapia chirurgica consiste soprattutto in interventi di timpanoplastica chiusa o aperta o in

interventi radicali, con varie vie di accesso.

La timpanoplastica chiusa può essere eseguita con via d'accesso anteriore o posteriore. La via

anteriore (o endo-aurale) viene effettuata solo quando il colesteatoma è limitato alla cassa

timpanica. Nel caso che il colesteatoma coinvolga più cavità, la timpanoplastica viene eseguita per

via posteriore (o via combinata); si esegue un taglio cutaneo semicircolare posteriore e parallelo al

solco retro-auricolare, demolendo con microfrese la parete ossea laterale della mastoide e

dell'attico. Queste due cavità vengono accuratamente bonificate, eliminando le alterazioni

flogistiche riscontrate a carico della mucosa e dell'osso. Il colesteatoma deve essere

completamente asportato insieme alla sua matrice. La toilette della cassa viene eseguita sia per via

posteriore che attraverso il condotto uditivo esterno. Si esegue, se necessaria, una ricostruzione

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della cornice ossea timpanica e si provvede alla chiusura della perforazione timpanica mediante un

innesto di fascia del muscolo temporale, onde evitare una recidiva del colesteatoma attraverso

ogni possibile soluzione di continuo residuata a livello del piano timpanico.

1. Via anteriore; 2, 3. Via posteriore

Se con questo primo intervento sono stati eliminati i focolai infettivi ed il colesteatoma, può essere

eseguito a distanza di un anno un secondo intervento per ricostruire la catena ossiculare, nel

tentativo di migliorare anche la funzione uditiva.

Nella timpanoplastica chiusa la parete posteriore del condotto uditivo esterno viene mantenuta

integra e l'orecchio a distanza dall'intervento riassume un aspetto anatomico simile a quello di un

orecchio normale. Questa tecnica chirurgica espone maggiormente alla possibilità di recidive del

colesteatoma.

La timpanoplastica aperta prevede una via chirurgica d'accesso ed una bonifica delle varie cavità

timpaniche molto simili a quelle descritte per la timpanoplastica chiusa: la parete posteriore del

condotto viene però completamente demolita, la cassa e la membrana timpanica sono ricostruite

con dimensioni ridotte (microcassa) ed il meato acustico esterno viene notevolmente ampliato

(meatoplastica); la ricostruzione della catena ossiculare può essere agevolmente eseguita, se

possibile, durante questo primo intervento. Con la tecnica chirurgica aperta, l'attico e la mastoide

rimangono esposti all'esterno: eventuali recidive di colesteatoma in queste due cavità potranno

pertanto essere eliminate ambulatoriamente attraverso il meato acustico esterno; solo le recidive

nella microcassa necessitano di un modesto intervento di revisione.

L'intervento radicale, molto diffuso in passato, viene attualmente eseguito solo in casi di

colesteatoma particolarmente invasivo e destruente o in presenza di importanti complicanze.

Questo intervento prevede, oltre allo svuotamento delle cavità paratimpaniche, anche una

asportazione completa della membrana timpanica e della catena ossiculare. Residua una grave

compromissione uditiva ed un'ampia cavità chirurgica che tende con facilità ad infettarsi e che

necessita comunque di periodiche medicazioni.

Otite media cronica timpanosclerotica

Col termine di timpanosclerosi (sinonimi: otite sclero-adesiva, otite cronica adesiva) si intende una

condizione anatomopatologica irreversibile di grave sclerosi a carico della mucosa dell'orecchio

medio e della membrana timpanica con deficit uditivo in assenza di processi flogistici attivi.

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I quadri clinici sclero-adesivi sono estremamente variabili ma sono tutti il risultato di pregressi

processi infiammatori importanti dell'orecchio medio. Si può arrivare ad una timpanosclerosi

soprattutto attraverso:

1. otiti acute purulente ricorrenti

2. otite catarrale cronica.

3. otite cronica purulenta o iperplastica arrivata a guarigione spontanea o con trattamento

medico (otite cronica secca)

La flogosi cronica o le flogosi acute recidivanti determinano inizialmente edema ed infiltrati

infiammatori a carico della mucosa ma con il tempo si possono avere, per l'azione dei fibroblasti,

modificazioni del connettivo con degenerazione ialina e calcificazioni. Il processo sclerotico può

essere più o meno grave, localizzato o generalizzato, coinvolgendo tutte le strutture (mucosa,

catena ossiculare, timpano) o solo alcune di esse.

La membrana timpanica, che non è necessariamente perforata, può essere fortemente ispessita o

velamentosa e può presentare zone di calcificazione; spesso è completamente risucchiata, con

cavità timpanica praticamente atelectasica per mancata aereazione; in tal caso la membrana

contrae strette aderenze cicatriziali con il promontorio, ricopre le finestre e, introflettendosi fra gli

ossicini, mette in rilievo la catena ossiculare. Quando la cassa è normale e le lesioni sono limitate

alla sola membrana timpanica (miringosclerosi) non si può parlare di timpanosclerosi, in quanto

una membrana sclerotica (anche con cicatrici e calcificazioni) è compatibile con una normale

funzione uditiva.

Anche la mucosa della cassa è ispessita, sclerotica, talvolta con numerosi tralci fibrosi e grosse

placche calcifiche nella regione delle finestre, sul promontorio e nell'epitimpano. Nelle forme gravi,

la cassa può essere riempita da una ganga cicatriziale.

La catena ossiculare presenta aderenze con la membrana timpanica e/o con la parete mediale

della cassa. La staffa e spesso anchilosata ai bordi della finestra ovale. Spesso mancano alcune

parti della catena che si presenta quindi interrotta; la più frequente interruzione della catena e

determinata dall'assenza della lunga apofisi dell'incudine: in questo caso si vede spesso la

membrana timpanica che contrae aderenze direttamente sul capitello della staffa.

Anamnesticamente il paziente riferisce una storia di pregresse otorree ricorrenti con o senza

otalgie associate; qualche volta l'anamnesi è scarsa e priva di sintomi clinici di rilievo. La

timpanosclerosi viene di solito diagnosticata in età adulta, ma essa è quasi sempre il risultato di

una patologia otologica contratta nell'infanzia. L'ipoacusia è di solito importante, di tipo

trasmissivo. Il timpanogramma (in assenza di perforazione timpanica) è piatto ed il riflesso

stapediale non è evocabile.

La diagnosi è basata soprattutto sulla obiettività otoscopica, specie se rilevata al microscopio. Le

indagini radiografiche risultano per lo più poco utili. Nei casi in cui la timpanosclerosi coinvolge la

cassa ma lascia il timpano relativamente indenne, la diagnosi differenziale va posta con

l'otosclerosi; il dubbio diagnostico è di solito risolto dall'indagine impedenzometrica, in quanto il

timpanogramma nell'otosclerosi è normale, mentre nella timpano-sclerosi è spesso piatto; inoltre

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Claudio Martinelli – Malattie dell'orecchio medio : le otiti medie –

gli esami audiometrici ripetuti nel tempo dimostrano una sostanziale stabilità della ipoacusia

trasmissiva nella timpano-sclerosi; al contrario nell'otosclerosi si evidenzia una progressione del

deficit uditivo. In alcuni casi la diagnosi non può essere chiarita che da una timpanotomia

esplorativa.

Non esiste una terapia medica in quanto le lesioni timpanosclerotiche sono irreversibili. Solo negli

stadi iniziali si può tentare con iniezioni trans-timpaniche di sostanze in grado di ritardare o inibire

la fibroplasia connettivale (corticosteroidi, enzimi proteolitici -chimotripsina-, enzimi mucolitici

-jaluronidasi-). Caso per caso si dovrà invece decidere con molto senso critico fra una terapia

chirurgica e l'applicazione di una protesi acustica. Infatti nei pazienti con processi sclero-adesivi

gravi e diffusi, la chirurgia ricostrtuttiva timpano-ossiculare non solo può risultare indaginosa, ma

nel periodo postoperatorio possono riprodursi alterazioni cicatriziali che vanificano il risultato

funzionale.

COMPLICANZE NELLE OTITI MEDIECOMPLICANZE NELLE OTITI MEDIECOMPLICANZE NELLE OTITI MEDIECOMPLICANZE NELLE OTITI MEDIE

Paralisi del nervo faciale

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Il 7° paio dei nervi encefalici comprende due distinti nervi, il nervo faciale propriamente detto e il

nervo intermedio (del Wrisberg). Il nervo faciale propriamente detto è composto da fibre motrici

somatiche che originano nel ponte, dal nucleo del nervo faciale, e provvedono all'innervazione dei

muscoli mimici e di altri muscoli derivati embriologicamente dal 2° arco branchiale. Contiene

anche fibre parasimpatiche pregangliari originate dal nucleo muconasolacrimale che recano stimoli

effettori per la ghiandola lacrimale e le ghiandole della mucosa del naso e del palato. Il nervo

intermedio (del Wrisberg) comprende fibre sensitive somatiche e viscerali che hanno un'origine

comune nei protoneuroni gangliari pseudounipolari localizzati nel ganglio genicolato. I

prolungamenti periferici di questi neuroni si recano ai 2/3 anteriori della lingua, dove raccolgono la

sensibilità gustativa specifica e vanno inoltre a una ristretta area cutanea del padiglione auricolare;

i prolungamenti centrali mettono capo al nucleo del fascicolo solitario, per la sensibilità gustativa, e

al nucleo della radice discendente del trigemino per la sensibilità generale. Il nervo intermedio

comprende anche fibre pregangliari parasimpatiche che originano dal nucleo salivatorio superiore

e recano stimoli effettori viscerali per le ghiandole sottomandibolare e sottolinguale e per le

ghiandole salivari minori. Sul decorso di queste fibre parasimpatiche sono intercalati i gangli

sottomandibolare e sottolinguale.

Il 7° paio emerge dal tronco encefalico in corrispondenza della fossetta sopraolivare che si trova sopra all'oliva bulbare,

ai limiti tra bulbo e ponte. Dei due nervi che formano il 7° paio, il nervo faciale propriamente detto è situato

medialmente al nervo intermedio. Insieme procedono in direzione del meato acustico interno. Lo raggiungono insieme

con il nervo statoacustico e in esso proseguono percorrendolo fino al fondo, dove si immettono nel canale faciale. Il

canale faciale è scavato tra le cavità dell'orecchio interno e dell'orecchio medio. Vi si considerano tre segmenti che si

susseguono con differente direzione, tra cui sono intercalati due angoli o ginocchi. Il primo segmento è diretto

lateralmente e in avanti e passa fra chiocciola e vestibolo; il secondo segmento corre in dietro e in fuori, fra vestibolo e

cassa del timpano; il terzo segmento scende verticalmente fra cassa del timpano e processo mastoideo e sbocca

all'esterno della base cranica in corrispondenza del foro stilomastoideo.

Il nervo faciale propriamente detto e il nervo intermedio percorrono il primo segmento del canale faciale e, giunti al

primo ginocchio, seguono un differente destino. Il nervo faciale propriamente detto prosegue, senza interruzione, per

tutto il canale e ne esce per il foro stilomastoideo. Il nervo intermedio invece, giunto al primo ginocchio del canale

faciale, mette capo al ganglio genicolato che rappresenta il reale centro di origine delle sue fibre. Dal ganglio

genicolato, le fibre sensitive procedono verso i distretti periferici, in parte confluendo nel nervo faciale stesso e in

parte passando nel nervo grande petroso superficiale. Le fibre pregangliari parasimpatiche del nervo intermedio

attraversano il ganglio senza interrompersi e si accollano poi alle fibre sensitive periferiche originate dal ganglio.

Pertanto, il nervo intermedio come tale termina a livello del primo ginocchio del canale faciale; il nervo faciale

propriamente detto prosegue invece e, da nervo unicamente motore, si fa nervo misto, motore e sensitivo.

All'uscita dal canale faciale il nervo faciale si immette nella loggia parotidea. Attraversa a tutto spessore la ghiandola

parotide dirigendosi in basso, in fuori e in avanti verso il margine posteriore del ramo della mandibola, prima del quale

si divide nei suoi rami terminali: il tronco temporofaciale e il tronco cervicofaciale. Lungo il decorso nel canale, il 7°

paio emette alcuni rami collaterali intrapetrosi, fuori del canale invia altri rami collaterali extrapetrosi.

Rami collaterali intrapetrosi. Sono rappresentati dal nervo grande petroso superficiale, dal nervo stapedio e dalla

corda del timpano. Il nervo grande petroso superficiale si stacca dal nervo faciale in corrispondenza del primo

ginocchio del canale faciale. È composto in maggioranza da fibre parasimpatiche pregangliari, originate dal nucleo

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muconasolacrimale del nervo faciale e destinate all'innervazione delle ghiandole della mucosa nasale e palatina e della

ghiandola lacrimale; una parte minore è data da fibre motrici somatiche originate dal nucleo motore del nervo faciale,

per l'innervazione di alcuni muscoli del palato. Esce dal canale faciale passando per lo hiatus del canale stesso e, giunto

nella cavità cranica, percorre, sotto la dura madre, il breve tratto che lo separa dal foro lacero anteriore. Lo attraversa,

uscendo dalla cavità cranica e subito si unisce a un ramo ortosimpatico, il nervo petroso profondo che giunge dal

plesso carotideo interno. Dall'unione dei due nervi origina il nervo vidiano che, percorrendo il canale vidiano dello

sfenoide, raggiunge il ganglio sfenopalatino. Le fibre parasimpatiche del nervo terminano in sinapsi con le cellule

gangliari: da queste originano poi fibre postgangliari che percorrono diversi nervi in partenza dal ganglio stesso e si

distribuiscono alle ghiandole della mucosa nasale e palatina e alla ghiandola lacrimale. Le fibre ortosimpatiche

proseguono per il ganglio senza interrompersi e mettono capo ad analoghi distretti. Le fibre motrici somatiche

raggiungono, per la via dei nervi palatini, il muscolo elevatore del palato e il muscolo dell'ugola. Il nervo stapedio si

stacca dal nervo faciale mentre questo scende fra il processo mastoideo e la cassa del timpano. Penetra in un

canalicolo scavato nella piramide che accoglie il tendine del muscolo stapedio, al quale si distribuisce.

La corda del timpano origina come il nervo precedente dal tratto verticale del nervo faciale, poco prima che questo

esca dal canale faciale. È composto da fibre sensitive viscerali per la sensibilità gustativa specifica dei 2/3 anteriori della

lingua, la cui origine reale si effettua nel ganglio genicolato; contiene inoltre fibre parasimpatiche pregangliari originate

dal nucleo salivatorio superiore annesso all'intermedio e destinate all'innervazione delle ghiandole sottomandibolare e

sottolinguale e di parte delle ghiandole salivari minori. La corda del timpano passa dal canale faciale nella cassa del

timpano, che attraversa dall'indietro in avanti, accollata alla faccia mediale della membrana timpanica. Esce poi dalla

cavità dell'orecchio medio e giunge nella fossa zigomatica, emergendo sulla superficie anteroinferiore della piramide

del temporale, presso la spina dello sfenoide. Con decorso obliquo verso il basso e l'avanti scende avvicinandosi al

nervo linguale con il quale infine si fonde. Le fibre della sensibilità gustativa si distribuiscono alla lingua frammiste a

quelle della sensibilità generale proprie del nervo linguale. Le fibre parasimpatiche pregangliari si staccano

nuovamente dal nervo linguale per raggiungere i gangli sottomandibolare e sottolinguale.

Rami collaterali extrapetrosi. Mentre percorre la loggia parotidea, il nervo faciale cede il nervo per il muscolo

digastrico e il nervo auricolare posteriore. Il nervo per il muscolo digastrico si distribuisce al ventre posteriore del

muscolo digastrico e al muscolo stiloioideo. Il nervo auricolare posteriore contiene fibre motrici e sensitive.

Abbandona il nervo faciale appena uscito dal foro stilomastoideo e si dirige indietro e in alto passando al davanti del

meato acustico esterno. Reca fibre motrici al muscolo occipitale e ai muscoli auricolari superiore e posteriore e fibre

sensitive alla cute del padiglione dell'orecchio e della regione mastoidea.

Rami terminali. I due rami terminali del nervo faciale hanno decorso e modalità di distribuzione alquanto variabili; è

inoltre frequente il riscontro, fra essi, di rami anastomotici. II tronco temporofaciale è diretto verso l'alto e l'avanti e si

scompone generalmente in numerosi rami per i muscoli pellicciai della testa che occupano le regioni situate al di sopra

di un piano orizzontale passante per la commessura delle labbra. Il tronco cervicofaciale si dirige in basso e in avanti e,

con i suoi rami di divisione, si distribuisce ai muscoli della regione del mento e del labbro inferiore e anche, nel collo, al

muscolo platisma.

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La paralisi “otogena” del faciale è una conseguenza sia delle otiti purulente acute che di quelle

croniche. Nelle otiti medie acute purulente la paralisi può essere:

1. Precoce: secondaria a diffusione del processo infiammatorio.

2. Tardiva: sempre secondaria ad osteite del canale faciale

Nelle otiti croniche può essere dovuta a lesione del canale del faciale da colesteatoma.

I sintomi ed i segni della paralisi del faciale sono statici e dinamici:

Statici: asimmetria facciale, abbassamento della commessura labiale, allargamento della rima

palpebrale, epifora (deflusso lacrimale), lagoftalmo (le palpebre non riescono a ricoprire l'occhio),

abbassamento della lingua dal lato leso (segno di Schultze), spianamento delle rughe della fronte,

scomparsa della plica naso-geniena,

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Dinamici: deviazioni della rima buccale dal alto sano quando si mostrano i denti, impossibilità di

fischiare, soffiare, sorridere e corrugare la fronte, incapacità a chiudere completamente le

palpebre, rotazione del bulbo oculare in alto e all'esterno (fenomeno di Bell), nello sguardo forzato

in alto l'occhio omolaterale alla lesione si sposta più in alto e lateralmente rispetto al controlaterale

(fenomeno bulbo-palpebrale di Negro).

Nelle paralisi otogene il nervo faciale è di solito interessato nella sua seconda porzione, prima che

si stacchino da esso il nervo per il muscolo stapedio e la corda del timpano. Avremo quindi ageusia

(perdita del gusto) omolaterale dei 2/3 anteriori della lingua, iperacusia dolorosa (per la paralisi

dello stapedio) e diminuita secrezione salivare.

Le paralisi otogene sono di tipo periferico

La diagnosi differenziali delle paralisi otogene deve escludere la “paralisi a frigore” (di Bell) dovuta

ad infiammazione del nervo da varie cause. Il freddo è sicuramente un fattore importante, ma si

ritiene che molte paralisi a frigore abbiano eziologia virale (Herpesvirus).

Sia le paralisi otogene che quelle a frigore sono paralisi di tipo periferico. Sono cioè paralisi

complete che interessano tutti i muscoli dell'emivolto e coinvolgono sia il territorio del faciale

superiore sia quello del faciale inferiore. La paralisi facciale centrale (lesione della via motoria

cortico-bulbare -motoneurone superiore- es. sclerosi multipla, tumori, stroke, ...), invece, si

distingue dalla paralisi facciale periferica perché rispetta in gran parte il territorio innervato dal

facciale superiore. In questo caso il paziente non presenterà un’alterazione dei muscoli facciali del

distretto superiore, per cui sarà in grado di corrugare la fronte, chiudere la palpebra, arricciare il

naso. Saranno invece colpiti i muscoli mimici del distretto inferiore che determineranno per il

paziente una difficoltà nella masticazione, lo scolo di saliva dall’angolo della bocca colpito e

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l’asimmetria del viso con l’abbassamento della rima labiale del lato colpito.

Questo perchè per i muscoli della metà superiore del volto i motoneuroni superiori proiettano

bilateralmente.

La terapia medica della paralisi "a frigore" consiste nella somministrazione di cortisonici, per la loro

azione antiedemigena e antidisreattiva, e di elevate dosi di vitamine del gruppo B. Se dopo 20-30

giorni la paralisi non regredisce si impone la terapia chirurgica, che consiste nella

"decompressione" del nervo, scoprendo il canale di Falloppio. Nella paralisi del faciale da Herpes-

zoster sono utili i prodotti antivirali (Aciclovir). Quando le cause di paralisi hanno origine otitica

(otite media cronica colesteatomatosa), traumatica o neoplastica la terapia è unicamente

chirurgica, decompressiva o sostitutiva (neuroinnesto prelevato di solito dal nervo femoro-

cutaneo).

Mastoidite

La mastoidite rappresenta la complicanza meno rara. La flogosi purulenta della cassa si estende

all'antro ed alla mastoide, ma il quadro clinico della mastoidite acuta si manifesta quando, per

l'ostruzione dell' “aditus ad antrum” (per l'ipertrofia e l'edema flogistico della mucosa), la raccolta

purulenta nella mastoide non riesce più a drenare nella cassa. Compare allora un dolore spontaneo

nella regione mastoidea, che si irradia verso la zona temporo-parietale. Il dolore è di solito

continuo, gravativo o pulsante e tende ad esacerbarsi alla pressione sulla punta della mastoide o in

corrispondenza dell'antro. Esiste anche una modesta tumefazione ed arrossamento cutaneo nella

regione retroauricolare. Il pus può raccogliersi sotto pressione nella cavità mastoidea (empiema

mastoideo) e provocare una osteolisi della parete laterale della mastoide. Se riesce a farsi strada

(fistolizzazione) attraverso la corticale ossea, il pus solleva e scolla il periostio raccogliendosi al di

sotto di esso (ascesso sottoperiosteo). La regione mastoidea assume allora una notevole

tumefazione e l'iperemia cutanea è marcata; alla palpazione si rivela una certa fluttuazione, il solco

retroauricolare è spianato ed il padiglione viene spostato in avanti (la diagnosi differenziale va

posta con la linfoadenite retroauricolare secondaria a otite esterna diffusa o a foruncolosi del

condotto). Il quadro clinico dell'empiema mastoideo e dell'ascesso sotto-periosteo sono

caratteristici e di agevole riconoscimento: in caso di mastoidite acuta semplice, può invece essere

necessario procedere ad una indagine radiografica sulla mastoide. Nel bambino al di sotto dei 3

anni la radiografìa fornisce modesti elementi diagnostici, in quanto la pneumatizzazione mastoidea

è scarsa o ancora assente. L'empiema mastoideo e l'ascesso sotto-periosteo richiedono una

soluzione chirurgica.

Alte complicanze

1. Meningite

2. Encefalite

3. Tromboflebiti del seno cavernoso e laterale