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2003 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

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Prefazione del Prof. F. RomanoPresidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

L’INRAN è impegnato da molti anni nello sviluppo di strumenti per la realizzazione diun Sistema Informativo Nutrizionale integrato a livello nazionale. E già nel 1994 venivapubblicato il volume “SIN - Sistema Informativo Nutrizionale”(1), che poneva le basiconcettuali di un tale sistema.

Con questo manuale si fa un ulteriore, e sostanziale, passo avanti proponendostrumenti e metodologie in grado di rendere il SIN parte attiva del Sistema SanitarioNazionale. La sua realizzazione è il frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare diricercatori INRAN che hanno partecipato come Unità Operativa Tecnico-Scientifica alprogetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la preven-zione delle malattie cronico degenerative” svoltosi negli anni 2000-2002. Tale progetto,finanziato dal Ministero della Salute, è stato l’occasione per realizzare e sperimentarestrumenti preziosi per l’attività di sorveglianza nutrizionale sul territorio. Questo è statopossibile grazie al qualificato livello di partecipazione delle Unità Operative Regionaliinteressate, e, in particolare, grazie al Coordinamento Nazionale della Regione Pugliache ha svolto il ruolo di capofila. Il progetto, che coinvolgeva inizialmente tre UnitàOperative Regionali (Puglia, Emilia Romagna e Lombardia), è stato esteso ad altre treRegioni (Calabria, Campania e Toscana) che ne hanno fatto richiesta in corso d’opera. Siè così evidenziata l’importanza per gli operatori territoriali di trovare momenti di collabo-razione e confronto in un contesto progettuale di respiro nazionale.

Sono convinto che questo manuale possa rappresentare un primo, e fondamentale,snodo intorno al quale articolare una attenzione diffusa delle esperienze e professiona-lità presenti nel Paese e spero vivamente che l’attività iniziata con le Regioni coinvolte nelprogetto possa proseguire e svilupparsi ulteriormente allargandosi alle altre realtà regio-nali.

(1) Ferro-Luzzi A., Leclercq C., Martino L. & Berardi D. (1994) SIN – Sistema Informativo Nutrizionale.Monografie dei Quaderni della Nutrizione. Roma: INRAN

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Prefazione della Dott.ssa M. CaroliCoordinatore Nazionale del Progetto Ministeriale

Questo manuale non è solo un prodotto del Progetto Ministeriale “Sorveglianza ededucazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative”: è molto di più.

Il documento rappresenta, infatti, per gli elementi procedurali ed esemplificativi cheoffre, la base tecnico-scientifica comune su cui si è snodato il percorso compiuto dalleUnità Operative delle sei Regioni d’Italia che, nella cornice organica del progetto nazio-nale, hanno coerentemente sviluppato un programma di interventi coordinati.

Ed è esattamente questa duplice chiave di lettura che mi sembra giusto proporre: diriferimento scientifico, formativo-informativo, integrato da elementi di esperienze maturatedall’interazione fra le competenze dell’INRAN, istituzione di ricerca, l’Università, istitu-zione di ricerca e formazione e quelle delle Unità Operative Regionali che rispondonoprincipalmente ad una mission di prevenzione e promozione della salute.

Il valore aggiunto di uno strumento come questo è quello di fornire un supportotrasversale e calibrato; si rivolge infatti ad un target di utenze multidisciplinari e differen-ziate sul piano del know-how, per lo sviluppo flessibile di strategie e programmi di inter-vento, partendo da un livello qualitativamente standardizzato e condiviso di conoscenze.

Si tratta insomma di un prezioso strumento di orientamento culturale, di revisionedella letteratura scientifica e di “nutrimento” (consentitemi l’assonanza con la tematica)intelligente per sostenere ed orientare al massimo livello di appropriatezza gli interventisanitari in materia di sorveglianza nutrizionale, abbattendo gli elementi di disomogeneitàlegati alla disuguaglianza delle conoscenze.

Su queste basi ed in questa prospettiva i professionisti della sanità e le diverseIstituzioni, a cominciare dalle Aziende Sanitarie Locali, potranno rimodulare e riadattarei percorsi pilota proposti dal manuale, sviluppando strategie di intervento aderenti alprofilo e al bisogno del proprio territorio.

L’efficacia di questo manuale non può che fondarsi infatti sulla consapevolezza chenon si tratta di una raccolta di percorsi rigidi da riprodurre acriticamente, ma piuttosto diun patrimonio cognitivo comune che dovrà coniugarsi, nel governo del territorio, con unaorganica visione strategica e con buon impianto organizzativo, che veda la partecipa-zione di tutti i protagonisti per un orientamento delle politiche e degli interventi operativicoerente con criteri di efficacia ed efficienza.

Solo attraverso una appropriata allocazione delle risorse e la valorizzazione dellepotenzialità inespresse a livello del territorio i principi enunciati dal manuale possonoessere fruiti nel loro significato più pieno, che è quello di condurre verso obiettivi concreti.

Le idee guida, le indicazioni metodologiche, le opinioni e le raccomandazioni diesperti fornite dal manuale devono essere necessariamente tradotte nei percorsi distudio e nelle scelte di intervento più appropriate rispetto alla fisionomia del contestolocale, attraverso la piena integrazione della dimensione formativa, gestionale, etica edeconomica accanto a quella dell’appropriatezza scientifica.

E’ questa, a mio giudizio, la valenza più significativa del manuale e delle esperienze

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condotte in coerenza con i suoi contenuti dalle Unità Operative Regionali nell’ambito delprogetto ministeriale che sono orgogliosa di aver coordinato cercando di porre lamassima attenzione alla valorizzazione delle competenze e del patrimonio caratteristicodelle Unità Operative protagoniste, ma anche delle sinergie tra le stesse.

Su queste basi mi auguro che il percorso che tutti insieme abbiamo compiuto non siasolo un esercizio di messa a fuoco di temi e problemi in un’ottica estemporanea e “cristal-lizzata”, ma possa aprire una visione prospettica e la motivazione a fare di più nel futuro,sia per le Unità Operative che hanno partecipato al progetto, sia per tutte le AASSLL delterritorio italiano.

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AUTORI:

Noemi BevilacquaIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Francesco BrancaIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Giulia CairellaDipartimento di Prevenzione - ASL Roma B

Laura CensiIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Dina D’Addesa Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Amleto D’AmicisIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Catherine LeclercqIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Laura RossiIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Anna SabaIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Stefania SetteIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

Garden TabacchiSpecialista in Scienza dell’Alimentazione; Istituto di Fisiologia e Nutrizione Umana,Università di Palermo

Aida TurriniIstituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione

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Il presente manuale rappresenta uno dei prodotti del progetto “Sorveglianza ededucazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronicodegenerative” che è stato finanziato, promosso e supportato dal Ministero della Salutenell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzati 1% Sanità.

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Unità Operative del progetto ministeriale “Sorveglianza nutrizionale basata su datilocali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative”

UO “Regione Puglia”

Margherita Caroli (Coordinatore Nazionale del Progetto), UO di Igiene della NutrizioneDipartimento di Prevenzione AUSL Brindisi 1Carlo Di Cillo (Coordinatore Amministrativo Nazionale del Progetto), CoordinatoreAssessorato alla Sanità Regione PugliaFulvio Moramarco (Responsabile UVAR AUSL BR1)Vito Martucci (Direttore Dipartimento di Prevenzione AUSL BR1)Gruppo di Lavoro: Rosanna Anaclerio, Laura Argentieri, Teresa Colonna, Elvira D’Amuri,Maria Anna Tomaselli.

UO “Regione Emilia Romagna”

Coordinamento Metropolitano dei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle quattro AziendeUSL della Provincia di BolognaResponsabile Scientifico: Gabriele CavazzaCoordinatore Scientifico e delle Attività: Augusta AlbertiniGruppo di Ricerca - Dipartimento di Sanità Pubblica: G. Barbieri, N. Collina, M. Colonna,E. Dalle Donne, S. De Giorgi, F. Francia, A. Gerosa, E. Guberti, G. Laffi, F. Mezzetti, P.Pandolfi, G. Peroni, L. Quadri, I. Stefanelli, S. TurchiCollaboratori – Area Materno Infantile: Sarti; L. Ferri, M. G. Milani, R. Ricci, P. De Vescovi,G. Santini, M. T Bartolini, M. B. Mattei; M. Bertini, L. Ferranti, M. Santonicola, P. Baietti, G.Ferranti, L. Ricci, B. Colaiuda, D. Rubini, M. Mazzocchi, M. Casari, A. Degli Esposti, A.Papasodero, M. Vivarelli, L. Sponghi, M. Gabrielli, L. Moschella, A. Baldini, S. Festi, P.Lenzi, E. Valenti, C. De Maria, A. FaraldiCollaboratori – Università degli Studi di Bologna: G. Cavrini, M. Nicolucci Facoltà diScienze Statistiche; Azienda Ospedaliera Policlinico S. Orsola-Malpighi EndocrinologiaPediatrica: A. Balsamo, M. Gennari Collaboratori - Consulenti: T. Beccari, Dietista; F. Celenza, Biologa.

UO “Regione Lombardia”

UO Prevenzione Direzione Generale Sanità Regione Lombardia: Vittorio Carreri(Dirigente UO e Responsabile Scientifico progetto); Maurizio Salamana Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ASL Provincia di Lodi: Maria Grazia Silvestri(Responsabile SIAN e coordinatore fasi operative del progetto); Martina di Prampero;Viviana Lisci; Elena Armondi; Franco Binelli; Maurizio CredaliOsservatorio Epidemiologico ASL Provincia di Lodi: Salvatore ManninoDipartimento di Prevenzione ASL Provincia di Lodi: Carlo Rozzoni (ResponsabileDipartimento); E. Ariano (Responsabile Settore Sanitario).

UO “Regione Toscana”

Mariano Giacchi, CREPS - Sezione Sanità Pubblica del Dipartimento FMSeSP -Università di Siena (Responsabile scientifico dell’UO)

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Emanuela Balocchini (Responsabile U.O.C. Igiene Pubblica della Regione Toscana); A.M. Giannoni (Responsabile P.O. Promozione ed Educazione alla Salute della RegioneToscana)Gruppo di Ricerca: Giacomo Lazzeri (Coordinatore attività sul campo), Stefania Rossi(Responsabile statistico), Barbara Bianconi, Angela Ciliberti, Simone Cocco, MariaGiovanna D’Amato, Chiara Guidoni, Margherita Gulino, Michele Martiello, Alessio Zani(CREPS - Università di Siena); Maria Rita Caciolli, Cristina Fagotti (Dipartimento Dirittoalla Salute e Politiche di Solidarietà della Regione Toscana)

Gruppo operativo territoriale dell’UO “Regione Toscana”:ASL Arezzo: Fulvio Armellini (Responsabile UO/U.F.IAN), Chiara Cinughi de’ Pazzi,Patrizia Baldaccini, Rossella Leonardi;ASL Empoli: Maria Giannotti (Responsabile UO/U.F.IAN), Claudio Baglioni, FrancescaChiaverini, Roberto Giannini, Cristiana Procuranti, Elena Corsinovi;ASL Firenze: Patrizia Giannelli, Tiziana De Marco, Brunella Librandi, Alessandra Maggi,Rina Brunetti, Angela Ghelmi, Ilia Di Marco, Claudia Russo, Roberto Vigevani;ASL Grosseto: Franca Narduzzi (Responsabile UO/U.F.IAN), Rosalba Lorenzoni, RitaCancelli;ASL Livorno: Maria Grazia Rastelli, Mauro Fiorini (Responsabile UO/U.F.IAN), MarinellaFrasca, Giuliano Baldacci, Antonia Amici, Paola Fatighenti;ASL Lucca: Fausto Morgantini, Alessandro Scacchiotti, Bianca Maria Mulini;ASL Massa: Patrizia Carignani (Responsabile UO/U.F.IAN), Manuela Terreni, MariaGiuseppina Galli, Paola AntonioliASL Pisa: Eleonora Virgone (Responsabile UO/U.F.IAN), Margherita Brunetti , ElenaGriesi, Cristina Verdiani, Mariacristina Baldocchi;ASL Pistoia: Paola Picciolli (Responsabile UO/U.F.IAN zona Pistoia), Monica Tognarelli(Responsabile UO/U.F.IAN zona Valdinievole), Alda Isola, Franca Moretti, ElenaTomassetto, Stefania Vezzosi;ASL Prato: Giuseppe Vannucchi (Responsabile UO/U.F.IAN), Riccardo Innocenti,Domenico Mariani, Roberta Gestri, Patrizia Medea;ASL Siena: Simonetta Sancasciani (Responsabile UO./U.F.IAN), Alessandra Bagnoli,Antonella Bellugi, Alfea Pinzuti;ASL Viareggio: Giovanna Camarlinghi (Responsabile UO/U.F.IAN), Piero Cibeca, PaolaGridelli, Gianna Innocenti.

UO “Regione Campania” ASL Napoli 4Francesco Tancredi (Direttore Sanitario ASL Napoli 4)Silvestre Principato (Direttore Dipartimento di Prevenzione e del SIAN, ASL Napoli 4)Pierluigi Pecoraro (Responsabile Scientifico e Operativo, SIAN, ASL Napoli 4)Pasquale A.M. Miranda (Referente Servizio Materno Infantile ASL Napoli 4)Bruna Guida (Referente Dip. Neuroscienze Area di Dietetica e Nutrizione, Università diNapoli Federico II)Gruppo di Lavoro: Grazia Formisano, Maiello Annunziata, Nunziata Giuseppe Pietro,Anna Maria Santomassimo (Responsabili UO Materno Infantile ASL Napoli 4).

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UO “Regione Calabria”Marina La Rocca (Responsabile scientifico e tecnico UO - Dirigente medico UO IgienePubblica - Settore Igiene Alimenti e Nutrizione)Gruppo di Lavoro: Attilio Cirillo (Dirigente medico Unità Distrettuale Materno-Infantile),Annalisa Spinelli (Dirigente medico responsabile UO Educazione Sanitaria).

UO INRANGruppo di Coordinamento: Francesco Branca, Amleto D’Amicis, Catherine Leclercq(Responsabile Scientifico dell’UO)Laura Rossi (Responsabile Operativo dell’UO)Gruppo di Ricerca: Laura Censi, Dina D’Addesa, Anna Saba, Aida Turrini.

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Ringraziamenti

Al termine di questo lavoro, gli autori sentono il piacere e il dovere di ringraziare tutti colo-ro che hanno contribuito in modo diverso alla sua realizzazione.

Si è già detto che il manuale è il risultato di un lavoro multidisciplinare che ha visto il coin-volgimento attivo di molti ricercatori. Il testo finale è stato rielaborato e impreziosito deiconsigli e dei suggerimenti delle professionalità operanti nelle Unità Operative Regionaliche più direttamente hanno lavorato a contatto con l’Unità Operativa Tecnica.

Un sentito ringraziamento va infine fatto alle colleghe dell’INRAN Raffaela Piccinelli,Cinzia Le Donne e Deborah Martone che sono state un prezioso supporto nelle ultimefasi di stesura del testo e che hanno contribuito a renderlo più gradevole nella lettura.

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

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1. I PRINCIPI DELLA SORVEGLIANZA NUTRIZIONALE

• La sorveglianza nutrizionale è definita come quell’insieme combinato di azionifinalizzate a documentare la presenza e la distribuzione in una popolazione distati morbosi associati o mediati dalla dieta, per stabilirne le cause, individuarnele tendenze nel tempo, nello spazio e negli strati sociali, predirne le modifiche,mettere a fuoco le priorità e consentire un preciso orientamento delle misurecorrettive e preventive.

• La sorveglianza nutrizionale deve essere considerata come un strumento dipromozione della salute in campo nutrizionale mentre gli interventi di promo-zione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali.

• Non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, la sua imposta-zione varia a seconda dei mezzi a disposizione, dei problemi di salute pubblicaspecifici del Paese, dello stato delle conoscenze scientifiche e degli scopi prefis-sati dal committente.

• Le priorità di un sistema di sorveglianza si basano sulle informazioni forniteda indicatori epidemiologici e socio-sanitari della popolazione; considerazioniulteriori devono essere effettuate in relazione al grado di prevenibilità dellemalattie.

• Si stima che nell’anno 2000 le malattie croniche a componente alimentare sianostate responsabili per il 60% della mortalità generale e che contribuiscano per il43% al carico globale di malattie croniche; le patologie croniche che rientranonel dominio di un sistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continuavigilanza della loro distribuzione e della loro incidenza, attraverso la raccoltasistematica, il consolidamento e la valutazione dei tassi di mortalità e morbositàe di altri dati rilevanti, sono strumenti potenti per la attuazione di strategie preven-tive e correttive.

1.1 La sorveglianza

La sorveglianza, nel suo significato più ampio, è definita come un sistema coordinatodi attività mirate alla raccolta sistematica e continuativa di dati e alla loro rapida analisifinalizzata ad un obiettivo specifico. Nel caso della Sorveglianza Nutrizionale, questoobiettivo consiste, secondo la definizione dell’OMS, nel “documentare la presenza edistribuzione in una popolazione di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, alloscopo di stabilirne le cause, di individuarne le tendenze nel tempo, nello spazio e neglistrati sociali, di predirne le modifiche, di mettere a fuoco le priorità e di consentire unpreciso orientamento delle misure correttive e preventive” (Ferro-Luzzi & Leclercq, 1993;Kelly, 1988; World Health Organization Study Group, 1976).

Il concetto di sorveglianza, applicato in passato alla notifica delle malattie, è statoallargato anche alla nutrizione a partire dal 1974, quando in occasione della World Food

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

1 I principi della sorveglianza nutrizionale

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

2I principi della sorveglianza nutrizionale

Conference è stato introdotto per la prima volta il termine Sorveglianza Nutrizionale. Fuinizialmente concepita nell’ottica delle problematiche dei Paesi in Via di Sviluppo e fuquindi diretta soprattutto al controllo delle forme primarie di malnutrizione da carenza. Piùrecentemente la sorveglianza nutrizionale è stata rivolta anche alla prevenzione deiproblemi propri dei Paesi Occidentali, nei quali le manifestazioni patologiche derivano daeccessi e squilibri alimentari piuttosto che da carenze.

La sorveglianza si avvale degli strumenti forniti dall’epidemiologia per descrivere edanalizzare i rapporti tra patologie e fattori eziologici nella popolazione. I risultati degli studiepidemiologici forniscono una parte delle informazioni che concorrono all’identificazione diindicatori, la cui valutazione consente la programmazione di interventi di politica nutrizionale.

Un piano di sorveglianza nutrizionale è, dunque, guidato da ragioni pratiche, inquanto parte dall’esigenza di comprendere i problemi sanitari della popolazione correlatiall’alimentazione, per intraprendere azioni correttive o preventive.

Caratteristiche peculiari di un sistema di sorveglianza sono la sistematicità e laregolarità nel tempo delle informazioni raccolte senza comunque escludere che si utiliz-zino risultati ottenuti da singoli studi epidemiologici per completare la base informativa.

L’elemento chiave su cui poggia l’architettura di un sistema di sorveglianza è costi-tuito dal concetto di “indicatore”, da intendersi come la scala che misura le variazioni delfenomeno. L’indicatore può essere una variabile, un insieme di variabili un rapporto travariabili, ecc. Al concetto di indicatore si collega quello di “livello soglia per l’intervento”.Tale livello, definisce la soglia del valore superata la quale si ritiene utile intervenire; illimite è fissato in modo soggettivo in relazione alla gravità attesa del problema sanitarioconsiderato e alla propensione o meno a favorire l’intervento.

Un sistema di sorveglianza deve essere in grado di identificare e descrivere iproblemi di sanità pubblica, stimare il carico di morbosità e soddisfare le esigenze di unprogramma di prevenzione.

1.2 Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia

L’epidemiologia consente fondamentalmente la descrizione della presenza di unfenomeno nella popolazione (epidemiologia descrittiva), e permette di associare unfattore eziologico ad una determinata patologia (epidemiologia analitica); ma, a differenzadella sorveglianza, l’informazione non viene generata ed analizzata con regolarità, inquanto i dati possono non essere raccolti in maniera sistematica e continua nel tempo. Idati che vengono raccolti in un sistema di sorveglianza possono anche essere gli stessiche vengono raccolti in uno studio epidemiologico; è l’uso che se ne fa che è sostanzial-mente differente. Infatti, dal punto di vista metodologico, la sorveglianza può esserecompresa tra gli studi di epidemiologia descrittiva, finalizzati allo sviluppo di politichesanitarie. Inoltre, il processo decisionale sviluppato da un piano di sorveglianza, rende lasorveglianza stessa lo strumento di cui si avvalgono gli artefici della politica nutrizionale.Le informazioni raccolte da uno studio epidemiologico possono essere un utile comple-mento, per cui a volte una combinazione dei due tipi di approccio , sorveglianza ed epide-miologia, può rivelarsi utile (Kuczmarsky et al., 1994; Branca, 1999).

Come già accennato, l’obiettivo finale della sorveglianza è quello di intervenire per

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prevenire le patologie a componente nutrizionale: le risorse impiegate hanno ragione diessere se portano a un miglioramento della salute della popolazione e a un risparmio intermini di costi sociali delle malattie.

Un sistema di sorveglianza, partendo da informazioni scientifiche basate su prove diefficacia, deve produrre indicazioni pratiche. La sorveglianza nutrizionale deve essereconsiderata come un mezzo di promozione della salute in campo nutrizionale mentre gliinterventi di promozione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali.

1.3 Le politiche nutrizionali

Nella Conferenza Internazionale sulla Nutrizione del 1992 è stata ribadita l’impor-tanza della pianificazione delle politiche nutrizionali per la riduzione delle patologie corre-late all’alimentazione che presentano un forte impatto sulla popolazione in termini dimortalità e morbosità. Le prime indicazioni su come sviluppare politiche nutrizionali nelcontesto europeo sono state fornite da Helsing (Helsing, 1991): innanzitutto, è importanteche le attività nutrizionali siano coordinate da un organo centrale in grado di attribuirespecifici ruoli ai soggetti coinvolti nelle politiche stesse. I prerequisiti necessari sono lacreazione di un sistema informativo che fornisca indicatori utili a valutare lo stato di nutri-zione e di salute nonché la definizione di valori soglia specifici.

Mettere in atto una politica nutrizionale significa conoscere e soddisfare i bisogni,percepiti e non, della popolazione in ambito nutrizionale. Significa, quindi, identificarepriorità e promuovere azioni, orientandosi verso politiche agrarie, industriali, legislative esanitarie che inducano scelte alimentari, stili di vita e ambienti favorevoli per la promo-zione della salute. La realizzazione di politiche nutrizionali prevede l’attuazione di inizia-tive dirette ai consumatori. Tali iniziative comprendono la formazione di professionisti neisettori della salute e dell’educazione; gli interventi educativi sulla popolazione; l’etichet-tatura nutrizionale; la regolamentazione della fortificazione degli alimenti e la legislazionesulla sicurezza alimentare.

Non esistono, comunque, regole precise per sviluppare e migliorare le politiche nutri-zionali, in quanto esse devono riflettere le diverse esigenze di ciascun paese.

La promozione della salute, dal punto di vista nutrizionale, viene compresa tra gliobiettivi del Piano Sanitario Nazionale 1999-2001: in base a tale documento l’alimenta-zione della popolazione italiana deve tendenzialmente adeguarsi agli standard nutrizio-nali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici; nel più recente Piano SanitarioNazionale 2002-2004 viene ulteriormente ribadito che l’incidenza di numerose patologieè legata agli stili di vita, tra cui rientrano l’alimentazione e l’attività fisica. Ulteriori preci-sazioni sugli interventi da privilegiare per realizzare le politiche nutrizionali sono disponi-bili nei vari Piani Sanitari Regionali, nei documenti di indirizzo, nelle linee guida e nelleproposte metodologiche, forniti dalle Istituzioni, dalle Società Scientifiche ecc.

1.4 I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della sorveglianza

La realizzazione di politiche nutrizionali richiede necessariamente il coinvolgimento diuna molteplicità di attori: gli operatori sanitari e le istituzioni preposte alla tutela dellasalute, l’industria e l’agricoltura, gli organi e gli strumenti della comunicazione, lacomunità europea ed internazionale.

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

3 I principi della sorveglianza nutrizionale

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

4I principi della sorveglianza nutrizionale

Diverse sono le istituzioni pubbliche coinvolte nelle politiche nutrizionali.Il Ministero della Salute (già Ministero della Sanità) è l’organo centrale del Servizio

Sanitario Nazionale preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materiasanitaria (mediante i Piani Sanitari Nazionali), alla definizione degli obiettivi da raggiun-gere per il miglioramento dello stato di salute della popolazione e alla determinazione deilivelli di assistenza da assicurare a tutti i cittadini, in condizioni di uniformità sull’interoterritorio nazionale. All’interno del Ministero della Salute è presente la Direzione Generaledella Sanità Pubblica Veterinaria, degli Alimenti e della Nutrizione che provvede alleattività ed agli interventi di spettanza statale, anche derivanti da obblighi comunitari, inmateria di sicurezza alimentare e nutrizionale. Il Ministero della Salute, inoltre, si avvaledi un proprio organismo scientifico, l’Istituto Superiore di Sanità, per quanto attiene gliaspetti igienico-sanitari, tossicologici ed epidemiologici connessi alla qualità deglialimenti (intesi come prodotti finiti, materie prime, ingredienti, ecc.). Il sistema sanitario haproprie articolazioni a livello periferico: in particolare, sono impegnati sul fronte delcontrollo qualitativo degli alimenti gli Uffici di Sanità Marittima e Aerea, nonché gli IstitutiZooprofilattici Sperimentali, principalmente per quanto concerne gli alimenti di origineanimale, con le loro articolazioni regionali.

Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF – già Ministero dell’Agri-coltura) preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materia di qualità deiprodotti derivanti dall’attività agricola (coltivazione e zootecnia), ha condotto fin dagli anni’60 iniziative per il miglioramento dello stato nutrizionale della popolazione. Il MiPAF, siavvale, come organo scientifico, dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e laNutrizione (INRAN), con il quale mette in atto le proprie iniziative in ambito nutrizionale.L’INRAN ospita anche un centro collaborativo della Organizzazione Mondiale della Sanitàper le politiche nutrizionali nei Paesi in Via di Sviluppo.

Un ruolo non secondario, per la realizzazione delle politiche nutrizionali, deve esserericonosciuto anche al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sia per quantoriguarda gli aspetti di ricerca scientifica, sia per quanto riguarda l’attività di formazione(Università) degli operatori che, a diversi livelli, intervengono nell’attuazione delle politichenutrizionali, ma anche per la pianificazione di programmi didattici nell’ambito scolastico.

Non va, inoltre dimenticato, che la collaborazione dell’istituzione scolastica (ufficiScolastici, Dirigenti, corpo docente) è fondamentale per un buon risultato delle politichenutrizionali, dal momento che le scuole, soprattutto quelle di primo grado, sono l’ambitoprincipale per l’attivazione dei programmi di sorveglianza nutrizionale in quanto l’imposta-zione di corretti stili alimentari è più efficace se viene impostata sin dai primi anni di vita.

Un ruolo fondamentale nel conseguimento degli obiettivi di salute definiti dai pianinazionali viene riconosciuto dalla legislazione alle Regioni; tale ruolo è stato ancor piùenfatizzato a seguito dell’approvazione della Legge Costituzionale 3/2001, che ha attri-buito alle Regioni autonomia legislativa in materia sanitaria, e quindi anche in materia distato di salute della popolazione, per il quale le politiche nutrizionali sono fondamentali.

Altrettanto importante è il ruolo delle Regioni nella programmazione e nella defini-zione di obiettivi di qualità delle produzioni agricole e della loro valorizzazione, sia sottol’aspetto economico-produttivo sia sotto quello qualitativo ai fini alimentari.

Infine, esiste un’articolazione del sistema sanitario a livello locale: le Aziende SanitarieLocali, che hanno compiti istituzionali precisi che interessano la sfera nutrizionale.

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Infatti, i Decreti Legislativi 502/92 e 517/93 individuano nel Dipartimento diPrevenzione la struttura unica di riferimento deputata a svolgere la funzione preventiva enel Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN), il servizio che assolve compitispecifici per la garanzia della sicurezza e qualità nel settore alimentare e nutrizionale.

Il DM 185 del 16/10/1998 “Approvazione linee-guida concernenti l’organizzazione delServizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) nell’ambito del Dipartimento diPrevenzione delle Aziende Sanitarie Locali”, identifica per l’area funzionale Igiene dellaNutrizione, le seguenti articolazioni:

• Sorveglianza nutrizionale• Educazione alimentare• Nutrizione collettiva• Dietetica preventiva

La realizzazione di tali attività mira a garantire la promozione della salute in camponutrizionale, ponendosi lo scopo ambizioso di modificare lo stile di vita della collettività.

Non deve essere, inoltre, trascurato il ruolo che varie istituzioni svolgono nella raccoltadi dati utili alle politiche nutrizionali, quali ad esempio l’Istituto Nazionale di Statistica(ISTAT) o altre analoghe con ruolo di “osservatorio” a livello nazionale o regionale.

Dovendo, infine rispondere alla domanda “a chi giova?” è fondamentale il ruolo dellapopolazione utente (bambini, famiglie, educatori, ecc.) senza la cui collaborazione ogniprogrammazione sarebbe vanificata.

Il testo dell’Accordo Stato-Regioni, recepito dal Dpcm del 20 Novembre 2001,identifica i Livelli Essenziali di Assistenza (G.U. n.33 dell’8 Febbraio 2002) con cui lo Statostabilisce il ventaglio delle prestazioni che la Sanità pubblica si impegna a garantire a tuttii cittadini; nel capitolo dell’Assistenza Sanitaria Collettiva in ambiente di vita e di lavoro,tra le funzioni di prevenzione collettiva, sono comprese la sorveglianza e la prevenzionenutrizionale.

Ciò sta evidentemente a significare che la promozione della salute in campo nutri-zionale rientra tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini.

1.5 Progettazione di un sistema di sorveglianza

Lo schema riportato nella figura 1.5.1 mette in evidenza come il bisogno di dati, chepossono essere prodotti con i sistemi di sorveglianza nutrizionale e con la ricerca in ambitonutrizionale, sia importante per indirizzare le politiche nutrizionali e mettere a punto gli inter-venti correttivi. Il bisogno di dati chiude il ciclo sorveglianza-interventi di cui deve esserevalutata l’efficacia e l’impatto sulla salute pubblica. Il disegno di un sistema di sorveglianzarichiede l’attuazione di alcune tappe, non necessariamente sequenziali ma interattive e sog-gette a continui aggiustamenti (Martino & Ferro-Luzzi, 1997; Ferro-Luzzi & Leclercq, 1991).

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5 I principi della sorveglianza nutrizionale

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6I principi della sorveglianza nutrizionale

Il primo passo da compiere consiste nell’accertare l’esistenza di un problema disanità pubblica per la popolazione considerata, valutando le dimensioni e quindi lagravità del problema sanitario legato all’alimentazione. A tale scopo possono essereutilizzati i dati statistici di morbosità e mortalità relativi alla patologia in esame.

Alcune patologie a componente nutrizionale hanno infatti raggiunto dimensioni tali dainfluire notevolmente sulla mortalità della popolazione. La mortalità prematura è unindicatore rilevante dell’impatto di una patologia sulla popolazione poiché identifical’insieme dei decessi che si possono prevenire e che hanno un maggiore costo sociale.La mortalità da sola, comunque, non è sufficiente a rappresentare l’andamento di unamalattia nella popolazione, soprattutto per quelle patologie a bassa letalità o che presen-tano un aumento del tasso di sopravvivenza. Pertanto, per meglio definire il quadrosanitario delle malattie a componente nutrizionale è necessario far riferimento anche aidati di morbosità. Per esprimere in modo sintetico e standardizzato il livello di morbositàdi una popolazione è utile fare riferimento ai tassi di prevalenza e di incidenza, il cuicalcolo risulta problematico quando non si hanno registrazioni sistematiche dei casi comeinvece accade per le malattie a dichiarazione obbligatoria. Il tasso di ricovero, la duratamedia della degenza e l’occupazione dei posti letto, relativi ai DRG (Diagnosis RelatedGroup) di pertinenza di patologie a componente nutrizionale sono gli indicatori di ospeda-lizzazione utilizzati per valutare il livello di morbosità; tali indicatori vanno interpretatitenendo conto anche del contesto sociale ed assistenziale sviluppato per il trattamentodella specifica patologia.

I Paesi Industrializzati, negli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal diffon-dersi di patologie cronico-degenerative, che rappresentano il risultato dell’intera-zione tra ambiente, genetica e stile di vita. Si stima che nell’anno 2000 questemalattie a componente alimentare siano state responsabili per il 60% della morta-lità generale e che contribuiscano per il 43% al carico globale di malattie croniche

Figura 1.5.1 – Ciclo sorveglianza-interventi nella realizzazione delle politichenutrizionali

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

7 I principi della sorveglianza nutrizionale

nel mondo (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm). Come già detto, nellapatogenesi di queste malattie intervengono più fattori e risulta difficile riconoscere e stabi-lire un collegamento netto con un solo determinante responsabile. In queste patologiel’alimentazione ha sicuramente un ruolo importante sia come fattore di rischio sia comefattore protettivo. Le malattie a componente nutrizionale che rientrano nel dominio di unsistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continua vigilanza della loro distri-buzione e delle loro tendenze di incidenza, attraverso la raccolta sistematica, il consoli-damento e la valutazione di rapporti di mortalità e morbosità e di altri dati rilevanti, sonouno strumento potente per la attuazione di strategie preventive e correttive.

La prevalenza delle malattie è solo un aspetto del loro impatto sulla società. Vi sonomolti altri aspetti che devono essere presi in considerazione per poter valutare l’effettosulla salute pubblica di certe patologie. La filosofia del Global Burden of Disease è quelladi misurare l’impatto delle patologie non solo in termini di prevalenza ma anche in terminidi durata della patologia, del suo effetto sulla mortalità generale, in termini di disabilità edi inabilità al lavoro. In questo senso alcuni fattori di rischio possono anche non essereuna causa diretta di malattia ma possono avere delle conseguenze sociali rilevanti. Pertener conto di tutti questi aspetti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la BancaMondiale in collaborazione con la Harvard School of Public Health (Murray & Lopez,1996) hanno messo a punto un indice applicabile a livello di popolazione che tenga contodi tutti questi fattori, il Disability Adjusted Life Years (DALYs) che è una misura degli annidi vita vissuti al netto della disabilità e che comprende anche gli anni di vita lavorativipersi. Questo indice viene utilizzato per la stima del carico globale di malattie in differentiregioni del mondo.

La lista delle malattie per le quali si conosce o si sospetta un ascendente, quantomeno parziale, da parte dell’alimentazione è lunga e, spesso, diversa a seconda degliautori. Nella lista entrano certamente le cardiopatie ischemiche, le malattie cerebrova-scolari, alcuni tumori, il diabete mellito di tipo 2, l’osteoporosi, alcune forme di anemia,l’obesità, il gozzo, la carie dentaria, la calcolosi renale.

La tappa successiva consiste nel valutare i costi sociali della malattia per definire lepriorità dell’intervento di sanità pubblica. Infatti, in particolare quando le risorse delservizio sanitario sono limitate, è importante decidere per quale patologia rispetto allealtre è necessario un intervento prioritario. I costi socio-sanitari delle patologie possonoessere valutati come:

• costi diretti, rappresentati dai costi per la cura della malattia, che comprendono ledegenze in ospedale, i farmaci, le visite ambulatoriali e domiciliari, le visite speciali-stiche, le analisi di laboratorio, ecc. Indicatori dei costi diretti possono essere i dati didimissione ospedaliera, per causa di ricovero.

• costi indiretti, la cui valutazione pone dei problemi concettuali, in quanto si dovrebbeconsiderare la sofferenza individuale, il cambiamento della qualità di vita, ecc.;pertanto per la stima di questi costi si ricorre alla perdita di attività lavorativa, dovutasia all’assenteismo per malattia che ai decessi prematuri, e che viene calcolata comeanni di vita produttiva persi (Years of Productive Life Lost, YPLL), dati dalla differenzatra l’età alla morte ed i 65 anni, negli individui morti in età adulta ma prima di 65 anni.

In Italia non sono disponibili valutazioni complete e dettagliate dei costi diretti, ma larilevazione della morbosità ospedaliera può utilmente consentire una stima dell’impatto

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delle varie malattie sui costi diretti. A partire dal 1995 il modello di rilevazione dei livelli diospedalizzazione dell’ISTAT è stato sostituito con la Scheda di Dimissione Ospedaliera(SDO). La nuova rilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gliistituti di cura pubblici e privati (per il tramite delle regioni) per ogni paziente dimesso(compresi i deceduti). La SDO, che costituisce uno stralcio della cartella clinica, contieneinformazioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo dinascita, luogo di residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosialla dimissione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital).

Come in altri Paesi industrializzati, in Italia, le due principali cause di morte sono lemalattie circolatorie seguite dai tumori. La Relazione sullo Stato Sanitario del Paeseriporta che nel 1996, su 100 persone che sono morte in Italia, circa 43 sono decedute inseguito ad una patologia del sistema circolatorio. Nell’ambito del gruppo delle malattie delsistema circolatorio, la maggior parte dei decessi è risultata causata da patologie confattore di rischio dietetico, con il 31% dei casi riconducibili ad affezioni ischemiche delcuore e il 28% dei casi di natura cerebrovascolare (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT,2000). La seconda principale causa di morte è costituita dai tumori, a cui nel 1996 è daattribuire poco più del 28% dei decessi. Seguono, con contributi al di sotto del dieci percento, le altre cause. I tumori, con il 27% di morti prima dei 65 anni, hanno un impatto piùelevato sulle morti premature rispetto alle malattie cardiovascolari (10% di morti prima dei65 anni). Dal calcolo degli anni di vita lavorativa persi in Italia per alcune malattie confattore di rischio dietetico, appare che i tumori rappresentano la causa di morte che piùcontribuisce all’YPLL con il 26% rispetto al 15% per le malattie circolatorie. Tra le malattiecircolatorie, il contributo delle cardiopatie ischemiche all’YPLL è doppio rispetto allemalattie cerebrovascolari. In termini di costi diretti, la maggior quota di dimissioni daireparti di assistenza nell’anno 1997 è stata rilevata per le malattie dell’apparato cardio-circolatorio (15%) per le quali si è avuta una degenza media di 9 giornate. I tumori sonostati la diagnosi principale alla dimissione in un numero inferiore di casi (10%) benché,per queste patologie, la degenza media sia stata più lunga (10 giornate). Per i ricoveri inday hospital, il maggior numero di schede di dimissione ospedaliera si riferisce ai tumori(15%); questa pratica di ricovero è stata attuata per le malattie cardiovascolari nel 7% deicasi (ISTAT, 2000). Considerando che una giornata di ricovero ospedaliero costa in mediacirca 500 Euro e tenendo conto del numero di ricoveri effettuati e delle degenza mediaosservata, si stima che i costi ospedalieri per le malattie cardiovascolari e i tumori sianostati pari a circa 11.000 milioni di Euro nel 1997 (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT,2000). Non occorre ricordare che i costi ospedalieri rappresentano solo una parte dellespese sanitarie totali.

Più complesso è il ragionamento che va fatto nel caso di malattie come l’obesità chenon rappresentano una causa diretta di morte. Infatti in questo caso va considerata anchela stima dei costi per il trattamento delle complicanze che può talvolta superare i costi peril trattamento della patologia primaria. Il primo metodo per la stima dei costi dell’obesitàè stato messo a punto (e successivamente ripreso da altri autori) da Colditz nel 1992negli Stati Uniti (Wolf & Colditz, 1996). Esso consiste nell’individuare innanzitutto lepatologie principalmente correlate all’obesità; in seguito, partendo dall’assunzione cheuna proporzione dei casi è diagnosticata tra gli obesi e una quota di essi è imputata diret-tamente all’obesità, si stima la proporzione dei casi di ciascuna malattia imputabile all’o-

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8I principi della sorveglianza nutrizionale

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besità e i costi aggregati per la relativa cura. Globalmente, nei paesi industrializzati i costisociali della obesità sono circa il 2-5% della spesa sanitaria nazionale. Circa l’80% deicosti attribuibili all’obesità è determinata dal trattamento delle malattie cardiovascolari(26%), dell’ipertensione arteriosa (32%) e del diabete mellito di tipo 2 (20%) (Bjorntorp &Van Itallie, 1994).

La definizione delle priorità d’intervento si basa anche sul grado di prevenibilità diuna malattia attraverso la modificazione di uno o più fattori di rischio dietetico. A questoscopo è necessario quantificare la relazione tra il fattore alimentare e l’incidenza dellamalattia, valutando il rischio attribuibile alla dieta per mezzo di studi epidemiologici speri-mentali, di comparazione tra diverse popolazioni o mediante l’estrapolazione di esperi-menti con interventi di manipolazione dietetica. L’evidenza scientifica su cui si basal’ipotesi della relazione dieta-patologia, è diversa per le varie malattie. In realtà quando sitratta di malattie cronico-degenerative, aventi un quadro eziologico multifattoriale e nonriconducibili ad un unico determinante, sussistono complicate interazioni tra genetica,comportamento ed ambiente, per cui il fattore dietetico può pesare in maniera diversa inrelazione al grado di esposizione agli altri fattori; inoltre si può avere un lungo periodo dilatenza tra esposizione al fattore nutrizionale e manifestazione della malattia.L’identificazione di un fattore di rischio o di protezione deve essere basata sulla relazionedimostrata da studi di intervento come gli studi randomizzati controllati (RandomisedControlled Trials - RCT) svolti su popolazioni con caratteristiche analoghe a quelle dellapopolazioni in cui viene effettuata la raccomandazione. Un rapporto redatto da unacommissione di esperti e promosso congiuntamente dall’OMS e dalla FAO evidenzia ifatto-ri di rischio e di protezione per patologie croniche a componente nutrizionale,nonché gli obiettivi in grado di modificare il rischio attribuibile legato all’esposizione aduno specifico fattore (Tabelle 1.5.1-1.5.6).

Il rapporto è al momento in fase di stesura (la versione definitiva sarà pubblicata entroil 2003) pur essendo stato reso disponibile nella sua versione preliminare in formatoelettronico (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm).I criteri utilizzati per descrivere la forza dell’evidenza sono i seguenti:

Convincente (+++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che mostrano unaassociazione consistente tra l’esposizione e la patologia; le informazioni sono derivate daRCT di sufficiente durata e di buona qualità.

Probabile (++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che evidenziano l’associa-zione tra l’esposizione e la patologia, ma con dati contraddittori; le informazioni proven-gono da studi clinici non randomizzati o studi controllati di buona qualità, ma diinsufficiente durata o con insufficiente numerosità dei soggetti.

Possibile (+): le informazioni provengono da studi epidemiologici del tipo caso-controlloo studi descrittivi. Non sono disponibili RCT né studi controllati di buona qualità. Sononecessari RCT per supportare l’associazione evidenziata.

Insufficiente (0): l’evidenza è basata sul risultato di pochi studi che mostrano risultatisuggestivi, ma in ogni modo insufficienti per stabilire un’associazione tra l’esposizione ela patologia.

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9 I principi della sorveglianza nutrizionale

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Tabella 1.5.1 (A) - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulle MALATTIECARDIOVASCOLARI

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Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

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Tabella 1.5.1 (B)

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11 I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

Nota: Nel rapporto EURODIET (2001) (Eurodiet Core Report, 2001) la raccomandazionerelativa alla attività fisica viene espressa come LAF ≥ 1.75 che corrisponde ad un eserciziofisico moderato di circa 90 min/die in un soggetto sedentario.

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Tabella 1.5.2 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sui TUMORI

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12I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

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Tabella 1.5.3 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OBESITA’

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13 I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

Nota: Soggetti che svolgono una intensa attività fisica, con regimi alimentari ad elevato conte-nuto di frutta, verdura legumi e cereali integrali possono assumere un quantitativo di lipidi finoa 35% senza rischio di avere un incremento ponderale (Eurodiet Core Report, 2001).

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Tabella 1.5.4 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sul DIABETE DI TIPO 2

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14I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

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Tabella 1.5.5 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulla CARIE DENTALE

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15 I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

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Tabella 1.5.6 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OSTEOPOROSI

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16I principi della sorveglianza nutrizionale

Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm

Nota: Il livello di evidenza contrassegnato con * é riferito ad individui di età superiore a 50anni

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17 I principi della sorveglianza nutrizionale

1.6 Scelta degli indicatori

L’elemento chiave del sistema informativo è costituito dagli indicatori. Gli indicatoridevono avere la caratteristica di essere sufficientemente sensibili per potere rilevarefedelmente cambiamenti, tendenze, andamenti spaziali e temporali (Eylenbosch & Noah,1988).

Si riconoscono quattro tipi di indicatori: di rischio dietetico, di rischio non dietetico, distato pre-clinico, di esito. La loro analisi permette di ottenere informazioni sulla situazioneattuale e sulle tendenze dei consumi alimentari, sullo stato nutrizionale del paese e sullerelazioni esistenti tra fattori di rischio alimentare e patologie.

Indicatori di rischio dietetico: definiscono la composizione della dieta e le caratte-ristiche dei consumi alimentari a livello di popolazione. Consentono di determinare i sotto-gruppi di popolazione che presentano, rispetto ad alcuni fattori alimentari (o ad alcuninutrienti) valori di consumo (livelli di assunzione) tali da esporli al rischio di contrarre unaspecifica malattia. E’ quindi importante individuare i fattori alimentari da prendere inconsiderazione e quindi stabilire gli intervalli accettabili di consumo.

Indicatori di rischio non dietetico: descrivono lo stile di vita ed i parametri ambien-tali che influenzano le condizioni di salute a loro volta correlate anche con fattori nutri-zionali. Per esempio: il fumo di sigaretta e l’attività fisica.

Indicatori di stato pre-clinico: sono parametri di natura biochimica il cui incrementoal di sopra dei valori soglia evidenzia un aumentato rischio per specifiche patologie.Producono informazioni relative all’impatto del rischio dietetico sulla popolazione epermettono di stimare la prevalenza di soggetti a rischio.

Indicatori di esito: sono derivati dalle statistiche di morbosità e mortalità dellemalattie correlate all’alimentazione. Sono utili nella descrizione dello stato di salute dellapopolazione, in quanto permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattiae di valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischiodietetico. Permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattia e consentonodi valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischiodietetico. In relazione alla gravità del problema sanitario considerato viene fissato un“livello soglia per l’intervento”, ovvero quel valore superato il quale si ritiene utile intra-prendere degli interventi correttivi (World Health Organization Study Group, 1976).

1.7 Modalità di raccolta dati

Le generalità di un sistema di raccolta dati sono relative alla creazione di un flusso diinformazioni sulle abitudini alimentari, sulla prevalenza dei problemi legati all’alimenta-zione, sulla loro distribuzione sul territorio nazionale e sulla loro evoluzione nel tempo. Siè già detto che questi dati devono servire a orientare degli eventuali interventi correttivie/o preventivi e a documentare l’impatto sulla popolazione di una politica alimentare enutrizionale coerente ed adeguata alle reali necessità del paese. Non esiste un sistemaunico per la raccolta dati e a seconda delle necessità e delle risorse si può ricorrere allaraccolta di dati primari, ossia di dati rilevati con delle indagini ad hoc, oppure si possonoutilizzare i dati secondari ovvero dati già esistenti che istituzioni pubbliche e/o privaterilevano per altri scopi. Di dati primari e secondari si parlerà più in dettaglio nel secondoe nel terzo capitolo del presente manuale. In questo paragrafo verrà invece fatta unarassegna dei vari sistemi di raccolta dati in Italia e in altre parti del mondo

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18I principi della sorveglianza nutrizionale

1.7.1 Esperienza italianaLa messa in opera di un sistema di Sorveglianza Nutrizionale su base nazionale era

uno degli impegni presi dall’Italia in occasione della Conferenza Internazionale sullaNutrizione organizzata dalla FAO/OMS nel dicembre del 1992. L’INRAN, su incarico delMinistero della Sanità (ora Ministero della Salute) nel periodo 1992-1994, ha messo apunto i presupposti concettuali di un modello teorico di Sorveglianza Nutrizionale basatoesclusivamente sui dati secondari. Il sistema elaborato (Sistema Informativo Nutrizionale- SIN) si poneva i seguenti obiettivi:

• monitorare su tutto il territorio le principali patologie correlate all’alimentazione,rilevando gli indicatori descrittivi ed analitici della situazione, come consumi alimen-tari, stato di nutrizione, mortalità, morbosità, costi diretti ed indiretti;

• disegnare un quadro che integri la situazione nazionale con quella delle varie realtàlocali, fornendo le indicazioni operative utilizzabili per l’attuazione di progetti di sorve-glianza a livello regionale.

Tale progetto di sistema informativo nutrizionale integrato su tutto il territorio nazio-nale, trova la sua naturale evoluzione nel sistema pilota finanziato dal Ministero dellaSalute, attualmente in corso “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basati su datilocali per la prevenzione di malattie cronico-degenerative”. Di questo progetto si tratteràpiù in dettaglio nel capitolo 5 del presente testo. Qui basti ricordare che rispetto al SIN,questa iniziativa si caratterizza per avere in sè un forte coinvolgimento degli Enti territo-riali (AASSLL) che, con la consulenza tecnico-scientifica dell’INRAN, si sono occupatidella raccolta di dati primari e secondari.

Il Ministero della Salute ha predisposto nel 2001 l’attuazione di un “Progetto Obiettivoper l’Alimentazione e la Nutrizione”, che prevede una prima parte che ha lo scopo difornire un quadro completo delle problematiche alimentari e nutrizionali a livello nazio-nale. La seconda parte del progetto propone gli obiettivi per il miglioramento dello statodi nutrizione della popolazione e dell’igiene degli alimenti, obiettivi che verranno usaticome base per predisporre interventi nella popolazione e per valutarne successivamentel’impatto.

Dati primari sono stati e sono attualmente raccolti nel contesto di progetti di ricercafinalizzati allo studio del rapporto alimentazione/salute. Tuttavia, a causa della mancanzadi continuità spazio-temporale non possono essere utilizzati per produrre quegli indica-tori che qualificano appunto un sistema di sorveglianza, anche se l’intento informativo èdi questo tipo. Tra gli studi che appartengono a questo filone e nell’ambito dei quali sonostati raccolti dati primari, ricordiamo quello condotto per stimare l’assunzione di sodio ela proporzione dello stesso derivante dalla quota “discrezionale” (Leclercq & Ferro-Luzzi,1991); uno studio che ha esaminato l’associazione tra il consumo di prodotti vegetali e lostato vitaminico della popolazione (Maiani & D’Amicis, 1997); e i due studi condottidalI’INRAN negli anni 80’ e negli anni 90’ per tracciare i profili dei consumi alimentari degliitaliani (Cialfa et al., 1991; Turrini et al., 2001).

L’Assessorato Politiche per la Qualità della Vita della regione Lazio nel 1998/99 hacoordinato il progetto regionale: “L’Igiene della Nutrizione nei SIAN della Regione Lazio:formazione degli operatori e monitoraggio dello stato nutrizionale in età evolutiva”. Taleprogetto, avviato nel Gennaio 1999, ha permesso la formazione in ambito nutrizionaledegli operatori dei SIAN delle AASSLL del Lazio. L’attività congiunta delle AASSLL delLazio, coordinata scientificamente dall’INRAN, ha consentito l’attivazione del monito-raggio dello stato nutrizionale dei bambini di terza elementare della regione sulla base diun protocollo comune, la produzione di dati omogenei, di elevata qualità scientifica, la loro

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

19 I principi della sorveglianza nutrizionale

elaborazione in indicatori dello stato nutrizionale e la realizzazione di una banca datiregionale, con modalità ripetibili in successivi anni scolastici. Nel secondo anno di attività(1999-2000) la quasi totalità delle AASSLL del Lazio ha esteso il monitoraggio a circal’80% degli alunni di terza elementare del proprio territorio. Per ogni ASL, è stato formatoil personale che ha effettuato l’informatizzazione a livello locale dei dati raccolti, tramiteun software comune, appositamente predisposto.

Le informazioni derivate dai dati raccolti a livello nazionale devono essere rappre-sentative delle realtà locali. Lo svolgimento delle attività di sorveglianza a livello localedeve necessariamente tenere conto della realtà presente, delle esperienze disponibili,delle risorse umane e strumentali.

Allo stato attuale il panorama in Italia è estremamente eterogeneo: un primo censi-mento su attività di sorveglianza nutrizionale è stato effettuato dal Corso diPerfezionamento “Igiene degli Alimenti e della Nutrizione: Alimentazione e RischioBiologico” dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ed ha interessato tutte leAASSLL di 8 regioni, situate nel Nord, Centro e Sud Italia. E’ stato evidenziato che leattività di sorveglianza nutrizionale sono meno frequenti (in media nel 30% delle AASSLLcensite) rispetto ad attività di educazione alimentare o progetti di lavoro sulla ristorazionecollettiva, e nella maggioranza dei casi non sono continuative nel tempo; i migliori risul-tati si riscontrano nelle realtà in cui è presente un coordinamento regionale particolar-mente sensibile alle problematiche nutrizionali (Tarsitani & Cairella, 2002).

1.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale

Come già detto, non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, tantomeno valido a livello internazionale; la sua impostazione varia a secondo dei mezzi adisposizione, dei problemi di salute pubblica specifici del Paese, dello stato delleconoscenze scientifiche e degli scopi prefissati dal committente (Leclercq et al., 1995).

Ad un estremo si colloca il modello di monitoraggio degli Stati Uniti che si basa suuna indagine primaria effettuata su campioni rappresentativi della popolazione e relativaall’insieme delle problematiche nutrizionali. Tale rilevazione, condotta a livello individuale,include anche misurazioni di parametri biochimici con finalità, oltre che di sorveglianza,anche di ricerca epidemiologica. Gli Stati Uniti sono stati i primi, negli anni ’30, ad averecondotto attività di sorveglianza nutrizionale, e sono tuttora in corso o in pianificazionecirca 45 sistemi basati sulla raccolta di dati primari, come condizioni di salute dellapopolazione, uso dei servizi sanitari, consumi alimentari e stato nutrizionale. Nel 1990 èstato istituito il National Nutrition Monitoring and Related Research Program (NNMRR)(Kuczmarsky et al., 1994) un piano federale costituito da un’interconnessione di attivitàfederali e statali, che forniscono informazioni sullo stato nutrizionale della popolazionestatunitense, sulle condizioni che influenzano lo stato nutrizionale degli individui e sullerelazioni tra dieta e salute. Inoltre è stato elaborato un Ten-Year Comprehensive Plan, cherappresenta la base per pianificare e coordinare le attività, i cui obiettivi consistono nellaraccolta continuativa e coordinata di dati e nel miglioramento della loro qualità, al fine distabilire un programma adeguato di politica nutrizionale, sia a livello nazionale che alivello locale. Tutti i dati vengono pubblicati periodicamente, per essere sempre a dispo-sizione di chi opera nel settore. Le curve standard di riferimento per altezza e peso in etàevolutiva sono basate sui dati prelevati dal NNMRR, anche se attualmente vengonorevisionati utilizzando i dati di un altro programma, il National Health and NutritionExamination Survey (NHANES), che consiste nella raccolta di dati anamnestici, di esamifisici e biochimici, e nella somministrazione e valutazione di questionari. Un altro sistema

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

20I principi della sorveglianza nutrizionale

nazionale di raccolta dati è il Nationwide Food Consumption Survey (NFCS), che sioccupa dei consumi delle famiglie e degli individui.

Sono stati poi realizzati altri programmi dal National Center of Disease Control andPrevention (CDC), che prestano maggiore attenzione a gruppi di popolazione ad elevatorischio di esposizione: sono il PedNSS (Pediatric Nutritional Surveillance System), unsistema sviluppato nel 1972 dal CDC, che si occupa di monitorare la situazione suibambini; ancora, il Behavioral Risk Factor Surveillance System (BRFSS), che opera dal1984 nella sorveglianza dei fattori di rischio per la salute legati al comportamento efornisce inoltre dati sulle tendenze dell’obesità (con tutte le limitazioni delle misure dialtezza e peso poiché si tratta di dati dichiarati), dell’attività fisica e del consumo di fruttae verdura; il Youth Risk Behavior Surveillance System (YRBSS) che rileva dal 1990 ifattori di rischio comportamentali tra giovani di età compresa tra 9 e 12 anni, attraversovalutazioni condotte nelle scuole da agenzie per l’educazione e la salute. Va infinemenzionato il Pregnancy Nutrition Surveillance System (PNSS), utile ad identificare eridurre i rischi per la salute delle donne in gravidanza.

Anche la Commissione Europea ha recepito l’importanza di attuare strategie disorveglianza nutrizionale e le azioni intraprese sono illustrate in un lavoro recente(Brussaard et al., 2001) nel quale vengono descritte le motivazioni che hanno condottoall’istituzione del gruppo di lavoro su European Food Consumption Survey Method(EFCOSUM). La Direzione Generale per la Salute del Consumatore (DG SANCO F/3)ha avviato la attività “Health Monitoring Programme”1 il cui obiettivo è la costituzione diuna rete telematica EUPHIN (European Union Public Health Information Network) cheraccoglierà i risultati su tre fronti: miglioramento dell’informazione per lo sviluppo dellasalute pubblica, capacità di far rapidamente fronte alle minacce per la salute, sviluppodi interventi di promozione della salute (EUPHIN Management Summary (2001)(www.europa.eu.int/comm/dgs/health_consumer/library/tenders/call26_1_en.pdf).

La rete telematica contiene diverse banche dati tra cui l’Health Information andExchange System of Member States (HIEMS) studiato per rispondere alle domanderelative alle questioni di salute. Questa banca dati contiene indicatori riguardanti i fattoridemografici e socioeconomici, lo stato di salute, i determinanti della salute e i sistemisanitari (ECHI 2001: Design for a set of European Community Health Indicatorswww.europa.eu.int).

Il monitoraggio della dieta per periodi prolungati di tempo è essenziale per pianificareinterventi adeguati e per valutarne l’efficacia.

Tuttavia, il gruppo di lavoro SCOOP (Scientific Co-operation task 7.1.1. - 1997Scientific considerations for the development of measures on the addition of vitamins andminerals to foodstuffs) ha anche messo in evidenza che nonostante tutti i Paesi Membriraccolgano dati di consumo alimentare i risultati non sono facilmente comparabili. Perovviare a questo problema sono state intraprese diverse iniziative, come il progettoDAFNE (DAta Food Networking) che utilizza i dati delle indagini sui consumi delle famiglie(Trichopoulou & Naska, 2001), le azioni concertate FLAIR-Eurofoods-Enfant, poi prose-guita nel COST99, e progetti multi-centrici come l’EPIC (European ProspectiveInvestigation into Cancer and Nutrition; (Riboli, 1992). Ognuna di queste esperienze hafornito elementi per la progettazione di un sistema comune di monitoraggio dei consumialimentari (Brussaard et al., 2001).

1. Decision No, 1400/97/EC of the European Parlament and of the Council of 30 June 1997 adopting aprogramme of Community action on health monitoring within the framework for action in the field of publichealth (1997 to 2001) (89/622/EEC) http://europa.eu.int/comm/health/ph/programmes/monitor/monitdir.htm.

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21 I principi della sorveglianza nutrizionale

Altri studi su alimentazione e salute sono stati realizzati in specifici gruppi di popola-zione come il progetto multicentrico Survey Europe on Nutrition in the Elderly: aConcerted Action (SENECA) che ha coinvolto 12 Paesi europei dal 1983 al 1994 (deGroot et al., 1991; van ‘t Hof et al., 1991), svolto in collaborazione con l’OrganizzazioneMondiale per la Sanità e l’Università delle Nazioni Unite.

Per quanto riguarda la situazione nei vari Paesi in Europa, sono stati condotti e sonoancora in corso studi di sorveglianza nutrizionale basati sia su dati primari che su datisecondari.

In Irlanda esiste un centro che si occupa specificatamente di sorveglianza nutrizio-nale il “National Nutrition Surveillance Centre” affiliato al Department of Health Promotion,National University of Ireland, Galway. L’iniziativa è stata promossa dal Department ofHealth and Children nel 1992 con cui collaborano membri delle Unità di HealthPromotion, e di Food Sciences. Mandato specifico della struttura è quello di fornire infor-mazioni, di raccogliere dati e di indirizzare le politiche nazionali in tema di nutrizione esalute. Vengono raccolti dati sulle produzioni e sui consumi alimentari, sulla attitudine deiconsumatori nei riguardi delle tematiche alimentari e indicatori dello stato di nutrizione edi salute della popolazione. Periodicamente viene prodotto un rapporto tecnico-scientificoche viene opportunamente diffuso (www.nuigalway.ie/hpr/nnsc.htm).

Tra i primi, la Gran Bretagna nel 1991 ha affrontato il problema della valutazionedello stato di salute della popolazione nel documento “The Health of the Nation”. Inoltre,allo studio “Dietary and Nutritional Survey of British Adults” (Gregory et al., 1995) sonoseguite altre attività, condotte dal Ministero dell’Agricoltura e della Sanità. Allo statoattuale il “Dietary and Nutritional Survey of British Population” raccoglie periodicamentedati sulle abitudini alimentari e sullo stato di nutrizione, effettuando anche valutazionibiochimiche, in quattro sottogruppi di popolazione di differente età.

Nei Paesi Bassi nel 1987-88 è stato istituito il primo “Dutch National FoodConsumption Survey”, programma ripetuto ogni cinque anni, il cui obiettivo è stato quellodi valutare le abitudini alimentari e lo stato nutrizionale della popolazione, di identificare igruppi a rischio e studiare l’impatto dei diversi stili di vita e dei fattori socio-demograficisull’apporto nutrizionale (Hulshof, 1993).

In Spagna, in particolare, in Catalogna è stata intrapresa una simile iniziativa apartire dal 1986, per stimare lo stato nutrizionale della popolazione attraverso la valuta-zione dei consumi e la misurazione di parametri biochimici e antropometrici.

In Svezia l’unico studio di sorveglianza nutrizionale è stato condotto nel 1989 con loscopo di valutare i consumi alimentari della popolazione, tuttavia la responsabilità dimonitorare l’apporto alimentare e nutrizionale è affidata al National Food Administration.

Il Parlamento della Danimarca ha approvato un piano di sorveglianza sui consumialimentari nazionali, sebbene un piano di monitoraggio nutrizionale per i nutrienti e icontaminanti sia stato già incorporato nel Food Monitoring System dal 1983. I due princi-pali progetti di sorveglianza sono stati effettuati dalla National Food Agency of Denmarknel 1985 e nel 1995.

Altri piani di sorveglianza nutrizionale che utilizzano dati primari sono condotti inBelgio, Francia e Ungheria.

Studi di monitoraggio che coinvolgono Paesi in diversi continenti sono promossi dall’Organiz-zazione Mondiale della Sanità, sia attraverso l’implementazione di un sistema informativo come ilGeographical Information System (GIS) che contiene evidenze e informazioni per le politichesanitarie (WHO, www3.who.int/whosis/menu.cfm?path=statistics,gis&language=english), sia

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22I principi della sorveglianza nutrizionale

promuovendo studi internazionali come il progetto MONICA (www.ktl.fi/monica), che hal’obiettivo di valutare i trend delle malattie cardiovascolari e per questo utilizza statistichesanitarie, valutandone e documentandone la qualità.

1.8 Indicazioni per la costruzione di un sistema italiano

In Italia, in particolare, le principali malattie correlate all’alimentazione che rappre-sentano un rilevante problema di sanità pubblica, in termini di mortalità, morbosità e dicosti sanitari, sono le malattie cardiovascolari e i tumori.

Dell’impatto delle malattie del sistema circolatorio e dei tumori sul SistemaSanitario Nazionale si è già ampiamente trattato nel precedente paragrafo. In questasede basti ricordare che tra il 1990 e il 1994 la mortalità per malattie del sistema circola-torio (soprattutto cardiopatie coronariche e accidenti cerebrovascolari) è andatadiminuendo, sia tra gli uomini che tra le donne. Il rischio di cardiopatie ischemiche, inparticolare, secondo tre studi effettuati tra il 1978 e il 1987 è diminuito del 14% per gliuomini e del 18% per le donne, e ciò è stato più evidente al Centro-Nord che al Sud. Laspiegazione di questa diminuzione si può ricondurre alla riduzione dei fattori di rischiocome pressione arteriosa (nei due sessi, ma soprattutto nelle donne), indice di massacorporea (solo nelle donne) e abitudine al fumo (solo negli uomini).

La seconda principale causa di morte in Italia è costituita dai tumori, a cui, nel 1996è da attribuire poco più del 28% dei decessi. I dati disponibili sui tumori sono dati ISTATdel 1997, per quanto riguarda la mortalità, e dati dei Registri tumori italiani relativi alperiodo 1988-1992 pubblicati nel 1998 (Zanetti, 1998). Il maggior numero assoluto didecessi è attribuibile ai tumori del polmone; seguono quelli del colon-retto, dello stomacoe della mammella. Secondo la stima di Doll e Peto elaborata per gli Stati Uniti (Doll &Peto, 1981), un terzo delle morti per tumore è attribuibile ad errate abitudini alimentari,corrispondenti in Italia a circa 50-60.000 decessi all’anno. Più precisamente, all’alimen-tazione possono essere attribuiti il 30-40% dei tumori per gli uomini e circa il 60% per ledonne. Alcuni nutrienti infatti, nella loro forma nativa o per effetto delle trasformazioni deiprocessi tecnologici, sono responsabili della iniziazione e della promozione di alcuni tipidi tumore. Altri rappresentano, invece, dei fattori protettivi nei confronti di alcuni tipi ditumore. Il Codice Europeo contro il cancro (Europe Against Cancer, 1993) destina all’ali-mentazione tre raccomandazioni su sei indicando specificamente di moderare il consumodi alcolici, aumentare il consumo di frutta, verdura e cereali ad elevato contenuto di fibraed evitare il sovrappeso limitando il consumo di alimenti ad elevata densità energetica. Itassi di mortalità per tumore hanno raggiunto il loro massimo a metà degli anni ’80 ma,un recente rapporto sul sistema sanitario e la salute della popolazione italiana (Ministerodella Salute, 2000) riporta che negli ultimi anni e nelle generazioni più giovani, si osserva,per la prima volta nel nostro secolo, una diminuzione della mortalità per tumori. Questatendenza è stata osservata sia negli uomini che nelle donne e in maggior misura al Norde al Centro. Guardando le proiezioni per il 2005 si prospetta un andamento simile, conuna continua diminuzione al Nord e al Centro mentre si ritiene che potrebbe esserepossibile un lento aumento al Sud. Queste statistiche indicano che il maggior potenzialeguadagno nella lotta contro i tumori può essere ottenuto nelle regioni meridionali, dove èmeno diffusa la rete assistenziale oncologica. La scarsa diffusione dei registri tumori intali regioni rende tuttavia difficile una corretta formulazione degli obiettivi e la valutazionedegli interventi necessari. Risulta, quindi, prioritario attivare e incentivare le attività dialmeno tre registri tumori nell’area meridionale e consolidare l’attività dei registri esistentie operanti nel territorio nazionale.

Sono disponibili molti dati sull’obesità che evidenziano come la sua prevalenza sia in

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23 I principi della sorveglianza nutrizionale

aumento in gran parte dei paesi sviluppati, e in particolare la sua diffusione in età evolu-tiva sta diventando sempre più allarmante. Negli Stati Uniti oltre un quarto dei bambini èobeso. In Italia, benché al momento manchi una valutazione nazionale della prevalenzadi obesità in età evolutiva, si stima che dal 10% al 32% dei bambini in età scolare risultiessere obeso (Istituto Auxologico Italiano, 2000; Istituto Auxologico Italiano, 2001).Complessivamente si osserva una prevalenza più alta nei maschi rispetto alle femmine enelle aree meridionali del paese rispetto alle aree settentrionali. Il dato è preoccupante:un bambino su sette risulta essere obeso e l’obesità in età pediatrica è un fattore dirischio per l’obesità da adulti. L’obesità in età adulta non è l’unica possibile conseguenzadell’obesità infantile; si devono considerare anche delle complicanze immediate: giànell’età infantile, infatti, si possono rilevare rischi di tipo organico, come ipertensionearteriosa, dislipidemia, diabete di tipo 2, situazioni di disagio sociale dovute al comporta-mento discriminatorio da parte di coetanei e di adulti, che porta allo sviluppo di una bassaautostima nell’età adolescenziale. I dati più recenti sull’obesità dell’adulto sono stati fornitidall’Indagine Multiscopo ISTAT sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” delperiodo Settembre-Dicembre 1999 (Ministero della Salute, 2000), con la quale è statoevidenziato che:

• 53,8% di adulti sono normopeso, in misura uguale per uomini e donne;• 33,4% di adulti sono in sovrappeso, prevalentemente uomini (42% contro il 25,7%

delle donne);• 9,1% di adulti sono obesi, uomini e donne in misura uguale, più al Sud (11,4%) che al

Nord-Ovest (7,5%);• 3,6% di adulti sono sottopeso, prevalentemente donne giovani (86%).

Nonostante l’Italia si collochi negli ultimi posti nella classifica europea dell’obesità,negli ultimi anni l’incremento dell’obesità e del sovrappeso verificatosi è attribuibile nontanto ad una maggiore assunzione di energia, che, al contrario, risulta diminuita, quantoad una maggiore sedentarietà dovuta principalmente al tipo di attività lavorativa e allascarsa attività fisica durante il tempo libero (Astrup, 2001).

L’obesità e il sovrappeso, inoltre, sono inversamente correlati allo stato socio-econo-mico, in particolare tra le donne.

L’osteoporosi è un’altra malattia per la quale l’alimentazione e lo stile di vita sonodeterminanti importanti. Questa patologia pur non essendo mortale contribuisce significa-tivamente alla spesa pubblica, infatti la degenza per le fratture causate da questa patologiaè generalmente lunga, soprattutto considerando le fratture dell’anca e della colonna verte-brale, responsabili rispettivamente del 57% e del 17% dei costi ospedalieri per fratturepatologiche. Le fratture si verificano principalmente nelle donne dopo la menopausa enegli anziani in genere, e per il 20% portano al decesso entro 6 mesi dal trauma, anchese spesso la causa di morte riportata sui certificati è differente. Inoltre, il numero di dimessicon diagnosi di osteoporosi è fortemente sottostimato, trattandosi di una patologia di diffi-cile individuazione e spesso associata a complicanze più evidenti che costituiscono ilmotivo della ospedalizzazione. Il motivo principale che induce a considerare l’osteoporosiuna malattia altamente prioritaria sono le proiezioni nel tempo della situazione attuale;infatti, si assiste da una parte a un aumento dell’incidenza di fratture patologiche, edall’altra le proiezioni demografiche indicano un forte incremento nei prossimi 20 anni dellapopolazione anziana e, in particolare, di quella femminile (Gennari, 2001).

Il diabete di tipo 2 è strettamente associato all’alimentazione, e secondo alcuniautori, la componente attribuibile alla dieta è di circa l’80%. L’obesità rappresenta unimportante fattore di rischio. Il rapporto tra obesità e diabete risulta più evidente se oltre

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

24I principi della sorveglianza nutrizionale

all’Indice di Massa Corporea si considera la distribuzione del tessuto adiposo; infatti, ilrischio di diabete aumenta progressivamente con l’aumentare della circonferenza dellavita. La rilevazione della prevalenza del diabete di tipo 2 è piuttosto complessa, in quantola malattia nei primi anni è spesso asintomatica e la diagnosi viene in genere posta nelcorso di accertamenti per altre patologie o in occasione di ricoveri per complicanze già inatto, soprattutto eventi coronarici o altre vasculopatie. La prevalenza del diabete di tipo 2,stimata da rilevazioni incrociate sul consumo di farmaci, dimissioni ospedaliere e centridi diabetologia, viene comunque stimata intorno al 2,7-3%. Indagini di popolazionecondotte su ampia scala e basate sulla curva da carico del glucosio, forniscono percen-tuali più elevate, tra il 6% e l’11%. Negli anni a venire si prevede un ulteriore progresso acarattere epidemico mondiale, del diabete mellito. Incrementi consistenti sono previstianche per i Paesi Industrializzati dell’Area Occidentale ma il maggior contributo verràpagato dai Paesi in Via di Sviluppo, dove per il più facile accesso alle fonti alimentari e lacontemporanea riduzione del dispendio energetico è facile prevedere per i prossimidecenni un rilevante incremento della prevalenza del diabete mellito. L’impatto sociale deldiabete di tipo 2 è globalmente elevato. Relativamente alle complicanze, studi condottisulla popolazione italiana, hanno evidenziato una prevalenza di retinopatia compresa tra14-35% e di nefropatia diabetica del 10% circa; inoltre il 30-40% dei diabetici presentapolineuropatia distale simmetrica. L’incidenza di patologie cardiovascolari è superiore di2-6 volte nella popolazione diabetica. La morbosità e la mortalità per cardiopatia ische-mica sono due volte maggiori nei maschi e 4 volte maggiori nelle femmine rispetto allapopolazione non diabetica (Brunetti, 2000).

L’ipertensione rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardio-cerebrovascolari.Dall’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare, nell’ambito di uno studio collaborativo fraIstituto Superiore di Sanità e Associazione medici cardiologi ospedalieri (www.cuore.iss.it),è stata condotta nel 1998 una indagine trasversale su un campione di popolazione di età35-74 anni. I dati sono stati raccolti con metodologie standardizzate da operatori sanitariopportunamente addestrati e, durante le operazioni di screening, sottoposti al controllo diqualità per la rilevazione delle misurazioni. Circa il 31% dei soggetti esaminati risultavaiperteso (pressione arteriosa sistolica e diastolica uguale o maggiore di 160 o 95 mmHgrispettivamente) con una prevalenza leggermente più alta nei maschi (33%) rispetto allefemmine (29%). Non si osserva un pattern definito di prevalenza dell’ipertensione per areageografica (Ministero della Salute, 2000). Nella indagine sullo Stato di Salute condottadall’ISTAT il 10% degli uomini e il 13% delle donne dichiara di essere iperteso; nella fasciadi età uguale o superiore a 65 anni dichiarano di essere ipertesi il 31% degli uomini e il 39%delle donne. Questi dati raccolti tramite intervista forniscono ovviamente una prevalenza diipertensione arteriosa più bassa rispetto a quella raccolta tramite misurazione direttanell’ambito dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare.

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli anni ’70 si è verificato unaumento dei livelli di colesterolo ematico, in seguito non vi sono stati cambiamenti signi-ficativi. La già menzionata indagine collaborativa dell’Osservatorio epidemiologico cardio-vascolare (www.cuore.iss.it) ha raccolto tra gli altri anche dati di colesterolemia. Laipercolesterolemia è stata definita con valori di colesterolo ematico uguale o superiore a240 mg/dl; sono stati definiti borderline i soggetti con colesterolemia compresa fra 200 e240 mg/dl. In base a questi risultati è stata trovata una prevalenza di ipercolesterolemiadel 24% con prevalenze più elevate nelle femmine (26%) rispetto ai maschi (22%). Più diun terzo (36%) della popolazione esaminata è a rischio di sviluppare ipercolesterolemiaavendo dei valori borderline. In questo caso le differenze tra i due sessi sono menomarcate (38% nei maschi e 36% nelle femmine).

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In Italia come in altri Paesi del mondo industrializzato sono tuttora presenti malattieattribuibili a carenze di nutrienti essenziali.

A causa della bassa assunzione di iodio, il gozzo è un reale problema di salutepubblica in Italia. Molti studi condotti tra il 1978 e il 1991 hanno mostrato che la preva-lenza di gozzo in Italia nei bambini in età scolare (6-14 anni) varia tra il 14 e il 73% conpercentuali più alte nelle regioni centrali e meridionali (Aghini Lombardi et al., 1993). Vanotato comunque che negli studi sono stati utilizzati strumenti di diversa sensibilità especificità. Nella maggior parte dei casi, il gozzo consiste in una tumefazione limitata ereversibile della tiroide. La strategia nutrizionale è ben definita: il metodo più semplice edeconomico è la profilassi iodica che consiste nel sostituire con sale iodato o iodurato ilsale comune. Nei Paesi dove è stata attuata, la profilassi iodica ha dimostrato la suaefficacia eradicando la malattia entro pochi anni dalla supplementazione. I disturbi dacarenza di iodio sono ancora presenti in molti paesi europei. Attualmente solo inFinlandia, Svezia e Regno Unito sono state attuate strategie nutrizionali per garantire unadeguato apporto di iodio, mentre in Francia, Germania ed Italia, l’assenza di piani diprevenzione e la mancata profilassi iodica ha come conseguenza un’elevata prevalenzadei disturbi da carenza di iodio (Vitti et al., 2001).

La carenza di ferro è frequente e largamente diffusa tra diversi gruppi della popola-zione italiana. Tra i più esposti si trovano bambini, adolescenti, donne in gravidanza eanziani. In un recente studio multicentrico è stata valutata la prevalenza di carenza diferro nelle ragazze (11-15 anni) e nelle donne (20-23 anni) in sei Nazioni Europee(Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda e Polonia). La coorte italiana era compostada 750 ragazze di scuola secondaria superiore e da 375 donne selezionate casualmentenella popolazione calabrese. Basse riserve di ferro sono state riscontrate nel 12% delleragazze e nell’8% delle donne (van de Vijver et al., 1999). Nei gruppi vulnerabili di popola-zione quali bambini e adolescenti, si stima che in una limitata percentuale di casi (2%),la carenza di ferro è tale da provocare anemia. E’ necessario sottolineare, comunque, chela carenza di ferro ha un impatto negativo sulla capacità di resistenza dell’organismo alleinfezioni, sulla capacità lavorativa e/o di apprendimento, indipendentemente dallacomparsa di vera e propria anemia. La prevalenza di anemia ferropriva non sembra,dunque molto elevata benché le classi socio-economiche più disagiate possano richie-dere una attenzione particolare. L’anemia può essere anche di origine non nutrizionale,conseguente a infezioni o patologie croniche infiammatorie che compromettono l’assor-bimento del ferro.

Per concludere la panoramica delle malattie legate all’alimentazione va menzionatala carie dentaria che è una malattia dovuta all’azione di batteri appartenenti alla famigliadegli Streptococchi, ed è associata ad una serie di comportamenti legati all’igiene oralee all’assunzione di cibi ad elevato potere cariogeno (principalmente gli zuccheri fermen-tescibili). In Italia la carie ha un’alta prevalenza, con forte incidenza tra i bambini. Lostudio ASSILT e uno studio randomizzato su bambini in età scolare hanno esaminatoquesto fenomeno tramite la valutazione dei dmft (numero totale di denti cariati, mancantie otturati), e la media è risultata inferiore a 1 all’età di 6 anni, varia da 4 a 6 all’età di 13anni ed aumenta a 13 negli adulti (15-64 anni). L’obiettivo da raggiungere dovrebbeessere, secondo l’OMS, un valore di dmft inferiore a 3 all’età di 12 anni. La prevenzione,oltre ad una corretta igiene orale, consiste nella riduzione del consumo di zuccherifermentescibili e nell’attuazione di profilassi con fluoro. In Italia la prevalenza della carienei bambini di 12 anni di età è del 63%, un valore, comunque, inferiore rispetto alle altrenazioni europee industrializzate (Sheiham, 2001).

Le allergie e le altre intolleranze alimentari interessano, in genere, limitati gruppi di

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

25 I principi della sorveglianza nutrizionale

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

26I principi della sorveglianza nutrizionale

popolazione. Negli ultimi anni l’incremento dell’incidenza delle allergie alimentari è statoattribuito all’aumentata stimolazione del sistema immunitario per effetto delle campagnedi vaccinazione, che hanno determinato forti fenomeni di ipersensibilità. Bisogna fare unadistinzione tra intolleranza ed allergia in senso stretto: generalmente un’intolleranzaalimentare non coinvolge il sistema immunitario e la sintomatologia è piuttosto varia egeneralizzata, comprendendo sintomi che vanno dal mal di testa alla nausea; in unfenomeno allergico, invece, si ha l’intervento del sistema immunitario, con sintomi piùspecifici, che di solito consistono in orticaria, gonfiore, fino a portare, nel caso estremo,a shock anafilattico. La principale allergia alimentare è quella alle proteine del lattevaccino, molto comune nei bambini, ma che con il tempo può essere reversibile; leallergie ai pesci, crostacei e alla frutta secca sono anch’esse abbastanza diffuse, e disolito permangono anche in età adulta. Tra le intolleranze, le più comuni sono quella allattosio, al glutine (che in realtà ha una patogenesi più complessa e, se non curata, puòportare a quadri sintomatologici più gravi) e ad alcuni additivi alimentari (per esempiosolfiti). L’intolleranza al lattosio presenta un’elevata incidenza negli adulti; tale ampia diffu-sione può essere spiegata almeno in parte con la tendenza a prescrivere con eccessivafacilità latti modificati a bambini che presentano una sintomatologia aspecifica riconduci-bile a fenomeni di scarsa digeribilità del latte, portando in tal modo ad una definitiva inatti-vazione dell’enzima lattasi.

Oltre al valore nutrizionale degli alimenti è importante anche lo studio del comporta-mento alimentare; rientrano in questa area sindromi come anoressia, bulimia e altridisturbi del comportamento alimentare (DCA) non altrimenti specificati. La preven-zione, la diagnosi ed il trattamento di queste situazioni richiedono il coinvolgimento dispecialisti dell’area psicologico-psichiatrica e di altre figure professionali, secondo unmodello di intervento disciplinare integrato. Negli ultimi anni i DCA hanno subito unnotevole incremento soprattutto tra gli adolescenti e le giovani donne di tutte le classisociali, tanto da provocare un allarme sociale. I rischi vitali sono elevati e sono dovuti alsommarsi di vari fattori fisici e psichici. Il Ministero della Salute ha deciso di procedereall’ulteriore approfondimento degli aspetti scientifici, sanitari e sociali del problema attra-verso l’elaborazione di un progetto obiettivo che ha lo scopo di definire percorsi terapeu-tici efficaci, tutelare la salute mentale e affrontare il problema del disagio giovanile, delquale i DCA rappresentano un allarmante aspetto (Ministero della Sanità, 1997).

Un altro aspetto da considerare riguarda le malattie a trasmissione alimentare, lacui incidenza globale è spesso difficile da stabilire in quanto una parte consistente degliepisodi non viene segnalata. I fattori che hanno portato ad una compromissione dellasicurezza alimentare negli ultimi anni sono diversi: i modificati sistemi di approvvigiona-mento degli alimenti, l’aumento della popolazione esposta, il cambiamento dei compor-tamenti sociali, le mutate condizioni ambientali, che hanno determinato modifiche dialcune nicchie ecologiche. La sorveglianza routinaria dei focolai epidemici di malattietrasmesse da alimenti permette di stimare il ruolo sostenuto dalle diverse tipologie dialimenti nel veicolare gli agenti responsabili di malattia. Gli agenti eziologici responsabilidelle malattie a trasmissione alimentare includono batteri (Clostridium Botulinum,Salmonella Enteritidis, Escherichia 159, Salmonella Typhi), virus (virus dell’epatite A),parassiti (Tenia) e prioni (come quello responsabile dell’encefalite spongiforme bovina).

I dati disponibili in Italia derivano dal sistema di notifica obbligatorio per i casi dimalattie infettive, che richiede una segnalazione individuale per ogni caso diagnosticatoe una notifica per i focolai epidemici (Salmaso & Tozzi, 2001). Durante il periodo 1991-1995 sono stati notificati 3.090 focolai epidemici di infezioni: tossinfezioni ed intossica-zioni di origine alimentare che hanno coinvolto 26.235 soggetti. I focolai il cui agente

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eziologico è stato identificato sono stati il 79,1%. I dati riferibili a focolai rappresentanosolo una piccola parte delle malattie a trasmissione alimentare: i casi sporadici infattisono molto più comuni di quelli manifestatisi come focolai. Le Salmonelle hanno causatosia il maggior numero di focolai (72%) che di casi sporadici (55,3%); la Salmonella D è ilsierogruppo più rappresentato (66,2%). L’alimento più frequentemente responsabile èl’uovo e le preparazioni che lo contengono (in particolare maionese e tiramisù); i focolaihanno coinvolto soprattutto gruppi familiari (67,8%), mentre fra i servizi di ristorazionecollettiva sono stati interessati i ristoranti nell’8,7% degli episodi (Prete et al., 1996). Ilbotulismo è una malattia relativamente rara tra quelle trasmesse da alimenti mapurtroppo spesso letale. L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il numero più elevatodi casi di botulismo, molti dei quali si verificano nelle regioni meridionali e sono dovutiprincipalmente alla produzione domestica di conserve (Salmaso & Tozzi, 2001).

Secondo il bollettino epidemiologico del Ministero della Salute nell’anno 1999 dei 21casi di botulismo segnalati a livello nazionale 11 erano dislocati al sud e nelle isole(www.sanita.it/malinf/BollEpid). In Italia non esiste ancora un sistema integrato di sorve-glianza di laboratorio per le infezioni da Campylobacter, tuttavia, i risultati di diversi studieffettuati ad hoc e di alcuni studi multicentrici, evidenziano come anche nel nostro Paesele infezioni da Campylobacter giocano un ruolo di primaria importanza nello scenariodelle malattie a trasmissione alimentare (Luzzi, 2001). Per quanto riguarda le infezioni daEscherichia coli tra il 1988 il 1997 il sistema di sorveglianza ha identificato oltre 200 casi,con incidenza media di 0,2-0,3 per 100.000 abitanti nella fascia d’età 0-15 anni. Questaincidenza risulta comunque bassa rispetto ad altri paesi dell’Europa centrale (Caprioli etal., 1992; Caprioli et al., 1997; Gianvinti et al., 1994). Anche la listeriosi è una malattiasoggetta a notifica in vari paesi europei, tra cui l’Italia. I dati relativi all’incidenza dellamalattia nel periodo compreso tra il 1993 e il 1999 mostrano che, nel nostro paese, lamalattia è piuttosto rara (30-40 casi l’anno), anche se è assai probabile che la malattiasia sottostimata (Gianfranceschi & Aureli, 2001).

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

27 I principi della sorveglianza nutrizionale

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2. DATI PRIMARI

• I dati primari sono quelli raccolti con indagini realizzate ad hoc. La raccoltasistematica di dati primari è un esercizio complesso e costoso. Un’alternativa piùeconomica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è quella deisistemi di sorveglianza basati sui siti sentinella.

• In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e pocoefficiente prendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare ilsistema di sorveglianza è necessario scegliere nell’ambito della popolazione inesame un campione rappresentativo e significativo.

• L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizio-nale di individui e popolazioni. E’ molto importante in ogni caso fissare dei limitiper l’interpretazione degli indici antropometrici e, in età evolutiva, disporre di unapopolazione di riferimento per confrontare il gruppo di bambini studiati.

• La misura dei consumi alimentari permette di tracciare il profilo dietetico dellapopolazione. Per questa rilevazione possono essere utilizzate metodologiediverse a seconda degli obiettivi della ricerca stessa. I metodi che maggiormentesi adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionale sono il diario alimentare, ilrecall delle 24 ore ed il questionario di frequenza.

• I consumi alimentari permettono di stimare i livelli di ingestione dei vari nutrientiche vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Gli indicatori di rischio diete-tico permettono di valutare l’adeguatezza della dieta. Ovviamente esistono deirequisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati di composizione deglialimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta di stimare la preva-lenza di carenze in nutrienti.

2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale, comportamenti alimentari

Affinché il sistema informativo di un piano di sorveglianza nutrizionale risulti il piùpossibile razionale e completo è necessario operare una scelta dei dati da raccogliere; idati devono essere coerenti con gli obiettivi del progetto e fornire le indicazioni neces-sarie per tracciare il profilo nutrizionale della popolazione.

Se le informazioni relative alla popolazione in esame non sono sufficienti, occorrepianificare uno studio sul campo e raccogliere dati primari.

La raccolta sistematica di dati primari è un esercizio complesso e costoso e richiedela realizzazione di indagini realizzate ad hoc. La sorveglianza basata su dati primari è unlusso che possono permettersi solo pochi Paesi al mondo.

I dati primari devono fornire informazioni su:• condizioni socio-economiche (livello di reddito, professione), culturali e ambientali

della popolazione;• stato nutrizionale della popolazione, rilevato per mezzo di misure antropometriche o di

valutazioni biochimiche;• modelli di dieta (espressi in alimenti, nutrienti e altre componenti degli alimenti);• determinanti delle scelte alimentari.

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

31 Dati primari

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2.2 Metodologie d’indagine

Lo stato di nutrizione di una popolazione può essere rilevato effettuando su campionirappresentativi della popolazione:

• misure antropometriche;• valutazioni biochimiche;• valutazioni sui consumi alimentari.Un’alternativa più economica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è

quella dei sistemi di sorveglianza non rappresentativi della popolazione, ma basati sui sitisentinella. Questi siti sono individuati, secondo criteri di convenienza, negli ospedali, onei distretti di Aziende Sanitarie Locali. E’ possibile concentrare le risorse a disposizionee il personale esperto nei siti sentinella. Il problema principale nell’utilizzazione dei datiraccolti con questo sistema è che non possono essere estrapolati all’intera popolazione.

Tuttavia, i siti sentinella sono pensati per segnalare situazioni di rischio, per valutarel’affidabilità di sistemi di raccolta di dati o per analizzare la distribuzione di una datapatologia per gruppi di età, classi sociali o altre variabili.

2.3 Campionamento

In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e poco efficienteprendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare il sistema di sorveglianzaè necessario scegliere nell’ambito della popolazione in esame un campione rappresen-tativo e significativo. Vanno inoltre individuati i gruppi di popolazione maggiormenteesposti ad un determinato fattore di rischio per la patologia.

Nel campionamento devono essere considerate:• variabili biologiche: età, sesso, razza, stato di salute, fattori genetici;• variabili ambientali: regioni geografiche, zone ecologiche (mare, montagna, collina,

ecc...);• variabili socio-economiche e culturali: reddito, professione, stato civile, abitudini

alimentari, livello culturale.

La scelta deve essere effettuata non solo sulla base di informazioni relative ad undeterminato momento nel tempo, ma anche sulla base di analisi delle tendenze storiche,per identificare quei gruppi nei quali si prospetta un trend positivo.

In linea generale, occorre l’adozione di un metodo probabilistico che garantisca, apriori, a tutti i componenti della popolazione di poter essere inclusi nel campione. Diseguito vengono riportati i principali metodi di campionamento:

• campionamento casuale semplice: se la popolazione è omogenea si può procederead una randomizzazione utilizzando la tavola dei numeri casuali;

• campionamento casuale stratificato: se la popolazione non è omogenea si procedeprima ad una stratificazione per determinate variabili (età, sesso, ecc...), quindi siesegue il campionamento casuale per ogni strato. In questo modo da ogni sotto-gruppo viene estratto un campione randomizzato di entità proporzionale alla percen-tuale di quel sottogruppo nella popolazione totale;

• campionamento a cluster: il metodo consiste nel dividere la popolazione in gruppi(ad es. tutti gli abitanti di un edificio tutte le classi di una scuola, tutti i reparti di unospedale, ecc...) che diventano le unità dalle quali ne verrà randomizzata una quotada includere nello studio;

• campionamento sistematico: gli individui vengono elencati in una lista e si stabilisceun passo di campionamento in base alle dimensioni della popolazione. Ad esempio si

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

32Dati primari

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può decidere di selezionare un individuo ogni 5, ovviamente il primo sarà scelto inmodo casuale. In questo caso bisogna fare attenzione che nella lista non ci sia unaripetibilità costante, in quanto si selezionerebbe lo stesso tipo di individui; ad es. se sitratta di una lista di famiglie con un numero uguale di figli, il prelievo con un ritmo didue o tre componenti campionerebbe sempre un genitore o un figlio.

I differenti aspetti del campionamento verranno ulteriormente approfonditi in relazioneai dati secondari e una trattazione specifica verrà fatta anche per spiegare la metodologiadi campionamento utilizzata per la raccolta di dati primari nel progetto pilota di sorve-glianza.

2.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici

Un sistema di sorveglianza deve disporre di tecniche e strumenti adeguati per laraccolta dei dati e di personale specializzato in grado di utilizzarli, per cui è necessarioche gli operatori siano opportunamente “addestrati” prima di cominciare la raccolta deidati.

L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizionale diindividui e popolazioni, a patto che le misure siano prese con la dovuta precisione eaccuratezza. Anche la strumentazione che si utilizza non è una strumentazionecomplessa, ma a dispetto della apparente semplicità con cui queste misure si possonorilevare, bisogna seguire dei protocolli di raccolta dati sufficientemente rigorosi per garan-tire la comparabilità dei dati raccolti. Come verrà più in dettaglio esplicitato in altre partidel presente manuale, i punti di repere e le modalità di rilevamento delle misure antro-pometriche devono essere quelli raccomandati dalla Organizzazione Mondiale dellaSanità (World Health Organization, 1995).

In questa sede è opportuno sottolineare che per uno studio di sorveglianza nutrizio-nale la scelta delle misure da effettuare dovrebbe essere dettata da considerazionipratiche di semplicità, in modo da garantire la raccolta di pochi e semplici parametri chesiano rilevati in modo sufficientemente preciso e che siano in grado di fornire indicazionisullo stato nutrizionale della popolazione. In questo senso peso e statura sono misureantropometriche che si prestano bene ad essere incluse in un sistema di sorveglianza,mentre altre rilevazioni quali lo spessore delle pliche cutanee, vista la difficoltà di averedelle misure replicabili, possono rappresentare un elemento di criticità del sistema.

2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto

Negli studi epidemiologici la valutazione dello stato nutrizionale è comunementeeseguita sulla base di semplici misure antropometriche. Negli studi su larga scala, ingenere, sono utilizzate le misure del peso e della statura, assumendo che, per una deter-minata statura, le variazioni del peso corporeo siano attribuibili, in gran parte, a variazioninel contenuto di grasso corporeo. Tali misure sono combinate tra loro in vari tipi dirapporto, al fine di “mettere in relazione” il peso con la statura e costituire gli indici dellostato nutrizionale. I requisiti fondamentali per questi indici sono una bassa correlazionecon la statura ed un’elevata correlazione con il peso ed il grasso corporeo. Va notato,tuttavia, che questi, indici che mettono in relazione il peso e la statura non permettono didistinguere variazioni del peso dovute alla massa muscolare, alla massa ossea, al conte-nuto di acqua, o all’ accumulo di grasso (Norgan & Ferro-Luzzi, 1982). Inoltre va precisatoche i termini “obesità” e “sovrappeso” sono spesso utilizzati come sinonimi, ma rappre-sentano due diverse condizioni: il termine “obesità” indica un eccesso di tessuto adiposoche andrebbe misurato o valutato con le opportune tecniche, mentre il termine “sovrap-

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

33 Dati primari

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peso” indica semplicemente un eccesso di peso per una determinata statura (Troiano &Flegal, 1999). Nonostante i loro limiti, gli indici che mettono in relazione il peso e la staturapossono essere utilizzati in vari contesti come “indicatori del grado di adiposità”.

L’Indice di Massa Corporea (IMC, kg/m2), o indice di Quetelet, calcolato dividendo ilpeso espresso in kg per il quadrato della statura espressa in metri, è l’indice ponderalepiù utilizzato nell’adulto (World Health Organization, 1995; World Health Organization,1998) come espressione del peso “aggiustato” per la statura, e come indice di adiposità,in quanto è quello maggiormente correlato con il grasso corporeo e, allo stesso tempo,quello meno correlato con la statura (Benn, 1971; Billewicz et al., 1962; Garn & Pesick,1982; Keys et al., 1972; Lee et al., 1981; Micozzi et al., 1986; Norgan & Ferro-Luzzi, 1982;Revicki & Israel, 1986; Ross et al., 1988; Troiano & Flegal, 1999; Wormsley & Durnin,1977). Tuttavia, l’IMC è comunque influenzato dalla statura, specialmente ai due estremidella distribuzione (Lee et al., 1981; Freeman et al., 1995). La capacità predittiva dell’IMCnei confronti del grasso a livello individuale spiega soltanto circa il 50% della varianza delcontenuto di grasso espresso come percentuale del peso corporeo (Norgan, 1990).

Quindi individui con uno stesso IMC possono avere una diversa quantità di grassocorporeo. Ad esempio gli atleti possono avere un IMC elevato, ma l’eccesso di peso inquesto caso è dovuto alla massa muscolare e non ad un eccesso di grasso corporeo.Invece, a livello di gruppo tale indice è risultato fortemente correlato con il grasso, con unerrore standard del 3-6% del peso corporeo (Wormsley & Durnin, 1977). Nonostante isuoi limiti, l’IMC rappresenta un indice semplice da calcolare, ampiamente utilizzato,specialmente negli studi su larga scala, per valutare il rischio di malattia. La relazione traIMC e le principali cause di malattia e mortalità è stata diffusamente studiata ed è risul-tata a forma di “U”, in quanto sia l’eccessiva magrezza che l’eccesso di peso possonoessere causa di rischio per la salute (Rissanen et al., 1989; Rissanen et al., 1991; Waaler,1984; World Health Organization, 1995). Pertanto nell’adulto, lo stato nutrizionale deter-minato mediante l’IMC è valutato utilizzando un approccio epidemiologico, cioè sullabase del rischio di malattia e di mortalità associato ai valori dell’IMC. Quindi i valori sogliadell’IMC per la definizione dello stato nutrizionale sono stati ricavati, dall’inflessione dellecurve di correlazione tra l’IMC ed i tassi di mortalità e di morbosità. I valori internazional-mente accettati sono quelli proposti dall’OMS (World Health Organization, 1995; WorldHealth Organization, 1998) (Tabella 2.4.1.1) e sono unificati per sesso ed età.Va, tuttavia,sottolineato che tali valori soglia andrebbero applicati con cautela nell’anziano, in quantol’IMC può avere un differente significato negli individui più anziani rispetto ai giovani, acausa della riduzione della statura con l’età (World Health Organization, 1995). La staturapuò diminuire con l’avanzare dell’età di 1-2 cm per decade, o più rapidamente nelle etàpiù avanzate, soprattutto a causa della compressione delle vertebre, delle modifiche nellaforma e nell’altezza dei dischi vertebrali, della perdita del tono muscolare o dellemodifiche nella postura (Rossman, 1977; Svanborg et al., 1991).

L’IMC varia ampiamente tra le popolazioni di anziani e dipende da vari fattori, tra cuile modificazioni biologiche correlate con l’età, lo stato di salute, lo stile di vita ed i fattorisocioeconomici (World Health Organization, 1995). Inoltre, va considerata la grandevariabilità inter-individuale nelle variazioni della composizione corporea e dell’IMC dovuteanche alla variabilità inter-individuale nel processo di invecchiamento. Nelle popolazionieuropee è stato osservato che tale indice, come il peso, tende ad aumentare nella mezzaetà e a stabilizzarsi prima negli uomini che nelle donne. Per entrambi i sessi l’IMC iniziaa diminuire dopo i 70-75 anni (Rossman, 1977; Waaler, 1984; Waaler, 1988). Se la staturanon varia, una diminuzione dell’IMC riflette la diminuzione nel peso corporeo; se tuttaviaanche la statura diminuisce, come avviene in età avanzata, allora la diminuzione nell’IMC

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34Dati primari

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risulta inferiore a quella che si avrebbe per un’analoga diminuzione del peso in gruppi dietà in cui la statura si mantiene stabile.

Anche la relazione tra IMC, massa grassa e massa cellulare varia con l’età. Conl’avanzare dell’età si verificano significative modifiche nella massa magra (in senso quali-tativo perché varia la sua composizione e in senso quantitativo perché diminuisce lamassa cellulare) e nella distribuzione del grasso. Si osserva una progressiva ridistribu-zione del grasso: il tessuto adiposo sottocutaneo tende a diminuire e quello intra-addomi-nale ad aumentare (Chumlea & Baumgartner, 1989; Rossman, 1977). Per gli individui aldi sopra dei 65 anni di età non è ancora chiaro il rischio per la salute dovuto all’eccessodi peso. Sembra, infatti, che ad età più avanzate un moderato sovrappeso sia associatoad un minore rischio di mortalità (Andres, 1985). Oltre gli 80 anni di età la magrezza e laperdita di massa magra possono rappresentare un problema più importante rispettoall’eccesso di peso (World Health Organization, 1995). Infatti, una cospicua perdita dimassa magra può ridurre la massa cellulare al di sotto di un livello minimo necessario peril mantenimento delle funzioni fisiologiche.

2.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva

L’IMC è risultato altamente correlato con il contenuto di grasso corporeo (Deurenberget al., 1991; Dietz & Robinson, 1998) e con il rischio di malattia (Gidding et al., 1995;Higgings et al., 1980; Must & Strauss, 1999; Power et al., 1997) e di mortalità a lungotermine (Must et al., 1992) anche nei bambini e negli adolescenti. Tuttavia l’IMC nonsembra un buon indicatore di adiposità nei bambini più magri (Bray et al., 2001).Malgrado i suoi limiti, tale indice è stato recentemente accettato a livello internazionalecome indice di adiposità anche in età evolutiva, in quanto considerato appropriato per unadefinizione “pratica” del sovrappeso in questa fascia di età (Barlow & Dietz, 1998; Bellizzi& Dietz, 1999; Himes & Dietz, 1994).

In età evolutiva, i normali processi di crescita e di sviluppo determinano variazioninella composizione corporea alle varie età. Pertanto, durante l’infanzia e l’adolescenza la

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35 Dati primari

Tabella 2.4.1.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC per la valutazione dello statonutrizionale nell’adulto

(*) Il sottopeso comporta un basso rischio di insorgenza di patologie croniche, qualimalattie cardiovascolari, obesità, diabete ecc, ma può essere correlato ad altre situazionicliniche, quali anoressia, malassorbimenti, ecc.

Fonte: World Health Organization, 1998

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relazione tra il peso per una data statura ed il grado di adiposità dipende soprattuttodall’età e dal sesso. Di conseguenza, anche i valori soglia degli indici utilizzati per ladefinizione dello stato nutrizionale in età evolutiva sono età e sesso specifici. Tali valorisono determinati applicando un approccio statistico, che implica la scelta arbitraria di unvalore soglia di un indicatore, da una popolazione di riferimento (Flegal, 1993), in quantol’applicazione di un approccio epidemiologico in questa fascia di età comporta delle diffi-coltà metodologiche ed, allo stato attuale, i dati per supportare una definizione dello statonutrizionale basata sugli esiti, come per l’adulto, sono scarsi e di difficile interpretazione.Ciò è causa della mancanza di accordo sulla definizione dello stato nutrizionale in etàevolutiva. Attualmente, pochi studi hanno valutato il rischio per la salute associato ad uneccesso di grasso corporeo in tale fascia di età (Dwyer & Blizzard, 1996; Washino et al.,1999; Williams et al., 1992). Mentre la prevalenza dell’obesità in età pediatrica tende adaumentare rapidamente, specie nei paesi industrializzati (World Health Organization,1998), con importanti conseguenze per la sanità pubblica, in quanto, l’obesità in età infan-tile, aumenta la probabilità che l’obesità e le patologie ad essa correlate persistano anchein età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al., 1994; Rolland Cachera et al., 1987; WorldHealth Organization, 1998), allo stato attuale la conoscenza delle dimensioni delfenomeno, che è fondamentale per sviluppare degli adeguati piani di prevenzione, èostacolata dalla mancanza di una definizione univoca del sovrappeso e dell’obesità in etàevolutiva (Bellizzi & Dietz, 1999). L’esame della letteratura evidenzia, pertanto, l’utilizzo di:1. diversi indicatori; 2. diversi criteri per i valori soglia; 3. diverse popolazioni di riferimento.La valutazione dello stato nutrizionale in età infantile dipende dalla definizione adottata:l’uso di diversi valori di riferimento, indicatori e valori soglia fornisce risultati diversi. Comeindici per definire lo stato nutrizionale sono utilizzati soprattutto il peso-per-statura (chepermette di confrontare il peso di un individuo con la distribuzione in centili del peso di ungruppo individui di riferimento con la stessa statura, ma non necessariamente della stessaetà) e l’IMC-per-età (che permette di confrontare l’IMC di un individuo con la distribuzionein centili dell’IMC di un gruppo individui di riferimento della stessa età, ma non necessa-riamente con la stessa statura). Esistono tre “scuole di pensiero” per la scelta dei centili,denominate per convenienza “scuola europea”, “scuola americana” e “dell’OMS” (Cole,1994). In Europa in genere sono utilizzati il 3°, il 10°, il 25°, il 50°, il 75°, il 90° ed il 97°centile. L’NCHS americano utilizza il 5° percentile invece del 3°, l’85° invece del 90° ed il95° centile invece del 97° centile; nella versione più recente delle curve di riferimentoNCHS (Kuczmarski et al., 2000), sono stati aggiunti anche il 3° ed il 97° centile. I valorisoglia per la definizione del sovrappeso e dell’obesità corrispondono ai valori dei centilipiù alti: i più comuni sono rispettivamente l’85° o il 90° ed il 95° o il 97°. E’ anche utilizzatala definizione di obesità per un eccesso di peso superiore del 20% rispetto al 50° centiledel peso-per-statura. I valori soglia per la definizione del sottopeso sono il 3° o il 5°percentile. L’OMS non usa i centili, ma lo z-score, che esprime il valore dell’indice comenumero di deviazioni standard al di sopra o al di sotto del valore medio o della mediana:la definizione di sovrappeso corrisponde ad un valore dell’indicatore maggiore di + 2 z-score, rispetto alla mediana della popolazione di riferimento, mentre quella di sottopesoad un valore dell’indicatore minore di - 2 z-score (World Health Organization, 1995).

Anche la terminologia utilizzata nella valutazione dello stato nutrizionale in età infan-tile non è uniforme: è stato raccomandato che i soggetti con IMC, o peso-per-statura,compreso tra l’85° ed il 95° percentile siano definiti “a rischio di sovrappeso”, mentresiano classificati “in sovrappeso”, quelli con IMC o peso-per-statura superiore al 95°percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz, 1994). Tuttavia, a volte valori dell’IMCsuperiori all’85° percentile sono considerati indicativi di sovrappeso e quelli superiori al95° indicativi di obesità.

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36Dati primari

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37 Dati primari

L’OMS aveva raccomandato in età infantile l’uso dell’indice peso-per-statura e lapopolazione di riferimento americana dell’NCHS (Dibley et al., 1987a; Dibley et al.,1987b; World Health Organization, 1986; World Health Organization, 1995). Tali dati diriferimento sono stati recentemente revisionati e sono state pubblicate le nuove curve dicrescita (Kuczmarski et al., 2000), che, come già detto, includono anche il 3° ed il 97°percentile, oltre il 5° ed il 95°. Inoltre, sono state elaborate le tabelle con i valori dell’IMC-per-età, valide tra i 2 ed i 20 anni, in sostituzione delle tabelle NCHS del peso-per-staturadel 1977 (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977), il cui uso era limitatoai bambini in età prepubere (fino a 11,5 anni ed una statura inferiore ai 145 cm per imaschi, e fino a 10 anni ed una statura inferiore a 137 cm per le femmine). L’indice peso-per-statura è stato inserito in alternativa all’IMC-per-età, per consentire una maggioreflessibilità nel passaggio alle nuove tabelle di riferimento (Flegal et al., 2002); tuttavia ilsuo utilizzo è stato criticato (Cole, 1979; Cole, 1985; Flegal et al., 2002). Questi dati diriferimento sono basati su indagini nazionali eseguite negli Stati Uniti e sono destinati adessere utilizzati per bambini ed adolescenti degli USA (Flegal et al., 2001). Tali valoripossono essere applicati per identificare i bambini e gli adolescenti con IMC ai limitisuperiori della distribuzione, considerando “in sovrappeso” quelli con IMC maggiore ouguale al valore corrispondente al 95° percentile; “a rischio di sovrappeso” quelli con IMCcompreso tra i valori dell’85° e del 95° percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz,1994). Un’applicazione analoga dei valori di riferimento dell’IMC-per-età ai limiti inferioridella distribuzione può essere utilizzata per valutare il “rischio di sottopeso” od il “sotto-peso”, anche se, al riguardo, per il momento non esistono specifiche raccomandazioni daparte di esperti (Kuczmarski et al., 2000).

La Consensus Conference Italiana sull’Obesità del 1991 (Crepaldi et al., 1991a;Crepaldi et al., 1991) aveva suggerito l’utilizzo dei valori di riferimento del peso-per-statura americani dell’NCHS (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977),o di quelli inglesi (Tanner, 1965).

Un comitato di esperti dell’OMS (de Onis & Habitcht, 1996), aveva provvisoriamenteraccomandato per gli adolescenti, l’uso delle tabelle di riferimento americane dei valoridell’IMC specifici per sesso e per età di Must et al. (Must et al., 1991).

L’European Childhood Obesity Group (Poskitt, 1995) aveva indicato l’utilizzo dei valoridi riferimento francesi dell’IMC specifici per sesso ed età (Rolland-Cachera, et al.,1991).

In Italia la maggior parte dei pediatri ha utilizzato in passato ed usa ancora le tabelledi riferimento inglesi (Tanner, et al.1966; Tanner & Whitehouse, 1976) relative al peso edalla statura, oppure quelle francesi (Rolland-Cachera et al., 1991) relative all’IMC, mentrealcuni centri utilizzano dati di riferimento locali (Falorni et al., 1998; Luciano et al., 1997;Merola et al., 1998; Nicoletti, 1992; Schwarzemberg et al., 1998; Zoppi et al., 1996),sviluppati nella propria città o regione. Inoltre, sono state pubblicate di recente dellenuove tabelle di riferimento italiane per la statura, il peso e l’IMC (Cacciari et al., 2002)per l’età evolutiva (6-20 anni di età), distinte per il Nord-Centro e per il Sud Italia.

L’OMS ha sottolineato la necessità di utilizzare un sistema di classificazione unificatodello stato nutrizionale in età evolutiva (World Health Organization, 1998). Per questo,l’International Obesity Task Force (IOTF) (Cole et al., 2000) ha proposto una definizionedi sovrappeso ed obesità basata su dati di riferimento internazionali e su un nuovocriterio, che definisce i valori soglia dell’IMC specifici per sesso ed età in modo che sianocollegati a quelli dell’IMC dell’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia edi mortalità. Le curve di riferimento sono state elaborate a partire dai dati dell’IMC prove-nienti da studi trasversali sull’accrescimento, rappresentativi a livello nazionale di seipaesi (Brasile, Gran Bretagna, Hong Kong, Olanda, Singapore e Stati Uniti), con ampie

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38Dati primari

differenze nella prevalenza dell’obesità, per un totale di più di 192000 soggetti, di etàcompresa tra 0-25 anni di età. I paesi inclusi nell’elaborazione delle curve di riferimentosono quelli che al momento rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: la rappresen-tatività nazionale (più di 10000 soggetti per ciascuno studio), un intervallo di età minimocompreso tra 6 e 18 anni ed il controllo di qualità, per ridurre al minimo gli errori di misura.Per ogni serie di dati sono stati identificati separatamente i percentili che, all’età di 18anni, intersecano rispettivamente il valore di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2 riferimento; questisono stati poi combinati e sono stati definiti i valori soglia internazionali per il sovrappesoe l’obesità, specifici per sesso ed età (Figura 2.4.2.1 e Tabella 2.4.2.1), rappresentatividei paesi di riferimento, ma indipendenti dal livello di obesità di ciascuno di essi (Cole etal., 2000). Tale approccio è ancora basato su una definizione statistica del sovrappeso edell’obesità, ma rappresenta un tentativo di collegare i valori soglia per l’età evolutiva aifattori di rischio dell’adulto. Tuttavia, sebbene la terminologia utilizzata sia la stessa, leconseguenze sulla salute per i bambini con un IMC al di sopra dei valori soglia possonoessere diverse da quelle dell’adulto (Cole et al., 2000) Bisogna inoltre puntualizzare chei valori soglia per il sottopeso non sono stati ancora pubblicati. Potrebbe essere applicatolo stesso tipo di approccio utilizzato per derivare i valori soglia per il sovrappeso e l’obe-sità. Tuttavia, il valore soglia per il sottopeso nell’adulto pari a 18.5 kg/m2 (World HealthOrganization, 1995; World Health Organization, 1998) corrisponde al 12° centile dellecurve di riferimento inglesi di Cole e collaboratori (Cole, 1990), pari ad una prevalenzainaccettabilmente alta di bambini sottopeso (Cole et al., 2000). Un’alternativa potrebbeessere il valore soglia a 18 anni pari a 17.0 kg/m2, che corrisponde al 2° centile dellecurve di riferimento inglesi di Cole et al. (Cole, 1990) (Cole et al., 2000). Mentre i centiliche corrispondono ai valori soglia per il sovrappeso e l’obesità sono risultati associati conil rischio di malattia in età evolutiva (Freedman et al., 1999), non sono ancora stati studiatigli effetti sulla salute di un IMC al di sotto dei valori soglia per il sottopeso in età evolu-tiva, che devono ancora essere validati come marcatori del rischio di malattia (Cole et al.,2000). Inoltre, i valori soglia dell’IMC per il sottopeso potrebbero essere inadatti nei piùgiovani (Taylor et al., 2002), in quanto, come già detto, l’IMC non sembra un buon indica-tore di adiposità nei bambini magri (Bray et al., 2001).

In conclusione, definire lo stato nutrizionale in età evolutiva sulla base di un approccioepidemiologico è ancora problematico e viene, perciò utilizzato l’approccio statistico. Ciòha determinato l’assenza di un accordo internazionale sull’uso degli indicatori dello statonutrizionale, dei valori soglia e dei dati di riferimento. Nessuno dei vari metodi che sonostati proposti è necessariamente quello corretto, ma ciascuno ha i suoi vantaggi ed i suoilimiti e dovrebbe, perciò, essere utilizzato con cautela. Tuttavia, è essenziale il raggiungi-mento di un consenso sulla definizione di obesità in età evolutiva, per valutarne la preva-lenza, seguire il suo andamento nel tempo e consentire confronti nazionali edinternazionali, al fine di pianificare gli opportuni interventi di prevenzione di tale condi-zione (World Health Organization, 1998). A tale proposito l’International Obesity TaskForce (IOTF) ha proposto un metodo internazionale (Cole et al., 2000), che ha sicura-mente ancora dei limiti. Sono necessarie ulteriori giustificazioni per lo sviluppo di valorisoglia a partire da dati tanto eterogenei e sono necessari ulteriori studi relativi alle conse-guenze sullo stato di salute per valori dell’IMC superiori ai valori soglia e per valutare sedebbano essere considerate differenze etniche (Inoue et al., 2000; Wang & Wang, 2002;Wang et al., 2000). Resta ancora comunque irrisolto il problema della definizione delsottopeso. Tuttavia, tale metodo, pur essendo ancora basato su un approccio statistico,presenta diversi vantaggi: è basato su valori di riferimento internazionali dell’IMC età esesso specifici, dai 2 ai 18 anni di età, derivati da una combinazione di dati provenientida sei diversi paesi e collegati con i valori soglia del sovrappeso e dell’obesità adottati

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39 Dati primari

per l’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia e di mortalità. Il suo utilizzo,inoltre, consente una continuità nei valori soglia per il sovrappeso e l’obesità raccoman-dati dall’età evolutiva fino all’età adulta.

Figura 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per ladefinizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva di Cole etal., 2000, che intersecano i valori dell’IMC di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2

a 18 anni.

Fonte: Cole et al., 2000 modificato

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Tabella 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per ladefinizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva

Fonte: Cole et al., 2000

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40Dati primari

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41 Dati primari

2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari

Per valutare i consumi alimentari è necessario raccogliere i dati primari attraversoindagini di popolazione mirate. Tali indagini sono eseguite utilizzando metodologie dirilevamento dei consumi che possono essere raggruppate in tre categorie (D’Amicis,1999) (Figura 2.5.1):

a. tendenti a valutare la dieta attuale (pesata, diario alimentare, recall, ecc.)b. tendenti a valutare la dieta passata (storia dietetica)c. tendenti a valutare la dieta abituale (frequenza di consumo)

Ciascun metodo ha i suoi vantaggi e svantaggi, può essere più o meno complesso,avere un diverso grado di precisione e richiedere una maggiore o minore collaborazioneda parte del soggetto in esame (Ferro-Luzzi & Norgan, 1991; Bingham, 1987) (Figura2.5.2).

D’altro canto, la valutazione dei consumi alimentari della popolazione è estrema-mente complessa e può essere studiata in diversi modi, sia per stimare l’assunzione dicostituenti chimici (come nutrienti essenziali, componenti non nutritivi degli alimenti econtaminanti) che per valutare il consumo di alimenti e gruppi di alimenti.

Figura 2.5.1 - Riferimento temporale alle misure della dieta

Fonte: modificata da D’Amicis 1999

Dieta pregressa

Dieta pregressa(storica dietetica

Dieta attuale(pesata, diario alimentare,

recall, ecc.)

Tempo

Dieta attuale

Dieta abituale(frequenza di consumo)

a

b

c

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Figura 2.5.2 - Relazione tra accettabilità e precisione nelle tecniche di rilevamento dei consumi alimentari

Fonte: modificata da Ferro-Luzzi & Norgan, 1991

La scelta tra le diverse metodiche di rilevamento dei consumi alimentari è determi-nata dallo scopo dello studio (precisione e accuratezza necessaria), dalle caratteristichedella popolazione e dalle disponibilità economiche, di tempo, di personale e di mezzi.Inoltre, non esistono questionari standard, ma, in base alla metodica scelta e quindi inbase all’obiettivo della ricerca stessa, il tipo di formulario va ideato, costruito e validato divolta in volta con studi pilota.

I metodi che maggiormente si adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionalesono il diario alimentare, il recall delle 24h e la frequenza di consumo. Generalmente ildiario alimentare per pesata è considerato il metodo migliore per stimare i consumi, marichiede un considerevole impegno da parte del soggetto e i risultati possono non essererappresentativi se i soggetti modificano le loro abitudini alimentari durante il periododell’indagine. Anche la storia dietetica può fornire informazioni molto dettagliate, tuttaviail ricordo spesso risulta essere impreciso ed approssimato (Bingham, 1987). In annirecenti è stata, infine, studiata la possibilità di ricavare una stima dell’assunzione abitualedi alimenti a partire da rilevazioni ripetute su brevi periodi (24h- recall). Le diverse proce-dure proposte sono state confrontate nel lavoro di Hoffmann e collaboratori (Hoffmann etal., 2002).

2.5.1 Metodologia

Il diario alimentareQuesta tecnica, messa a punto da diversi autori, come riportato in un lavoro che

raccoglie varie esperienze (Buzzard, 1998), consiste in una dettagliata lista di tutti glialimenti consumati da un individuo in uno o più giorni. Gli alimenti consumati sono

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42Dati primari

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registrati dal soggetto (o dall’osservatore, soprattutto nel caso della registrazione perpesata precisa) al momento stesso del consumo, in modo da evitare possibili dimenti-canze; per questa ragione è consigliato l’uso di formulari che abbiano un formato piccolo,in modo da poter essere portato in tasca e permettere che la registrazione del consumodi un alimento avvenga contemporaneamente al consumo stesso.

I soggetti saranno istruiti in anticipo sul come tenere un accurato e completo diarioalimentare; inoltre saranno anche informati sia sull’obiettivo dell’indagine stessa chesull’importanza che hanno a tale scopo le informazioni alimentari. Si usano questionaricostruiti ad hoc per l’indagine con le istruzioni di compilazione allegate che aiutino ilsoggetto a registrare nel dettaglio richiesto i propri consumi alimentari.

La quantità degli alimenti consumati viene determinata o mediante il peso dell’ali-mento o usando l’espressione in misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, porzioni,ecc...).

Il diario alimentare va attentamente controllato giornalmente da un osservatore dopola compilazione per assicurare l’adeguato livello di dettaglio richiesto nella descrizionedell’alimento e delle eventuali preparazioni alimentari (ricette) e chiarire eventuali infor-mazioni dubbie.

I limiti di questa tecnica sono essenzialmente dovuti all’alta collaborazione richiesta alsoggetto coinvolto nell’indagine ed alla variabilità dei consumi alimentari nel tempo, condifferenze a volte notevoli fra stagioni e giorni della settimana. Per questa ragione, lì doveè possibile, si consiglia la registrazione dei consumi relativi a più giorni, consecutivi e non.

RecallIl recall è un metodo abbastanza semplice, diretto, poco costoso, utilizzabile in

soggetti di differenti livelli socio-culturali e consente di stimare in modo affidabile iconsumi abituali di gruppi di individui. E’ il metodo ideale per operare su campioninumerosi, in quanto richiede solo da 30 a 60 minuti ad intervista ed un impiego di perso-nale limitato che però deve essere addestrato (ogni rilevatore può effettuare da 6 a 10interviste al giorno; D’Amicis, 1999). Tale tecnica può garantire buoni risultati medi sularghi campioni ma è indubbiamente meno affidabile quando si vogliono valutare iconsumi alimentari di singoli individui a causa di variazioni giornaliere a volte moltoampie. Al fine di prendere in considerazione la variabilità individuale della dieta (variazionigiornaliere, stagionali, festività), il recall può essere ripetuto nel tempo.

L’intervistatore, coadiuvato da supporti visivi (modelli di alimenti, tazze, bicchieri,cucchiai, fotografie di piatti pronti, ecc.) chiede al soggetto di descrivere con precisionela giornata e tutto ciò che ha consumato nelle 24 ore precedenti per risalire alla quantitàconsumata di ogni alimento o bevanda.

Inoltre si prendono informazioni sulla preparazione delle pietanze per risalire allacomposizione e alla quantità dei vari ingredienti (Figura 2.5.1.1).

Tale tecnica, per la sua spiccata componente soggettiva, può presentare limitazioni,introdurre errori sistematici e - se non rigorosamente applicata - comportare una gravediminuzione dell’attendibilità dei risultati. L’accuratezza dell’indagine dipende dall’abilitàdel rilevatore a far ricordare al soggetto ciò che ha mangiato e, ancor più, a stimare lagrandezza delle porzioni. In letteratura esistono svariati studi, effettuati in diverse condi-zioni e su diversi gruppi di popolazione, con lo scopo di validare il metodo del recall(Bingham, 1987; Buzzard, 1998). Complessivamente, il recall tende a sottostimare iconsumi alimentari di circa il 10%; le differenze tra l’assunzione energetica rilevatamediante indagini effettuate tramite il recall e quelle rilevate mediante tecniche piùprecise o comunque simultanee al consumo (in cui il fattore memoria non interferisce con

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il consumo) variano da 0 al 19% e sono considerevolmente diverse tra gli individui(Karvetti & Knuts, 1985; Carter et al., 1981). Le differenze sono maggiori per i micronu-trienti (Bingham, 1987; Turconi, 1993). In generale, i soggetti che consumano pocorispetto alla media tendono a sovrastimare i propri consumi, mentre quelli che mangianodi più tendono a sottostimarli. Tale fenomeno è stato denominato “flat slope syndrome” edè riportata da molti autori (Buzzard, 1998).

Considerando i consumi espressi come alimenti, esiste un’alta variabilità di errore.Alcuni studi evidenziano che le differenze percentuali di consumo di alimenti in alcuni casisono molto elevate, in quanto i soggetti tendono: a ricordare alimenti che non hannoingerito o viceversa ad omettere alimenti consumati. Nel primo caso il range varia da unmassimo del 29% delle occasioni di consumo per lo zucchero ad un minimo del 3% peril pane; mentre nel caso dell’omissione di alimenti le differenze percentuali più elevate siriscontrano per i vegetali cotti, 50% di volte; uova 43%, dolciumi 34% e quelle più basseper il pesce e patate 5% (Karvetti & Knuts, 1985).

Frequenza di consumo

Con questa tecnica si valuta la frequenza di consumo di determinati alimenti, riferitaad un determinato periodo di tempo (settimana, mese, anno) per classificare gli individuidi una popolazione, consumatori di determinati alimenti e/o nutrienti. Questo metodo èmolto utilizzato in studi epidemiologici.

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44Dati primari

Figura 2.5.1.1 - Esempio di questionario utilizzato per tecnica recall

Fonte: Sette, 1999

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E’ molto importante la costruzione del questionario di frequenza di consumo.Particolare attenzione deve essere focalizzata sulla scelta degli alimenti e sulla tipologiadi frequenza richiesta. Per questa ragione il questionario di frequenza deve esserecostruito, mediante una opportuna analisi statistica, a partire da una base di dati rilevatacon precisione su un campione simile a quello che si vuole studiare (Willett, 1988). Ilquestionario, quindi, è composto da:

a) una lista di alimenti, scelti in base all’obiettivo della ricerca, con numerositàadeguata, escludendo gli alimenti di scarso consumo che non permetterebbero diclassificare i soggetti in base ai consumi stessi; tutto ciò, al fine di rendere il questio-nario più gestibile e preciso.

b) una sezione con le risposte relative alle frequenze di consumo, nelle quali i soggettiindicano quanto spesso un determinato alimento viene consumato

Come si vede nell’esempio riportato in Figura 2.5.1.2, ogni riga corrisponde ad unsingolo alimento (es. pane bianco) o ad un gruppo di alimenti che hanno simile composi-zione chimica (es. crackers, grissini, ecc.). Queste righe sono raggruppate in categorie dialimenti (es. Cereali; Latte e derivati; Frutta; Ortaggi; ecc.; (Teufel, 1997).

Al soggetto viene chiesto di valutare (per autocompilazione o mediante un’intervista)per ogni riga-alimento o la frequenza media di consumo (come assunzione abituale) oquella relativa ad uno specifico periodo (es. durante l’ultimo mese o anno).

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45 Dati primari

Fonte: Sette, 1999

Figura 2.5.1.2 - Esempio di questionario per frequenza di consumo

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Il metodo della frequenza di consumo, che valuta la frequenza degli alimenti consumati,spesso è integrato con domande per stimare le quantità consumate dei vari cibi, facendoriferimento a modelli o porzioni medie (tazza, bicchiere, rosetta, fetta di pane, ecc...).

Nella figura 2.5.1.3 è riportato un esempio di codifica delle unità di misure casalinghecon relativa descrizione.

La frequenza di consumo è un buon metodo che consente di caratterizzare sotto-gruppi all’interno di una popolazione omogenea. Tale metodica è ampiamente utilizzataper studi epidemiologici che mettono in relazione la dieta con la prevalenza di malattiecronico-degenerative (cancro, malattie cardiovascolari) in quanto permette di valutare iconsumi abituali, retrospettivi e relativi a lunghi periodi (anno, mese, ecc.) (Willett, 1988).

Molti autori hanno sviluppato questionari abbreviati (con un minor numero dialimenti), in grado di classificare i soggetti secondo il loro consumo alimentare, nel modopiù efficiente ed economico, riproducendo al meglio la variabilità di consumo. Data laspecificità della dieta italiana i questionari sviluppati in altri Paesi non possono esseretrasferiti come tali alla nostra realtà, ma è stato tuttavia possibile elaborare e validarequestionari di frequenza abbreviati idonei e mirati alla realtà italiana (Trevisan et al., 1992)(Ferraroni, 1993). La costruzione del questionario ridotto deve essere progettatainserendo quegli alimenti che maggiormente contribuiscono all’apporto del nutriente chesi vuole indagare e alla sua variabilità inter-individuale.

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46Dati primari

Figura 2.5.1.3 - Unità di misura casalinghe

Fonte: Sette, 1999

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2.5.2 Fonti di errore

Caratteristiche dell’intervistatoreSia per il recall che per la frequenza di consumo non è da sottovalutare l’importanza

dell’abilità dell’intervistatore, che deve avere molta esperienza e buon livello di addestra-mento.

L’intervistatore deve mettere a proprio agio il soggetto e spiegare chiaramente gli scopidell’intervista: deve aiutare a ricordare i consumi con domande semplici e precise; deveaiutare a precisare le quantità fornendo modelli ed esempi (fotografie, bicchieri, ecc.) e deveavere una chiara idea della grandezza delle porzioni mediamente consumate. Inoltre deveconoscere le abitudini, i menù locali e le ricette più comuni. Non deve influenzare o darel’impressione di dubitare delle risposte. Deve posticipare ogni commento al termine dell’in-tervista o del periodo di studio per non interferire con l’indagine.

Il ruolo dell’intervistatore è importantissimo ai fini della buona riuscita dell’indagine edella qualità dei dati, infatti deve essere abile ad individuare possibili imprecisioni e/oerrori con discrezione, utilizzando anche domande incrociate “trabocchetto” per ottenerela corretta informazione sul consumo degli alimenti.

Da alcuni studi è emerso che il soggetto intervistato da differenti intervistatori puòdare risposte diverse (Bingham, 1987); è pertanto indispensabile, prima della fase esecu-tiva di una indagine alimentare, standardizzare la procedura dell’intervista ed effettuareprove di ripetibilità del metodo sui soggetti.

Età e sesso dei soggettiL’età dei soggetti in studio è un fattore molto importante da tenere in considerazione

ai fini della scelta del metodo da utilizzarsi per l’indagine stessa. Sia per gli anziani che peri bambini sono stati effettuati numerosi studi di convalida per misurare le capacità diricordo. Non sempre i risultati sono concordanti, anche se il ricordo dei bambini si ritienesia meno accurato e talvolta inventato. L’anziano si sa, è meno abile, rispetto all’adulto,nella capacità di ricordare, anche in questo caso i risultati di studi di validazione sono diffe-renti. Nella valutazione dei propri consumi sembra che gli anziani tendano a sovrastimarei piccoli consumi, mentre grandi quantità di alimenti tendono a essere sottostimate.

Esiste una differenza nell’accuratezza delle risposte legata al sesso.

Tradizionalmente è evidente che le donne sono più coinvolte, rispetto agli uomini,nell’acquisto degli alimenti e nella preparazione dei pasti, rendendo quindi più facileanche l’identificazione delle dimensioni e dei pesi delle porzioni. Non tutti i dati comunqueconfermano l’ipotesi che le donne registrino più accuratamente i loro consumi.

Durata dell’indagine e dimensione del campioneLa variazione giornaliera dei consumi alimentari è molto grande e l’ampiezza varia in

relazione al nutriente in esame. Misure di consumi alimentari basate su un singolo giornoo su un piccolo campione di individui mediante il diario alimentare o il recall delle 24hpossono dare una stima discreta del valore medio per il gruppo di popolazione, ma ladeviazione standard ottenuta è più elevata di quella risultante nel lungo periodo. Diconseguenza, misure di associazione in studi epidemiologici, come coefficienti di regres-sione e correlazione danno risposte molto deboli, tanto da non essere rilevati e compro-mettere la validità del risultato (Willett, 1988).

Un singolo giorno dà una stima non corretta della reale assunzione di alimenti onutrienti di un individuo, ma può essere migliorata usando un valore medio derivante dallaregistrazione dei consumi di più giorni ripetuti sulla stessa persona. Il numero di giorni

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necessari per ottenere un buon risultato dipende sia dal grado di precisione desideratache dalla variabilità dell’alimento o nutriente. Inoltre, la dimensione del campione e ladurata dell’indagine sono due parametri interdipendenti per valutare il consumo medio dipopolazione: per esempio, un singolo giorno di registrazione può essere sufficiente se lamisura del campione (numero degli individui) è sufficientemente grande per determinaread esempio l’assunzione media dei grassi totali in definiti sottogruppi di popolazione(Buzzard, 1998).

Se lo scopo richiede la stima della distribuzione delle assunzioni individuali all’internodel gruppo, è necessario raccogliere più di un giorno per individuo; ad es. nel caso delladeterminazione di gruppi di soggetti a rischio per una assunzione non adeguata di undato nutriente (Leclercq, 1999). Più il periodo dell’indagine è lungo, più la distribuzionedegli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali.

Comunque, come risulta dai dati di letteratura, per ottenere un buon risultato a livelloindividuale, 7 giorni sono sufficienti per stimare i consumi di energia e macronutrienti, maalmeno 14 giorni sono necessari per vitamine, minerali e fibra. La variabilità giornaliera èdel 4-45% per l’energia e del 9-52% per le proteine (Turconi, 1993). Le variazioni da unasettimana all’altra sono minori di quelle da un giorno all’altro; studi in letteratura mettonoin evidenza anche differenze stagionali. La variabilità è più alta per apporti di vitamine,minerali, colesterolo, fibra e alimenti in generale rispetto a quella per i macronutrienti,dovuta in parte alla scarsa frequenza con cui alcuni alimenti vengono assunti.

Fattori psicologici - peso corporeoTra i fattori psicologici che influenzano la risposta della valutazione dei consumi

alimentari, comportando perdita di precisione ed accuratezza, il peso corporeo rivestesicuramente un ruolo molto importante: persone obese tendono a sottostimare i propriconsumi, diminuendo la grandezza delle porzioni e omettendo il consumo di alcunialimenti (Turconi, 1993; Lafay et al., 1997).

Traduzione in principi nutritiviNella fase elaborativa esiste la possibilità di errori che possono compromettere l’atten-

dibilità dei risultati delle indagini. Spesso il consumo di alimenti è riportato approssimativa-mente attraverso il numero e le dimensioni delle porzioni espresse in misure casalinghe,quindi la componente soggettiva da parte dell’operatore che traduce la quantità in grammiva ridotta al minimo (Slimani et al., 1999). Lo stesso problema si riscontra nell’attribuire, persimilitudine, una composizione in nutrienti ad alimenti non contemplati nelle tabelle dicomposizione. Studi condotti per valutare l’entità di questi errori, nell’elaborazione di unastessa scheda dietetica, hanno riscontrato differenze significative da rilevatore a rilevatore,con un coefficiente di variazione nella stima dell’assunzione giornaliera che varia dal 3%per proteine al 17% per il rapporto grassi polinsaturi/grassi saturi (Bingham, 1987).

La traduzione in energia e nutrienti viene effettuata mediante l’uso di tabelle dicomposizione degli alimenti. Si deve considerare che i contenuti in nutrienti delle tabellesono dati medi che non tengono conto delle variazioni derivanti, sia nei prodotti animaliche in quelli vegetali, dalla diversa composizione del terreno o mangime, dal grado dimaturazione o età dell’animale, da differenze climatiche o di altro genere; le tabelle siriferiscono per la maggior parte ad alimenti a crudo, per tale ragione il valore di alcuninutrienti, in particolare quello delle vitamine, può non rispecchiare l’effettivo contenutonegli alimenti consumati dopo cottura (Tabella 2.5.2.1).

Tuttavia, nell’ultima edizione delle Tabelle di Composizione degli Alimenti dell’INRAN,edizione 2000, (Carnovale & Marletta, 2000) è stata inclusa la composizione di alimenticotti e di alimenti industriali o artigianali che hanno subito processi di conservazione.

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49 Dati primari

Le tabelle di composizione utilizzate per la traduzione in principi nutritivi sono deter-minanti agli effetti della validità dei risultati. In base alle esigenze e allo scopo dello studio,devono quindi essere revisionate, ampliate con la composizione degli alimenti locali econseguentemente completate per tutte le voci necessarie ai fini dell’inchiesta stessa(acidi grassi, colesterolo, ecc.) Ciò può essere fatto sia utilizzando valori ricavati databelle di altri paesi con precisi criteri, sia campionando localmente e analizzando glialimenti di cui non si conosce la composizione.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati programmi informatici per la traduzione deiconsumi alimentari da alimenti a nutrienti per ottenere dati più attendibili, per facilitare leprocedure di elaborazione e per ridurre i tempi dell’elaborazione stessa. In particolarenell’ambito di uno studio multicentrico europeo è stato utilizzato un software (Slimani et al.,1999) per la standardizzazione del recall delle 24h e per la traduzione da alimenti e porzioniin nutrienti.

Un programma computerizzato è stato sviluppato anche in Italia, per la realizzazionedell’indagine alimentare INRAN-RM-2001 (Leclercq et al., 2002) svolta nell’ambito delprogetto europeo “Montecarlo”. Il software permette l’inserimento del diario alimentare,così come riportato dal soggetto in unità di misure casalinghe, su supporto magnetico (LeDonne et al., 2002). Il programma prevede la contemporanea codifica e la quantificazioneautomatica di ogni alimento mediante l’uso di banche dati contenenti informazioni sia suisingoli alimenti, che sulla composizione di piatti compositi (ingredienti di ricette), prevedeinoltre la traduzione da misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, unità, porzionipiccole, medie e grandi, ecc.) in quantità espressa in grammi1.

Questi software per l’inserimento dati ed elaborazione delle indagini alimentari,permettono di ridurre al minimo gli errori dovuti ad interpretazioni soggettive ed arbitrarieda parte del rilevatore.

Fonte: Carnovale & Marletta, 2000

1. Per informazioni in proposito, consultare il sito internet www.inran.it/Ricerca/rischioalimentare ochiedere informazioni all’indirizzo e-mail [email protected]

Tabella 2.5.2.1 - Composizione in vitamine di alcuni alimenti

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2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezza della dietain una popolazione

Nei Paesi industrializzati le carenze nutrizionali sono spesso di natura sub-clinica,vale a dire senza che segni clinici permettano di identificarle. Servono quindi strumentisensibili per misurare l’adeguatezza della dieta. In alcuni casi si possono usare marcatoribiochimici dell’apporto dietetico, ad esempio l’escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore èun indicatore dell’ingestione di sodio nella dieta, i livelli plasmatici di ascorbato sono unindicatore dell’ingestione di vitamina C, ecc… Marcatori biochimici sono stati però svilup-pati e validati solo per un numero limitato di nutrienti e la loro misura non è sempre possi-bile su campioni rappresentativi della popolazione. L’utilizzo dei dati di un’indaginealimentare permette invece di stimare l’assunzione di un numero molto elevato dinutrienti. Ciò permette, inoltre, di individuare situazioni di ingestione eccessiva di alcuninutrienti o di squilibrio della dieta in termini di macronutrienti o di energia.

La valutazione dell’adeguatezza della dieta mediante indagine alimentare puòapparire concettualmente facile. I consumi alimentari permettono di stimare i livelli diingestione dei vari nutrienti che vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Una situa-zione di carenza, e quindi di inadeguatezza della dieta, viene evidenziata da livelli diassunzione abituali inferiori al fabbisogno. In realtà il problema è molto più complesso diquanto non sembri in prima analisi, poiché non si dispone generalmente né dell’apportoabituale con la dieta (bensì di una stima più o meno precisa dell’apporto osservato neisoli giorni d’indagine alimentare), né del fabbisogno di ogni individuo (bensì di una stimadel fabbisogno medio nella popolazione o del livello di assunzione raccomandato).

2.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e qualità dei dati rilevati

Una delle difficoltà nell’ottenere stime dei livelli di ingestione abituale deriva dall’ele-vata variabilità intra-individuale (da giorno a giorno nello stesso soggetto) dei consumialimentari. Tale variabilità è particolarmente elevata per i nutrienti che sono distribuiti inmodo disomogeneo nei vari alimenti. Un esempio caratteristico è quello della vitamina A.Il contenuto di vitamina A nel fegato di bovino/suino è elevatissimo: da 11.000 a 37.000Retinolo Equivalenti (R.E.) / 100 g, rispetto ai valori molto bassi (tracce) riscontrati nellealtre carni (Carnovale & Marletta, 1997). Il consumo di una porzione di fegato in un giornod’indagine crea una fortissima variabilità intra-individuale. Se l’indagine dura una solagiornata, i soggetti che hanno consumato fegato durante il giorno della registrazioneavranno un apporto osservato di vitamina A elevatissimo. I soggetti che invece nel giornod’indagine avranno consumato solo carne e cereali senza nessun alimento fonte divitamina A (come frutta, verdure, uova, latte e derivati) avranno un apporto osservatopressoché nullo. La distribuzione osservata degli apporti sarà quindi molto larga. La figura2.6.1.1 illustra come aumentando il numero di giorni d’indagine, diminuisca la variabilitàe quindi la distribuzione degli apporti osservati diventa più stretta e con una minore preva-lenza di apporti sia molto bassi che molto elevati. Più giorni dura l’indagine più la distri-buzione degli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali. L’utilizzodi una distribuzione di apporti osservata in un solo giorno d’indagine porta quindi a sovra-stimare la percentuale di popolazione con livelli di ingestione in eccesso e in difetto.

Aumentando il numero di giorni d’indagine si riduce l’entità di questa sovrastima. Piùla variabilità intra-individuale degli apporti di un nutriente è elevata, maggiore è il numerodi giorni necessari per ottenere una distribuzione degli apporti abituali. Un’alternativa puòessere quella di realizzare indagini brevi e poi di correggere la distribuzione degli apporti,avendo a disposizione una stima della variabilità intra-individuale degli apporti per inutrienti d’interesse (National Research Council, 1986).

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50Dati primari

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51 Dati primari

Prima di utilizzare i dati di un indagine alimentare per valutare l’adeguatezza delladieta è fondamentale controllare la qualità dei dati ed in particolare assicurarsi che nonci sia stata una sottostima consistente dei livelli di assunzione. Due cause importanti disottostima possono essere 1) la presenza di dati mancanti nelle Tabella di Composizioneutilizzate per l’elaborazione dei dati e 2) la sottostima dei consumi da parte dei soggettid’indagine. E’ quindi fondamentale effettuare un controllo su questi due aspetti prima diinterpretare i risultati dell’indagine.

Per potere controllare la presenza di dati mancanti, occorre avere a disposizione laTabella di Composizione degli Alimenti utilizzata. Per l’elaborazione dei dati d’indaginenon è quindi auspicabile l’utilizzo di un software che non permetta l’accesso alla bancadati di composizione degli alimenti utilizzata. La presenza di dati mancanti va controllata,specie per gli alimenti che potenzialmente possono essere una fonte principale di assun-zione dei nutrienti d’interesse. Per questo abbiamo controllato nelle Tabelle diComposizione dell’Istituto Nazionale della Nutrizione (Carnovale & Marletta, 1997) lapresenza del dato relativo al ferro nelle carni fresche e trasformate. Il dato manca per ilprosciutto crudo di Parma e San Daniele mentre sono ambedue ricchi di ferro. Potrebberoessere consumati regolarmente da alcuni soggetti ed essere quindi per loro una fonteimportante di ferro. La dieta di questi soggetti potrebbe quindi risultare erroneamentecarente in ferro. E’ quindi auspicabile l’utilizzo di banche dati i cui valori mancanti sianostati completati per analogia con altri alimenti o sulla base di altre tabelle di composi-zione. E’ disponibile una banca dati di questo tipo per l’Italia (Salvini et al., 1998).

Per quel che riguarda la sottostima dei consumi da parte dei soggetti, questa è moltofrequente nei soggetti obesi per motivi di ordine psicologico, ma può avvenire inqualunque gruppo di popolazione se i soggetti non sono abbastanza motivati oabbastanza seguiti: il consumo di alcuni alimenti può non essere riportato per dimenti-canza o per scarso interesse (vedi paragrafo 2.5.2).

Figura 2.6.1.1. - Effetto della variabilità intraindividuale sulla distribuzione degli apporti osservati

% di soggetti Media

Apporto abitualeriferito ad un lungoperiodo

Apporto misurato con unsolo giorno di indagine

Apportoeccessivo

Apporto

Apporto

insufficiente

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52Dati primari

L’OMS suggerisce un metodo per evidenziare sottostime grossolane (World HealthOrganization, 1985). Il rapporto tra il contenuto energetico (EI) medio della dieta di ungruppo di popolazione e il suo Metabolismo Basale (MB) medio dovrebbe esserecompreso tra 1,5 e 2,1. Secondo l’OMS, un rapporto tra apporto medio di energia osser-vato e metabolismo di base calcolato (EI/MB) inferiore a 1,27 come media del gruppo dipopolazione è indicativo di sottostime grossolane dei consumi. In questo caso i dati diconsumo rilevati non possono essere utilizzati per stimare l’adeguatezza della dieta. Ilmetabolismo basale medio del gruppo di popolazione può essere calcolato a partire dalleequazioni di Schofield riportate anche nei LARN Italiani (SINU, 1996) conoscendo ilsesso, l’età media e il peso medio dei soggetti. In un articolo di Goldberg et al. (Goldberget al., 1991) vengono riportati livelli soglia più specifici da utilizzare a secondo dellanumerosità della popolazione.

2.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli di assunzione raccomandati

Esiste una variabilità dei fabbisogni anche nell’ambito di una ristretta classe di età esesso. Uno stesso livello di apporto può essere adeguato per alcuni soggetti (che hannoun fabbisogno basso), ma insufficiente per altri soggetti (che hanno un fabbisognoelevato). Un esempio caratteristico è quello del fabbisogno di ferro nelle donne in etàfertile. Un apporto di ferro di 12 mg al giorno può essere adeguato per una donna conperdite mestruali contenute, ma insufficiente per una donna con perdite abbondanti. Inquesto caso la zona di sovrapposizione tra apporti adeguati e inadeguati è molto larga erisulta quindi difficile definire una soglia di apporto al di sopra della quale è garantital’adeguatezza della dieta. Per questo motivo la misura dell’apporto permette solo distimare la probabilità che l’apporto sia più o meno sufficiente. Di conseguenza, nelladonna in età fertile, mentre al di sotto di una certo apporto di ferro la probabilità chequesto sia insufficiente è 100, è difficile stabilire un livello di apporto di ferro al di sopradel quale viene garantita la sua adeguatezza.

Per alcuni nutrienti, oltre al rischio di carenza, può esserci un rischio di assunzioneeccessiva con la dieta. La figura 2.6.2.1 riporta il tipo di curva che mette in relazione il

Figura 2.6.2.1 - Probabilità che un livello di apporto osservato sia insufficiente oin eccesso.

Nota: Esiste una variabilità individuale, sia nel fabbisogno minimo (da cui la stima del rischio di inadeguatezza)che nella capacità di tollerare apporti eccessivi (da cui la stima del rischio di eccesso). L’intervallo di sicurezzaè un intervallo di apporti nel quale sia la probabilità di eccesso che quella di inadeguatezza sono basse.Fonte: modificato da National Research Council, 1986

LIVELLI DIASSUNZIONERACCOMANDATO APPORTO

ECCESSIVO

Livello di apporto osservato

Ris

chio

di i

nad

egu

atez

za

Ris

chio

di e

cces

so

INTERVALLODI SICUREZZA

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livello di apporto con il rischio sia di eccesso che di inadeguatezza. Sulla base di questedue curve può essere stabilito l’intervallo di sicurezza nell’ambito del quale è minimo siail rischio di eccesso che il rischio di inadeguatezza (World Health Organization, 1990).

Esiste una variabilità dei fabbisogni degli individui anche per l’energia. Tuttavia, nelcaso dell’energia il rischio per la salute aumenta anche se l’apporto giornaliero sidiscosta di pochissimo in eccesso (obesità) o in difetto (malnutrizione). Per l’energia, sidefinisce quindi solo il fabbisogno medio, senza stabilire un apporto raccomandato. Nelcaso invece di nutrienti essenziali, viene usato un approccio conservativo poiché i rischiper la salute sono maggiormente legati ad una carenza che non ad un eccesso(Commission of the European Communities, 1993; SINU, 1996). Per definizione, i livelliraccomandati in nutrienti essenziali coprono (cioè superano) i fabbisogni del 97,5% dellapopolazione (media più due deviazioni standard), allo scopo di assicurare un margine disicurezza (Figura 2.6.2.2).

2.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare l’adeguatezza delladieta

Proprio per via del margine di sicurezza prima menzionato, è un errore confrontaredirettamente i livelli di assunzione di un individuo o di una popolazione con il livello racco-mandato in un dato nutriente (Department of Health, 1991; Institute of Medicine, 2000)

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53 Dati primari

Nota: Si ipotizzano distribuzioni normali dei fabbisogni nella popolazione.Fonte: modificato da Gibson, 1993

Figura 2.6.2.2 - Confronto tra due approcci: approccio conservativo per la defini-zione di un livello raccomandato di un nutriente e approccionormativo per la stima del fabbisogno medio energetico.

Fabbisogno in energia

% di soggettiFabbisogno

medio in energia

Livelli diassunzioneraccomandatoper il nutriente

% di soggetti

Fabbisogno per un nutriente

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(Leclercq, 1999). Il livello raccomandato non può essere utilizzato come livello soglia perclassificare i soggetti in “carenti” e “non carenti”. Infatti, mentre i soggetti con livelli diassunzione in un dato nutriente superiori al livello raccomandato possono essere consi-derati “non carenti” con una buona probabilità (97,5%), non si possono invece conside-rare “carenti” tutti i soggetti i cui livelli di assunzione sono inferiori ai livelli raccomandati.Si sovrastimerebbe così di molto la percentuale di popolazione realmente carente.

Nel caso non si disponga di informazioni precise circa i fabbisogni, una soluzione puòessere quella di utilizzare come limite i 2/3 del livello di assunzione raccomandato. Vienearbitrariamente classificato carente qualunque soggetto i cui livelli di apporto sianoinferiori a questa soglia. Un esempio di utilizzo di questo metodo si trova nel lavoro diScaccini et al. (Scaccini et al., 1992).

Per quanto riguarda invece l’adeguatezza del contenuto in energia della dieta, nonpuò essere stabilita solo sulla base della misura degli apporti, ma è necessaria una stimasufficientemente precisa del fabbisogno energetico dei soggetti in esame.

2.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza della dieta (metodoprobabilistico)

Il metodo probabilistico può essere applicato per stimare la probabilità che l’apportoosservato sia inferiore al fabbisogno di un singolo soggetto. E’ più utile però applicarlo agruppi di popolazione per stimare la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Taleproporzione viene utilizzata come “proxy” della prevalenza della carenza. Praticamente ilmetodo consiste nel moltiplicare la percentuale di popolazione in ogni intervallo diapporto per la probabilità che tale apporto sia inadeguato. Sommando le varie percen-tuali così calcolate, si ottiene la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Nellatabella 2.6.4.1 il metodo viene esemplificato.

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54Dati primari

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55 Dati primari

Tabella 2.6.4.1 - Stima della proporzione di uomini adulti i cui apporti di proteinesono inferiori ai rispettivi fabbisogni: un’applicazione del metodoprobabilistico

(1) La distribuzione degli apporti in proteine è rappresentata dalla percentuale di popolazione in 10 inter-valli stabiliti arbitrariamente.

(2) In ognuno degli intervalli stabiliti, si calcola lo z score del punto centrale rispetto alla distribuzione deifabbisogni: z = punto centrale – fabbisogno medio/deviazione standard. Nell’esempio: fabbisognomedio = 42; deviazione standard = 6,3.

(3) La probabilità di inadeguatezza in ogni intervallo è data dall’area a destra del valore z nella distribu-zione normale standardizzata.

(4) Per ogni intervallo la percentuale di popolazione viene moltiplicata per la probabilità di inadegua-tezza. Sommando le varie prevalenze ottenute si arriva alla stima della prevalenza di inadeguatezzanell’insieme della popolazione.

Fonte: modificato da National Research Council, 1986

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Inoltre, questo metodo viene illustrato dettagliatamente in un volume, pubblicatoinsieme ai Dietary Reference Intakes (DRI) americani (equivalente dei nostri LARN),interamente dedicato all’utilizzo dei DRI per la valutazione della dieta (Institute ofMedicine, 2000). Il metodo viene illustrato graficamente nella figura 2.6.4.1.

Per applicare il metodo probabilistico è necessario conoscere il fabbisogno medio peril nutriente d’interesse ed avere informazioni sulla forma della curva di distribuzione deifabbisogni nel gruppo di popolazione oggetto di studio. Se non si conosce la distribuzionedei fabbisogni si può in prima analisi fare l’ipotesi di una distribuzione normale con unadeviazione standard pari al 15% della media. Il risultato non varia molto con la stima dellavariabilità dei fabbisogni. Va invece presa in considerazione la forma della curva special-mente se la distribuzione dei fabbisogni è molto larga, come nel caso del ferro nelladonna in età fertile. Per potere applicare questo metodo si deve inoltre fare l’ipotesi chegli apporti osservati in un individuo abbiano una bassa correlazione con il fabbisogno diquell’individuo (quest’ipotesi non è valida per quanto riguarda l’energia). Nel caso in cui ifabbisogni e gli apporti variano con uno stesso parametro, quale ad esempio il pesocorporeo, è necessario esprimere entrambi in funzione di questo parametro (/ kg p.c.)prima di effettuare l’analisi (Department of Health, 1991).

Il metodo probabilistico non permette di identificare singolarmente i soggetti carenti,ma presenta il notevole vantaggio di evitare le forti sottostime e/o sovrastime alle quali siva incontro utilizzando dei valori soglia di apporto arbitrari per identificare i soggetticarenti. Purtroppo non viene molto utilizzato anche perché non è ancora stato sviluppato

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56Dati primari

Nota: Nell’esempio, l’assunzione media (115 unità) è lievemente più alta del fabbisogno medio (100unità). La curva di rischio e la distribuzione di assunzione abituale si sovrappongono in maniera signifi-cativa. La percentuale di individui a rischio di inadeguatezza (area scura) al livello dell’assunzione mediaè di circa il 25%. Il rischio di inadeguatezza aumenta man mano che l’assunzione si avvicina al fabbi-sogno medio.

Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000

Figura 2.6.4.1 - Area di sovrapposizione tra la curva di rischio di inadeguatezza ela curva di distribuzione degli apporti abituali.

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57 Dati primari

uno software che permetta facilmente sia di verificare che le ipotesi alla base del metodosiano verificate sia di effettuare la stima probabilistica (Institute of Medicine, 2000).

In compenso, una versione semplificata del metodo probabilistico è stata sviluppata:l’”Estimated Average Requirement (EAR) cut-point method”. Questo metodo può essereapplicato se la distribuzione dei fabbisogni è simmetrica intorno al fabbisogno medio e sela variabilità degli apporti è più elevata della variabilità dei fabbisogni. In queste condi-zioni, è stato dimostrato che la prevalenza di soggetti carenti è molto ben stimata dallaproporzione di soggetti i cui apporti sono inferiori al fabbisogno medio che viene quindiutilizzato come livello soglia (Institute of Medicine, 2000). In questo modo non c’è quindibisogno di conoscere la variabilità dei fabbisogni. La figura 2.6.4.2 illustra graficamente ilmetodo.

In conclusione esistono dei requisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati dicomposizione degli alimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta distimare la prevalenza di carenze in nutrienti. Inoltre, vanno utilizzate metodologie appro-priate e sono necessarie informazioni sia sulla variabilità intra-individuale dei consumi chesulla variabilità inter-individuale dei fabbisogni per potere interpretare correttamente i dati.

Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000

Figura 2.6.4.2 - La versione semplificata del metodo probabilistico: il metodo dellivello soglia”. L’area scura rappresenta il sottogruppo di individuiper i quali l’assunzione è inferiore al fabbisogno medio, l’area inchiaro invece rappresenta la parte di individui con una assun-zione abituale superiore al fabbisogno.

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3. DATI SECONDARI

• I dati secondari sono quelli raccolti per scopi diversi da quelli della sorveglianza.Questi dati non sono sempre coerenti con gli obiettivi del sistema, né sono omogeneio esaurienti.

• Un’attenta valutazione della qualità dei dati è necessaria prima del loro uso all’in-terno di un sistema informativo. Devono essere presi in considerazione gli aspettitecnici della raccolta (periodicità, livello di aggregazione, dimensioni dell’area diosservazione) e gli aspetti qualitativi della raccolta (sensibilità, specificità, accura-tezza).

• Con questo sistema, l’acquisizione dei dati può essere fatta in modo relativamenterapido e con costi limitati. I dati possono essere corretti e ottimizzati e così fornirerisultati di precisione in qualche modo comparabili con quelli ottenuti usando datiprimari.

• Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di datisecondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente daiFood Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS). In Italia fonti di datisecondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio dietetico sono banchedati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delleFamiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini MultiscopoISTAT, gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA),ricerche di mercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc).

• Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che fornisconoinformazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono le schede dimorte, le schede di dimissione ospedaliera (SDO), il sistema informativosanitario (SIS) del Ministero della Salute, le liste di esenzione ticket, il registro deifarmaci, le rilevazioni relative al rinnovo delle patenti. Ulteriori informazioni in areasanitaria possono essere derivate dalle cartelle cliniche dei medici di medicinagenerale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonché da dati deilaboratori di analisi.

Un’alternativa alla raccolta di dati primari è la sorveglianza nutrizionale basata suidati secondari, ossia su dati già raccolti per altri scopi. Oltre a permettere un notevolerisparmio di risorse, questo esercizio ha lo scopo di potenziare e migliorare al massimola qualità dei dati già raccolti che sono spesso un patrimonio sotto-utilizzato. In questocaso le finalità sono puramente di sorveglianza, dal momento che le relazioni trapatologie e fattori di rischio sono stabilite a priori. Si tratta di creare un flusso di informa-zioni a partire da fonti di dati secondari relative al rischio dietetico, agli stati pre-clinici ealla mortalità e morbosità per le malattie scelte.

3.1 Analisi e selezione dei dati

Un momento estremamente delicato nella progettazione di un sistema informativo èrappresentato, dall’analisi, dalla valutazione e dalla selezione di dati utili per definire lo

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65 Dati secondari

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stato di salute della popolazione. Per utilizzare al meglio i dati secondari è necessarioassicurarsi che la matrice su cui si intende operare sia pertinente e che le diverse varia-bili siano codificabili in modo omogeneo; si deve accertare la possibilità di accesso allefonti dei dati, quindi la loro reperibilità, la loro rilevanza ai fini del problema e la coerenzacon gli obiettivi dello studio (Rizzi, 1987).

Nella raccolta dei dati secondari bisogna considerare gli aspetti tecnici:• struttura o Ente responsabile del rilevamento;• periodicità della rilevazione;• livello di aggregazione (familiare, regionale, nazionale);• dimensioni dell’area di osservazione (rilevazione parziale, generale o a campione);• serie storica disponibile;• sistema di registrazione delle informazioni (cartaceo, elettronico).

e gli aspetti qualitativi:• sensibilità (capacità di registrare piccole variazioni nella risposta di una variabile alla

modificazione di un’altra variabile ad essa correlata);• specificità (capacità di rilevare la risposta di una specifica variabile ad un fenomeno);• accuratezza (completezza, standardizzazione, dettaglio nella classificazione e livello

di codifica, criteri di stima di variabili derivate1);• precisione (capacità di misurare correttamente il valore di una variabile);• rappresentatività statistica (precisione delle stime).

Nella istituzione di un sistema di sorveglianza nutrizionale, la scelta di ricorrere allaraccolta di dati secondari è dettata da numerose considerazioni di ordine pratico. Innanzitutto la realizzazione di indagini primarie, soprattutto di tipo biochimico, risulta estrema-mente costosa o non realizzabile su vasta scala, per cui gli elevati investimenti richiestipotrebbero essere utilizzati in altro modo. Inoltre, i dati secondari sono ampiamentedisponibili, possono essere acquisiti in modo abbastanza rapido, e possono esseresoggetti a correzioni ed ottimizzazioni. Tuttavia, questi dati non sono sempre coerenti congli obiettivi del sistema, non sono esaurienti, né omogenei, viste le differenti fonti da cuiprovengono. Si deve cercare, dunque, di incrociare banche dati di provenienza diversa,associando fonti di dati continuative con rilevazioni occasionali, allo scopo di potenziaree rendere i dati più omogenei. Oltre a ciò, la disponibilità di dati statistici da diverse fontipuò essere di aiuto nell’interpretazione dei risultati ottenuti con indagini sul campo e nellacostruzione di un sistema integrato. Infatti, anche realizzando rilevazioni con dati primarisi fa ricorso a informazioni derivanti da dati secondari. Per fare due semplici esempi, siconsideri un caso di campionamento e un caso di definizione degli obiettivi. In riferimentoal primo, per ottenere un campionamento rappresentativo occorre conoscere la strutturasocio-economico e demografica dell’area di appartenenza e i dati possono essere dispo-nibili nelle statistiche fornite dalle Istituzioni locali. Considerando il secondo, di fronte apiù aspetti da studiare e in presenza di risorse limitate (budget, tempo, personale, ecc…)la scala di priorità può essere stabilita in base ad un’analisi dei dati su patologie, morta-lità, ecc...

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1. es. calcolo dell’età (anni, mesi, ecc.), dell’indice di Massa Corporea.

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67 Dati secondari

3.2 Fonti di dati

Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di datisecondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente daiFood Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS).

I FBS sono ormai raccolti e pubblicati dalla maggior parte dei Paesi Europei, e forni-scono informazioni sulle disponibilità alimentari per il consumo individuale, a livello nazio-nale. La preparazione e la distribuzione dei FBS ai diversi paesi è stata effettuata neglianni ‘40 dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO), e la stessaattività viene svolta dalla Organization for Economic Cooperation and Development(OECD). Nel 1971 la FAO ha reso questi dati disponibili includendoli nel sistema statisticodi dati chiamato “Interlink Computer Storage and Processing System of Food andAgricultural Commodity Data” (ICS), che fornisce informazioni sulla produzione primaria,sulla pesca e su 380 prodotti trasformati di circa 200 paesi. E’ interessante notare che siai singoli paesi che le organizzazioni internazionali utilizzano la stessa procedura generalenella preparazione dei FBS. Il manuale pubblicato dalla FAO nel 1949 ha senza dubbiocontribuito a questa uniformità. La procedura è basata sul concetto che la quantità totaleannua di cibo prodotto in un determinato paese, aggiunta alla quantità totale importata eaggiustata per cambiamenti negli stocks, dà la fornitura totale disponibile. Sottraendo daquesto totale la quantità esportata, quella delle scorte, quella utilizzata per la manifatturae quella persa durante lo stoccaggio ed il trasporto, si ottiene la quantità disponibile peril consumo umano. La quantità di cibo disponibile per il consumo individuale viene calco-lata dividendo per la popolazione totale.

Gli svantaggi nell’utilizzare i FBS per studi di sorveglianza nutrizionale sono dovuti alfatto che i dati sulla disponibilità di cibo pro-capite sono alquanto approssimativi; inoltre,spesso si ha una sovrastima sul reale apporto nutritivo e non si hanno informazioni sulladistribuzione degli alimenti. In più, questi dati provengono da una varietà di fonti, la cuiqualità può variare consistentemente. Pertanto, essi devono essere utilizzati con cautela.

L’altra fonte di dati è costituita dalle Household Surveys (o inchieste familiari),generalmente condotte dagli enti statistici nazionali di 18 paesi europei: Austria, Belgio,Cipro, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Regno Unito, Grecia,Ungheria, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo e Svezia. Le inchieste suiconsumi familiari si distinguono in Household Budget Surveys (HHBS) e Household FoodConsumption Surveys (inchieste sui consumi familiari). In Europa le inchieste del primotipo vengono condotte più frequentemente. Francia, Italia, Olanda, Svezia e Regno Unitosono gli unici paesi europei a condurre le Household Food Consumption Surveys, e traquesti solo il Regno Unito le sta effettuando su base annuale. Attualmente in GranBretagna questi sistemi di sorveglianza vengono condotti continuamente dal 1940.

Uno dei limiti delle inchieste sui consumi familiari consiste nel fatto che la disponibi-lità alimentare viene in realtà registrata come approvvigionamento; in molti paesi, inoltre,non si considerano lo stoccaggio, le perdite e il deterioramento. Frequentemente nonsono disponibili informazioni su alimenti consumati fuori casa. Le indagini non vengonoeffettuate in modo continuativo avendo una periodicità compresa tra 1 e 7 anni.

Nonostante ciò, al momento le HHBS rappresentano la fonte dati più importante edutilizzata dei paesi industrializzati, in quanto sono basate su campioni familiari rappre-

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68Dati secondari

sentativi della popolazione, permettono di descrivere la distribuzione del rischio alimen-tare riferito a fattori socio-economici e geografici, e consentono di identificare modelli diconsumi alimentari associati a un rischio particolarmente elevato o basso.

Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che fornisconoinformazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono:

• banche dati istituzionali, con rilevazione continuativa su tutto il territorio nazionale.Forniscono indicazioni generali sullo stato sanitario della popolazione italiana econsentono di valutare l’andamento nel tempo di alcuni indicatori di mortalità e dimorbosità: schede di morte, schede di dimissione ospedaliera (SDO), sistema infor-mativo sanitario (SIS) del Ministero della Salute, liste di esenzione ticket, registro deifarmaci, rinnovo delle patenti.

Ulteriori informazioni in area sanitaria possono essere derivate dalle cartelle clinichedei medici di medicina generale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonchéda dati di laboratorio. A queste informazioni vanno aggiunti i bilanci di salute che sonorilevazioni periodiche del pediatra di libera scelta. In esse sono compresi parametri utiliper descrivere lo stato nutrizionale del soggetto (peso e statura). La principale limitazionedi questi dati è che hanno una copertura territoriale limitata a seconda del bacino diutenza in cui viene effettuata la rilevazione.

Altre fonti di dati secondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio diete-tico sono:

• banche dati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delleFamiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini Multiscopo ISTAT,gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA), ricerche dimercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc...).

Dati secondari in area sanitaria

Le schede di morte vengono compilate dal medico che accerta il decesso e raccoltedall’ISTAT che ne cura l’elaborazione e la diffusione. Esse dovrebbero consentire dirisalire non solo alla causa terminale del decesso ma anche alla causa iniziale, ossia aquella patologia che attraverso complicanze o stati morbosi intermedi (causa intermedia),determina l’istaurarsi della causa terminale. Questo sistema ha il vantaggio di avere unacopertura totale di rilevazione, ma spesso la compilazione delle schede risente di uncerto livello di approssimazione, il che ne limita l’uso per fini epidemiologici.

La scheda di dimissione ospedaliera fa parte del sistema statistico nazionale esostituisce, dall’anno 1995, un’analoga rilevazione effettuata dall’ISTAT limitatamente aidimessi nella prima settimana del mese. Le informazioni sono ordinate secondo leseguenti tipologie di ricovero ospedaliero:

• attività di ricovero per acuti in regime ordinario/diurno• attività di riabilitazione in regime ordinario/diurno• attività di lungodegenza.

La composizione della casistica trattata viene classificata secondo il sistema diclassificazione internazionale delle malattie versione IX (è in corso l’attuazione dellaversione X) e secondo il sistema D.R.G. (Diagnosis Related Groups) versione 10.0. Larilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gli istituti di curapubblici e privati, per ogni paziente dimesso (compresi i deceduti); contengono informa-

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zioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo di nascita,residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosi alla dimis-sione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital).

Un’altra fonte di dati secondari importante è costituita dai Registri Tumori (Zanetti,1998) nei quali dagli anni ’80 si effettua la registrazione continua dei casi di tumore in 9province italiane: Torino, Genova, Varese, Trieste, Parma, Forlì/Ravenna, Firenze, Latina,Ragusa. I Registri Tumori aggiornano i loro dati ogni 5 anni e li inviano allo IARC(International Agency for Research of Cancer) a Lione per la pubblicazione (Cancerincidence in five continents): dal mese di Maggio 2001 sono disponibili i dati relativi alperiodo 1993-1997. La copertura della raccolta è solo parziale, e riguarda il 10% dellapopolazione italiana. Tuttavia, la copertura locale è completa anche se la loro distribu-zione sul territorio nazionale non è uniforme, in quanto concentrata soprattutto nel NordItalia. Le principali variabili raccolte sono: dati demografici, localizzazione e caratteristicheistologiche del tumore, data della diagnosi, fonte dell’informazione. La rilevazioneconsente di determinare stime di prevalenza e di incidenza dei tumori, oltre a fornire infor-mazioni sui tassi di letalità e sui tassi di sopravvivenza medi delle diverse forme tumorali.

L’estensione dei dati di incidenza all’intero territorio nazionale va fatta con estre-macautela.

Dati secondari sui consumi alimentari

Il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN) effettuato periodicamente dall’ISTAT, vienericavato mediante indagini sull’agricoltura e sul commercio con l’estero, fornendo datisugli alimenti disponibili al consumo umano a livello nazionale. In Italia il BAN rappre-senta l’equivalente dei Food Balance Sheets (FBS) presentati e standardizzati per tutti ipaesi nel 1949 dalla FAO. E’ un metodo che fornisce il calcolo delle disponibilità per iconsumi alimentari della popolazione, è abbastanza semplice da realizzare, non costosoe del quale si dispongono serie storiche; tuttavia le informazioni che si ottengono sonosolo delle stime approssimative della disponibilità di alimenti pro-capite e, soprattutto, nonpossono essere disaggregate per piccole aree o per classi di popolazione, non permet-tendo ad esempio il monitoraggio di sottogruppi di popolazione a rischio. I principalivantaggi nell’utilizzazione del BAN risiedono nel fatto che vengono pubblicati dallamaggior parte dei Paesi Europei, e forniscono informazioni sulle disponibilità alimentariper il consumo delle famiglie, a livello nazionale.

L’Indagine sui Consumi delle Famiglie (ICF), anch’essa effettuata dall’ISTAT,rappresenta un buon metodo per la valutazione dei consumi alimentari, poiché permettedi rilevare la spesa media mensile familiare totale e ripartita per categoria di alimenti,nonché la spesa media mensile per i pasti fuori casa. L’indagine permette inoltre dimonitorare il trend dei consumi medi familiari, consentendo un’analisi comparativa indiverse aree territoriali, in differenti contesti sociali ed a seconda della stratificazionedemografica. La principale limitazione di questa rilevazione è che essa riguarda l’acquistodegli alimenti e non propriamente il loro consumo senza tener conto degli scarti, deglialimenti acquistati in grande quantità come scorta e dei pasti fuori casa. Inoltre, il livellodi registrazione (libretto familiare) non consente una valutazione individuale dei consumi.

Bisogna precisare che l’ICF è l’equivalente italiano dei già menzionati HouseholdBudget Surveys e che il suo principale vantaggio è la possibilità di comparare i dati conquelli di altri Paesi. Un altro vantaggio è che, analogamente al BAN, i dati consentono una

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70Dati secondari

valutazione dell’andamento temporale dei consumi. Tra l’altro, le stime ottenute dall’ICFsono utilizzate per valutare con maggiore precisione la quota della produzione destinataai consumi delle famiglie, al netto dei reimpieghi e degli “scarti di sistema”.

Le Indagini Multiscopo sulle Famiglie condotte dall’ISTAT affrontano delletematiche sociali rilevanti come la salute, il tempo libero, la cultura. Vengono prese inconsiderazione le caratteristiche anagrafiche, sociali e territoriali degli individui percostruire un’immagine della società italiana nella sua complessità, a partire dalla molte-plicità e varietà dei comportamenti individuali. Questo tipo di indagine fornisce anche datidi frequenze di consumo alimentare rappresentative della popolazione italiana, suddiviseper età e per sesso. Il rilevamento consente una stima orientativa dei consumi, in quantogli alimenti sono raggruppati in maniera eterogenea e senza tener conto degli scarti. Irisultati vengono pubblicati ogni due anni.

La tabella 3.2.1 riassume le caratteristiche delle indagini fin qui riportate delineando

Fonte: Turrini, 1999

Tabella 3.2.1 - Valutazione comparativa tra le differenti indagini sui consumialimentari in Italia

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la metodologia, il grado di variabilità e di precisione di ciascuna di esse.

Tra gli studi condotti da Istituti che operano nel campo agricolo e delle ricerche dimercato va citato il Panel famiglie ISMEA/AC Nielsen. Il Panel si basa su rilevazioni acadenza settimanale degli acquisti di prodotti alimentari delle famiglie, stratificate in basea variabili socio-demografiche e territoriali, rappresentative dell’intera popolazioneitaliana. Questo tipo di indagine permette di valutare l’evoluzione dei consumi familiari edindividuali. Inoltre, consente una suddivisione per grosse aree geografiche. Tuttavia,essendo uno studio “partecipativo”, può essere soggetto ad una distorsione dovuta alcondizionamento delle famiglie coinvolte.

In sintesi, i dati secondari sui consumi alimentari pur presentando alcune limitazionicome la scarsa disaggregabilità dell’informazione a livello locale, risultano estremamenteutili per monitorare le tendenze di consumo a livello nazionale, per macro aree e perregioni.

Per completare il quadro delle fonti di dati secondari vanno citate: banche dati noncontinuative, operanti in aree geograficamente o temporalmente limitate, riferite a speci-fiche problematiche sanitarie; si tratta di banche dati costruite sulla base di studi condottisu piccola scala, al fine di approfondire particolari aspetti dell’alimentazione o in specificigruppi di popolazione.

3.3 Campionamento

In uno studio basato sulla raccolta di dati secondari, la tecnica di campionamento èvariabile: alcune rilevazioni sono a carattere totale (es: registri di mortalità), ma nellamaggior parte dei casi si tratta di indagini campionarie.

Il disegno del campionamento è realizzato in modo tale da includere tutti i fattori chepossono influire sulla variabilità dei caratteri statistici oggetto di analisi, per assicurareuna stima della distribuzione. Per gli ICF, ad esempio, il campionamento è a due stadi constratificazione delle unità del primo stadio.

La strutturazione in stadi è funzionale alla definizione del campione quando alcunifattori sono comuni a fasce di popolazione. Per esemplificare, nelle ICF le unità del primostadio sono rappresentate dai comuni, che sono estratti per primi, da questi sono poiestratte le famiglie, che costituiscono, quindi, le unità del secondo stadio. I comuni sonostratificati cioè classificati in base a tipologia di comune, dimensione demografica e regionedi appartenenza. Sono così individuati 228 strati, di cui 107 sono costituiti da un solocomune (autorappresentativo) e sono sempre inclusi nel campione. I restanti 121 (non-autorappresentativi) sono raggruppati per strati omogenei all’interno di ciascuna regione diappartenenza: tra questi ultimi sono estratti 3 comuni per strato, rispettivamente per il primo,il secondo e il terzo mese di ciascun trimestre. Ogni trimestre vengono rinnovati.

Da tutti i comuni selezionati sono estratte con tecnica casuale circa 27.000 famigliel’anno, ovvero circa 2.250 famiglie al mese residenti nei 228 comuni che sono inclusi di voltain volta nell’indagine.

Le famiglie sono estratte dagli elenchi anagrafici dei comuni campionati. In realtà, leliste create sono due: l’elenco degli intestatari e l’elenco delle famiglie suppletive, ossiaquelle famiglie che vanno ad integrare quelle unità che dopo l’estrazione rifiutano o sono

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72Dati secondari

impossibilitate a partecipare oppure risultano irreperibili.

In base ad un disegno di questo tipo sono inclusi nel campione, in modo controllato,tutti quei fattori socio-economici e demografici che possono avere effetti sulle modalitàosservate.

Oltre al disegno di campionamento occorre poi definire la tecnica di estrazione che puòvariare da una applicazione delle tavole dei numeri aleatori a un’estrazione sistematica. Inquesto secondo caso, viene estratto casualmente il primo numero e i successivi sono deter-minati dal passo di campionamento, che è calcolato in base alla proporzione tra popola-zione di riferimento e numero di unità da estrarre (es.: per un campione di 100 unità su unapopolazione di 10.000, il passo sarà di 100, cioè viene estratto un individuo su 100).

Esistono anche tecniche di campionamento non casuale (ragionato, per quote) chevengono in genere utilizzate per universi particolari (es.: indice dei prezzi) o in ambitiparticolari (studi pilota, indagini di mercato preliminari). La differenza principale tracampioni estratti con tecnica casuale e non-casuale è la possibilità di determinare l’errorecampionario e le stime per intervallo (intervallo di confidenza). Il livello di errore ammessoè spesso del 5%, ma può variare in base al tipo di studio.

3.4 Valutazione della qualità del dato

La misura probabilistica dell’errore fornisce informazioni sulla precisione statistica,ma quest’ultima ha un senso applicativo solo se i dati raccolti rispondono anche a criteridi accuratezza, cioè completezza e congruenza.

La valutazione della qualità del dato deve essere quindi corredata da un altro insiemedi informazioni, in particolare quelle relative al tipo di trattamento dei dati (registrazionesu modello di rilevazione, codifica, inserimento su supporto informatico), alle proceduredi controllo (revisione manuale, revisione basata su procedure software) e alla tecnica dicorrezione dei dati registrati (criteri di completamento e criteri di variazione).

In generale, i dati più affidabili sono quelli ben documentati per quanto riguarda siagli aspetti più propriamente statistici che gli errori non campionari. L’ISTAT, ad esempio,pubblica nei volumi statistici le appendici metodologiche e produce anche una serie ditesti della collana “Metodi e norme”. Per avere un’idea più chiara della complessità diquesto sistema sarebbe utile una descrizione del lavoro di preparazione del personaleche effettua il lavoro sul campo.

3.5 Miglioramenti della qualità dei dati

Quando si tratta di dati secondari, il miglioramento dei dati grezzi non è più possibile.Quello che è, invece, possibile è una validazione incrociata di dati analoghi forniti da

diverse fonti. Questo tipo di analisi mette in evidenza eventuali slineature determinate dasignificati diversi attribuiti alla stessa variabile o da diversi livelli di aggregazione dimodalità. In sintesi, è possibile aumentare il potenziale informativo, più che migliorare laqualità del dato in sé, facendo attenzione alla descrizione di come il dato viene ottenutonei diversi studi. Se le fonti di dati forniscono informazioni comparabili è possibilericostruire il quadro di un fenomeno oggetto di studio, congiungendo le informazionicomplementari.

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73 Dati secondari

Dati sui consumi alimentari e dati su patologie possono essere inseriti in una base didati se sono relativi ad una stessa popolazione e sono entrambi rilevati con indaginirappresentative. Se non tutte le fonti sono rappresentative i dati possono essere utilizzatisolo in modo limitato e, non fa male ripeterlo, documentato.

Questo approccio può essere utile soprattutto per la formulazione di ipotesi dipartenza per il disegno di uno studio di approfondimento che preveda una rilevazione adhoc, in cui le ipotesi stesse potranno essere sottoposte a test.

Poiché i dati secondari non sono necessariamente coerenti tra loro e possono prove-nire dalle fonti più disparate, vanno tenuti in considerazione tutti quegli elementi chepermettono di selezionare indicatori più specifici rispetto alla definizione del fenomenoconsiderato. Altri elementi utili da considerare e che consentono di ottenere un migliora-mento della qualità del dato sono:

• Conoscenza delle metodologie di raccolta dati: l’utilizzazione di metodologie distudio diverse si riflette sulle tipologie di dati prodotti, particolarmente per quel cheriguarda le quantità di consumo. Questa valutazione permette di selezionare l’inda-gine più coerente con gli obiettivi definiti nello studio di sorveglianza.

• Applicazione di fattori di correzione: le valutazioni sui consumi alimentari effettuateall’interno delle rilevazioni ISTAT non tengono conto della componente di edibilità deglialimenti e degli scarti. Entrambi i fattori determinano una sovrastima di alcuni gruppidi alimenti. La correzione dei consumi può essere effettuata per quanto riguarda lacomponente di edibilità e degli scarti (Tabella. 3.5.1) secondo quanto risultante dalletabelle di composizione e dai dati dell’indagine sui consumi alimentari dell’INRAN.

• Valutazione critica del dato in relazione alle caratteristiche sanitarie e socio-demografiche della popolazione in esame: la riproducibilità di un indicatore vavalutata in base al confronto tra le caratteristiche della popolazione in cui il dato vienemisurato e le caratteristiche dei gruppi al suo interno. Popolazioni con caratteristichesocio-sanitarie dissimili non consentono l’estrapolazione del dato.

• Accurata definizione dell’indicatore e del livello soglia per quell’indicatore conrielaborazione dei dati di incidenza e prevalenza: ad esempio, considerando ilnumero di dimessi con diagnosi di osteoporosi si avrebbe una sottostima della preva-lenza di questa patologia in quanto tale voce diagnostica non compare quasi mai nelleSchede di Dimissione Ospedaliera. Ma anche considerando il solo dato di incidenzadelle fratture ossee, non si è in grado di stimare quanta parte di esse dipenda dallaosteoporosi. Selezionando tra i diversi casi di fratture traumatiche le donne di etàsuperiore a 50 anni e gli uomini di oltre i 75 anni e le sedi di frattura maggiormentelegate all’evento osteoporotico, si otterrà una stima più corrispondente alla realtà dellaprevalenza di tale patologia (Ferro-Luzzi et al., 1994).

• Definizione dei fattori bio-fisiologici legati alla incidenza della patologia: laconoscenza della storia biologica della malattia consente di selezionare gli indicatoripiù utili per la sorveglianza di una specifica patologia a componente nutrizionale.Tornando all’esempio precedente sull’osteoporosi, alcuni distretti ossei caratterizzanoin maniera più peculiare di altri la presenza della patologia osteoporotica.

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74Dati secondari

Tabella 3.5.1 – Correttivi relativi alla componente di edibilità e agli scarti.

Fonte: Ferro-Luzzi et al., 1994

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Bibliografia

Ferro-Luzzi A, Martino L, Leclercq C & Branca F (1994): Relazione scientifica delProgetto Pilota di Sorveglianza Nutrizionale elaborata per il Ministero della Sanità.Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione. Roma: Istituto Nazionaledi Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN).

Rizzi A (1987): Introduzione ed analisi dei dati. Quaderno n°B1. Roma: Dipartimento diStatistica, Probabilità e Statistiche Applicate.

Turrini A (1999): Metodologie di indagine dei consumi alimentari. In: Argomenti di igienedella nutrizione, eds. Cairella G, Leclercq C, Tarsitani G, 155-164. Roma: FuturaGrafica.

Zanetti R (1998): Fatti e cifre dei tumori in Italia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore.

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75 Dati secondari

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4. IL PASSAGGIO DALLA SORVEGLIANZA AGLI INTERVENTI

• La valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione diinterventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. L’interventopuò essere di carattere preventivo o correttivo, può riguardare singoli individui,alcuni gruppi o l’intera popolazione.

• Un altro concetto particolarmente importante nel passaggio dalla sorveglianza agliinterventi è quello della definizione dei livelli soglia per l’intervento oltre i qualiè necessario mettere in atto misure per la correzione di un problema di sanitàpubblica. Per disegnare gli interventi infatti è necessario disporre di un quadroteorico che leghi l’esito – la patologia – ai fattori di rischio e che contestualizziciascun fattore di rischio nella particolare situazione temporale e spaziale in cuisi deve intervenire.

• Gli interventi preventivi possono essere di prevenzione universale, se diretti atutta la popolazione; di prevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popola-zione che presentano un rischio particolare di insorgenza di patologie correlatecon l’alimentazione; di prevenzione mirata, se diretti agli individui che presen-tano un problema o una patologia legata all’alimentazione.

• Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elementoessenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamentoalimentare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire ofavorire eventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati. Per interve-nire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo la tecnica del“social marketing” definito come “l’applicazione delle tecniche di marketingcommerciale ai problemi sociali”.

• L’Educazione Alimentare è un modello di intervento di salute pubblica. Essacomprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari correttie consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano, vissuto noncome costrizione, ma come valore condiviso.

4.1 IntroduzioneLa valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione di

interventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. Svolgere attività disorveglianza fine a se stesse è inappropriato, allo stesso modo non è etico fare unadiagnosi in un individuo e non trattare la patologia identificata.

Questo passaggio pone alcuni problemi metodologici, legati alla decisione su quandoconsiderare un intervento e sulla progettazione dell’intervento, in relazione all’efficaciaattesa. La sorveglianza può anche avere un ruolo preliminare di richiamo dell’interessedell’opinione pubblica e dei responsabili delle istituzioni, così da persuadere circa l’oppor-tunità di mobilitare risorse.

L’intervento può essere di carattere preventivo o di carattere correttivo, può riguardaresingoli individui, alcuni gruppi o l’intera popolazione.

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78Interventi

4.2 Quando intervenire?

4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito

Nel capitolo 1 di questo manuale sono già state identificate alcune aree prioritarie,ossia quelle patologie che – in virtù della loro diffusione – sono considerate problemiimportanti per la sanità pubblica. La valutazione delle priorità è stata effettuata in rapportoal costo sociale della patologia (la somma dei costi diretti, ossia la spesa per la curadella patologia, e dei costi indiretti, ossia il carico di mortalità, morbosità e disabilitàindotta da quella patologia). Questi stessi criteri possono essere utilizzati per stabilirequando si vuole scegliere di intervenire. Nel caso degli interventi preventivi, una consi-derazione importante infatti è legata alla prevenibilità di una certa condizione.

Per alcune patologie, come l’osteoporosi e le malattie neurodegenerative, il dato dimortalità non rende conto del costo sociale, che risiede prevalentemente nella disabilitàindotta. In tal caso, è preferibile utilizzare dati di morbosità. La tabella 4.2.1.1 indica il tipodi dati utili a descrivere il costo sociale di una serie di alcune patologie a componentenutrizionale.

Un primo criterio per la decisione può essere basato sulla comparazione geogra-fica tra i tassi di mortalità e morbosità tra diversi Paesi del mondo o tra diverse regionidello stesso Paese. A questo proposito si può fare l’esempio dei grandi interventi per laprevenzione delle patologie cardiovascolari, come il progetto della North Karelia, inFinlandia, per il quale la decisione fu presa in relazione alla comparazione dei tassi dimortalità per infarto. Per effettuare le comparazioni è necessario utilizzare i tassi standar-dizzati per età, oppure standardizzare i tassi per la struttura della popolazione, usandouna popolazione di riferimento.

Un secondo criterio per la decisione può essere la variazione nel tempo. Se l’inci-denza di una patologia è in crescita, è necessario prendere contromisure prima che siverifichi un’emergenza per la sanità pubblica. Per le analisi longitudinali, la base dipopolazione e la metodologia di raccolta dei dati deve essere coerente. Inoltre, la varia-zione nel tempo può essere calcolata quando si dispone di serie storiche di dati suffi-

Tabella 4.2.1.1 - Patologie a componente nutrizionale misurate con indicatori di mortalità e morbosità

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cientemente lunghe. Probabilmente, è inappropriato dare giudizi sulla tendenza neltempo quando si dispone di dati per meno di quattro-cinque anni.

La scelta su quando intervenire è in ogni caso determinata da quanto la societàritiene accettabile e da quanto il Sistema Sanitario è in grado di investire per risolvere ilproblema. Esiste probabilmente un punto di equilibrio tra queste due categorie, ma illivello soglia può essere estremamente variabile. Inoltre è possibile selezionare all’internodella popolazione alcuni gruppi per i quali si vuole ottenere il minimo del carico dimalattia, come per i bambini o le donne in gravidanza.

Gli indicatori di esito consentono di dare un giudizio sull’intera popolazione, e quindinon consentono di effettuare azioni preventive sui singoli individui a rischio.

4.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie

Quando possibile, è preferibile non attendere la comparsa della patologia perdecidere un intervento, perché quanto più a monte è l’azione preventiva, tanto più èefficace. La scelta del quando intervenire si lega pertanto alla misura delle variabili inter-medie (o indicatori di stato pre-clinico), che sono indicative di un processo che aumentala probabilità di comparsa della patologia. Esempi di queste variabili sono, per lepatologie cerebrovascolari, la pressione arteriosa; per l’infarto, la colesterolemia totale eHDL; per il diabete di tipo 2, il sovrappeso e l’obesità; per la frattura del femore, la densitàossea. La scelta di questi indicatori dipende dal valore predittivo che essi hanno, dallaprecocità della loro capacità predittiva, dalla capacità di essere influenzati da modifichedello stile di vita, e dalla praticità della loro misura. Il vantaggio dell’uso di questi indica-tori intermedi è di poter svolgere interventi preventivi sui singoli individui.

Per la colesterolemia e la pressione arteriosa è stata documentata una relazionegraduale con il rischio cardiovascolare e cerebrovascolare, ed è quindi possibile calco-lare il rischio cui ogni individuo, nonché l’intera popolazione, sono esposti. Tuttavia, nelcaso delle patologie a eziologia multifattoriale, l’utilizzazione di una sola variabile inter-media potrebbe portare a sottostimare il rischio reale. Sono stati quindi sviluppatialgoritmi di calcolo del rischio che combinando le diverse variabili riescono a predire lamaggioranza degli eventi patologici. La tabella 4.2.2.1 illustra il calcolo del FraminghamHealth Score, basato sulla misura della pressione arteriosa, della colesterolemia totale,della colesterolemia HDL e sul riscontro dell’abitudine al fumo di sigaretta, con il quale èpossibile valutare se un individuo ha un rischio da 0 al 30% di avere un infarto delmiocardio nei dieci anni successivi.

Per altre variabili la capacità predittiva è minore. La determinazione con la migliorecapacità predittiva per l’osteoporosi è la densitometria ossea (DEXA) effettuata al collo delfemore. Tuttavia, in donne bianche di 50-59 anni, sarebbero necessari 750 esami densi-tometrici per predire una sola frattura del femore o delle vertebre in un periodo di cinqueanni. Non ci sono dati che indicano che la valutazione periodica della densità ossea o lasomministrazione precoce di farmaci preventivi abbia un buon rapporto costo-efficacia. E’allora preferibile una valutazione individualizzata dell’insieme dei fattori di rischio. Ladiagnosi e il trattamento delle donne a rischio di osteoporosi sarebbe più efficace indiriz-zando il trattamento solo alle donne con i valori di massa ossea più bassi. Le donne nelterzile più basso di Densità Minerale dell’osso (Bone Mineral Density – BMD) senza altrifattori di rischio avevano un’incidenza delle fratture pari a 2,6 per 1000 anni-donna,rispetto a 27,3 per 1000 anni-donna nelle donne con cinque o più fattori di rischio.

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Nel caso dei tumori, le variabili intermedie adeguate sono disponibili solo per alcuneforme. Ad esempio, la presenza di alterazioni della morfologia dell’epitelio vaginalepredice il cancro della cervice uterina e la presenza di alterazioni dei dotti ghiandolarivisibile alla mammografia predice il cancro della mammella. In questi casi, l’identifica-zione di una lesione precoce suggerisce di intraprendere azioni preventive.

La tabella 4.2.2.2 indica le variabili intermedie utili alla valutazione del rischio dellepiù importanti patologie a componente nutrizionale.

Tabella 4.2.2.1 – Stima del rischio (nell’arco di 10 anni) per individui di sessomaschile (Framingham Health Score)

Tabella 4.2.2.2 - Patologie a componente nutrizionale e variabili intermedie

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La misura delle variabili intermedie può essere utilizzata per decidere su interventipreventivi a carattere individuale e di popolazione. In questo secondo caso è bene consi-derare sia la prevalenza del fattore di rischio che la capacità che quel fattore ha di predirela comparsa della patologia. Queste due grandezze possono essere combinate nelrischio relativo di popolazione, calcolato con la formula RR/(p * RR + (1 – p)), dove pè la prevalenza del fattore di rischio e RR è il rischio relativo. La tabella 4.2.2.3 mostra lavariazione del rischio in relazione a diverse prevalenze del fattore di rischio nella popola-zione.

Quando si usano le variabili intermedie per prendere decisioni sugli interventi ènecessario stabilire quali livelli sono considerati indicativi di un problema di sanitàpubblica, ossia i livelli di attenzione per i quali si consiglia un intervento. Si parla dunqueanche di livelli soglia per l’intervento.

La tabella 4.2.2.4 indica la prevalenza di anemia, bassi livelli plasmatici di retinolo ebassa escrezione urinaria di iodio necessari a dare inizio a programmi di interventocorrettivi. Anche in questo caso, il razionale della scelta di questi livelli è basato sull’e-sperienza e sulla valutazione di alcuni Comitati di Esperti. Tuttavia, alcuni Paesi potreb-bero non ritenere accettabili tali livelli. Naturalmente, una determinante importante per ladecisione di intervenire è la quantità delle risorse disponibili.

Tabella 4.2.2.3 - Stime del rischio relativo derivate dal rischio relativo osservatoin studi epidemiologici in relazione alla prevalenza del fattore dirischio nella popolazione

Tabella 4.2.2.4 – Valori di prevalenza di carenze di alcuni micronutrienti necessari per dare inizio a interventi di sanità pubblica

Emoglobina <12 g/dLGrave ≥ 40%Moderato 15.0 - 39.9%Lieve 5.0 - 14.9%

Retinolo plasmatico <20µg/dLGrave ≥ 20%Moderato ≥ 10 - < 20%Lieve ≥ 2 - < 10%

Iodio urinario < 100µg/dL ≥ 20%

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Stabilire un obiettivo in relazione a una patologia non consente di prendere in esamela qualità della vita, per la quale sarebbero più appropriati indicatori funzionali relativi alpossesso di autonomia, di un buona capacità di risposta immunitaria, di una capacitàriproduttiva, di una adeguata funzione intellettiva, e così via. Per questi aspetti l’uso dellevariabili intermedie è essenziale. In virtù di questo livello più elevato di benessere anchei livelli soglia potrebbero essere modificati. Ad esempio, è stato dimostrato che ancheleggere carenze di ferro sono in grado di influenzare la funzione intellettiva e dunque invirtù dell’ottimizzazione di quest’ultima anche le situazioni di carenza marginale possonogiustificare interventi tesi a migliorare lo stato di nutrizione per il ferro.

La misura delle variabili intermedie consente interventi preventivi della comparsadelle patologie e consente di verificare l’effetto degli interventi sulle stesse coorti in cui gliindicatori sono stati misurati.

4.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita

Anche gli indicatori dello stile di vita possono essere utilizzati per stimare un rischioindividuale e un rischio di popolazione. La decisione di intervenire sulla base dei soliindicatori di stile di vita, dipende dal livello di evidenza del rapporto tra il fattore di rischioe l’incidenza delle patologie.

Il progetto Eurodiet ha analizzato la letteratura relativa al rapporto tra il livello deifattori di rischio nutrizionale e il rischio di sviluppare diverse patologie, indicandone ancheil livello di evidenza (stabilito secondo il sistema Cochrane). Il livello di evidenza piùelevato, per il quale sono necessari Trial Clinici Randomizzati, è presente solo perl’energia, gli acidi grassi saturi e il sodio. Per gli altri nutrienti vi sono studi isolati condottiin doppio cieco o studi ecologici, non condotti in doppio cieco. La tabella 4.2.3.1 riportagli obiettivi raccomandati per la popolazione per ridurre globalmente le patologiecroniche. I livelli di evidenza sono stabiliti in rapporto alle malattie cardiovascolari,cerebrovascolari, al diabete, al cancro.

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Tabella 4.2.3.1 – Obiettivi nutrizionali raccomandati a livello di popolazione dallacommissione di esperti EURODIET basati su differenti livelli dievidenza. Per alcuni sottogruppi di popolazione, come i bambini,vengono riportati i fabbisogni specifici.

1. ++++ Informazione derivata da studi randomizzati controllati.+++ Informazione derivata da un singolo studio con disegno in doppio cieco oppure, per l’allattamentoal seno, da una serie di esperienze non in doppio cieco.++ Studi ecologici non in doppio cieco e studi fisiologici.+ Integrazioni di livelli multipli di evidenze da parte di gruppi di esperti.

2. Intervallo di normalità (18.5-25) stabilito dall’OMS.

Assunzione raccomandata di nutrienti e obiettivi nutrizionali pergruppi di popolazione specifica (gravidanza, allattamento, menopausa)

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In questo caso, la decisione di intervenire è legata a quale percentuale della popola-zione si trova a un livello inadeguato.

Alcune metanalisi hanno dimostrato e quantificato il rapporto esistente tra la varia-zione dell’esposizione a un nutriente e la riduzione del rischio. Questo è stato finorapossibile solo per il consumo di grassi saturi e per il consumo di sodio. L’analisi di datiosservativi riguardo diverse comunità ha indicato che una riduzione dell’assunzionedietetica di sodio di 100 mmol/24 h (3 g di sale) riduce la presione sistolica negli individuidi 50-65 anni di età di 10 mmHg in media. Questa riduzione della pressione ridurrebbe lamortalità specifica per età per ictus del 22% e della mortalità cardiovascolare del 16%(Law, 2000). Questi valori dovranno guidare il giudizio dei responsabili della sanitàpubblica sul rapporto costo-efficacia di interventi per la riduzione dei consumi di sodio.

4.3 Disegno degli interventi

Per disegnare gli interventi è necessario disporre di un quadro teorico che leghi l’esitoe la patologia ai fattori di rischio e che contestualizzi ciascun fattore di rischio nella parti-colare situazione temporale e spaziale in cui si deve intervenire. In particolare, sarànecessario conoscere la distribuzione dei fattore di rischio e le caratteristiche socio-economiche dei gruppi di popolazione in cui il rischio si manifesta in misura più rilevante.

Dovranno poi essere stabiliti gli obiettivi dell’intervento e i tempi in cui si vuoleraggiungere questi obiettivi.

Secondo la metodologia definita dalle iniziali delle parole che la descrivono VMOSA(Vision Mission Objectives, Strategies, Actions) (Kansas Health Foundation), il disegnodi un intervento richiede in primo luogo di definire una Vision, ossia le condizioni idealiche si vogliono raggiungere (es. “bambini sani”), poi una Mission, ossia il cosa e perché(es. “Promuovere la salute dei bambini attraverso un’iniziativa familiare e comunitariaintegrata”), quindi gli Obiettivi, ossia cosa, quanto e quando verrà raggiunto; le Strategie,ossia come gli obiettivi saranno raggiunti, e un piano d’Azione, che definisca le azioni, leresponsabilità, il calendario, le risorse necessarie e disponibili, le barriere e i modi peraggirarle, le collaborazioni.

Nel contesto in cui si muovono gli operatori regionali, la Mission e gli obiettivi che nederivano saranno con ogni probabilità legati alle modifiche dello stile di vita. Altrecategorie di intervento, più appropriate a livello nazionale, sono quelle relative alla produ-zione alimentare, quali le modifiche della produzione primaria per manipolare lacomposizione dei prodotti (es. selezione delle varietà, uso di OGM, selezione deimangimi); le modifiche dei processi per mantenere le caratteristiche del prodotto (es.mild technologies), per evitare l’aggiunta di componenti indesiderati (es. riduzione deicontenuti di sodio), per ridurre o eliminare componenti indesiderati (es. riduzione deicontenuti di grassi, fortificazione); gli interventi sulla distribuzione e la disponibilità deiprodotti, quali le modifiche dei sistemi di conservazione (es. refrigerazione) e lemodifiche dei sistemi di distribuzione (es. supermercati).

Le strategie di un intervento di sanità pubblica a livello di una comunità sono tipica-mente quelle di fornire informazione e formazione, migliorare i servizi, modificare acces-so, barriere e opportunità, modificare le politiche.

Per quanto riguarda il piano d’Azione, è necessario definire il luogo in cui svolgere gli

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interventi, che possono essere le strutture sanitarie, le comunità, le scuole, i luoghi dilavoro e il target di popolazione, ossia adulti, bambini o l’intera popolazione.

A questo proposito sarà necessario decidere se modificare la distribuzione del fattoredi rischio nell’intera popolazione o solo negli individui ad alto rischio. Gli interventi preven-tivi possono essere di prevenzione universale, se diretti a tutta la popolazione diprevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popolazione che presentano un rischioparticolare di insorgenza di patologie correlate con l’alimentazione, di prevenzionemirata, se diretti agli individui che presentano un problema o una patologia legata all’a-limentazione. La scelta può essere operata in relazione alla distribuzione del fattore dirischio e a valutazioni di costo-efficacia. Inoltre, è necessario verificare che gli individuiche non traggono beneficio dall’intervento – perché il loro rischio è basso – non netraggano al contrario dei danni. Ad esempio, nel caso della iodurazione generale del sale,è necessario valutare quanto possano correre rischi gli individui portatori di ipertiroi-dismo. Nel caso degli interventi tesi a ridurre la colesterolemia, si è a lungo discusso delpossibile rischio di una riduzione eccessiva in individui con livelli bassi di colesterolo,finché si è dimostrato che l’associazione tra bassa colesterolemia, e depressione era deltutto casuale e non legata a relazioni di causa ed effetto.

Gli interventi si possono poi classificare in base alle risorse e alla durata a bassa, amedia ed ad alta intensità. Per quanto riguarda gli operatori, gli interventi possono essereautosomministrati (ad es. quelli che utilizzano Internet), condotti da professionisti nonsanitari (insegnanti, gruppi di pari specificamente istruiti), da professionisti sanitari(medici e infermieri) o da specialisti della nutrizione, quali dietisti o nutrizionisti.

Gli interventi possono avere impatto diverso se includono una componente familiare(ossia le famiglie sono il target principale degli interventi oppure le famiglie del targetprimario sono coinvolte in qualche aspetto dell’intervento) o se è previsto il coinvolgi-mento di una componente di supporto sociale (es. organizzazioni che distribuisconoalimenti).

Il raggiungimento degli obiettivi è legato sia all’appropriatezza dell’intervento che almodo con cui esso è condotto. Si parla quindi di efficacia degli interventi, che puòessere verificata attraverso la realizzazione di attività pilota, e di efficienza degli inter-venti, legati alla operatività su larga scala. La realizzazione di attività pilota è indispen-sabile nelle fasi iniziali di un intervento. Infatti gli interventi di sanità pubblica sonoprocessi iterativi fondati su un metodo di prova ed errore e, in questo quadro, i dati dellasorveglianza sono essenziali.

Le informazioni che derivano dalle attività di sorveglianza sono parte di un ciclo disorveglianza e intervento che può essere rappresentato dalla spirale contenuta nellafigura 4.3.1. La figura si riferisce in particolare agli interventi di educazione alimentare, mapuò essere utilizzata per illustrare la circolarità di questo processo, che si conclude con unaltro uso dei dati di sorveglianza, ossia la valutazione della efficacia degli interventi.

Interventi

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Il disegno degli interventi potrà essere guidato dall’analisi di precedenti schemi diintervento che si sono dimostrati efficaci.

La figura 4.3.2 illustra i cambiamenti nel livello di consumo di grassi che si sonoottenuti in diversi interventi svolti in ambiente scolastico. Il messaggio che se ne trae è,in primo luogo, che è possibile ottenere questo risultato e, in secondo luogo, che l’inten-sità della risposta è in rapporto alla durata del follow-up.

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4.3.1 Disegno degli interventi

Figura 4.3.2 – Cambiamenti nel livello di consumo di grassi ottenuti in diversi interventi svolti in ambiente scolastico

Fonte: Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), 2001

Scuola #1, 5 anni f/u* (Walter, 1988)

Scuola #2, 5 anni f/u (Luepker, 1988 Lytle, 1966)

Scuola #3, 2 anni f/u (Reynolds, 1998)

Risultati unificati (3 studi)

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La tabella 4.3.1 mostra quanto sia variabile il risultato degli interventi per la promo-zione del consumo di frutta e verdura. Negli interventi analizzati si può andare da nessuneffetto ad aumenti del 73% per la frutta e del 153% per la verdura. L’analisi delle caratte-ristiche degli interventi dirà quali formule sono più efficaci, anche se sarà in ogni casonecessaria la conduzione di studi pilota per verificare l’applicabilità e la coerenza di risul-tati nello specifico contesto in cui ci si muove.

Un altro elemento importante per la scelta degli interventi è il dato sul rapporto tracosto ed efficacia. Nello Stanford five-city project (Farquhar et al., 1990; Fortmann &Varady, 2000), che aveva per obiettivo la riduzione del rischio di infarto e ictus, è statorealizzato un intervento di comunità su 2 città (N= 122.800) con 2 città controllo(N=197.500). L’intervento ha utilizzato la social learning theory, un modello di comunica-zione-cambiamento comportamentale, principi di organizzazione comunitaria e metodi dimarketing sociale. Nei cinque anni di progetto ciascun individuo è stato esposto a 527episodi educativi per un totale di 26 ore, attraverso TV e radio, giornali, opuscoli ecomunicazione personale. I risultati sono riportati nella figura 4.3.3. Questo intervento,giudicato dagli ideatori di basso costo, ha determinato variazioni piccole, ma significative,su una grande popolazione. L’esperienza dimostra che è possibile ridurre complessiva-mente il rischio di popolazione per le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. Lasostenibilità e la fattibilità di questo tipo di intervento in contesti diversi deve esserevalutata.

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Tabella 4.3.1 - Differenze tra gruppo di intervento e gruppo di controllo nella percentuale di cambiamento dell’assunzione di frutta e verdura

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Un aspetto importante da considerare nel disegno degli interventi è quello della colla-borazione tra diversi settori e diverse istituzioni. Promuovere le partnership consente siadi integrare le competenze che di creare sinergie di risorse.

Per quanto riguarda l’integrazione delle competenze, paradigmatico potrebbe essereil punto della promozione dell’attività fisica. La Figura 4.3.4 indica quali complesseinfluenze ambientali influenzino il livello di attività fisica di una popolazione. La promo-zione dell’attività fisica deve passare attraverso l’eliminazione sia di barriere di caratterepersonale e comportamentale (mancanza di motivazione, percepita mancanza di tempo,obblighi familiari) che di barriere di carattere ambientale (mancanza di strutture dove sipuò effettuare esercizio fisico, di percorsi per i pedoni e per le biciclette, di parchi pubblici,sicurezza dell’ambiente). Pertanto, oltre agli interventi di carattere educativo sarà neces-sario coinvolgere i pianificatori urbani.

Per quanto riguarda la sinergia delle risorse, si può pensare alla collaborazione traregioni nell’impostazione di programmi con maggiore ampiezza, al fine di ottenere unaeconomia di scala, a partnership con organizzazioni di volontariato, il cosiddetto TerzoSettore, e con privati.

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Figura 4.3.3 - Variazioni delle conoscenze e dei fattori di rischio nei 51-73 mesi dopo l’intervento educativo

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4.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per le strategie di intervento

Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elementoessenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamento alimen-tare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire o favorireeventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati.

La ricerca psico-sociale ha contribuito significativamente alla comprensione di talefenomeno e ha suggerito diversi modelli teorici relativi ai determinanti delle scelte alimen-tari (Stafleu et al., 1991). In questo contesto si inserisce la “Teoria dell’Azione Ragionata”,TRA, (Ajzen & Fishbein, 1980) estesa e completata con la “Teoria del comportamentopianificato”, TPB (Ajzen, 1991). Tale approccio teorico sostiene che il comportamento diun soggetto dipende dalla sua predisposizione verso un comportamento, dalle sueconvinzioni, dalle norme soggettive (la considerazione delle aspettative altrui rispetto alproprio comportamento), dalle sue intenzioni comportamentali (la decisione diimpegnarsi in un determinato comportamento), dalla percezione di poter esercitare uncontrollo su quel comportamento. In generale, tale teoria assume che gli esseri umanisono generalmente razionali e fanno uso delle informazioni disponibili in un determinatocontesto, prima di decidere se agire o meno in relazione ad un certo comportamento.

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Figura 4.3.4 – Modello delle influenze ambientali sul livello di attività fisica di una popolazione

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Numerosi sono gli studi che hanno applicato le teorie TRA e TPB per lo studio deideterminanti del comportamento alimentare (Shepherd et al., 1992; Sparks et al., 1995).

Alcuni studi hanno messo in evidenza che una misura soggettiva dell’abitudinealimentare, che incorpora l’idea che il comportamento alimentare abituale possa esserenon solo il risultato di un comportamento frequentemente ripetuto, ma anche il risultatodi un comportamento non completamente controllato, ha un ruolo importante nel deter-minare l’intenzione a consumare alimenti dolci e grassi (Towler & Shepherd, 1991). Inparticolare, l’abitudine alimentare è risultata essere più importante degli atteggiamentinella predizione del consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi in Italia (Saba et al.,2000). Gli atteggiamenti e le opinioni/conoscenze sembrano avere lo stesso ruolo nellascelta di alimenti contenenti grassi sia per i soggetti normopeso che per i soggetti sovrap-peso (Saba et al., 1999). Alcune piccole differenze sono, invece, emerse nell’attribuzionedell’importanza all’aspetto “salutistico”, legato all’aumento del peso ed all’elevato conte-nuto di grassi, di alcuni alimenti. Una maggiore considerazione di tale aspetto si ha,infatti, nei soggetti sovrappeso, al momento della scelta di alcuni alimenti quali la carnerossa, il burro ed il formaggio.

4.4.1 Le scelte alimentari in Europa

I risultati di uno studio realizzato nel 1996 su 15 Paesi Europei (Kearney et al.,1997a), indicano che la qualità e la freschezza degli alimenti, il prezzo, il gusto, il“desiderio di mangiare sano”, e le “preferenze della famiglia” sono i cinque fattori piùimportanti per la scelta alimentare in Europa (Lennernas et al., 1997). Per gli Italiani,invece, le “preferenze della famiglia”, il prezzo e “il desiderio di mangiare sano” sono,rispettivamente, al terzo, quarto e quinto posto in ordine di importanza. Anche il fattoresocio-demografico sembra avere un peso nella scelta alimentare. In particolare, sono ledonne, gli anziani e coloro che hanno un livello d’istruzione più alto, ad essere spinti daldesiderio di mangiare sano nello scegliere i cibi. Il gusto e l’abitudine sembrano, invece,essere più importanti per i maschi (Lennernas et al., 1997).

I dati dell’indagine pan-EU hanno evidenziato che la maggioranza della popolazione,nei diversi Paesi Europei, è in grado di citare quali siano gli aspetti che descrivono unadieta salutare: più frutta e vegetali, meno grassi, e una dieta bilanciata e variata (Margettset al., 1997).

Le maggiori difficoltà al cambiamento del comportamento alimentare sembrano esserela mancanza di tempo e di autocontrollo (che include “forza di volontà” e “rinunciare a cibiche piacciono”). Dall’indagine pan-Eu emerge che la maggioranza degli europei tra cuianche gli italiani, crede che non ci sia necessità di cambiare le proprie abitudini alimentariin quanto ritengono siano sufficientemente adeguate (Kearney et al., 1997b). Tale risultatoevidenzia la necessità di comprendere come il pubblico percepisce la propria dieta, al finedi prevedere più mirate ed efficaci strategie di promozione di comportamenti alimentaricorretti.

4.4.2 Social marketing

Per intervenire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo latecnica del social marketing. Il social marketing è definito come “l’applicazione delle

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tecniche di marketing commerciale ai problemi sociali” (Andreasen, 1995). In altre parole,si usano le stesse tecniche utilizzate per vendere prodotti per convincere le persone acambiare i loro comportamenti. Mentre nel marketing tradizionale si cerca di convinceread acquistare un prodotto per convenienza, per moda o per il suo valore, nel caso delmarketing sociale la motivazione è il beneficio del consumatore o della società. Glielementi importanti per pianificare una campagna di marketing sociale sono i comporta-menti che si vogliono cambiare, l’identificazione del gruppo del quale si vogliono modifi-care i comportamenti, l’identificazione delle barriere al cambiamento. L’intervento deveridurre il più possibile le barriere, sperimentare la comunicazione del messaggio su di unpiccolo gruppo e infine pubblicizzare i benefici e il cambiamento ottenuto.

I cardini del marketing sociale sono Prodotto, Prezzo, Posto, Promozione, cui solita-mente si fa riferimento come le “4P”. Nel marketing sociale il Prodotto è un certo compor-tamento che si vuole modificare. Il Prezzo è quanto costa a una persona abbandonareun certo comportamento o assumerne un altro. Modificare un comportamento è unaquestione di tempo e di impegno personale. Una buona campagna di marketing socialecercherà di ridurre questi costi, ad esempio dando varie forme di supporto, organizzativo,psicologico e pratico. Il Posto, ossia le caratteristiche ambientali in cui si svolge l’inter-vento, deve essere tenuto in considerazione, perché può presentare una serie di ostacolial cambiamento, quali, ad esempio, l’accesso ai servizi. Infine, la Promozione è la diffu-sione dell’informazione, attraverso i metodi della pubblicità, attraverso la comunicazionedi massa, ma anche attraverso la comunicazione personale.

4.5 Esempi di legame tra sorveglianza e interventi

In questa sezione si riassumono due esempi di programmi di prevenzione rivolti afattori di rischio nutrizionale e realizzati dal National Center for Chronic DiseasePrevention and Health Promotion degli Stati Uniti.

4.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS)

Il PedNSS segue la crescita, il livello di anemia e l’allattamento al seno dei bambiniamericani di basso livello socio-economico che partecipano ai programmi per la difesadella salute finanziati dal governo federale. I dati raccolti comprendono la data di nascita,la data di visita, l’etnia di appartenenza, il peso, statura, emoglobina o ematocrito in tuttii bambini dalla nascita a 18 anni, il peso alla nascita e l’allattamento al seno fino all’etàdi due anni. I dati sono inviati ai governi regionali che li inviano mensilmente oppure ognitre mesi al Center of Disease Control and Prevention, che genera tabelle periodiche. Leregioni possono analizzare indipendentemente i propri dati. Le informazioni del PedNSSsono legate alle seguenti azioni:

• erogazione di servizi di attenzione nutrizionale pre-concezionale integrati nell’assi-stenza sanitaria di base, per occuparsi del rischio nutrizionale prima della gravidanza,quale il sottopeso, l’obesità e l’anemia;

• attività di ricerca attiva per l’identificazione precoce della gravidanza e dell’ingresso inattività di cura prenatale, tra cui i servizi del programma WIC (Special SupplementalNutrition Program for Women, Infants and Children), rivolti alla buona alimentazione(includendo un adeguato apporto di ferro), un adeguato guadagno di peso in gravi-danza e l’interruzione del fumo e del consumo di alcool;

• promozione della crescita dei bambini (inclusa l’educazione dei genitori sull’alimenta-

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zione dei bambini), fornitura di alimenti a elevata densità nutrizionale per integrare ladieta dei bambini a rischio di inadeguata assunzione di nutrienti e assistenza sanitaria;

• realizzazione di strategie innovative per far regredire la crescente tendenza al sovrap-peso tra i bambini, tra cui l’identificazione precoce di bambini a rischio di obesità (ades. bambini con genitori soprappeso) e l’educazione dei genitori sulle scelte alimen-tari e l’attività fisica;

• promozione di un adeguato livello di assunzione di ferro e identificazione dei bambinia rischio di carenza di ferro;

• affermazione dell’allattamento al seno come pratica accettata dalla società;• promozione di politiche per il supporto dell’allattamento al seno nei luoghi di lavoro e

nei locali pubblici;• continuo sviluppo e realizzazione di strategie efficaci e culturalmente appropriate per

promuovere l’inizio e la continuazione dell’allattamento al seno.

4.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction

Con il supporto tecnico del CDC, gli Stati dell’Unione raccolgono informazioni suicomportamenti che conducono all’ictus, al cancro e al diabete: non svolgere abbastanzaattività fisica, consumare una dieta ad alto contenuto in grassi e a basso contenuto infibra, uso del tabacco e dell’alcool, non avere sufficiente accesso ai servizi sanitari.Scopo del programma di sorveglianza è di determinare aspetti prioritari per la salute,identificare popolazioni a rischio per malattie, disabilità e morte; sviluppare piani strate-gici e orientare i programmi di prevenzione; sorvegliare l’efficacia degli interventi e iprogressi verso il raggiungimento di obiettivi di prevenzione; educare il pubblico, lacomunità e i pianificatori sulla prevenzione; sostenere le politiche di promozione dellasalute e di prevenzione delle malattie.

Queste informazioni sono legate a diversi programmi di sanità pubblica. Ne citiamo inparticolare due, che potrebbero essere rilevanti per la situazione italiana, il Five-a-day el’Active Community Environments.

Il Five-a-day è un programma promosso dal National Cancer Institute (NCI) e dallaFondazione Produce for Better Health (PBH), un’organizzazione senza scopo di lucroche rappresenta i produttori di frutta e verdura. Il NCI ha promosso coalizioni di diparti-menti sanitari regionali per sviluppare, realizzare e valutare interventi comunitari dieducazione sanitaria. Il programma comprendeva una campagna sui mezzi di comunica-zione di massa, un programma di sensibilizzazione ai punti di vendita e interventi comuni-tari. Il programma è costato 27 milioni di dollari e ha determinato, per il momento, unacrescita da 19 a 23% dei consumatori di 5 o più porzioni di frutta e verdura.

Il programma Active Community Environments (ACEs) è un’iniziativa promossa dalCDC per promuovere il camminare, l’andare in bicicletta e lo sviluppo di centri ricreativiattivi. Il programma prevede interventi sull’ambiente e le politiche tra cui il disegno urbano,la densità abitativa, la disponibilità di trasporti pubblici, di piste ciclabili e di percorsipedonali. Questi obiettivi sono raggiunti grazie alla partnership con l’agenzia di protezionedell’ambiente. All’interno dell’ACE è stato sviluppato il programma Kids walk to school, unprogramma di comunità che ha l’obiettivo di aumentare le opportunità di attività fisica quoti-diana, incoraggiando i bambini ad andare a scuola a piedi in gruppo accompagnati dagliadulti. E’ stata inoltre stabilita una collaborazione con le polizie locali, politici e commerciantiper agevolare l’andare a scuola a piedi e in bicicletta senza pericolo.

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4.6. Educazione Alimentare in età scolare: un modello di intervento

L’Educazione Alimentare comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comporta-menti alimentari corretti e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano,vissuto non come costrizione, ma come valore condiviso. La sua finalità ultima è quelladi condurre ad una autonoma capacità di gestione corretta della propria alimentazione edunque di difesa nei confronti di ogni forma di malnutrizione.

4.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi

Numerose sono le ricerche epidemiologiche, su base nazionale e internazionale, cheattribuiscono ad una alimentazione squilibrata (sotto il profilo qualitativo e quantitativo) ead uno stile di vita sedentario, un ruolo preminente nell’insorgenza delle malattie croniche-degenerative (Rippe et al., 1998; Takashima et al., 1998). Tali patologie, oggi molto diffusein Italia e in tutti i Paesi ricchi, compaiono in età adulta, ma mettono le loro radici giàdurante l’infanzia e l’adolescenza (Guo et al., 1994; Public Health Service, 1994).

Infatti, è stato chiaramente dimostrato che l’adiposità infantile influenza la morbositàe la mortalità nella vita adulta (Must et al., 1992; Power et al., 1997): i bambini in sovrap-peso hanno maggiori probabilità di divenire degli adulti obesi (Guo et al., 1994). Di conse-guenza, più esposti al rischio di malattie cardiovascolari, all’ipertensione, al diabete e adalcuni tumori (Pi-Sunyer, 2002; Prentice, 2001).

Uno dei fattori che favorisce l’insorgenza di tali patologie è l’eccessiva assunzione digrassi, specialmente di quelli saturi (National Research Council and Food and NutritionBoard, 1989; Public Health Service, 1989). Infatti, molti sono gli interventi che, per modifi-care le abitudini alimentari della popolazione infantile in senso preventivo, hanno adottatocome uno degli obiettivi primari, “la riduzione dei grassi” (Chang Ma & Contento, 1997;Dixon et al., 1997; Hunt et al., 1997).

Va rilevato, tuttavia, che i pareri sull’opportunità di limitare l’assunzione di grassi in etàevolutiva sono piuttosto controversi. Secondo alcuni Autori (Pugliese et al., 1987;Vobeckyet al., 1995) tale limitazione, se non ben controllata, può riflettersi negativamente sullacrescita e sullo stato nutrizionale del bambino. Inoltre, i risultati di un’indagine conoscitiva(National Health and Nutrition Examination Survey) condotta negli USA, indica che,sebbene l’assunzione dei lipidi nella razione alimentare media della popolazione infantilesia diminuita, la prevalenza dell’obesità è comunque aumentata (McDowell et al., 1994;Troiano & Flegal, 1998).

Al contrario, numerose organizzazioni preposte alla salute pubblica, hanno ampia-mente riconosciuto il ruolo protettivo della fibra (Anderson, 1986; Public Health Service,1989; US Depts of Agriculture and Health and Human Services, 1995). Molti studi hannosuffragato questa ipotesi e cioè che l’assunzione di adeguate quantità di fibre, diminuisceil rischio di insorgenza di malattie croniche quali, appunto, l’obesità, il diabete e il cancrodel colon (Anderson, 1986; Anderson & Gustafson, 1987; Council on Scientific Affairs,1989). Una dieta ricca in fibra si caratterizza normalmente per una ridotta presenza digrassi e colesterolo (ADA Report, 1999) e si associa ad un minor rischio d’insorgenza didiversi tumori (Block et al., 1992; Serafini et al., 2002; Steinmetz & Potter, 1991) e dimalattie coronariche (Block et al., 1992; Gey, 1990).

Ma, nelle società industrializzate, oltre ad un’alimentazione incongrua, è anche lostile di vita estremamente sedentario e con livelli assai ridotti di attività fisica a costituire

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un altro importante fattore di rischio: contribuisce cioè alla preoccupante diffusione delsovrappeso e dell’obesità tra gli adulti e i bambini (Going et al., 1999; Sallis et al., 1992).

Per quanto riguarda i bambini italiani, per esempio, si è riscontrato che già all’età di6 anni trascorrono quasi due ore al giorno davanti alla televisione. In tal modo occupanogran parte del loro tempo libero in passatempi passivi e sedentari, trascurando tutti queigiochi che, al contrario, comportano un certo impegno fisico (Caldarone et al., 1995).Inoltre, è stato riscontrato che solo una modesta percentuale di bambini e di ragazziesercita una regolare attività sportiva.

Nei bambini con bassi livelli di attività fisica si associa un aumento dell’IMC (Indice diMassa Corporea) (Andersen et al., 1998). Al contrario, l’attività fisica può aiutare ibambini a:

• mantenere un peso ideale (Troiano et al., 1995);• ottenere uno stato ottimale di salute delle ossa (Ulrich et al., 1996);• contrastare la tendenza all’obesità e all’osteoporosi in età adulta (Ulrich et al., 1996).

Tuttavia, a causa delle difficoltà incontrate nel valutare il profilo motorio dei bambini(Richardson et al., 1994; Sallis, 1993), alcuni studi forniscono dati contrastanti sul legametra attività fisica e obesità infantile (Corbin et al., 1994; Pangrazi et al., 1996; Ward &Evans, 1995). In realtà, senza trascurare la partecipazione ad attività sportive organiz-zate ma piacevoli, sembra molto più influente uno stile di vita nel complesso più attivo(Urbinati et al., 1997).

Sostanzialmente è necessario sollecitare i ragazzi, sin da piccoli, al moto spontaneo(es.: camminare, salire e scendere le scale a piedi, andare in bicicletta, ecc.) e all’attivitàfisica di tipo ludico (giochi in movimento), senza per questo trascurare l’abituale pratica diuno sport. Quest’ultimo tipo di attività, comunque, non sempre produce gli effetti desiderati.

Uno studio condotto nella Provincia di Latina (Urbinati et al., 1997) rivolto alla popola-zione scolastica, non ha dimostrato differenze significative tra i soggetti “sedentari” e gli“sportivi” a livello morfo-funzionale. Gli Autori concludono che gli effetti prodotti dall’attivitàsportiva organizzata sono quasi nulli, rispetto alle risposte adattative molto più pronunciateche l’inattività è in grado di indurre a causa della continuità con cui incide sull’organismo.

Tali constatazioni fanno chiaramente emergere la necessità di promuovere e diffon-dere, nei soggetti in età evolutiva, una maggiore coscienza critica alimentare e, soprat-tutto, l’importanza di adottare uno stile di vita più attivo e, quindi, più sano. D’altra partel’educazione alimentare, pur senza trascurare l’universo del consumatore in senso lato,ha sempre riconosciuto nei bambini e nei ragazzi i destinatari privilegiati di una attivitàche sia al contempo “educativa” e “preventiva”. Innanzitutto perché i giovani, anche intenera età, costituiscono un terreno particolarmente recettivo a nuove conoscenze, maanche perché sono più disponibili all’introduzione di miglioramenti e cambiamenti sulpiano comportamentale.

Il mondo della scuola, nelle sue varie componenti, è certamente la sede più idoneaper attuare attività informative ed educative nel campo dell’alimentazione e della nutri-zione: essa infatti riesce a coinvolgere non soltanto i ragazzi che la frequentano, maanche le famiglie di appartenenza, nonché tutto lo staff scolastico.

4.6.2 Obiettivi prioritari

In tema di educazione alimentare la letteratura scientifica riporta numerosi lavoririguardanti interventi che hanno avuto come gruppi bersaglio bambini e adolescenti. Dalla

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loro analisi emerge che, per attuare una reale prevenzione primaria, nei confronti dellemalattie croniche, le strategie di intervento più idonee a migliorare lo stile alimentare e divita in generale della popolazione scolastica, sono quelle indirizzate prevalentemente a:

• incrementare il consumo di fibra e quindi di prodotti provenienti dal modovegetale (Harvey-Berino et al., 1998; Lowe et al., 2001; Perry et al., 1998).

• aumentare l’attività fisica (Harris et al., 1997; Manios & Kafatos, 1999; Muller et al., 1999).Sulla base di tali considerazioni, e partendo dall’assunto che consumi di adeguate

quantità di frutta, verdura e legumi, grazie alla presenza di generose quantità di fibra,contribuiscono ad un maggiore senso di sazietà e, conseguentemente, ad una riduzionedel consumo di prodotti ad elevata densità energetica (Giacosa et al., 2000), sembralecito porsi come primo obiettivo prioritario “l’incremento dei consumi di frutta, verdura elegumi”, la cui assunzione si attesta nella fascia italiana giovanile al di sotto dei livelliraccomandati (Ariano et al., 1997; Beelu et al., 1996; Leclercq et al., 2002).

L’importanza di un adeguato consumo di questi alimenti, con la dovuta attenzione aquantità non eccessive di condimento, è legata alla fondatezza scientifica, ma anche allasemplicità con la quale in talune situazioni si può tradurre sul piano pratico (esempio:sostituzione di merendine di elevata densità energetica con frutta). Peraltro, il consumodi questi alimenti non solo agevola la riduzione degli introiti calorici e dei grassi, mafavorisce l’assunzione di vitamine, di elementi minerali e di una molteplicità di componentiad attività antiossidante (ADA Report, 1999).

Il secondo obiettivo prioritario può essere “l’incremento dell’attività motoria” e cioè lanecessità e l’importanza di svolgere una maggiore attività fisica. Ma, soprattutto, taleobiettivo deve tendere al recupero per i giovani di quel patrimonio di attività e di giochitradizionali che comportano movimento. La loro pratica quotidiana consentirà di:

• creare i prerequisiti funzionali e strutturali utili all’apprendimento di nuove e più com-plesse abilità;

• favorire lo sviluppo organico-muscolare.

4.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi

Le indicazioni che ci vengono dalla letteratura sull’argomento, sono abbastanzaunivoche nel considerare che, per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, l’EducazioneAlimentare debba essere vista in un’ottica multidisciplinare e che debba mirare essen-zialmente a “stimolare” e/o “disincentivare” comportamenti specifici, più che ad ampliarela semplice acquisizione di conoscenze (Contento et al., 1995; Istituto Nazionale diRicerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), 2001). Tutto ciò tenendo nella giustaconsiderazione l’insieme dei fattori personali, culturali e ambientali che interagiscono neldeterminare i comportamenti alimentari (Kearney et al., 1997b; Tibbs et al., 2001).

Ciò è tanto più importante quanto più il destinatario dell’azione educativa è giovane.Nonostante strategie comportamentali e approcci cognitivi costituiscano parte integrantedi ogni attività pedagogica, tuttavia è possibile affermare che la componente comporta-mentale è di primaria importanza. La componente cognitiva infatti, diventa progressiva-mente influente con la crescita del bambino. La ricerca evidenzia che per i bambini piùpiccoli la scelta del cibo è regolata da fattori emotivi, affettivi e ambientali, quali familia-rità e sapore. Essi sono più propensi ad esperienze concrete piuttosto che ad associa-zioni astratte sugli alimenti. L’elaborazione di processi cognitivi e concetti astratti di“prevenzione” e di “salute” vanno affrontati gradualmente, quando il bambino approda allascuola media (Contento et al., 1995), insieme all’adozione di strategie che aiutino apromuovere l’autostima (ADA Report, 1999).

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Per sviluppare attività educative appropriate e messaggi nutrizionali mirati, sono digrande utilità i risultati di due indagini distinti e complementari sui consumi e sui determi-nanti del comportamento alimentare da condurre sulla popolazione scolastica interessata.

Tali dati consentiranno di conoscere e stimare non solo le abitudini alimentari, intermini di frequenza, qualità e quantità e le tipologie dei prodotti vegetali preferite o rifiu-tate, ma anche l’insieme dei fattori motivazionali che sono alla base delle scelte alimen-tari.

Inoltre, la conoscenza del profilo motorio può essere di ausilio all’impostazione delleattività volte a incrementare il dispendio energetico. Ma, di grande importanza per ilsuccesso degli interventi, è l’ampio coinvolgimento di tutti coloro che ruotano intorno albambino: personale docente, famiglie e operatori della mensa.

A livello scolastico è fondamentale il ruolo svolto dagli insegnanti (Tibbs et al., 2001),la loro collaborazione richiede una idonea preparazione e il diretto coinvolgimento nellaimpostazione e realizzazione del progetto. A tal fine assume particolare rilievo la loroformazione. Essa deve includere sia attività teoriche che lavori di gruppo. I contenuti delmodulo formativo devono vertere essenzialmente su:

• Linee Guida per una Sana Alimentazione dell’INRAN viste nel loro complesso. In parti-colare, l’attenzione va focalizzata sulle caratteristiche nutrizionali e sul ruolo deglialimenti frutta, verdura e legumi. Vanno fornite indicazioni concrete e di facile attua-zione sul come e quando assumerli; va sottolineata l’importanza della loro qualità,varietà, stagionalità e quantità, anche in termini di riferimento al concetto di porzione.

• Ruolo della prima colazione e opportunità di assumere la frutta a merenda e possibil-mente, anche durante il primo pasto della giornata.

• Aspetti sensoriali legati agli alimenti e importanza dell’educazione del gusto.• Ruolo dell’attività fisica e necessità di promuovere tra i ragazzi l’abitudine al

movimento e ad attività fisiche di loro gradimento.• Individuazione delle metodologie da adottare. Esse dovranno essere tali da motivare

e coinvolgere attivamente i ragazzi in operazioni in cui si vedano protagonisti. Laricerca in proposito indica che quando nelle attività di Educazione Alimentare sonopresenti elementi quali “sfida”, “fantasia” e “curiosità” -contemplati dalla “Theory ofIntrisecally Motivating Instruction (TIMI)- le probabilità che il target sia intrinsecamentepiù motivato ad imparare sono maggiori (Matheson & Spranger, 2001).

Tali attività possono, ad esempio, prevedere:• realizzazione di schede sulla frutta, verdura e legumi;• selezione di ricette ad elevato contenuto degli alimenti interessati;• esperienze in cucina per la preparazione di piatti a base di frutta, verdura e legumi;• elaborazione di piatti dove gli alimenti vegetali siano protagonisti, ponendo la giusta

enfasi sugli aspetti sensoriali;• rinforzo di comportamenti corretti e incentivazione di situazioni in cui assaggiare

alimenti vegetali mai consumati prima (per es.: organizzazione di giornate conmerende a base di frutta) ed altre esperienze di educazione del gusto;

• ricerca e valorizzazione di piatti tradizionali a base di verdura, ecc.;• organizzazione di menù ricchi di prodotti vegetali, da realizzare a casa per il fine setti-

mana, assieme ai genitori;• altre attività che aiutino a dare una immagine positiva ad un concetto legato ai vegetali,

percepito troppo spesso come negativo;• anche la realizzazione, insieme ai ragazzi, di giochi e spettacoli e di prodotti quali

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videocassette, opuscoli, posters, ecc., può rappresentare non solo il risultato tangibiledi un processo di studio e di lavoro, ma costituire al tempo stesso un valido tramite dicomunicazione tra gli stessi ragazzi, la scuola e il mondo esterno.

4.6.4 Coinvolgimento della famiglia

La partecipazione dei familiari, e in particolare quella dei genitori, è essenzialeaffinché si sentano corresponsabili di tutto il processo educativo. Tale coinvolgimento nondovrà limitarsi a semplici messaggi informativi, ma dovrà includere attività stimolanti chei genitori attueranno insieme ai figli e agli insegnanti (Contento et al., 1995).

Gli incontri con i genitori dovranno prevedere innanzitutto la presentazione e ladiscussione dei risultati dell’indagine sui consumi alimentari dei bambini e sul monito-raggio del loro stato nutrizionale. Saranno loro illustrate: le Linee Guida per una SanaAlimentazione; l’importanza nutrizionale di quegli alimenti di cui si vuole incentivare ilconsumo, nonché la qualità, la quantità e le modalità per la loro assunzione. Un altroessenziale messaggio da trasferire ai genitori, è quello riguardante la necessità diampliare il ventaglio delle preferenze dei loro figli attraverso reiterate esposizioni a queicibi non graditi (Johnson & Birch, 1994), in una atmosfera serena e non coercitiva. Persviluppare l’accettabilità di un alimento non gradito, sembra sia necessario un minimo di8-10 esposizioni a quel determinato alimento (Birch & Marlin, 1982).

Infine, andrà posta la giusta enfasi sulla necessità che i loro comportamenti innanzi-tutto, dovrebbero essere improntati su sani e corretti principi: essi, infatti, rappresentano“modelli” in grado di influenzare lo stile di vita della loro prole (Fisher & Birch, 1995; Tibbset al., 2001; Vauthier et al., 1996).

4.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica

Il coinvolgimento degli operatori si può realizzare mediante iniziative che supportino:• la diffusione di conoscenze sull’importanza degli alimenti vegetali;• implementazione nella ristorazione delle Linee Guida per una Sana Alimentazione

Italiana dell’INRAN;• preparazione di piatti più salutari, ma accattivanti nella presentazione;• collaborazione alla realizzazione di piatti ideati dagli allievi, con la guida degli

insegnanti;• collaborazione alla realizzazione di esperienze di educazione del gusto.

4.6.6 Verifica

La verifica è una fase importante di ogni processo di comunicazione. Per cui, ogniprogetto di educazione alimentare esige una verifica utile per valutare l’impatto delleattività svolte. E’ possibile valutare il cambiamento o l’incremento delle conoscenze, ilcambiamento degli atteggiamenti o dei comportamenti effettivi (SINU, 2001). Ovviamentein relazione ai parametri che si vogliono valutare saranno predisposti gli appositistrumenti.

4.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative• Kit “Cultura che nutre” (kit didattico per gli insegnanti)*;• CD-Rom “Navigando tra alimenti e Nutrizione: guida per una sana alimentazione

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italiana” (per docenti e studenti delle scuole medie inferiori e superiori)**;• Opuscoli di tipo informativo-educativo sui prodotti del mondo vegetale (per studenti,

genitori, docenti)**;• “La terra delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti stagionali per le scuole

elementari)*;• “La fiera delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti della terra per le scuole

elementari)*;• Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana (per famiglie e docenti)**;• Prevenire l’obesità in Italia (Indicazioni metodologiche per docenti e operatori sanitari)**;• Alla scoperta del gusto (per gli insegnanti)***;• Pagine web “Nutrirsi con fantasia “, percorso interattivo di educazione alimentare

disponibile nel sito web della Regione Lombardia (www.sanita.regione.lombardia.it) ein quello della ASL della Provincia di Lodi (www.asl.lodi.it);

• Sito web (www.etuoweb.com/asl/nef.html)***;• Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate con

Decreto della Direzione Generale della Sanità 01/08/2002 n. 14833 - pubblicate nelsito (www.sanita.regione.lombardia.it)***;

• Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate conDGR 17 luglio 1998 n.6/37435 - pubblicate nel BURL 1° supplemento straordinario aln°33 del 18/08/1998 ***;

• Linee Guida per la Ristorazione Ospedaliera - approvate con Decreto Dirigente UnitàOrganizzativa n.16901 del 11/07/2001- pubblicate nel BURL 2° supplemento straordi-nario al n°31 del 02/08/2001***;

• Linee Guida della Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizionedei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL - approvate con Decreto Dirigente UnitàOrganizzativa n.9922 del 30/04/2001 - pubblicate nel BURL estratto dalla serie edito-riale ordinaria n°23 del 04/07/2001***;

Materiale disponibile presso:* Assessorati Regionali all’Agricoltura.** Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN - ROMA).*** U.O. Prevenzione Direzione Generale sanità Regione Lombardia- ASL della Provincia

di Lodi

4.6.8 Strumenti realizzabili

• Giochi, fumetti, cartelloni, mostre, ecc.• Materiale audiovisivo o elettronico interattivo.• Calendari che riportino la stagionalità dei prodotti alimentari.• Ricettari.• Altro.

4.6.9 Programmazione delle attività formative ed informative

• Attività formativa per gli insegnanti (tempo proporzionato alla tipologia progettuale eagli obiettivi).

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• Attività formativa sugli scolari (minimo 25-30 ore).• Attività formativa per gli operatori della mensa (minimo 2-3 incontri).• Attività informativa per i genitori (3-4 incontri).

4.6.10 Figure professionali coinvolte

• Figure professionali con competenze nutrizionali e in analisi sensoriali.• Docenti.• Figure professionali con competenze psicologiche (la presenza di uno psicologo come

supporto alle suddette figure professionali, può contribuire a garantire azioni piùincisive).

Un gruppo più ristretto di esperti formatori dovrà assistere gli insegnanti nel loropercorso didattico.

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5. L’ESPERIENZA ITALIANA: PROGETTO PILOTA BASATO SUI DATI LOCALI

• Il progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali perla prevenzione di malattie cronico-degenerative” è stato un progetto biennale(2000-2002) finanziato dal Ministero della Salute.

• Il progetto inizialmente era articolato in 4 Unità Operative che hanno collaboratoallo sviluppo ed alla sperimentazione del sistema informativo nutrizionale e allosvolgimento di programmi di formazione e educazione: l’Unità OperativaTecnica (INRAN) e tre Unità Operative Regionali (Puglia-Regione Capofila,Emilia Romagna e Lombardia). In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, aqueste si sono aggiunte altre tre Unità Operative Regionali (Campania,Toscanae Calabria).

• La definizione del campione rappresentativo dei bambini di 8 anni è stata laprima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari.I bambini sono stati quindi sottoposti ad una valutazione antropometrica (pesoe altezza) che è stata effettuata con procedure di rilevamento standardizzate. Aibambini è stato somministrato un questionario di frequenza di consumoalimentare teso a definire il loro profilo dietetico. Ai genitori è stato fatto compi-lare un questionario sulla attitudine al cibo per valutare i fattori motivazionaliche sono dietro alle scelte alimentari dei genitori nei confronti della alimenta-zione dei bambini.

• Un terzo dei bambini esaminati risulta in sovrappeso con un 11% di bambiniobesi. Le aree del Sud Italia incluse nel progetto mostrano una prevalenzamaggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del Nord. La situazionemigliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% dei bambinierano sovrappeso od obesi.

• L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambitodi progetti coordinati centralmente e la necessità di un coordinamento delleattività di sorveglianza rende importante creare strumenti che permettano unaintegrazione e una sinergia delle attività.

5.1 La proposta progettuale

Il progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per laprevenzione di malattie cronico-degenerative” ha preso avvio nel 2000 nell’ambito deiprogetti di Ricerca Finalizzata finanziati dal Ministero della Salute.

La sorveglianza nutrizionale e gli interventi di prevenzione delle patologie a compo-nente nutrizionale nella popolazione sono una competenza dei SIAN, come stabilito nelloro decreto istitutivo. Non esistono, tuttavia, linee guida nazionali dedicate all’operativitàed alla scelta di idonee metodologie per l’individuazione delle priorità di intervento e perla valutazione dell’impatto sulla salute della popolazione e nemmeno una raccolta siste-matica di informazione sugli eventi morbosi e sulla distribuzione dei fattori di rischio nellapopolazione, attraverso idonei sistemi di sorveglianza. In particolare non è stata atutt’oggi condotta una iniziativa globale nelle AASSLL, che restano un grande potenziale

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inutilizzato. Infatti sono molte le iniziative di raccolta dati a livello locale, ma a causa dellamancata standardizzazione delle metodologie di raccolta dell’informazione e delle proce-dure di analisi, i risultati sono spesso poco comparabili.

Nell’ottica dello sviluppo di un sistema informativo integrato a livello nazionale e di unintervento di politica nutrizionale che sia globale ma che consideri anche le specificitàlocali, risultava evidente la necessità di una sperimentazione in regioni con diversoquadro epidemiologico, disponibilità dei dati e tipologia delle strutture che li producono.

Il progetto inizialmente era articolato in 4 Unità Operative che hanno collaborato allosviluppo ed alla sperimentazione del sistema informativo nutrizionale e allo svolgimentodi programmi di formazione e educazione: un’Unità Operativa Tecnico-Scientifica e treUnità Operative Regionali. In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, a queste UnitàOperative si sono poi aggiunte altre tre Unità Operative Regionali.

Le professionalità che hanno partecipato al progetto avevano già svolto attività sia nelcampo della sorveglianza nutrizionale che in quello dell’educazione nutrizionale. Hannoquindi potuto mettere in comune le proprie esperienze per sviluppare metodologiestandardizzate che tenessero conto delle diverse realtà territoriali.

Il progetto aveva i seguenti obiettivi:• Progettazione di sistemi informativi primari e secondari utili alla delineazione di un

profilo di salute rispetto alle malattie cronico-degenerative, con speciale attenzioneall’obesità.

• Stesura di un “Manuale di sorveglianza” che riporti le basi concettuali e metodologichedel sistema informativo.

• Definizione della prevalenza dell’obesità in età pediatrica e valutazione di alcuni suoifattori di sviluppo e di rischio in tre diversi ambiti regionali.

• Formazione di personale medico e docente delle scuole elementari nello specificocampo dell’epidemiologia, della sorveglianza e della prevenzione nutrizionale.

• Formulazione di progetti pilota per conseguire una riduzione dei fattori di rischio per losviluppo di malattie cronico-degenerative e soprattutto per l’obesità.

• Promozione di una sana alimentazione con l’incremento dell’assunzione di alimentivegetali.

La scelta di concentrare l’attenzione sull’obesità in età pediatrica è motivata davalutazioni oggettive: importanza del fenomeno e delle sue conseguenze ed effettivepossibilità di prevenzione. Nei paesi industrializzati si sta verificando negli ultimi anni unrapido incremento nella prevalenza dell’obesità che riguarda sia l’età adulta, che l’etàinfantile (World Health Organization, 1998). Questo fenomeno è attribuibile soprattutto acambiamenti ambientali e sociali verificatesi negli ultimi decenni, che influenzano ilcomportamento alimentare, lo stile di vita e l’attività fisica e che riguardano gran partedella popolazione mondiale (World Health Organization, 1998). Tali cambiamenti favori-scono in special modo la tendenza ad uno stile di vita sempre più sedentario e ad unconsumo di alimenti ad alto contenuto energetico, fattori che favoriscono l’instaurarsi diun bilancio energetico positivo, con conseguente accumulo di tessuto adiposo.

Nell’obesità, l’aumento di peso è tale da compromettere lo stato di salute, con conse-guenze che vanno da un aumento del rischio di morte prematura, a complicanze più omeno invalidanti, che influiscono sulla qualità della vita e che comportano degli elevati

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costi sociali. Data la tendenza al rapido incremento della prevalenza dell’obesità, consi-derando anche la grande difficoltà nel trattamento di tale patologia, è fondamentale losviluppo di piani di prevenzione.

Particolare considerazione va rivolta alla prevenzione dell’obesità in età infantile, inquanto la presenza di un eccesso di grasso corporeo in tale fascia di età può essere giàassociata a fattori di rischio di malattia e può aumentare la probabilità che l’obesità e lepatologie ad essa correlate persistano anche in età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al.,1994; Rolland-Cachera et al., 1987; World Health Organization, 1998)

Quest’attività rientrava perfettamente negli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale perl’anno 2000-2002 che stabiliva tra le sue priorità la riduzione dell’obesità e delle patologiead essa correlate.

5.2 L’Unità Operativa Tecnica

L’INRAN, in qualità di Unità Operativa Tecnica, ha svolto il ruolo di consulente scien-tifico circa gli aspetti metodologici della sorveglianza. Ha collaborato con le sei UnitàOperative Regionali (UUOORR) nello sviluppare piani di sorveglianza, nel valutare lefonti di dati secondari utilizzabili e nell’impostare la raccolta dei dati primari.

La standardizzazione del rilevamento di dati antropometrici nelle scuole elementari èstata effettuata tramite la formazione e standardizzazione dei rilevatori e la stesura deiprotocolli per il rilevamento dei dati antropometrici, nel quale è prevista la misura del pesoe dell’altezza. Infatti per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentanoconfronti cronologici e geografici dei risultati, è essenziale la standardizzazione dei rileva-tori e l’utilizzo di strumenti di adeguata precisione ed accuratezza. L’UO INRAN ha quindipredisposto l’invio di un esperto antropometrista nelle rispettive sedi delle UUOORRcoinvolte nel progetto. Anche il sistema di codifica dei bambini è stato predisposto central-mente dall’INRAN, al fine di potere, una volta unite le banche dati, identificare facilmentela sezione, il plesso, la scuola e l’ASL di appartenenza dei soggetti.

L’Unità Operativa Tecnica si è anche occupata della messa a punto di un programmaper l’inserimento dei dati primari. Il software comune ha consentito di avere una bancadati unica con una codifica unitaria per tutte le variabili. Sono state quindi predisposte leistruzioni per la pulizia dei dati. I dati primari sono stati quindi trasformati in indicatori distato nutrizionale sui quali sono state effettuate le analisi statistiche. Inoltre, sulla basedelle proprie banche dati, l’INRAN ha predisposto un questionario finalizzato all’analisidei modelli alimentari dei bambini di 8 anni offrendo inoltre supporto per l’elaborazionestatistica dei dati raccolti nei bacini di sperimentazione.

L’INRAN ha inoltre collaborato con le Unità Operative Regionali alla realizzazione distrumenti informativi per la popolazione ed ha predisposto il presente Manuale diSorveglianza.

Infine, con lo scopo di dare la massima divulgazione al progetto è stato creato unospazio sul Sito Web dell’INRAN in cui si è evidenziata l’attività del gruppo di lavoro. Nellapagina relativa a questo progetto (www.inran.it/Ricerca/sorveglianza/sorveglianza.htm)vengono brevemente riportati gli obiettivi e la metodologia del lavoro. Vengono indicate leistituzioni e le persone coinvolte nel progetto con la possibilità di contattarle. Questa

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operazione di pubblicizzazione ha determinato la richiesta da parte di altre regioni diaderire al progetto.

5.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR)

Il progetto, nella sua fase iniziale, comprendeva le AASSLL di 3 Regioni: Brindisi(Puglia, Regione capofila del progetto), Bologna e Provincia: Bologna Città, Bologna Sud,Bologna Nord, Imola (Emilia-Romagna), Lodi (Lombardia). Ad esse si sono aggiunte, incorso d’opera e con propri fondi, tutte le Aziende Sanitarie della regione Toscana (n° 12),l’Azienda Sanitaria di Pomigliano D’Arco (Campania) e l’Azienda Sanitaria di LameziaTerme (Calabria) (Figura 5.3.1). Ognuna di queste Unità Operative Regionali aveva giàeffettuato ricerche in settori collegati al progetto. Le rilevazioni sono state effettuate nelbacino di utenza delle Aziende Sanitarie (Tabella 5.3.1). Oltre agli aspetti comuni delprogetto, le Unità Operative Regionali (UUOORR) hanno inserito nel progetto una lorospecificità di obiettivi e di metodologie. La banca dati di base è stata comune a tutte leUUOO e le procedure di raccolta dati sono state rese standardizzate e comparabili. Inogni caso, nell’ottica dell’autonomia delle UUOORR e della specificità dei protocolli neiconfronti delle particolari esigenze territoriali si è lasciato ai partecipanti la libertà didecidere quali parti aggiuntive includere nei propri piani di raccolta dati.

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Figura 5.3.1 - Le Unità Operative Regionali

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5.3.1 L’ UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila)

Prima dell’inizio del progetto la Regione Puglia, ed in particolare la ASL BR 1, avevagià espletato diversi progetti di ricerca e monitoraggio nel campo dell’obesità nel suoterritorio. Gli alti valori di prevalenza riscontrati nella popolazione sia adulta che pediatricacostituivano un problema di sanità pubblica che necessitava di approfondimento ed inter-vento.

Nel 1999, quindi, la Regione Puglia ha presentato il progetto “Sorveglianza ed educa-zione alimentare basati su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenera-tive” al Ministero della Salute e sin dall’inizio ha affidato la conduzione del lavori all’UO diIgiene della Nutrizione della ASL BR1.

Il progetto finalizzato può essere considerato una delle attività più importanti messein atto dalla Regione Puglia per il conseguimento degli obiettivi nutrizionali espressi comeprioritari dagli ultimi due Piani Sanitari Nazionali.

Nell’ambito del progetto la Regione Puglia ha svolto la funzione di Regione Capofila.

Ogni sei mesi le Unità Operative Regionali e l’Unità Operativa Tecnica hanno inviatoal Capofila una relazione tecnico scientifica delle attività svolte, nonché un dettagliatorendiconto finanziario delle spese all’interno del progetto. E’ stato poi compito dellaRegione Puglia riassumere, integrare e rendere omogenee le varie relazioni scientifichein un’unica relazione inviata al Ministero della Salute. Il Ministero della Salute, tramite ilDipartimento della Programmazione Ufficio IV, ha sempre approvato in toto le attivitàsvolte nel progetto.

Dal punto di vista della raccolta e della valutazione dei dati secondari disponibili alivello territoriale la ASL BR1 ha lavorato sui dati regolarmente rilevati su ricoveri ospeda-lieri e mortalità per la stesura annuale della Relazione sullo Stato di Salute. Su questisono stati estratti gli stessi dati per le malattie a concausa nutrizionale.

Per quanto riguarda i dati primari, anche in Puglia è stato misurato un numero rappre-sentativo di bambini frequentanti la III classe elementare, ma in questa UO il questionariosui consumi alimentari ai bambini è stato somministrato da personale addestrato e

Tabella 5.3.1 - Bacini di sperimentazione delle Unità Operative Regionali

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standardizzato a gruppi di 4-5 bambini per volta. Ad un sottogruppo di 120 genitori è statochiesto di compilare, oltre il questionario sulle abitudini ed attitudini alimentari, anche ilquestionario delle frequenze alimentari, senza che i genitori fossero a conoscenza dellerisposte dei figli, allo scopo di verificare la coerenza delle risposte e quindi poter validarel’uso del questionario indifferentemente con i genitori e/o con i bambini.

Per quanto riguarda gli aspetti della formazione l’UO Puglia ha lavorato di concertocon l’associazione del Pediatri di Libera Scelta organizzando incontri formativi per laconoscenza dell’obesità dell’età evolutiva nei suoi vari aspetti e con l’Ufficio ScolasticoProvinciale per l’organizzazione di corsi di formazione per i docenti e di educazione congli alunni e le famiglie. A livello regionale il coordinatore scientifico e parte del gruppo dilavoro hanno contribuito alla stesura delle “Linee guida regionali per la ristorazione collet-tiva e l’educazione alimentare” pubblicate nel Bollettino Ufficiale Regione Puglia (n. 44dell’8/4/02). Infine, nell’ambito della comunicazione, l’UO Puglia ha proceduto alla prepa-razione di un calendario dove per ogni mese sono stati trattati gruppi di alimenti nei loroaspetti storici, bromatologici, umoristici, culinari e salutari, utilizzando parte degli elabo-rati dei bambini che hanno partecipato alla rilevazione dei dati primari. La decisione perquesta forma di comunicazione è scaturita dalla necessità di non attuare un’azione dicomunicazione solo per un breve e ristretto periodo di tempo, ma che si estendesse neltempo e che entrasse nelle famiglie e nella vita giornaliera.

5.3.2 L’UO Lombardia: Lodi

Il Progetto di ricerca “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati localiper la prevenzione delle malattie cronico-degenerative “ rappresenta un importantetassello nel percorso strategico della prevenzione in Regione Lombardia. Il progetto,coordinato dalla UO Prevenzione, ha come riferimento territoriale per le fasi operativel’ASL della Provincia di Lodi.

Lo scenario in cui il progetto si inserisce riconosce come coordinate le “Linee Guidadella Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizione deiDipartimenti di prevenzione delle ASL” (Decreto n.9922 del 30-04-2001), il “Progetto didefinizione operativa del sistema di accreditamento del Dipartimento di Prevenzione inRegione Lombardia” (DGR n.4057 del 30-03-2001) ed il Piano Socio Sanitario 2002-2004 della Regione Lombardia che indica, tra gli obiettivi strategici, il controllo dei fattoridi rischio per malattie legate all’alimentazione, il miglioramento delle abitudini alimentari,la riduzione dell’obesità infantile.

La forte attenzione della UO Lombardia alla tematica dell’alimentazione e della nutri-zione è inoltre testimoniata dalle Linee Guida della Regione Lombardia per laRistorazione Scolastica (DGR 17 LUGLIO 1998 N.6/37435) aggiornate con DecretoDirigente UO Prevenzione 1 agosto 2002 n. 14833, dalle Linee Guida per la RistorazioneOspedaliera (decreto della Direzione Generale Sanità n.16901 dell’11-7-2001).

La sorveglianza nutrizionale, la comunicazione ed educazione, la consulenza diete-tica in collettività sono, per l’UO Lombarda, fasi integrate e interattive dello stessoprocesso di promozione della salute.

In particolare il Progetto Ministeriale rappresenta un contesto strategico per validaree divulgare, anche a livello interregionale, un modello educativo messo a punto e speri-

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mentato nell’ambito territoriale dell’ASL della Provincia di Lodi, teso a promuovere ilconsumo di alimenti protettivi della salute nella popolazione infantile. In tale ambito sisono condotti interventi educativi di promozione del consumo di vegetali nelle collettivitàscolastiche, valutando i consumi di verdura prima e dopo l’intervento educativo.

Strumenti e canali di comunicazione si sono inoltre fortemente sviluppati sul frontedelle iniziative editoriali e informatiche, con la creazione di pagine web di nutrizione.

Per quanto riguarda le fonti di dati secondari, si è operata a livello locale, in relazionealle patologie target legate all’alimentazione, l’analisi dei dati di mortalità e la stima dellafrequenza (prevalenza ed incidenza).

Gli interventi operativi sono stati coordinati e svolti dal SIAN del Dipartimento diPrevenzione dell’ASL della Provincia di Lodi. Il ruolo delle professionalità attinenti lecompetenze dell’osservatorio epidemiologico dell’ASL è stato cruciale.

5.3.3 L’ UO Emilia-Romagna: Bologna

I tempi della ricerca hanno coinciso in Emilia Romagna con l’approvazione del PianoSanitario Regionale “Patto di solidarietà per la salute” comprensivo del rapporto tecnicoper la definizione di obiettivi e strategie: Dossier 51 Alimentazione.

In attuazione del Piano Sanitario l’UO Epidemiologia ha lavorato alla stesura del“Profilo di salute” del territorio sistematizzando dati relativi ai flussi informativi sanitaricorrenti: sono stati analizzati i ricoveri e calcolato il tasso di ospedalizzazione, è stataesplorata la Banca Dati delle prescrizioni farmaceutiche per descrivere la frequenza dialcune patologie (diabete, ipertensione). Da qui la disponibilità di dati secondari, locali erecenti, riconducibili a patologie legate all’alimentazione. L’integrazione di queste infor-mazioni ha fornito un importante supporto conoscitivo sia nella fase di disegno dellaricerca che nella programmazione degli interventi.

Ampiamente riconosciuto il ruolo decisivo della prevenzione nutrizionale nel PianoSanitario, si è reso necessario da parte dell’UO Nutrizione uno sforzo di elaborazione esintesi di una materia tanto complessa. L’attività di formazione “Continuing NutritionEducation” ha dato avvio a tale processo: la questione nutrizionale è stata affrontata inmodo trasversale sulla base degli aspetti tecnici e professionali che le sono propri.Intorno alla tematica sono state raccolte e organizzate conoscenze provenienti da ambiticulturali diversi, riguardanti aspetti sanitari, ambientali e comportamentali. La formazionea carattere interdisciplinare, è stata rivolta a tutti gli interessati alla ricerca il cui profiloprofessionale si prestasse ad inserire competenze nutrizionali.

La complessità per l’UO Emilia Romagna ha riguardato il coordinamento delleAAUUSSLL corrispondenti al territorio della Provincia di Bologna. La pianificazione harichiesto una sinergia dei quattro Dipartimenti di Sanità Pubblica, al cui interno operanoi SIAN, motori della ricerca. Si è costituita una rete i cui nodi inizialmente erano rappre-sentati da SIAN, Dipartimenti di Pediatria di Comunità e Università di Bologna (Facoltà diScienze Statistiche e Dipartimento di Antropologia). Una campagna Provinciale interisti-tuzionale di educazione alimentare “..c’è il tempo per mangiare?” ha arricchito i nodi dellarete con ulteriori interlocutori: il Policlinico Sant’Orsola - Malpighi, il Provveditorato agliStudi, le Farmacie Comunali, l’Assessorato all’Agricoltura dell’AmministrazioneProvinciale - e l’Osservatorio Epidemiologico del Comune di Bologna, coordinatore

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nazionale del Progetto OMS “Città Sane”. Ciascuno degli Enti ha assunto un ruolo nellaricerca per la parte di competenza. La metodologia adottata: interistituzionalità, parteci-pazione dei 9 Quartieri di Bologna e dei 60 Comuni provinciali, coinvolgimento direttodegli studenti attraverso la Consulta, intergenerazionalità fra giovani e adulti, progetta-zione per obiettivi, creazione di uno slogan, istituzione di un Centro di Documentazione,progettazione e realizzazione di siti Web interattivi:

www3.iperbole.bologna.it/educazionealimentare;www.auslbonord.it/Spre/index.htm;www.auslbosud.emr.it/obiettivo_salute/educazione_alimentare;www.luxemburg.bo.it/weblux/aliment/index.htm

L’UO dell’Emilia Romagna parallelamente ha sperimentato un disegno di sorve-glianza nutrizionale con rilevazioni dall’età prescolare alla Scuola Elementare, MediaInferiore e Media Superiore.

E’ stato individuato un campione rappresentativo per la fascia di età d’interesse,adattando sensibilmente le domande dei questionari, per i ragazzi e per le famiglie, senzaalterare gli obiettivi conoscitivi.

I presupposti per lo studio sperimentati dal gruppo bolognese sono stati quelli dirispettare la sensibilità dei genitori circa la riservatezza dei dati e di superare la preoc-cupazione degli insegnanti che temevano un uso strumentale della scuola. LeAAUUSSLL Bolognesi hanno messo a disposizione, a tal fine, un numero telefonico perdare trasparenza alla ricerca.

5.3.4 L’UO Toscana

La Regione Toscana è stata la prima Unità Operativa aggiuntiva del progetto. Primadi entrare in questo progetto comunque la Regione Toscana era già impegnata in unadiffusa attività di rilevazione epidemiologica dei profili nutrizionali di diverse fasce dipopolazione, prevalentemente infantile e giovanile, e di interventi di educazione allasalute.

I Servizi di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) e di Educazione alla Salute(EAS), operanti su tutto il territorio regionale, svolgono queste attività in collaborazionecon altri enti, istituzioni e associazioni nell’ottica di un’azione organizzata ed integrata,prevista dai Piani Sanitari Regionali.

La motivazione ad aderire al progetto Nazionale nasce dalla chiara volontà disuperare la frammentazione delle attività di prevenzione delle patologie a componentenutrizionale, con un intervento coordinato, continuativo e riproducibile a partire dallaraccolta di dati confrontabili con quelli provenienti da altre realtà italiane. Tale scelta èconsequenziale alle indicazioni del Piano Sanitario Regionale 1999-2001, ribadite dalPiano Sanitario Regionale 2002-2004, che prevede esplicitamente lo sviluppo di inziativecoordinate e programmate che partano da un sistema di sorveglianza nutrizionale perrealizzare interventi di prevenzione nutrizionale anche con azioni incisive di educazionealla salute.

Per la realizzazione del progetto in Toscana, il Dipartimento del Diritto alla Salute edelle Politiche di Solidarietà della Regione Toscana ha consolidato il rapporto con

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l’Università di Siena, attraverso la stipula di una convenzione con il Centro RicercheEducazione e Promozione della Salute (CREPS), al quale è stato affidato il coordina-mento del progetto stesso. Dato l’interesse suscitato presso tutte le Aziende Sanitarie èstato deciso di proporre al gruppo di coordinamento nazionale del progetto la partecipa-zione della Toscana con un campione di tutte le 12 aziende.

Sette aziende (Arezzo, Empoli, Massa, Pisa, Prato, Siena e Viareggio) si sonoimpegnate a concludere entro Dicembre 2001 le attività sul campo previste nella primafase del progetto. Le altre cinque aziende (Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca e Pistoia)hanno proceduto alla rilevazione dei dati primari nella prima metà del 2002.

Da questa comune esperienza di lavoro coordinato fra le AAUUSSLL della Toscanaè sorta l’esigenza di organizzare una risposta ai bisogni formativi specifici relativi all’atti-vazione di un sistema di sorveglianza nutrizionale. A livello di singole AUSL e, successi-vamente, di Area Vasta (aggregazione funzionale di più Aziende Sanitarie prevista dalpiano sanitario regionale) è stato avviato un percorso di formazione, che assicuri il neces-sario supporto scientifico, tecnico ed operativo all’implementazione del sistema regionaledi sorveglianza nutrizionale.

Inoltre, per aggiornare il quadro della situazione, sempre nell’ottica di superare laframmentarietà degli interventi in ambito nutrizionale, è stata effettuata una ricognizionedi tutte le attività svolte in Toscana nel biennio 2000-2001, mediante un apposito questio-nario on-line inviato a tutte le aziende sanitarie, a tutti i Comuni e alle associazioni ecooperative che operano nell’ambito regionale.

Nel mese di Dicembre 2002 è stato organizzato un convegno regionale, al qualehanno partecipato le altre UUOO del Progetto Nazionale, per rendere pubblici i risultatidel progetto in Toscana.

5.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli

Anche la ASL Napoli 4 era già impegnata in progetti di valutazione dello stato nutri-zionale in età pediatrica prima del suo ingresso nel progetto. Nella realtà campana è statafondamentale la collaborazione tra il SIAN e Il Servizio Materno Infantile che ha contri-buito all’opera di sensibilizzazione dei genitori, delle scuole e dei Comuni coinvolti.

La specificità della UO Campania è stata quella di aggiungere al piano di raccoltaantropometrica il rilievo della plica tricipitale e l’esame bioimpedenziometrico per lavalutazione della composizione corporea, al fine di confrontare l’Indice di MassaCorporea con altri indici di adiposità.

Per il rilievo delle pliche cutanee e dell’esame bioimpedenziometrico sono stati utiliz-zati strumenti e tecniche già validate scientificamente (Caliper Holtain T.W. e BIA tetra-polare monofrequenza a 50khz). Dopo l’elaborazione dei dati primari, tutti i genitori sonostati invitati presso le strutture della ASL per ritirare la scheda sulla valutazione dello statonutrizionale dei propri figli. Si è osservata una grande partecipazione e interesse all’ini-ziativa da parte di genitori e insegnanti.

L’inserimento nel progetto ha rappresentato per questa UO l’occasione per un rinno-vato interesse nel campo della ricerca in nutrizione. Sono state avviate iniziative di educa-zione alimentare che hanno previsto la realizzazione di corsi di formazione per gli

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insegnanti delle Scuole Elementari ed incontri di senbilizzazione sul tema alimentazionee salute con i genitori degli alunni. Inoltre sono stati realizzati Progetti Formativi, accredi-tati con il sistema della formazione continua in medicina (ECM), per gli operatori delsistema sanitario, sulle problematiche della sorveglianza nutrizionale e degli interventipreventivi nei confronti dell’istaurarsi dell’obesità. Per queste attività di formazione l’ASLNapoli 4 sta collaborando attivamente con il Dipartimento di Neuroscienze – Area diDietetica dell’Università di Napoli “Federico II”.

5.3.6 L’UO Calabria: ASL n°6 Lamezia Terme

L’Azienda Sanitaria N° 6 di Lamezia Terme (CZ) è stata l’ultima unità operativa adessere inclusa nel progetto, al quale ha aderito con fondi propri. La partecipazione alprogetto ha rappresentato per l’Azienda l’occasione per potenziare e coordinare le attivitàdi rilevazione antropometrica e di educazione alimentare già in atto in alcune realtà locali,e per codificare il lavoro di un gruppo multidisciplinare, già spontaneamente costituitosi.

L’Azienda ha aderito al progetto accettando il protocollo nella sua globalità, senzaprevedere aggiunte o specificità, anche in considerazione dei tempi ridotti di operatività.

Il campione di popolazione scolastica è risultato rappresentativo di tutte le realtàesistenti sul territorio aziendale e ha fornito dati generali sull’intera popolazione scola-stica; la numerosità campionaria inferiore a quella delle altre UUOORR deve essere vistain relazione al fatto che l’Azienda ha un bacino di utenza piuttosto piccolo (Tabella 5.3.1).

La popolazione scolastica coinvolta ha aderito nella sua globalità (alunni, insegnanti,genitori) con entusiasmo ed immediatezza al progetto, la cui eco ha suscitato forteinteresse anche nella popolazione generale. Sono quindi stati programmati e portati atermine numerosi progetti di educazione alimentare e nutrizionale, rivolti sia alla popola-zione in generale che a molte scuole di ogni ordine e grado, con azioni relative alla realiz-zazione di corsi di formazione per gli insegnanti ed i genitori e con il coinvolgimento attivodegli studenti (drammatizzazione, rappresentazioni musicali, laboratori, visite guidatepresso aziende alimentari).

Sono state messe a punto procedure di prevenzione secondaria relative a diagnosiprecoce e trattamento dell’obesità infantile.

La partecipazione al progetto ha suscitato inoltre l’interesse di altre aziende regionali,con le quali si è aperto un dialogo per la definizione di modalità di lavoro condivise e lacircolazione continua di dati confrontabili, a cui il presente manuale darà un notevolecontributo.

In conclusione bisogna ricordare che molte altre Aziende Sanitarie Locali hannochiesto di partecipare al progetto. Il principale limite all’Adesione di altre UUOO è statoquello di evitare una raccolta dati troppo in ritardo rispetto alla chiusura dei lavori proget-tuali. Dover rifiutare l’adesione di altri partecipanti è stato un compito difficile; ci si auguradi poter continuare ed espandere queste attività di collaborazione con gli operatori terri-toriali.

5.4 La stesura dei protocolli

Durante tutto l’arco del progetto sono stati svolti numerosi incontri tra l’UO Tecnica e

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le UUOORR per concordare le scelte circa lo svolgimento della raccolta dei dati primari.I protocolli e i questionari sviluppati dall’INRAN venivano di volta in volta esposti ediscussi per poi essere raffinati in base alle osservazioni delle UUOORR.

Le modifiche e le integrazioni sono sempre state fatte tenendo in considerazionel’obiettivo finale del progetto e cioè la realizzazione di un progetto pilota che ponga le basiper l’istituzione del sistema di sorveglianza. La raccolta di dati primari, in un tale sistema,è un processo oneroso sia dal punto di vista dei costi che del personale. La filosofia cheè stata seguita è stata quindi quella di scegliere poche variabili, semplici ed essenzialiaffinché il rilevamento dei dati potesse essere effettuato in modo continuativo e conmodalità facilmente estendibili in maniera standardizzata ad altre realtà regionali.

I protocolli e i questionari presentati in questo manuale possono essere utilizzati perripetere la rilevazione in bambini della stessa fascia di età residenti in altre aree, dopouna opportuna formazione e standardizzazione degli operatori da parte di personaleesperto. E’ molto importante sviluppare questo tipo di questionari con la collaborazionedi esperti nel settore dei consumi alimentari e delle rilevazioni antropometriche. Infatti,questionari sviluppati “in casa” rischiano di produrre dati inutili o da cui si possono trarreinterpretazioni erronee. Occorre infatti ricordare che i questionari vanno sempre messi apunto tenendo conto degli obiettivi specifici del progetto.

In questo progetto si è scelto di concentrare l’attenzione sui bambini di 8-9 anni di età,di terza elementare, sulla base delle seguenti considerazioni:

• evidenze scientifiche suggeriscono che l’obesità in questa fascia di età ha unmoderato valore predittivo riguardo all’obesità dell’adulto (Guo et al., 1994);

• diversi studi hanno evidenziato un rischio di obesità più elevato in questo gruppo di età(Dietz, 1997; Olivieri et al., 1998; Rolland-Cachera et al., 1984; Wittaker et al., 1998);

• il bambino di 8-9 anni è sufficientemente in grado di recepire messaggi preventivi edorientare il proprio comportamento alimentare;

• la fascia di età considerata precede la pubertà consentendo l’eliminazione delle inter-ferenze nella valutazione dello stato nutrizionale legate alla comparsa dello sviluppoadolescenziale che è un fenomeno biologico estremamente poco prevedibile e conuna forte variabilità inter-individuale.

5.4.1 Campionamento

La definizione del campione rappresentativo della popolazione target ha costituito laprima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari. Nel casodel progetto si è trattato dei bambini di 8 anni che frequentavano la terza elementare. Ladifferenziazione delle realtà locali, sia in termini di caratteristiche demografiche e socioe-conomiche che in termini di dati disponibili per la selezione, impone un trattamento speci-ficatamente adattato a ciascuna situazione. Questo, che potrebbe in prima battutaapparire una limitazione, in realtà ci consente di fornire ulteriori indicazioni metodologicheper l’impostazione dello schema generale di procedura, e pertanto costituisce unelemento di arricchimento per future applicazioni.

In sintesi, le tre prime aree coinvolte hanno avuto un campione “personalizzato”. Inparticolare:

• la sperimentazione della regione Lombardia che riguarda il bacino di utenza dellaprovincia di Lodi, si è basata su un campione ragionato, in quanto si tratta di un’area

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a limitata estensione con realtà demografiche e socioeconomiche ben identificate econ caratteristiche di omogeneità al loro interno ben note ai ricercatori.

• per l’ASL di Brindisi e l’ASL Bologna Nord si è proceduto mediante campionamentocasuale, sia pure con differenziazione dovuta ai dati di base forniti.

5.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione dei campioni casuali

In assenza di altre stime, le numerosità campionarie sono state calcolate tenendoconto della media e della deviazione standard dell’Indice di Massa Corporeo (IMC) deter-minato in uno studio condotto dall’INRAN nel 1999 nella regione Lazio, su un campionerappresentativo di bambini di 8 anni (Pomponi et al., 2000). Tra i valori possibili, è statoassunto come livello di precisione l’1.5%. Per il calcolo della numerosità campionariasono state utilizzate le seguenti modalità a partire dalle stime ottenute nella regione Lazio(Tabella 5.4.2.1):

• campione casuale stratificato per sesso: la popolazione è suddivisa nei due gruppi(strati) definiti dal sesso e la numerosità totale risulta dalla somma delle numerositàcalcolate per ciascuno strato;

• campione casuale semplice: è definita la numerosità totale e, per includere l’influenzadel fattore sesso, il campione viene successivamente ripartito in proporzione dellapopolazione di ciascuno strato.

Al fine di illustrare come può essere determinata la numerosità campionaria minima(n0) per ottenere il livello di precisione desiderato, riportiamo di seguito i diversi passi:

• si può fare riferimento alla curva normale, poiché si tratta di una variabile antropome-trica

• la formula di partenza è quella dell’ampiezza del semi-intervallo di confidenza conP=0,95 della media (χ)

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Tabella 5.4.2.1 – Caratteristiche del campione studiato nella Regione LazioCampione del Lazio

Fonte: Pomponi, 2000

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• si decide la precisione, cioè l’ampiezza del semi-intervallo (δ)

δ è calcolato come percentuale della stima disponibile della media (1%, 5%, …); piùlimitato è l’intervallo, maggiore sarà la precisione della stima e, conseguentemente, piùelevata la numerosità n;

• la numerosità del campione sarà quindi:

La tabella 5.4.2.2 riporta i valori che si otterrebbero utilizzando diversi livelli di preci-sione con un campionamento casuale stratificato per i due sessi (a) e con un campiona-mento casuale semplice in cui si tenga conto della proporzione maschi/femmine emersadallo studio della Regione Lazio.(b)

Come si può osservare la numerosità minima varia in funzione della precisione (10%,1,5%,…), della variabile di interesse, della variabilità relativa, ossia della deviazionestandard (σ) e della strategia di campionamento. In particolare, la numerosità è piùelevata per il campione stratificato, cresce con il livello di precisione (δ) e con la variabi-lità relativa (espressa dalla deviazione standard). Infatti, nel caso del campione stratifi-cato, in cui le numerosità sono calcolate separatamente per i maschi e le femmine, si puòosservare che la numerosità richiesta per il livello di precisione definito, risulta sempre piùalta rispetto alla numerosità campionaria calcolata con il sistema casuale semplice, chetiene conto della proporzione dei due sessi emersa dallo studio della Regione Lazio. (b)

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Tabella 5.4.2.2 – Calcolo della numerosità campionaria minima con diversi livelli diprecisione e con campione stratificato per i due sessi (a) e concampione casuale semplice (b)

n0 = numerosità campionaria minimaχ = IMC medio stimato dallo studio della Regione Lazioδ = ampiezza dell’intervallo di precisione che tenga conto della media stimata dell’IMC

e del livello di precisione desiderato (10%, 1,5%, ...)

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5.4.3 Adattamento del protocollo alle singole regioni

I diversi sistemi presentano vantaggi e svantaggi. Il campione stratificato permetteuna migliore rappresentatività delle sottopopolazioni, ma richiede numerosità più elevate.Nella scelta della strategia di campionamento, si è dovuto tenere conto di:

• budget• disponibilità di personale• minimizzazione dei tempi di spostamento sul campo.

La scelta è perciò caduta su un campionamento casuale semplice con un ripropor-zionamento del campione in base a strati definiti da ciascuna singola ASL per rispec-chiare le caratteristiche del territorio considerate importanti ai fini della variabilità. Si è,inoltre, scelto un livello di precisione intermedio (1,5%).

Allo scopo di evitare frequenti spostamenti dei rilevatori, la selezione del campione dibambini è stata effettuata tramite l’estrazione delle scuole, secondo il procedimento diseguito illustrato:

a) analisi della distribuzione della popolazione targetb) stima del numero di scuole in ciascuno strato, basato sul numero medio di alunni

per classe e sul numero medio di classi per scuola• n0 / numero medio di alunni per classe = numero di classi• numero di classi / numero medio di classi per scuola = numero di scuole

L’estrazione dei numeri casuali per identificare le scuole da inserire nel campione èstata effettuata con il programma EXCEL (Analisi dei dati - Generazione di numericasuali) considerando come peso la frequenza relativa degli alunni di ciascuna scuola sultotale delle scuole appartenenti allo stesso strato.

Sono stati estratti due elenchi di scuole per ciascuna ASL formando un elenco dititolari (prima estrazione) e di riserve (seconda estrazione) al fine di poter rimpiazzare lescuole che non volevano o non potevano partecipare allo studio.

ASL di Brindisi

Per effettuare il campionamento della l’ASL BR1 ci si è basati sull’ampiezza demogra-fica dei comuni afferenti all’Azienda che corrisponde anche al territorio provinciale. Iventidue comuni della Provincia differiscono poco fra loro dal punto di vista delle risorseeconomiche e degli stili di vita. Tutte le municipalità hanno una base di attività agricola(fatta eccezione per Brindisi) e presentano una buona percentuale di attività industriale,prevalentemente di trasformazione ortofrutticola e tessile, unite ad attività di carattereturistico. Il campionamento quindi ha tenuto conto di queste differenze di densità dipopolazione ed è stato eseguito estraendo un solo comune fra quelli con popolazioneinferiore a 10.000 abitanti, ed un altro fra quelli con popolazione fra 30.000 e 40.000; èstata quindi inclusa la città di Brindisi, capoluogo di provincia e unico nucleo abitativo conuna popolazione superiore a 90.000 abitanti. Dal momento che i paesi con una densitàfra 10.000 e 20.000 abitanti sono i più numerosi, in questa fascia di densità di popola-zione, sono stati campionati due paesi.

La nota positiva da evidenziare è che ogni scuola contattata ha immediatamenteaderito non solo formalmente, ma impiegando anche forze proprie nelle attività delprogetto. Anche le famiglie hanno aderito in blocco ed hanno anzi auspicato una prose-

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cuzione del progetto anche negli anni successivi ed un coinvolgimento dei bambini di etàinferiore in programmi di valutazione e prevenzione dell’obesità. La conferma dell’accet-tazione e della collaborazione delle scuole e delle famiglie si evidenzia nell’altissimapercentuale di adesione al progetto pari al 96% del totale campionato.

ASL di LodiLa popolazione dell’ASL della Provincia di Lodi ammonta a circa 200.000 abitanti,

distribuiti su un territorio di 62 comuni, nessuno dei quali ha dimensione metropolitana.

La città con più abitanti è Lodi, che conta circa 40.000 abitanti. Il territorio di afferenzadella ASL è caratterizzato da un profilo prevalentemente agricolo, con modesta industria-lizzazione. Si tratta di un territorio omogeneo da punto di vista culturale, che non ha risen-tito del processo migratorio degli anni ‘60, e che risulta caratterizzato da un notevolependolarismo verso Milano. La popolazione ha composizione e profilo demograficopiuttosto uniforme con un decentramento dal capoluogo verso la periferia in rapporto aiparametri economici del mercato dell’edilizia abitativa.

In base alle connotazioni demografiche, geografiche e culturali si è deciso di effet-tuare un campionamento di convenienza, definendo un campione di alunni frequentantila terza elementare. Il campionamento è stato effettuato in modo da garantire la rappre-sentatività della popolazione in relazione al numero di alunni nei tre distretti tra le areeNord (più direttamente gravitante sull’area metropolitana milanese) e Sud (confinante conla provincia di Piacenza), alla loro ripartizione per aree rurali ed urbane e alla coperturadi diversi quartieri della città di Lodi. Il campione è stato ristretto alle scuole statali conambulatorio di medicina scolastica, ed alle classi con dimensione medio-grande.

L’indagine è stata realizzata definendo un campione “di convenienza” pari al 24%circa della popolazione di riferimento, coniugando così ampiezza e rappresentatività delcampione con i requisiti di fattibilità ed efficienza, in relazione alle caratteristiche del terri-torio. In totale sono state inserite 20 classi con numerosità compresa tra 16 e 26 alunni.

Bologna e provincia

In questo caso i dati forniti dall’UOR hanno riguardato la popolazione per età al 1gennaio 1999 dei comuni appartenenti ai distretti scolastici provinciali e alla ComunitàMontana. L’INRAN ha fornito la proporzione di alunni da selezionare in ciascun distrettoper ciascun fattore di stratificazione (fascia di ampiezza demografica, comunitàmontana), in loco sono poi state estratte scuole e sezioni, per garantire rappresentativitàa tutti i quartieri della città di Bologna (centro e periferie) e a tutti i distretti sanitari distri-buiti sulla provincia, che disegnano geograficamente specifici bacini di utenza. Il campio-namento ha considerato i bambini che avevano 7 anni al 1 gennaio 1999 (seconde classi)che, hanno avuto 8 anni nel 2000 e, quindi, erano iscritti alla terza elementare, salvo casidi abbandono o trasferimento, recuperabili nelle riserve previste.

I fattori di stratificazione utilizzati sono 1) classe di ampiezza demografica e 2) appar-tenenza o meno alla Comunità Montana, più due strati formati dal comune di Imola e dalcomune di Bologna, che rappresentano realtà numericamente superiori in termini abita-tivi rispetto all’insieme dei comuni della provincia di Bologna.

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Toscana

Le 12 AASSLL della regione Toscana hanno aderito in blocco al progetto e pertantoin questa area si è avuta la rappresentatività regionale nello studio nazionale. Le rileva-zioni sono state effettuate su oltre 3.000 bambini. Per non sbilanciare numericamente ilcampione complessivo rispetto alle altre UUOORR, si è proceduto ad un campionamentoin blocco, mediante il metodo del campionamento casuale a grappolo stratificato ad unostadio. Con tale procedura, con il grado di precisione dell’1,5% previsto, e’ stato estrattoil campione.

ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco

La popolazione dell’ASL Napoli 4 ammonta a circa 550.000 abitanti, distribuiti su unterritorio di 35 comuni eterogenei per estensione territoriale e numerosità di popolazionecon un intervallo di densità abitativa compreso tra 2000 e 50.000 abitanti.

Il territorio, caratterizzato tradizionalmente da un profilo prevalentemente agricolo,oggi vede una compresenza, a volte disordinata, anche di una certa realtà industriale. Sitratta di un territorio omogeneo dal punto di vista culturale ad eccezione di alcuni comuniconfinanti con la città di Napoli, che risentono di una recente urbanizzazione dovuta piùche altro ad una elevata migrazione dall’area metropolitana.

L’adesione al progetto della ASL Napoli 4, è stata successiva rispetto alle UUOORRche hanno dato vita al progetto stesso, per cui c’era l’esigenza di effettuare il rilievo deidati primari entro la fine dell’anno 2001. Sono state campionate le scuole che hanno datola disponibilità ad aderire all’iniziativa anche se non rientrava nella programmazioneprevista per l’anno scolastico in corso. Le scuole sono state invitate a partecipare dietrocomunicazione scritta inviata a tutte le scuole del territorio della ASL.

Il campionamento è stato effettuato, comunque, in modo da garantire la rappresen-tatività della popolazione in relazione alla distribuzione geografica dei comuni nel terri-torio afferenti alla ASL. Due scuole campionate infatti, sono confinanti con la città diNapoli, mentre le altre si spostano verso le zone interne. Il campione è stato ristretto allescuole statali con ambulatorio di medicina scolastica ed a quelle scuole che avevano lapossibilità di trasferire gli alunni negli ambulatori dei Distretti Sanitari. Sono state visitateun totale di 27 classi.

Lamezia Terme

La ASL di Lamezia Terme ha un bacino di utenza di circa 131.000 abitanti distribuitisu 21 comuni. Il campione, costituito da 212 bambini, rappresenta circa il 20% dellapopolazione scolastica di riferimento (alunni della 3° elementare) ed è stato così ripartito:144 alunni provenienti da tre circoli didattici del comune di Lamezia Terme, dove risiedepiù dei 2/3 della popolazione scolastica interessata (pari quindi a circa i 2/3 del campionetotale), e 68 alunni provenienti dai comuni dell’hinterland, in modo da garantire la rappre-sentatività di tutte le realtà sociali ed economiche esistenti sul territorio aziendale.

5.4.4 Antropometria e scelta delle misure

La definizione di un protocollo comune delle procedure di rilevamento dei dati antro-

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pometrici è fondamentale per la valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva. Ciòè necessario per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentanoconfronti cronologici e geografici dei risultati. Per ottenere dati omogenei è essenziale lastandardizzazione dei rilevatori dei dati antropometrici e l’utilizzo di strumenti di adeguataprecisione ed accuratezza.

Queste considerazioni di carattere generale sono state tenute presenti nella messa apunto del protocollo per il rilevamento delle misure antropometriche utilizzato nel progettonazionale.Tale protocollo viene presentato in dettaglio nell’Allegato A. In questa sede sivuole sottolineare che in esso vengono descritte le tecniche per il rilevamento dellemisure antropometriche secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondialedella Sanità (World Health Organization, 1995). Inoltre vengono riportate le tecniche dellastandardizzazione dei rilevatori e per la revisione, calibrazione e manutenzione deglistrumenti di misura.

In un progetto di sorveglianza nutrizionale è opportuno limitare la scelta delle misureantropometriche a quelle strettamente necessarie, in modo da assicurare la correttezzae l’omogeneità dei dati raccolti, la fattibilità del progetto e la sua ripetibilità. Per questomotivo in questo progetto sono stati scelti il peso corporeo e la statura, in quanto sonole misure fondamentali, negli studi antropometrici, per la valutazione dello stato nutrizio-nale. Queste misure sono infatti sufficientemente semplici da rilevare e la strumentazionerichiesta è relativamente economica e di facile manutenzione.

5.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche

La qualità delle misure antropometriche dipende soprattutto dalla precisione edall’accuratezza con cui sono rilevate. La precisione, o riproducibilità, di una misuradipende dalla differenza tra le misure ripetute in sequenza da uno stesso osservatore oda osservatori diversi. L’accuratezza rappresenta la dimensione di quanto l’osservaziones’avvicina al “valore reale” della misura. Sia la riproducibilità, che l’accuratezza sonodeterminate dalla capacità di misura dello strumento utilizzato e dall’esperienza delrilevatore. Di conseguenza, per assicurare la correttezza dei dati raccolti è necessarioutilizzare strumenti di misura di appropriata precisione ed accuratezza. Inoltre è fonda-mentale che gli osservatori abbiano raggiunto un’adeguata esperienza nel rilevamentodelle variabili antropometriche in studio. Qualora più rilevatori partecipino ad uno studioantropometrico, è opportuno che questi siano “standardizzati” per i siti e le tecniche dirilevamento, perchè le misure siano omogenee e confrontabili. A tale scopo ogni studiodeve essere preceduto da una fase di training, durante la quale gli operatori vengonoformati da parte di un operatore più esperto. La “standardizzazione” per i siti e le tecnichedi misura viene, poi, effettuata tramite rilevamento in doppio delle varie misure antropo-metriche su uno stesso gruppo di soggetti (es. 10 soggetti), sia da parte dell’operatore daformare, che dell’operatore più esperto. Dal confronto tra l’errore di misura dell’operatoreda formare e quello dell’osservatore più esperto, viene valutato il livello di esperienzaraggiunto (vedi in Allegato A, il paragrafo “La standardizzazione delle misure”). E’ oppor-tuno che il grado di accordo tra le misure dei vari osservatori sia rivalutato periodica-mente durante lo svolgimento dello studio e che sia anche ritestata la precisione deisingoli operatori.

Riassumendo quindi, è fondamentale, per ottenere dati omogenei e scientificamente

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validi, utilizzabili sia a livello clinico che epidemiologico, che le misure vengano effettuateda personale tecnicamente preparato e standardizzato secondo le procedure raccoman-date a livello internazionale, e, ovviamente, utilizzando adeguati strumenti di misura.Riguardo alla strumentazione, come viene meglio dettagliato nell’Allegato A, è neces-sario effettuare periodicamente una revisione e calibrazione.

5.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e sui comportamenti

Per questo progetto sono stati predisposti appositamente questionari per la raccoltadi dati primari sui consumi alimentari e sui comportamenti alimentari. Per quanto riguardai consumi, è stato sviluppato un questionario di frequenza non quantitativo che permet-tesse di tracciare il profilo alimentare dei bambini di 8 anni oggetto di questo studio. Ilquestionario sulle frequenze di consumo alimentare viene riportato nell’Allegato B. Ilquestionario è stato compilato dai bambini sotto la guida degli insegnanti e la validità èstata testata mediante confronto con i dati di consumi registrati per 3 giorni consecutivisu un campione di scolari romani della stessa età di quelli inclusi nel progetto. Per facili-tare il compito dei maestri è stata stilata una guida alla compilazione del questionario cheviene riportata nell’Allegato B. Come si può vedere, sono stati indicati una serie disuggerimenti pratici quali l’accertamento dell’uso del carattere stampatello e la presenzadel codice su tutte le pagine. Inoltre si è chiesto agli insegnanti di spiegare al bambino ilsignificato di alcuni termini per l’identificazione degli alimenti che potessero risultare didifficile comprensione e che non era stato possibile semplificare durante la messa apunto del questionario stesso. Nella guida sono state indicate le diciture che potevanoingenerare confusione suggerendo anche come spiegare al bambino di che cosa sitrattasse.

L’altro questionario che è stato messo a punto per questo progetto è stato quello suicomportamenti e l’attitudine al cibo che viene presentato nell’Allegato C. La raccoltadelle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del comportamento alimen-tare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppare progetti diEducazione Nutrizionale più mirati, e a formulare messaggi più calibrati (De Almeida etal., 1997). In tale ottica, è stato messo a punto il presente questionario che è statosomministrato ai genitori dei bambini di terza elementare coinvolti nello studio ed è statoimportante per la valutazione delle abitudini alimentari, delle motivazioni nelle sceltealimentari e dei livelli di attività fisica dei bambini esaminati. Il numero delle domande e illoro stile coniuga l’esigenza di semplicità nella raccolta dei dati con una quantità di infor-mazioni che non sia troppo onerosa rischiando di andare a scapito della qualità. Inoltre èstata scelta una veste grafica più chiara possibile per non indurre disattenzione estanchezza di lettura da parte del compilatore.

Tale questionario, articolato in più di 20 domande raggruppate per temi, ha avuto loscopo di esplorare e indurre il genitore ad esprimere:

• preferenze e rifiuti dei loro figli, in merito all’alimentazione, nonché i fattori che l’influen-zano e le reazioni individuali dei genitori a tali comportamenti;

• abitudine e frequenza dei bambini a fare degli spuntini tra i pasti principali davanti allaTV, frequenza delle richieste di cibi pubblicizzati e se, e perché, tali richieste vengonosoddisfatte;

• parere personale sulla opportunità di effettuare variazioni alle abitudini alimentari deiloro bambini e la loro personale percezione circa i benefici e gli ostacoli (Lappalainen

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et al., 1997; Zunft et al., 1997) che possono favorire o limitare l’adozione di unaalimentazione ricca di frutta, verdura e legumi;

• fonti delle informazioni riguardanti una corretta alimentazione e livello di fiducia perso-nale nelle diverse fonti informative (De Almeida et al., 1997);

• profilo di attività fisica del bambino nell’arco della giornata, per valutare il livello disedentarietà;

• percezione dell’immagine corporea del proprio figlio, utilizzando sette silhouette, dasottopeso ad obeso (Hill & Silver, 1995) e individuazione di un’immagine che a lorogiudizio, esprima meglio il concetto di salute;

• indicazioni riguardanti: peso, altezza, età e grado di scolarità dei genitori.

Queste sono in sintesi le variabili tenute presenti nella formulazione delle domande,poste in modo “chiuso” con strutturazione a risposta multipla.

Le informazioni che emergono da questo tipo di valutazione possono essere di aiutonell’affrontare in maniera idonea atteggiamenti negativi e barriere potenziali che spessosi riscontrano nella realizzazione di interventi di Educazione Alimentare volti a determi-nare modifiche sul piano del comportamento.

Nello spirito dell’aderenza alla realtà locale, richiamata anche nel titolo della Ricerca,l’UO Emilia Romagna ha sviluppato questionari propri. Ha coinvolto nella stesura deglistessi famiglie, bambini, l’intero Gruppo Rete aderente al Progetto (Scuola, Sanità,Agricoltura, Farmacie, Enti Locali, ecc...). A partire dallo schema di questionario propostodall’UO Tecnico-Scientifica e nell’ottica dell’Autonomia delle UUOORR, è stato messo apunto un modello di indagine leggermente diverso che tendesse a rispettare meglio ladimensione bolognese con tutta la ricchezza di contributi delle Istituzioni Locali che adiverso titolo dialogano costantemente con la realtà del territorio. I questionari (quello peri bambini e quello destinato ai genitori) utilizzati dalla UO Emilia Romagna vengono ripor-tati nell’Allegato D.

5.5 Le analisi dei dati5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati)

Presupposto basilare per l’elaborazione dei dati è il loro trasferimento su supportoinformatico. Questa attività richiede che i dati, opportunamente codificati, siano inseriti infogli elettronici o database. L’elaborazione successiva risulterà estremamente semplifi-cata se tale inserimento avviene in modo controllato, ossia predisponendo un programmadi data entry corredato di istruzioni e preferibilmente contenente procedure di controlloautomatico (tenendo conto della capacità di memoria dei computer e della facilità d’usoda parte degli operatori).

In particolare, questo assicura la standardizzazione della codifica delle informazionispecialmente nel caso in cui l’inserimento sia effettuato in luoghi e tempi diversi, come èavvenuto nel presente progetto.

L’unità operativa INRAN ha predisposto un software utilizzando il programma delPacchetto Office ACCESS. Mediante una guida all’inserimento dei dati sono state fornitele indicazioni sulle operazioni da effettuare, la loro sequenza e per ogni tipo di quesito ilmetodo di codifica. Come spiegato nell’Allegato A, i bambini vengono identificati con uncodice letterale e numerico. La trasformazione in codice dei dati personali è un requisito

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essenziale di questo tipo di studi in quanto permette di assicurare il segreto statistico(d.lgs 6/9/89 n. 322) e di rispettare la legge sulla privacy (675/96).

La maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del programma è riportata infigura 5.5.1.1. I dati inseriti sono organizzati in tante tabelle ACCESS quante sono lemaschere. Il codice del bambino viene riportato solo sulla prima maschera con un doppiocontrollo di inserimento; poi automaticamente e senza possibilità di modifica il codice siritrova su ciascuna maschera. Con questa procedura, il codice del bambino viene digitatosolo all’inizio limitando la possibilità di errori. Un ulteriore filtro in fase di inserimento nonpermetteva di inserire codici duplicati. Questo sistema così controllato su una variabilecruciale come il codice, ha semplificato le procedure di pulizia e di analisi dei dati. Letabelle sono state esportate sia in Dbase IV (calcolo di indicatori antropometrici) che suEXCEL (controllo e generazione file BAMBINI e GENITORI) per poi essere trasferite informato SAS (1990) per le elaborazioni statistiche.

5.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi

Le analisi dei dati costituiscono il mezzo attraverso cui i dati grezzi (matrice dei dati)forniscono risultati sintetici che descrivono il fenomeno in esame e che consentono l’iden-tificazione e/o la costruzione di indicatori. Le analisi sono realizzate, in generale, a diversilivelli.

Il primo di essi è l’analisi effettuata sui dati registrati per verificarne completezza (tuttele variabili sono registrate) e congruenza (i valori sono coerenti). Nel caso dello studiopilota qui presentato, il controllo ha riguardato l’aggancio dei diversi file inseriti nelprogramma ACCESS con le diverse maschere per formare un unico database, da analiz-zare con un pacchetto statistico (in questo caso il SAS). L’aggancio dei diversi file è stato

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Figura 5.5.1.1 - Maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del software

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effettuato in EXCEL, generando due cartelle di lavoro (BAMBINI e GENITORI), nei qualisono state inserite variabili derivate, come l’Indice di Massa Corporea (IMC) del bambinoe di ciascun genitore, la classe di IMC del bambino con metodo IOTF (Cole et al., 2000)e quella dei genitori (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998),la classe di età dei genitori (fino a 29, 30-39, 40-49 e 50 anni e oltre), il range di percen-tili di Luciano et al. (Luciano et al., 1997), e, in seguito, la codifica del livello di istruzionedi ciascun genitore (nessun titolo+elementare � bassa; media inferiore+media superiore� media; laurea � alta).

Il secondo livello di analisi è quello esplorativo semplice (descrittivo) e analitico(basato su più variabili), con l’identificazione di connessioni tra diversi caratteri, di cui ilprincipale è la classe di IMC del bambino, poiché lo studio era finalizzato alla valutazionedell’obesità infantile. L’analisi è stata essenzialmente di connessione poiché la quasitotalità delle variabili era di tipo qualitativo e la significatività dei legami è stata effettuatamediante il test χ2. La comparazione geografica ha messo in evidenza differenze dicomportamento che collimano con atteggiamenti e tradizioni diverse nei riguardi dellapercezione del problema. Alcuni risultati preliminari relativi ai dati raccolti nel progettoministeriale vengono riportati nel paragrafo 5.5.4.

Il terzo livello di analisi riguarda l’approfondimento di aspetti salienti emersi dallaprime esplorazioni e dall’applicazione di tecniche multivariate per l’identificazione delledimensioni che caratterizzano i modelli di comportamento alimentare e l’identificazionedei gruppi di bambini/genitori che sono detentori di tali comportamenti. L’uso di unatecnica piuttosto che un’altra o la scelta del set di variabili dipenderà da quali fattori sonostati evidenziati come più importanti.

5.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione dei dati

Al di là dell’obiettivo di analisi, possono risultare utili alcune indicazioni pratichenell’uso dei diversi tipi di software disponibili per l’elaborazione dei dati (fogli elettronici,pacchetti statistici). Occorre fare attenzione a come vengono trattati i dati mancanti. Adesempio, mentre in SAS o SPSS il vuoto (mancata digitazione) o il valore che ilprogramma attribuisce come nullo sono entrambi considerati “dato mancante”, in EXCELsono trattati come valori diversi quando si riepilogano i dati utilizzando le tabelle pivot.Risultano, tuttavia, ”dati mancanti” quando si calcolano medie, deviazioni standard e altriindici sintetici statistici.

Un secondo esempio riguarda il calcolo dell’indice χ2 (descrittivo) e dell’applicazione deltest χ2 (probabilistico) sulle tabelle riassuntive della frequenza di due caratteri (es.: classe diIMC del bambino e classe di IMC di un genitore). Nelle tabelle pivot le celle che non conten-gono frequenze risultano vuote. Il calcolo dell’indice descrittivo non presenta problemi,mentre il valore della probabilità (significatività) del test cambia se le caselle sono lasciatevuote o se in esse viene inserito il valore zero (cosa possibile solo dopo aver effettuato“copia” e “incolla speciale – valori”). In sintesi, conviene effettuare delle prove per verificarele condizioni dei dati ai fini di ottenere l’effettiva rispondenza alle esigenze dell’analisi.

5.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello stato nutrizionale

Al fine di descrivere l’uso del metodo proposto dall’IOTF (Cole et al., 2000) per lavalutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva, viene riportata la procedura utilizzata

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nell’elaborazione dei dati relativi al peso e alla statura dei bambini di terza elementare,raccolti nell’ambito del progetto pilota di sorveglianza nutrizionale e vengono riportatialcuni risultati preliminari. Il percorso concettuale che ha portato alla metodologia ripor-tata da Cole et al (Cole et al., 2000) è descritto in dettaglio nel capitolo 2. La trattazionedei risultati dei dati raccolti nell’ambito del progetto ministeriale sarà oggetto di pubblica-zioni scientifiche e di trattati divulgativi. In questa sede vengono riportati a titolo diesempio i dati di prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini esaminati divisi persesso e per area geografica.

Per ciascun soggetto è stata rilevata la data di nascita, da cui è stata calcolata l’etàesatta (in anni decimali) al momento del rilevamento delle misure antropometriche.Quindi sono stati applicati i valori soglia relativi a tale età, ottenuti per interpolazionelineare. Per ogni soggetto la valutazione dello stato nutrizionale è stata effettuata tramiteun programma di calcolo appositamente elaborato utilizzando il software EPI 6.

Nella tabella 5.5.4.1 viene riportata la numerosità campionaria per area geografica eper sesso. Come si vede sono stati misurati un totale di 5479 bambini di cui 2829 maschie 2650 femmine. Per le modalità con cui è stato effettuato il campionamento, la numero-sità campionaria per ciascuna area geografica è proporzionale al bacino di utenza delleAASSLL coinvolte nel progetto.

Nella figura 5.5.4.1 vengono riportate le prevalenze di sovrappeso e obesità nellearee geografiche incluse nel progetto. Un terzo dei bambini esaminati ha un peso troppoelevato rispetto all’altezza con l’11% di bambini obesi. Le aree del Sud Italia incluse nelprogetto mostrano una prevalenza maggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del

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Tabella 5.5.4.1 – Numerosità campionaria per area geografica e per sesso deibambini esaminati nel progetto ministeriale

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Nord. In particolare Lamezia Terme e Pomigliano D’Arco risultano particolarmenteinteressate a questo fenomeno con più della metà dei bambini in sovrappeso o obesi. Lasituazione migliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% deibambini esaminati è obeso o sovrappeso. Le prevalenze osservate sono relative alle areegeografiche di interesse e l’analisi effettuata è di carattere assolutamente descrittivo. Nonvengono effettuati test statistici di differenze tra le prevalenze. Anche la prevalenza totalenon può essere considerata una prevalenza nazionale ma rappresenta la prevalenza nelcampione totale. Nella figura 5.5.4.2 viene riportata la prevalenza di sovrappeso e obesitànei maschi e nelle femmine. I due sessi non sono caratterizzati da indici antropometricinettamente differenti e le prevalenze globali di sovrappeso e obesità non sembrano diffe-rire significativamente tra maschi e femmine. Diversa nei due sessi è la prevalenza diobesità, che nei maschi è generalmente più elevata. Anche analizzando i dati a livelloregionale non si osservano differenze molto marcate fatta eccezione per Lamezia Termein cui le bambine (64%) sono molto più colpite dal sovrappeso rispetto ai maschi (48%).

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128Progetto pilota italiano

Figura 5.5.4.1 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso edell’obesità nei bambini di terza elementare distinti per area diappartenenza

Puglia(Brindisi)

EmiliaRomagna(Bologna)

Lombardia(Lodi)

Campania(Pomigliano

D’arco)

Calabria(LameziaTerme)

Toscana(Tutta)

Totale

Maschi e Femmine

Normopeso/Sottopeso Sovrappeso Obesità

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Figura 5.5.4.2 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso eobesità nei maschi e nelle femmine per area di appartenenza

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Puglia(Brindisi)

EmiliaRomagna(Bologna)

Lombardia(Lodi)

Campania(Pomigliano

D’arco)

Calabria(LameziaTerme)

Toscana(Tutta)

Totale

Puglia(Brindisi)

EmiliaRomagna(Bologna)

Lombardia(Lodi)

Campania(Pomigliano

D’arco)

Calabria(LameziaTerme)

Toscana(Tutta)

Totale

Maschi

Normopeso/Sottopeso Sovrappeso Obesità

Femmine

Normopeso/Sottopeso Sovrappeso Obesità

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5.6 Rappresentatività dei risultati, discussione

La rappresentatività dei risultati di un’indagine campionaria dipende essenzialmentedall’estensione dello studio e dalla tecnica di campionamento utilizzata.

La stima della numerosità campionaria è stata effettuata considerando un livello diprecisione dell’1,5% in termini di ampiezza dell’errore standard, utilizzando una stimaprecedente della distribuzione dell’IMC relativa allo stesso tipo di popolazione (bambinidi 3a elementare - 8 anni di età - della Regione Lazio). Un eventuale riporto all’universodovrebbe quindi riguardare i bambini della ASL in cui lo studio è stato effettuato. Larappresentatività dei campioni è quindi in generale per singola ASL, se si eccettua il casodella Regione Toscana in cui le AASSLL hanno partecipato in blocco.

Occorre tenere conto che le unità campionate sono state le scuole e le unità di rileva-zione e analisi sono stati i bambini e un loro genitore.

E’ il caso di accennare al fatto che una estensione ad altre aree e un aumento dellanumerosità campionaria, aumenterebbero il grado di precisione delle stime per lapopolazione italiana e consentirebbero di effettuare test di confronto al di là dell’analisidescrittiva.

Un eventuale problema di rappresentatività è legato all’esclusione dal piano dicampionamento delle scuole private. Infatti, il campionamento è stato fatto sulla basedell’elenco delle scuole pubbliche fornito dal Provveditorato agli Studi. Il gruppo di popola-zione che afferisce a queste scuole fa parte di una specifica classe sociale che potrebbevenir poco rappresentata nel campionamento fatto solo sulle scuole pubbliche. La sceltaè stata motivata da un problema pratico nel reperimento degli elenchi degli alunni dellescuole private e della loro attendibilità.

5.7 Il contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema disorveglianza integrato

Gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale per l’anno 2002-2004 assegnano un ruolodi primaria importanza alla nutrizione e alla sicurezza alimentare. Il citato documento sisofferma sulla necessità di attivare una “rete di sorveglianza epidemiologica nazionale inambito nutrizionale”. Essa potrà costituire un “osservatorio del rischio associato alleabitudini e/o modificazioni alimentari della popolazione”, soltanto una volta che:

• siano state assunte e standardizzate le metodologie per la valutazione dell’impattodello stato nutrizionale sulla salute della popolazione;

• sia stata effettuata una raccolta sistematica di informazione sugli eventi morbosi e sul-la distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione;

• sia condotta un’iniziativa globale a livello delle organizzazioni istituzionalmente prepo-ste a gestire l’attività sanitaria preventiva, nonchè di controllo e monitoraggio (Servizidi Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) dei Dipartimenti di Prevenzione delleAziende UUSSLL per la diffusione, il collegamento ed il coordinamento delle attivitàdelle unità locali.

Oltre all’inserimento di AASSLL che hanno aderito al progetto con fondi propri, lenumerose richieste di collaborazione pervenute all’INRAN durante lo svolgimento delprogetto pilota sono state una chiara conferma dell’esistenza di alcuni bisogni specifici da

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parte delle AASSLL per lo svolgimento dell’attività di sorveglianza ed educazione alimen-tare. Tale collaborazione è già in parte avviata con altre due Aziende: Palermo (Sicilia) eCatanzaro (Calabria).In particolare sono emersi chiaramente:

• Un bisogno formativo da parte degli operatori dei SIAN, in particolare, circa letecniche di rilevamento dei consumi alimentari, di valutazione dello stato nutrizionalee di raccolta e trattamento dei dati secondari per la creazione di profili nutrizionali e diintervento.

• L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambito diprogetti coordinati centralmente. Il coordinamento delle attività di sorveglianza fa siche i dati raccolti a livello locale in maniera continuativa e con tecniche standar-dizzate permettano comparazioni tra aree e consentano valutazioni per scelte dipolitica nutrizionale basate su dati locali ma integrate a livello nazionale.Esistono presso l’INRAN competenze specifiche che sono già state sfruttate nell’am-

bito del progetto biennale e che potrebbero essere utilizzate da un numero più ampio diAASSLL. Oltre al vasto patrimonio tecnico-scientifico, l’INRAN ha un ruolo istituzionalecentrale nel campo degli Alimenti e della Nutrizione. Le singole attività delle strutturelocali e regionali, opportunamente coordinate, risulterebbero potenziate nella loroefficacia consentendo quindi la realizzazione di una vera e propria politica nutrizionale,basata su dati locali ma integrata a livello nazionale.

Allo scopo di attivare una rete di sorveglianza nazionale nel settore della nutrizione edella sicurezza alimentare, che permetta di coordinare ed ottimizzare gli sforzi delleAziende Sanitarie, si è quindi evidenziata l’opportunità di offrire a tutte le regioni italianela collaborazione dell’INRAN e di predisporre strumenti idonei alle necessità dei singoliSIAN attraverso l’attivazione di un Servizio Consulenza Alimenti e Nutrizione (SCAN).

Lo SCAN si propone come uno strumento che permetta alle AASSLL e ad altre strut-ture private e pubbliche di fruire della conoscenza e dei servizi disponibili presso l’INRAN.

Tramite lo SCAN, l’INRAN intende quindi fornire strumenti validati, conoscenze scien-tifiche, assistenza tecnico-scientifica per il disegno e la realizzazione di progetti di sorve-glianza e di intervento. Un gruppo esteso e multidisciplinare di ricercatori dell’INRANsono disponibili a prestare attività di servizio nell’ambito dello SCAN a seconda dei propriambiti di competenza. Le richieste d’informazioni vanno inoltrate tramite e-mail [email protected]. La divulgazione dell’iniziativa è iniziata a termine del 2002 e il piano dilavoro in questi primi mesi di attivazione dello SCAN consiste in:

• Identificazione da parte dell’INRAN dei bisogni formativi e di consulenza da parte dellestrutture regionali (AASSLL e Assessorati all’Agricoltura).

• Realizzazione di un pacchetto formativo, che includerà sia il trasferimento di cono-scenze scientifiche sia la fornitura di strumenti di supporto.

• Predisposizione di un dossier illustrativo dell’offerta tecnico-scientifica dell’INRAN.• Svolgimento di attività di consulenza scientifica nell’ambito di specifici progetti territoriali.

Un primo elenco di settori in cui lo SCAN può assicurare il proprio supporto tecnicoviene illustrato nella Figura 5.7.1. Queste sono solo alcune delle attività per le quali siosserva una corrispondenza tra i servizi offerti dallo SCAN e le necessità delle struttureterritoriali che operano in ambito nutrizionale e che sicuramente trarrebbero un granvantaggio dall’essere messi in rete per sviluppare strumenti adeguati alle loro necessità.Il futuro della sorveglianza nutrizionale è senz’altro in questo tipo di integrazione, a livellosia nazionale che internazionale.

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Figura 5.7.1 - Alcune attività di servizio dell’INRAN disponibili tramite lo SCAN

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Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

133 Progetto pilota italiano

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• ALLEGATO A •

IL PROTOCOLLO PER IL RILEVAMENTO DELLE MISURE ANTROPOMETRICHEUTILIZZATO NELL’AMBITO DEL PROGETTO MINISTERIALE

La definizione di un protocollo comune delle procedure di rilevamento dei dati antro-pometrici è fondamentale per la valutazione dello stato nutrizionale.

COMPOSIZIONE DELLA SQUADRA DI RILEVAMENTO

La squadra di rilevamento dei dati antropometrici deve essere composta da:• un rilevatore adeguatamente preparato e standardizzato ad eseguire le misure

secondo le raccomandazioni internazionali;• un assistente affiancato al rilevatore per il rilevamento delle misure e la registra-

zione dei dati;• un collaboratore (anche l’insegnante) che aiuti i bambini a svestirsi e rivestirsi ed

assicuri un flusso continuo di soggetti durante la sessione di misura.

METODI DI MISURAZIONE

Le misure antropometriche vanno determinate secondo le istruzioni di seguito ripor-tate, e trascritte, per ciascun soggetto, nella scheda allegata al presente protocollo.

PESO CORPOREO

Preparazione del soggetto: il bambino viene pesato in condizioni standard:• Dopo la minzione.• A digiuno (anche se questa condizione spesso non è realizzabile e si rileva la

misura dopo l’assunzione di una comune colazione).• Senza scarpe.• Indossando soltanto la biancheria intima.

Strumento

La misura del peso è più semplice e veloce utilizzando bilance pesa persone elettro-niche, con divisione 100 g, dotate di display a cristalli liquidi.

E’ necessario effettuare la revisione della bilancia prima di ogni sessione di misure.E’ opportuno revisionare la bilancia periodicamente anche durante lo svolgimento

della raccolta dati.

Misura del peso

• Prima di ogni sessione di pesate controllare la carica delle batterie.• Posizionare la bilancia su una superficie piana.• Accendere la bilancia toccando con un piede la sua superficie, o l’interruttore

(secondo il modello della bilancia utilizzata) ed attendere che lo zero “000.0”compaia sul display.

• Il soggetto a questo punto può salire sulla bilancia e deve restare immobile, distri-buendo il proprio peso equamente sui due piedi.

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135 Allegato A

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• Quando la lettura è stabile, leggere il peso.• Il peso è registrato ai più vicini 100 grammi (es. kg 35,4).• Il soggetto può scendere dalla bilancia, che si spegnerà automaticamente.

STATURA

Strumento

La statura è misurata con uno stadiometro fisso o portatile, con una precisione di 0,1cm. Uno stadiometro si compone di un’asta verticale graduata e di una mobile, orientataad angolo retto rispetto a quella verticale, da appoggiare alla testa del soggetto.

Lo strumento può essere fissato ad una parete, o può essere usato senza supporto;in ogni caso ci si deve accertare che l’asta verticale sia correttamente allineata. L’uso diun apparecchio che consenta la misurazione della statura col soggetto in piedi su unabilancia basculabile è assolutamente sconsigliato. Si raccomanda, inoltre, qualora siutilizzi uno stadiometro portatile di utilizzare una parete senza battiscopa e di accertarsiche il soggetto non poggi i piedi su un tappeto o su qualsiasi altra struttura che lo sollevida terra.

Per posizionare correttamente lo stadiometro portatile occorre fissare alla parete lasua estremità superiore (con un chiodo oppure con un nastro adesivo), dopo aver estesocompletamente la fettuccia graduata, fino a toccare il pavimento con la barra mobileorizzontale. E’ fondamentale che lo stadiometro sia correttamente sistemato.

Lo strumento per la misura della statura deve essere regolarmente controllato ecalibrato (vedi il paragrafo: Revisione e Calibrazione degli Strumenti).

Misura della staturaLa misura è effettuata dal rilevatore, mentre l’assistente collabora nel controllare che

il bambino mantenga la posizione corretta.• Il bambino deve essere scalzo o indossare calze leggere. I piedi debbono

poggiare su una superficie piana ed il peso deve essere equamente distribuito suipiedi.

• La testa deve essere orientata secondo il piano orizzontale di Francoforte: inmodo che il margine inferiore dell’orbita ed il margine superiore del meatoacustico siano sullo stesso piano orizzontale.

• Le braccia pendono liberamente ai lati del tronco con il palmo delle mani rivoltoverso le cosce.

• i talloni, uniti poggiano contro la base della tavola verticale, mentre le punte deipiedi sono leggermente divaricate, formando un angolo di circa 60°.

• Le scapole e le natiche devono essere in contatto con la tavola verticale.• Il rilevatore esercita con le mani una leggera trazione verso l’alto, sui processi

mastoidei del soggetto per assicurarsi che stia ben eretto e porta la barra mobiledello stadiometro in contatto col capo esercitando una pressione sufficiente acomprimere i capelli.

• La misura è approssimata al più vicino 0,1 cm e si annota sulla scheda di rileva-mento (es. 135,3 cm).

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136Allegato A

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137 Allegato A

COMPILAZIONE DELLA SCHEDA INDIVIDUALE NEL CORSO DELLA VISITA

La scheda individuale per il rilevamento delle misure andrà accuratamente compilatain ogni sua parte nel corso della visita, con grafia comprensibile in stampatello. I numerivanno trascritti all’interno delle rispettive caselle in modo chiaro, così da non essereconfusi l’uno con l’altro (per esempio il numero 1 con il 7, il 2 con il 4, lo 0 con il 6, il 4con il 9). Per questo si suggerisce di riportare i numeri nel modo seguente:

Uno - come una linea verticale singola, senza mettere sotto una linea orizzontale;Due e Tre - vanno scritti senza riccioli;Quattro - va scritto aperto, in modo da non essere confuso con il nove;Cinque - va scritto senza chiudere l’occhiello, per non essere confuso con il sei;Sei - va scritto in modo da non confonderlo con lo zero;Sette - barrare la stanghetta verticale, in modo che non si confonda con il numero uno;Otto - scrivere due occhielli sovrapposti, uniti. Può essere confuso con lo zero;Nove - chiudere l’occhiello, altrimenti può essere confuso con il quattro;Zero - barrare con una linea diagonale.

Nel compilare la scheda utilizzare una penna ad inchiostro e non una matita. Pereventuali correzioni durante la compilazione della scheda, barrare il numero sbagliato eriscrivere completamente quello corretto accanto alle caselle con la cifra sbagliata (noncorreggere direttamente sopra alla cifra sbagliata).

Voci contenute nella scheda di misura • Scuola (nome).• Sezione.• Nome e Cognome del bambino.• Codice del bambino (da attribuire secondo le indicazioni descritte di seguito).• Sesso del bambino.• Data di nascita (giorno, mese ed anno).• Data ed ora del rilevamento delle misure.• Rilevatore (cognome).• Codice della bilancia utilizzata (attribuito prima dell’inizio delle misure, al momen-to

della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicata sulla bilancia).• Codice dello stadiometro utilizzato (attribuito prima dell’inizio delle misure, al

momento della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicatasullo stadiometro).

• Peso (in kg ai più vicini 100 grammi, es. kg 41,1).• Statura (in centimetri ai più vicini 0,1 cm: es. cm 135,3).• Nelle Note vanno indicate tutte le informazioni che il rilevatore riterrà utili e/o

necessarie alla corretta interpretazione dei dati.

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Attribuzione del Codice Bambino

Il Codice Bambino va riportato su tutti i fogli dei moduli di raccolta dati relativi alprogetto di sorveglianza nutrizionale.

Il Codice, composto da lettere e numeri, va attribuito secondo le seguenti indicazioni,come riportato nell’esempio:

• nelle caselle 1 e 2 vanno trascritte le due lettere che identificano la sigla automobili-stica della provincia;

• nelle caselle 3 e 4 vanno riportate le due cifre che compongono il numero di codicedella scuola: tale codice sarà un numero progressivo specificatamente assegnato adogni scuola selezionata per il campione in studio;

• nella casella 5 va riportato il numero che indica il plesso della scuola;

• nella casella 6 va riportata la lettera dell’alfabeto che identifica la sezione della classefrequentata dal bambino;

• nelle caselle 7 e 8 vanno riportate le due cifre del numero progressivo che identifica ilbambino nel registro di classe.

Modalità di rilevamento delle misure antropometriche

Durante la rilevazione delle misure, il rilevatore legge ogni misura ad alta voce. Lamisura viene registrata dall’assistente sulla scheda individuale. L’assistente ripete, poi, adalta voce il valore registrato al fine di evitare errori di trascrizione o di interpretazione.

E’ opportuno che ciascun bambino sia sottoposto alle misure singolarmente, in unambiente tranquillo, evitando la presenza di altri bambini nel locale. Ciò al fine di evitare,soprattutto, che la visita crei disagio al bambino (vergogna nello svestirsi, battute di spiritodei compagni, etc...) e che la confusione possa incrementare la possibilità di errori ditrascrizione delle misure.

Gli alunni assenti nel giorno in cui vengono effettuate le misure, andranno misurati inun giorno diverso.

Gli alunni portatori di handicap saranno ugualmente sottoposti alle misure, in mododa non creare loro un disagio psicologico, anche se non sarà possibile eseguire talimisure secondo le raccomandazioni. L’handicap andrà riportato nella scheda di misuranelle note. Se il bambino non fosse in grado di salire sulla bilancia, potrà essere pesato

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138Allegato A

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in braccio ad un’altra persona. Il peso di quest’ultima verrà indicato nelle note, mentre ilpeso cumulativo di tale persona più il bambino andrà riportato sulla scheda nella casellariservata al peso. Il calcolo del peso del bambino potrà essere effettuato successiva-mente in fase di elaborazione dei dati.

STANDARDIZZAZIONE DELLE MISURE

I rilevatori sono stati standardizzati con il metodo suggerito da Zerfas (Zerfas, 1986).L’esperto antropometrista dell’INRAN ha il ruolo di riferimento (“golden standard”) per lastandardizzazione.

Prima di effettuare la standardizzazione è necessario che l’operatore da formareabbia acquisito una buona pratica nel rilevamento delle misure antropometriche.

Per la standardizzazione sono necessari n° 10 soggetti, con caratteristiche simili aisoggetti in studio (per questo studio bambini di 8-9 anni).

Il test deve essere eseguito sotto la supervisione di un esaminatore esperto. Sial’esaminatore, che il rilevatore da formare effettueranno, in rapida successione, due seriedi rilevamenti delle misure antropometriche sugli stessi soggetti, secondo le modalitàdescritte di seguito. Tale test permette di valutare sia la precisione che l’accuratezza delrilevatore da formare. La precisione viene valutata per confronto delle misure ripetute indoppio sugli stessi soggetti, mentre l’accuratezza viene valutata tramite confronto tra lemisure rilevate dall’operatore da formare con quelle rilevate sugli stessi soggetti dall’esa-minatore.

Valutazione della precisione (replicabilità inter-osservatore)

Utilizzare la scheda per il Test della replicabilità

• Codificare i soggetti da 1 a 10.• Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropo-

metrica che si sta testando.• Misurare tutti i soggetti e registrare i dati nelle caselle corrispondenti alla “Prima

misura” nella parte 1 della scheda.• Dopo avere misurato tutti i soggetti consegnare all’esaminatore la parte 1 della

scheda, dopo averla ritagliata lungo la linea tratteggiata (in modo che l’operatoreda testare non sia influenzato nel secondo rilevamento delle misure da quellerilevate la prima volta).

• Ripetere le misure sugli stessi soggetti e trascrivere i dati nelle caselle corri-spondenti alla “Seconda misura” nella parte 2 della scheda.

• Trascrivere i dati della parte 1 della scheda nelle caselle corrispondenti alla“Prima misura” nella parte 2 della scheda.

• Calcolare per tutti i soggetti misurati la differenza tra la Prima e la Secondamisura e riportarla nelle caselle “Differenza” con il relativo segno (+ o -).

INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST:

L’interpretazione dei risultati va effettuata in base ai valori riportati nella tabella 1.

• Segnare con cerchio le differenze comprese tra 6 e 9 mm (per la statura) e ugualia 0,2 kg (per il peso); segnare invece con un quadrato le differenze superiori a

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139 Allegato A

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10 mm (per la statura) e superiori a 0,3 kg (per il peso). La distinzione tra cerchioe quadrato è importante per riconoscere errori tecnici di minore entità, da erroridi entità più marcata, in modo che l’esaminatore possa correggere adeguata-mente l’operatore da formare nel rilevamento delle misure. Per lo stesso motivoè anche importante la differenza tra i segni meno ed i segni più tra la prima e laseconda misura, per il riconoscimento di errori sistematici (prevalenza di segnipositivi o negativi).

• L’operatore da formare supera il test quando il numero di cerchi nella scheda deltest è zero o uguale ad uno; passa il test, ma è al limite dell’errore consentito,quando il numero di cerchi nella scheda del test è pari a due; deve ripetere il test,dopo avere ricevuto le adeguate correzioni nel rilevamento delle misure da partedell’esaminatore, quando i cerchi sulla scheda sono almeno tre o quando èpresente un quadrato.

Valutazione dell’accuratezza (replicabilità intra-osservatore)

Da effettuare dopo avere superato il test della replicabilità.Utilizzare la scheda per il Test dell’Accuratezza

• Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropo-metrica che si sta testando (statura o peso).

• Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il testdella replicabilità dal rilevatore da formare nelle caselle corrispondentiall’Osservatore.

• Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il testdella replicabilità dall’Esaminatore nelle caselle corrispondenti all’Esaminatore.

• Calcolare la differenza tra la media delle due misure effettuate dall’Osservatoree la media delle due misure effettuate dall’Esaminatore e riportarla nelle caselle“Differenza” con il relativo segno (+ o -).

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141 Allegato A

INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST

Come per il test della replicabilità, va effettuata in base ai valori riportati nella tabella1, come precedentemente descritto.

REVISIONE E CALIBRAZIONE DEGLI STRUMENTI DI MISURA

Bilancia

La revisione della bilancia va effettuata prima di ogni sessione di misure; è, tuttavia,opportuno ricontrollare la calibrazione della bilancia periodicamente, durante lo svolgi-mento della raccolta dati.

La verifica della calibrazione di una bilancia si effettua utilizzando dei pesi standard diriferimento, compresi nell’intervallo di peso atteso dei soggetti in esame. Se, ad esempio,si vogliono pesare degli individui di peso compreso tra i 20 kg ed i 50 kg, come nel casodi bambini di 8-9 anni, si dovrà testare la bilancia utilizzando pesi compresi in tale inter-vallo.

Fonte: modificato da Zerfas, 1986

Tabella 1 - Valutazione dei test di replicabilità ed accuratezza dei rilevatori delle misure antropometriche

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142Allegato A

Il peso standard deve essere stato determinato mediante uno strumento di classe diprecisione superiore rispetto alla bilancia che si deve testare. Masse di riferimento inghisa, di cui sia nota l’indeterminazione (generalmente indicata sul bollino stampigliatosulla massa stessa: x kg ± y g), possono essere acquistati presso i rivenditori di bilance.

L’indeterminazione della massa di riferimento deve essere almeno di un ordine digrandezza inferiore alla precisione della bilancia che si deve testare; ad esempio se labilancia ha una divisione di 100 g la massa di riferimento dovrebbe avere un’ indetermi-nazione inferiore o uguale a ± 10 g.

Pesi da 5, 10, 20 kg possono essere combinati insieme, in modo da arrivare al pesonecessario (es. 3 pesi di ghisa da 10 kg impilati, per raggiungere il peso di 30 kg). E’possibile anche utilizzare mezzi alternativi “di fortuna”, come ad esempio dei bidoni odelle taniche, di cui sia nota la tara ed i litri di acqua contenuti, riempiti possibilmente conacqua distillata, considerando che 1 litro di acqua distillata corrisponde ad 1 kg.

Per qualsiasi peso di riferimento considerato è importante che questo sia posto inmodo da gravare al centro della pedana della bilancia e, ovviamente, che non sia sorrettodall’operatore.

Procedura per la verifica della calibrazione e della linearità della bilancia nell’intervallo dazero a 50 kg

Per la verifica della calibrazione della bilancia, si controlla, innanzitutto, lo “zero” edeventualmente si calibra. Poi si verifica la calibrazione a fondo scala (in questo caso a50 kg), effettuando n° 5 misure ripetute con il peso di riferimento di 50 kg. I valori misuratidalla bilancia vanno riportati sulla scheda per la revisione delle bilance. Se la differenzatra la media delle 5 misure ed il peso di riferimento è superiore a ± 0,1 kg, la bilancia varicalibrata, nell’eventualità che sia dotata di tale possibilità, altrimenti ne è sconsigliatol’utilizzo. Le modalità per effettuare la calibrazione sono, generalmente, riportate nelmanuale d’uso della bilancia, o possono essere richieste al costruttore o al rivenditoredella bilancia.

Successivamente si verifica la linearità della bilancia nell’intervallo tra 0 e 50 kg, effet-tuando misure ripetute 5 volte a 20 kg, 30 kg e 40 kg, tramite i pesi di riferimento e siriportano sulla scheda per la revisione delle bilance i valori misurati. Poi, si calcolano (esi trascrivono sulla scheda), per ciascun peso di riferimento, la media e la deviazionestandard delle 5 misure. Si calcola e si riporta sulla scheda, anche la differenza tra il pesodi riferimento ed il valore medio delle 5 misure a 20 kg, 30 kg, 40 kg. La bilancia potràessere utilizzata qualora sia tale differenza, che la deviazione standard tra le 5 misureripetute siano comprese entro ± 0,1 kg, per tutti i pesi dell’intervallo considerato.

Stadiometro

Lo stadiometro deve essere installato correttamente e revisionato prima di ognisessione di misura, tramite una fettuccia metrica metallica, o un metro metallico di riferi-mento, con divisione 1 mm. Se la misura fornita dallo stadiometro si discosta di più di ±1mm dalla misura di riferimento, sarà necessario riposizionare correttamente lo stadio-metro ed il lettore (quest’ultimo nel caso dello stadiometro fisso). Per ricalibrare il lettoreoccorre smontarlo e riportare le cifre alla lettura corretta corrispondente allo zero (il puntopiù basso che raggiunge la barra orizzontale dello stadiometro, che corrisponde ingenere circa ad 85,0 cm).

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144Allegato A

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146Allegato A

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BibliografiaZerfas, A. J. (1986) Checking continous measures. In D.o.E. School of Public Heath, ed.

Manual for Manual for anthropometry UCLA, Los Angeles.

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147 Allegato A

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149 Allegato B

• ALLEGATO B •

IL QUESTIONARIO SULLE FREQUENZE DI CONSUMO ALIMENTARE

Guida alla compilazione del questionario sui consumi alimentari

La presente nota è destinata agli insegnanti, ai quali è richiesto di guidare i bambininella compilazione del questionario sul profilo alimentare.

Il questionario ha lo scopo di dare un quadro dei consumi alimentari regionali deibambini di 8 anni. La raccolta di questi dati rientra in un progetto nazionale di sorve-glianza ed educazione nutrizionale basate sui dati locali per la prevenzione delle malattiecronico degenerative associate all’obesità.

Sulla pagina di copertina del questionario, nella quale sono indicate le strutture chestanno contribuendo alla realizzazione del progetto, il bambino segnerà i dati relativi allascuola di appartenenza e le proprie specifiche anagrafiche.

Nota importante: Si raccomanda agli insegnanti di guidare il bambino a scrivere instampatello per evitare errori nell’interpretazione della grafia.

In fondo a ciascun foglio che compone il questionario, verrà riportato un codice sinte-tico composto da numeri e lettere. Questo codice permetterà l’identificazione del bambinosenza dover ricorrere al nome; inoltre nel codice sarà prevista l’identificazione dellaprovincia e della scuola di appartenenza.

Nelle pagine successive il bambino segnerà con una crocetta il quadratino che corri-sponde alle proprie abitudini alimentari.

Le frequenze di consumo sono settimanali e quindi i bambino dovrà riportare quantevolte nell’arco di una settimana abitualmente consuma gli alimenti indicati. Questo signi-fica che il questionario non si riferisce ad una precisa settimana ma che deve rispec-chiare i consumi abituali del bambino.

Nota importante: Sarà cura degli insegnanti spiegare al bambino il significato di alcunitermini per l’identificazione degli alimenti che possano risultare di difficile comprensione.Vengono di seguito riportate le diciture che possano generare confusione:“Crema spalmabile al cioccolato” (vedi le sezioni “Prima Colazione”, “Merenda delMattino”, “Merenda del Pomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Nutella” osimili.“Creme spalmabili salate” (vedi le sezioni “Merenda del Mattino”, “Merenda delPomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Spuntì” o simili.

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150Allegato B

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151 Allegato B

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152Allegato B

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153 Allegato B

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154Allegato B

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155 Allegato B

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156Allegato B

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157 Allegato C

• ALLEGATO C •

IL QUESTIONARIO SUI COMPORTAMENTI E L’ATTITUDINE AL CIBO

La raccolta delle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del compor-tamento alimentare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppareprogetti di Educazione Nutrizionale più mirati, ed a formulare messaggi più calibrati. Intale ottica, è stato messo a punto un questionario somministrato ai genitori dei bambinidi terza elementare coinvolti nello studio.

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158Allegato C

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159 Allegato C

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165 Allegato D

• ALLEGATO D •

IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I BAMBINI DALLA UO EMILIA ROMAGNA

So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza��������

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IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I GENITORI DALLA UO EMILIA ROMAGNA

Manuale di Sorveglianza Nutrizionale

169 Allegato D

So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza

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170Allegato D

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171 Allegato D

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INDICE

Capitolo 1 – I principi della sorveglianza nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1 La sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 Le politiche nutrizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.4 I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della

sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.5 Progettazione di un sistema di sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.6 Scelta degli indicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.7 Modalità di raccolta dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

1.7.1 Esperienza italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale . . . . . . . . 19

1.8 Indicazioni per la costruzione di una sistema italiano . . . . . . . . . . . 22Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

Capitolo 2 – Dati Primari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale,comportamenti alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

2.2 Metodologie d’indagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici . . . . . . . . . . . . . . 33

2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto . . . . . . . . . . . . 332.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva . . . . . . . . 35

2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari . . . . 412.5.1 Metodologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 422.5.2 Fonti di errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezzadella dieta in una popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 502.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e

qualità dei dati rilevati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 502.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli

di assunzione raccomandati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 522.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare

l’adeguatezza della dieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 532.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza

della dieta (metodo probabilistico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

Capitolo 3 – Dati Secondari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

3.1 Analisi e selezione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 653.2 Fonti di dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

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3.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 713.4 Valutazione della qualità del dato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 723.5 Miglioramenti della qualità dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

Capitolo 4 – Il passaggio dalla sorveglianza agli interventi . . . . . . . . . . . . 77

4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 774.2 Quando intervenire? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito . . . . . . . . . . . . . . . . . 784.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie . . . . . . . . . . . . . . . 794.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita . . . . . . . . . . . 82

4.3 Disegno degli interventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 844.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per

le strategie di intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 894.4.1 Le scelte alimentari in Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 904.4.2 Social marketing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90

4.5 Esempi di legame tra sorveglianza ed interventi . . . . . . . . . . . . . . 914.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS) . . . . . . . . 914.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction (CDC) . . . . 92

4.6 Educazione alimentare in età scolare: un modello di intervento . . . 934.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi . . . . . 934.6.2 Obiettivi prioritari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 944.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi . . . . . 954.6.4 Coinvolgimento della famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 974.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica . . . . . 974.6.6 Verifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 974.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative . . . 974.6.8 Strumenti realizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 984.6.9 Programmazione delle attività formative e informative . . . . . . 984.6.10 Figure professionali coinvolte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

Capitolo 5 – L’esperienza italiana: progetto pilota basatosui dati locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

5.1 La proposta progettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1055.2 L’Unità Operativa Tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1075.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

5.3.1 L’UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila) . . . . . . . . . . . . . . . . 1095.3.2 L’UO Lombardia: Lodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1105.3.3 L’UO Emilia Romagna: Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1115.3.4 L’UO Toscana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1125.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli . . . 1135.3.6 L’UO Calabria: ASL n° 6 Lamezia Terme . . . . . . . . . . . . . . . . 114

5.4 La stesura dei protocolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114

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5.4.1 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1155.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione

dei campioni casuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1165.4.3 Adattamento dei protocolli alle singole regioni . . . . . . . . . . . 1195.4.4 Antropometria e scelta delle misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1215.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche . . . . . . . . . 1225.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e

sui comportamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1235.5 Le analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 124

5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati) . . . . . . 1245.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi . . . . . . . . . . . . . . 1255.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione

dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1265.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello

stato nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1265.6 Rappresentatività dei risultati, discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1305.7 Contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema

di sorveglianza integrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133

Allegati

Allegato A. Il protocollo per il rilevamento delle misure antropometricheutilizzato nell’ambito del Progetto Ministeriale . . . . . . . . . . 135

Allegato B. Il questionario sulle frequenze di consumo alimentare . . . . 149

Allegato C. Il questionario sui comportamenti e l’attitudine al cibo . . . . 157

Allegato D. Il questionario utilizzato dall’UO Emilia Romagna . . . . . . . 165

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Finito di stampare nel mese di marzo 2003

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