manuale di storia greca. lineamenti essenziali

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CAPITOLO I: GLI ALBORI DELLA STORIA GRECA 1. La Grecia dal Neolitico all’età del Bronzo Neolitico nella penisola ellenica: avvento di comunità stabili che traggono il proprio sostentamento dall’agricoltura, dall’allevamento e dalla caccia e pesca introduzione di recipienti ceramici che consentono migliori cotture e conservazione degli alimenti Ne deriva una disponibilità di risorse durevoli che: favoriscono la divisione del lavoro e associazione in villaggi Conseguenze: nell’ambito del culto: le cui espressioni, quali idoli femminili steatopigi, rimandano alla fertilità e al benessere nell’articolazione sociale: emerge la gerarchizzazione dell’insediamento, già presente in Nea Nicomedia (Macedonia, Neolitico antico, VI millenio, che presenta edifici in posizione centrale) ma è massimamente visibile a Dimidi (Tessaglia, Neolitico tardo, IV millenio) gravita attorno al mégaron e cinte murarie concentriche proteggono bestiame e depositi Età del Bronzo, salto qualitativo: bronzo è una lega metallica di stagno e rame. La ricerca delle componenti del bronzo, reperibili solo in regioni lontane, induce a intensificare i viaggi via mare, prima limitati lungo le coste agli alti costi necessari per l'acquisizione dei metalli deve corrispondere un avanzamento sul piano dell'organizzazione economica, sociale e politica, in modo tale da supportare gli sforzi necessari per garantire l’aumento della produzione, la creazione di un surplus e quindi la possibilità di scambio A seconda del contesto geografico le comunità si sviluppano diversamente, di qui nasce la distinzione tra età del Bronzo: 1. del continente (civiltà Elladica) 2. delle isole (civiltà Cicladica) 3. di Creta (civiltà Minoica) ognuna a sua volta è tripartita in Antico, Medio e Recente. Durante l’Elladico antico e il Cicladico antico, in tutta le Grecia e le Cicladi, sembra diffondersi una cultura comune, espressa in una ceramica a vernice nera lucida. Alla fine di quest’epoca segnata da distruzioni e abbandoni di abitati, subentra un diverso tipo di ceramica, detta grigia, e una diversa cultura, che caratterizzerà il Bronzo medio ed evolverà nella civiltà Micenea (tardo Elladico), e quindi poi nella civiltà micenea di età storica. 2. Dalla civiltà cicladica alla civiltà minoica Nella prima età del Bronzo (III millenio) sono le isole Cicladi, al centro dell'Egeo, a manifestare i segni più precoci di sviluppo tecnologico e commerciale. A ciò contribuiscono le risorse del sottosuolo: ossidiana (roccia vulcanica) a Melo marmo di Paro e Nasso piombo argento e oro Godono di grande diffusione, dalla Grecia a Creta, i prodotti tipici di questa cultura (piccoli idoli femminili di marmo piatti e recipienti d'argilla simili a padelle, decorati con motivi geometrici). Dopo aver raggiunto il suo culmine nel Cicladico Antico (2500-2000 circa), questo ruolo di primo piano delle Cicladi declina, a favore di un primato di Creta. Il progresso culturale 1

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Page 1: Manuale Di Storia Greca. Lineamenti Essenziali

CAPITOLO I: GLI ALBORI DELLA STORIA GRECA

1. La Grecia dal Neolitico all’età del Bronzo

Neolitico nella penisola ellenica:• avvento di comunità stabili che traggono il proprio sostentamento dall’agricoltura,

dall’allevamento e dalla caccia e pesca• introduzione di recipienti ceramici che consentono migliori cotture e conservazione

degli alimentiNe deriva una disponibilità di risorse durevoli che:

• favoriscono la divisione del lavoro e associazione in villaggi

Conseguenze:• nell’ambito del culto: le cui espressioni, quali idoli femminili steatopigi, rimandano alla

fertilità e al benessere• nell’articolazione sociale: emerge la gerarchizzazione dell’insediamento, già presente in

Nea Nicomedia (Macedonia, Neolitico antico, VI millenio, che presenta edifici in posizione centrale) ma è massimamente visibile a Dimidi (Tessaglia, Neolitico tardo, IV millenio) gravita attorno al mégaron e cinte murarie concentriche proteggono bestiame e depositi

Età del Bronzo, salto qualitativo:• bronzo è una lega metallica di stagno e rame. La ricerca delle componenti del bronzo,

reperibili solo in regioni lontane, induce a intensificare i viaggi via mare, prima limitati lungo le coste

• agli alti costi necessari per l'acquisizione dei metalli deve corrispondere un avanzamento sul piano dell'organizzazione economica, sociale e politica, in modo tale da supportare gli sforzi necessari per garantire l’aumento della produzione, la creazione di un surplus e quindi la possibilità di scambio

A seconda del contesto geografico le comunità si sviluppano diversamente, di qui nasce la distinzione tra età del Bronzo:

1. del continente (civiltà Elladica)2. delle isole (civiltà Cicladica)3. di Creta (civiltà Minoica)

ognuna a sua volta è tripartita in Antico, Medio e Recente. Durante l’Elladico antico e il Cicladico antico, in tutta le Grecia e le Cicladi, sembra diffondersi una cultura comune, espressa in una ceramica a vernice nera lucida. Alla fine di quest’epoca segnata da distruzioni e abbandoni di abitati, subentra un diverso tipo di ceramica, detta grigia, e una diversa cultura, che caratterizzerà il Bronzo medio ed evolverà nella civiltà Micenea (tardo Elladico), e quindi poi nella civiltà micenea di età storica.

2. Dalla civiltà cicladica alla civiltà minoica

Nella prima età del Bronzo (III millenio) sono le isole Cicladi, al centro dell'Egeo, a manifestare i segni più precoci di sviluppo tecnologico e commerciale. A ciò contribuiscono le risorse del sottosuolo:

– ossidiana (roccia vulcanica) a Melo– marmo di Paro e Nasso– piombo– argento e oro

Godono di grande diffusione, dalla Grecia a Creta, i prodotti tipici di questa cultura (piccoli idoli femminili di marmo piatti e recipienti d'argilla simili a padelle, decorati con motivi geometrici).

Dopo aver raggiunto il suo culmine nel Cicladico Antico (2500-2000 circa), questo ruolo di primo piano delle Cicladi declina, a favore di un primato di Creta. Il progresso culturale

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dell'isola si accentua con il Minoico Medio (2000-1600), quando il rapporto con le Cicladi assume le forme dell'egemonia. Nelle prime fasi questo periodo prende il nome di proto-palaziale (Minoico Medio I-II), in quanto intorno al 1900 nascono i primi palazzi a Cnosso, Festo, Mallia.

➢ si tratta della naturale evoluzione di realtà architettoniche precedenti, entro un contesto che è di continuità anche sul piano del popolamento e dei riti funerari: i palazzi si sviluppano attorno a un cortile centrale e sono privi di fortificazioni (forse per l'assenza di occupazioni riguardo a possibili pericoli interni o a minacce esterne).

L'uniformità culturale dell'isola in questo periodo è attestata:• dall'omogeneità della tipologia dei palazzi: dotati di magazzini, depositi, svolgono

un ruolo economico, accentrando la raccolta agricola e gestendo la produzione dell'olio, del vino e anche della ceramica

• dalle attività artigianali

La presenza di documenti redatti con scrittura geroglifica indica l'esistenza di una burocrazia che registra e controlla la ricezione, il consumo e la ridistribuzione dei beni disponibili. La presenza, all'interno, di ambienti e simboli sacri lascia intravedere anche le funzioni religiose dei palazzi e dei loro signori.

Nel 1700 (Minoico Medio III, detto anche periodo neopalaziale) ha luogo una ricostruzione dei palazzi, in seguito ad eventi distruttivi (non si sa se calamità naturali, invasioni o conflitti sociali interni).

• il palazzo di Cnosso spicca come modello di ampiezza e raffinatezza, in particolare per l'alto livello artistico degli affreschi parietali

• altro fatto notevole: è la diffusione di una scrittura sillabica, la scrittura lineare A• si continua a scrivere su tavolette di argilla, ma la presenza di cretule, da interpretare

come sigilli di perduti rotoli di pergamena o di papiro, denuncia un salto di qualità nella pratica delle registrazioni

• il ritrovamento di documenti in lineare A a Cipro, nelle Cicladi, in Laconia e nel Peloponneso indica la diffusione della sfera d'influenza cretese; non dimentichiamo che i cretesi compaiono anche nei documenti egiziani, i quanto svolgono attività nell'interesse del Faraone.

1450 (Minoico Tardo II) si verifica un mutamento deciso: • solo il palazzo di Cnosso continua ad esistere, mentre tutti gli altri sono fatti oggetto di

distruzioni violente, ma selettive, attuate secondo un preciso disegno egemonico.• vi sono segni di una diversa cultura a indicare che elementi micenei provenienti dalla

penisola greca si sono impadroniti dell'isola:➢ armi, tombe di tipo continentale, una nuova scrittura sillabica (la lineare B), un

nuovo tipo di ceramica (lo “stile Palazzo”).Il palazzo di Cnosso viene distrutto nel 1380 e contemporaneamente i Cretesi scompaiono dalla documentazione egiziana. L'isola appare connessa al mondo miceneo continentale, ma estranea ai traffici mediterranei che avevano caratterizzato il suo antico splendore.

3. Dalla civiltà elladica alla civiltà micenea

Nel continente l'inizio del Medio Elladico vede consolidarsi l'insediamento di genti elleniche, il cui arrivo si può connettere alle distruzioni e gli abbandoni dei siti che si riscontrano dalla Beozia al Peloponneso.

• le novità appaiono nella cultura materiale, con la diffusione di un nuovo tipo di ceramica (detta “minia” o grigia) e nelle abitudini funerarie.

• inizia così la civiltà micenea, fondata su aristocrazie gentilizie, caratterizzate, dal punto di vista funerario, dalla presenza di ricchi corredi, di armi e di rappresentazioni guerresche con carri e assedi.

• si attesta l'esistenza di una scrittura derivata dalla lineare A: si tratta della lineare B, la scrittura sillabica dei Micenei.

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I gruppi emergenti non traggono la loro ricchezza unicamente da attività militari, mercenariato o pirateria, ma si inseriscono in un processo di maturazione economica e organizzativa avviato dall'avvento della civiltà del bronzo:

– il rifornimento di metalli è possibile solo in alcune zone, dunque il commercio risulta indispensabile per lo sviluppo della metallurgia nelle zone poco ricche di risorse minerarie, come l'Egeo (il rame è abbondante a Cipro, ma lo stagno lo si trova in Spagna, Cornovaglia, Bretagna, Caucaso e Asia interna).

– la presenza di ceramica micenea lungo le rotte che portano alla Sicilia, alla Eolie, al golfo di Napoli, sembra attestare che fin dal Medio Elladico III la ricerca di materie prima spinge le popolazioni dell'Egeo anche a navigazioni su lunghe distanze nei mari d'Occidente.

Le prime fasi del Tardo Elladico (I-II, 1600-1500, 1500-1425) vedono il moltiplicarsi di tombe a tholos e l'infittirsi delle relazioni mediterranee. I Micenei, insieme ai Cretesi, entrano definitivamente nei circuito commerciali del Mediterraneo orientale; inoltre l'Egitto registra non solo la località di Creta ma anche Micene, Messene e Citera. In seguito nei documenti egizi non vengono più citati i cretesi, ma compaiono solo personaggi provenienti dall'area egea.

• infatti attorno al 1450 una monarchia micenea si impadronisce del palazzo di Cnosso, poi distrutto verso la fine del 1380; nel Tardo Elladico Elladico Creta declina, lasciando ai nuovi dominatori il privilegio del rapporto con l'Egitto.

• è il momento della fioritura dei palazzi micenei, che svolgono funzioni economiche, politiche, burocratiche, religiose; ne troviamo tracce a Tirinto, Micene, Atena, Tebe.➢ I palazzi sono fortificati e si sviluppano intorno alla sala del mégaron, mentre vi si

affiancano tombe regali (“tesoro di Atreo” a Micene) e tombe a camera per altri personaggi emergenti.

Documenti in lineare B confermano l'attività degli archivi e la struttura omogenea del potere:

al vertice del potere vi è un sovrano e accanto a lui un altro grande del regno, probabilmente un capo militare. Entrambi possiedono un témenos, una porzione speciale di terra.

al di sotto del sovrano stanno i telestài, detentori di appezzamenti caratterizzati dalla presenza di culture arboricole.

poi vi è il damo (comunità a base territoriale alla quale sovrintende una sorta di funzionario provinciale) che si occupa di terreni destinati alla produzione di cereali in alternanza a periodi di riposo lasciati al pascolo.

il palazzo sembra controllare anche l'allevamento, a cui si collega la lavorazione della lana e la preparazione di tessuti.

troviamo attestate attività metallurgiche con i relativi prodotti (armi, corazze e carri da guerra) e si citano imbarcazioni.

l'intero sistema si regge con i tributi in derrate e con il lavoro dipendente. gli dei sono omaggiati con sacrifici e offerte regolari, mensili e persino giornaliere. l'ambito delle “relazioni internazionali” è molto ampio:

◦ elementi riferibili a insediamenti micenei compaiono nelle Cicladi, a Rodi, e in Anatolia;

◦ importazioni di ceramiche micenee sono attestate tra 1500-1400 a Cipro, in Siria e in Egitto;

◦ in Italia i traffici micenei si dirigono in Sicilia e in Sardegna.

4. La crisi del mondo miceneo

La fine della civiltà micenea si realizza in due fasi:• alla fine del Tardo Elladico III B1, intorno al 1250 si ha una prima serie di

distruzioni: la città bassa di Micene viene incendiata e lo stesso accade per la Cadmea, l’acropoli di Tebe e per il palazzo di Gla, che vengono distrutti. La crisi però in questa fase non è decisiva: vengono rafforzati i palazzi di Atene, Micene e Tirinto e un muro di difesa viene costruito sull’Istmo.

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• Alla fine del Tardo Elladico III B2, intorno al 1200, sopravviene la distruzione decisiva i cui effetti si riscontrano nei successivi periodi Tardo Elladico III C (1200-1050) e Submiceneo (1065-1015).

La tradizione Greca conserva il ricordo di una Grecia dell'età del Bronzo senza Dori e fin dal VII secolo li considerava arrivati nel Peloponneso a partire dalla Tessaglia: la spiegazione più facile diviene così quella dell'invasione quale causa del tramonto dei regni micenei, degli Achei.L’invasione dorica però nella tradizione non è connotata da distruzioni, ma è vista piuttosto come un movimento progressivo che si amalgama alla popolazione preesistente.Componenti da riconnettere a elementi dorici si riscontrano nella lingua della lineare B:

• accanto ad un miceneo normale, rapportabile ai posteriori dialetti eolici, si trovano forma di miceneo speciale, le quali rimandano al dialettico dorico.

La caduta dei palazzi non è seguita da un’invasione, ma al contrario dà luogo a uno spopolamento. Nessuna grave rottura si riscontra sul piano culturale.

Le novità che nel periodo successivo alla fine dei palazzi, Tardo Elladico III C, si riscontrano sul piano dei riti funerari (sepolture individuali, tombe a casa, incinerazioni invece che inumazioni), su quello degli armamenti (un tipo diverso di spade) e dell’abbigliamento (abiti chiusi da fibule e non cuciti), precedono la distruzione finale.Viene prodotta una ceramica, stile “del granaio” e Submiceneo, che non è altro che una degenerazione dello stile precedente.

Il fatto che i palazzi dopo la prima crisi rafforzino le loro difese e sbarrino l’Istmo sembra indicare l’esistenza di un pericolo esterno, come documentano le tavolette di Pilo in cui si profila una minaccia proveniente dal mare che compromette il normale approvvigionamento dei metalli. Ciò si riallaccia all’ipotesi di invasioni ad opera dei cosiddetti “Popoli del Mare”, quale si può derivare dai documenti egiziani:

• 1220: un’invasione colpisce l’Egitto ad opera di popolazioni anatoliche (tra cui i Lici)• devastazione di Cipro• inizi del XII secolo, sotto Ramesse III, una nuova ondata di invasioni provoca la caduta

del regno ittita

Se ne deduce una crisi degli equilibri mediterranei e dei relativi traffici: questi eventi possono essere collegati alla crisi finale del mondo dei palazzi micenei, che da quei traffici ed equilibri traevano sostentamento.Indubbiamente il mondo dei palazzi era condizionato dalle sue relazioni internazionali (commerci con l’Egitto e le realtà vicino-orientali), per via dell’approvvigionamento dei metalli; ma il commercio miceneo nei suoi rapporto con le più evolute realtà egiziane si è sviluppato restando al di sotto di un rapporto bilaterale. Inoltre le stesse tavolette evidenziano comportamenti della burocrazia palatina poco duttili e non giovevoli al benessere dell'economia, per l'estrema parcellizzazione della terra gestita dal palazzo, la fiscalità minuziosa.

5. Da Micene a Omero

Assieme al passaggio dall’età del Bronzo all’età del Ferro, i secoli dall’XI all’VIII realizzano il passaggio dall’età submicenea all’età arcaica, costituendo quella fase della storia greca convenzionalmente chiamata età buia, ma che converrebbe chiamare civiltà geometrica.Lo sviluppo dell’arte geometrica caratterizza infatti quest’epoca e ne segna l’identità; d’altro canto è difficile parlare di età buia o medioevo per un’epoca che ha elaborato quel patrimonio epico poi confluito nei poemi omerici e nelle altre opere che ad essi si affiancavano nell’antichità (oggi perdute).

I poemi omerici permettono di gettare luce sui cosiddetti secoli bui, in quanto rappresentano lo sbocco ultimo di un’elaborazione compiutasi nel secoli precedenti all’età in cui i poemi hanno

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raggiunto la loro sistemazione finale, nell’VIII secolo.

Omero considera il mondo che egli rappresenta un mondo passato, in cui le armi erano rigorosamente di bronzo, mentre Esiodo considera gli eroi di tali miti una razza estintasi prima dell’apparire della stirpe di ferro, che è quello che lo circonda.I poemi omerici contengono evidenti tratti arcaicizzanti, ma non possono essere considerati come la testimonianza immediata del mondo miceneo.Non bisogna dimenticare infatti che la tradizione omerica attinge a memorie orali e quindi subisce il processo di agglutinazione dei ricordi attorno a un evento principale.Così succede per Troia, che è effettivamente un sito dell’età del Bronzo, ma di cui l’epica riflette la storia in maniera semplificata: l’ampiezza e la ricchezza descritte sono proprie del livello di Troia VI, databile fino al 1300, mentre una distruzione si addice piuttosto a Troia VIIa, colpita da un terremoto nel 1200, e la caduta definitiva per un incendio si verifica unicamente nel 1100 per Troia VIIb, non più rifondata per secoli.

Lo scavo dei palazzi micenei ha mostrato tutto il divario con le dimore regali omeriche, dove non c’è traccia né di burocrazie né di affreschi: sulla porta del palazzo di Ulisse, come in una comune fattoria di campagna, si ammucchia il letame per i campi.Anche l’istituto della regalità presenta un forte discrimine rispetto al mondo miceneo, dove i qasirewe-basilewes appaiono come preposti in sede locale ad attività artigianali.Nel mondo di Omero invece ogni comunità ruota attorno a più basilèes tra cui emerge un primus inter pares e che detengono il ruolo di capi militari.La trasformazione delle loro funzioni consente pertanto di intendere il senso dell’evoluzione politico-sociale intervenuta dopo il crollo del potere dei wanaktes: del potere centrale del palazzo alle autorità periferiche e al policentrismo.

Le diversità si notano anche nelle concezioni religiose e nei riti funerari: il pantheon olimpico presente in Omero ignora una serie di divinità attestate nelle tavolette e ne declassa alcune a livello di eroi; inoltre dalle pratiche di inumazione comuni per i Micenei si passa a quelle di incinerazione nel caso degli eroi omerici e anche nelle abitudini dell’età del Ferro.

6. Identità etnica e organizzazione politica

Nella tradizione omerica la Grecia non si chiama ancora Hellas, anche se il termine compare in Omero, ma si riferisce in modo restrittivo al territorio della Ftiotide tessala e ad i suoi abitanti, soggetti ad Achille. E’ solo nei testi di Esiodo e Archiloco che il suo significato comincia a comprendere tutta la Grecia: ne risulta che l’unificazione della penisola sotto un gruppo etnico non si realizza prima del VII secolo, e avviene grazie al contributo di grandi santuari, in particolare di Olimpia e di Delfi, in cui trovano posto le maggiori stirpi greche (Tessali, Beoti, Ioni e Dori). Tucidide afferma che è stato grazie ai figli di Elleno, figlio di un mitico re tessalo, che il nuovo nome si estese dalla Ftiotide a tutte le altre zone della penisola.

➢ questa è una spiegazione “diffuisonista” che trova riscontro storico nella migrazione dei Dori dal Nord al Sud della Grecia.

Oltre ai Dori le altre componenti etniche dei greci sono gli Ioni e gli Eoli. • in età storica l’Eolide designa l’area dell’Asia Minore tra i fiumi Caico ed Ermo, dove

l’archeologia attesta una occupazione greca a partire dall’XI secolo. Si tratta di una serie di città eoliche (Cuma è la più importante).

• il nome di Ionia spetta solo ad una regione dell’Asia Minore: una lega di città che ha il suo centro religioso nel tempi di Poseidone a Micale. Benché sia chiaro che l'identità degli Ioni si è definita in Anatolia e si è poi riflessa sulle popolazioni della madrepatria affini per lingua e cultura, bisogna ricordare che in Grecia Ateniesi ed Eubei tentano di rivendicare una presunta “primogenitura” ionica.

Da questa rassegna emerge il fatto che nel processo di identificazione etnica dei Greci influisce in modo determinante il fenomeno della colonizzazione delle coste occidentali dell'Asia

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Minore, che oltre all'invasione dorica caratterizza il grande dinamismo migratorio dell'età buia.

In età post-micenea si afferma inoltre altri istituti finalizzati alla coesione e alla concordia. Nonostante il testo omerico ne contenga un'unica attestazione, nel mondo greco si diffonde la ripartizione in tribù e in entità più piccole ma radicate, le fratrie, che costituiscono gli elementi base dell'organizzazione territoriale e militare.

• nel mondo dorico esiste un sistema di tre tribù canoniche, che sono attestate nel Peloponneso, nelle isole e nelle colonie, ma non si riscontrano nelle regioni dove si parlano dialetti dorici nord-occidentali;

• anche nel mondo ionico è diffusa la divisione in quattro o sei tribù, presenti in Ionia e recepite anche nell'Attica, ma assenti in Eubea e nelle Cicladi. Sembra che nel mondo ionico sia meno forte la volontà di caratterizzarsi attraverso la presenza delle tribù.

Non mancano altre forme di unità, in primo luogo leghe sacre, che possono richiedere azioni comuni nell'interesse del dio, ma all'origine non si pongono finalità puramente politiche.

Si deve poi fare riferimento agli organismi federativi, i koinà. • in un koinòn sono riunite le città della Ionia, che distrussero Melia per sottrarle il

controllo del comune santuario di Poseidone Eliconio. • anche un koinòn è attestato in Tessaglia che si forma ugualmente in epoca post-

micenea.

7. Valori aristocratici e aspetti sociali

L’emergere di un’aristocrazia nell’età buia è rivelata in primo luogo dall’archeologia funeraria, attraverso la scoperta di tombe di individui e gruppi familiari che si distinguono per la ricchezza dei loro corredi. Il modello per queste tombe di aristocratici guerrieri è rappresentato dai grandi funerali eroici descritti in Omero, sul tipo di quello riservato ad Achille: il quadro fornito dai poemi mostra infatti una comunità in cui ai re e ai più valorosi spetta una parte scelta del bottino e il possesso di porzioni speciali di terra. Essi sono gli aristées (i migliori): i capi e i consiglieri per eccellenza, protetti dagli dèi, forniti di armi divine, dotati di privilegi per nascita, detengono per natura la virtù, aretè, e nello stesso tempo il potere, la bellezza, l’armonia fisica.Tra gli aristées si distingue però un primus inter pares: Odisseo dichiara solennemente di fronte ad un’assemblea di uomini eminenti che uno solo deve essere basiléus, colui a cui Zeus concesse lo scettro.

Ciò significa che in età post-micenea sopravvivono gli sviluppi della monarchia, come indicano le monarchie di origine eraclide nelle città doriche (Sparta, Argo, Messene, Corinto), le monarchie neleidi nella Ionia (Mileto, Efeso, Focea, Teo, Eritre) e in ambito eolico i Pentilidi di Lesbo e il re Agamennone di Cuma. C’è anche una spinta in senso diverso, realizzata dalle repubbliche aristocratiche, succeduta nel mondo greco alle monarchie originarie.Nelle colonie greche della seconda metà dell’VIII secolo non c’è traccia di basiléis: vi sono invece i rappresentanti dei Bacchiadi, gli oligarchi di Corinto, e nelle colonie euboiche vi sono esponenti dell’aristocrazia di allevatori di cavalli.

Nell’epica si delinea il quadro relativo a questa aristocrazia di basilées, che economicamente si connota attraverso il possesso di una casa di schiavi, di terre e di bestiame.Le attività agricole vengono svolte con l’aiuto di personale dipendente, che può essere:

• libero salariato , utile soprattutto per lavori stagionali di aratura, mietitura e vendemmia

• lavoro dei non liberi , acquisiti attraverso mercato o guerra per i lavori regolari, come pastorizia

• esiste una forma di servitù rurale diffusa in ambito dorico che si caratterizza per il fatto che il suo statuto di dipendenza non nasce dall’acquisto e dalla proprietà individuale, ma dalla conquista e sottomissione di intere popolazioni: agli abitanti del territorio

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si lascia casa, famiglia, bestiame, ma si impongono tributi di lavoro e di prodotti

Oltre all’importanza del lavoro agricolo, nei poemi emerge l’importanza dell’allevamento (i buoi assumono il valore di unità di misura della ricchezza, il che vuol dire che si scambiano).Anche se l’ideale rimane l’autarchia, esiste quindi il commercio: gli scambi avvengono nella forma del baratto, esistono luoghi di mercato e mercanti di professione. Esistono poi altre forme di circolazioni di beni: il dono era una pratica diffusa, all’interno dell’istituto dell’ospitalità; anche la guerra e la pirateria costituiscono normali fonti di arricchimento.

Nel mondo omerico troviamo anche la realtà degli artigiani e dei professionisti, ossia autori di lavori per la comunità (aedo, carpentiere, medico, mestieri ereditari).

Da questo quadro emergono i caratteri di una comunità tradizionale: senza scrittura la trasmissione del sapere avviene per via orale, il cui strumento principe è la poesia epica in cui si trovano affermati i valori di un epoca e di una società. L’ambito più conforme agli ideali di cui i nobili sono portatori resta quello militare (il modello è il duello tra due guerrieri armati, sul modello dell’Iliade). Di conseguenza sia il comportamento dell’individuo sia l’apprezzamento della collettività dipende da una logica dell’onore e della vergogna che indica l’assenza di una vera coscienza civile.

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CAPITOLO II: L'ETA' DELLA COLONIZZAZIONE

1. Dalla madrepatria alle colonie

Tutte le colonie sono associate al nome di una “città Madre” a cui si attribuiva la preparazione della spedizione e che forniva il fondatore su cui ricadeva il compito di distribuire gli spazi cittadini, di spartire il territorio, di istituire i culti e di dare un’organizzazione alla comunità. Le prime colonie furono fondate a partire dalla metà dell’VIII secolo quando le navigazioni e i contatti dei greci tra le sponde del Mediterraneo erano ripresi in modo intenso: la conoscenza di un luogo e delle sue risorse per la fondazione di una colonia.Non si può però interpretare come una linea continua l'evoluzione che intercorre tra le prime frequentazioni ai fini dello scambio e la creazione di colonie. L'atto di fondazione implica occupazione, accaparramento di terre e allontanamento violento degli autoctoni, benché alcune tradizioni greche tendano a presentare l'insediamento delle colonie come se avvenisse in un territorio disabitato.

➢ in realtà bisogna fare i conti con le popolazioni indigene: se talora la colonia si impone fin dall'inizio con la forza, in altri casi l'insediamento avviene con il consenso iniziale degli indigeni, ma con la convivenza l'equilibrio si rompe per il rafforzamento dei coloni e per la reazione degli indigeni, che poi finiscono per soccombere di fronte a più avanzate capacità di organizzazione politica e militare.

➢ discontinuità rispetto alle frequentazioni commerciali precedenti (netta rispetto ai contatti micenei stabiliti micenei stabiliti nel II millennio).

Bisogna operare una netta distinzione tra il movimento coloniale di epoca arcaica e il passaggio in Asia Minore degli Ioni e degli Eoli, che benché definito dalle fonti antiche come colonizzazione, risponde a un altra logica e nasce quando la Grecia non era ancora Hellàs, era teatro di migrazioni, non di distacco di insediamenti.

➢ tra le due esperienze si colloca il cosiddetto rinascimento greco, ossia quel periodo che porta la Grecia a uscire dall'età buia. Ne deriva:◦ da un lato lo sviluppo di insediamenti stabili a carattere urbano;◦ dall'altro la tendenza alla concentrazione delle comunità prima distribuite in

villaggi sparsi.▪ questi caratteri di stabilità e di accentramento sono favoriti dallo sviluppo dei

santuari (Zeus a Olimpia, Apollo a Delo e Delfi) e dal sorgere del culto degli eroi attraverso cui la comunità afferma i suoi diritti territoriali.

◦ inoltre dalle necropoli (complesso di antiche sepolture) si deduce una notevole crescita demografica.

◦ dal punto di vista culturale il periodo compreso tra il VIII e il VII secolo è caratterizzato dal declino dell'arte geometrica e dall'avvento dell'arte orientalizzante, ossia dell'introduzione di elementi naturalistici e realistici.

◦ per quanto riguarda le pratiche militari, si assiste all'introduzione di armi di ferro e alla diffusione di pezzi destinati alla protezione del combattente, che portano all'affermazione della tattica del combattimento a file serrate, la falange oplitica.

◦ nella stessa epoca, dopo un lungo periodo di oralità si diffonde la scrittura alfabetica, i cui segni non corrispondono più a sillabe, ma si compongono di suoni. ▪ le cui origini vanno ricercate nel contatto con i Fenici, rispetto al cui alfabeto si

introduce la notazione delle vocali.▪ il nuovo strumento di comunicazione e registrazione, utilizzato in contesti

pubblici (per le leggi), è usato anche per iscrizioni private e favorisce quindi l'affermazione dell'individualità.

A rendere possibile questa evoluzione era lo sviluppo delle relazioni e dei traffici conseguente al superamento della mentalità aristocratica e all'affermazione di un vero commercio.

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• si tratta di un fenomeno che produce maggiore diffusione sociale di ricchezza e benessere;

• tale sviluppo di scambi contribuisce a spiegare dal punto di vista economico la nascita della colonizzazione arcaica: ◦ è naturale che nel fondare una nuova città l'interesse dei coloni sia innanzitutto

quello di occupare terre feconde (ciò rientra nella specificità dell'economia antica, che ha una base fondamentalmente agricola e rivolta al possesso della terra).

◦ ciò non significa che le esigenze commerciali siano assenti: per qualsiasi comunità organizzata resta la necessità di reperire le materie prime, quali i metalli, per il cui approvvigionamento la propria terra è insufficiente.

◦ motivazioni più evidenti per la partenza di coloni verso terre lontane sono quelle di natura politica-religiosa. Si tratta di regioni demografiche e territoriali alle cui spalle vi sono esigenze politiche e discriminazioni sociali e religiose, che in epoca arcaica non sono distinguibili. ▪ le necessità per le oligarchie al potere nella madrepatria di difendere la

comunità da sconvolgimenti che il dinamismo economico e sociale può indurre nei rapporti di classe e nei valori tradizionali provoca l'allontanamento di quanti non risultano in regola per il pieno possesso di diritti politici.

◦ al di là degli aspetti economici e politici, l'espansione in terre straniere e il contatto con i loro abitanti permettono ai Greci di maturare la consapevolezza della superiorità della propria civiltà e umanità.

2. La colonizzazione nel Tirreno e in Sicilia

Il moto coloniale di età arcaica è rivolto verso occidente che verso oriente, ma non vi è dubbio che l'esperienza occidentale sia meglio nota. Veri pionieri in questo senso furono gli Eubei.

• l'isola aveva avuto uno sviluppo precoce, tra il XII e l'VIII secolo, documentato dal sito di Lefkandi, posto a sud della pianura di Lelanto. Ed è appunto per il possesso di questa pianura che la tradizione scritta ricorda una guerra tra le due principali città dell'Eubea, Calcide ed Eretria, che finì con il successo di Calcide e la scomparsa di Lefkandi (antica Eretria) e lo sviluppo dell'Eretria storica. Ciò attesta il raggio di relazioni di cui godeva l'isola e le difficoltà per le due comunità di risolvere in ambito locale la loro spinta espansiva. Di qui la colonizzazione e lo sviluppo di attività economiche alternative:◦ Calcide ebbe fama per la metallurgia e la fabbricazione delle armi;◦ Eretria ebbe nome dalla pratica del mare, remare.

• intono al IX-VIII secolo l'attività euboica comincia ad estendersi in modo più ampio verso occidente. ◦ a Corcira nel mare Ionio si attesta un originario insediamento eritriese;◦ intorno al 770 Calcidesi ed Eretriesi fondano Pitecussa nell'isola di Ischia;

dall'archeologia ne esce un'immagine al centro di un ampia rete di scambi con i fenici e in generale con l'oriente, ma anche con gli abitanti della Campania, del Lazio e dell'Etruria.

◦ nel golfo di Napoli, Calcidesi e cumani d'Asia fondano Cuma (considerata la più antica colonia d'Italia e Sicilia, ma può essere posteriore a Pitecussa). Fu la più importante colonia dell'area, la quale divenne nel corso del VII secolo padrona della pianura campana e ne conservò il pieno possesso perdendolo solo alla fine del VI per opera degli Etruschi.

◦ la colonizzazione calcidese fu precoce anche in Sicilia, ma con logiche diverse:▪ all'azione di Cuma e Calcide risale la nascita di Zancle (Messina), che a sua

volta si fece promotrice della fondazione di Reggio. Queste colonie grazie alla loro posizione sono orientate a sfruttare il passaggio delle rotte commerciali in direzione del Tirreno e per la circumnavigazione della Sicilia.

▪ un altro gruppo di Calcidesi si rivolse invece verso la fertile piana del Simeto: nel

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734 fu fondata Nasso e nel 728 Leontini e Catania. Questa fondazioni, dal punto di vista economico, hanno fini caratterizzati in senso agrario.

Accanto a questi elementi euboici verso la Sicilia si mossero anche gruppi di coloni di origine dorica.

• nel 733 i Corinzi guidati da Archita fondarono Siracusa e sottomisero la popolazione locale, che costituirono all'uso dorico una forma di servitù rurale alle dipendenze dei detentori della terra.

• la presenza dorica nell'isola è attestata dall'attività di Cretesi e Rodii, che nel 688 fondarono Gela, e nel 580 Agrigento.

Caratteristiche assunte dalle comunità coloniali, in particolare quelle calcidesi:• Calcide ed Eretria avevano elaborato al momento della colonizzazione una costituzione

oligarchica fondata su criteri aristocratici e censitari, basata cioè sul privilegio della nascita e su quello della ricchezza. ◦ oligarchie risultano le costituzioni di Cuma, abbattuta dal tiranno Aristodemo alla

fine del VI e poi ripristinata nel V; quella di Leontini, abbattuta alla fine del VII dal tiranno Panezio; quella di Reggio.

◦ nei regimi oligarchici è fondamentale la ricchezza, dunque le attività finalizzate al guadagno.

• Realtà analoghe emergono anche nella Sicilia dorica. ◦ la nascita di Siracusa avviene per opera dell'oligarchia corinzia dei Bacchiadi, che

organizzano il moto coloniale in direzione dell'occidente. ◦ Anche Rodii e Cretesi, fondatori di Gela e poi Agrigento, hanno alle spalle oligarchie

doriche.

La chiusura ai danni dei ceti inferiori con il tempo sfocia nella tirannide, che convoglia le esigenze dei subalterni, non liberi, mercenari, come pure la necessità di ampliamenti ai danni degli indigeni.

3. La Magna Grecia

Il versante ionico dell'Italia fu per lunga parte appannaggio degli Achei, provenienti dall'Acaia peloponnesiaca, tale regione per lo più montagnosa possiede un0unica grande pianura: dalla scarsità di risorse nasce quindi la necessità dell'emigrazione. Dal punto di vista politico gli Achei formarono una struttura federale, suddivisa in dodici parti e organizzata per sistemi di villaggi. Coerentemente con questo sistema tutte le colonie, benché avessero fondatori provenienti da determinati centri, venivano genericamente indicate come colonie degli Achei. A partire dalla fine dell'VIII secolo furono fondate:

• prima Sibari (721/720), che a sua volta fondò Metaponto e Posidonia;• e poi Crotone, anch'essa con una sub-colonia, Caulonia;• sempre in quest'area magnogreca ricadevano altre colonie doriche, ma non achee,

Taranto e Locri, e visse per un certo periodo anche una colonia ionica come Siri.

SIBARI fu la colonia achea più importante: dotata di un territorio ricco, dove cerealicoltura, vinicoltura e allevamento trovavano condizioni assai favorevoli, essa dominò sulle altre città. Nella prima metà del VI secolo, con Crotone e Metaponto guidò una spedizione che distrusse la colonia di Siri ed espresse la pretesa degli Achei al controllo degli spazi intermedi tra le loro fondazioni.

• se sul versante orientale era Metaponto a bloccare le aspirazioni tarantine, sul versante tirrenico gli interessi achei erano tutelati da Posidonia;

• essa inoltre nel 535 favorì l'insediamento di coloni focei, che fondarono Elea, acquisendo il sito degli Enotri, popolazione indigena che abitava nel retroterra delle colonie achee, tra il Tirreno e la Iapigia. Sul versante ionico occidentale fu attiva Crotone, che fondò Caulonia.

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◦ al centro di quest'area si dispiegò pertanto l'impero di Sibari: se la città contava centomila abitanti, grazie ad alleanze ed estensione della cittadinanza si arrivava ad un complesso di trecentomila uomini in armi.

◦ risulta che esistono popolazioni legate da vincoli di eterna e leale amicizia con i Sibariti e gli alleati: si distinguono 25 città e quattro popoli sui quali Sibari esercitò il suo potere, la posizione di questi soggetti doveva però essere diversa:▪ l'ipotesi più ovvia è che gli abitanti delle pòleis fossero inglobati nella

cittadinanza con minori diritti, mentre i popoli fossero interessati da un'alleanza diseguale. Il regime interno era rigidamente oligarchico e comprendeva cinquemila cavalieri: l'allevamento e l'addestramento dei cavalli richiedono grandi ricchezze che derivano da fenomeni di concentrazione della proprietà terriera, in quanto la tradizione ricorda l'estraneità dei Sibariti al lavoro, mentre lo sviluppo delle attività artigianali era concesso solo lontano dalla città. Di qui nascono i numerosi riferimenti al lusso, alla mollezza che la tradizione posteriore condanna moralisticamente.

Seconda per importanza tra le colonie achee fu anche CROTONE, che nel 511/510 vinse e distrusse Sibari e aspirò a raccoglierne l'eredità. Caratterizzata da un'aristocrazia dotata di grandi patrimoni e dedita alla pratica dell'atletica anch'essa ebbe una costituzione oligarchica, garantita dalla divisione per classi di età a valenza militare e dall'intercambiabilità del ruolo di atleta con quello di stratego.

• Magistrato supremo era il pritane, mentre le deliberazioni dell'assemblea erano valutate preliminarmente da un sinedrio di Mille, investito del potere di garantire il rispetto delle leggi, di giurisdizione, di controllo dei culti e dei rapporti con gli stranieri.

La solidarietà con Sibari è evidente, a cominciare dalla partecipazione alla guerra che portò alla distruzione di Siri intorno al 570. Nella stessa logica dell'imperialismo acheo si inserisce l'egemonia su Caulonia al fine di estendersi verso Locri, ma il tentativo si conclude verso il 560, con un'inattesa sconfitta.

➢ se fino a quel momento la mentalità cittadina aveva aderito alle stesse logiche di ricerca del lusso e di valorizzazione concreta del rango che vigevano a Sibari, la sconfitta portò la città a interrogarsi sui motivi del fallimento.

Intorno al 530 giunse da Samo Pitagora che, testimone del fallimento delle aristocrazie ioniche di fronte ai Persiani e di quello dall'aristocrazia samia di fronte alla tirannide di Policrate, diede impulso al superamento della crisi e alla presa di coscienza della fragilità dei modelli eroico-oligarchici.

• all'idea di un'aristocrazia basata sulla nascita e sul censo, il filosofo contrappose un progetto di classe dirigente accomunata da valori comuni, fondata sul rifiuto del lusso e delle sue conseguenze.

• la ricerca illimitata di risorse per alimentare i consumi individuali lussuosi accresce le differenze economiche e sociali, e restringe il numero dei privilegiati, rendendo più esosa la pressione sui ceti dipendenti e meno solido l'assetto sociale e politico.

• Per favorire un equilibrio tra classi, le riforme pitagoriche mirano allo sviluppo della fanteria e dell'ordine serrato di combattimento, la falange, facendo posto all'etica oplitica del soldato, che non abbandona il proprio posto e riceve solo ferite frontali.

Nel 511/510 tali ideali ispirarono la guerra contro Sibari, dove l'avvento di un tiranno demagogo provocò l'espulsione dei cittadini più ricchi, i quali rifugiatasi a Crotone, costituirono il motivo occasionale del conflitto.

➢ Sibari mobilitò tutte le forze cittadine e alleate e altrettanto fece Crotone, ma la cavalleria sibarita venne neutralizzata con uno stratagemma e l'esercito crotoniano vinse: Sibari fu distrutta e una parte del suo territorio incorporato.

➢ Ma la gestione della vittoria si rivelò difficile, in quanto i pitagorici che volevano trasformare il territorio conquistato in proprietà comune furono costretti ad allontanarsi. Iniziò a Crotone un periodo turbolento che si concluse con l'instaurazione

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di una tirannide.

Della storia delle altre colonie si sa meno.• anche Metaponto ebbe un'aristocrazia di cavalieri e una fiorente agricoltura. Colonia di

Sibari in funzione antitarantina, partecipò alla lotta degli Achei contro Siri e dopo i fatti del 510 subì l'influenza del pitagorismo, dovuta in particolare al trasferimento in loco dello stesso Pitagora.

• Siri è invece una colonia ionica, che sorse alla metà del VII secolo ad opera di Colofonii, allontanatisi dalla patria sotto la pressione dei Lidii. Vista la sua posizione tra Sibaritide e Metapontino, gli Achei non la tollerarono a lungo la sopravvivenza di Siri e intorno al 570 la eliminarono.

• Non achea è pure Locri Epizefirii, che fu colonia dei Locresi. La tradizione racconta che la fondazione derivò dall'allontanamento delle donne che, in assenza dei mariti impegnati nella prima guerra messenica come alleati degli Spartani, s'erano unite ai loro schiavi: ad esse e alla loro discendenza faceva capo la nobiltà di Locri. Il sito della colonia era in precedenza controllato da comunità indigene di Siculi, già in contatto con mercanti greci, in particolare euboici: i Locresi finsero un accordo, ma lo violarono con l'inganno e lo espulsero. La fondazione sarebbe avvenuta poco dopo quella di Crotone, dopo la fine dell'VIII secolo, circa 679/678.◦ anche Locri ebbe una costituzione oligarchica, con un senato di Mille e un magistrato

supremo. La legislazione tendeva a dare una sistemazione definitiva della comunità secondo le norme più semplici. Valeva la legge del taglione, le pene erano assai severe.

◦ per impedire il lusso era vietata la vendita della terra, non si batteva moneta e si ammettevano solo intermediazioni molto semplici.

◦ una città così chiusa trovava uno sbocco alle dispute economiche e sociali nella fondazione di sub-colonie: agli inizi del VI sorgono Ipponio (Vibo Valentia) e Medma (Rosarno).

◦ preoccupata dalla politica di espansione achea, Locri Epizefirii appoggiò Siri, ma non riuscì a impedirne la caduta e si attirò la reazione di Crotone, che respinse però vittoriosamente nella battaglia di Sagra.

• Sempre in Magna Grecia colonia di Sparta fu Taranto, fondata alla fine dell'VIII secolo. Il sito apparteneva agli indigeni Iapigi, che vennero scacciati per far posto al primo insediamento greco, ma che spesso crearono difficoltà alla colonia. Responsabili della fondazione furono i cosiddetti parteni, nati da madri non sposate, o più in generale da unioni tra donne spartane e cittadini che non godevano di pieni diritti, verificatesi durante la prima guerra messenica per la morte di molti spartani.

4. Dalle coste africane all'estremo Occidente

Anche in quest'area pionieri furono probabilmente gli Eubei, se accettiamo la testimonianza che menziona topinimi di ascendenza eubonica: un Promontorio del Cavallo, oltre a una Pitacussa e a un'Eubea. Gli insediamenti non sopravvissero all'età arcaica e al dispiegarsi delle attività di Cartagine nell'arei in oggetto.

• Vera e propria colonia fu invece Cirene in Libia, fondata intorno al 630 dalla dorica Tera. La tradizione locale sulla fondazione insiste sulla rottura tra le metropoli e i coloni, appartenenti alla fazione politica sconfitta, espulsi con l'interdizione di tornare in patria. ◦ la colonia fu eretta dalla famiglia dei Battiadi, celebrata da Pindaro e con pretese

di discendere da uno degli Argonauti: dopo Batto, il fondatore, vi fu una nuova espansione sotto Batto II, che invitò nuovi coloni con la promessa di distribuzione di terre, ma provocò la reazione dei Libii e l'intervento del faraone Apria, sconfitto però nel 570.

◦ altri disordini ci furono al tempo di Arcesilao II, che culminarono in uno scontro nella località libica di Leucone dove i Cirenaici furono sconfitti con gravi perdite.

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◦ sotto il successore Batto III la pacificazione venne affidata a Delfi: la cittadinanza venne organizzata in tre tribù: Terei, Peloponnesiaci e Cretesi, isolani; ai re vennero lasciate le terre a loro riservate e i sacerdozi, mentre gli altri poteri passarono alla comunità. Una nuova crisi però nacque anche dal successore Arcesilao III, che tentò di riprendere i poteri perduti, ma fu costretto alla fuga a Samo e fu ucciso durante il tentativo di tornare in patria: Cirene entrò così nell'orbitita dell'Egitto, che dal 525 era stato conquistato dai Persiani.

• In Egitto non vi furono colonie greche, ma solo stanziamenti commerciali creati nell'area del delta del Nilo ad opera di Greci orientali: a Naucrati già agli inizi del VI risultano varie presenze culturali (un tempio di Era di origine samia, uno di Apollo di origine milesia, uno di Afrodite). Ma fu sotto il faraone Amasi (570-526) che il sito venne ordinato e divenne l'unico autorizzato in Egitto, con diritto di resistenza per i Greci e precise limitazioni.

• I viaggi commerciali diretti all'Egitto e alle coste africane portarono casualmente i Samii a scoprire Tartesso, il mercato per eccellenza dei metalli (oro, argento, rame, stagno); a svolgere la loro attività nel mediterraneo più occidentale arrivarono poi i Focei, provenienti da dalle città più a nord della Ionia. Dotati di territorio poco fertile e perciò dediti alla navigazione, sembra che raggiunsero l'area tartessica a cavallo tra VII-VI secolo e crearono stretti rapporti con il sovrano locale; lungo il percorso di ritorno i Focei si insediarono sulle coste della penisola iberica sud-orientale.◦ la più importante colonia focea fu fondata nel 600 circa nel sud della Francia: si

tratta di Marsiglia, la cui posizione presso la foce del Rodano si collega all'interesse per il commercio dei metalli. Nonostante contrasti con gli indigeni, la colonia, retta da una costituzione oligarchica il cui organo essenziale è un consiglio di seicento membri, ebbe una lunga vita.

◦ nel 565 circa altri Focei vennero ad abitare ad Aleria, in Corsica; una nuova ondata di coloni si aggiunse dopo il 540, quando la popolazione di Focea che non voleva sottostare al dominio persiano emigrò. Crebbe così il controllo foceo sui traffici tirrenici, imposti ai danni dei vicini anche con la pirateria. La reazione di Cartaginesi ed Etruschi provocò uno scontro nelle acque del mare Sardo, in seguito al quale i Focei, benché vincitori, dovettero abbandonare Alalia. Si ritirarono quindi a Reggio da dove partirono per fondare poi Elea.

5. La colonizzazione dell'Egeo settentrionale e del Mar Nero

Grandi attrattive costituiscono per i coloni greci anche le terre situate verso nord, a partire dalla Macedonia e dalla Tracia adatte alla viticoltura, provviste di legname, dotate di risorse minerarie, tra cui oro e argento.

• in primo luogo furono i Calcidesi a insediarsi nella penisola che da essi prende il nome di Calcidica, protesa verso l'Egeo. Essi, secondo la testimonianza di Aristotele, si concentrarono nella Sitonia;

• per quanto riguarda le altre due piccole penisole l'iniziativa spetta agli Eritresi, che fecero anche confluire i coloni cacciati da Corcira per insediarli a Metone;

• altre presenze riguardano gli Andrii, che assieme ai Calcidesi nel 654/653 fondarono Acanto e Stagira, nella parte nord-orientale della Calcidica;

• e i Corinzi a cui si deve la colonizzazione di Potidea intorno al 600;➔ interessante in quest'area è il tipo di insediamento diffuso, secondo piccoli nuclei

abitativi, con ampio coinvolgimento di indigeni ellenizzati: tale scelta è resa necessaria dall'esigenza di mediare in forme pacifiche il rapporto con le bellicose popolazione tracie.

Per quanto riguarda la Tracia, la colonia più importante è fondata alla metà del VII secolo nell'isola di Taso Parii, che sul finire del VII secolo riescono ad insediarsi anche nel continente. Non lontano Chio fondò Maronea, famosa per i suoi vini, e Abdera fu originariamente colonia di Clazomene, ma distrutta ad opera dei Traci, dopo il 546, data dalla conquista persiana della

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Ionia.

Verso nord-est, Ellesponto (Dardanelli) e Propontide (Mar di Marmara) sono le tappe della penetrazione greca verso il Mar Nero.

• l'area dall'Ermo alla Troade a partire dalla seconda metà dell'VIII secolo è colonizzata dagli Eoli di Lesbo, che occuparono anche Samotracia e Tenedo.

• Mileto, insieme a Megara colonizzò in direzione di Ponto: Cizico, fondata a metà dell'VIII secolo, poi Abido; sempre sull'Ellesponto sorge anche Lampsaco, colonia focea e poi milesia che risale al 650/651.

• sulla costa anatolica della Propontide si susseguono le fondazioni di Megara: Astaco (fine dell'VIII secolo), Calcedone (686/685) e quindi Bosforo Bisanzio.

• Megara poi procedette fondando alla metà del VI Eraclea sulla costa meridionale del Ponto.

• Mileto completò l'opera: sulle coste meridionali Sinope (fine del VII secolo), Amiso e Fasi nella Colchide; sulle coste occidentali Apollonia e Odesso.

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CAPITOLO III: LEGISLAZIONE E SVILUPPI POLITICI

1. Introduzione delle leggi scritte

In Omero e in Esiodo sono i basiléis i detentori del potere giudiziario, il cui compito è ricordare le norme tradizionali di origine divina che presiedono alla vita della comunità.

➢ nel momento in cui il desiderio di vedere conservato il patrimonio mitico corrente porta alla stesura dei poemi omerici e alla composizione delle opere esiodee, si afferma la stessa esigenza anche a proposito del patrimonio delle consuetudini.

Gli esempi di legislazioni più antichi a noi noti provengono dall'ambiente corinzio dei Bacchiadi, la ristretta oligarchia, che resse la città prima dei Cipselidi.

• un bacchiade esule da Corinto, Filolao, nella seconda metà del VII secolo diede una legislazione anche a Tebe, con la finalità di conservare l'originaria consistenza politica e militare della comunità, evitando il rischio di accorpamenti di proprietà in mancanza di eredi e di trasformazioni in oligarchie troppo ristrette.

Più ricca è la tradizione sulle colonie d'Occidente, in cui operarono:➢ Zeleuco di Locri Epizefirii: fin dall'antichità sono sorti dubbi sulla sua reale

esistenza, in quanto presenta caratteristiche che rimandano a divinità solari, come il nome (“bianco splendente”). Tra le leggi che vanno sotto il suo nome alcune (la legge del taglione, le pene capitali per il furto) risultano molto arcaiche, altre (prescrizioni contro il lusso, e il rifiuto degli scambi in moneta a favore del baratto) rimandano al VI secolo.

➢ Caronda di Catania: anche se il nome (“lucente”) si addice a una divinità solare, meno convincenti sono i dubbi su di lui. Il primato legislativo delle colonie di Calcidide in Occidente è attestato da Tucidide e dalla notizia aristotelica che attribuisce ai Calcidesi di Tracia un legislatore di Reggio. Il fatto che in tutti i casi si ricordino norme relative agli omicidi e alle ereditiere, dettate dalla necessità di conservare intatto il numero dei patrimoni e quindi dei nuclei famigliari, conferma l'esistenza di una codificazione calcidese d'Occidente in età arcaica.

• il generale diffondersi di norme scritte comprende anche Creta e l'Attica, dove tra il 624/23 e il 621/620 operò Draconte.➢ non si può negare la storicità della legislazione, nonostante i tratti simbolici più che

reali della sua figura (nome “serpente”, che si rapporta all'animale sacro ad Atena e la tradizione delle pene scritte con il sangue). L'arcaicità delle leggi attribuite a Draconte è inoltre dalla notizia che Solone nel 594, ne conservò la parte relativa agli omicidi, che costituisce un passo avanti nell'affermazione del potere dello stato:▪ tali norme esprimono l'esigenza del controllo della città su pratiche che in epoca

precedente erano riservate all'auto.tutela dei famigliari del morto: se si ribadisce che l'iniziativa dell'azione penale sta alla famiglia, è però il legislatore che stabilisce modi, natura e limiti della punizione.

▪ si introduce la distinzione tra delitto volontario, preterintenzionale e giustificato: nel caso del delitto involontario era previsto l'esilio, con la possibilità del perdono e del ritorno previo consenso unanime dei parenti della vittima; il delitto volontario invece prevedeva la morte e la confisca dei beni.

• se consideriamo la legislazione di Sparta, bisogna notare che la cosidetta “Grande Retra”, contenente la definizione dei poteri attribuiti ai principali organi cittadini, non venne posta per iscritto, ma fu solo in parte tradotta in versi dal poeta. La tradizione posteriore al V attribuisce la Retra a Licurgo.

In conclusione, la legislazione scritta rappresenta un passo avanti in due sensi:– per i contenuti che esprimono la maturazione politica dello stato, capace di imporre ai

singoli l'interesse della comunità;

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– per il fatto di essere scritta, in quanto pone un limite alla discrezionalità del diritto e della pena nell'interesse di quanti non detengono il potere e aspirano a una giustizia imparziale.

2. Una nuova forma politica: la tirannide

Tra la metà del VII secolo e la seconda metà del VI la tirannide si afferma nelle aree dell'Ellade caratterizzate dalla posizione strategica e dal notevole sviluppo economico: oltre ad Atene, l'area dell'Istmo con Megara, Sicione e Corinto, la Ionia con Mileto e Samo, l'Occidente italico e la Sicilia.Tali tirannidi incarnano un potere personale che si pone al di fuori del normale funzionamento della pòlis e cerca di trasformarsi in potere ereditario.

• Il termine è estraneo all'originario lessico politico greco e compare per la prima volta in un frammento del poeta Archiloco (VII secolo); la parola tiranno è menzionata anche da Alceo, il quale assegna in modo dispregiativo questo attributo a Pittacco. Se il suo giudizio fu negativo, positivo fu quello di Mitilene e del resto dei Greci che lo considerarono uno dei Sette Saggi. Egli inoltre non fu veramente tiranno, ma “arbitro” dotato di un potere assoluto, ma eletto con il compito di risolvere i contrasti tra fazioni aristocratiche, e per un periodo determinato, alla fine del quale Pittacco abbandonò la carica. ➔ si può dedurre che durante l'età arcaica fosse ammesso l'esercizio di un potere

dispotico come mezzo per superare i momenti critici della vita della pòlis; la valutazione negativa su di essi appartiene all'aristocrazia, che si sentì spodestata, e maturò nelle comunità solo quando, dopo aver raggiunto un nuovo equilibrio interno proprio grazie ai tiranni, furono capaci di gestirlo nella piena autonomia delle proprie istituzioni.

Si può dire che l'ascesa al potere dei tiranni fu determinata dall'incontro di interessi diversi, accomunati dalla contestazione al vecchio ordinamento aristocratico o dall'appartenenza a gruppi discriminati dall'aristocrazia.

• i tiranni mostrano interesse per i contadini indebitati e alla ricerca di terre, si circondano di armati alla leggera, sottraggono alla condizione di minoranza elementi in qualche modo esclusi dall'organizzazione sociale e politica. L'intento aristocratico emerge ancora da misure di lotta contro il lusso, dal rafforzamento del potere statale cittadino rispetto ai poteri locali e dalla politica religiosa e culturale, che tende a valorizzare i grandi santuari, ed accentrare in città culti propri delle campagne.

Dal punto di vista economico bisogna considerare che la genesi della tirannide si inserisce quale elemento essenziale per la crescita delle città, fondata sul potere marittimo, sul commercio e sull'aumento delle entrate che ne consegue. Da qui è derivata un'interpretazione della tirannide come espressione dello sviluppo di ceti artigiani e commercianti e a conferma si adduce l'esempio corinzio, caratterizzato fin dalla metà del VII secolo da una notevole produzione artigianale e in particolare da una grande diffusione delle ceramica.

Una diversa valutazione del tiranno arcaico emerge invece in Aristotele che lo descrive come uno stratego che utilizza in modo demagogico la carica militare per imporre il proprio potere. Ne è nata un'altra interpretazione del tiranno che ne fa il portavoce degli opliti, ossia dei ceti medi valorizzati dal possesso dell'armatura e dall'adozione della falange. Anche qui non è opportuno generalizzare in quanto il rapporto con l'esercito cittadino non fu sempre privo di contrasti, anche se è innegabile che l'esercizio del comando militare abbia dato prestigio ad alcuni tiranni.

Un esempio di questo tipo è rappresentato da Teagene, che realizzò a Megara un tipo di tirannide piuttosto usuale. Egli si affermò dapprima come stratego e quindi godette dell'appoggio dell'esercito cittadino; in seguito ottenne una guardia del corpo e si fece tiranno. La cronologia di questa tirannide si colloca nel 650-625. Alla sua caduta seguirono prima

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l'avvento di una democrazia radicale e poi la restaurazione dell'oligarchia, legata all'ingresso della città nella Lega Peloponnesiaca.

L'intervento degli Spartani ristabilì l'ordine anche in un'altra città istmica, Sicione, dove essi abbatterono la tirannide degli Ortagoridi (iniziata sembra nella seconda metà del VII secolo). A prendere il potere fu Ortagora, che si era segnalato nell'attività militare di frontiera, aveva ottenuto una guardia del corpo ed era così diventato tiranno. Clistene, il figlio, restò al potere per 30anni, fu in particolare l'attività militare a occupare l'attenzione del tiranno, che combatté contro la città achea di Pellene. Egli inoltre valorizzò l'elemento indigeno, non dorico creando la nuova tribù degli Archelai e modificando le denominazioni delle tre tradizionali tribù doriche.

◦ sul piano internazionale il prestigio goduto dal tiranno emerge dall'episodio del matrimonio della figlia Agariste: dopo aver vinto con la quadriga ad Olimpia nel 572, Clistene invitò a Sicione quanti si ritenessero degni della mano della donna. Vennero pretendenti dall'Italia, dall'Epiro, dall'Etolia, dall'Arcadia, dall'Attica. In considerazione dell'accresciuta potenza di Atene, la preferenza del tiranno andò all'alcmeonide Megacle.

◦ morto Clistene, il regime da lui creato durò ancora per sessant'anni, per poi cadere ad opera degli Spartani, a cui spettò nel 510 circa il compito di eliminare l'ultimo rappresentante degli Ortagoridi.

◦ ne seguirono l'istituzione di un regime oligarchico moderato e l'ingresso nella Lega Peloponnesiaca.

La terza città istmica che visse una tirannide fu Corinto. Già a partire dalla metà dell'VIII secolo la città ebbe relazioni con il Vicino Oriente, solcò le rotte verso occidente, insediò colonie a Corcira e Siracusa, diffuse la ceramica in tutto il Mediterraneo. A beneficiare di questa crescita economica e a costruire questo primato fu l'oligarchia dei Bacchiadi, sfruttando la posizione di Corinto, passaggio obbligato tra il nord e il sud della Grecia, e grazie alla costruzione di una specie di “binario” per trasportare le navi da una parte all'altra dell'Istmo, punto di facile attraversamento per merci e imbarcazioni dall'Egeo al Golfo di Corinto e di qui al mar Ionio. Lo sviluppo della città non tollerò a lungo questo regime di “monarchia collettiva” per la sua rigida esclusività, che combinando privilegi di nascita e ricchezza, consentiva matrimoni solo all'interno delle duecento famiglie che ne facevano parte.

• La crisi si determinò tra emarginati del ghénos in quanto il creatore della tirannide (che durò circa dal 658 al 585) fu Cipselo, figlio di una donna bacchiade che a causa di un imperfezione fisica fu data in sposa a un nobile immigrato tessalo.

• a Cipselo successero il figlio Periandro, che rimase tiranno per quarant'anni e infine il nipote di quest'ultimo. ◦ favorevole a Cipselo è quasi tutta la tradizione che fa capo ad Aristotele: uomo

valoroso, moderato, democratico, che ebbe il merito di liberare Corinto dall'illegalità e dalla violenza dei Bacchiadi. Qualificandolo non come tiranno, ma come basilèus, re, la tradizione insiste sul consenso che lo circonda e ricorda che non ebbe bisogno di una guardia del corpo.

◦ Cipselo si impose per aver ben rivestito la carica di polemarco e per averla esercitata in modo benevolo nei confronti dei cittadini sottoposti a pene pecuniarie, risparmiando a tutti il carcere e aiutando a pagare le multe.

◦ la pace sociale e gli interessi della città vennero consolidati anche con un'energica politica coloniale.

• il successore Periandro suscitò un giudizio negativo, come emerge da Erodoto e da Aristotele. Egli rappresentò un peggioramento in senso tirannico del potere di Cipselo: eliminò sistematicamente le personalità più eminenti della città, mirò a impoverire e tenere avvinti alla schiavitù del lavoro i suoi concittadini. Ai fini di una valutazione meno tendenziosa occorre tenere presente che Periandro è annoverato tra i Sette Saggi; e bisogna ricordare che molte misure da lui adottate rientrano in un'azione politica tesa a favorire la pace sociale e a contrastare la corsa aristocratica al lusso.◦ in politica estera continuò la linea paterna attraverso il potenziamento navale e le

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fondazioni coloniali. Detentrice di una potente flotta Corinto signoreggiò su entrambi i versanti marittimi su cui si affacciava. Da un lato fondò Potidea nella penisola Calcidica, dall'altro nel mar Ionio risolse il conflitto con la colonna di Corcira.

◦ dal punto di vista delle relazioni internazionali, Periandro intervenne come arbitro a favore degli Ateniesi nel conflitto per il Sigeo, fu alleato del tiranno Trasibulo di Mileto.

• il nipote Psammetico, dopo solo tre anni di tirannide (588-585), fu eliminato da una rivolta sostenuta da Sparta.

• oltre a entrare nella Lega Peloponnesiaca, la città si convertì ad un regime oligarchico moderato a carattere censitario.

Per passare alla storia della Ionia, che nel IV secolo annovera episodi tirannici spesso inconsistenti a Efeso, Eritre, Chio, Mileto; particolare rilievo riveste la figura di Policrate di Samo. La sua tirannide rappresentò un vero salto di qualità in quanto egli concepì l'ambizioso disegno di dominare le isole e la Ionia attraverso lo strumento della flotta.

• si procurò notevoli entrate con le imposte ai cittadini e le attività di pirateria in modo da costruire una flotta di cento navi a cinquanta rematori, adatte anche a operazioni militari. Con questa flotta impose la talassocrazia (dominio sul mare) e la tenne per sedici anni (538-522). Conquistò così varie isole e varie città della Ionia. La sua attività di conquista e pirateria gli consentì anche di procurarsi schiavi per la realizzazione di ingenti opere pubbliche.

• l'aristocrazia gli fu ostile: oltre a Pitagora, che si trasferì a Crotone nel 530, esuli samii si stabilirono e fondarono Pozzuoli.

• in politica estera ebbe buoni rapporti ebbe buoni rapporti con Ligdami di Nasso e con Arcesilao di Cirene.

• nel 526 si schierò con il re Persiano Cambise, proponendosi di aiutarlo con triremi nella battaglia contro l'Egitto. L'ammutinamento degli equipaggi provocò la lotta contro il tiranno, che nonostante l'intervento spartano a sostegno dei ribelli, rimase al potere.

• fu Orete, satrapo di Sardi, a trucidarlo barbaramente. Samo conobbe altre traversie e alla fine passò per conto della Persia nelle mani di Silosonte.

3. L'ordinamento spartano e la Lega Peloponnesiaca

Kòsmos è definito in età classi l'ordinamento di Sparta, frutto di un lungo periodo di evoluzione segato da discordie e da cattivo governo. Secondo Erodoto le caratteristiche essenziali stanno:

• da un lato nell'organizzazione militare dell'esercito e nella condivisione dei pasti comuni;

• dall'altro nelle istituzioni della gherousìa, il consiglio degli anziani, e dell'eforato, il collegio di ispettori che controllavano il rispetto della costituzione vigente.➢ questi elementi risultano definiti dalla “Grande Retra”, la legge fondamentale

dello stato, e dalle prescrizioni dell'agoghé, il sistema educativo per formare i cittadini soldati.

La “Grande Retra” stabilisce in primo luogo le divisioni fondamentali della cittadinanza, tra cui le canoniche tribù doriche e i villaggi in cui si distribuiva la popolazione di Sparta. Vi si trovano inoltre definiti gli organi di governo con le regole del loro funzionamento:

➢ la gherousìa è formata da un totale di trenta membri, ventotto dei quali eletti per acclamazione tra gli Spartani di oltre sessant'anni, a cui si aggiungono i due re di discendenza eraclide, che ricoprono la funzione militare di strateghi. Essa detiene il diritto di proporre decisioni all'assemblea, l'apélla, che si riunisce stagionalmente in occasione delle feste di Apollo per discutere e approvare le proposte ma senza poterne modificare il significato.

➢ l'organizzazione dei poteri si perfezionò con l'introduzione degli efori, che erano originariamente ispettori espressi direttamente dall'assemblea e con il tempo divenne

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una delle cariche maggiori.

Il funzionamento del sistema, teso ad assicurare comportamenti e regimi di vita uniformi nella più totale osservanza delle leggi statali, dipende inoltre dall'agoghé, l'educazione statale che sottrae i ragazzi alla famiglia fin dall'età di otto anni.

➢ l'obiettivo è la formazione degli Spartani, la cui unica occupazione è la guerra e che detengono per conto dello stato il possesso di un lotto di terra coltivato dagli iloti (servi rurali ottenuti dall'originaria conquista della Laconia e dalle due guerre messeniche).◦ la condizione degli iloti è diversa da quella degli schiavi comuni, individualmente

acquistati da privati per divenire loro proprietà indiscussa. ◦ essi invece continuarono a vivere nella loro comunità, con casa, famiglia, animali e

strumenti di lavoro propri, si tratta di una servitù collettiva, appartenente allo stato e non ai padroni, con possibilità pertanto di misure di liberazione e integrazione nella comunità dell'esercito e dei liberi.

➢ dalla rendita delle terre coltivate dagli iloti dipende la partecipazione degli Spartani ai pasti comuni giornalieri, perché il mancato pagamento della quota obbligatoria significa cadere nel rango di cittadini di minor diritto.

➢ l'ingresso nell'età adulta, completo solo al trentesimo anno è preceduto dall'immissione a vent'anni nell'esercito e dal superamento di prove iniziatiche, come un periodo di allontanamento dalla società civile durante il quale si poteva sopravvivere cacciando, rubando e all'occasione uccidendo.

Oltre a Spartani e iloti, nel sistema rientrano anche i perieci, abitanti delle comunità circostanti e membri di città autonome, obbligati in caso di guerra a fornire i propri opliti per completare l'esercito spartano.

Il kòsmos è dunque il prodotto di un processo sviluppatasi dall'VIII al VI secolo, a cui diedero un contributo fondamentale le guerre messeniche.

a) la prima durò vent'anni tra il 735 e il 715 circa: la fertile terra della Messenia fu conquistata dal re Teopompo dopo 19 anni di guerra, quando i Messeni fuggirono sul monte Itome, quelli che rimasero vennero ridotti alla condizione di iloti e obbligati a consegnare la metà dei prodotti delle terre lasciate loro per la coltivazione;

b) la seconda si colloca nella seconda metà del VII secolo, all'epoca di Tirteo. La guerra ebbe una svolta decisiva nel terzo anno con la sconfitta dei Messeni nella battaglia della Grande Fossa.

Le due guerre ebbero conseguenze durature per Sparta perché le consentirono di darsi una sicura base economica e la obbligarono a creare un sistema che consentisse un impegno bellico continuo, prima per far fronte alle guerre, poi per tenere a freno una popolazione assai numerosa e diffusa su un ampio territorio.

In questo modo Sparta affermò la sua egemonia nel Peloponneso: visto che alleati dei Messeni erano stati Elei, Pisati, Arcadi, Corinzi, la sconfitta dei Messeni si estese anche a tutti gli altri che dovettero entrare nell'orbita spartana.

➢ in alleanza con Sparta entrarono tutte le popolazioni del Peloponneso non direttamente soggette ad essa. Nacque così nel corso della seconda metà del VI secolo la Lega Peloponnesiaca, un'alleanza militare su base dualistica che comprende da un lato Spartati e perieci e dall'altra gli alleati.

➢ la prima occasione di intervento della Lega si presentò nel 506, quando si trattò di decidere di un'azione contro l'Atene di Clistene, rea di volersi dare una costituzione democratica, malvista da Sparta, città oligarchica.

Sparta divenne così la più notevole potenza militare del tempo, che incarnava il trionfo dell'oplitismo e realizzava l'ideale di un'educazione gestita dalla stato e piegata alle sue esigenze.

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4. La costituzione di Atene: da Solone a Pisistrato

L’Attica conobbe un notevole sviluppo durante l’età geometrica (documentato dai ritrovamenti di vasi monumentali nella necropoli di Dipylon, testimoni di un artigianato evoluto e dell’esistenza di una aristocrazia dai ricchi costumi funerari).

Dal punto di vista politico per questo periodo la tradizione ateniese parla di una monarchia ereditaria detenuta dalla famiglia di Medonte, discendente da Neleo e da Nestore di Pilo, figlio di Codro e fratello di un secondo Neleo, il mitico fondatore della Ionia.Questi basiléis col tempo prendono il nome di arconti, che dalla metà dell’VIII secolo perdono la regalità ereditaria e diventano magistrati con durata decennale, scelti ancora all’interno della famiglia dei Medontidi. Il passo successivo fu l’apertura dell’arcontato a tutte le famiglie aristocratiche, a cui seguì nel 683-682 l’introduzione del principio dell’annualità e dell’elezione per privilegio di nascita e di ricchezza.

Parallelamente si sviluppa un processo di differenziazione del potere, secondo la quale vi sono:• un arconte basileus: conserva i poteri religiosi• un arconte polemarco: detiene il potere militare• un arconte eponimo, il cui nome permette di datare gli anni politici dell’anno in carica• i sei tesmoteti: custodi delle norme e decisioni legali da conservare e archiviare per

opportuni richiami nei giudizi

In totale si arriva quindi ad un collegio di nove arconti. Completa il quadro il Consiglio dell’Areopago, erede del vecchio consiglio del re e formato dagli arconti usciti di carica: i suoi compiti consistevano nella custodia delle leggi contro le violazioni e la giurisdizione dei delitti di sangue.

➢ in questo sviluppo istituzionale si inserisce anche la legislazione di Draconte tra il 624 e il 621, col superamento della colpa oggettiva e l’intervento dello stato nell’ambito delle vendette private.

Un altro aspetto importante da considerare è che l’evoluzione del quadro politico e istituzionale si accompagna nel VII secolo all’affermarsi dell'aristocrazia.

Nello stesso periodo però l’Attica visse un periodo di regressione in cui si isolò e perde il primato che l’aveva contraddistinta nel periodo geometrico: rischiò ad esempio di perdere Salamina.Ma soprattutto nelle campagne la situazione era divenuta critica: se nell’VIII secolo si era verificato un ripopolamento delle zone rurali, in seguito si diffuse da parte degli aristocratici la pratica di usurpare le terre pubbliche, dato che la ricchezza dell’epoca si misurava in base al possesso di terre cerealicole in pianura.

• in questo modo però si danneggiava i contadini poveri e i nullatenenti per i quali non vi era più disponibilità di terre libere.

A ciò si aggiunge anche il problema degli hektémoroi, ossia affittuari tenuti a versare una quota ai padroni, ovvero la sesta parte del prodotto, che per Plutarco era quella da consegnare ai padroni, per Aristotele quella che restava nelle mani dei coltivatori.La secondo ipotesi è da preferire poiché tali forme di affidamento erano concepite per ottenere il massimo profitto: ne derivava difficoltà per i coltivatori di ricavare quanto era necessario per il sostentamento, cosicché il rischio di debito era molto elevato e con esso la possibilità di schiavitù per inadempienza. L’equilibrio sociale venne pertanto compromesso.

Tra gli aristocratici vi fu anche chi però tentò di conquistare nuove terre per alleviare la pressione demografica:

• Frinone tenta la conquista del Sigeo nella Troade• Solone tenta la riconquista di Salamina

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Di quest’ultimo in particolare si conosce la legislazione, grazie anche ai frammenti della sua poesia.

• venne nominato arconte nel 594/593 e tentò di mettere in pratica un principio enunciato nella sua poesia: l’eunomia (buon governo) che realizza dike (giustizia).

A questo aspetto si rifanno due aspetti fondamentali della legislazione soloniana:• la seisachtheia (letteralmente sgravio dei pesi)• l’ordinamento timocratico

Il primo di questi due aspetti si riferisce a due misure adottate da Solone:• il recupero delle terre usurpate: ossia il recupero dei possessi pubblici che erano

stati abusivamente occupati dagli aristocratici• il condono dei debiti, ossia la liberazione di tutti quei cittadini che erano caduti nel

circuito del debito e divenuti schiaviQueste misure resero disponibile una grande quantità di manodopera a cui Solone assicurò uno sbocco favorendo la pratica delle téchnai: l’ozio era perseguito e si obbligavano i genitori a insegnare un mestiere ai figli.Ai fini della produzione artigianale risultavano funzionali anche gli incentivi a produrre e esportare olio, che implicavano un aumentato bisogno di anfore e di contenitori in ceramica. Si attiravano specialisti stranieri con concessioni di cittadinanza.Sostenere e sviluppare l’artigianato era fondamentale per permettere all’Attica di pagare le importazioni di grano, la cui produzione interna non era sufficiente a soddisfare il fabbisogno della regione, tant’è che ne venne vietata anche l’esportazione.

Il secondo aspetto fondamentale delle riforme soloniane fu la creazione di un modello timocratico, ossia l’introduzione di classi di censo. L’esistenza di ricchi che non erano aristocratici metteva in evidenza la crisi ormai definitiva del principio di coincidenza tra nobiltà di nascita e ricchezza.Solone decise pertanto che diritti e doveri andavano direttamente commisurati ai livelli di ricchezza: occorreva quindi scrivere leggi secondo criteri uguali per il nobile e l’ignobile, adattando ciascuno a una retta dike.Le necessità della guerra avevano già selezionato tre classi di cittadini:

• i thétes, nullatenenti utilizzabili come armati alla leggera o come rematori• gli zeugitai, così chiamati perché possessori di una coppia di buoi o perché destinati a

combattere in coppia nell’ordine chiuso della falange• gli hippeis (cavalieri), in grado di possedere e mantenere un cavallo

Solone definì quindi il relativo censo in base al reddito calcolato sulla produzione annuale di cereali (misurati in medimni) o di olio/vino (misurato in metreti).

- Cavalieri: tra trecento e cinquecento medimni o metreti- Zeugitai: tra duecento e trecento- Teti: inferiore a duecento

Al culmine del sistema vi era una classe superiore e anch’essa definita in termini censitari: i pentacosiomedimni, i possessori di almeno cinquecento medimni o metreti.

➢ il diritto di accedere alle cariche pubbliche era attribuito secondo il censo: questo principio serviva a valorizzare in modo proporzionato lo sforzo richiesto per l’armamento militare, ma soprattutto dipendeva dal fatto che solo chi era ricco disponeva di tempo libero da dedicare allo stato.◦ all’arcontato erano ammessi i membri delle due classi più elevate; ◦ la magistratura dei tamiai, i tesorieri della dea Atena e dello stato, era riservata ai

pentacosiomedimni, in grado di colmare personalmente eventuali disavanzi; ◦ gli zegugiti potevano aspirare a magistrature minori, come gli Undici, che avevano

compiti di polizia; ◦ i teti godevano invece solo dei diritto a partecipare all’assemblea, a cui era la

possibilità di eleggere i magistrati e di far parte del tribunale popolare.

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Il tribunale popolare era stato istituito perché a tutti i cittadini fosse concesso appellarsi contro le decisioni dei magistrati e portare in giudizio che aveva commesso un reato, anche senza essere la parte lesa.

Si può quindi affermare che grazie all’opera riformatrice di Solone l’evoluzione politica di Atene fece un notevole passo avanti:

- la città adotta un corpus di leggi scritte ed esposte in pubblico- la comunità si assumeva la tutela di tutti i cittadini liberi- il principio timocratico permetteva mobilità sociale- nell’assemblea e nel tribunale si apriva lo spazio per l’esprimersi di una città aperta

Solone può quindi essere considerato il padre della democrazia ateniese.

Rimanevano però elementi critici che turbavano la vita di Atene:- nel 589/588 e nel 584/583 non si riuscì a eleggere l’arconte- nel 583/582 l’eletto Damasia non depose il potere alla scadenza del mandato, ma lo

mantenne fino al 581/580, allorché si procedette con la nomina di un collegio di dieci arconti, tra cui cinque erano i rappresentanti delle grandi famiglie aristocratiche, tre dei possidenti agricoli e due tra i ricchi artigiani.

Il quadro politico appariva quindi diviso: da un lato la vecchia nobiltà, dall’altro i nuovi ricchi forniti di censo arcontale, derivato da grandi proprietà rurali o da interessi nel mondo dell’artigianato.

Questo sistema di potere costringeva i piccoli proprietari contadini e i piccoli artigiani che vivevano nelle zone di residenza delle grandi famiglie aristocratiche a intrattenere con esse forti legami di natura personale e clientelare, che portarono alla formazione di partiti a base territoriale. Ne derivò infatti una divisione della cittadinanza tra:

- il gruppo politico dei pedieis (“abitanti della pianura” in cui sorgeva la città)- quello dei paralioi, “abitanti della costa”- quello dei diakrioi, “quelli della montagne”, ossia di quanti abitavano nel territorio tra

Maratona e Brauron

Quest’ultimo raggruppamento era capeggiato da Pisistrato, una figura che godeva di ampio prestigio, che fu ulteriormente accresciuto dalla vittoria che conseguì come stratego nella guerra contro Megara.

Questa posizione lo portò alla tirannide, che ottenne per la prima volta nel 561/560 grazie a uno stratagemma: presentandosi ferito nell’agorà, dichiarò di essere stato aggredito e ottenne dal popolo una guardia del corpo di trecento mazzieri, con i quali occupò l’acropoli.La presa del potere, avvenuta senza comportare violenze né modifiche nelle magistrature e nella costituzione vigente, non fu duratura perché l'alleanza tra pediaci e paralii portò alla sua destituzione.

In seguito Pisistrato ristabilì la tirannide grazie ad un accordo con Megacle (capo dei paralii) che gli diede in sposa una figlia.Il mancato rispetto dei doveri matrimoniali lo costrinse all’esilio. Si spostò nell’area del Pangeo per ricavare proventi dalle miniere. Grazie alle risorse e alle truppe così raccolte e grazie all’appoggio di Eretria, Tebe e Nasso, dopo dieci anni sbarcò a Maratone e sconfisse l’esercito ateniese.

Pisistrato tornò al potere che poi trasmise ai suoi figli. La sequenza dovrebbe essere questa:- un primo periodo di tirannide 561/560-556/555- esilio decennale 556/555-546/545- secondo periodo di tirannide 546/545-528/527, dal ritorno fino alla morte

Una delle caratteristiche fondamentali della figura di Pisistrato è la moderazione, che

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permette di spiegare il giudizio assai positivo della tradizione sulla sua tirannide.Il ruolo statale venne fortemente potenziato dal punto di vista economico con i proventi della decima imposta sui prodotti con la coniazione delle prime monete d’argento, che consentì la regolarizzazione dei rapporti economici e diede la possibilità di tesaurizzare il surplus.La tirannide permise pertanto lo sviluppo di un demo economicamente autonomo che trovava la sua tutela nelle istituzioni statali.Ciò produsse anche la crisi del vecchio sistema fondato sulle reti clientelari la cui rottura aumentò la coesione dell’Attica.

Notevole lo sviluppo cittadino anche sul piano monumentale, cultuale e sul piano del mecenatismo:

- costruzione del tempio di Atena sull’acropoli- valorizzazione delle feste Panatenee e delle Dionisie urbane

In politica estera Pisistrato mirò ad assicurare relazioni pacifiche con altre città, come Tebe, Argo, Sparta, Delo, oltre che con Nasso e con la Tessaglia.

Dopo la morte di Pisistrato la sua politica fu proseguita dai figli, ma col tempo si produssero episodi di crisi del regime tirannico.La svolta avvenne nel 514/513 quando Ippia scampò all’attentato di Armodio e Aristogitone (due nobili che uccisero Ipparco e furono poi celebrati dalla tradizione ateniese come i “Tirranicidi”), ma reagì inasprendo il proprio atteggiamento verso gli avversari.Dopo il fallimento di un primo tentativo di abbattere il tiranno, gli Alcmeonidi, esiliati a Delfi, indussero a chiedere l’aiuto agli Spartani per cacciare il tiranno: l’intervento definitivo fu quello del re Cleomene che assediò Ippia costringendolo ad arrendersi nel 511/510.

5. La nascita della moneta e i nuovi orizzonti economici

Lo sviluppo degli scambi, cresciuti a partire dall'VIII secolo grazie alle navigazioni e alla fondazione delle colonie, impose presto la necessità dell'adozione di una misura generale della ricchezza, ossia la scelta di un bene in relazione al quale si potesse determinare il valore di tutti gli altri. Con questo scopo la Grecia arcaica aveva utilizzato buoi e spiedi di ferro, che venivano racconti in “manciate”.

• col tempo si capì che a questo scopo meglio si prestavano l'oro e l'argento, per la possibilità di concentrare grande valore in poco spazio e peso.

• il passo successivo fu l'utilizzazione di tali metalli sotto forma di pezzi standardizzati per facilitarne la contabilizzazione.

• intervenne infine l'invenzione della moneta, garantita nelle sue caratteristiche di peso e qualità da un'autorità emittente e individuabile attraverso l'impressione di un tipo e di una leggenda.

Sono stati rinvenuti nel tempio di Artemide ad Efeso, piccoli oggetti sferici di una lega d'oro e d'argento di peso standard, alcune riguardanti un quadrato incuso, altri un vero e proprio tipo monetale. Il più ricorrente tipo di leone, da riferire probabilmente ai Lidii; a Efeso sembrano rimandare le monete col tipo del cervo, animale sacro ad Artemide.

Dopo questa prima fase di trapasso all'inizio del VI secolo prevalsero le emissioni cittadine, che scelsero l'argento come metallo di riferimento e si diffusero prima nella Ionia e poi nel continente.

• il primato qui spetta ad Egina, le cui coniazioni cominciarono intorno al 595;• nel 570 iniziarono le coniazioni a Corinto e in Attica, dove compaiono le monete definite

araldiche, perché la varietà dei tipi su di esse presenti veniva in passato ricondotta agli emblemi delle famiglie aristocratiche: anche se si attribuisce a Solone una riforma monetaria, la moneta vera e propria di Atene nasce non prima dell'età di Ippia e si afferma con la nascita della democrazia alla fine del VI secolo. Dalla madrepatria l'uso della moneta d'argento si estese assai rapidamente anche alle colonie.

Nata per pagare i servizi statali (spese militari, opere pubbliche, esigenze fiscali) col tempo la

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moneta divenne un mezzo di scambio anche nei rapporti interpersonali. In ogni città era obbligatorio l'uso della moneta locale, ma le coniazioni di alcune città importanti, come Atene, Egina, Corinto vennero accettate anche lontano dai centri di emissione e si imposero nel commercio a distanza.

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CAPITOLO IV: GRECI E “BARBARI” TRA ORIENTE E OCCIDENTE

1. Prima dello scontro

Il mondo greco tardo-arcaico, fra gli ultimi decenni del VI secolo e gli inizi del V secolo, si presenta ampio, variegato e policentrico, segnato da grandi differenziazioni e rivalità locali.La storia di questo periodo sembra all’inizio un mosaico di storie locali diverse che in seguito troveranno un fuoco unificante nelle vicende dei conflitti nazionali contro i Persiani (ma anche Cartaginesi ed Etruschi).

2. Le conquiste persiane dall’Asia all’Europa

Ciro è un grande conquistatore che nel giro di pochi anni espande il suo regno dalle rive dell’Egeo alla Mesopotamia e all’Asia centrale.

• nel 550/549 il principe persiano Ciro sconfisse il re dei Medi, conquistandone la capitale Ectabana sull’alto corso del Tigri e annettendone il regno.

• nel 547/546 avanza in Asia Minore, conquistando Creso, Sardi e il regno di Lidia, lasciando poi i suoi generali a completare l’assoggettamento della costa egea.

• tra il 545 e il 540 compie una serie di vittoriose campagne in Asia Centrale e quindi nel 539 conquista Babilonia.

Dopo la sua morte nel 529, l’unificazione del mondo mediorientale sotto il dominio persiano viene portata a compimento dal figlio e successore Cambise, con la conquista dell’Egitto. Con la morte di Cambise inizia un periodo di gravi turbolenze, con tentativi di usurpazione e dinamiche di rivolta.

La situazione si stabilizza con l’ascesa, nel 522, di Dario, fondatore della dinastia achemenide, che riprende la politica espansionistica di Ciro con ulteriori conquiste in Asia Centrale e in India tra il 519 e il 518.

• Dario realizza anche una grande riforma amministrativa dell’impero, che ha il suo pilastro centrale nella creazione di un nuovo sistema di imposizione tributaria basato sulle satrapie, venti grandi circoscrizioni territoriali, a ciascuna delle quali fu imposto il versamento di una quantità di denaro a titolo di tributo.

• oltre a tale tributo, i popoli soggetti erano sottoposti ad altre gravose forme di imposizione fiscale: requisizione di viveri per la “tavola reale”, corvées per la realizzazione di grandi opere pubbliche (come la costruzione della nuova capitale Persepoli) e fornitura di contingenti militari.

Dario dirige per la prima volta la politica espansionistica in Europa, con la spedizione del 513/512 in Tracia e in Scizia. Lascia in Tracia un esercito al comando di Megabazo, le cui conquiste, fra il 512 e il 510, portano alla creazione di una provincia europea dell’Impero.

Verso il 500 i Persiani controllano quindi sul piano politico-militare, economico e fiscale tutto il bacino orientale del Mediterraneo, dal delta del Nilo alle coste egee della Tracia.L’autorità sovranazionale lascia comunque alle popolazioni soggette ampi spazi di autonomia nell’espressione dell’identità culturale e religiosa, ma anche nella gestione delle questioni politiche e sociali interne, a patto di rispettare il dominio imperiale persiano e gli obblighi che ne discendono.

Dario impose anche alle città greche il pagamento di un tributo annuo a seconda delle dimensioni del territorio della città: fu dunque sotto Dario che i greci d’Asia Minore cominciarono a sentire più pesantemente la presenza persiana.

i re persiani per mantenere il proprio controllo sulle comunità locali istituirono rapporti personali con i capi delle comunità stesse, istituendo la figura del cosiddetto tiranno in subordine.

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Per le città ioniche, piuttosto avanzate dal punto di vista politico, sociale ed economico, l’imposizione di un tiranno in subordine rappresentò un passo indietro: l’odio per la tirannide di queste figure finisce con il tradursi in odio verso il dominio persiano, producendo un grave malcontento che sfocerà nella rivolta ionica.

• al malcontento delle città greche contribuirono anche i risultati della prima campagna europea dei persiani, come la conquista della Tracia e la sottomissione del re di Macedonia, Aminta, da parte di Megabazo, campagna completata poi da Otane con l’annessione all’impero di Calcedone e Bisanzio.

3. La Grecia del tardo arcaismo: Sparta, Atene e altri contesti regionali

Sulla scena politica della Grecia negli ultimi decenni del VI secolo, principale protagonista è Sparta, grazie alla preminenza del suo esercito e alla posizione egemonica sulla Lega Peloponnesiaca (comprendente le città dell’Arcadia, l’Elide, l’Acaia, oltre che Corinto, Megara, Epidauro, Sicione, Micene e Tirinto).

L’azione politico-militare di Sparta in questo periodo si conforma quindi a esigenze di mantenimento degli equilibri interni della Grecia. Sotto il regno di Cleomene infatti si registra:

- intervento di Sparta nella crisi tra Tebe e Platea nel 519- intervento a Nasso per la deposizione di un regime tirannico in virtù di uno

aristocratico- intervento ad Atene nel 511/510 per deporre il tiranno Ippia

Dopo la deposizione di Ippia, ad Atene si aprono contese per il potere tra due fazioni aristocratiche, uno capeggiato da Clistene e l’altro da Isagora.Nel 508 Isagora venne eletto all’arcontato, ma Clistene compie un colpo di stato. Isagora chiese allora un intervento al re spartano Cleomene, costringendo Clistene ad allontanarsi da Atene, mentre in città si bandivano i suoi sostenitori e si smantellavano le sue riforme.

ma il popolo insorse in armi e costrinse Cleomene e il suo contingente alla ritirata: Clistene e i suoi poterono così rientrare in Atene.

Sparta e la Lega Peloponnesiaca si accingevano allora a muovere guerra contro Atene. Nel momento in cui gli ateniesi si accingevano ad affrontare gli avversari, furono salvati da alcuni dissensi interni alla lega: i Corinzi si ritirarono per primi, e poi gli stessi spartani, per dissensi tra Cleomene e Demarato (i due re di Sparta), e in seguito gli altri alleati.

rimanevano solo i Beoti e i Calcidesi ad affrontare Atene: Atene sconfisse entrambi, andando addirittura a conquistare Calcide e forse Salamina che divennero le prime colonie di Atene.

Il consolidamento interno e l’espansione di Atene inducono Cleomene, intorno al 500, a progettare un ennesimo intervento negli affari ateniesi, nel tentativo di ristabilire la tirannide di Ippia.

• a tal proposito gli spartani convocano l’Assemblea federale peloponnesiaca per deliberare questa decisione: il progetto però fallisce per la netta opposizione di Corinto, contraria all’ingresso nella Lega della rivale commerciale Atene.

• dopo questi fallimenti, il prestigio di Sparta viene ristabilito grazie alla vittoria su Argo nel 494.

Intanto l’Atene clistenica, uscita dalle vicende del 507/506 più forte e sicuro si sé, aveva visto il processo riformatore svilupparsi e consolidarsi negli anni.

I principi informatori delle sue riforme sono le idee di:- isegoria: uguale diritto alla parola per tutti i cittadini- isonomia: diritto a parte uguale

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Il pilastro fondamentale del nuovo sistema istituzionale è invece la boulé (consiglio), espressione della totalità del corpo civico, a cui vengono conferiti i poteri di definizione e di vaglio delle deliberazioni da sottoporre all’ekklesia.Strettamente collegata e funzionale alla creazione della boulé democratica appare la radicale riforma dell’organizzazione civica e territoriale dell’Attica, che mira a scardinare le basi locali su cui poggiava il predominio politico delle grandi famiglie aristocratiche e da cui derivano anche le aspre contrapposizioni tra fazioni che avevano segnato la storia di Atene.

Per raggiungere i suoi obiettivi di democrazia e coesione interna, Clistene realizza un rimescolamento del corpo civico: alle quattro tribù a base gentilizia subentrano dieci nuove tribù territoriali, definite in modo da risultare equivalenti e omogenee tra loro in termini sia sociologici che geografici.

L’Attica viene divisa in tre aree territoriali:- la città- l’interno- la costa

Ciascuna di queste aree territoriali venne suddivisa in dieci distretti associate tra loro a gruppi di tre, una per ogni area territoriale.Ogni tribù quindi comprendeva un distretto cittadino, uno costiero e uno interno; ciascuna di queste tribù così costituite erano alla base della vita civica ateniese e godevano di una rappresentanza nel senso della boulé.

quest’ultima è infatti articolata in dieci sezioni, una per tribù, composte da cinquanta buleuti, tirati a sorte tra una lista di candidati selezionati per via elettiva.

per assicurare la vigilanza democratica, a turno ognuna delle dieci sezioni della boulé doveva rimanere insediata giorno e notte nei pressi dell’agorà, svolgendo il ruolo di Consiglio permanente per un periodo pari a un decimo dell’anno.

Emerge con particolare evidenza l’applicazione rigorosa del sistema decimale: vene creato anche il tribunale popolare, diviso in dieci sezioni, e nella riforma dell’esercito, suddiviso in dieci reggimenti tribali, ciascuno sottoposto al comando di un collegio di dieci strateghi eletti ciascuno da una tribù.

Se le riforme clisteniche gettarono le basi essenziali del futuro sviluppo democratico di Atene, stabilendo il principio della sovranità popolare e garantendo la partecipazione isonomica di tutti i cittadini negli organi deliberanti, ma non toccarono direttamente alcune sedi istituzionali del potere aristocratico, come l’Areopago.A limitare il potere dei ricchi aristocratici venne però introdotto l’ostracismo, ossia la possibilità di mandare in esilio per dieci anni un individuo che per motivi politici si giudicava fosse opportuno allontanare dalla città.

4. Le dinamiche tra Greci e non Greci in Occidente

Per quanto riguarda la presenza greca in Occidente, l’epoca tardo-antica obbliga a considerare uno spazio molto ampio, dall’Adriatico al Golfo del Leone, dalla Catalogna all’Andalusia, dalle coste della Corsica e dell’Etruria a quelle dell’Italia Meridionale e dalla Sicilia, con le loro numerose pòleis coloniali.

In ADRIATICO è l’aera del Delta padano, dove confluiscono gli influssi della civiltà etrusca, a registrare tra lo scorcio del VI e il V secolo le esperienze più rilevanti di insediamento greco, dapprima con l’emporio di Adria e con quello di Spina.

• in entrambi i casi la finalità è di natura commerciale, in particolare per l’approvvigionamento di cerali e di materie prime.

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La crescita degli empori altoadriatici è favorita dalla crisi vissuta nel corso del V secolo dalla civiltà hallstattiana in Europa centrale.

• si spezza quindi quella corrente di traffici che si era sviluppata tra Marsiglia e le comunità celtiche lungo la “via del Rodano”, grazie alla quale nel VI sulle coste mediterranee erano confluite le risorse dell'interno e del settentrione.

Alla crisi di questo sistema di integrazione economica, i Massalioti avevano reagito sviluppando gli scambi lungo la costa della Francia Meridionale, da Nizza alla Linguadoca fino alla Catalogna.

A questo aspetto si ricollegano anche i rapporti tra Greci, Cartaginesi, ed Etruschi nell'area tirrenica centro-settentrionale, da cui i Focei di Alia erano stati costretti a ritirarsi per fondare Elea, ma dove si registra l'affermarsi dell'emporio di Gravisca.

• tra il VI e il V secolo il teatro principale del conflitto greco-etrusco si sposta verso il tirreno meridionale, nella Campania: nel 524 Cuma respinge un'aggressione da parte di una coalizione di Etruschi, Umbri e Dauni, l'esito felice della battaglia favorisce l'instaurarsi della tirannide antiaristocratica di Aristodemo.

In AREA MAGNOGRECA lo scorcio del VI secolo è segnato dalla catastrofe di Sibari, la città fino ad allora più ricca e potente.

• dopo la distruzione del 510, ad opera di Crotone, si pone il problema di gestire la sua eredità.

Nel traffici dell'area tirrenica è Elea a subentrare con successo, mentre l'area ionica sembra conoscere l'egemonia di Metaponto, che cadrà alla metà del V secolo.Ma le conseguenze della scomparsa di Sibari, con l'emergere della nuova etnia dei Lucani, vanno colte da una prospettiva crotoniate:

• la città vincitrice all'inizio tenta di gestire l'intera eredità di Sibari sotto la guida dei Pitagorici, ma tale progetto finisce per innescare forti tensioni che sfociano in una violenta rivolta.

• inoltre l'orizzonte egemone crotoniano deve ridimensionarsi nella Calabria centrosettentrionale, dove deve affrontare le aspirazioni locresi di espansione sul Tirreno.

• quanto all'aerea della Calabria meridionale, il V secolo vede il coinvolgimento nelle dinamiche dell'orizzonte siciliano: l'affermarsi della tirannide di Anassila a Reggio.

In SICILIA si erano sviluppate esperienze di espansionismo politico, in particolare nel mondo coloniale dorico, dove Siracusa, Gela e Agrigento erano riuscite a imporre dominio e controllo territoriale sulla popolazione dei rispettivi entroterra.

• in questo contesto, tra la fine del VI e gli inizi del V, emergeranno le grandi tirannidi siceliote.

Da questi progetti politici era rimasta esclusa la parte occidentale dell'isola, dove la presenza greca (Imera e Selinunte) aveva dovuto confrontarsi con compagini indigene più strutturate e soprattutto con gli insediamenti fenicio-punici.

5. Verso l’affermazione sui “barbari”

Le premesse storico-geografiche prima illustrate portarono nei primi decenni del V secolo alla sviluppo di una serie di conflitti tra greci e persiani, dalla rivolta ionica alla spedizione di Serse, che si conclusero con la liberazione delle città greche dell’Asia Minore dal dominio persiano.

• come emerge dalla ricostruzione offerta da Erodoto, si tratta di una sequenza di vicende belliche che presenta una sostanziale unitarietà sul piano storico, che non vanno comunque intese come episodi di un unico grande conflitto nazionale tra Grecità e barbarie, ossia bisogna valutare in modo critico la presunta inevitabilità del conflitto

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greco-persiano come scontro epocale di sistemi politici e culturali radicalmente diversi, destinati perciò a configgere tra di loro.

Il dato più importante da rilevare è però il radicale cambiamento nel modo di definirsi dell’identità etnico-nazionale ellenica che fino ad allora si era espressa in termini aggregativi, appoggiandosi sugli elementi in comune in termini di lingua, costumi, culti e miti, mentre con la vittoria su Persiani si costruisce un modello oppositivo sotto forma di una orgogliosa contrapposizione con i Barbari, in particolar modo con l’Oriente e l’Asia.

• le Guerre Persiane portarono insomma al definirsi di una identità nazionale greca, allorché fino a quel momento il mondo greco era stato caratterizzata da regionalismo e localismo.

6. La rivolta ionica

Il primo episodio di opposizione contro i Persiani fu la rivolta ionica, determinata da dinamiche interne delle città greche dell’Asia Minore, il cui sviluppo politico ed economico era bloccato dall’insediamento di tiranni subordinati, dall’imposizione dei tributi fiscali e dalle limitazioni che le conquiste persiane in Egitto e in Tracia avevano comportato per i traffici nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero.

Antefatto determinante fu la fallita spedizione persiana contro Nasso del 499, ispirata dal tiranno di Mileto (Aristagora), il quale, rispondendo all’appello degli aristocratici esiliati di Nasso e sperando di poter diventare governatore dell’isola, avrebbe convinto il satrapo di Sardi ad assediare Nasso per annetterla all’impero persiano.

• l’assedio durò quattro mesi e finì con un fallimento: Aristagora allora, timoroso della reazione imperiale a questo fallimento, decise di scatenare una rivolta nella stessa Mileto, al fine di deporre l’istituzione della tirannide e promuovendo dinamiche analoghe in altre città dell’Asia Minore e dell’Ellesponto, che prontamente si ribellano al dominio persiano e richiedono riforme politiche: libertà dal dominio persiano e libertà dalla tirannide diventano due facce della stessa medaglia.

Nel 499/498 Aristagora si reca nella Grecia continentale in cerca di sostegno: riceve un rifiuto da Sparta, ma una risposta positiva da Atene che invia venti navi a sostegno degli insorti (richiamo alle origini ioniche, difesa del modello isonomico e timore che i persiani potessero spalleggiare il rientro di Ippia, ora rifugiato proprio a Sardi, dovettero essere le principali motivazioni che spinsero Atene a dare il proprio consenso alla spedizione).

• proprio Sardi, la capitale occidentale dell’immenso impero persiano, è attaccata dalle truppe ioniche nel 498, che conquistano e devastano la città bassa.

• le truppe ioniche sono comunque costrette alla ritirata e sconfitte dai persiani a Efeso e Atene si vede costretta a richiamare i propri soldati in patria.

Nonostante il fallimento di questa spedizione, la devastazione di Sardi rappresentava uno sfregio all’immagine dell’autorità imperiale che richiedeva una punizione dei colpevoli.

Anche l’isola di Cipro insorge, ma, data l’importanza strategica fondamentale dell’isola per il controllo del Mediterraneo orientale, i Persiani si adoperano immediatamente per riassoggettare l’isola tra il 497 e il 496, anche se gli Ioni conseguono una importante vittoria navale sulla flotta persiana.

I Persiani danno luogo a una massiccia controffensiva in Asia Minore, che nel 494 si dirigono per terra e per mare verso Mileto. Intanto a Lade si raccoglie una flotta imponente allestita da Lesbo e da altre nove città ioniche. Proprio a Lade nel 494 si svolge una battaglia navale che vede la sconfitta degli Ioni che apre il campo per la riconquista di Mileto da parte dei persiani.

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Con il sacco di Mileto, la rivolta ionica si conclude e le forze persiane procedettero a punire violentemente le altre città ribelli.

Alla severa riaffermazione del dominio persiano fecero tuttavia seguito una serie di misure politico-amministrative che dimostrano la duttilità dell’impero persiano verso le popolazioni soggette:

- viene deposta l’istituzione della tirannide in favore di regimi più democratici- si istituisce una migliore definizione del tributo

L’esito disastroso della rivolta segna una crisi decisiva per la Grecità microasiatica: città come Chio e Mileto, tra le più prospere del mondo greco, non recuperarono più il loro ruolo, ma soprattutto l’esigenza di una vendetta-punizione per l’incendio di Sardi, con le sue valenze simboliche, porterà a un nuovo atteggiamento del grande re nei confronti del mondo greco.

7. La Prima Guerra Persiana

Dario infatti ora mira ad una espansione ulteriore nell’Egeo e alla punizione di Atene. Tale spedizione fu però preceduta da una offensiva diplomatica: alle città greche venne chiesto di consegnare “terra e acqua”, un atto che nella ideologia imperiale significava totale sottomissione.Mentre numeroso città insulari accettarono tale sottomissione, ad Atene e a Sparta gli araldi di Dario vennero addirittura uccisi e impegna dosi, con questo atto sacrilego, alla guerra.

• l’ispiratore della decisione ateniese fu probabilmente Miliziade, deciso fautore di una politica anti-persiana.

Nel 490 la flotta persiana entra nell’Egeo, puntando inaspettatamente su Nasso e conquistandola. Dopo Nasso vengono conquistate anche le altre città cicladiche, mentre Eretria (unica città greca che, insieme ad Atene, aveva appoggiato la rivolta ionica) venne saccheggiata.

La flotta persiana sbarcò infine in Attica, a Maratona. Alla notizia dello sbarco persiano gli ateniesi si affrettarono a richiedere a Sparta l’invio del proprio esercito, ma decisero anche di uscire dalla città per affrontare i nemici proprio a Maratona. Erano circa 9000 uomini, sostenuto da un contingente di mille uomini inviati da Platea.

• alla notizia che l’esercito spartano sarebbe arrivato solo dieci giorni dopo, Miliziade propose un attacco a sorpresa: fu così che all’alba i Greci, approfittando del fatto che i cavalieri nemici si erano attardati in operazioni notturne di governo degli animali, aggredirono frontalmente i persiani con un impeto tale da determinare l’immediata rotta e la precipitosa fuga verso le navi.

• i persiani superstiti però, una volta imbarcati, decisero di circumnavigare l’Attica nel tentativo di sorprendere Atene priva di difese.

• ma Miliziade aveva previsto questa mossa e aveva ricondotto indietro l’esercito greco a tappe forzate da Maratona ad Atene: la flotta persiana, arrivata ad Atene, si trovò quindi l’esercito greco già rientrato in Atene e schierato a difesa delle città. A quegli sfigati dei persiani non rimase che ritirarsi.

La spedizione persiana non fu comunque un insuccesso: il dominio persiano era stato esteso nell’Egeo. Ma il fallimento nello scontro terrestre contro gli ateniesi aveva dimostrato come non bastasse un intervento navale per conquistare la Grecia continentale: Dario allora cominciò a preparare una nuova spedizione per investire la Grecia anche per via terrestre.

8. Tra le due guerre

Gli Ateniesi cercano subito di sfruttare la vittoria per annullare gli effetti della spedizione persiana e ridefinire a proprio favore gli assetti politici nell’area cicladica.

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• nel 489 Miliziade guida quindi una tale spedizione che dopo iniziali successi si scontra con la resistenza di Paro, rimasta fedele ai Persiani.

• dopo un lungo e vano assedio, Miliziade è costretto a ritirarsi e, rientrato ad Atene, viene processato per corruzione e condannato al pagamento di una multa.

• poco dopo Miliziade muore e con la sua uscita Atene conosce un periodo convulso di aspre lotte politiche (come dimostra l’impressionante sequenza di ostracismi), in particolare sulle linee di politica estera, in primo luogo i rapporti con la Persia.

Le lotte politiche di questo periodo in Atene hanno per protagonista Temistocle e ruotano attorno all’atteggiamento nei confronti dell’impero persiano e della tirannide, almeno fino al 485/484 in cui si attesta una linea di intransigenza.Il dibattito tuttavia non si limita a questo perché si registrano anche importanti riforme istituzionali, come l’adozione nel 487 della procedura del sorteggio degli arconti.Un’altra questione che tiene banco è quella della politica egea, che porta a riaprire il conflitto con la vicina avversaria Egina, contro la quale gli Ateniesi organizzeranno una spedizione navale, risoltasi però in un disastro.

Tale intreccio emerge con particolare evidenza nelle decisive vicende del 483/482 che vedono in primo piano la lotta politica tra Aristide e Temistocle, nella cui figura si esprimono le nuove istanze della democrazia ateniese.Questo scontro politico fu innescato dalla scoperta nel Laurio di nuove miniere argentifere che, mentre alcuni sostenevano di distribuire le nuove entrate tra i cittadini, Temistocle propose di utilizzare queste entrate per armare una imponente flotta militare. La proposta di Temistocle era dettata da:

- esigenza di rivincita verso Egina- difesa contro una eventuale nuova aggressione persiana

9. La Seconda Guerra Persiana

In questo stesso periodo, nell’Impero persiano i preparativi di Dario per una nuova spedizione punitiva contro Atene venivano interrotti da una grave rivolta in Egitto nel 486 e poi dalla morte del Re.A Dario successe Serse, che non solo risolse la questione egiziana, ma riprese su più ampia scala il disegno di invasione della Grecia continentale, progettando una formidabile spedizione terrestre e navale.

Sull’entità dell’armata di Serse le fonti greche sono esagerate, ma di certo si trattava di un esercito gigantesco (centinaia di migliaia di soldati). L’avanzata dell’armata di Serse fu preceduta dai suoi araldi, che percorrevano la Grecia richiedendo acqua e terra e ottenendola da numerose città.

Le notizie sulla marcia di avvicinamento del Re crearono giusti timori tra i Greci. Nel 481 allora, su invito di Sparta, le città che avevano respinto gli araldi persiani, decisero di federarsi nella Lega degli Elleni, con la quale venne proclamata una pace generale.Vennero inviate ambascerie a Creta, Argo e in Sicilia, ma le risposte furono per lo più negative: questa oscillazione tra atteggiamenti di neutralità e di collaborazione, costellarono l’intera storia della seconda guerra persiana, denuncia la fondamentale erroneità di una lettura del conflitto in chiave nazionalistica.

Per fronteggiare l’avanzata terrestre dell’esercito di Serse, i Greci decisero di attestare una seconda linea difensiva al passo delle Termopili, dove nel 480 venne inviata, al comando del re spartano Leonida, una avanguardia di 4000 opliti (tra cui i famosi 300 spartani).

• la strenua resistenza dell’esercito di Leonida contro le soverchianti forze persiane fu vanificata dall’aggiramento della posizione segnalata ai persiani da un disertore.

• Leonida autorizzò le forse alleate ad abbandonare la posizione, gli spartani decisero di sacrificarsi fino all’ultimo per onorare il mandato ricevuto dalla loro città.

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◦ dopo il collasso della linea difensiva alle Termopili, i Persiani dilagarono così nella Grecia centrale, dove Tebe e i Beoti si sottomisero a Serse e la Focide venne devastata.

L’Attica venne evacuata grazie al trasferimento della popolazione. Serse entra nell’Attica ormai abbandonata, raggiunge e incendia Atene per vendicare l’incendio di Sardi nella rivolta ionica. Intanto al flotta della Lega si concentra nel canale di Salamina.

• in questa situazione Temistocle forza con uno stratagemma i Persiani a ingaggiare la battaglia navale proprio nelle ristrette acque del canale, dove i Greci riportano una netta vittoria sulla immensa flotta persiana.

• dopo questa sconfitta, Serse decise di far rientrare quello che restava della flotta persiana in Asia Minore.

La vittoria di Salamina è decisiva sul piano strategico: se la flotta ellenica fosse stata sconfitta, anche l’esercito di terra della Lega non avrebbe potuto resistere, perché esposto anche all’aggiramento da parte dei Persiani.

la vittoria di Salamina non fu però conclusiva (come invece è passata alla storia nella tradizione ateniese).

Le forze terrestri persiane erano pressoché intatte e dopo aver svernato in Tessaglia, invasero di nuovo l’Attica, con Atene che si vide costretta per una seconda volta ad evacuare la popolazione, oltre che venire incendiata per una seconda volta.

• dopo un periodo di incertezze strategiche, le minacce di defezione degli Ateniesi inducono l’esercito alleato, forte di circa 70000 uomini ad avanzare verso la Beozia, attestandosi nel pressi di Platea, non lontano dall’esercito persiani di consistenza almeno doppia.

Nella battaglia campale di Platea gli Spartani riescono a reggere l’urto e a passare al contrattacco, sbaragliando i nemici: i 40000 superstiti dell’esercito persiano si ritirano in Asia Minore. La Grecia era ormai libera dalla minaccia persiana. Il territorio di Platea venne consacrato, mentre Tebe, che si era sottomessa ai persiani, venne assediata e costretta alla resa.

Nel frattempo la flotta alleata raggiunse Chio e Samo dove aggredì a sorpresa le forze navali persiane ritiratesi dopo la sconfitta di Salamina: la flotta persiana fu devastata presso il promontorio di Micale.Questa vittoria determinò la ribellione di tutte le città ioniche, mentre Samo, Chio e Lesbo entrarono nella Lega. La flotta alleata andò anche a liberare le città dell’Ellesponto dal dominio persiano.

10. In Occidente: le guerre contro i Cartaginesi, gli Etruschi e gli Iapigi

Tra la fine del VI secolo e l’inizio del V secolo la storia greca della Sicilia conosce il fenomeno di una tirannide caratterizzata da spiccati aspetti dinastici ed espansionistici.Le più significative esperienze di questo tipo si sviluppano a Gela, con le figure di Ippocrate, Gelone e infine di Ierone.

• Ippocrate rafforzò innanzitutto il dominio di Gela nell’entroterra, per poi intraprendere una serie di conquiste (Leontini, Callipoli, Catania, Nasso e Zancle).

• dopo Ippocrate prese il potere Gelone: l’aspetto essenziale della sua politica fu la salda alleanza, fondata su vincoli matrimoniali, con Terone, il quale aveva instaurato la tirannide ad Agrigento nel 489. Si creò così un blocco di potere comprendente gran parte della Sicilia e in grado di minacciare le posizioni cartaginesi.

• Gelone infatti conquistò anche Siracusa, dove, una volta affidata Gela al fratello Ierone, si stabilì, inaugurando una politica di distruzioni di città e di deportazioni dei vinti che

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fecero di Siracusa la città più popolosa e ricca della Sicilia, se non addirittura dell’intero mondo greco.

I Cartaginesi non potevano non essere preoccupati dalla politica espansionistica del blocco siracusano-agrigentino, che minacciava i possedimenti punici in Sicilia: si definì così lo scenario del grande scontro tra Sicelioti e Cartaginesi che dovette giocarsi nel 480 nei pressi di Imera.

• una grande armata punica sbarcò in Sicilia, muovendosi all’assedio di Imera, ma viene investita e sbaragliata dall’esercito geloniano.

• i termini del trattato di pace concesso da Gelone furono abbastanza miti: Cartagine manteneva le sue posizioni nella cuspide occidentale della Sicilia e obbligata al pagamento di un indennizzo, nonché alla costruzione di templi in Sicilia.

Per Agrigento e Siracusa con questa vittoria ha inizio un importante sviluppo politico, militare, economico e monumentale, testimoniato dall’erezione di grandi templi negli anni successivi e dagli epinici di Pindaro e di Bacchilide.

La vittoria ad Imera passò nella tradizione come momento forte della difesa della grecità dalla minaccia dei barbari, alla stessa stregua delle vittorie sui persiani (si pensi al mito propagandistico del sincronismo di Imera e delle Termopili). In realtà è assai più corretto leggere la vicenda interamente entro le dinamiche relazionali del contesto occidentale.

Nel 478 Gerone muore e gli succede il fratello Ierone, la cui politica si sviluppa principalmente al di là dello Stretto, con l’obiettivo di estendere la sfera di influenza di Siracusa.

• nel 477/476 infatti interviene in difesa dei Locresi minacciati da Reggio e nel 474 vince un determinante scontro navale a Cuma, minacciata dagli Etruschi.

Questa vittoria comportò l’esclusione degli Etruschi dalla Campania e un’estensione dei domini del Tiranno, sempre in Campania, che ebbe però breve durata.

anche questa vittoria contro gli Etruschi venne letta in chiave nazionalistica: Pindaro, nel celebrare questa vittoria, la menziona accanto a quelle di Salamina, Platea e Imera, associando nella lode per la libertà ellenica Atene, Sparta e Siracusa.

Altrove però, sempre in Italia, la lotta dell’elemento greco contro quello indigeno non conobbe lo stesso successo. Nei primi decenni del V secolo si era infatti il rapporto di interazione tra i Greci e le popolazioni della Puglia meridionale (dette iapigiche), dando luogo a scontri e a episodi di conquista e saccheggio da parte dei Tarantini nei confronti di queste popolazioni indigene.Nel clima di esaltazione nazionalistica determinato dalle vittorie sui Persiani, è possibile che Taranto sia stata portata a giustificare e valorizzare una politica di aggressivo espansionismo territoriale ai danni delle popolazioni locali in chiave di scontro epocale tra grecità e barbarie.

• tuttavia proprio la sconfitta sanguinosa riportata dai Tarantini contro gli Iapigi costrinse la città greca a mutare le direttrici della propria iniziativa politica.

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CAPITOLO V: L'ASCESA DI ATENE E DELLA DEMOCRAZIA

1. Dalla fondazione della Lega delio-attica alla politica di Cimone

Tucidide si sofferma sui cinquant'anni che separano le Guerre Persiane dalla Guerra del Peloponneso per spiegare che la rottura con gli Spartani fu provocata dalla progressiva crescita della potenza di Atene.

Dopo le vittorie greche di Platea e del Micale, l'egemonia di cui aveva goduto Sparta durante il conflitto non sembra in grado di reggere di fronte ad ampie prospettive, in particolare dopo la ribellione del Re delle città ioniche insulari del 479, che trovarono invece gli Ateniesi pronti ad assumerle in proprio e a sfruttarne le opportunità.

➢ in effetti, già nel 479, accolti nella Lega ellenica i Samii, i Chii e gli atri isolani, Leontichida e i Peloponnesiaci erano rientrati in Grecia, lasciando all'ateniese Santippo il comando della flotta alleata nel proseguire le operazioni. Un anno dopo la vittoria del 479 Sparta di fatto abbandona la guida della Lega ellenica, lasciando ad Atene il compito di portare a compimento la “guerra di liberazione” delle città greche dal dominio persiano, mostrando così di dare priorità alla Lega Peloponnesiaca.

➢ Atene appare consapevole delle opportunità egemoniche che l'Egeo le apriva e delle conflittualità che poteva innescare nei rapporti con Sparta.

A cavallo tra 478/477 viene a costruirsi attorno ad Atene una nuova struttura federale, nota come Lega delio-attica, della cui composizione originaria si sa poco.

• forse gli alleati che offrirono l'egemonia agli Ateneniesi furono solo le città ribellatisi al Gran Re nel 479, e solo col tempo entrarono a far parte della Lega le 120 pòleis attestate a partire dal 454.

• benché l'obiettivo dichiarato fosse l'opposizione al nemico persiano, questa alleanza non può essere vista come un ampliamento di quella del 481. Il giuramento e la struttura organizzativa conferiscono all'alleanza una fisionomia complessa, in cui convivono aspetti propri dell'anfizionia e della lega vera e propria. ◦ perno dell'organizzazione è il ruolo egemonico degli ateniesi, che non si esprime solo

in termini di comando militare delle forze alleate, in primo luogo della flotta, ma anche di gestione delle finanze comuni (l'alleanza prevede che tutte le città aderenti partecipino con contributi annuali commisurate alle rispettive risorse, che potevano essere o versamenti in denaro o forniture di navi per la flotta federale).

◦ i denari confluivano nella cassa federale di Delo, che fu fin dall'inizio ad appannaggio degli Ateniesi e che aveva il compito di utilizzare i fondi per gli scopi militari di alleanza. Poiché col tempo si fecero più numerose le città alleate che preferivano versare un contributo in denaro, l'utilizzazione dei fondi comuni dovette tradursi in un potenziamento dei contingenti ateniesi.

Ne derivò uno scenario di “bipolarismo non conflittuale” tra la Lega Peloponnesiaca e quella delio-attica, tra una potenza terrestre e una marittima, scenario in cui emerse Cimone, figlio di Milziade, il vincitore di Martona. Ciò accade per l'uscita di scena dei due protagonisti della vittoria contro Serse, Pausania e Temistocle.

• Pausania scomparve in circostanze oscure intorno al 475. • Temistocle, fautore di una politica di contrapposizione a Sparta, la sua popolarità

conosce un rapido declino con l'ascesa di Cimone.

Si delinea così un'epoca cimoniana, il cui primo decennio è segnato da un espansione della Lega delio-attica e dalle vittorie conseguite sui Persiani. Nel 476/475 si collocano tre eventi:

a) la conquista di Eione : la flotta alleata riuscì a cacciare i persiani dalla piazzaforte, dove venne istallata una colonia ateniese;

b) la conquista di Sciro : furono solo gli Ateniesi ad impadronirsi di quest'isola, insediandovi

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una cleruchia (tipo di colonia i cui abitanti mantenevano la cittadinanza della madrepatria);

c) l'aggressione a Caristo nell'Eubea : al fine di costringerla con la forza ad entrare nella Lega. ➢ fu questo primo episodio a creare i primi malumori tra gli alleati, come sembra

denunciare la prima defezione della Lega, quella di Nasso, databile tra il 474/470.Nasso viene aggredita e assoggettata con la forza.

Negli anni seguenti Serse medita una controffensiva, che si concretizza nel 466 nella concentrazione di forze navali e terrestri sulla costa meridionale dell'Asia Minore. La flotta greca sotto il comando di Cimone, si raduna a Cnido e da lì giunge a sorprendere le forze persiane presso la foce dell'Eurimedonte in Panfilia, riportando su di esse una schiacciante vittoria sia navale che terrestre e facendo ingente bottino.

➢ il brillante esito di questa campagna, che portò ad un notevole ampliamento della Lega, specie nelle regioni dell'Asia Minore sud-occidentale (Caria, Licia e Panfilia), segna l'apogeo di Cimone, elevandolo al rango dei vincitori delle grandi battaglie delle Guerre Persiane. ◦ in effetti questa vittoria contribuì ad allontanare in maniera definitiva la minaccia

di controffensive persiane nell'Egeo. Nello stesso anno 466/465 Serse venne assassinato e il suo successore, Artaserse, doveva impegnarsi a domare rivolte scoppiate nelle regioni orientali dell'impero.

◦ l'obiettivo della liberazione del dominio persiano sembra ormai raggiunto.

Nel 464/465 un terremoto colpì duramente il Peloponneso e provocò un'estesa insurrezione di iloti contro Sparta. Rapidamente domata in Laconia, in Messenia la rivolta assunse dimensioni e caratteri pericolosi: i ribelli si ritirarono sulle montagne, sul massiccio dell'Itome. In chiara difficoltà, gli Spartani chiamarono in aiuto non solo gli alleate Peloponnesiaci, ma anche gli Ateniesi.

➢ grazie all'appoggio di Cimone l'assemblea di Atene accolse la richiesta e decretò l'invio, tra il 463 e il 462, di opliti al comando di Cimone. Ma gli Spartani li rinviarono indietro, preoccupati dell'effetto destabilizzante che poteva avere la presenza degli Ateniesi nel loro territorio.

Rientrati ad Atene, i contingenti ateniesi trovarono la situazione interna cambiata. L'allontanamento di un corpo di opliti aveva consentito ai democratici radicali di compiere una rivoluzione politica.

• già da tempo era in corso ad Atene un conflitto politico sulle prerogative dell'Aeropago in rapporto a quelle della boulé. Sembra che l'Areopago svolgesse funzioni di controllo sull'attività dei magistrati, che i democratici radicali volevano venisse trasferito alla boulé.

• approfittando dell'assenza di Cimone, difensore delle prerogative dall'Areopago, i democratici radicali guidati da Efialte fecero approvare una riforma che trasferiva i poteri dell'antico tribunale in parte alla boulé, in parte all'ekklesìa e in parte all'eliéa, lascinadolgi solo la giurisdizione sui crimini di sangue e di affari riguardanti il dritto sacro.◦ Il protagonista di questa riforma fu assassinato e Cimone ostracizzato nel 461.

2. La spedizione ateniese in Egitto e la prima guerra del Peloponneso

Tra il 461 e il 460, gli Ateniesi risposero ad un appello proveniente dall'Egitto, dove il principe libico Inaro si era rivoltato ad Artaserse già dal 463, riuscendo a sconfiggere in un primo momento le forze Persiane. L'assemblea ateniese decise di inviare in Egitto le forze navali della Lega. Artaserse avrebbe risposto a questa decisione chiedendo agli Spartani di invadere l'Attica.Atene si trova dunque impegnata su due fronti: quello persiano e quello peloponnesiaco.Quanto all'Egitto sembra che i primi combattimenti abbiano avuto esito favorevole per Inaro e

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i suoi alleati. Ma una nuova spedizione inviata da Artaserse giunta in Egitto (forse nel 456) sotto il comando di Mogabizo, riuscì a sconfiggere le forze greche e a stringerle in assedio.

➢ nel 454 l'assedio termina con la conquista persiana e il massacro dei Greci. L'Egitto torna sotto l'autorità persiana e le forze navali greche vennero distrutte.

➢ Le perdite non dovettero intaccare in misura sostanziale le potenzialità navali della Lega delio-attica, ma l'impatto della sconfitta si avvertì in termini di vite umane e di rapporti tra Atene e gli alleati.

Per quanto riguarda le operazioni sul fronte peloponnesiaco, la cosiddetta prima guerra del Peloponneso appare finalizzata al controllo del Golfo di Corinto e Saronico.

• i primi scontri, su iniziativa di Corinzi ed Epidaurii per impedire l'istallazione degli Ateniesi in Megaride, si risolvono in un nulla di fatto.

• tra il 459/458 la flotta ateniese sconfigge ancora una volta le flotte di Corinzi, Epidauri ed Egineti, e pone l'assedio ad Egina. Nello stesso arco di tempo gli Ateniesi costruiscono Lunghe Mura che collegano Atene e il Pireo, prefigurando la strategia periclea durante la guerra del Peloponneso.

Mentre essi sono impegnati ad Egina e in Egitto, un nuovo fronte di operazioni si apre nella Grecia centrale per iniziativa degli Spartani, accorsi in aiuto agli abitanti della Doride attaccati dai Focidesi.

• Nel 457, dopo una breve campagna in Focide e in Doride, gli Spartani si scontrano con le forze degli Ateniesi e dei loro alleati in Beozia, infliggendo ad esse una severa sconfitta.

• Poco dopo gli Ateniesi invadevano la Beozia e sconfiggevano l'esercito beotico, riuscendo ad attirare nell'orbita democratica diverse città della regione e a ristabilire l'influenza ateniese a Delfi. Egina, ricevendo notizia di successi ateniesi, dovette consegnare la flotta e sottomettersi al pagamento del phòros, che implica l'ingresso forzato nella Lega delio-attica.

Il periodo successivo alla vittoria contro l'esercito beotico vede il culmine dell'attivismo di Atene. Assoggettata Egina e completate le Mura, gli Ateniesi si dirigono nel Peloponneso tra il 456/455, penetrando nel Golfo di Corinto per impadronirsi della colonia corinzia di Calcide in Etoliae sfidare i Sicionii. L'assenza di reazione da parte dei Peloponnesiaci spinge lo stesso Pericle a tornare, due anni dopo, nel Golfo di Corinto, dove sconfigge di nuovo Sicione e aggrega all'alleanza le comunità achee.

Nel frattempo era giunta alla sua disastrosa conclusione l'avventura egiziana, e da entrambi le parti, peloponnesiaca e ateniese, si faceva strada la stanchezza del lungo periodo di ostilità.

• fu però solo nel 452/451 che venne negoziata, grazie a Cimone, una tregua di cinque anni con i Peloponnesiaci.

Gli esiti di questa lunga fase conflittuale erano favorevoli agli Ateniesi: – Corinto si era dimostrata incapace di far fronte agli interventi militari ateniesi e il

prestigio degli Spartani era stato scosso.– Atene aveva negoziato la tregua su posizioni vantaggiose, forse anche per potersi

dedicare al fronte orientale. In effetti, già nel 450 una flotta comandata da Cimone si scontrò con una flotta persiana nelle acque di Salamina di Cipro, riuscendo a riportare una vittoria schiacciante.

E' su questo sfondo che si colloca la pace di Callia, ovvero la stipula nel 449, di un trattato fra Atene e la Persia che sarebbe stato negoziato dall'ateniese Callia. Anche se si è molto discusso sull'attendibilità storica di questo accordo diplomatico, il peso degli argomenti è a favore di una sostanziale autenticità.

• Le clausole del trattato prevedevano che il Mar Egeo sarebbe stato interdetto alle forze navali persiane, le quali non avrebbero potuto superare né l'entrata del Bosforo a nord, né Faselide a sud; né la zona litoranea dell'Asia Minore, per una profondità di tre

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giorni di marcia, non sarebbero potute penetrare né forze persiane né forze greche. • Le città della costa sarebbero rimaste autonome, pur mantenendo il Re il diritto

teorico di riceverne il tributo, mentre i Greci che vivevano ad Est di Faselide rimanevano abbandonati ai Persiani e gli Ateniesi si impegnavano a non intervenire né in Egitto né il Libia.

Un intervento, forse già nel corso del 449/448, degli Spartani in Focide a difesa di Delfi determinò lo scoppio della cosidetta “seconda guerra sacra” combattuta contro i Focidesi sostenuti da Atene ma anche lo sviluppo di nuove dinamiche destabilizzanti nella regione beotica.

• Gruppi di esuli beoti riuscirono ad impadronirsi di Cheronea, gli Ateniesi accorsero in forze ma dopo una sconfitta dovettero accettare un accordo che li obbligava ad abbandonare tutta la Beozia.

• Oltre a costruirsi sulle frontiere nord-occidentali di una potente Lega beotica dominata da Tebe, nello stesso 446 Atene si trovò ad affrontare anche la ribellione dell'Eubea e di Megara:◦ mentre Pericle passò con l'esercito ateniese in Eubea, i Megaresi fecero appello a

Sparta, il cui re intervenne con l'esercito peloponnesiaco devastando l'Attica fino a Eleusi e costringendo Pericle a rientrare pericolosamente. Il re spartano decise però di ritirarsi e così Pericle riuscì a dominare la rivolta euboica.

L'esigenza di tregua tra Atene e Sparta portò nel 446/445 alla cosidetta pace dei tren'anni:• gli Ateniesi dovevano evacuare le loro posizioni nei territori della Lega Peloponnesiaca, i

porti di Megara e l'Acaia, ma avrebbero potuto conservare Egina;• le città non appartenenti a nessuna delle due alleanze avrebbero potuto scegliere di

aderire all'una o all'altra;• la circolazione fra le città dei due schieramenti sarebbe stata libera e qualunque

conflitto fosse sorto tra i due gruppi sarebbe stato sottoposto ad un arbitrato.➢ è importante notare che si trattò di una pace bilaterale, che impegnava sì gli

alleati delle rispettive potenze egemoniche, ma fu stipulata esclusivamente tra Ateniesi e Spartani, riconoscendo il ruolo egemonico delle due città.

3. La politica imperiale di Atene e l'età di Pericle

La pace di Callia e poi la pace dei tren'anni rappresentano due momenti fondamentali dell'affermarsi della politica imperiale di Atene. Infatti già prima del 449

• si erano verificate secessioni di città alleate e gli Ateniesi avevano sempre risposto con estrema durezza;

• già prima vi erano state iniziative comprensibili solo in un ottica ateniese piuttosto che in rapporto agli interessi dell'alleanza;

• già prima si era manifestato quel desiderio di avere sempre di più e quel frenetico attivismo, che emerge come caratteristica dell'azione degli Ateniesi.➢ ciò si esplicava con l'impiego della forza basato sulla flotta e con l'uso spregiudicato

del potere per massimizzare il vantaggio degli Ateniesi sia sul piano della comunità sia su quello dei singoli.

➢ è certo che nella Pace dei trent'anni Atene veniva a dichiarare apertamente un ruolo di dominio imperiale sugli alleati, la cui autonomia era limitata agli affari interni.

In realtà i rapporti di forza venutisi a determinare tra Atene e le altre città della Lega, erano ormai tali da non lasciare che a poche città come Samo, Chio e Lesbo (che avevano continuato a fornire il loro contributo in forma di contingenti navali) un'indipendenza che tendeva a divenire sempre più teorica, dal momento che non si permetteva più a nessuno di uscire dall'alleanza.

• lo dimostra la vicenda della guerra di Samo del 441/440. L'importante città insulare della Ionia, che fino ad allora aveva potuto mantenere la propria potenza navale e il

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suo regime politico basato sul dominio di un'aristocrazia terriera, si trovò coinvolta in un conflitto di frontiera con Mileto. Essendo stati sconfitti i Milesi si recarono, insieme ad alcuni esuli samii esponenti di una fazione democratica, a chiedere l'aiuto ad Atene. ◦ una flotta ateniese salpò verso Samo e vi stabilì una democrazia, ma gli

aristocratici samii costretti all'esilio si recarono a Sardi dal satrapo persiano che fornì loro 700 mercenari con cui riuscirono in breve tempo a rientrare nell'isola a riprendere il potere.

◦ proclamata la secessione da Atene, consegnarono al satrapo persiano i soldati della guarnigione ateniese nell'isola. Unitasi alla rivolta anche Bisanzio, vennero inviati dei messi a richiedere l'aiuto a Sparta, che però rifiutò il soccorso agli insorti.

◦ nel 440 gli Ateniesi inviarono per domare l'isola una poderosa spedizione e Samo fu costretta ad arrendersi: dovette radere al suolo le mura, consegnare ostaggi e navi e pagare una pesante indennità di guerra, non al tesoro comune della Lega delio-attica, ma gli Ateniesi stessi che si astennero dal riportare al potere un regime democratico.

Il quadro delle vicende storiche comprese tra le Guerre Persiane e la guerra del Peloponneso indica lo sviluppo di un processo storico che porta da un bipolarismo non conflittuale tra due egemonie diverse (quella conservatrice di Sparta sull'area peloponnesiaca e quella dinamica di Atene sull'area egea) allo scontro che si accende nelle aree di interferenza tra i due sistemi: la Grecia Centrale e il Golfo Corinzio. Se la pace dei trent'anni introduce un momento di relativa stabilizzazione, non si arrestano le dinamiche insite nei caratteri dell'imperialismo ateniese.

Protagonista di queste dinamiche politiche è Pericle: figlio di Santippo, della nobile casata dei Buzigi, e per parte di madre discendente dagli Alcmeonidi e da Clistene, Pericle appare una figura complessa.

• egli si distinse nei dibattiti assembleari e nei processi politici, come quello che aveva portato nel 461 all'ostracismo di Cimone, dopo la scomparsa di Efialte assunse un ruolo di leader del partito democratico e in quanto tale ispirò molte decisioni politiche e legislative negli anni Cinquanta, oltre a comandare alcune delle principali spedizioni militari condotte dagli Ateniesi in quel periodo.

• ma fu dopo la scomparsa di Cimone e la stipula della pace di Callia nel 449 che la sua posizione alla guida dello stato ateniese assunse caratteri di centralità e di continuità nel tempo. ◦ base fondamentale dell'esercizio di questo ruolo fu la carica, più politica che

militare, di stratego che egli detenne dal 443 al 430. La magistratura della strategia presentava un'importanza politica superiore a qualunque altra, dal momento che consentiva di svolgere un ruolo significativo nel rapporto tra boulè ed ekklesìa. Essa era una carica elettiva, mentre la maggior parte delle magistrature erano tirate a sorte. Egli fu l'unico stratega ad essere rieletto per tanti anni e pertanto si creò una posizione di potere personale.

◦ prima egli dovette sbarazzarsi di Tucidide, parente di Cimone, che l'aveva attaccato duramente riguardo al finanziamento dei grandi lavori pubblici, per i quali Pericle aveva utilizzato il tesoro federale. Nel 443 fu votato l'ostracismo e l'esilio di Tucidide. ▪ ciò non vuol dire che da questo momento Pericle non ebbe più un'opposizione

interna, ma che i suoi oppositori evitarono di attaccarlo direttamente, accusando o facendo condannare suoi collaboratori.

▪ in realtà fu proprio l'utilizzazione del phoròs per abbellire Atene a costruire la base più solida della consonanza di scelte politiche che sembra caratterizzare il rapporto tra il dèmos ateniese e la guida, Pericle.

4. L'Occidente greco

I decenni seguiti alle grandi battaglie contro i Cartaginesi e gli Etruschi videro la scomparsa dei

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regni tirannici che avevano segnato la vicenda storica della grecità siceliota. Nel 467 Siracusa ritrova la libertà in seguito a una guerra civile contro l'ultimo dei Diomenidi, Trasibulo. La fine della tirannide a Siracusa innescò nuove dinamiche: la restaurata democrazia non ebbe vita facile a causa delle profonde trasformazioni introdotte dai tiranni, soprattutto la convivenza di elementi disparati in termini di origini, ruolo e statuto sociale che provocarono lotte intestine, ma favorirono anche l'emancipazione delle città greche e dei centri indigeni inglobati nello stato territoriale siracusano.

• nel 459 Ducezio si impadronì di Morgantina e nel 453 tentò di raccogliere tutte le comunità sicule in un'organizzazione politica sancita dalla fondazione della città di Palice. Più che una strategia di liberazione nazionale dell'elemento siculo dai Greci, i suoi disegni politici sembrano ricondurci a un modello tirannico: egli si appoggia su un esercito di mercenari, costruisce uno stato territoriale ed esercita un potere monarchico.

• i rapporti con le città calcidesi furono cordiali, ma non con Agrigento e Siracusa che nel 450 ebbero la meglio su Ducezio e lo inviarono in esilio a Corinto. Dopo poco tornò in Sicilia, ma nel frattempo i Siracusani avevano ripreso il controllo di buona parte del territorio siculo che era servito da base a Ducezio nella prima fase delle sue operazioni e la morte del capo siculo pose fine alla vicenda.

Intorno alla metà del V secolo le città italiote, e in primo luogo Crotone, conoscevano un sommovimento interno di portata notevole, legato alla crisi delle aristocrazie pitagoriche moderate che le avevano rette nei decenni precedenti. Si tratta di un pericolo di gravi contrasti e scontri intestini a cui pongono fine interventi dall'esterno, in particolare da parte delle comunità metropolitane dell'Acaia peloponnesiaca.

• Legata alla crisi di Crotone è la rifondazione di Sibari nel 453, a cui prestarono apporto Laos e Posidonia. Cinque anni dopo i Crotoniani tornarono ad aggredire e distruggere Sibari, e i “vecchi Sibariti” andarono a chiedere aiuto a Sparta e Atene. Con l'appoggio di duemila uomini inviati da Atene, nel 446 venne rifondata con nuovi coloni Sibari, ma poco dopo contrasti interni portarono all'espulsione dei vecchi Sibariti e alla rifondazione della città nel 444/443 come colonia panellenica col nome di Turii.

Questa vicenda introduce il problema della politica occidentale di Atene: benché alcuni indizi lascino supporre che già Temistocle avesse elaborato progetti occidentali, non sembra storicamente fondato ipotizzare una proiezione ateniese verso occidente fin dagli inizi degli anni Cinquanta del V secolo. L'iniziativa ateniese che portò alla fondazione di Turii costituisce una risposta contingente all'appello dei vecchi Sibariti e in modo più generale si iscrive nella prospettiva politica periclea che spiega gli aspetti panellenici dell'iniziativa, ma giustifica anche l'apertura strategica verso l'Occidente, al di fuori dei limiti posti dal trattato di pace. A distanza di un decennio dalla fondazione col profilarsi della guerra del Peloponneso, all'interno della colonia si sviluppano gravi tensioni tra la componente ateniese e quella peloponnesiaca, che videro il prevalere di quest'ultima, e dunque il sottrarsi di Turi alle prospettive strategiche di Atene.

5. La pòlis in età classica

Se in età arcaica si può constatare un progressivo arricchimento delle valenze del termine pòlis dal prevalente significato “fisico” di “nucleo insediativo” a quello metaforico per indicare la città come un organismo con storia e istituzioni proprie. A partire dal V secolo la concezione fisica e comunitaria convivono, intrecciandosi con quella istituzionale, così nelle fonti il termine è impiegato per indicare:

• tutta la popolazione insediata nel territorio poleico; • la comunità civica come insieme dei soli cittadini con le loro famiglie;• solo i cittadini in senso stretto, cioè i maschi adulti con pieni diritti politici.

E' opportuno sottolineare le enormi differenza riscontrabili tra le numerosissime polèis attestate nel mondo greco. Differenze di:

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1. dimensioni territoriali: Sparta, Atene, Argo, Tebe, Corinto, costituiscono casi eccezionali, insieme con altre grandi pòleis di area occidentale e microasiatica (Agrigento, Siracusa, Lesbo, Rodi);

2. risorse e potenzialità di sfruttamento dei territori stessi, da considerare in rapporto alla posizione geografica. Se in linea generale la base produttiva delle pòleis greche era data dall'agricoltura (cereali, vino e olio con legumi, alberi da frutto e ortaggi), in diverse aree un ruolo significativo era svolto anche dalla pastorizia e dall'allevamento, ma anche dalla pesca e dallo sfruttamento di risorse boschive e minerarie. In alcuni casi la disponibilità di siti portuali costituiva un fattore di sviluppo di articolazioni socio-produttive legate agli scambi e ai traffici commerciali (ciò contribuisce a spiegare lo sviluppo di Corinto e di Egina in età arcaica).

3. differenze si estrinsecano anche sul piano socio-demografico, ossia nelle dimensioni e nelle composizione della popolazione risiedente: il quadro generale era formato da alcune centinaia di individui, in buona parte cittadini. Eccezioni costituiscono i casi di Atene, Sparta o Siracusa, con una popolazione complessiva dell'ordine delle centinaia di migliaia di individui, tra cui diverse migliaia di cittadini veri e propri. Il resto erano gruppi con statuto diverso: meteci (residenti di origine straniera), perieci (appartenenti a comunità politicamente subalterne) e dipendenti di vario genere (schiavi-merce, oppure comunità collettivamente asservite, come gli iloti).

4. nei caratteri insediativi, rapporti città e territorio, organizzazione urbanistica e monumentale.

Pur tenuto conto della polivalenza della nozione di pòlis, restano riconoscibili alcuni caratteri fondamentali sia in termini “fisici” che “politici”.

• ciò che sembra qualificare la pòlis come peculiare forma di organizzazione politico-territoriale è in primo luogo l'affermarsi di un rapporto forte e organico tra un “cebtro” e una “periferia”. I poli, costituiscono una comunità unitaria e autonoma:◦ città: centro urbano, ma anche luogo politico e religioso, definito dalla presenza

delle relative strutture funzionali e simbolico-rituali;◦ campagna: con le proprie realtà insediative.

• dobbiamo sottolineare il ruolo della religione poliadica per la definizione dell'identità della pòlis e dell'integrazione delle sue strutture organizzativo-sociali;

• l'importanza che presenta la nozione di autonomìa, come piena sovranità giurisdizionale all'interno della pòlis, anche se non sempre indica la piena indipendenza sul piano dei rapporti internazionali. Un segno di autonomia è l'emissione di monete.

6. Cittadini, cittadinanza e articolazioni della comunità civica

La vita politica riguarda direttamente solo i polìtai (cittadini), i maschi adulti dotati di pieni diritti politici, che ne rappresentano i protagonisti esclusivi e i referenti primari, quali membri a pieno titolo della comunità Poleica. Questo aspetto è regolato dalla politéia, termine che rappresenta valenze semantiche complesse.

• in riferimento ai singoli cittadini indica la “cittadinanza”, lo stato di cittadino in quanto membro a pieno titolo della comunità.

• in riferimento a quest'ultima, indica da un lato la comunità dei cittadini, il corpo civico nel suo insieme, dall'altro la “costituzione” della pòlis, che comprende le norme che regolano l'accesso, le competenze, il funzionamento e il controllo dei principali organi politici e nello stesso tempo quelle che definiscono lo statuto di cittadinanza.

Si può in effetti constatare che le costituzioni oligarchiche adottano criteri più rigidi, restrittivi ed esclusivi di definizione della cittadinanza rispetto alle costituzioni democratiche, escludendone in generale i liberi privi di proprietà terriera.

E' possibile individuare alcuni criteri di base che informano la concezione della cittadinanza nel mondo delle pòleis greche:

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1. la nascita, ossia l'esser figlio di un cittadino2. la proprietà terriera, o meglio il diritto a possedere terre e case, privilegio esclusivo

dei cittadini;3. la partecipazione alle attività militari della città, attributo primario dei cittadini, i

cui obblighi su questo terreno venivano definiti in rapporto all'età e alle condizioni socio-economiche;

4. l'integrazione socio-culturale, che comprende sia l'inserimento nelle strutture genetico-familiari, locali e/o culturali che articolavano la società della pòlis, e la peculiare educazione che in ogni città era destinata a formare i cittadini.

Ne deriva che la comunità civica delle pòleis greche sia scandita da una serie di articolazioni interne di vario genere che hanno varie denominazioni, natura, e funzioni, ma che rappresentano unità organizzative e funzionali della vita politica.

• la tipologia più diffusa è quella che prevede diversi livelli di unità organizzative, a partire da quello elementare dell'òikos, il nucleo famigliare, cellula di base della società greca e ristretto orizzonte in cui la donna trovava il suo campo di riconoscimento.

• le tribù sono invece ampie unità organizzative nelle quali era distribuito, su base ereditaria e/o territoriale, l'intero corpo dei cittadini e che svolgevano essenziali funzioni pubbliche. ◦ in diversi casi le tribù erano ulteriormente divise in unità organizzative minori o

convivevano con altre forme di suddivisione a base insediativo-territoriale.• ad esse si affiancavano le fratrie, che raccoglievano vari gruppi familiari in una cornice

originariamente parentale e svolgevano funzioni pubbliche, quali il riconoscimento della cittadinanza tramite l'iscrizione in appositi registri.

• difficilmente identificabile in modo univoco è poi la funzione del ghènos (stirpe, famiglia gentilizia.

Si può concludere che questi diversi tipi di unità organizzative sono esclusivi (un cittadino ateniese poteva essere membro di un solo ghénos o fratria o tribù o demo) ma complementari (un cittadino ateniese deve essere membro di un demo e di una tribù oltre che di un òikos e nello stesso tempo può essere membro di un ghénos o di una fratria).Inoltre risualta che essi non sono ordinati in linea gerarchica: il ghénos non è una suddivisione della fratria né la fratria della tribù.

Assai importante l'organizzazione dell'esercito, che ha forti ricadute sul diritto di cittadinanza. In effetti nelle pòleis greche vige il principio di “coestensione” tra società militare e società politica, ossia della corrispondenza proporzionale tra status socio-politico da un lato e obblighi e ruoli sul piano militare dall'altro.

• ad Atene l'acquisizione della piena cittadinanza con la maggiore età avveniva all'iscrizione del giovane nel registro della leva, dopo un periodo di apprendistato militare (e anche culturale) e rituali di passaggio allo status di cittadino adulto.

E' in virtù del forte nesso tra cittadinanza e ruolo militare che nella pòlis arcaica e classica • sono i cittadini delle classi più elevate a servire nei corpi di cavalleria e ad esse

eleggibili alle cariche di comando militare; • per lo stesso motivo sono i ceti medi di contadini-proprietari a servire come opliti

nell'esercito e nella flotta, ricoprendo un ruolo militare legato alla capacità economica necessaria per il mantenimento dell'equipaggiamento;

• infatti ad Atene i cittadini dei ceti inferiori sono esclusi dalla falange oplitica e adibiti alla mansione più umile di rematori della flotta cittadina.

7. Democrazia e oligarchia: Atene e Sparta

Nelle pòleis arcaiche e classiche, benché non manchino esperienze di regimi tirannici e

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aristocratici, gli assetti politico-istituzionali, più diffusi sono certamente quelli di tipo democratico e di tipo oligarchico. E' quindi opportuno soffermare l'attenzione sulle loro caratteristiche principali, anche perché su tali differenze di regime si consolida l'opposizione tra Atene e Sparta.

Dal modello ateniese emerge che gli assetti istituzionali della pòlis democratica sono fondati su una definizione della politèia che riconosce i pieni diritti politici a tutti i liberi si statuto cittadino.

• ne discende che la struttura del démos, luogo deputato all'esercizio del potere politico sulla base del principio di “uguale diritto di parola” e principale organo legislativo, dove le decisioni sono prese a maggioranza.

• rispetto all'assemblea popolare (l'ekklesìa), che si riunisce periodicamente, la boulè esercita funzioni di tipo istruttorio e propedeutico, ma importanti per la continuità della gestione pubblica e per le sue competenze specifiche in materia legislativa e finanziaria.

• rilevante è il potere di controllo sui magistrati, che nella pòlis democratica sono soggetti, sia all'entrata in carica sia allo spirare del mandato, a procedure di esame molto serie, al fine di creare gli opportuni contrappesi all'esercizio di una carica.

• nella stessa logica si iscrivono anche il principio della temporalità e della collegialità delle magistrature, le cui regole di accesso vedono una persistenza, accanto al sorteggio, del principio dell'elezione, talora ristretta a soggetti qualificati per censo.

• il principio del sorteggio informa la composizione dei tribunali popolari, ai quali era demandata l'amministrazione della giustizia (restavano esclusi delitti particolari, come il sacrilegio o l'omicidio): ad Atene seimila giurati, estratti a sorte da tutti i cittadini, sedevano annualmente nell'Eliea.

• Un ultimo elemento essenziale del funzionamento di Atene è individuato nel sistema delle “liturgie” che faceva gravare sui ceti più abbienti il peso finanziario dovuto alle spese per il funzionamento dello stato e per i servizi pubblici di vario genere di cui beneficiavano i ceti popolari.

A questo modello ateniesi si possono accostare gli assetti democratici introdotti in numerose altre città greche nel corso del V secolo e soprattutto nelle pòleis della Lega delio-attica. Rispetto a tale modello quello della città oligarchica si differenzia per diversi aspetti, che trovano la loro radice fondamentale nella definizione della cittadinanza di pieni diritti politici in termini restrittivi, sulla base di qualificazioni censitarie. Da questo discendono una diversa estensione e articolazione del corpo politico, ma anche significative differenze nelle funzioni degli organi istituzionali (assemblea, consiglio, magistrature) con una forte accentuazione dei poteri (decisionali, legislativi e di controllo) del consiglio, nonché di quelli connessi all'esercizio delle magistrature, scelte tramite elezione, sulla base di precise qualificazioni personali e famigliari.

A questo modello oligarchico appaiono riconducibili gli assetti istituzionali di molte città arcaiche, ma anche di diverse pòleis di età classica, tra cui Corinto, Egina, Tebe, Crotone, Cirene, Marsiglia, le città cretesi. Più complesso appare l'ordinamento di Sparta, qualificato di volta in volta come tipicamente oligarchico, democratico o misto. L'organizzazione dello stato spartano rappresenta un caso eccezionale a partire dalle dimensioni del territorio, comprendente tutta la parte meridionale del Peloponneso e articolato in aree dallo statuto fortemente differenziato.

• se la Messenia era stata asservita in blocco, nella Laconia convivevano comunità di perieci formalmente autonome e comunità ilotiche che lavoravano le terre di proprietà degli Spartiati, i quali erano concentrati in una città consistente in realtà nell'insieme discontinuo di cinque villaggi, e la cui principale occupazione era l'esercizio delle armi e della guerra.

• bisogna ricordare che nella compagine civica spartana i pieni diritti di cittadinanza erano riservati solo a coloro che possedevano determinati requisiti (nascita, capacità economiche, virtù militare), relegando gli altri in diverse categorie di statuto inferiore.

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La costituzione spartana prevede, accanto alla sopravvivenza della regalità ereditaria nella forma di una diarchia, la presenza di organi collegiali analoghi a quelli delle altre città greche (assemblea, consiglio, magistrature) ma con aspetti peculiari.

• L'apèlla si limita a rettificare le decisioni prese dalla gherousìa, mentre i più significativi poteri politici, in funzione di contrappeso a quelli del re, spettano alla magistratura elettiva, collegiale, annuale, dei cinque efori.

Nel concreto della vicenda storica delle città greche, gli assetti politico istituzionali costituiscono il risultato di dinamiche di confronto e di scontro politico all'interno di esse. Nella fasi più antiche della storia della pòlis, protagoniste di questi scontri sono le ristrette aristocrazie o gruppi famigliari in competizione tra loro per onori, cariche, e potere.

• progressivamente il coinvolgimento nella lotta politica comprende ceti sempre più ampi, interessati alla distribuzione del potere politico.

• nascono forme di contrapposizione tipiche della pòlis classica, tra blocchi oligarchici e democratici. Gli esiti di queste lotto sono più o meno traumatici e distruttivi e comportare l'affermarsi di una fazione, con la conseguente eliminazione fisica e/o esilio con privazione dei diritti civili degli sconfitti. Non sempre la lotta politica trova espressione in forme violente: nell'Atene democratica la lotta politica riesce a trovare nuovi strumenti, contesti, regole e protagonisti, come la procedura dell'ostracismo, la diffusione di processi intentati agli avversari politici.

Quanto alla pòlis come soggetto istituzionale di rapporti “internazionali”, il punto fondamentale è che ciascuna comunità tendeva all'autonomia interna e all'indipendenza rispetto all'esterno.

➢ ciò comportava da un lato l'elaborazione di nozioni, strumenti e procedure per la gestione sul piano diplomatico dei rapporti con gli altri, dall'altro un rischio di conflittualità, specie tra vicini, che faceva dei conflitti confinari una presenza costante nella vita delle comunità.

➢ anche su questo specifico le città greche svilupparono strumenti di regolamentazione, che includevano tregue e arbitrati interstatali, norme relative ai diritti di bottino e rappresaglia, regole per il trattamento dei profughi e prigionieri e per la restituzione dei caduti.

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CAPITOLO VI: LA GUERRA DEL PELOPONNESO E L'OCCIDENTE SICILIANO

1. Cause e responsabilità

Vi sono anche delle cause più immediate che portano alla guerra del Peloponneso, al cui scoppio contribuiscono Corinto e gli intricati rapporti con le sue colonie.

• la volontà di contrastare l’influenza di Corcira, antica colonia ormai rivale, spinge Corinto a una politica spregiudicata per conquistarsi il controllo sulle città greche del continente epirota.

• dopo una fase di inutili trattative e di scontri fra le due flotte, i Corciresi chiedono l’aiuto di Atene.

• dopo accede discussioni, Pericle convince i concittadini a concedere a Corcira un’alleanza solo difensiva.

• così nel 433, quando i Corinzi sconfiggono i loro nemici alle isole Sibota, gli Ateniesi inviano delle navi a presidiare il mare di Corcira, inducendo così i Corinzi a ritrarsi.

Il deteriorarsi dei rapporti fra Ateniesi e Corinzi influisce anche sulle vicende della regione affacciata sull’Egeo settentrionale, dove si trova la città di Potidea, appartenete alla Lega delio-attica, ma legata alla madrepatria Corinto, da cui riceve annualmente dei magistrati.

• il malcontento dei cittadini di Potidea, ai quali Pericle raddoppia il tributo, si inserisce in un clima più generale di sospetto nei confronti di Atene che dopo la fondazione di Anfipoli comprende tutta la Calcidica e anche la corte macedone.

• Pericle ottiene quindi dai suoi concittadini l’approvazione di un decreto con il quale si impone ai Potidei di abbattere le mura e di respingere i magistrati corinti.

• il rifiuto di tali imposizioni da parte di Potidea costringe Pericle a cingere d’assedio Potidea, la quale era difesa anche da alcuni volontari peloponnesiaci.

Dopo tre spedizioni Atene prende il sopravvento, ma i Corinzi non riescono a convincere gli Spartani a dichiarare la guerra.

Il re spartano Archidamo II si persuade della violazione della pace solo di fronte all’ultima iniziativa presa da Pericle contro i Megaresi, alle cui navi Atene impedisce l’accesso nei porti della Lega delio-attica (431/431).

• di fronte anche alle lamentele dei megaresi, la cui attività commerciale risultava compromessa da tale limitazione, a cui si aggiungono quelle di Egina, secondo cui Atene non rispetta gli accordi di pace, la Lega Peloponnesiaca nel 432 dichiara che gli Ateniesi hanno violato il trattato del 446. ◦ tuttavia la Lega non dà alcun ultimatum ad Atene: Sparta per il momento si limita

ad inviare ambascerie per chiedere agli Ateniesi di recedere dalle sue iniziative contro Potidea, Megara ed Egina, ma poiché l’ecclesia respinge tutte le richieste avanzate, si rompono definitivamente i rapporti tra le due città.

Formalmente l’iniziativa del conflitto è presa da Sparta, anche se senza dubbio la responsabilità è di Pericle, che è il promotore delle azioni provocatorie tese ad accelerare il processo di deterioramento nei rapporti fra le due leghe che è già in atto da qualche anno.

• in realtà le iniziative prese ai danni degli alleati di Sparta costituiscono i pretesti per lo scoppio della guerra, mentre, come afferma giustamente Tucidide, “il motivo più vero era il crescere della potenza ateniese e il suo incutere timore ai Lacedemoni”.

Ciò portò le due parti a scontrarsi quando entrambe erano al culmine della loro crescita, inducendo il resto della Grecia a schierarsi per l’uno o per l’altro dei contendenti.

2. La guerra archidamica

I primi dieci anni di guerra (431-421) prendono il nome del re spartano Archidamo, forse senza troppa coerenza, dal momento che non è favorevole alla guerra e per di più muore nel

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427; di fatto però egli è responsabile delle prime campagne al comando dell’esercito dei Peloponnesiaci.

• la guerra del Peloponneso inizia in Beozia: i primi ad entrare in azione sono i Tebani che tentano di occupare Platea, tradizionale alleata di Atene, suscitando la violenta reazione degli Ateniesi che uccidono i Tebani fatti prigionieri (431).◦ questo episodio mette in moto i preparativi militari dei due schieramenti e suscita la

reazione dei Peloponnesiaci, che, condotti da Archidamo, avanzano nell’Attica e bruciano i campi, mentre la popolazione è già al riparo nelle Lunghe Mura o nelle isole vicine.

◦ dopo solo un mese di occupazione i Peloponnesiaci tornano nelle loro città.

La controffensiva di Pericle non si fa attendere: • una flotta ateniese effettua il periplo del Peloponneso, saccheggiando la costa.

Ancora nel primo anno di guerra, Pericle caccia gli Egineti dalla loro isola, che diviene una colonia attica e compie la prima di una serie di razzie nella Megaride.

Nel 430 Archidamo riprende la campagna militare con la prevista invasione della pianura centrale dell’Attica, ma dopo quaranta giorni riparte per paura della peste.

• infatti un’epidemia, portata al Pireo da marinai venuti dall’Oriente, raggiunge subito Atene, dove trova facile esca nella popolazione ammassata in città.

• nel frattempo Atene intraprende alcune azioni militari (tentativi di conquista di Epidauro e Potidea), che vanno tutti male.

I fallimenti militari e l’infierire della peste, che viene vissuta dagli Ateniesi come una punizione divina, proveniente da Apollo che aveva promesso il suo aiuto agli Spartani, suscitano contro Pericle una reazione tanto violenta da farlo destituire dalla sua carica e dichiarare colpevole, con una multa per sottrazione di pubblico denaro.

• con la destituzione di Pericle, Atene però non trova una altrettanto valevole guida politica e militare: Pericle viene infatti rieletto come stratego nel 429, ma pochi mesi dopo muore di peste.

Anche Sparta torna in azione: • tenendosi a debita distanza da Atene, dove infuria la pestilenza, decide allora di

assediare Platea, che sottomette nel 427. Nonostante questo arrivano i primi successi ateniesi:

• conquistano Potidea e, nel controllare i movimenti via mare dei peloponnesiaci, Atene ottiene una serie di vittorie contro Corinto.

In occasione della rivolta di Mitilene, scoppiata nel 428 e sedata l’anno successivo da Atene, si mette in luce Cleone fautore di una punizione spietata ed esemplare per l’isola ribelle.

• Atene organizza anche una spedizione in Sicilia, nel tentativo di garantirsi l’approvvigionamento del grano indispensabile per Atene. Dopo altri successi effimeri, come la conquista di Messana, la spedizione prende una piega negativa.

Nel 425 da Atene parte una seconda flotta per la Sicilia e per Corcira, ma è dirottata da una tempesta a Pilo, in una posizione ideale per combattere gli Spartani, distratti dall’annuale razzia dell’Attica.

• gli Spartani, che si sono accampati sull’isola di Sfacteria, vengono assediati e ridotti in un tale stato di disperazione da mandare degli ambasciatori ad Atene per chiedere non solo la pace, ma un’alleanza.◦ benché vi sia un partito favorevole ad accettare le trattative, rappresentato da Nicia,

prevale il parere di Cleone, convinto sostenitore della guerra, che porta lui stesso aiuto a Demostene, che guidava l’assedio, costringendo gli Spartani alla resa.

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◦ il trionfo militare permette a Cleone di aumentare il tributo che le città alleate versano ad Atene.

Ma solo un anno dopo, nel 424, le forze ateniesi sono infatti prossime al tracollo:• i Beoti infliggono una pesante sconfitta agli Ateniesi; • mentre una spedizione spartana guidata da Brasida in Tracia guidata conquista

Anfipoli.

Sul versante tracio invece, molte città alleate di Atene passano dalla parte di Sparta. • Cleone allora organizza nel 422 una spedizione per riconquistare Anfipoli, ma risulta

rovinosa per Atene, tant’è che in questa spedizione lo stesso Cleone perderà la vita.• dal momento che Cleone, che rappresentava il partito guerrafondaio di Atene, muore,

ora prevalgono i fautori delle trattative.

Nel 421 si giunge quindi a un accordo, denominato pace di Nicia, che prevede:- una tregua di cinquant’anni- la restituzione di Anfipoli e delle altre città calcidiche ad Atene- la restituzione di Pilo e Citera a Sparta- il mantenimento dell’occupazione ateniese di Nisea, come compensazione

dell’occupazione spartana di Platea

3. Dopo la pace di Nicia

Il problema è che la pace in realtà è concordata solo da Atene e Sparta: • ma gli altri contendenti peloponnesiaci, i Beoti e i Calcidici non solo non hanno

sottoscritto l’accordo, ma causano anche gravi difficoltà nell’applicazione delle clausole previste dalla pace di Nicia.◦ Corinto e altre città del Peloponneso di ribellano allora alla stessa Sparta; per di più

proprio nel 421 scade la pace trentennale stipulata tra Sparta e Argo.

In questo periodo emerge ad Atene la figura di Alcibiade, parente di Pericle, allievo di Socrate e amato dagli Ateniesi, fra i quali conta però anche un certo numero di nemici.

• egli viene eletto per la prima volta alla carica di stratego nel 420/419, in chiara opposizione con il pacifista Nicia e in migliori rapporti con gli Spartani.

Nel suo primo anno di carica, Alcibiade riesce a far aderire gli Ateniesi a una nuova alleanza con Argo, Mantinea e l’Elide e l’anno successivo gli riesce di trovare un pretesto e denunciare formalmente Sparta per aver violato la pace.Anche a Sparta tira vento di guerra, perché sono stati eletti efori contrari alla pace:

Spartani e Ateniesi si scontrano a Mantinea, in una delle più sanguinose battaglie tra Greci. ◦ la vittoria però è Spartana, che riguadagna con questa vittoria anche la

sottomissione del Peloponneso e suscita in Atene forti malcontenti nei confronti di Alcibiade e Nicia, che nonostante questo vengono entrambi rieletti strateghi nei due anni successivi.

E’ Nicia a riportare una vittoria ad Atene: nel 416 assedia Melo, un isola delle Cicladi, che non viene difesa dalla madrepatria Sparta e quindi capitola.Nel 415 gli Ateniesi decidono di inviare una seconda spedizione in Sicilia, sollecitata dagli esuli di Leontini, distrutta l’anno prima da Siracusa, sia dai Segestani, la cui ostilità con Selinunte rappresenta per Atene l’occasione di scontrarsi con la potenza di Siracusa, schierata con i secondi.

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• inoltre il bisogno di autoaffermazione di Alcibiade lo spinse a patrocinare questa impresa, in opposizione a Nicia, che invece era refrattario a questa spedizione oltremare.

• nella assemblea popolare prevale la linea di Alcibiade: ma proprio durante l’allestimento della flotta, si verificano ad Atene due atti sacrileghi, la mutilazione delle erme e la parodia dei misteri eleusini, per i quali viene accusato Alcibiade.

Ma nonostante questa si decide di non ritardare la partenza della flotta, forte anche della presenza di Argo e Mantinea.

4. La spedizione in Sicilia

Giunta in Sicilia, la flotta ateniese decide di accamparsi a Catania. Qui giunge la nave ufficiale Salamina dalla Grecia con l’ordine per Alcibiade di rientrare ad Atene per essere processato.

• Alcibiade finge di seguire la Salamina con la sua trireme, ma invece si dà alla fuga, raggiunge il Peloponneso e si rifugia a Sparta, dove ricambia l’ospitalità con preziosi consigli militari. Nel frattempo Alcibiade è condannato in contumacia dai suoi concittadini.

Gli abitanti di Catania si alleano con gli Ateniesi, ma fallisce il tentativo di trovare sostegno da Camarina e Segesta.

• il primo scontro tra Ateniesi e Siracusani si conclude con la vittoria dei primi. Dopo la sconfitta Siracusa si rivolge a Sparta e Corinto per ottenere aiuti.

• durante l’inverno gli Ateniesi si ritirano a Nasso, mentre i Siracusani devastano parte del territorio di Catania e rinforzano le difese.

• in primavera intanto arrivano sia i rinforzi richiesti da Nicia, ma anche le prime navi spartane.

Alla ripresa della stagione la situazione sembra favorevole agli Ateniesi, che sfiorano il successo durante l’attacco decisivo a Siracusa.

• l’esercito Ateniese infatti occupa le alture a Ovest della città, e inizia a costruire un lungo muro che avrebbe dovuto collegarle al Grande Porto, dove gli Ateniesi vincono una battaglia navale.

• ma proprio in questo momento giungono i rinforzi spartani, che interrompono la costruzione del muro da parte degli Ateniesi.

• Nicia sposta allora l’accampamento su un promontorio che permette l’accesso diretto al mare aperto.

• Demostene, preoccupato per la situazione determinatasi con l’arrivo dei rinforzi spartani, propone di abbandonare la Sicilia ora che la via del mare è ancora aperta, ma prima si rifiuta, salvo poi convincersi con l’arrivo di nuovi rinforzi peloponnesiaci per Siracusa.

Nella successiva battaglia navale, i Siracusani riescono a bloccare l’accesso al mare agli Ateniesi, che sono costretti a cercare la fuga per via di terra.

• La marcia decima l’esercito. Inseguito dai nemici: i sopravvissuti vengono fatti prigionieri o venduti come schiavi.

La spedizione in Sicilia si conclude per Atene con una disfatta.

5. La guerra “deceleica” fino alla capitolazione di Atene

Era stato Alcibiade a consigliare Sparta su come intervenire in Sicilia, così come consiglia Sparta nel conquistare Decelea nel 413, che segna la ripresa della guerra in Grecia e il momento di maggior debolezza di Atene.Siccome l’occupazione di questa fortezza attica continuerà durante tutto il decennio successivo, la fase della guerra compresa tra il 413 e il 404 si chiama appunto “deceleica”.

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La disastrosa spedizione in Sicilia provoca gravissime conseguenze per Atene:- la defezione di molte città alleate: Chio, Mileto, Clazomene, Bisanzio, Lesbo, Rodi- un rivolgimento interno ai danni della democrazia: l’assetto costituzionale di Atene

viene sconvolto dell’elezione di dieci commissari, ai quali si aggiungono venti anziani; costoro costituiscono un gruppo di trenta cittadini dotati di pieni poteri per attuare una riforma dello stato. Nel 411 l’assemblea popolare è quindi costretta ad accettare le loro decisioni, che consistono nell’assegnazione di pieni diritti politici a soli 5000 cittadini, nello scioglimento della boulè, sostituita da un consiglio di 400 membri eletti a tempo indeterminato.

Le defezioni della Lega delio-attica sono favorite dalla partenza di Alcibiade nel 412 per l’Asia Minore, dove si accorda con il satrapo Tissaferne.

• l’allontanamento delle città alleate da Atene è interesse comune della Persia e di Sparta, che avviano le trattative nel 411: il Gran Re offre aiuto in denaro agli Spartani in cambio della rinuncia all’autonomia delle città greche dell’Asia.

Gli Ateniesi conservano una importante postazione a Chio, ma soprattutto a Samo, dove è di stanza una importante flotta.

• quest’isola assume un ruolo fondamentale nella storia dell’ultima fase della guerra: nel 411, a seguito della svolta oligarchica ad Atene, anche a Samo si tenta una svolta oligarchica, ma sono proprio gli equipaggi Ateniesi di stanza a Samo con i nuovi strateghi Trasibulo e Trasillo che la impediscono e ripristinano l’assetto politico della madrepatria, creando una sorta di assemblea in esilio.◦ minacciati nello stesso tempo da Atene, Sparta e dalla Persia, essi cercano un

accordo con Alcibiade, che decide di passare dalla loro parte.

Grazie al suo sostegno la flotta Ateniese a Samo, che intende incarnare la legittimità democratica, chiede ad Atene di ripristinare la boulé e di non concludere la pace con Sparta.

• benché gli oligarchi più convinti vogliano consegnare la città ai nemici, i più moderati riescono ad avere la meglio e con l’aiuto degli opliti ottengono la destituzione dei Quattrocento.

Con l’uccisione di uno dei principali oligarchi ateniesi, la situazione è propizia per la restaurazione della democrazia, ma solo in forma moderata:

• nel 411 l’assemblea si riunisce e delibera di affidare il potere ai Cinquemila e di richiamare Alcibiade, mentre gli oligarchici sono costretti ad abbandonare Atene.◦ grazie infine ad una serie di importanti vittorie ateniesi tra il 411 e il 410, che

soprattutto sconfiggono i Peloponnesiaci a Samo e i Siracusani sull’Ellesponto, ad Atene si attua il ritorno definitivo alla democrazia.▪ viene ripristinata la boulé e soprattutto prevale il partito favorevole alla guerra

che rifiuta le proposte di pace degli Spartani.

Atene conosce una fase del conflitto a lei molto favorevole, in cui riabilita le proprie posizioni in Tracia:

• Abdera, Taso, Calcedone e Bisanzio vengono riconquistate e si ottiene una tregua con il satrapo della Frigia (ricordiamoci che i Persiani si erano schierati contro gli Ateniesi).

• meno successo ha però la spedizione di Atene in Ionia, nel 409, nel tentativo di recuperare gli antichi alleati: gli Ateniesi sono sconfitti ad Efeso dai Persiani. ◦ dopo questa sconfitta i superstiti si riuniscono con Alcibiade nell’Ellesponto.

Nonostante quest’ultima sconfitta in Ionia, si è trattato di una serie di battaglie fortunate per Atene: questa fase si conclude infatti nel 408, con il rientro trionfale in città di Alcibiade che viene rieletto stratego per l’anno successivo.

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Sparta è in difficoltà: oltre alle sconfitte subite, viene meno anche l’appoggio dei Siracusani, che sono costretti a rimpatriare allorché la Sicilia è di nuovo minacciata dai Cartaginesi.

• però è proprio grazie a questa situazione di difficoltà per Sparta, che i Persiani decidono di intervenire direttamente nella guerra.

Alcibiade, vista la situazione favorevole per Atene, decide di tentare una nuova spedizione in Ionia. Ma la spedizione non va a buon fine: gli Ateniesi sono sconfitti in mare aperto nel 407.

• il malcontento per il fallimento della spedizione in Ionia sancisce la fine della carriera politica di Alcibiade, che non viene rieletto stratego e si ritira nei suoi possedimenti in Tracia.

A questo punto la situazione non è più favorevole ad Atene, che perde Corcira, Pilo e il porto di Nisea, ma soprattutto la preoccupazione di salvare alcuni cittadini Ateniesi bloccati nel porto di Mitilene.

• in questa situazione Atene si vede costretta a prendere misure straordinarie: si usa il tesoro dell’Acropoli per allestire in brevissimo tempo una flotta di oltre centro triremi, a cui si affiancano le quaranta dei Samii e di altri alleati.◦ Atene riesce a riportare una vittoria che sembra essere decisiva: nel 406, la flotta

Ateniese sconfigge presso l’isola di Lesbo la flotta spartana.◦ e tuttavia, proprio quando per Atene sembrava fatta, la flotta uscita vincente dallo

scontro è gravemente colpita da una tempesta.

Gli otto strateghi ateniesi sono allora duramente accusati di non aver fatto nulla per salvare gli Ateniesi bloccati nel porto di Mitilene: dopo accesi dibattiti, sei di loro sono giustiziati e altri due esiliati. Socrate è uno dei pochi cittadini ateniesi che giudica sommaria questa decisione.

• in realtà, quello di non aver salvato i cittadini ateniesi bloccati a Militlene è solo un pretesto per giustificare il l’accanimento contro i responsabili della spedizione: l’aspro malcontento nei confronti degli strateghi si diffonde perché l’estremo sforzo chiesto alla città per organizzare la spedizione ha privato Atene di tutto, sia in termini di denaro che di uomini.

Atene, nonostante la situazione di estrema difficoltà, boccia le proposte di pace degli Spartani: sarà l’errore fatale.

• nel 405 Sparta e i Persiani attaccano di sorpresa con la propria flotta quella Ateniese, infliggendole una grave sconfitta.

• dopo questa sconfitta, quasi tutte le colonie e gli alleati Ateniesi, passano dalla parte di Sparta, con l’eccezione di Samo.

Praticamente priva di alleati e con gli Spartani che raggiungono il Piero per controllare qualsiasi movimento di navi, Atene si vede tagliata qualsiasi approvvigionamento di grano.

• il mancato approvvigionamento di grano, unito con il rientro in Atene dei cleruchi (ossia i coloni), che determina un aumento della popolazione ateniese, provoca una grave carestia nella città.

• intanto gli Spartani invadono l’Attica via terra.Afflitta da una grave carestia e attaccata sia per via di terra che di mare, Atene si vede costretta alla resa e ad accettare la pace.

Dopo la resa di Atene, si riunisce la Lega peloponnesiaca per decidere le sorti della città. I Tebani e I Corinzi esigono che Atene venga distrutta e che i suoi cittadini vengano venduti come schiavi.A queste misure gravissime si oppone però Sparta: gli Spartani giudicano queste richieste ingiuste nei confronti di una città che per ben due volte ha difeso la Grecia dall’invasione persiana.Nella Lega peloponnesiaca prevale la linea spartana: gli Spartani quindi salvano Atene dalla distruzione, ma dettano comunque condizioni di pace dure:

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- la rinuncia da parte di Atene di tutti i possedimenti esterni all’Attica, ad eccezione di Salamina

- la distruzione delle Lunghe Mura- la consegna delle navi da guerra: ad Atene ne verranno lasciate soltanto dodici- il rientro in Atene degli oligarchi- l’obbligo ad allearsi con Sparta

L’assemblea si riunisce ad Atene nel 404 e ovviamente non può fare altro che accettare queste condizioni, per quanto dure.

6. Ripercussioni politiche ad Atene e Sparta

Anche se non è espressamente indicato nelle clausole della pace, è sottinteso che gli Ateniesi si devono dare una costituzione oligarchica (una delle clausole è infatti il rientro in Atene degli oligarchi).

Uno dei protagonisti del nuovo corso è Teramene, accanto al quale compare Crizia, rampollo di una nobile famiglia, allievo di Gorgia e Socrate, parente di Platone.

La svolta oligarchica avviene dopo la nomina, sul modello spartano, di cinque efori incaricati di cancellare qualsiasi forma di democrazia, e con la scelta, tra i cittadini di provata fede oligarchica, dei Trenta, che iniziano la propria attività sostituendo i buleuti, attribuendo le cariche a uomini a loro vicini e abolendo le norme del 461 che avevano esautorato l’Areopago.

Dopo queste riforme i Trenta compiono una serie di eccessi:- viene insediato un presidio armato di Spartani nell’Acropoli- tutti i capi democratici sono condannati a morte- si vieta l’insegnamento della dialettica

Non tutti gli oligarchici sono comunque favorevoli a questi eccessi, in particolare proprio Teramene.

• proprio per questo atteggiamento più moderato, Crizia accusa Teramene di essere un traditore. Crizia stila una lista di cittadini alla quale è indispensabile essere iscritti perché gli esclusi sono passibili di condanna a morte e di confisca dei beni da parte dei Trenta.

• con questo sistema vengono eliminati tutti coloro che non condividono la linea oligarchica più estrema.

Crizia è comunque una persona di grande cultura e prima dell’esilio non aveva mai manifestato feroci sentimenti oligarchici. Al ritorno nell'Atene conquistata dagli Spartani, egli però si rivela un crudele tiranno, forse sollecitato dal rancore contro i democratici che lo avevano esiliato.

• il regime da lui creato induce molti Ateniesi ad abbandonare la città spontaneamente, mentre coloro che vengono colpiti dall’esilio non possono essere accolti in nessuna città alleata di Sparta. Nel frattempo Alcibiade in esilio viene fatto assassinare.

Non tutte le città greche ubbidiscono a Sparta, tra cui Tebe dove si salva Trasibulo. Proprio Trasibulo nel 404/403 tenta un attacco ai Trenta:

• si insedia nella fortezza di File, al confine con l’Attica. I Trenta inviano una spedizione, ma l’esercito di Trasibulo resiste. L’esercito di Trasibulo passa all’attacco, ed ha dalla sua il favore popolare: lo scontro tra i due avviene al Pireo. L’esercito di Trasibulo ha la meglio, e nello scontro lo stesso Crizia perde la vita.

Dopo questa sconfitta, i Trenta sono costretti a lasciare potere e ad arroccarsi ad Eleusi, mentre al loro posto sono eletti dieci nuovi commissari, uno per tribù.

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• Lisandro però tenta nuovamente di restaurare il governo da lui stesso insediato ad Atene, mentre gli Spartani arrivano con la flotta al Pireo.

• questa volta a fermarlo è Pausania II, uno dei re di Sparta, che, infastidito dal crescere del potere di Lisandro, convince la maggioranza degli efori spartani alla necessità di intervenire ad Atene.

• con l’imprevisto appoggio di Sparta, Trasibulo riesce così a rientrare in città, impegnandosi a mantenere l’alleanza con Sparta e a concedere l’amnistia ai concittadini coinvolti con il governo oligarchico, con l’eccezione dei Trenta.

L’intervento di Pausania contro la politica di Lisandro, indice di dissidi interni a Sparta, si ripercuote anche in altre città dell’Asia e delle isole, dove vengono aboliti i governi insediati da Lisandro.

• Pausania non ha torto a vedere un pericolo nell’ascesa di Lisandro, che infatti torna in Asia per riaffermare il suo potere nelle città greche con la violenza.

• alla morte dell’altro re Agide nel 399, Lisandro torna però in auge, convincendo gli Spartani a scegliere come suo successore il fratello Agesilao, che grazie a lui viene inviato in Asia come comandante delle truppe spartane contro i Persiani.

Prima del ritorno di Agesilao dall’Asia, Lisandro si trova implicato nella guerra provocata da un contrasto confinario tra Focidesi e i Locresi, alleati dei Tebani e quindi sostenuti dagli Ateniesi al fine di riaprire il conflitto con Sparta, che infatti si schiera subito dalla parte dei Focidesi.

• in questo intervento militare di Sparta muore Lisandro, che perde una importante battaglia. A questo punto Pausania si affretta a concludere la pace, suscitando lo sdegno degli Spartani, che gli intentano un processo da lui evitato con la fuga in Arcadia e con l’abdicazione in favore di Agesipoli.

Intanto ad Atene nel 403/402, sotto l’arcontato di Euclide, riprende una intensa attività politica, che, all’insegna della democrazia, deve ripristinare tutti gli organi di governo soffocati dai Trenta, a partire dalla boulé.

• la responsabilità maggiore è quella di Trasibulo, ma al suo fianco vi è pure Anito, che diverrà il capo del partito democratico e celebre per essere stato il principale accusatore di Socrate.

• la condanna a morte di Socrate, votata a maggioranza dagli Ateniesi, è fondata su due motivazioni, di non onorare gli dèi e di corrompere i giovani. In realtà Socrate era un figura sospetta la democrazia restaurata, visti i rapporti molto stretti con figure compromesse come quelle di Alcibiade e Crizia. La messa in scena delle Nuvole di Aristofane, nel 424, dimostra infatti l’ostilità che già serpeggiava nei suoi confronti in Atene.

7. Le conseguenze in Sicilia: Cartagine e l'ascesa di Dionigi I

A trarre il maggiore vantaggio dal disastro ateniese in Sicilia non è Siracusa, bensì Cartagine, che nel 409 torna ad attaccare la Sicilia con una grandiosa offensiva, distruggendo Selinunte e Imera. Quando nel 406 cade Agrigento, cui segue l’evacuazione di Gela e Camarina, la stessa Siracusa è direttamente minacciata.

Testimone della distruzione di Agrigento è il giovane Dionigi, il quale in quella occasione forgia due sentimenti che diverranno in lui dominanti:

- l’odio per i Cartaginesi- il disprezzo per le democrazie, in particolare per quella estremista di Siracusa che non è

riuscita ad agire in difesa di AgrigentoNel 406 Dionigi denunzia la conduzione della guerra, ottenendo la destituzione degli strateghi e la propria elezione nel nuovo collegio.

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• in seguito utilizza con spregiudicatezza l’accusa di intelligenza con il nemico per far deporre i suoi colleghi e rimanere stratego con pieni poteri, assumendo quindi da solo il comando della guerra, detta la prima guerra cartaginese.

• tramite questa nomina egli compie un colpo di stato nel 405, che lo spinge ad assumere le caratteristiche di un regime autoritario.

Tuttavia Dionigi non può continuare la guerra, perché deve prima consolidare il suo potere interno, rafforzando la sua tirannide. E’ quindi costretto a trattare la pace con i Cartaginesi:

• per ottenere l’indipendenza di Cartagine, è costretto a ratificare la perdita di Selinunte, Imera ed Agrigento, mentre Gela e Camarina diventano città tributarie.

Nel 404 alcuni esuli aristocratici tentano di rientrare a Siracusa, con l’appoggio di Reggio e Messina:

• Dionigi si vede allora costretto a prendere seri provvedimenti militari, sia per domare le lotte intestine che per affrontare i Cartaginesi.

• rafforza quindi le difese di Siracusa, costruendo fortificazioni e castelli, ma soprattutto promuove un processo di industrializzazione bellica, creando fabbriche d’armi e dotando Siracusa di un imponente arsenale in grado di allestire in breve tempo una flotta di navi all’avanguardia tecnica.

Siracusa diventa così sicuramente la prima città dell’Occidente greco, ma al prezzo di spese enormi, sostenute attraverso i beni confiscati agli avversari politici e progressivamente grazie a figure misure fiscali esose ed eccezionali, fino alla spoliazione dei templi.

Negli anni 404-399 avviene il reale consolidamento della tirannide: • forte dell’alleanza con Sparta, Dionigi assoggetta tutta la Sicilia orientale, dalle pòleis

elleniche alle comunità sicule.

Acquisito il pieno controllo sulla grecità dell’isola, Dionigi progetta di espandersi secondo due direttrici di conquista:

• la Sicilia occidentale e verso la Magna Grecia.

Quanto al primo obiettivo, trascorsi otto anni dalla pace con Cartagine, nel 397, Dionigi tenta la carta della lotta di indipendenza per riconquistare le città elleniche ed espellere le comunità puniche in Sicilia, avviando quindi la seconda guerra cartaginese.

• in un solo anno annette tutte le comunità siceliote e sconfiggono i Cartaginesi a Mozia.

Nel 396 si assiste però alla reazione cartaginese: • i cartaginesi recuperano tutti i territori che erano sotto il controllo punico, vengono

espugnate le città di Terme, Lipari e Messina, raggiungono la sponda orientale della Sicilia, mentre a Catania sconfiggono la flotta siracusana.

• dopo la defezione di Catania, i Cartaginesi muovono direttamente verso Siracusa. Quando per Siracusa tutto sembra perduto, arriva in suo aiuto una flotta spartana e scoppia una pestilenza nell’esercito cartaginese.

A quel punto parte la controffensiva di Siracusa, che costringe i Cartaginesi a riparare in patria.• così Siracusa riconquista Catania, Lipari, Terme e Messina.

L’anno dopo i Cartaginesi sbarcano di nuovo in Sicilia, ma non riesce a ribaltare le sorti della guerra. La guerra si protrae fiaccamente ancora fino al 392, anno in cui si giunge alla pace. Le condizioni di pace favorevoli fanno di Dionigi l’indiscusso signore della Sicilia, intesa per la prima volta come entità territoriale.La pace dura oltre un decennio, nel quale Dionigi dilata il suo dominio sull’Italia greca:

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• l’obiettivo è quello di costruire uno stato che abbia il proprio epicentro geografico sullo Stretto, fondato sulla giustificazione della guerra anti-cartaginese, tentando così di accomunare tutta la grecità di Occidente.

Il problema è rappresentato innanzitutto da Reggio, fortemente ostile a Siracusa e che si unisce anche alle Lega italiota, di cui fanno parte anche Velia e Turii, finalizzata a contrastare le mire espansionistiche di Dionigi e di opporre resistenza alla pressione crescente dei Lucani.

• con questi ultimi, vista la reciproca coincidenza di interessi, scende a patti il tiranno.• stabilita l’intesa con i Lucani, Dionigi conquista innanzitutto Caulonia e Crotone. Con

Locri viene stabilita invece una alleanza matrimoniale. • grazie a queste vittoria Reggio è completamente isolata, e capitola nel 386.• Dionigi ha così il controllo di entrambe le coste dello stretto.

La politica imperiale di Siracusa prevede anche il monopolio delle rotte commerciali adriatiche attraverso una feconda attività coloniaria.

• in Tirreno invece Siracusa stabilisce una base in Corsica, dalla quale attua una guerra di rapina.

Queste attività di Siracusa nell’Adriatico e del Tirreno sono comunque interrotte dalla terza guerra cartaginese, causata da episodi di turbolenze puniche sul confine occidentale.

• dopo una prima fase favorevole a Siracusa, una grave sconfitta obbliga Dionigi alla resa: la nuova pace si data nel 374, che ristabilisce il dominio di Cartagine sulla Sicilia occidentale.

Nel 367 Dionigi scatena una nuova guerra contro Cartagine: • riesce a riconquistare Selinunte, ma muore nel 367/366 durante l’assedio di Lilibeo.• Dionigi muore dopo aver sognato per molti anni una Sicilia Greca.

Questa sarà l’eredità più duratura, un modello di compagine politica in grado di superare i limiti della pòlis, nato da un’ideologia di potenza, ma in grado di inglobare in una prospettiva unitaria le città sottomesse.

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CAPITOLO VII: TENTATIVI DI EGEMONIA IN GRECIA E IN OCCIDENTE

1. Sparta e la Persia: dall'impresa di Ciro alle spedizioni in Asia

L'egemonia sugli alleati sottratti ad Atene comporta per Sparta responsabilità notevoli nei confronti del regno persiano e dei Greci d'Asia, di cui è governatore Ciro il giovane. Nel 404 il figlio di Dario II ottiene l'appoggio spartano quando, alla morte del padre, tenta di contendere il diritto di successione al fratello Antaserse.

• nell'esercito di Ciro, composto da milizie mercenarie, confluisce un contingente di soldati reclutato i Grecia, al comando dello spartano Clearco: si tratta di diecimila partecipanti; nel 401 avviene lo scontro con le forze di Antaserse e Ciro viene ucciso.◦ il vero vincitore dello scontro è il satrapo Tissaferne, al quale Antaserse

restituisce le satrapie di Ciro e quindi pieni poteri nelle relazioni con i greci, di cui diviene il principale nemico. Egli offre la guida per il ritorno ai Diecimila, ma li manda presso la corte reale, dove Antaserse li fa uccidere tutti.

◦ i Diecimila, dopo aver eletto un altro comandante, riescono con l'aiuto di guide locali ad attraversare l'Armenia e a raggiungere il Mar Nero, che significa salvezza.

◦ le città greche del Ponto assumono un atteggiamento di diffidenza, per paura che volessero fondare una nuova colonia; mentre all'interno del contingente stesso si verificano sommosse, scontri che rendono impossibile l'aiuto del governatore del presidio spartano a Bisanzio.

• la partecipazione alla fallita impresa di Ciro aveva determinato ostilità di Antaserse verso Sparta, che di riflesso mostra solidarietà verso i Greci d'Asia, in difficoltà dopo il ritorno di Tissaferne nelle satrapie costiere.

In questo clima di guerra contro la Persia, nel 400 Sparta decide di inviare una prima spedizione, con un esercito composto di iloti, divenuti cittadini spartani, da alleati peloponnesiaci, da alcuni cavalieri ateniesi compromessi con il governo dei Trenta e anche da Greci d'Asia.

➢ malgrado alcuni successi nel sottomettere città e piccoli regni locali, l'esercito non riesce a portare a termine l'assedio di Larissa nella Troade: gli efori gli ordinano di sospendere l'operazione e di spostarsi in Caria, dove viene inviato un nuovo comandante.

➢ quest'ultimo decide di appoggiare Tissaferne nella rivalità con Fornabanzo, in modo da avere dalla sua parte molti centri della Troade, e lì conclude una tregua con Fornabanzo.

➢ il comandante Dercillida, passa poi nel Cheroneso Tracico, e organizza in terra tracia un accampamento stabile, difeso da un muro e circondato da terreni coltivabili e pascoli.

Le grandi città ioniche inviano però una delegazione a Sparta per lamentarsi di Tissaferne e per chiedere un intervento in Caria, presso la sede del satrapo.

• solo la vista dei due eserciti schierati convince Tissaferne e Dercillida a firmare una tregua (397), fino a quando nel 396 viene mandato in Asia il nuovo re Agesilao, con i trenta consiglieri, tra cui Lisandro. ◦ il nuovo esercito viene condotto alle porte di Sardi, dove infligge una dura

sonfitta a Tissaferne, che viene fatto uccidere da Antaserse. ◦ il sostituto di Tissaferne, Titraustre con la sua forte autorità determina

cambiamenti nei rapporti con gli Spartani: egli tratta con Agesilao, senza riuscire a convincerlo a ritirarsi, ma dandogli denaro per spostare l'esercito nella Troade, contro Fornabanzo.

Con l'obiettivo di portare la guerra nella Grecia propria, nel 395 i Persiani consegnano denaro a Tebe, Atene, Corinto e Argo, ai fini di un'alleanza con la Persia e di una guerra contro Sparta.

• la missione dà buoni frutti perché, in conseguenza del conflitto fra Focidesi e Locresi in cui muore Lisandro, non solo le città greche si schierano come hanno preordinato i

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Persiani, ma Agesilao stesso è costretto ha lasciare l'Asia per accorrere in Grecia dove prosegue lo scontro con Sparta.

Completiamo in discorso sui conflitti marittimi in Asia, che segnano la fine dell'egemonia spartana nell'Egeo.

• la flotta persiana è comandata dall'ateniese Conone, che passato al servizio di Antaserse, assediato dalle navi spartane a Cauno, vicino ad Alicarnasso, riesce a portare la flotta a Rodi, da cui una rivolta democratica aveva scacciato gli Spartani. ◦ qui la flotta di Conone si ingrandisce per il convergere delle navi di altre città

costiere dell'impero persiano e per le nueve elargizioni che ottenne da Antaserse. ◦ condividendo il comando della flotta con Fornabanzo, nel 394 egli si scontra nelle

acque di Cnido con il navarco spartano, vincendolo. Il merito è di Conone che rientra ad Atene ricevendo accoglienze trionfali.

• mentre Atene, sotto l'impulso di Conone, riscopre i suoi interessi marittimi, stringendo alleanze con alcune città dell'Asia, Sparta riesce a riportare dalla sua parte il favore persiano.

• il nuovo satrapo della Ionia Tiribanzo dopo aver ricevuto un'ambasceria spartana e poi ateniese a cui partecipa anche Conone, fa arrestare quest'ultimo.◦ ma Antaserse non è d'accordo e manda sul posto un certo Struta con il compito di

collaborare con gli Ateniesi.

2. Dalla guerra “corinzia” alla pace di Antalcida

La guerra cosidetta “corinzia” è considerata la prosecuzione del conflitto beotico nel quale trova la morte Lisandro, provocato, dalla missione di Timocrate di Rodi. Incoraggiati dal fallimento spartano, infatti, Tebani, Ateniesi, Corinzi e Argivi si riuniscono a Corinto per decidere il proseguimento della guerra e per attirare nella coalizioni altri alleati (Tessali e Calcidici).

• nella Grecia settentrionale Beoti e Argivi ottengono il primo successo su Sparta, sottraendole nel 394 la città di Farsalo ed Eraclea.

• nell'estate di quell'anno le forze alleate si radunano a Corinto per affrontare gli Spartani, ma lo scontro dimostra la superiorità spartana sugli Ateniesi. Vittoriosi ma bloccati nel Peloponneso, gli Spartani richiamano il loro re Agesilao, il quale, arrivando per via di terra dall'Asia tramite la Macedonia e la Tessaglia, può assalire il nemico nel continente.

• raggiunto da un esercito peloponnesiaco in Beozia, egli vince le forze alleate a Coronea. L'esito della battaglia non è però decisivo: ◦ Agesilao ferito si rifugia a Delfi, mentre gli Spartani sono costretti a rivolgersi contro

la città stessa di Corinto, che riesce a impedire loro il passaggio dell'Istmo grazie alle due “lunghe mura” che collegano la città con i due porti (il Lacheo e Cencrea).

◦ accampati a Sicione, gli Spartani stringono d'assedio i Corinzi, saccheggiandone i campi e suscitando forti contrasti nella popolazione. Quando i dissidenti aiutano gli Spartani a prendere il Lacheo, gli Ateniesi intervengono con una squadra di soldati armati, che ristabilisce il controllo dei Corinzi sul ponto.

• gli Spartani, delusi dalla situazione di stallo sull'Istmo, convocano un congresso a Sparta per offrire l'autonomia ai Greci del continente, ma incontrano l'opposizione dei Tebani, degli Ateniesi e degli Argivi (che avevano approfittato della situazione per annettersi Corinto), tutti impegnati a difendere le proprie sfere egemoniche.

• alla ripresa delle ostilità, nel 390, Agesilao ottengono dei successi sull'Istmo, ma per la seconda volta gli Ateniesi giungono in aiuto dei Corinzi e ottengono una netta vittoria sugli Spartani.

• per quanto riguarda l'Asia, nel 390 la flotta spartana riconquista Samo e Cnido e si accinge a rientrare a Rodi, mentre da Atene parte Trasibulo con 40 navi allo scopo di ripristinare la Lega di Delo. Egli consegue importanti successi ma poi muore nel 388, e nel Cheroneso viene inviato Ificatre che sconfigge il nuovo navarco spartano.

• intanto Tiribanzo torna a Sardi, mettendo fine all'alleanza di Struta con gli Ateniesi e

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preparando la pace con gli Spartani, i quali mandano di nuovo Antalcida in Persia.

Condotta su due fronti bellici la “guerra corinzia” si conclude così in Asia perché nel 387 Antalcida con il cospicuo aiuto persiano riesce a ricostruire una flotta di ottanta navi e a bloccare di nuovo l'Ellesponto al commercio di grano ateniese.

➢ l'impossibilità di commerciare con il Mar Nero oltre alla perdita dell'appoggio persiano, induce gli ateniesi a trattare. Inviati a Sardi dal satrapo Tiribazo, tutti i rappresentatnti delle parti in guerra accettano le condizioni di pace stabilite dal re di Persia, che offre alleanza ai contraenti, ma promette di combattere contro chi non si adegua.◦ le clausole della cosidetta “pace del Re” (o “pace di Antalcida”) prevedono che tutta

l'Asia continentale, con Clazomene e Cipro, compete alla Persia, mentre tutte le altre città devono restare autonome, con l'eccezzione di Lemno, Imbro e Sciro, che rimangono ad Atene.

◦ sedate le proteste dei Tebani e degli Argivi, scontenti i primi dello scioglimento della lega beotica, i secondi perché devono rinunciare a Corinto, all'inizio del 386 la pace è applicata ovunque.

Si tratta della prima “pace comune” fra Greci: essa è garantita dal Re, ma è una pace tra città greche, che dovono essere autonome dalla Persia, e anche l'una dall'altra. Su questo principio si radicano gli ultimi anni della supremazia spartana:

• alleati del re e garanti in Grecia della pace da lui stabilita, gli Spartani riprendono il controllo della Lega peloponnesiaca, l'unica alleanza che, fondata sul principio dell'autonomia, sopravvive alle nuove norme e in cui sono obbligate a rientrare Corinto e Megara, mentre le Cicladi sono costrette a pagare un tributo annuale.

• forti di questa posizione, nel 382 accettano di intervenire a favore di Acanto e Apollonia nella guerra contro la confederazione delle città della Calcidica presieduta da Olinto, che verrà sottomessa nel 379. ◦ da uno dei contingenti partiti verso questa città si stacca una parte che viene

convinta dal re Agesilao a fermarsi a Tebe per occuparne la Cadmea (l'acropoli) e insediarvi una guarnigione.

◦ i fuoriusciti tebani, che si rifugiano ad Atene, unica nel riconoscere negli spartani una violazione della pace, nel 379 riescono a riprendere possesso della loro città e a ripristinare un regime democratico.

◦ questa solidarietà tra Atene e Tebe determina l'intervento dello spartano Sfodria, che nel 378 tenta di attaccare il Pireo, segnando la definitiva rottura della pace.

3. La seconda Lega ateniese e l'ascesa di Tebe

Gli anni successivi alla pace di Antalcidia sono caratterizzati da rapidi cambiamenti nei rapporti fra le principali città greche e anche nella posizione di prestigio di ognuna di esse. In un primo momento è l'accordo tra Ateniesi e Tebani a modificare l'assetto politico della Grecia:

a) i primi riescono a ristabilire alleanze con varie isole dell'Egeo che porteranno alla costituzione della seconda lega marittima;

b) mentre i Tebani in Peloponneso e in Tessaglia ottengono successi militari straordinari.

L'intervento di Atene a favore permette di risolvere la guerra “beotica”, scoppiata nel 378 perché gli Spartani non vogliono accettare il nuovo stato di cose conseguente alla liberazione della Cadmea. Quando nel 377 Agesilao porta il suo esercito porta il suo esercito contro le città della Beozia riunite in un'alleanza comune, è l'ateniese Cabria a comandare i mercenari e a ottenere che resistano all'assalto del re spartano fermi ai loro posti.

• Agesilao però tenta un nuovo attacco alla stessa Tebe, ma il fatto che sia costretto a ritirarsi infonde nuovo coraggio ai Tebani, i quali l'anno successivo (376/375) riescono a sconfiggere gli Spartani in una battaglia.

• nel frattempo Spartani e Ateniesi si affrontano in uno scontro navale nelle acque di Nasso: malgrado le gravi perdite sui due fronti, Cabria torna vittorioso al Pireo, avendo salvato i superstiti e sepolto i morti. In seguito egli muore ad Abdera,

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impegnato ad aiutare la città dagli attacchi dei confinanti Traci; viene quindi sostituito nel comando della flotta da Tomoteo, il figlio di Conone.

Questi successi navali ateniesi si legano alla costituzione della seconda Lega marittima ateniese: è conservato il decreto attico del 377 con il quale si stabiliscono le condizioni dell'alleanza nate dall'esigenza di difendere eleutheria (“libertà”) e l'autonomia minacciata dagli spartani.

• in questo decreto sono iscritte come alleate Atene, Chio, Mitilene, Rodi, Bisanzio e Tebe. Nel 376 con la vittoria della flotta spartana che è accorsa a difendere i propri interessi a Nasso, che ha già aderito alla Lega, gli Ateniesi vedono aumentare il numero degli alleati, con la partecipazione di altre città delle Cicladi, della Calcidica e della Tracia.

La Lega fa capo a un sinedrio costituito da un solo rappresentante per ogni città e insediato ad Atene, ma senza che gli Ateniesi vi partecipino:

• vi si approvano le delibere preparate dalla boulè riguardanti l'ammissione di nuovi alleati, le contribuzioni occasionali da versare alla cassa comune e le trattative di pace.◦ rispetto alla Lega del secolo precedente notevoli sono le garanzie offerte dagli

Ateniesi agli alleati; mentre l'obiettivo politico è spostato contro Sparta che non ha rispettato la libertà e l'autonomia delle altre città. ▪ a chi aderirà alla Lega gli Ateniesi assicurano la possibilità di mantenere il

proprio regime politico e costituzionale, senza l'obbligo di ricevere presidi e magistrati ateniesi né di pagare il phòros. Inoltre essi promettono di rinunciare alle cleruchie, così che nessun ateniese può avere possedimenti nei paesi degli alleati.

La rifondazione della Lega marittima spinge gli Ateniesi a rinnovare la pace generale del 386 (su iniziativa di Artaserse preoccupato degli scontri tra le città greche). Nel 375 i Greci accettano la proposta, solo i Tebani si mostrano contrari perché

• non vogliono che i patti siano convalidati dalle altre città della Beozia: le loro ragioni mirano ad ottenere la legittimazione dell'egemonia tebana sulla Beozia.

Le relazioni di Tebe con Atene e le altre città greche si guastano. • il primo scontro avviene nel 373 quando i Tebani distruggono Platea difesa dagli

Ateniesi. Dopo Platea i Tebani assoggettano altre città beotiche, cosicché nel 370 tutta la Beozia sarà loro sottomessa.

Intanto i conflitti tra Sparta e Atene continuano soprattutto a causa dei rinnovati progetti imperialistici di questi ultimi.

La mancata adesione alla pace comune costa a Tebe l'isolamento militare, perché nessuna altra città greca può allearsi con essa, e quindi una apparente debolezza, che si rivelerà ingannevole.

• Gli Spartani decidono di mandare una spedizione in Beozia: lo scontro avviene a Leuttra, dove l'esercito tebano, guidato da Epaminonda, riesce a respingere il nemico

• la data della battaglia di Leuttra, il 371, costituisce per i Greci la fine di un epoca, soprattutto la fine di quell'egemonia militare spartana che dura da secoli. La notizia terribile giunge a Sparta ma gli efori convincono i parenti delle vittime a fare come se nulla fosse.◦ nemmeno ad Atene la notizia provoca le reazioni attese dai tebani, il cui messo non

viene ascoltato.

Il profilarsi di questa nuova potenza indice gli Ateniesi a convocare, dopo la battaglia, i rappresentanti degli stati peloponnesiaci, ora minacciati dai Tebani e a concludere con essi una alleanza militare, che per il momento esclude gli Spartani.

• tale congresso riflette la volontà comune degli Ateniesi di rinnovare la pace comune del 375 e di approfittare del malcontento dei Peloponnesiaci nei riguardi di Sparta

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• poiché l'affermazione di Tebe impedirà ad Atene di consolidare il proprio potere in quella direzione, nel 369 Atene e Spartani sanciscono una alleanza per sancire i diritti di competenza sul mare dei primi e su terra dei secondi, con una finalità antitebana◦ questo accordo provoca conseguenze sull'assetto della lega Ateniese che dopo

l'espansione nel 371/370 grazie all'adesione delle città del Peloponneso subisce il distacco, oltre che di Tebe, delle città dell'Eubea e dei Calcidesi di Tracia

Alla richiesta di aiuto dei tebani risponde Giasone di Fere, il tagos dei Tessali, che vede la possibilità di inserirsi nella politica delle città greche:

• dopo aver assalito una colonia di Sparta, entra in Grecia non con l'intenzione di far guerra agli Spartani, ma con quella di porsi come mediatore fra questi e i Tebani

• In seguito svela le sua intenzioni egemoniche rivendicando ai Tessali la supremazia nell'anfizionia delfica nel 370. Nello stesso anno una congiura lo uccide e si apre un turbolento periodo nella zona della Tessaglia, verso la quale Pelopida indirizzerà l'interesse tebano

Epaminonda si concentra in una politica peloponnesiaca di chiara impronta anti-spartana, aiutato dai fermenti politici nati in quella regione con la crisi dell'egemonia di Sparta.

• gli abitanti della Arcadia e della Messenia si mobilitano per darsi una costituzione confederale, mentre anche l'Elide approfitta della debolezza spartana per affermare la propria autonomia

Sulla base di questo assetto politico, Epaminonda organizza delle spedizioni nel Peloponneso:• la prima inizia nel 370 ed è sollecitata da un inutile attacco che il re spartano Agesilao

sferra contro Tegea, che sarebbe accusata di alimentare le discordie all'interno della confederazione

• la coalizione guidata dai Tebani prosegue per la Messenia, dove i moti di ribellione sono numerosi.

4. Tebe e l'egemonia “mancata”

Le storie dei due eroi dell'egemonia tebana si svolgono in due aree geografiche diverse, con una divisione delle loro forze:

• dopo la prima spedizione nel Peloponneso Epaminonda si preoccupa solo di questa regione;

• mentre Pelopida, accogliendo l'invito dei Tessali del 368, si dedica fino alla morte a dimostrare il suo valore militare e politico nel nord della Grecia.

Dopo la ripresa dei tentativi di dominio sul resto della Tessaglia da parte del nuovo tiranno di Fere, gli abitanti di Larissa, che in un primo momento erano ricorsi ad Alessandro di Macedonia, cercano l'aiuto dei Tebani.

• Pelopida prende sotto la sua protezione le città della Tessaglia settentrionale e si reca in Macedonia per trattare con Alessandro II

Nel 369 Epaminonda riporta l'esercito nel Peloponneso, limitandosi ad intervenire nel Nord della penisola

• egli ottiene l'alleanza di Sicione, mentre gli resistono i Corinzi, contro cui sferra un duro attacco

La solidarietà contro il pericolo tebano percorre ormai tutta la Grecia: all'alleanza stipulata tra Atene e Sparta e all'aiuto portato da Atene a Corinto, bisogna aggiungere quello di Dionigi II di Siracusa, che invia a Corinto un gran numero di legionari. Altri mercenari arrivano dalla Persia, insieme a un inviato del Re che però non riesce a ristabilire la pace.

Nel Peloponneso però anche la Lega Arcadica ha esteso le sue alleanze e resiste all'attacco dell'esercito spartano, il quale nella battaglia “senza lacrime” (367) non riesce a domare la nuova lega, che tra il 370-367, si sforza attraverso una importante operazione di sinecismo (“abitare insieme”: atto politico consistetene nell'unire in un unico stato cittadine di comunità fisicamente separate).

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• la fondazione di Megalopoli da parte degli Arcadi pur rispondendo all'incoraggiamento politico di Epaminonda e avvalendosi del suo appoggio militare essi sembrano agire in maniera autonoma. La nuova città è la capitale della confederazione degli Arcadi, che scelgono di costruirla in una posizione adatta alla difesa contro attacchi di Sparta.

Sul versante settentrionale la situazione è compromessa dalla morte di Alessandro II di Macedonia e Pelopida, timoroso della vicinanza tra Ateniesi e Macedoni decide di rinnovare l'alleanza di Tebe con i Macedoni. In garanzia del trattato ottiene ostaggi macedoni da portare a Tebe.Nel 367 Epaminonda compie la sua terza discesa nel Peloponneso, procurandosi l'alleanza delle città dell'Acaia, mentre Pelopida parte per una ambasceria a Susa:

• in quello stesso anno la politica tebana ottiene riconoscimento dal re di Persia, che, convocato un nuovo congresso militare a Susa, accetta le richieste di Pelopida, respinte dagli altri Greci. Il riconoscimento persiano ha peso anche nella politica interna di Tebe, dove nel 364 Epaminonda riesce a imporre il suo programma di estendere l'egemonia tebana sul mare, creando una flotta e una rete di alleanze con le più importanti città marinare◦ nonostante gli Ateniesi tentino di fermarlo, egli raggiunge Bisanzio, la quale

abbandona Atene e convince anche le città di Rodi, Chio e Cos a lasciare la lega ateniese per allearsi con Tebe

Intanto in Tessali continuano a combattere il signore di Fere e chiedono a Tebe l'invio di Pelopida in loro aiuto. Pur accogliendo la richiesta, l'assemblea dei Beoti invia un esercito di scarso numero.

• Tessali e Beoti riportano una vittoria, ma Pelopida muore.

La pace con Alessandro di Fere è conclusa da altri generali tebani che lasciano al principe sconfitto la sua città, mentre l'Acaia Ftiotide e una parte della Magnesia diventano autonome (in realtà controllate da Tebe), mentre le altre città tessali riguadagnano la propria indipendenza.Nel 362 Epaminonda scende per la prima volta nel Peloponneso, chiamato dagli Arcadi di Tegea contro Mantinea, città arcadica che voleva tornare alla vecchia amicizia spartana.

• Questo episodio crea una spaccatura tra i Greci, che si schierano con l'una o l'altra parte dell'Arcadia:◦ con i Mantineesi, oltre agli Spartani, stanno gli Elei, gli Ateniesi e i loro alleati; ◦ con i Tegeati si schierano i Tebani, i Tessali, gli Achei, gli Argivi e gli altri loro alleati

peloponnesiaci

I due schieramenti si affrontano a Mantinea: lo scontro provoca gravissime perdite per su entrambi i fronti, tale che risulta difficile assegnare la vittoria. I vincitori sono i Tebani, ma la morte di Epaminonda annulla la vittoria, perché i suoi alleati si ritirano nei paesi di provenienza invece di inseguire i vinti, dando l'impressione che senza i suoi due grandi protagonisti la potenza tebana sia destinata ad esaurirsi. In seguito allo scontro viene rinnovata la pace comune, che sancisce la divisione dell'Arcadia in due leghe: quella intorno a Tegea e Megalopoli e quella che fa capo a Mantinea, in modo poco gradito a Sparta, che si tiene fuori dal trattato.

5. La crisi di Atene e la dissoluzione della seconda Lega

Negli anni successivi alla battaglia di Mantinea la pace comune di Atene si fonda su una politica estera prudente e un assetto interno alla città che regoli le pressioni fiscali.

➢ la crisi ateniese è dovuta al disagio in cui si trovano i cittadini più ricchi, costretti oltre che alle consuete liturgie a una pesante tassazione di guerra ormai fissa. In questo clima di forti contrasti fra le varie componenti della popolazione ateniese, proprietari terrieri, artigiani, meteci e mercenari, i ricchi scontenti si fanno portavoce di una politica moderata, contraria alla guerra, attenta alle violazione della “pace del Re”, ma

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consapevole della necessità degli approvvigionamenti granai, soprattutto dal Mar Nero, e anche dall'Egeo, dove Atene stava perdendo terreno. Questa visione è portata avanti da Isocrate, che esercita una grande influenza sulla politica ateniese con la sua attività pubblicistica.

Il clima politico ateniese è segnato anche da una serie di processi intentati a uomini di prestigio. Oltre all'intensa attività dei tribunali, un altro sintomo della frammentazione del potere che caratterizza l'Atene del Iv secolo è la specializzazione quasi burocratica delle cariche, a partire da quella dell'amministrazione della cassa dei fondi per assistere agli spettacoli teatrali.

Questa situazione si aggrava dopo la cosidetta guerra “sociale” che priva Atene dei contributi degli alleati.

• tra il 365-362 si datano gli ultimi successi orientali di Timoteo che portano alla sottomissione di Samo e di alcune città della Tracia.

• tra il 363/362 si affermano altri comportamenti ateniesi in contrasto con il programma della seconda Lega, come l'intromissione in alcuni importanti processi delle città alleate; Atene riesce a imporre inoltre forti limitazioni commerciali a sua favore, e negli anni della guerra sociale a insediare un magistrato ateniese in alcune città. ➔ sono tali fenomeni a spiegare il fallimento della seconda Lega.

Le stesse città che avevano dato ascolto alle lusinghe di Epaminonda, cioè Bisanzio, Chio, Rodi e Cos, di lì a poco se ne staccano di nuovo, incitate dal re di Caria Mausolo. Un satrapo persiano riuscito a fondare una vera e propria dinastia regale e ne ha stabilito la capitale ad Alicarnasso. Nelle tre grandi isole, Chio, Rodi e Cos, in coincidenza con la ribellione e il rifiuto di pagare i contributi, nel 357 avviene anche un cambiamento di governo in senso democratico.

• gli ateniesi reagiscono assaltando Chio, e nel 356 riescono con una flotta guidata da Timoteo a liberare Samo, ma non a riprendere Bisanzio.

• tornate in direzione di Chio le forze ateniesi si scontrano con i nemici, le cui schiere si sono ingrossate per partecipazione di altre città greche d'Asia, e vengono sconfitte.

• la situazione della Lega viene aggravata dalle iniziative contro i possedimenti e le località di influenza ateniese nell'area Tracia intraprese dal nuovo re di Macedonia, Filippo II. Nel 355 gli Ateniesi sono costretti a concludere una pace con gli alleati ribelli, attraverso un trattato che riconosce il distacco dalla Lega dagli alleati Chio, Rodi e Cos, oltre che Bisanzio e di altre città minori. Tale riconoscimento incoraggia altre defezioni della Lega ateniese, che ormai è composta solo dalle Cicladi, dalle città dell'Eubea, da alcune città della Tracia e da Corcira.

Negli anni successivi si ribellarono ad Atene la città di Lesbo, ma queste perdite sono in qualche mode riequilibrate dal fatto che il Cheroneso diventa, per breve tempo, quasi tutto in possesso di Atene.

• Carete occupa Sesto massacrandone i cittadini e rimpiazzandoli con cleruchi;• questa crudeltà viene ad infrangere qualsiasi illusione di un rinnovamento della Lega;

Atene, con quel che rimaneva della Lega marittima, nel 346 deve stipulare con il re macedone Filippo la pace di Filocrate, il cui dettato prevede che le forze navali ateniesi, che rimangono le migliori dell'Egeo, operino per combattere la pirateria.

• malgrado una serie di alleanza separate, la seconda Lega ateniese si avvia al suo disfacimento che sarà definitivo nel 338, con la vittoria di Filippo a Cheronea.

6. La dynastéia siciliana dei due Dionisii

In Sicilia l'impero creato da Dionigi I conobbe prestigio a livello internazionale. In ambito ellenico la sua tradizionale alleata è Sparta, col cui appoggio interviene più volte in armi nel continente greco, durante la guerra “corinzia”, in relazione alle vicende dell'assedio di Corcira e in connessione con l'offensiva tebana in territorio peloponnesiaco.

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➢ i suoi interventi, tranne l'ultimo, sono tutti diretti contro Atene. Ma dopo la battaglia di Leuttra e il conseguente avvicinamento tra Atene e Sparta, egli si trova in buoni rapporti anche con la capitale attica, che nel 367, stringe con lui un'alleanza formale.

Tale notorietà di Dionigi ad Atene permette di comprendere la ragione del primo viaggio (388) di Platone in Sicilia, dopo un suo soggiorno a Taranto da Archita. Il filosofo ateniese, sia a Taranto che a Siracusa, ricerca la traduzione “operativa” di un modello di trasformazione politica che possa essere valido per tutto il mondo ellenico.

• a contatto con la Siracusa di Dionigi, Platone riconosce al tiranno il merito di aver respinto i barbari, ma non il diritto a usare violenza alla pòlis: riparte quindi deluso dalla Sicilia.

• l'interessamento di Platone indica l'eccezionalità della costituzione di Dionigi, sotto il cui governo, Siracusa assurge al ruolo di massima potenza del Mediterraneo.

Duplice e contraddittoria è l'immagine di Dionigi: da un lato filo-barbaro e dall'altro difensore della grecità, da un lato monarca illuminato e dall'altro rude tiranno. Dalla tradizione antica ereditiamo anche un nuovo termine per definire la sua sovranità dynastèia.

Se contraddittorio appare il giudizio della storiografia su Dionigi I, su suo figlio, Dionigi II, è ostile. Egli era più dedito a coltivare studi filosofici che non ad attendere agli affari di stato, dai quali il padre l'aveva tenuto lontano. Alla morte del padre,

• in politica interna attenua talune forme del dispotismo del padre, liberando i prigionieri politici e alleggerendo la pressione fiscale;

• in politica estera, ribatte le orme paterne: interviene contro Tebe al fianco di Sparta; combatte contro il barbaro in difesa dei Greci d'Italia; intrattiene buone relazioni con Taranto; riprende la politica di espansionismo in Adriatico.

Ispiratore della sua politica è Dione, discepolo di Platone. Ciò spiega perché il filosofo ateniese nel 366 ritorni alla corte siracusana per tentare un'illuminata restaurazione politica. Col giovane Dionigi egli sostiene la rinuncia volontaria al dispotismo, l'introduzione in Siracusa di una costituzione aristocratica, e la resurrezione, come comunità autonome, delle città greche che il padre aveva cancellato o distrutto (infatti promosse la rifondazione di Reggio).

• ma l'influenza di Platone è presto mitigata da quella di Filisto, tornato a corte dopo un periodo di esilio, ma grande sostenitore della politica del padre Dionisio I.

• la crescente influenza di Dione induce il tiranno ad allontanare dalla corte sia lui che Platone, che si ritirano ad Atene.

• dopo il fallimento nel 361 del nuovo viaggio del filosofo a Siracusa, Dione medita di ritornare in patria come liberatore, anche perché la situazione politica di Dionigi II era diventata critica. Confortato dall'adesione che suscita preso i membri dell'Accademia e forte del tacito appoggio di Corinto, raduna a Zacinto un contingente di armati con il quale muove verso Siracusa, attraversando lo Ionio in mare aperto per schivare la flotta di Dionigi II stanziata sul canale di Otranto.◦ durante questa traversata rischiosa i venti lo trascinano prima in Africa e poi in

Sicilia, dove stringe alleanza con i Cartaginesi, sempre pronti a fomentare lotte interne alla grecità.

◦ nel 357, Dione dopo essere stato accolto come liberatore ad Agrigento, Gela, entra anche a Siracusa, senza usare la forza, perché il popolo insorge contro il tiranno.

◦ il tiranno si ritira sotto assedio nella roccaforte di Ortigia, per poi sottrarsi ad esso fuggendo a Locri.

◦ benché sia riuscito a cacciare il tiranno, Dione non è però in grado di imporre un'oligarchia illuminata di stampo platonico. Siracusa, città commerciale e industriale, non può appoggiare un regime basato sull'utopia e gestito da un'intellettuale aristocratico che arriva a proporre lo scioglimento della flotta. ▪ per placare il malcontento, Dione sopprime i suoi avversari politici, circondandosi

di armati e rifiutando il dibattito politico. Trasformatosi nel nuovo tiranno, nel

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354 cade vittima di una congiura, ordita da Callippo, che diventa a sua volta tiranno.

◦ Callippo viene presto ucciso e spodestato da Ipparino, figlio di Dionigi I, cui succede il fratello.

◦ Del fallimento dell'ideale platonico approfitta però Dionigi II, che rientra in patria da Locri nel 347.

La situazione è grave non solo per l'anarchia che regna a Siracusa, dove Dionigi non riesce a ristabilire l'ordine, ma anche in tutta la Sicilia. La dissoluzione dello stato egemone ha infatti favorito le spinte separatiste da cui deriva l'arcipelago di tirannidi che sorgono a Messina, Leontini, Catania, Agiro e Agrigento.

➢ questo frazionamento determina una maggiore fragilità nei confronti della successiva spedizione cartaginese del 345. Gli oppositori di Siracusa di Dionigi II, non confidando nelle sue capacità, chiedono aiuto a Corinto, mentre il tiranno di Leontini, muove contro Dionigi II, che si asserraglia nella sua reggia ad Ortigia. La sua resistenza dura quasi un anno, finchè il corpo della spedizione inviato dalla madrepatria non lo sottrae alla situazione, consentendogli di emigrare a Corinto.

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CAPITOLO VIII: DALLA MACEDONIA ALL'IMPERO UNIVERSALE

1. Il regno macedone fino a Filippo II

Il regno di Macedonia era riunito fin dal VII secolo sotto la dinastia degli Argeadi. • benché appartenenti a una nazione di lingua greca gli antenati di Filippo faticano a farsi

riconoscere come Greci. Basti pensare che Alessandro I lasciò passare nel suo territorio l’esercito persiano condotto contro la Grecia nel 492 e nel 480.

Nella guerra del Peloponneso ha una parte di rilievo Perdicca II, figlio Alessandro I, che passa con disinvoltura dall’alleanza con Atene a quella con Sparta.

• dopo la morte del padre egli per un certo periodo deve dividere il regno con due fratelli, Alceta e Filippo, e poi sono con Filippo.

Dopo una prima fase del conflitto che vede i Macedoni appoggiare gli Ateniesi, i Macedoni passano dalla parte Spartana allorché cominciano a contrastare la colonia ateniese di Anfipoli, rafforzando la città di Olinto, nella quale i Macedoni vedevano un ottimo sbocco commerciale.

Al lungo regno di Perdicca II succede, intorno al 413, succede quello più breve del figlio Archelao, ucciso nel 399.Il suo regno però si distingue per l’apertura culturale e l’abilità nell’organizzazione del regno:

- la capitale viene trasferita a Pella, dove vengono accolti vari artisti, tra cui il tragediografo Euripide

- viene costruita una nuova rete viariaArchelao riesce a ristabilire buoni rapporti con gli Ateniesi, da cui possono trarre il legname indispensabile per le navi. A dispetto del consenso dei Greci, Archelao suscita però lo scontento dei nobili macedoni:

• verrà infatti ucciso in seguito ad una congiura di palazzo.

Dopo la morte di Archelao si assiste a una situazione di lotte per la successione, che conferma come ancora nel IV secolo la monarchia macedone mantiene caratteri di precarietà elettiva e in parte somiglianze al modello di regalità descritto nei poemi omerici (il re dei Macedoni è infatti circondato da compagni e al momento dell’elezione deve venire acclamato dall’assemblea del popolo in armi). Succede così che in pochissimi anno vengono uccisi ben quattro re:

• infine nel 392 viene eletto Aminta III, che riprende la politica di Archelao, tesa a mantenere buoni rapporti con i Greci.

• Aminta muore nel 370 e gli succede il figlio Alessandro, che verrà ucciso in una congiura.

• ad Alessandro gli subentra il giovane figlio Perdicca, che viene ucciso appena raggiunge la maggiore età, nel 365.

• Perdicca III muore invece nel 359. • alla sua morte, la minore età del figlio Aminta comporta di fatto la salita al potere dello

zio Filippo. Dapprima è solo reggente, e solo nel 355 verrà incoronato re.

In gioventù Filippo aveva passato due anni a Tebe come ostaggio, imparando però molto della vita e delle usanze greche, tra cui probabilmente le tecniche militari, dal momento che la chiave del successo di Filippo è proprio la riorganizzazione dell’esercito, che va comunque ad inserirsi in una riforma generale dello stato macedone e tesa a dare al potere centrale un maggiore controllo di tutto il paese, sotto l’aspetto politico, finanziario e militare.

• l’assetto arcaico dello stato macedone impone infatti ancora il sostegno dell'aristocrazia terriera, che costituisce il nerbo della cavalleria.

• Filippo se ne garantisce la fedeltà, chiamando a corte i giovani eredi delle principali famiglie macedoni e creando con essi una guardia reale.

I maggiori progressi dell’esercito macedone riguardano però la riorganizzazione della fanteria, che viene riorganizzata in falangi.

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Questa riforma militare consente ai Macedoni di sconfiggere gli Illiri nel 358, vittoria che costituisce un doppio successo:

- respingere gli invasori- sottomettere i piccoli principati dell’Elimotide, l’Orestide e il Lincestide, da sempre

recalcitranti a sottomettersi al potere centrale.

2. Prime interferenze con la politica ateniese

Filippo decide di intervenire nella sfera di influenza Ateniese in Tracia: • nel 357 occupa Anfipoli, assai ambita perché adiacente a zone minerarie e produttrici

di legname.• l’anno successivo conquista Pinda e Potidea, poi ceduta alla lega di Olinto, e continua la

sua espansione in Tracia, annettendo il territorio della colonia tasia di Crenide, che trasforma nella città di Filippi, e assicurandosi così il possesso delle miniere d’oro e d’argento del Pangeo.

Filippo mette subito a frutto le sue conquiste, utilizzando le riserve metalliche per creare un nuovo sistema monetario, basato non solo su coniazioni d’argento e auree:

• tale iniziativa mette la Macedonia in condizione di competere con le monete di Atene e della Persia e soprattutto di sostenere grandi spese militari.

• con l’altra grande risorsa della Tracia, il legname, Filippo arma una flotta con la quale comincia l’occupazione delle città greche della costa: nel 354 vengono conquistate Abdera e Maronea.

Con questa politica espansionistica macedone, assistiamo alla ripresa dei contrasti tra Macedoni e Ateniesi. Atene infatti invia una flotta per fermare le occupazioni:

• la flotta macedone evita lo scontro, ripiegando sulla costa macedone, dove però Filippo si impossessa di Metone.

Intanto Filippo è chiamato a intervenire anche in Tessaglia: • Larissa chiede il suo aiuto scontro il tiranno di Fere, che conta invece sul focidese

Onomarco.• i macedoni entrano in Tessaglia con l’esercito, ma sono costretti a ritirarsi dopo

essere stati sconfitti per ben due volte dai Focidesi. • nel 352 Filippo si prende però la rivincita su Onomarco, che viene ucciso durante una

sanguinosa battaglia. ◦ il re macedone si assicura così il potere sulla Tessaglia, che comporta anche il

controllo sulle rotte seguite dagli Ateniesi verso l’Egeo settentrionale.

Questa avanzata di Filippo rappresenta un duro colpo per Atene, che in questo momento si riaffaccia sulla scena politica e militare dopo un periodo di ripiegamento interno, motivati dai problemi finanziari conseguenti al fallimento della seconda Lega.

• questa situazione costringe ovviamente Atene ad una amministrazione più oculata, il che impedisce investimenti su politica estera e imprese militari.

Solo la minaccia di Filippo costruisce spinge Eubulo ad abbandonare la politica di massima prudenza;

• nel 352, quando il re macedone si rivolge verso la Grecia centrale, alla difesa delle Termopili trova schierati gli Ateniesi, insieme a Focidesi, Spartani e Achei.

• Filippo non raccoglie la sfida e riconduce l’esercito indietro e si rivolge all’Illiria, dove organizza delle fortezze di medie dimensioni, all’Epiro, che riduce in parte in suo potere, e alla Tracia orientale, dove ottiene la sottomissione di Chersoblepte.

Inoltre si guastano i rapporti con la Lega Calcidica e con Olinto, che passa dalla parte ateniese e accoglie Arrideo, il rivale del re nella successione al trono di Macedonia.

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• Filippo allora attacca in Tracia tutte le città calcidiche che chiedono la protezione di Atene. Nonostante l’energica denuncia da parte dell’oratore Demostene della politica aggressiva di Filippo (la famosa Prima Filippica del 349), nel 348 il re macedone sferra un attacco decisivo alla città di Olinto e occupando le altre città, inutilmente aiutate da una spedizione ateniese.◦ tale fallimento, a cui si aggiunge la ribellione e indipendenza di alcune città

euboiche, costringe Demostene a recarsi a Pella per trattare con il re macedone.

Dal momento che queste iniziative diplomatiche si rivelano inutili, nel 346 l’ecclesia è costretta a concludere la pace e ad accettare le dure condizioni poste dal re, che consistono nella accettazione reciproca dello status quo.

3. Dalla “terza guerra sacra” all’intervento di Filippo in Grecia

Da questa pace, detta pace di Filocrate, Filippo si vede riconosciuto l’assoggettamento della Tracia e il controllo politico sulla Focide.

• questo ci obbliga a tornare indietro di qualche anno per considerare gli eventi che vanno sotto il nome di “terza guerra sacra”, cioè la guerra riguardante Delfi, durata circa dieci anni (356-346).

In particolare i Focidesi erano intenzionati a riprendere il predominio sul santuario che avevano avuto prima della “seconda guerra sacra” (448-446), dal momento che ormai continuava l’egemonia di Tebe sull’Anfizionia delfica.

Accusati da Tebani e Tessali di sacrilegio per aver coltivato alcuni terreni sacri e obbligati dal consiglio anfizionico a pagare una forte multa,

• nel 356 i Focidesi, guidati da Filomelo (il quale mette in piedi un grande esercito di mercenari pagati con il tesoro del tempio) occupano il santuario, con il sostegno di Sparta e Atene.

• ma i Tebani, che non vogliono assolutamente rinunciare alla supremazia sul santuario e sulla Grecia centrale, sollecitano la formazione di una forte coalizione contro i Focidesi, composta soprattutto da Locresi e Tessali.◦ nel 355 e nel 354 i Focidesi ottengono importanti vittorie sui Locresi e sui

Tessali. ◦ in un successivo scontro Filomelo viene però ucciso, e viene rimpiazzato con

Onomarco, che amplia il raggio d’azione della guerra.

E’ infatti proprio Onomarco che nel 353, alleato con Fere, vince in due battaglie Filippo, intervenuto in Tessaglia a favore degli Alveadi.

• ma il re macedone l’anno successivo riesce a vendicarsi: i Focidesi sono sconfitti e Onomarco giustiziato.

Il comando dei Focidesi viene assunto dal fratello Faillo, che aumenta la paga dei mercenari e sollecita gli aiuti alleati, con i quali si schiera alle Termopili per fermare Filippo.

• dopo aver subito una serie di sconfitte in Beozia, Faillo ripiega sulla Locride, dove sottomette alcune città prima di ammalarsi e morire.

Gli succede il giovane figlio di Onomarco, Faleco, che porta avanti i combattimenti con fatica, ma alla fine del 351 riesce a occupare Cheronea.

• I Tebani si trovano quindi in grande difficoltà.Intanto proseguono le razzie e le incursioni dei Focidesi in Beozia, i quali allora chiedono aiuto ai Macedoni,

• che cominciano coll’inviare un piccolo contingente;• ma quando i Focidesi a loro volta riescono ad ottenere l’aiuto del re spartano

Archidamo, allora i Macedoni inviano un grande esercito, affiancato anche dai Tessali.

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La potenza dell’esercito macedone scoraggia i Focidesi a proseguire la guerra, i quali allora si affrettano a ratificare la pace di Filocrate, si convincono della necessità della resa e pertanto organizzano delle ambascerie presso il re macedone.

• ma i Focidesi vengono severamente puniti: le loro città vengono distrutte e sono costretti a vivere in piccolissimi villaggi a cui viene imposto un pesante tributo per rifondere il tesoro del tempio che loro avevano dilapidato.

• inoltre di due voti che spettavano all’Anfizionia deflica ai Focidesi passano a Filippo, il quale può così intervenire in modo legittimo nel mondo delle città greche.

4. Filippo e Atene fino a Cheronea

Ad Atene i veri esponenti politici del tempo sono gli oratori, i quali, di fronte alla vittoria di Filippo e all’evidenza debolezza delle città greche, assumono atteggiamenti molto diversi:

• in generale si può dire che mentre gli oligarchici lo vedono con favore, i democratici lo avversano.

• di certo nel regime monarchico macedone viene visto un modo per supplire al vuoto creato dalla decadenza politica e finanziaria delle città greche. Debolezza delle città greche che viceversa favorisce l’intromissione di dinasti stranieri nei loro affari.

Gli atteggiamenti diversi nei confronti di Filippo sono esemplificati da Isocrate e da Demostene.

Isocrate nel 346 compone il Filippo: • orazione con la quale scandalizza molti suoi concittadini, glorificando Filippo come

discendente di Eracle e invitando Filippo a condurre tutti i Greci contro i Persiani.• in questa proposta di vincere insieme i barbari, si può intravedere il tentativo di

distogliere dalla Grecia gli atti di prepotenza dei Macedoni, ma nello stesso tempo l’implicito riconoscimento della debolezza di Atene e delle altre città greche.

Intanto Demostene intraprende una dura battaglia interna contro i sostenitori di Filippo ad Atene e non solo:

• intraprende infatti un viaggio nel Peloponneso in cerca di altri sostenitori alla causa anti-macedone, che però non ha successo.

Dato il rifiuto della stessa Sparta, nella Secondo Filippica (344/343) afferma di essere disposto ad abbandonare la politica filo spartana e a superare la consolidata ostilità tra Atene e Tebe in favore di un'intesa con quest’ultima contro Filippo.

Intanto tornano ad affacciarsi in Grecia i Persiani, che nel 343 mandano una delegazione con richieste di alleanza che vengono respinte da Atene, ma accettate da Argivi e Tebani.

• con l’impero persiano nello stesso anno stringe un accordo anche Filippo, tenendo però un atteggiamento contraddittorio che, vista l’attenzione rivolta a crearsi una base in Anatolia, sembra preludere a una possibile campagna contro la Persia.

In questa prospettiva, Filippo mira ad espandersi nell’area degli Stretti, tentando di impossessarsi di Perinto e arrivando a minacciare addirittura Bisanzio.

• con questa azione, unita all’amicizia che Filippo stringe con Ermia, che controlla una vasta porzione della costa asiatica rimasta indipendente dal Grande Re, guadagna alla Macedonia l’aperta ostilità con i Persiani, oltre che all’ostilità di Atene, per aver messo in crisi i suoi commerci con il Mar Nero.

Quando Ermia viene fatto assassinare dai Persiani, Filippo si trova in una situazione di stallo, data l’impossibilità di avanzare nella zona degli Stretti, costretto per di più a contrastare gli Ateniesi che giungono sempre più numerosi nel Chersoneo, in particolare per la difesa di Perinto.

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• lo scontro si aggrava nel 341 poiché Cardia, l’unica città della penisola alleata dalla Macedonia, viene attaccata dai mercenari ateniesi.

• a questo punto Demostene, sempre più intenzionato a ostacolare i progressi di Filippo, compone una Terza Filippica, con la quale convince gli Ateniesi alla guerra.

Demostene, recandosi personalmente nell’Ellesponto, guadagna ad Atene l’alleanza di Perinto e Bisanzio e forse chiede addirittura aiuto finanziario al re di Persia. Atene si guadagna infine anche le alleanze di Chio, Cos e Rodi, che sono le più importanti città dell’Egeo.

Nel 341 Demostene interviene anche in Eubea, dove si era già estesa l’influenza di Filippo, e con le armi riesce a convincere le città avversarie a cambiare atteggiamento nei confronti dei Macedoni e a costituire una sorta di lega con a capo Calcide, destinata poi a confluire, con il koinon tebano in una nuova grande lega panellenica contro Filippo.

• come risposta a questa alleanza, Filippo torna nel 340 ad attaccare Perinto e Bisanzio, dichiarando formalmente guerra ad Atene, ma le due città Ellespontiche vengono difese con successo da Atene, dal satrapo della Frigia e da Rodi, a tal punto da costringere i Macedoni alla ritirata.

Demostene conosce il massimo della gloria, ma il successo ateniese ha una durata quanto mai effimera, perché di lì a poco Filippo trova il modo di tornare in Grecia sfruttando la sua posizione nell’Anfizionia delfica (dove controlla la maggioranza dei voti, quale egemone dei Tessali ed eredi dei seggi Focidesi) e favorendo una nuova guerra sacra.

• sono i Locresi questa volta ad accusare gli Ateniesi di sacrilegio, per aver inviato offerte al santuario prima che venisse riconsacrato. Gli Ateniesi ribaltano l’accusa, sostenendo che sono stati i Locresi a coltivare un terreno sacro.

• nel 399, dopo un’ultima spedizione dell’esercito anfizionico, è Filippo stesso a prenderne il comando, entrando in Beozia e occupando Elatea, situata in direzione dell’Attica.

• presi dal panico, gli Ateniesi decidono di seguire la politica di Demostene, che prevede di sollecitare l’alleanza e la resistenza della Beozia.

Da questo momento Tebe si trova al centro delle attenzioni diplomatiche non solo di Atene, ma anche di Filippo, che propone a Tebe un’alleanza.

• alla fine Tebe decide di allearsi con Atene: si forma una alleanza che comprende Tebe, Atene, l’Eubea, l’Acaia e Megara, mentre si schierano con Filippo i Tessali e gli altri membri dell’anfizionia.

Dopo i primi scontri che avvengono tra la Beozia e la Focide in cui si registrano i primi successi per la colazione greca, dal 338 lo scontro è favorevole ai Macedoni, i quali tentano addirittura inutilmente di convincere Atene e Tebe di rinunciare alla guerra.

• lo scontro definitivo è una battaglia navale: i Tebani vengono sbaragliati e gli Ateniesi subiscono molte perdite, soprattutto in termini di prigionieri. Demostene riesce comunque a fuggire.

Intanto Atene si dispone a un’estrema difesa della città, per cui vengono presi provvedimenti straordinari, come la cittadinanza agli stranieri e la liberazione degli schiavi.

• Filippo dimostra comunque un atteggiamento tutt’altro che aggressivo, non sembra in fondo voler attaccare la città: questo atteggiamento di Filippo determina così il prevalere del partito pacifista in Atene sui politici antimacedoni e il raggiungimenti di un accordo.

Il rispetto del ruolo di primato svolto da Atene nel mondo greco risponde da parte di Filippo a un più ampio disegno politico di aggregazione panellenica, anche se ovviamente sotto l’egemonia macedone.

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Questo progetto culmina nel 337 con la convocazione dei rappresentanti di tutte le città greche (solo Sparta non partecipa):

• oltre a garantire comunque l’autonomia di tutte le pòleis greche, si stabilisce la creazione di una Lega ellenica riunita sotto il comando militare di Filippo e finalizzata alla lotta contro re persiano, che si vuole lasci libere le città greche d’Asia.

Vengono così organizzati i preparativi per una grande guerra contro la Persia, progetto che viene però interrotto dalla morte di Filippo, che nell’estate del 336 viene pubblicamente assassinato da una sua guardia, Pausania.

5. In Occidente: le spedizioni di Timoleonte e Archidamo

Nel periodo considerato le vicende della Grecia si legano direttamente a quelle del mondo coloniale d’Occidente, dove condottieri della madrepatria sono costretti a intervenire per ristabilire l’ordine interno delle città e garantire la difesa dei nemici barbari.Come si è detto, a Siracusa viene chiamato il corinzio Timoleonte:

• fermo oppositore della tirannide come della democrazia radicale, in patria egli veniva emarginato dalla politica attiva, proprio negli anni in cui Corinto si armava contro la Macedonia.

Anzi: molto probabilmente, il soccorso che Siracusa chiede a Corinto, viene proprio sfruttato per sbarazzarsi di Timoleonte, il quale però, giunto in Magna Grecia, raggiunge un successo che data la scarsità dei mezzi e la confusa situazione siciliana, nessuno poteva presagire.

Incredibilmente infatti giunge vittoriosamente a Siracusa, Dionigi II gli consente piena disponibilità di manovra per affrontare l’opera di ricostruzione dello stato siracusano.Il provvedimento più importante, nell’ambito della politica interna, è quello di un potenziamento demografico della città.

• più in generale però Timoleonte è un assertore della pòlis classica: Siracusa deve tornare a esercitare una egemonia sulle comunità greche dell’isola, ma tramite la costituzione di una libera lega e non la loro sudditanza a uno stato territoriale.

In ambito di politica estera ha due grandi obiettivi:- la lotta contro i tiranni- la lotta contro i Cartaginesi

Costretto a subordinare il primo obiettivo al secondo, muove guerra ai Cartaginesi alleandosi proprio con i due tiranni di Iceta e Catania.

• grazie a questa alleanza, a cui si aggiungono anche comunità sicule, riesce nel 341 ad avere la meglio sui Cartaginesi.

Quando Timoleonte si appresta a dettare le condizioni di pace, una coalizione di tiranni, timorosi ora dello strapotere di Siracusa, si ribellano invertendo le alleanze: è l’occasione per Timoleonte di completare il programma di politica estera, che prevedeva anche l’abbattimento dei tiranni, coi quali era stato costretto ad allearsi per combattere i Cartaginesi.

• muove allora contro Leontini, Catania e Messina, sconfiggendo tutte e tre queste città.

Nel 339 i Cartaginesi sono costretti allora ad accettare la pace: si stabilisce che il fiume Hàkykos, a occidente di Agrigento, segna il confine tra le aree di influenza greca e punica.

Timoleonte si dedica allora alla politica interna, ossia alla riorganizzazione dello stato, dettando una nuova costituzione timocratica, ossia un tentativo di mediazione tra oligarchia e democrazia:

- al vertice dello stato siede un sacerdote di Zeus Olimpio, sorteggiato su tre candidati eletti dal popolo, insieme a un magistrato laico, eletto annualmente

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- quest’ultimo è il presidente della boulé, costituita da 600 cittadini possidenti, sia dell’ekklesia fondata su basi democratiche

Le città siceliote sono unite a Siracusa tramite una lega in cui vige il principio dell’autonomia, nonostante l’egemonia di Siracusa.

Timoleonte, nel 337, abdica e si ritira a vita privata, dopo essere stato il fautore della rinascita della grecità in Sicilia.

Nello stesso periodo nel quale Timoleonte approda in Sicilia, anche in Italia giunge dalla madrepatria un corpo di spedizione comandato del re spartano Archidamo.

• l’aiuto militare di Sparta è richiesto da Taranto, che deve fare fronte alla minaccia del barbaro, rappresentato in Magna Grecia da Brettii e Lucani che sono ostili alle città italiote di fondazione greca e che ne avevano già conquistate molteplici.◦ confederate in una Lega Italiota, esse, dopo la caduta di Dionigi II, devono

provvedere da sole alla comune difesa.

La sopravvivenza delle comunità greche venivano dai Brettii, che abitavano l’odierna Calabria.• i Brettii nel 355 si federano in una lega che imprime una direttiva unitaria alla lotta

contro la grecità.

Posta geograficamente al riparo dalle incursioni dei Brettii, alla metà del secolo Taranto è l’unica città ellenica a mantenere il proprio benessere e anzi si rafforza, approfittando del vuoto di potenza che accompagna la crisi della tirannide siracusana.

Taranto è retta, dal 367, dal pitagorico Archita, che la governa con intelligenza: sotto di lui infatti Taranto diviene la città egemone della Lega Italiota e assurge a rango di potenza leader di tutta l’Italia greca, sovrapponendosi gradatamente a Siracusa nel controllo delle vie d’accesso all’Adriatico e arrivando a controllare i commerci.

Taranto non è però altrettanto accorta nell’attuare una politica di difesa contro l’elemento indigeno: per difendersi dai loro attacchi, soprattutto dei Messapi e dei Lucani, sarà costretta allora a richiedere aiuto di Archidamo.◦ Archidamo viene però sconfitto e ucciso nel 338 da Messapi e Lucani in una

battaglia da localizzarsi nel Salento.

Messapi e Lucani si impadroniscono di Eraclea, capitale federale della Lega Italiota: • benché Taranto rimanga ancora una città ricca e florida, la sconfitta di Archidamo fa sì

che la grecità d'Italia entri definitivamente in crisi, fino al momento in cui non arriverà un nuovo aiuto esterno, che non verrà più dalla grecità delle pòleis, ma dalla nuova potenza macedone.

6. L’ascesa di Alessandro e la conquista dell'impero persiano

Quando Filippo viene ucciso, i democratici ateniesi esultano per la sua morte, vedendo in essa la fine dell’egemonia Macedone, dal momento che si vociferava che il figlio di Filippo, Alessandro, fosse un mentecatto.

• nel giro di un anno invece, Alessandro, reprime tutte le contese interne legate al riconoscimento della sua successione e doma le rivolte degli Illiri e di alcuni Greci.

Mentre ad Atene Demostene cerca di ricreare una coalizione antimacedone, Alessandro si precipita in Grecia e distrugge la città di Tebe, a severo monito per la altre pòleis.

• il sinedrio federale di Corinto ratifica il suo operato contro la ribelle Tebe, e lo riconosce come nuovo egemone.

Forte di questa investitura, nel 334 egli sbarca in terra d’Asia per una guerra di conquista, giustificata dalla propaganda come guerra di vendetta contro i Persiani responsabili della

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distruzione di Atene centocinquant’anni prima (si spiega così il mancato attacco alla ribelle Atene).

• si tratta della spedizione già programmata da Filippo per affermare, ai danni della Persia, la potenza della nuova Macedonia, sua confinante dopo la conquista della Tracia.

Ma ora con Alessandro, che gradatamente allarga i proprio orizzonti di conquista, questa spedizione è destinata a cambiare le sorti del mondo. La sua avanzata si rivelerà una marcia di conquista fulminea e travolgente.

• Alessandro sbarca in Asia con una armata di circa 35000 uomini: una armata di scarso numero, ma ottimamente organizzata, che nel 334 ottiene subito vittoria, presso il fiume Granico, nella Trade, che gli assicura il controllo dell’Asia Minore e gli apre la strada verso la Ionia e la Siria.

• le comunità elleniche della costa, sbarazzatesi in fretta delle tirannidi filo-persiane, e le popolazioni locali aprono le porte ad Alessandro, visto come un liberatore.

• Alessandro procede quindi senza combattere fino a Efeso, ma dovrà combattere per espugnare Mileto ed Alicarnasso.

Venendo minacciate le stesse regioni centrali del suo impero, il Gran Re in persona, Dario III, muove contro l’invasore:

• lo scontro avviene nel 333 a Isso. L’esercito persiano capitola e Dario III è costretto alla fuga verso la Mesopotamia.

Alessandro però non si lancia all’inseguimento del re fuggitivo, ma decide innanzitutto di assicurarsi il pieno controllo delle regioni costiere del Mediterraneo, consapevole della propria vulnerabilità dal punto di vista navale e preoccupato di coprirsi le spalle prima di muovere verso l’interno dell’Asia.

• si dirige allora in Fenicia per neutralizzare da terra le basi della flotta persiana, sottomettendo senza difficoltà le principali città della costa.

La vittoria terrestre decide quindi anche le sorti della guerra per mare, assicurando all’armata macedone libertà di rifornimenti sulle rotte dell’Egeo.

Alessandro procede quindi verso l’Egitto, che conquista senza difficoltà e dove fonda, sulla foce del Nilo, la prima e delle più famose delle città che da lui prendono il nome: Alessandria. La conquista dell’Egitto è fondamentale per almeno due aspetti:

1. Alessandro decide di suddividere l’Egitto in quattro governatorati, riunendo però nelle mani di un solo funzionario l’amministrazione di tutte le finanze. • questo modello, per la prima volta sperimentato in Egitto, viene poi applicato

all’insieme dei paesi conquistati, accentrati in due grandi distretti finanziari: quello della Fenicia e quello dell’Asia Minore

2. dopo che a Menfi gli Egiziani salutano Alessandro come successore di Faraoni e i sacerdoti lo venerano come figlio del dio sole, Alessandro aspira però a una proclamazione di portata ancora più ampia: • attraversa così il deserto libico per recarsi all’oasi di Siwah, dove ha sede un

santuario che ha credito internazionale: qui l’oracolo lo riconosce come figlio di Zeus.

• la consacrazione conferisce al suo programma di conquista un respiro ecumenico, che si esplica nella volontà di conquistare tutta l’Asia, provocando la caduta della monarchia persiana.

Alessandro arriva pertanto a rifiutare le richieste di trattativa avanzate dal Grande Re, che arriva ad offrirgli la mano della figlia e il dominio su tutte le terre ad occidente dell’Eufrate.

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• nel 331 allora Alessandro torna in Siria e penetra in Mesopotamia e nella località di Gaugamela sconfigge definitivamente il Grande Re, che però ancora una volta si dà alla fuga.

• l’esercito macedone invade e saccheggia le città dell’impero persiano: Babilonia, Susa, Persepoli, Ectabana.

Lo stesso Alessandro cede al delirio barbarico della distruzione, dando alle fiamme, poi pentendosene, la reggia di Persepoli: benché il rogo vendichi di fatto il fuoco appiccato all’acropoli di Atene cento cinquant'anni prima, in realtà Alessandro è ormai lontanissimo dagli slogan panellenici dell’inizio della spedizione, ormai si sente l’erede del regno persiano.

Alessandro crea quindi il più immenso impero fino ad allora mai visto sulla terra, che sommando la Macedonia e la Persia, si estende dalla foce del Danubio a quella del Nilo, dal mar Ionio al golfo Persico.

7. La proclamazione della discendenza divina

L’estrema contraddizione insita nel fatto che l’egemone della Lega Ellenica e sovrano di Macedonia, il presunto vendicatore della grecità si proclami successore del Gran Re sconfitto è mal tollerata sia dai Greci che dai Macedoni.

• in particolare i Macedoni non tollerano che la loro regione da centro dell’impero diventi una remotissima periferia, che l’erede di Filippo adotti, con una drastica rottura della tradizione, i costumi dei dinasti teocratici d’Oriente, arrivando a rifiutare la discendenza dal padre e facendosi proclamare progenie divina.

• come figlio di dio Alessandro infatti non si rivolge tanto agli orientali, abituati a vedere nella figura del re la rivelazione terrena della divinità, quanto ai Greci e ai Macedoni. ◦ si tratta di un inequivocabile segnale politico, teso a significare il suo sganciamento

dai compiti istituzionali della monarchia macedone e dai patti di Corinto.▪ l’esasperazione esteriore delle forme del dispotismo orientale suscita

quindi, nel mondo delle pòleis e tra gli esponenti della vecchia nobiltà macedone, incomprensione se non aperta intolleranza verso il nuovo corso degli eventi.

La svolta ideologica nei rapporti tra Alessandro e il suo seguito avviene in progressione.• l’introduzione nel 330 del cerimoniale persiano provoca una congiura di ufficiali,

nella quale viene accusato Filota, figlio di Parmenione e comandante della cavalleria dei compagni del re. ◦ Alessandro si sbarazza così, facendolo condannare dall'assemblea dell'esercito, del

più influente tra gli esponenti della nobiltà macedone.Spesso le critiche ad Alessandro avvengono in nome dell’esaltazione della memoria del vecchio sovrano Filippo e della tradizione macedone:

• nel 328 tocca a Clito, trafitto dallo stesso Alessandro dopo una notte di baldoria a Samarcanda, che arriva quindi ad uccidere l’amico che l’aveva protetto sul campo di battaglio, per poi gravemente addolorarsene.

Con fredda determinazione politica viene invece eliminato Callistene, storiografo ufficiale del sovrano e nipote del suo precettore Aristotele

• perché apertamente contrario alla pratica della prosternazione usata per adorare la divinità, imposta da Alessandro nel 327 e contestata da una congiura di paggi, cioè giovani macedoni di estrazione nobiliare destinati al servizio personale del sovrano.

• Callistene viene condannato a morte, in quanto considerato responsabile del complotto, con gravi ripercussioni negative nel mondo degli intellettuali greci che pure avevano plaudito l’impresa di Alessandro

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8. Verso nuovi confini: il miraggio della monarchia universale

Compiuta la tanto propagandata missione vendicatrice in nome della grecità, Alessandro congeda ora i contingenti greci fornitigli dalle pòleis e, quale successore, dei dinasti persiani, sceglie di estendere le conquiste oltre i confini stessi dell’impero.

• si dirige così a Oriente, seguendo Dario III, finché quest’ultimo, nel 330, è ucciso a tradimento dal satrapo della Battariana, desideroso di accattivarsi la gratitudine del nuovo signore.

Alessandro giunge così nell’odierna Afghanistan, dove, per sottolineare ancor di più la continuità dinastica con i sovrani persiani sposa Rossane, figlia di un principe locale.

L’ansia di conquista lo spinge ancora oltre, benché il suo impero sia ormai molto più esteso di quello persiano, nel progetti di estenderlo fino al confine del mondo allora conosciuto, l’India, ma forse, più concretamente, dall’intento di assegnare al suo dominio la frontiera dell’Indo.

• il suo dominio si sarebbe allora esteso dalle valli dell’Indo a quello del Nilo: all’intento politico di Alessandro bisogna comunque aggiungere anche l’apertura a nuovi orizzonti di conoscenza derivata da Aristotele, che trasformano il conquistatore in esploratore.

La campagna indiana comincia bene e si apre con una vittoria, ma proprio quando Alessandro sta per penetrare nel cuore dell’India, ordina inaspettatamente la ritirata.

• con buona probabilità tale repentina decisione è da imputare al fatto che i soldati dell’armata macedone non sono più in grado di procedere, provati dalle fatiche affrontate, fiaccati dal clima opprimente dall’impatto con la natura ostile.◦ Alessandro riconduce l’armata in Mesopotamia per via costiera, navigando

quindi sull’Indo per raggiungere l’oceano Indiano.Affida poi il comando della flotta all’ammiraglio cretese Nearco, col compito di compiere una esplorazione del mare esterno, raggiungendo la foce del Tigri rasentando il litorale del golfo Persico.

Alessandro rientra con il grosso dell’armata per via di terra. Dopo aver superato deserti impervi, giunge finalmente in Carmania, dove si ricongiunge con la flotta di Nearco e con la truppa di Cratero, che aveva proceduto per altra via:

• nel 325 arriva infine in Mesopotamia, con un esercito decimato da gravi perdite e stremato da immani fatiche.

A Babilonia Alessandro può quindi meditare sul significato della sua conquista: • giunto al confine del mondo conosciuto, egli comprende che il suo regno non può

limitarsi all’Asia, ma deve abbracciare l’intera ecumene.

Ma questo progetto implica di necessità l’elaborazione di una nuova cultura e la nascita di una nuova società, risultante dall’amalgama tra vincitori e vinti.

• in questa prospettiva si inserisce la grande festa nuziale del 324 a Susa, dove Alessandro sposa con Statira, la figlia di Dario III, il suo amico Efestione sposa la sorella di lei, i suoi compagni più fidi, i futuri diadochi, con altrettante fanciulle dell’aristocrazia persiana, infine ottanta eteri e diecimila fanti, con donne asiatiche.

Nascerà la cultura ellenistica, ma non la monarchia universale perché il suo artefice, nel 323, muore improvvisamente a Babilonia, poco più che trentenne.

• la monarchia universale non nascerà anche perché Alessandro, genio della conquista, non è altrettanto attento a elaborare una solida struttura amministrativa per l’immenso impero, che resta infatti diviso.

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◦ da un lato è caratterizzato dal sistema instaurato in Asia Minore, in Fenicia e in Egitto, sistema che concede ampia autonomia alle comunità elleniche e ad altre compagini statali.

◦ dall’altro è connotato dalla conservazione di strutture preesistenti, ossia dalle province che hanno costituito il nucleo dell’impero persiano: ▪ Alessandro perpetua la prassi del Gran Re di demandare a satrapi persiani il

compito dell’amministrazione civile delle regioni conquistate, mettendogli però a fianco un responsabile militare macedone.

Inoltre negli anni in cui Alessandro marcia verso il confine del mondo non può preoccuparsi dei sempre più frequenti episodi di rivolta di satrapi e di tradimento dei propri luogotenenti.Ma nel 324 Alessandro si accinge a riportate ordine in casa, riaffermando la sua autorità, elaborando l’idea di un impero universale che nasca utopisticamente dalla fusione dei popoli.

Alessandro quindi agisce in nome di un ecumenismo politico:- ammette dei contingenti persiani nell’esercito macedone, mirando alla costruzione di

una armata cosmopolita- in Grecia azzera i patti federali di Corinto

Su quest’ultimo punto è importante soffermare l’attenzione. Attraverso un comunicato del proprio delegato alle Olimpiadi del 324:

• Alessandro pretende dalle città greche onori divini e impone loro il richiamo degli esuli politici, violando quindi alcune clausole di autonomia delle pòleis sancite a Corinto.

• le relazioni diplomatiche tra la Grecia e Alessandro si incrinano, perché Alessandro non si sente più vincolato dalle norme della Lega Ellenica: ◦ Alessandro sacrifica la sua immagine di difensore e vendicatore della grecità

sull’altare della monarchia universale.

Nelle sue intenzioni il regno, nato dalla conquista, non deve conoscere né frontiere municipali, né confini nazionali, né rivalità fra popoli e divenire uno stato sovranazionale e universale, dove neppure i vincitori, neppure i Macedoni, avrebbero avuto una posizione di privilegio.

• Alessandro, in quanto dio, non è più tenuto al rispetto di alcun trattato terreno. Il rientro degli esuli infatti mira alla pacificazione delle città greche e al superamento della loro natura di entità politiche autonome.

Il rientro dei banditi politici determinano però nelle città greche dei sovvertimenti politici, che però non interessano Alessandro, che vi vede soltanto delle piccole beghe locali.

• la monarchia ecumenica vuole infatti annullare all’interno del proprio sistema la dimensione politica della città-stato, cosa che la grecità non può né vuole accettare.

Sparta era già insorta nel 331 contro i Macedoni, ma inutilmente. Ora è Atene che si arma per impedire il rientro degli esuli, ma velleitariamente.

9. Le mire sull’Occidente: tra ipotesi e realtà

Esistono molte dicerie circa il fatto che Alessandro sia morto in seguito ad un avvelenamento, ma rimane comunque più accreditata l’ipotesi che sia morto per cause naturali.

• quindi Alessandro muore proprio mentre stava tentando di dare un assetto definitivo al suo impero e progettava nuove conquiste.

Gli storiografi di Alessandro narrano che egli avrebbe ricevuto nel 323, poco prima della morte, ambasciatori di tutte le genti dell’Occidente, convenuti per rendergli ossequio.Si tratta chiaramente di una tradizione postuma, dettata da chiare finalità propagandistiche, che dovevano rafforzare il mito di Alessandro come “cosmocrate”, come trionfatore su tutti i popoli dell’ecumene.

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Esiste però una leggenda, non del tutto destituita di fondamento, riguardante programmi di conquista dell’Occidente.

• un preludio di questo progetto può infatti essere visto nella spedizione del re d’Epiro Alessandro il Molosso, di cui Alessandro era nipote, che, mentre quest’ultimo stava per cominciare la sua campagna in Asia, giunge in Italia, chiamato in aiuto da Taranto nel 334 o 333.◦ non è da respingere la correlazione operata dagli antichi tra le due imprese, quasi

fossero due facce di un medesimo programma di conquista.▪ appare chiaro infatti come l’alleanza del Molosso con Taranto sia soltanto un

semplice pretesto per una politica di conquista.

Il suo intervento va infatti oltre la semplice difesa di Taranto: • egli diventa padrone di tutta l’Italia a sud dei promontori del Gargano e di Sorrento,

sigla una alleanza con Roma (che in quel periodo si affacciava per la prima volta sul meridione della penisola).

• i suoi programmi di conquista prevedevano anche di passare in Sicilia e poi di cercare lo scontro anche con Cartagine. Questi programmi vengono però sconvolti dall’improvvisa defezione di Taranto che, temendo per la sua eccessiva potenza, lo priva del suo appoggio.◦ infine nel 330 il Molosso viene assassinato.

L’impresa si rivela un disastro e non meriterebbe nemmeno molta attenzione se solo non evidenziasse una strategia che allarga il suo orizzonte anche sulla crescente potenza di Roma e soprattutto su Alessandro.

• la sfortunata impresa del Molosso sembra infatti testimoniare le mire di Alessandro in direzione dell’Occidente, nelle quali confluisce il duplice obiettivo di assicurare sopravvivenza alle città magnogreche, difendendole dai “barbari”, ossia Sanniti, Lucani e Cartaginesi, e di acquisire il pieno controllo dell’Occidente, coinvolgendo in questo progetto anche la potenza emergente di Roma, legata da trattati con Alessandro.

Quanto fosse concreto un progetto di conquista dell’Occidente, o se invece si tratta solo di una leggenda che si inscrive nel mito dell’eroe che ambisce a sempre nuove frontiere di conquista, non ci è dato saperlo: certo è che nel 323, anno della sua morte, Alessandro aveva fatto radunare in un porto della Cilicia un contingente di circa 10000.

10. La reazione di Atene e la guerra “lamiaca”

Avevamo già detto che la politica ecumenica di Alessandro cozzava contro il modello politico tradizionale della Grecia, ossia quello di città-stato autonome e refrattarie ad unificarsi in uno stato sovranazionale:

• la situazione però precipita nel 324, quando Alessandro impone il rientro in tutte le città della Grecia degli esuli politici.

Ma i dirigenti politici ateniesi si intestardiscono, in nome di un andare contro la storia dal sapore nostalgico e nazionalistico:

• sappiamo che la politica ateniese, soprattutto sotto Demostene, era stata fortemente anti-macedone.

La classe politica ateniese non ha conosciuto alcun ricambio generazionale: al governo vi è sempre Demostene, accomunato con altri esponenti di parte democratica, come Licurgo e Iperide, da un comune credo antimacedone.

Il pretesto per l'insurrezione si presenta nel 324, quando ad Atene si rifugia Arpalo, il tesoriere di Alessandro, che si è reso consapevole di veri ammanchi di cassa.

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Sia Iperide che Demostene vogliono strumentalizzare l’evento in funzione antimacedone:

• ma quando Alessandro richiede l’estradizione di Arpalo, si verifica una rottura tra Demostene e Iperide. Iperide è per la guerra immediata, Demostene vuole invece temporeggiare, proponendo di porre sotto pubblica custodia sia Arpalo che il suo tesoro e di inviare una legazione in Asia, presso Alessandro, senza far precipitare gli eventi.

Ad Atene però scoppia uno scandalo: • dei revisori scoprono nel tesoro di Arpalo, posto sotto pubblica tutela, un grave

ammanco.• si apre un processo politico in cui Demostene viene accusato di corruzione e

costretto all’esilio, nel 323.

L’affare arpalico permette così di screditare definitivamente Demostene e di fare prevalere la linea politica opposta a quella di Demostene, ossia quella favorevole ad una guerra immediata.

Atene attende il momento propizio per una insurrezione preparata da tanto tempo: questo momento è offerto dalla morte di Alessandro.

L’armata macedone, comandata da Antipatro, che Alessandro aveva nominato reggente della Macedonia prima della sua partenza per l’Asia, viene sconfitta dagli Ateniesi a Platea e alle Termopili, costringendo i Macedoni ad arretrare in Tessaglia e ad arroccarsi nella roccaforte di Lamia, che dà il nome alla guerra. Per Antipatro sembra finita:

• ma il successo che sembra attendere gli Ateniesi, si trasforma in un disastro: dall’Asia arriva infatti via mare l’armate di Cratero.

• l’arrivo di Cratero apre un nuovo fronte che permette ad Antipatro di rompere l’assedio.◦ nel giro di pochi mesi, grazie ai rinforzi macedoni, tutto precipita: nel 322 Atene

capitola.

Un presidio macedone si insedia per la prima volta nell’Attica, sorreggendo un governo oligarchico che si distingue per repressioni e vendette (lo stesso Demostene verrà ucciso).Con il crollo del modello della pòlis, assistiamo al tragico epilogo della storia della grecità classica.

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CAPITOLO IX: L'ELLENISMO E L'ULTIMA GRECITA'

1. La genesi dei monarchi ellenistici

La morte prematura di Alessandro accentua i problemi inerenti al governo dell'impero da lui conquistato, la cui stessa estensione, che si allarga su tre continenti, costituisce un fattore determinante di instabilità politica. Nell'incertezza della situazione, il controllo politico e militare dell'impero è affidato ai luogotenenti di Alessandro, i cosiddetti diadochi, o successori, cui seguono, alla seconda generazione, gli epigoni. Infatti il re, morendo, non ha lasciato alcun erede in grado di succedergli: Rossane è in attesa, e il fratello Filippo Arrideo è un povero mentecatto; e il periodo che segue alla sua morte è scandito da un'ininterrotta serie di guerre fra diadochi ed epigoni che si possono distinguere in due fasi:

a) la prima del 323 al 301, data della battaglia di Ipso;b) la seconda dal 301 al 281, data della battaglia di Curupedio.

Il primo ventennio è un periodo caratterizzato da gravi tensioni e sconvolgimenti, che alla fine portano alla stabilizzazione della nuova realtà politica dei monarcati ellenistici, con la netta tripartizione tra Egitto, Asia ed Europa. Un primo accordo tra diadochi riconosce

• a Perdicca il titolo di reggente per le province asiatiche• conferma ad Antiparto la reggenza per la Macedonia• affida a Cratero la tutela dei due legittimi eredi

In attesa di una regolare reggenza dell'impero, sono tre quindi le personalità che detengono il potere: Perdicca come reggente d'Asia, Antiparto come stratego d'Europa, Cratero come soprintendente degli affari del regno e detentore del comando dell'esercito d'Asia. Ma poiché quest'ultimo non si trova a Babilonia, ma in marcia verso la Grecia, l'esercito rimane in mano a Perdicca.

Dura poco quindi il primo accordo fra i diadochi, che già nel 321, dopo la violenta scomparsa di Perdicca e di Cratero, in Siria, una nuova intesa che sancisce il definitivo smembramento dell'impero di Alessandro fra i suoi luogotenenti:

• Tolomeo Lago ottiene l'Egitto;• Antigono le regioni più prospere dell'Asia, dalla Frigia alla Mesopotamia;• Seleuco (con posizione inizialmente subordinata ad Antigono) le satrapie superiori,

ossia le terre comprese fra i corsi del Tigri e dell'Indo;• Lisimaco la Tracia;• Antiparto ottiene la Macedonia e l'incarico di epimeletès dei re. In virtù di

quest'incarico si ritira in Europa con Filippo Arrideo, la sua consorte e Alessandro dato alla luce da Rossane, tutti destinati a perire di lì a poco.

➢ la nuova intesa è resa possibile dalla morte sul campo di battaglia dei due rappresentanti del potere regale: Perdicca e Cratero.

Dopo la morte di Alessandro si evidenzia la contrapposizione tra l'idea di recuperare l'unitarietà dell'impero e la spinta alla creazione di più monarcati settoriali, messa in atto da Tolomeo, Seleuco e Lisimaco. Il risultato di questo ventennio è l'approdo da un impero unitario a un fascio di singoli stati che lentamente iniziano ad assumere connotazioni peculiari, a partire dalla creazione di nuove capitali. Quattro sono le tappe salienti del processo di evoluzione da un'ideologia unitaria a un concetto di divisione settoriale:

• nel 317 Olimpiade che rivendica i diritti dinastici del figlio di Rossane, elimina Filippo Arrideo e la moglie. Poco dopo muore Eumene, difensore della logica unitaria, e poi anche Olimpiade, fatta giustiziare dai Macedoni.

• nel 311, dopo una prima guerra fra Antigono e Tolomeo, e dopo la sconfitta di quest'ultimo, una nuova pace sancisce la tripartizione dell'impero fra i diadochi: l'intesa impegna Antigono, Tolomeo, Lisimaco, Cassandro, ma non Seleuco. I diadochi sono

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tutti riconfermati nel possesso dei loro territori, anche se Antigono deve rinunciare al titolo di reggente che si era auto-conferito, limitandosi all'attribuzione del ruolo di soprintendente d'Asia. Per il figlio di Rossane si decide che sarebbe salito al trono alla maggiore età, il che equivale alla sua condanna a morte, messa in atto di lì a poco da Cassondro che lo uccide.

• nel 306, dopo una seconda guerra tra Tolomeo e Antigono, e dopo la vittoria di quest'ultimo e del figlio nelle acque di Salamina, si proclama erede di Alessandro, e assume il titolo di re, che estende anche al figlio Demetrio. Gli altri diadochi rifiutano la subordinazione e iniziano anch'essi ad assumere titolo e prerogative regali. Antigono non riesce ad impedirlo, poiché nel 305, dopo una sconfitta subita in Egitto, perde terreno nei confronti di Tolomeo e Seleuco, anche se la vittoria navale di Salamina a Cipro gli consente di mantenere incontrastata la supremazia sull'Egeo.

• nel 301 l'esito della battaglia di Ipso seppellisce definitivamente l'idea di un impero unitario: quando Lisimaco e Seleuco gli muovono contro, Antigono cade nello scontro decisivo in Frigia e il figlio si ritrova re senza regno.◦ il regno di Antigono viene spartito tra Seleuco e Lisimaco:

▪ al primo va la Siria▪ al secondo l'Asia Minore, in modo da creare un potente monarcato che detiene

il controllo delle relazioni tra i due continenti▪ a Cassandro viene data mano libera in Grecia▪ a Tolomeo, che non ha preso parte attiva alla guerra, viene chiesto di cedere a

Seleuco la Siria meridionale, ma il suo rifiuto provoca un contenzioso di anni.

Il secondo ventennio successivo alla morte di Alessandro è dominato da Demetrio, che si pone al di là del sistema degli stati territoriali. Il suo regno è il mare che domina con una flotta imponente, il suo teatro d'azione è l'Egeo, ma nelle sue mire rientra anche l'Occidente.Dopo Ipso Demetrio controlla le città costiere della Ionia, della Caria e della Fenicia, oltre a Cipro, alle isole dell'Egeo e alcuni capisaldi in Grecia, come Megara e Corinto.

• alla morte di Cassandro, nel 296 riesce a riprendere il potere sul resto della penisola, mirando a realizzare l'ascesa al trono di Macedonia, progetto condiviso anche da altri diadochi ed epigoni.

• nel 294 ha così di nuovo un regno, che lo trasforma nel più potente sovrano della sua età: signore della Macedonia, della Tessaglia, di parte cospicua della Grecia, nonché, in Egeo, protettore della Lega degli isolani. ◦ fonda una nuova sfarzosa capitale, Demetriade, fra l'Ellade e la Macedonia.

• mentre sogna la riunificazione dell'impero di Alessandro è all'improvviso attaccato dai nemici vicini, Lisimaco e Pirro, che nel 288 lo vincono e si spartiscono il regno.

• intanto Lisimaco si era fatto proclamare re di Macedonia, ma conflitti interni alla sua famiglia ne minano il potere, la cui caduta è provocata nel 281 da Seleuco, nella battaglia di Curupedio.

• ora Seleuco riunisce sotto la sua sovranità tutta l'Asia Minore, proclamatosi anche re di Macedonia, titolo che gli viene tolto da Tolomeo Cerauno, il quale ne commissiona l'assassinio. ◦ questi figlio di un grande diacono, è privato della successione al trono d'Egitto da

intrighi di corte che favoriscono il fratello Tolomeo Filadelfo. Riesce però ad approfittare della confusione del momento per riparare in Tracia e poi in Macedonia, dove ottiene l'investitura regale.

Il dopo Curupedio definisce una nuova gerarchia mediterranea, destinata a resistere fino alla conquista romana: tre immensi monarcati, cui ruotano attorno una serie di regni minori. Dopo il Cerauno, sul trono di Macedonia approda un sovrano stabile il figlio di Demetrio: Antigono Gonata.

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2. La nuova dimensione politica, culturale ed economica

La battaglia di Curupedio segna il definitivo trionfo del principio del frazionamento dell'impero di Alessandro in più monarcati. La stabilità politica che ne consegue è basata sull'equilibri fra i grandi monarcati di Siria (l'Asia dei Seleucidi), di Egitto e di Macedonia.

• essi dipendono da un sovrano la cui volontà ha valore di legge. La vecchia monarchia di stampo macedone, patriarcale, militare, affiancata da nobili, è trasformata dai diadochi in un dominato autocratico e assolutista.

I sovrani si assicurano il controllo del regno tramite l'efficienza dell'esercito e della struttura organizzativa. L'amministrazione del regno è ramificata in forma capillare tramite un vasto apparato burocratico.

• al suo vertice c'è un re affiancato da un gruppo di dignitari• dalla corte dipendono tutte le province del regno

◦ la sovrapposizione tra struttura amministrativa e militare spiega perché le singole province sono governate da un comandante militare che ha poteri tanto sulle truppe che sulla popolazione civile.

◦ da lui dipendono ufficiali subordinati, preposti al controllo di distretti territoriali più piccoli o singole città.

L'efficiente macchina amministrativa trova il suo corrispettivo nella macchina militare: • gli eserciti sono costituiti da soldato di professione e si avvalgono di sofisticate

macchine di offesa e di difesa prodotte da una tecnologia bellica più avanzata. • le finanze del regno sono poste sotto la giurisdizione di un ministro, supervisore

delle entrate, cui fanno capo gli uffici periferici del fisco.• al re spettano i tributi dalle province e dalle singole città e decime sui prodotti del

territorio. • la giustizia è basata sul diritto greco, dal cui rispetto il re può comunque esentare

città e templi che abbiano acquisito particolari benemerenze nei suoi confronti.

Immense sono le risorse economiche dei regni ellenistici: la principale fonte di ricchezza è la terra, coltivata da una classe di piccoli proprietari terrieri in Macedonia, da manodopera indigena in Siria e in Egitto.

• la coltivazione fondamentale è costituita dai cereali, a cui si affiancano il vino, l'olio, il lino e il papiro; dall'agricoltura non è disgiunta la pratica dell'allevamento e dell'apicoltura.◦ in particolare l'economia della Macedonia può contare anche su risorse

metallifere, che consentono ambia circolazione di monete d'oro e d'argento e favoriscono il commercio, non più limitato al baratto dei prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, ma esteso all'acquisto degli schiavi e all'importazione di generi di lusso, come spezie e la seta.

Oltre ai nuovi assetti politici ed economici, all'interno dei regni ellenistico si sviluppano anche i germi di una nuova cultura, ecumenica e cosmopolita, che si definisce appunto “ellenica”. Nell'età che va dalla morte di Alessandro alla conquista di Roma, si afferma una civiltà nella quale confluiscono molteplici apporti, ma il cui polo aggregante rimane l'ideale di grecità plasmato dalla conquista di Alessandro: quello che non conosce frontiere egoistiche di superiorità etnica. Dalla Grecia approdano nelle regioni di recente conquista molti emigranti: mercenari, mercanti, e con loro anche artisti e scienziati. Trasferendosi in Oriente, i colonizzatori greci e macedoni annullano divisioni etniche e contrasti personali per imporsi ovunque come classe dominante.

• le loro città, fondate ex novo o rifondate su centri preesistenti, non sono soltanto il fulcro della cultura greca, ma anche il polo dell'economia, perché organizzate secondo il modello della città-stato, nella quale soltanto un nucleo di cittadini detiene la proprietà terra, che lavora ricorrendo a manodopera servile. Ed è questo il nucleo di cittadini che

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detiene il potere, mentre gli stranieri si limitano ad incrementare le attività economiche. La grecità, con l'emigrazione in terra di Oriente, trova uno sbocco alla crisi politica ed economica che l'attraversa. In quest'epoca vi sono molti individui che viaggiano per motivi commerciali o professionali: ingegneri, architetti, scienziati, medici, giudici, filosofi, musicisti, poeti, attori per trovare impiego frequentando le corti dei nuovi sovrani.

Tanta mobilità comporta la pratica di una lingua franca. Questa è la lingua greca “comune”, che nella sua accezione popolare si diffonde rapidamente dell'enorme distesa dell'impero di Alessandro, contribuendo a mantenere amalgamata tutta l'area della conquista macedone.

• Tecnica, arte, costumi di vita Greci sono assunti come modello dall'Egitto all'India. La cultura di queste regioni si ellenizza, soprattutto per l'influsso delle capitali dei nuovi stati.◦ Alessandria d'Egitto diviene il centro di irradiazione della nuova cultura in virtù di

istituzioni volute dai sovrani d'Egitto, come la Biblioteca e il Museo. Tutti i centri irradiatori della civiltà greca si trovano in prossimità del Mediterraneo: non solo Antiochia, ma anche Pergamo, Alessandria, e Atene, che rimane l'epicentro culturale della grecità.

• è qui che nascono le maggiori scuole filosofiche del tempo.

3. La Macedonia degli Antigonidi

Dopo decenni di lotte incessanti la Macedonia conosce la stabilità e la rinascita con Antigono Gonata. Lo portarono sul trono la morte del suo avversario (Tolomeo Cerauno) durante uno scontro con i Celti e la propria vittoria su questi ultimi, ormai dilaganti per tutta l'area balcanica.

• grazie alla sua reazione, insieme a quella dei monarcati d'Asia, si ridimensiona il pericolo rappresentato dai barbari, che sono cacciati dall'Europa.

Salito così sul trono di Macedonia, Antigono viene subito insidiato da Pirro, sovrano dell'Epiro, che tenta di allargare i suoi possedimenti alla Macedonia dopo la sfortunata campagna che, in Italia, lo ha visto soccombere nella lotta contro Roma.

• nel 272 Antigono riesce a liberarsi del rivale e può estendere il suo controllo sulla Tessaglia e su buona parte della Grecia. Qui instaura regimi di tirannia e disloca guarnigioni in tre punti strategici: Demetriade, Corinto e Calcide.

• l'atto politico successivo consiste nello stringere un'intesa con i Seleucidi di Siria, che gli garantisce una posizione di preminenza nello scacchiere internazionale, tanto che i Lagidi, preoccupati del suo espansionismo nell'Egeo, armano contro di lui una coalizione di città greche.◦ ne segue dal 267 una guerra tra Antigono Gonata e i Greci, con Atene e Spart5a in

testa: si tratta della cosidetta guerra “cremonidea”, che si conclude nel 262 con la vittoria macedone.▪ l'oggetto del contendere tra Egitto e Macedonia continua ad essere la Lega degli

isolani delle Cicladi, su cui entrambe le casate vorrebbero estendere il proprio controllo. Con la vittoria di Cos, del 255, Antigono Gonata trionfa per mare su Tolomeo II Filadelfo, assestando un grave colpo alla supremazia egiziana nelle acque dell'Egeo. Oltre a gravi perdite. L'Egitto è costretto a stringere una pace separata anche con la Siria, alleata della Macedonia, suggellandola con un'unione matrimoniale.

4. La Siria dei Seleucidi

Il regno di Siria, composto da popoli di differente nazionalità, estende la propria sovranità anche sulle città greche della costa microasiatica, su stati vassalli e su territori appartenenti a importanti santuari che godono di ampie autonomie. Nelle comunità elleniche i regimi principali possono anche connotarsi come democratici, ma sono sempre sovrastati dall'autorità del re, che incombe suglia altri vassalli.

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• la funzione di affermare il potere del monarca è affidata a innumerevoli colonie militari, popolate da mercenari. Fra i successori di Alessandro è Seleuco, re di Mesopotamia, poi di Siria, il più attivo fondatore di colonie, in particolare della Siria settentrionale, con le grandi fondazioni di Antiochia, di Seleucia e di Apamea. ◦ ma il regno è troppo esteso perché l'operazione colonizzatrice possa da sola

assicurare coesione alle sue parti, l'occidentale e l'orientale, che conoscono vicende assai diverse.

Succede al padre Seleuco, Antioco I Sotere, che deve fronteggiare insurrezioni interne e grandi difficoltà per consolidare il suo potere.

• è costretto a combattere contro le tribù indigene del nord, mentre i Celti, ricacciati dalla penisola balcanica e passati in Asia Minore, determinano gravi turbolenze.

• solo dopo anni di lotte riesce a riaffermare il controllo sull'area settentrionale del suo monarcato, mentre continuano le contese con l'Egitto e con lo stato vassallo di Pergamo.◦ l'Egitto approfitta dei problemi interni di Antioco per creare una vasta coalizione

contro di lui facendo appello alle città e alle genti d'Asia. Fulcro della rivalità è la questione della Celesiria, dee iure possesso dei Seleucidi, ma de facto in mano ai Lagidi:▪ prima guerra siriaca (274-270): non sortisce per l'Egitto l'esito sperato, perché

Antioco I riesce a suscitare in Cirenaica una ribellione contro Tolomeo II, vanificandone così le mire aggressive.

▪ seconda guerra siriaca (260-2253): il conflitto riprende coinvolgendo contro l'Egitto anche la Macedonia di Antigono Gonata, che ottiene una trionfale vittoria sulla flotta di Tolomeo II. Ne segue una pace tra Lagidi e Seleucidi con il matrimonio tra Berenice e Antioco II di Siria.

L'accordo dura poco perché morti sia Tolomeo II che Antioco II si apre una contesa legata ai vincoli matrimoniale tra le due casate.

• Laodice, prima consorte di Antioco II ripudiata per Berenice, provoca una faida per la successione nella dinastia seleucide, la cosidetta guerra “laodicea”; il nuovo re di Egitto, interviene con una campagna militare in Siria, ma è costretto a tornare in patria per questioni di politica interna.

• intanto la guerra trascina in Siria l'anarchia, perché i due figli di Laodice continuano la feroce lotta fratricida. Quando entrambi muoiono, lasciano alle spalle un impero in rovina. Ne approfitta il regno vassallo di Pergamo, che aveva acquistato l'indipendenza nel 263 e che in questa circostanza riesce ad espandersi in Asia Minore, ma deve presto rientrare nei suoi confini. ➢ infatti Seleuco III Sotere e poi in cugino ristabiliscono il dominio seleucide in tutta

l'Asia Minore.

Quanto alla lotta secolare tra Seleucidi e Lagidi per il possesso della Celesiria, esso conosce un seguito fino alla quinta guerra siriaca (201-200) quando Antioco III il Grande, con l'aiuto di Filippo V di Macedonia trionfa. Da allora in poi la Celesiria resta provincia seleucide.

5. L'Egitto dei Lagidi

Il regno d'Egitto è il migliore per capacità di difesa e solidità di struttura, grazie anche alla sua posizione geografica, alla consolidata formula di governo assoluto e alla sua civiltà, poco mutata nel corso del tempo.

• Il regno d'Egitto si sviluppa intorno ad Alessandria, in cui la presenza di un governatore regio, preposto al controllo dell'amministrazione della città, la distinguono da una pòlis di età classica: l'assenza di autonomia è però compensata dal fatto di essere sede della corte e centro della vita politica, commerciale e culturale di uno dei più grandi monarcati del Mediterraneo.

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Essa si avvia a diventare capitale di tutto il mondo ellenistico sotto Tolomeo II Filadelfo, che riesce a consolidare il proprio potere con un'accorta amministrazione.

• sotto di lui l'Egitto conosce un periodo prospero e fecondo e raggiunge la sua massima estensione e si incrementano le ricchezze della casata reale: vengono inglobate le floride città della Ionia, della Licia, della Fenicia e di Cipro e soprattutto si dispone l'accesso ai beni dell'oriente (spezie e sete) attraverso una rete marittima che raggiunge la costa meridionale dell'Arabia.

Tolomeo II si assicura un convinto consenso popolare salvaguardando le consolidate autonomie locali e rispettando le consuetudini religiose e i costumi tradizionali.

• dopo aver sposato la sorella Arsinoe, essa spinge il consorte allo scontro diretto con la Siria che porta alla prime due guerre per la Celesiria, che terminano con una pace tra le casate.

• Tolomeo III riapre le ostilità innescando un terzo conflitto mentre la Siria è sconvolta dalla guerra “laodicea”. Muovendo a tutela del figlio di Berenice, sua sorella, minacciato dai due fratellastri che si contendono il potere, penetra nel regno nemico, ma dopo l'assassinio dei suoi protetti è costretto a tornare in Egitto, poiché tutta la Siria gli volta le spalle schierandosi con il sovrano legittimo, Seleuco II.

• dal 241 al 221, fra l'Egitto e la Siria regna la pace apparentemente, ma in realtà Tolomeo III alimenta sia la lotta fratricida sia le aspirazioni espansionistiche della dinastia di Pergamo.

• quanto alla Macedonia, che è invece impegnata dal 245 nelle lotte con la Lega Achea e poi con Sparta, tenta di arginarne la potenza appoggiandone gli oppositori.

• suo figlio, Tolomeo IV, riprende le ostilità con la Siria ma viene sconfitto.

6. Il regno di Pergamo, la repubblica di Rodi e i monarchi minori

Lo stato autonomi di Pergamo nasce prima del 280 per iniziativa di Filetero, che dopo la battaglia di Curupedio diviene stato vassallo dei Seleucidi, acquisendo prestigio internazionale sia per le vittorie sui Celti sia per la prosperità raggiunta.

• lo stato consta della sola città di Pergamo, dove risiede la corte, ed il territorio circostante, costellato di fattorie, villaggi, fortezze e di colonie militari per l'esercito mercenario. Pergamo estende anche il proprio controllo politico anche su alcune città ioniche limitrofe.

Pergamo si impone sulla scena internazionale grazie ad Attalo ed egli sia avvicina alla dinastia dei Lagidi, avversari naturali dei Seleucidi, con i quali è per lui inevitabile lo scontro, che si sovrappone a quello contro i Celti.

• a questi, per un breve periodo, Pergamo deve pagare un tributo fino a quando, intorno al 230, Attalo non li sconfigge. Per ristabilire l'autorità seleucide nei confronti del vassallo, i Seleucidi si alleano con i Celti, ma nel 228 vengono sconfitti sotto le mura di Pergamo.➢ dopo la vittoria su entrambi i nemici Attalo assume il titolo di re, ponendo fine,

per un certo tempo, alla dominazione seleucide in Asia Minore.

E' sotto il suo successore Eumene II Sotere, tra il 197 e il 160, che il regno raggiunge il vertice della sua potenza ed estensione. Con lui la vita culturale di Pergamo raggiunge il suo apogeo, grazie a una Biblioteca in grado di rivaleggiare con quella di Alessandria.

Parallelo al potenziamento della monarchia di Pergamo è lo sviluppo della repubblica marinara di Rodi, che vive la sua stagione di massima prosperità in età ellenistica. La sua potenza militare ed economica è in rapida crescita già a partire dalla fine del IV secolo, perché posta sulla rotta che dalla Siria conduce alla Grecia, l'isola diviene scalo obbligato per i commercianti di prodotti di lusso e di generi di prima necessità.

• governata da un'aristocrazia “navale” che deve la sua ricchezza alle attività legate al

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mare. Rodi elabora il primo codice di diritto della navigazione e si impegna nella lotta alla pirateria per garantire la sicurezza dei commerci.

Alle periferie estreme dei monarcati ellenistici si creano e si consolidano anche altri stati autonomi, dalle componenti etniche molto composite, che vivono e prosperano in virtù della loro diversità, dalla loro lontananza dalle metropoli mediterranee.

• in Europa si potenzia il regno del Bosforo• in Asia si registra una serie di piccoli regni indigeni che i monarcati ellenistici mai

riescono a sottomettere definitivamente e che assumono un ruolo autonomo. Si tratta dei regni vassalli che s'impongono ai danni della Siria al tempo della guerra “laodicea”, dimostrando una forte reazione indigena contro la cultura dominante e rivendicando l'indipendenza:◦ la Bitinia è la più ellenizzata fra queste monarchie periferiche; seppure popolata da

genti non-greche, gravita su una città dai caratteri ellenici, Nicomedia. 7. Le ultime resistenze delle Grecia: Atene, Sparta e gli stati federali

Ad Atene, insieme al presidio macedone, nel 322 si insedia anche un governo oligarchico, che si distingue per vendette ed esecuzioni sommarie.

• ma alla morte di Antiparto nel 319 il successore da lui designato per la reggenza d'Europa, Poliperconte, viene osteggiato da Cassandro, il figlio di Antiparto.

• Poliperconte cerca aiuto nelle città greche, proclamando la libertà delle pòleis e favorendo la restaurazione della democrazia. Questa politica di conciliazione è accompagnata dal sorgere nella penisola di conflitti fra opposte fazioni che si contendono il potere.

• ma Poliperconte viene sconfitto da Antigono nel 318 e poi destituito da Cassandro. L'affermazione di quest'ultimo segna una regressione delle democrazie e una riaffermazione delle oligarchie, a cominciare da Atene dove era riuscito a conservare il controllo del Pireo.

• divenuto padrone di tutta l'Attica ne affida il governo all'amico, che ristabilisce un moderato regime oligarchico, sopprimendo il fiscalismo democratico, abolendo le liturgie e riducendo l'entità della flotta.

La Grecia è così nuovamente asservita, come indicano l'instaurazione di tiranni e l'installazione di guarnigioni macedoni.

Nel periodo successivo le città greche si trovano coinvolte nelle guerre tra diadochi: • a seguito della scontro tra Antigono e Tolomeo, con la pace del 311 si torna a sancire

l'autonomia della città greche. • nel 307 Antigono apre un nuovo fronte di ostilità in Grecia e ne affida il controllo al figlio

Demetrio. • ed Atene viene coinvolta nella guerra che scoppia tra Antigono e Cassandro, dal quale

è assediata nel 304. Il primo ha la meglio, tanto che nel 302 proclama una sorta di Lega di Corinto, in cui rientrano i Greci che abitano a sud delle Termopili, giurando di non farsi guerra e di restare fedeli alla casata degli Antigonidi.

• ma per Atene e le città greche lo statuto di libertà e di autonomia introdotto da Demetrio tramonta dopo che la giornata di Ipso pone fine alla potenza di Antigono, né alcuno dei suoi successori ne riprende il programma politico in Grecia.

Antigono Gonata lascia mano libera alla Lega Etolica nella Grecia settentrionale, accontentandosi del dominio del resto del paese, che esercita tramite tiranni di provata fedeltà.

• l'ordine di Antigono rischia di crollare quando Atene, nel 267, approfitta delle difficoltà create dalle continue scorrerie dei Traci e Celti, e si pone a capo di un'insurrezione di vaste proporzioni contro la Macedonia, alla quale dà avvia un cittadino ateniese, Cremonide, e che è detta guerra “cremonidea”. ◦ la città ribelle riesca a garantirsi l'alleanza dell'Egitto e di Sparta; ma le truppe

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non riescono a superare l'Istmo di Corinto, saldamente in mano macedone, ed egli stesso nel 264 trova la morte. La situazione precipita fino a che nel 262 Atene è costretta ad arrendersi.▪ le condizioni di pace sono durissime: Atene rimane da allora in poi saldo

potere di Antigono Gonata, che vi impone un proprio governatore, le toglie il privilegio di battere moneta, disloca presidi in varie parti dell'Attica. Per oltre 30 anni tale sarà la sorte della città fino alla liberazione, e quindi alla restaurazione democratica, favorita da Tolomeo III re d'Egitto.

Sparta, nel III secolo è una potenza in declino, scossa dalla decadenza politica, ma anche tormentata da gravi problemi sociali.

• la cerchia degli Spartani si riduce e cresce il numero degli indebitati, degli emarginati e dei nullatenenti.

• alla metà del III gli Spartani sono ridotti a 700, e fra di essi solo un centinaio sono ancora proprietari terrieri, e quindi cittadini di pieno diritto.

• inoltre il potere economico non è più nelle mani di pochi Spartani superstiti, bensì di alcuni perieci che detengono fonti di ricchezza mobile. La situazione è talmente grave che la stessa monarchia cerca di sanare i gravi squilibri sociali contrastando gli efori, difensori del rigido immobilismo costituzionale. ◦ il primo rivoluzionario è il re Agide IV, che tra il 243-241, cancella i debiti e le

ipoteche mirando a una ridistribuzione della proprietà terriera tale da consentire un ampliamento della cittadinanza. Egli però viene ucciso.

◦ Cleomene III attua una riforma radicale nel 227: elimina fisicamente gli efori e gli oppositori, caccia i possedenti e ridistribuisce la terra, accrescendo di 4000 unità il corpo dei cittadini di pieno diritto.▪ l'ultima Sparta cerca quindi di sanare gli squilibri sociali, mirando a ripristinare

l'egemonia nel Peloponneso: ma la politica di Cleomene III si scontra contro gli interessi della Lega Achea, che sconfigge il re e l'intera Sparta nel 222.

Nelle ultime vicende di Atene e Sparta risulta determinante l'intervento di alcuni stati federali greci. Le strutture politiche del mondo greco che riescono ad adeguarsi alla nuova realtà internazionale e a reagire allo strapotere della monarchia macedone sono i koinà.

➢ al vertice di questi organismi c'è un sinedrio composto dai delegati delle singole comunità civiche. L'esercito è comandato da uno stratego, eletto annualmente, a cui è domandata anche la gestione dell'attività politica. Due sono le grandi confederazioni che si affermano a livello nazionale: la Lega Etolica e la Lega Achea. ◦ La LEGA ETOLICA si impone nella seconda metà del Iv secolo, quando gli Etoli

ottengono da Filippo, vincitore a Cheronea, un importante sbocco sul mare. Allora i numerosi e poveri villaggi si riuniscono in una Lega che dimostra la sua compattezza e la sua forza, resistendo ad Antiparto e respingendo l'incursione celtica. Essi conoscono il mestiere della armi e riescono a organizzare una forte armata nazionale, le cui vittorie su Macedoni e Celti consentirono loro di assumere un ruolo egemone nell'Anfizionia delfica. I suoi orizzonti non si limitano alla terraferma, ma ben presto l'Egeo è percorso dalle sue navi mercantili e corsare.

◦ la LEGA ACHEA già attiva nel IV secolo al tempo dell'egemonia tebana, risorge nel 281, dopo essere stata soppressa da Alessandro, con l'intento di salvaguardare la libertà delle comunità achee dall'ingerenza macedone. Da allora il programma della lega diviene quello di unire in una sola confederazione tutto il Peloponneso, contro la dominazione straniera (ciò la conduce alla scontro con Sparta che non vuole rinunciare al ruolo egemone in ambito peloponnesiaco). Si potenzia anche nel corso del III secolo, sopratutto ad opera di uno stratego, che trasforma la confederazione in uno strumento militare della massima efficienza e le inserisce nella grande politica internazionale.

A partire dal 220, si giunge allo scontro diretto tra le due Leghe, alla guerra sociale.

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• sul trono di Macedonia sale Filippo V, che continua la politica di alleanza con la Lega Achea e si schiera contro la Lega Etolica, la quale in controffensiva estende i suoi domini lungo tutta la fascia centrale del territorio greco, controllata dalla Macedonia.

• nel 217 Filippo V sigla con gli Etoli un frettoloso accordo per rivolgere la sua attenzione al di là dell'Adriatico, dove inizia il grande duello tra Roma e Cartagine.

8. La grecità d'Occidente: da Agatocle a Pirro

Per esaminare la situazione in Sicilia bisogna tornare agli anni dopo la morte di Timoleonte (337). Disordini interni si accendono a Siracusa, dove la contesa politica vede prevalere i democratici sugli oligarchici che si rifugiano a Gela e iniziano segrete trattative con i Cartaginesi.

• in questa situazione confusa si impone un personaggio con il carisma di un condottiero: Agatocle che riesce a ottenere il comando delle fortezze siracusane dislocate in Sicilia. All'inizio rispettoso della costituzione timoleontea, nel 316 arriva a farsi nominare stratego unico, che a Siracusa costituisce la massima carica.

• forte del consenso popolare che gli deriva dall'adozione di misure radicali (abolizione dei debiti e ridistribuzione della terra) instaura una vera dittatura militare.◦ Siracusa torna così ad essere la potenza egemone della Sicilia orientale, vincendo

una guerra contro Agrigento e Gela e costringendo Messina ad arrendersi al suo dominio.

Il duello contro Cartagine inizia nel 311, quando essa muta la sua politica da tollerante si fa quasi aggressiva.

• Agatocle decide di trasferire le ostilità nella terra del nemico e trasferisce in Africa la sua armata. Giunto lì distrugge la flotta per l'impossibilità di difenderla e marcia su Cartagine che però non riesce ad espugnare.

• continua però la sua azione, finalizzata a fare terra bruciata intorno a Cartagine attraverso l'occupazione di città suddite, da Utica a Biserta.

• i Cartaginesi però non si arrendono, anzi nel 307 riprendono le manovre in Sicilia, costringendo Agatocle a lasciare al figlio il comando dell'armata e a tornare in patria con una nuova flotta.

• le città siceliote, che erano al nemico, tornano quindi dalla sua parte, ma nello stesso tempo precipita la situazione in Africa, dove la spedizione si risolve in un fallimento.

La pace con Cartagine, del 306, è però vantaggiosa per Agatocle: in Sicilia il confine tra possessi greci e punici è fissato al fiume Hàlykos; inoltre Siracusa riceve un risarcimento.

➢ questo successo induce Agatocle ad assumere, primo in Sicilia, il titolo di re, secondo l'esempio dei diadochi.

Accantonata l'idea della guerra in Africa, la politica di ampio respiro di Agatocle si rivolge quindi all'Italia greca, al fine di costruire un vasto impero territoriale esteso fino al canale di Otranto. In nome dell'unità di interessi fra Sicelioti e Italioti, egli interviene in modo più deciso nei conflitti tra magnogreci e indigeni.

• l'occasione gli è offerta dalla richiesta di aiuto di Taranto, che teme le mire espansionistiche di Roma verso la Puglia e il Salento. La spedizione di Agatocle risulta vittoriosa, tanto che egli può dilatare i suoi interessi nell'area adriatica e imporre il suo controllo sul versante italico del canale Otranto.

• egli concentra poi l'attenzione sull'isola di Corcira che nel 298 sottrae a Cassandro. • nel 296 stinge anche un'alleanza con Pirro, re dell'Epiro.

Nel frattempo prosegue la sua attività in Magna Grecia, dove intorno al 295 occupa Crotone, trasformandola in base militare.

➢ il suo obiettivo è l'unificazione sotto la sua egemonia dei Greci d'Italia e di Sicilia per poi riprendere la guerra contro Cartagine da una posizione di forza. Per conseguire questo obiettivo stringe anche un accordo (294) con il sovrano macedone.

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Il progetto di Agatocle non si realizza perché egli muore nel 289 senza lasciare un successore. Il re di Sicilia morente restituisce a Siracusa la propria libertà.

• il destino della grecità d'occidente è ormai segnato in quanto si profila lo scontro con Roma, la quale grazie alla vittoria sui Sanniti, è potenzialmente padrona della penisola.

Già Roma si era rivolta verso sud fondando alcune colonie; ma la volontà di estendere la propria egemonia anche a meridione la porta a scontrarsi con Taranto.

• nel 282 Roma approfitta di una richiesta di aiuto di Turii per infrangere l'accordo che aveva stretto con Taranto precludendo alla navi romane la navigazione a nord del capo Lacinio, presso Crotone: le navi romane superano il capo Lacinio e si avvia verso Taranto, che reagisce dichiarando guerra e ricorrendo all'aiuto di un nuovo condottiero, Pirro.

• desideroso di estendere il suo dominio in Occidente e in Sicilia, questi sbarca in Italia. L'entità dell'armata allarma i Romani che nel 280 affrontano il re presso Eraclea: Pirro vince. Le sue richieste di pace, che prevedono anche l'indipendenza di tutti gli Italioti, non sono accettate dai Romani, poiché avrebbero comportato la rinuncia alla loro ingerenza in Magna Grecia.

• la guerra continua l'anno successivo e l'anno successivo dopo un'incursione nel Lazio, Pirro vince nuovamente i Romani in una battaglia nel nord della Puglia.

• la vittoria di Pirro comporta forti perdite, così il vincitore interrompe le operazioni contro Roma e passa in Sicilia dove le città greche ne avevano richiesto l'aiuto perché nuovamente insidiate da Cartagine. ◦ qui dà prova di nuovo delle sue doti di condottiero, riuscendo in breve tempo ad

impadronirsi di tutta l'isola. Le città siceliote, dopo averlo acclamato liberatore, si rivoltano contro di lui, inducendolo a tornare in Italia.

• riallacciati i rapporti con Taranto, nel 275 egli si scontra e viene sconfitto definitivamente a Benevento, e decide così di ritornare in patria.

Nel 272 i Romani dopo un lungo assedio ottengono la resa di Taranto e si rivolgono alla conquista di tutta l'Italia meridionale, domando Brettii e Lucani e stipulando con i Greci trattati di alleanza che lasciano loro solo una parvenza di autonomia.

• Taranto è obbligata a fornire navi da guerra per rafforzare la flotta di Roma, decisa a intraprendere una politica di maggiore impegno sul mare, ponendosi in diretta antitesi con Cartagine.

• lo scontro attraversa tutto il III secolo e la sua conclusione, con la vittoria di Roma, inaugura una nuova era nella storia del Mediterraneo antico. ◦ non solo la Sicilia e la Sardegna diventano province romane, ma di fatto tutto

l'Occidente si inchina alla nuova grande potenza.

9. L'intervento romano in Grecia e in Siria

Roma, vincitrice di Cartagine, incombe sul mondo ellenistico. Indebolito la grande potenza rivale, essa può impegnarsi a risolvere situazioni pregresse di ambiguità che si erano creati con alcuni regni orientali.

• prima guerra macedonica (215-205): contro la Macedonia di Filippo V i Romani avevano già condotto un conflitto decennale, nel corso della seconda guerra punica, concluso per la necessità di chiudere tale fronte bellico con una pace basata sullo status quo. Ma dopo la vittoria su Cartagine tale situazione appare inadeguata per i Romani.

• seconda guerra macedonica (200-197): un'alleanza stipulata ai danni dell'Egitto fra Antioco III di Siria e Filippo V di Macedonia offre a Roma l'occasione per un nuovo intervento, motivato formalmente dalla tutela degli interessi di Pergamo e di Rodi con i quali nel 201 ha stipulato un trattato difensivo. ◦ in realtà, Roma tramite una politica di imperialismo “difensivo”, vuole un equilibrio

fra i monarcati del Mediterraneo orientale, appoggiando contro i regni più forti, cioè

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la Macedonia e la Siria, gli stati al momento più deboli, come l'Egitto, Pergamo e Rodi.

• in un primo momento Roma limita il conflitto alla Macedonia, ebbe dalla sua parte anche Atene, Sparta, la Lega Etolica e la Lega Achea. Isolato così il nemico nel 197 il proconsole romano Flaminio sbaraglia le truppe macedoni in Tessaglia.

▪ ne segue la pace di Tempe, che impone a Filippo V di rinunciare a qualsiasi ingerenza sulle città greche, proclamate libere (pax romana).

A questo punto è Antioco III a destare preoccupazioni a Roma, sia per la sua crescete potenza militare sia per l'ospitalità accordata ad Annibale.

• i Romani entrano in guerra anche con la Siria: nel 191 Antioco III porta la guerra in Grecia, dove si schierano al suo fianco la Lega Etolica e altra città insofferenti alla pace romana. Roma riesce a sconfiggere con facilità il re siriaco.◦ la pace di Apamea (188) sancisce per lui l'arretramento territoriale e la rinuncia ai

possedimenti costieri dell'Asia Minore. Le città greche sono ancora una volta dichiarate autonome, mentre Roma esce dalla guerra di fatto senza nessuna conquista territoriale. Ha riaffermato però con fermezza la propria influenza anche nell'Oriente mediterraneo.

Roma mira ora ad assicurare al vecchio mondo ellenistico un equilibrio stabile di pace. Tale politica di “imperialismo” difensivo è però destinata a trasformarsi in una vera conquista.

• nel 179 sale sul trono di Macedonia un sovrano di sentimenti antiromani, Perseo, che con un'ambiziosa politica di grandezza suscita la reazione di Roma, che riapre le ostilità nel 171. ◦ terza guerra macedonica (171-168): termina con la vittoria schiacciante di Roma in

Tessaglia.▪ la Macedonia è divisa in quattro distretti e sottoposta a un tributo, mentre le

sue ricche miniere d'oro e d'argento vengono direttamente incorporate nel dominio romano.

• assicurata l'egemonia sulla Macedonia, i Romani agiscono con fermezza anche nei confronti della Siria, costringendola a rinunciare alle sue mire sull'Egitto, mentre la Lega Etolica e alla Lega Achea impongono rettifiche di confini e consegne di ostaggi. ◦ Pergamo deve desistere da ulteriori progetti di conquista in Asia Minore;◦ Rodi è privata del suo ruolo di principale emporio commerciale dell'Egeo.

Nel 148, traendo pretesto da disordini interni, Roma trasforma la Macedonia in provincia e nel 146 anche la Grecia.

• stanchi delle continue lotte tra pòleis i Romani entrano in conflitto con la Lega Achea, distruggendone la capitale commerciale, Corinto.

• da allora in poi l'Ellade diviene un'entità politica e territoriale, soggetta a tributo e sottoposta al controllo del governatore romano di Macedonia.

10. Il tramonto dei monarcati ellenistici

Qualche anno dopo l'asservimento della Macedonia e della Grecia l'incorporazione dei regni ellenistici si completa con la creazione delle province d'Asia.

• quando muore il re di Pergamo nel 133 essa passa nelle mani dei Romani;• il tracollo del monarcato di Siria è legato all'ultima guerra tra Mitridate e Roma, che

scoppi nel 74 quando il re di Bitinia morendo lascia il regno a Roma. Mitridate, re del Ponto, non è disposta ad accettare la presenza di Roma in Asia e cerca di contrastarli alleandosi con il re di Armenia e dei Parti, che spinge le sue truppe fino al Mediterraneo e si impadronisce del regno seleucide di Siria. ◦ Ma Roma con una serie di campagne militari, tra il 73 e il 69, riesce a sconfiggere

Mitridate, a espugnare la capitale del regno di Armenia, senza però arrivare a

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sconfiggere i Parti. Nel 66 un nuovo proconsole Pompeo Magno isola Mitridate dai suoi alleati, costringendolo a fuggire dal regno del Ponto e a ritirarsi nel regno del Bosforo. Ricacciati gli Armeni e i Parti entro gli Antichi confini, può accingersi a ristabilire l'autorità romana in Asia.

Pompeo dichiara decaduta la dinastia seleucide, annettendo tutta la Siria alle province d'Asia; unifica Ponto e Bitinia sotto il dominio romano. Dichiara nominalmente libere una buona parte delle città greche d'Asia e infine affida alla dinastia non ebraica la Palestina.

Degli antichi regni ellenistici rimane in vita solo l'Egitto, che sempre ha tentato di mantenere buoni rapporti con Roma.

• dopo la morte di Tolomeo V Epifane si accendono aspre lotte per la successione che trasformano il regno in tre stati autonomi (Egitto, Cipro e Cirenaica) avviandolo alla totale decadenza.

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