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ROMA 2010 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER LA LUPA CAPITOLINA Nuove prospettive di studio Incontro-dibattito in occasione della pubblicazione del volume di ANNA MARIA CARRUBA, La Lupa Capitolina: un bronzo medievale Sapienza, Università di Roma, Roma 28 febbraio 2008 a cura di GILDA BARTOLONI Estratto

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  • ROMA 2010LERMA di BRETSCHNEIDER

    LA LUPA CAPITOLINANuove prospettive di studio

    Incontro-dibattito in occasione della pubblicazione del volume di

    AnnA MAriA CArrubA, La Lupa Capitolina: un bronzo medievale

    Sapienza, Universit di Roma, Roma 28 febbraio 2008

    a cura di GildA bArtoloni

    Estratto

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    PER UN APPROCCIO CALIBRATO ALLESAME TECNOLOGICO

    Desidero ringraziare la professoressa Gilda Bartoloni e il Dipartimento di Scienze Storiche, Archeo- logiche, Antropologiche dellAntichit per linvito a partecipare a questo incontro. Per me unoc-casione particolare, perch mi ritrovo per felice combinazione, dopo oltre un ventennio, nello stesso Ateneo che mi ha visto studente. Spero di poter ripagare con buona moneta la mia scuola di un tempo, premettendo che non ho certezze da vendere, ma qualche problema da porre alla vostra attenzione.

    Quello che oggi esaminiamo un monumento con alta valenza simbolica, unicona che per suo stesso carattere finisce per assumere una dimensione atemporale. Quando dallidea della forma si pas-sa allempirismo della materia, le dimensioni dello spazio e del tempo sembrano destinate a irrompere con tutta la loro pressante urgenza, ponendo nuovi quesiti che esigono a loro volta nuove risposte.

    I fatti sono noti. Questo grande bronzo1 che tradizionalmente gli studi archeologici collocano ormai intorno al 480 a.C., dopo la rivendicazione allantico di winckelmanniana memoria, vede la sua cronologia posta in dubbio a seguito del recente restauro che ha consentito di acquisire nuovi dati sulle tecniche con cui stato realizzato2.

    La statua pesa circa 150 kg per la parte metallica, fusa con una lega ternaria di rame con Sn 9,2% e Pb 5% e presenta uno spessore variabile del getto3: regolare e contenuto in parti come le zampe (circa 4-5 mm), raggiunge in alcuni punti anche i 15 mm.

    Stando a quanto pubblicato sino a oggi, sembra che la Lupa sia stata realizzata a fusione cava con unico getto, ad eccezione della parte inferiore del collo; si supposto, recentemente, che anche la coda sia stata fusa in unico pezzo, poich non sono state osservate tracce di saldatura4. La tecnica quella della cera persa diretta, consistente nella modellatura in fasi progressive del nucleo refrat-tario, testimoniata dalle impronte digitali, cui veniva sovrammessa la redazione in cera della statua. Allinterno presente un sistema di barre di armatura a U rovescia per le zampe, probabilmente collegate con altri elementi di sostegno della forma che fuoriuscivano da finestre, con possibile

    1 Stuart JoneS 1926, pp. 56-58, n. 1, tav. 17; Matz 1951; Helbig 1966, n. 1454 (E. SiMon); von vacano 1973; alfldi 1977; Sprenger, bartoloni 1977, pp. 133-134, n. 177; dulire 1979; Enea nel Lazio 1981, p. 150, C67; criStofani 1985, n. 114; Grande Roma dei Tarquini 1990, pp. 144-145, n. 6.10 (M. criStofani); r. Weigel, s.v. Lupa Romana, in LIMC VI (1992), p. 293, n. 5; brendel 1995, pp. 250-253. Per linquadramen-to generale dellopera e la bibliografia, si veda ora pariSi preSicce 2000.

    2 carruba 2006.3 I dati tecnologici sono ora riportati da gale, giardino, pariSi preSicce 2005, pp. 133-138.4 carruba 2006, p. 22.

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    funzione di distanziatori tra nucleo e mantello (Fig. 1). A quanto pare, non sono stati rilevati fori di chiodi distanziatori, tasselli di riparazio-ne e saldature.

    La superficie del bronzo conserva a tratti la pelle di fusione sono infatti visibili alcune sobbolliture e mostra anche piccole irregola-rit dovute alla formatura diretta del modello in cera (Fig. 2). Ampie aree presentano limature che sono state attribuite ai procedimenti ori-ginari di rinettatura della superficie successivi alla fusione (Fig. 3). Questi elementi, che con-corrono a denotare una certa difformit dai pro-cedimenti documentati nella bronzistica antica, hanno indotto lautrice del restauro a confronta-re la Lupa con i bronzi medievali, proponendo su base tecnologica, in subordine stilistica, una datazione a et carolingia5.

    doveroso premettere che in mancanza di una edizione critica definitiva e completa del monumento, inclusi tutti i dati inediti del restau-

    Fig. 1. Lupa Capitolina, veduta dellinterno: bar-re di armatura e finestra richiusa dopo la fusione (foto Musei Capitolini).

    Fig. 2. Lupa Capitolina, dettaglio: irregolarit del-la superficie dovute alla formatura diretta del mo-dello in cera (foto Musei Capitolini).

    Fig. 3. Lupa Capitolina, dettaglio: limature sulla superficie (foto Musei Capitolini).

    5 carruba 2006, pp. 16-26, 32-43, passim.

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    ro, molte osservazioni assumono carattere transitorio. Da un primo esame ravvicinato, grazie a un amichevole invito della dott.ssa Anna Mura Sommella, sono emersi alcuni elementi che richiedereb-bero ulteriori approfondimenti.

    In primo luogo segnalo la possibile presenza di chiodi distanziatori, almeno sulle zampe, che per potrebbero essere presenti anche altrove (Figg. 4 a-b, 5). Lo spessore del getto appare, in molte parti, regolare e relativamente contenuto. Le lacune sulle zampe posteriori, piuttosto che dai difetti causati dalla difficolt della fusione in unico getto6, chiss perch non riparate, appaiono pi verosimilmente provocate dalla successiva e forse secolare ossidazione ed espansione delle barre interne in ferro (Fig. 6 a-b). I margini sono infatti frastagliati e irregolari, a tratti arrotondati pi per usura che per arresto del flusso del metallo fluido allinterno della forma di fusione in fase di colata. Osservando semplicemente limmagine della zampa posteriore sinistra (lato interno), possibile idealmente richiudere la frattura e ricomporre la lacuna: si tratta di due margini combacianti, almeno nel tratto mediano, mentre in basso si vede benissimo una fenditura per spaccatura.

    La Lupa, pur costituendo il risultato di un procedimento unitario, presenta fasi tecnologiche di-stinte e discrepanze formali che vanno ulteriormente indagate. Tre ciocche del vello dorsale mostrano una ripresa difforme del modellato dei solchi, eseguito da altra mano allo stadio di cera (Fig. 7): si tratta di una interpolazione accidentale del modello iniziale o di una riparazione successiva al getto eseguita con una ricolata ma sempre a cera persa? Anche quelle che sono state spiegate come creste di fusione rinettate, potrebbero rivelarsi risarciture per colata di imperfezioni del getto. A una prima osservazione di questi cordoletti rinettati, rilevo una certa discontinuit sia nel colore sia nella super-ficie, quasi si tratti di cavit ricolmate con una colatura di metallo (Fig. 8). In questi casi il bronzista,

    Fig. 4 a-b. Lupa Capitolina, dettaglio: chiodi distanziatori sulle zampe (foto Autore).

    6 carruba 2006, p. 23.

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    Fig. 5. Lupa Capitolina, dettaglio: possibili fori di chiodi distanziatori sulla criniera (foto Autore).

    Fig. 6 a-b. Lupa Capitolina, dettaglio: lacune delle zampe posteriori (foto Musei Capitolini).

    Fig. 7. Lupa Capitolina, dettaglio: ripresa del mo-dellato sulle ciocche del vello dorsale (foto Autore).

    Fig. 8. Lupa Capitolina, dettaglio: risarciture per colata (?) rinettate a freddo (foto Musei Capitolini).

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    che in tutta la statua sembra non aver impiegato la saldatura, conosceva comunque una tecnica ad essa assimilabile.

    La coda si contraddistingue per discontinuit tecnologiche e formali. Vi una chiara cesura nellattacco superiore, al di sotto della quale le ciocche divengono poco rilevate, piatte e rigide e soprattutto con i solchi tutti tracciati a cesello, mentre le altre sono esclusivamente realizzate per modellato plastico e per giunta di squisita fattura (Fig. 9 a-b).

    La superficie conserva perlopi la pelle di fusione, ma non sono da escludere trattamenti di politura alla maniera antica, soprattutto nella parte superiore7. Le limature, invece, sono localizzate soprattutto nella parte inferiore (Fig. 3): possibile che esse siano del tutto estranee alla fase di pro-duzione originaria e che documentino piuttosto una rinettatura parziale, cui il monumento potrebbe essere stato sottoposto in occasione delle sistemazioni di epoca medievale o dellaggiunta cinque-centesca dei gemelli.

    Sulle ciocche del pelame i solchi pi netti e acuti potrebbero indicare qualche ripresa a cesello, strumento forse impiegato per i sopraccigli (Fig. 10 a-b). Con queste prime osservazioni, se con-fermate, verrebbe in parte contraddetta lidea che la Lupa sia stata realizzata con ununica fusione, priva di interventi successivi e persino con i difetti provocati dai limiti tecnologici e dalla perdita di cognizioni che contraddistinguono la bronzistica post-antica8, con un sostanziale compiacimento per il non finito9 e soprattutto che essa sia priva di una sua storia prima delle aggiunte rinascimentali10.

    Nonostante queste precisazioni, la Lupa, pur costituendo un monumento notevole per impegno

    Fig. 9 a-b. Lupa Capitolina, dettaglio della coda: al di sotto dellattacco superiore, segnato da un solco netto, si nota una resa delle ciocche differente per stile e tecnica (foto Autore).

    7 forMigli 1999, pp. 320-321, figg. 26-30.8 carruba 2006, pp. 30-32. Per una breve rassegna tecnologica dei grandi bronzi tra epoca tardo-romana e

    Medioevo, vd. Miazzo 1999. 9 Cos carruba 2006, p. 24, quando afferma: anche probabile che una lieve ruvidit della superficie

    fosse pi consona al linguaggio espressivo medievale.10 carruba 2006, p. 23.

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    tecnologico e valore intrinseco del materiale impiegato, pur sempre 150 kg di bronzo, resta per sventura un sostanziale unicum. Intendo dire che, accettando come ipotesi di lavoro la sua datazione tardo-arcaica, essa continua ad apparire abbastanza difforme dai procedimenti tecnologici adottati per la fusione di grandi bronzi in Grecia e in Etruria gi a partire dalla fine del VI e poi nel V secolo a.C., che cos riassumo11:

    fusione in parti separate successivamente saldate; presenza evidente di chiodi distanziatori e tasselli di riparazione; impiego preferenziale della tecnica indiretta; trattamenti di finitura superficiale.Tuttavia non si tratta di condizioni sufficienti per espungere a priori la Lupa dal quadro della

    bronzistica antica. Al riguardo necessario introdurre alcune brevi considerazioni per meglio fo-calizzare il problema. Lo studio tecnologico dei bronzi antichi negli ultimi anni ha permesso di sfatare luoghi comuni e approssimazioni anacronistiche consolidate. Oggi, grazie anche ad alcuni dei presenti, come Francesco Roncalli12 e Edilberto Formigli13, siamo in grado di delineare una storia

    Fig. 10 a-b. Lupa Capitolina, dettagli: possibili rifiniture a cesello su pelame (a) e sopraccigli (b) (foto Autore).

    11 A livello esemplificativo, possono essere assunti a parametro lo studio accurato condotto sulle statue di Riace (ForMigli 1984) e le indagini succedutesi sul Marte di Todi (roncalli 1973; Sannibale 1999a, pp. 284-292). In generale per la statuaria antica vd.: ForMigli 1994; Grandi bronzi antichi 1999, pp. 49-65 (G. ziMMer), 75-82 (C.C. MattuScH), 83-90 (E. forMigli), 239-254 (W.-D. HeilMeyer ) e passim.

    12 Il lavoro pionieristico dedicato al Marte di Todi (roncalli 1973) ha avuto il merito di introdurre organi-camente unaccurata indagine archeometrica nella valutazione degli aspetti archeologici e stilistici, restituendo allapproccio materico e tecnologico la sua giusta prospettiva storica. Limpiego della tecnica di formatura in-diretta, la fusione in parti separate, le tecniche di saldatura, identificate per la prima volta nella statua tudertina, hanno poi conosciuto ulteriori riscontri e precisazioni in occasione degli studi dedicati ad altri grandi bronzi negli anni a seguire. Da allora abbiamo cominciato a guardare alla bronzistica antica con occhi diversi, non pi come alloriginale per eccellenza.

    13 La produzione di Edilberto Formigli sullargomento, frutto di una instancabile attivit pluridecennale

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    tecnologica della bronzistica antica. Sappiamo in sostanza che una tecnica di fusione non immu-tabile: essa risente delle variabili cronologiche e culturali e si sottrae sostanzialmente alla categoria del determinismo. Vale a dire che le risposte tecnologiche a una stessa esigenza possono variare a seconda del contesto ma, una volta elaborate, esse seguono comunque regole precise che lascia-no poco spazio allimprovvisazione. Credo di poter ancora oggi affermare che uniconografia pu essere copiata, ma che una tecnica si deve apprendere. Ci significa che la tecnologia rappresenta comunque un fenomeno culturale e che determinate scelte tecnologiche possono essere influenzate dalla cultura.

    Lo studio tecnologico concorre pertanto al pari degli elementi tipologici, iconografici, stilistici, nel suo pieno significato storico e culturale, al corretto inquadramento di unopera14. Non pu esso tuttavia costituire un parametro assoluto, in quanto dipendente dagli altri parametri, per cui al pari di questi non pu essere sottratto a una verifica critica.

    In sostanza lesame deve procedere attraverso un sistema combinatorio, una volta esplicitate le diverse incognite. Lapparente aporia di un bronzo tardo-arcaico con una tecnologia apparentemente medievale, prima ancora di una sfida metodologica assume piuttosto il sapore di una vendetta della storia: quattordici secoli di escursione finiscono per scalzare nervi saldi e certezze consolidate.

    Lapproccio migliore appare pertanto quello di considerare la Lupa, decontestualizzata dal punto di vista archeologico, come una fonte letteraria manoscritta. necessario cio identificare il nucleo originario dellopera e le eventuali interpolazioni seriori (analisi iconografica e stilistica) per poi fissare il momento della redazione ultima attraverso lanalisi della carta e dellinchiostro (esame tecnologico).

    La domanda che ci si pone a questo punto la seguente: possibile che un bronzista etrusco abbia impiegato una tecnologia fusoria antecedente lintroduzione della saldatura per realizzare, con unica fusione, una statua certamente monumentale ma di dimensioni relativamente contenute? Pur-troppo non abbiamo confronti diretti, ma solo riscontri analogici e deduttivi parziali, che comunque non consentono di cassare a priori lipotesi.

    Il fatto che gi alla met del VI secolo a.C. si potesse fondere in parti separate che quindi dove-vano poi essere saldate un kouros alto poco pi di un metro, non pu assumere validit universale. Il ricorso alla saldatura, nel caso appena citato, stato ipotizzato da Carol C. Mattusch per il kouros Athenian Agora S741, di cui stata rinvenuta parte del mantello della forma entro la sua fossa di fusione, nella quale sembra non entrasse per intero15; resta comunque da considerare che dal collo in gi il kouros stato comunque fuso in un unico pezzo. Quanto alla tecnica diretta, abbiamo il caso documentato del suo impiego parziale ancora nel Marte di Todi, alla fine del V secolo a.C.16.

    che lo ha portato a contatto diretto e analitico con opere sia famose che anonime, ormai imponente. Rimando per brevit alla voce di cui autore nellaggiornamento dellEnciclopedia dellArte Antica, con bibliografia precedente (forMigli 1994) e agli atti dei seminari di studi ed esperimenti di cui stato curatore e promotore (Grandi bronzi antichi 1999).

    14 Sugli aspetti tecnologici intesi nel loro significato culturale, ho avuto occasione di esprimermi in altre occasioni: Sannibale 1999a, 2003a e 2006.

    15 MattuScH 1988.16 roncalli 1973, p. 40 ss., fig. 56.

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    Non bisogna trascurare, inoltre, che nel periodo arcaico, proprio per il limitato o assente ricorso alla saldatura, la stessa tecnica fusoria ad essere molto raffinata. Cito al riguardo alcuni specchi etruschi figurati, che venivano fusi perfettamente gi con le incisioni realizzate allo stadio di cera, senza la necessit di ritocchi a freddo17.

    Barre di armatura in ferro, ma solo interne beninteso, sono documentate nella statuaria classica, ad esempio nei Bronzi di Riace18, oppure nel caso del piede della statua di filosofo da Porticello che si data verso la fine del IV secolo a.C.19.

    La lega ternaria adottata per la Lupa, con stagno e piombo come alliganti, non rappresenta un serio ostacolo per una datazione a partire gi dal V secolo a.C., in quanto la ritroviamo simile anche nel Marte di Todi20. La presenza del piombo nei bronzi etruschi non costituisce di per s un indicato-re di cronologia pi tarda: sebbene tendenzialmente di tenore pi basso sino al IV secolo a.C. ma dipende anche dal genere di manufatto il piombo comunque introdotto in quantit apprezzabili gi nei bronzi arcaici21; semmai un elemento discriminante rappresentato dal suo rapporto con lo stagno, ma questo lo vedremo dopo.

    La provenienza del metallo impiegato per la fusione della Lupa, attraverso lanalisi degli iso-topi del piombo, stata ora circoscritta alla miniera sarda di Calabona, situata nella Nurra, presso Alghero; sulla base dellesame mineralogico degli inclusi nel refrattario, larea dellofficina viene invece localizzata nella valle del Tevere tra Roma e Orvieto22. Questi nuovi dati non contrastano con lipotetica realizzazione della Lupa agli inizi del V secolo a.C., una cronologia di cui stata colta suggestivamente la coerenza con il quadro storico segnato dal trattato romano-cartaginese del 509-508 a.C., nonch dagli stretti rapporti tra i Cartaginesi, ormai stabilmente impiantati in Sardegna, e gli Etruschi23. Tuttavia lidentificazione della miniera si limita a porre nello spazio la materia che compone lopera ma non costituisce elemento sufficiente per fissarla nel tempo, non escludendo di fatto altre possibilit.

    A questo punto necessario riportare il discorso sul versante stilistico e iconografico. A un pri-mo impatto il monumento tradisce immediatamente una matrice arcaica24, in cui sono riconoscibili precedenti anche pi antichi rispetto alla datazione corrente, almeno a partire dalla seconda met del VI secolo a.C. Se si guarda al corpo, la sua impostazione statica ricorda ancora lo schema apotro-

    17 ziMMer 1996; Sannibale 2000, pp. 251-255.18 forMigli 1984, pp. 112-115, figg. 5-7.19 paribeni 1984; fiorentino, Marabelli, MicHeli 1984, pp. 19-22, fig. 9, tav. IV, 2.20 Sannibale 1999a, p. 285.21 Nella statuaria classica si rileva unassenza o un indice tendenzialmente basso del piombo almeno fino al

    IV secolo a.C., sebbene in alcune statuette greche arcaiche superi anche il 20%: craddock 1977, pp. 111-115. Diversamente, per i bronzi etruschi analizzati da Craddock, stata rilevata la presenza di piombo superiore all1% nel 90% dei casi, gi nel VII-VI secolo a.C. (craddock 1984, pp. 223-226, fig. 6; 242-243, tab. 2); nel V secolo a.C. la tendenza confermata, con il piombo che aumenta in percentuale soprattutto nelle fusioni pi grandi, e si allinea ora con i valori registrati per i bronzi greci e magnogreci (craddock 1984, pp. 226-228, fig. 11; 247-248, tab. 7).

    22 gale, giardino, pariSi preSicce 2005.23 gale, giardino, pariSi preSicce 2005, pp. 139-140.24 Per i precedenti nellarte etrusca arcaica della Lupa e la sua valenza simbolica: alfldi 1977.

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    paico dellanimale di tradizione orientalizzante mutuata nellarcaismo. A solo titolo di esempio cito i leoni di una neck amphora della cerchia di Lydos (Pittore del Louvre F6; Pittore del Vati-cano 309), 560-550 a.C., della raccolta Giacinto Guglielmi e verosimilmente da Vulci, per lim-postazione del corpo, le zampe anteriori dritte, le costole evidenziate (Fig. 11)25. Un dettaglio, quello della gabbia toracica, che anticipa gli esempi senzaltro pi vicini e noti, rappresenta-ti dai cani dellAcropoli di Atene26 o dalla cerva cerinite nel gruppo acroteriale del santuario del Portonaccio a Veio alla fine del VI secolo a.C.27.

    Ma la cifra stilistica pi peculiare credo sia rappresentata dalla resa delle ciocche del pela-me. Per queste, prima ancora di scomodare la treccia dei rilievi altomedievali28, appare pi puntuale e appropriato il confronto con il vello inciso sul rivestimento del carro di tipo etrusco da Roma Vecchia, intorno alla met del VI seco-lo a.C. (Fig. 12 a-b)29.

    Quanto alle chiocciole della criniera (Fig. 13), si pu tranquillamente rigettare il confronto inappropriato istituito con il motivo delle onde correnti, associate allalbero della vita nei rilie-vi altomedievali30. Le onde correnti, peraltro, non costituiscono meri ornamenti o rappresentazioni naturalistiche, in quanto riassumono piuttosto valenze simboliche pregnanti e di ben pi antico retaggio31. Per le chiocciole della nostra lupa si pu guardare pi linearmente alle capigliature dei gorgoneia arcaici, di cui si possono citare redazioni anche tra i bronzi laconici, ad esempio il rivestimento di scudo in bronzo dal santuario di Athena Chalkioikos, fine VI secolo a.C. (Fig. 14)32 o lansa del cratere di Vix, 530-520 a.C.33. Nellambito

    Fig. 11. Neck-amphora del Pittore del Louvre F6. Museo Gregoriano Etrusco 39516, gi Raccolta Giacinto Guglielmi (foto Musei Vaticani).

    25 paribeni, iozzo 1997, pp. 48-49, n. 13.26 Cane n. 143, 520-510 a.C.: payne, young s.d., p. 51, tav. 131, 3; Grecia arcaica 1969, fig. 296.27 Un bel dettaglio pubblicato da roncalli 1986, p. 622, fig. 520.28 carruba 2006, p. 39.29 buranelli, eMiliozzi, Sannibale 1997, p. 195, figg. 4-5, tav. XIX, 1.30 carruba 2006, pp. 38-39, fig. 36.31 Sul significato mistico ed escatologico del motivo delle onde marine con delfini guizzanti nei cicli pitto-

    rici delle tombe etrusche: pHilippe gallon-Sauvage 2005; Minetti 2004, p. 149.32 Atene, Museo Archeologico Nazionale 15917: Athens-Sparta 2006, p. 156, fig. 1.33 Chtillon-sur-Seine, Museo Archeologico: Grecia arcaica 1969, p. 150, fig. 184; rolley 1983, pp. 138-

    139, figg. 128-129.

  • Maurizio Sannibale52

    Fig. 12 a-b. Motivo a vello inciso sulle lamine di rivestimento della biga da Roma Vecchia: restituzione grafica e dettaglio. Museo Gregoriano Etrusco 22332 (foto Musei Vaticani).

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    della bronzistica etrusca delliniziale V secolo a.C., il trattamento calligrafico delle chioccio-le della criniera appare chiaramente riprodotto nella capigliatura della testa British Museum 3212, intorno al 480 a.C. (Fig. 15)34.

    Sempre alliniziale V secolo a.C. si pone un altro confronto corrente, quello delle borchie tarquiniesi con testa leonina35, nelle quali ritro-viamo associati il motivo del vello fiammato e le chiocciole della criniera (Fig. 16)36. In tale ambito vorrei persino azzardare una compara-zione delle orecchie della Lupa (Fig. 17) che, sebbene rese plasticamente nella fusione, sem-brano tradire nella loro schematicit di fondo assonanze con le pi rigide redazioni in lamina, come ad esempio le orecchie e le corna di Ache-loo nelle stesse borchie (Fig. 18)37.

    Fig. 13. Lupa Capitolina, dettaglio: ciocche della criniera (foto Autore).

    Fig. 14. Rivestimento di scudo in bronzo. Ate-ne, Museo Archeologico Nazionale 15917 (da Athens-Sparta 2006).

    34 criStofani 1985, n. 112.35 Ad esempio Museo Gregoriano Etrusco 12623: Scala 1993, pp. 158-159, fig. 15, L. 24; Sannibale 2003b,

    p. 84, fig. a p. 110. 36 Per laccostamento delle chiocciole della Lupa a quelle della testa del British Museum e delle borchie

    da Tarquinia: Matz 1951.37 Ad esempio Museo Gregoriano Etrusco 12461: Scala 1993, pp. 178-179, fig. 58, Ac. 13; Sannibale

    2003b, pp. 84-85, fig. a p. 111.

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    Fig. 15. Testa in bronzo. Londra, British Museum 3212 (da criStofani 1985).

  • Maurizio Sannibale54

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    Fig. 16. Borchia in bronzo con testa leonina, da Tarquinia. Museo Gregoriano Etrusco 12623 (foto Musei Vaticani).

    Fig. 17. Lupa Capitolina, dettaglio: orecchie (foto Musei Capitolini).

    Delineate per sommi capi le componenti stilistiche arcaiche, passerei ora ad affrontare il tema pi spinoso degli elementi ibridi seriori. Il muso (Fig. 19), sebbene conservi nelle froge uno schematismo arcaico quasi di maniera38 che ritroviamo anche nel pi tardo esempio della Chimera (Fig. 20)39, presenta dettagli anatomi-ci come i vasi sanguigni enfatizzati che, al pari delle vene riprodotte sulle zampe, riportano gi a un panorama leggermente pi avanzato: al ri-guardo stato citato da Claudio Parisi Presicce il nome di Pitagora di Reggio, primo a conno-tare le vene nella scultura nella prima met del V secolo a.C.40.

    Ma quello che, a una mia prima impressione, scompagina il quadro stilistico pur rassicurante

    Fig. 18. Borchia in bronzo con testa di Acheloo, da Tarquinia. Museo Gregoriano Etrusco 12461 (foto Musei Vaticani).

    38 Scomodo al riguardo lesempio dei buoi di Gerione nellanfora calcidese del Gruppo delle Anfore Iscritte (Pittore delle Iscrizioni), da Vulci, 540-530 a.C.: CVA France 7, Paris, Bibliothque Nationale 1, pp. 19-21, IIIE, tavv. 24-25; calabria 2000, pp. 56-61, fig. 3.

    39 criStofani 1985, n. 121; Chimera dArezzo 1992.40 pariSi preSicce 2000, pp. 78-83.

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    di una persistenza tardo-arcaica nella produzione della prima et classica, dato dallintonazione patetica dellanimale, tutta affidata agli occhi, o meglio a quei sopraccigli cos sporgenti, plastici, aggrottati, con un inquieto e tormentato andamento sinuoso, che poco hanno in comune con le re-golari arcate arcaiche e classiche (Fig. 21). Anzi, per giungere agli elementi patetici attribuiti alla figura animale, dobbiamo necessariamente scendere nellavanzato IV secolo, a partire da Lisippo e poi Apelle e Protogene, celebrati pittori di animali, sebbene un immediato paradigma mi appare fornito dal cavallo di Alessandro nel grande mosaico della Casa del Fauno a Pompei, possibile copia dellopera di Philoxenos di Eretria (Fig. 22 a-b)41.

    Se cos stanno le cose, spostando verso la fine del IV secolo a.C. i referenti stilistici della reda-zione finale, verrebbero meno i presupposti di una fusione arcaica della Lupa, con buona pace della scuola di Vulca42. Ma allora quando stata realizzata? Torniamo alla tecnica.

    stato affermato che il sistema di fusione con barre esterne di armatura a sostegno della forma un chiaro sistema medievale adottato dai fonditori di campane43. Da parte mia posso citare qualche esempio pi antico. Armature esterne di forme, per getti impegnativi in peso e dimensioni, sono state ipotizzate per spiegare le aperture presenti nei cavalli di San Marco44 e forse sul cavallo del Marco

    Fig. 19. Lupa Capitolina, dettaglio: parte frontale del muso (foto Autore).

    Fig. 20. Chimera dArezzo, dettaglio: parte fronta-le del muso (foto Autore).

    41 zevi 1998, in particolare p. 41 sgg., tav. 17.42 A queste conclusioni, per altre vie, era pervenuto von vacano 1973, che riconosceva una redazione ar-

    caizzante nella resa della criniera a sua volta confrontata con rhyta greci della met del IV secolo a.C. e con i leoni del Mausoleo di Belevi (fine IV - inizi III secolo a.C.).

    43 La Lupa presenta due finestre predisposte allo stadio di cera per il passaggio delle barre di armatura della forma di fusione (carruba 2006, pp. 17-19, figg. 9-12); per il confronto con i sistemi di fusione delle campane nel Medioevo, vd. carruba 2006, p. 30; per la tecnica di fusione dei bronzi medievali, cfr. anche Miazzo 1999.

    44 galliazzo 1981, pp. 129-132, fig. 66.

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  • Maurizio Sannibale56

    Aurelio45. Sicuramente allo stesso scopo sono serviti i fori quadrangolari presenti sul capitello delle colonne in bronzo di San Giovanni in La-terano, di reimpiego costantiniano ma di fattura traianeo-adrianea (Fig. 23 a-b)46: lo spessore del getto qui di 15 mm, come nel caso della Lupa. stato calcolato che per un solo fusto delle colonne lateranensi siano stati necessari circa 8.000 kg di metallo, gettati preparando al-meno 160 grossi crogioli, ciascuno con 50 kg di lega47. Da questo ritengo che non ci fosse biso-gno di attendere i fonditori di campane medie-vali. Ma allora la Lupa pu essere retrodatata almeno allepoca romana imperiale?

    In tal caso sarebbe la composizione della lega, con tenore di piombo apprezzabile (Pb 5%), ma circa dimezzato rispetto allo stagno (Sn 9,2%) a indicare una sostanziale difformit dai getti canonici di epoca imperiale. In essi il piombo predominante: Riederer ha identifica-to due gruppi di leghe impiegate nella statua-ria romana48: uno con piombo al 15%, laltro al 25%, mentre lo stagno costante intorno al

    5%. Con tutta la prudenza del caso si pu affermare che, almeno nella composizione della lega, la Lupa tendenzialmente difforme dai bronzi romani e pi vicina ai bronzi etrusco-italici fino a et classica matura49, nei quali il piombo pu giungere a equivalere, e difficilmente a superare, il tenore di stagno; al contrario un bronzo ellenistico come il Putto Graziani di fatto pi vicino alla statuaria romana50. A titolo esemplificativo mostro una tabella comparativa con la composizione (stagno e piombo in %) di alcuni grandi e piccoli bronzi etruschi, compresi tra il VI e il II secolo a.C.________

    45 MicHeli 1989, pp. 256-257, figg. 229-230. Cfr., inoltre: Sannibale 1992-93, pp. 105-107.46 liverani 1992-93.47 Sannibale 1992-93, pp. 103-105, fig. 3.48 riederer 1999.49 A conclusioni analoghe pervengono, attraverso un modello di elaborazione statistica, gale, giardino,

    pariSi preSicce 2005, p. 137, fig. 4.50 Le analisi di bronzetti etruschi datati tra IV e II secolo a.C. (craddock 1984, pp. 228-231, fig. 15; 251-

    253, tab. 11), mostrano un tendenziale aumento del piombo che eccede in percentuale lo stagno. Per la grande statuaria etrusca in bronzo, le analisi documentano unadozione relativamente precoce di leghe al piombo, che compare ancora in proporzioni modeste nella Chimera di Arezzo ed praticamente assente nella testa della collezione Tyszkiewicz, datata alliniziale V secolo a.C. (craddock 1984, pp. 233 e 260, tab. 18). Tuttavia sia il Marte di Todi sia le statue note come Putto Carrara e Putto Graziani, entrambe realizzate con la stessa tecnica dei grandi bronzi, sono costituite da una lega ternaria ad alto titolo di piombo; per le analisi su questi bronzi e su altri bronzi figurati del Museo Gregoriano Etrusco: Sannibale 1999a.

    Fig. 21. Lupa Capitolina, dettaglio: occhio (foto Musei Capitolini).

  • la lupa capitolina 57

    Fig. 22 a-b. Mosaico della Battaglia di Alessandro contro Dario III, dalla Casa del Fauno di Pompei: dettaglio del cavallo di Alessandro Magno. Napoli, Museo Ar-cheologico Nazionale (foto Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Napoli e Caserta).

  • Maurizio Sannibale58

    Fig. 23 a-b. Capitello monumentale in bronzo dorato, dettaglio: foro quadrangolare per il passaggio della barra di armatura. Roma, San Giovanni in Laterano (foto Musei Vaticani).

  • la lupa capitolina 59

    oggetto area di produzione cronologia Sn PbLupa Capitolina Roma-Orvieto 9,2 5,0Eracle MGE* 1209151 Etruria 540-520 a.C. 13,39 5,79Candelabro MGE 1241052: cimasafusto

    Vulci (?) 450 a.C. 9,312,6

    5,0 9,3

    Marte di Todi53 Orvieto/Volsinii 420-400 a.C. 9,66**12,48

    10,50** 9,02

    Chimera di Arezzo54 Val di Chiana 400-350 a.C. 13,62 2,36Devota MGE 1202555 Etruria meridionale/Orvieto 350-300 a.C. 17,50 3,46Putto Carrara56 Tarquinia 350-300 a.C. 13,82 17,83Aruspice57 Ager Volsiniensis 320-280 a.C. 14,97 12,14Putto Graziani58 Trasimeno 200-150 a.C. 7,54 20,44

    * MGE = Museo Gregoriano Etrusco.** Analisi pubblicate da roncalli 1973.

    Il dato tecnologico della composizione della lega allineato sui tenori della bronzistica etrusca tardo-arcaica e classica che include a tutto il IV secolo a.C. casi come la Chimera di Arezzo e il bron-zetto di devota Museo Gregoriano Etrusco 12025 con tenore di piombo ancora contenuto non in contrasto con lipotesi, formulata sulla base degli elementi stilistici, che la Lupa sia stata realizzata a partire dalla fine del IV secolo a.C., anche se per la tecnica fusoria a grandi spessori con armatura esterna disponiamo di esempi concreti solo pi tardi. Il tutto apparirebbe in singolare coincidenza con la dedica dei fratelli Ogulnii presso il Fico Ruminale del 296 a.C. e le contemporanee emissioni romano-campane in cui compare liconografia della lupa con i gemelli59.

    Resta un quesito di fondo a questa ipotesi di lavoro, tutta da verificare: come mai a partire dal tardo IV secolo a.C., o in un momento successivo non meglio precisabile dellepoca repubblica-na, verrebbe fuso un simulacro di ricostruzione o sostituzione di una analoga statua di evidente

    51 cagianelli 1999, n. 5; Sannibale 1999a, p. 286, tab. 1.52 teSta 1989, n. 7; Sannibale 1989, p. 248.53 roncalli 1973, p. 44; Sannibale 1999a, p. 285. Nella tabella riportata la composizione media risultata

    dai diversi punti di prelievo, con esclusione delle saldature e delle inserzioni. 54 Chimera dArezzo 1992, p. 120; gale, giardino, pariSi preSicce 2005, p. 137.55 cagianelli 1999, n. 29; Sannibale 1999a, p. 286, tab. 1.56 cagianelli 1999, n. 2; Sannibale 1999a, p. 293, fig. 30.57 cagianelli 1999, n. 36; Sannibale 1999a, p. 286, tab. 1.58 cagianelli 1999, n. 3; Sannibale 1999a, p. 299, fig. 43.59 liv. X, 23, 11. I fatti sono ripercorsi da pariSi preSicce 2000, pp. 21-22.

    ________

  • Maurizio Sannibale60

    concezione arcaica, impiegando una tecnica che appare comunque piuttosto inusuale rispetto alla statuaria coeva?

    Non trovando spiegazioni tecnologiche o funzionali per questo ambito storico60, posso solo sup-porre motivazioni di carattere contingente e rituale. Quanto alla realizzazione diretta del modello, appare evidente che la Lupa rivestisse un certo carattere di unicit, per pregio, monumentalit e conseguente destinazione: non era pertanto destinata a subire repliche61. Il bronzista, inoltre, doveva aver presente un modello pi antico, danneggiato o da sostituire, riletto attraverso il suo linguaggio artistico contemporaneo. Lalto spessore del getto in alcune zone sicuramente legato alluso della tecnica diretta, ma non del tutto da escludere che vi fossero dei parametri vincolanti quanto a di-mensioni e valore ponderale della statua.

    Si tratta ovviamente di una pura e prudente ipotesi, che consente di restringere il campo di va-riabilit iniziale, conciliando i dati disponibili pur nella loro carenza e contraddizione. Come tale la consegno alla vostra attenzione e discussione.

    Maurizio Sannibale

    Post scriptum

    Le conclusioni cui sono pervenuti indipendentemente sia gli archeologi e storici dellarte antica sia i medievalisti, con distinti approcci e prospettive di indagine, convergono sostanzialmente nel rico-noscere il carattere antico della Lupa negli aspetti iconografici e stilistici.

    Con questi risultati non si conciliano gli studi sin qui condotti in campo archeometrico per quan-to concerne la tecnica fusoria (A.M. Carruba; E. Formigli), nonch le datazioni al radiocarbonio (G. Calderoni) e lanalisi della termoluminescenza sulle terre di fusione (M. Martini).

    Lintervento di Claudio Giardino, che compara la composizione delle leghe bronzee in ambito etrusco con quelle in uso in epoca romana imperiale e nel medioevo, concorda con le mie osserva-zioni basate su una limitata e occasionale statistica, citata a mero titolo esemplificativo.

    Resta pertanto da chiarire il rapporto degli aspetti tecnologici con il quadro delineato dallap-proccio critico tradizionale allopera, ovvero lanalisi iconografica e stilistica, che risulta in appa-rente contraddizione con i primi. Una realizzazione in et post-antica per il momento prospettata dalle datazioni al radiocarbonio, che comunque indicano un momento anteriore al periodo carolin-gio (420-560 d.C. oppure 645-690 d.C.), e la termoluminescenza che comprende un arco tra IX e XV secolo. Va notato che i due metodi di datazione, radiocarbonio e termoluminescenza, appaiono inconciliabili essendo, per la concorde esclusione dellVIII secolo, di fatto privi di un pur minimo margine di sovrapponibilit.

    60 Al contrario ho dimostrato che bronzi oggetto di dedica, ma di repertorio, come il Putto Carrara e il Putto Graziani, compresi tra la met del IV e la met del II secolo a.C., sebbene di dimensioni contenute, sono stati fusi con la tecnica indiretta in parti separate, come le grandi statue: Sannibale 1999a, pp. 292-302; San-nibale 1999b, pp. 113-146.

    61 Il Putto Graziani, ad esempio, costituisce una possibile replica antica ricavata dal calco di una analoga statua in bronzo: Sannibale 1999a, pp. 298-301, figg. 43, 52-53; Sannibale 2006.

    ________

  • la lupa capitolina 61

    Gli elementi tecnologici esigono pertanto di essere inquadrati storicamente, una volta com-pletate le verifiche sui dati oggettivi gi rilevati e possibilmente con lacquisizione di nuove informazioni.

    Un dettaglio meriterebbe di essere ulteriormente analizzato. Sul piano formale ho sottolineato come a partire dallattacco superiore della coda sia evidente una cesura nella resa della peluria, tale da far pensare a due mani o a due momenti tecnologici distinti. La coda appare in sostanza come un restauro di qualit artistica minore rispetto al complesso della figura, che pertanto assume il valore di unopera storicizzata.

    Lipotesi della fattura altomedievale della statua su base tecnologica, qualora dovesse rivelarsi fondata, pone comunque lobbligo di produrre nuove argomentazioni sul piano storico-artistico. Si deve infatti convenire che questa redazione bronzea a noi pervenuta non poteva prescindere dal riprendere un modello originario pi antico e ancora disponibile, eventualit prospettata nellinter-vento di Lellia Cracco Ruggini.

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