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FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

presidente

Paolo Costa

consiglieri

Giancarlo Galan

Pierdomenico Gallo

Alfonso Malaguti

Angelo Montanaro

Armando Peres

Giorgio Pressburger

Giampaolo Vianello

—————————

sovrintendente

Giampaolo Vianello

direttore musicale

Isaac Karabtchevsky

—————————

COLLEGIO REVISORI DEI CONTI

presidente

Angelo Di Mico

Adriano Olivetti

Maurizia Zuanich Fischer

—————————

SOCIETÀ DI REVISIONE

PricewaterhouseCoopers S.p.A.

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L’OLIMPIADE

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

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L’OLIMPIADE

dramma per musica diPIETRO METASTASIO

musica di

DOMENICO CIMAROSA

TEATRO MALIBRANgiovedì 20 dicembre 2001, ore 20.00, in abbonamentosabato 22 dicembre 2001, ore 15.30, in abbonamento

domenica 23 dicembre 2001, ore 15.30, in abbonamento

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

In occasione del II centenario della morte a Venezia di Domenico Cimarosa

Con il patrocinio del Comitato Nazionale per le celebrazioni del III centenario della nascita di Pietro Metastasio

Con la collaborazione di American Friends of the Venice Music Festival

Le manifestazioni per Metastasio si svolgono sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

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Francesco Candido, ritratto di Domenico Cimarosa.

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SOMMARIO

7LA LOCANDINA

11IL LIBRETTO

40L’OLIMPIADE IN BREVE

42ARGOMENTO - ARGUMENT - SYNOPSIS - HANDLUNG -

53ANDREA CHEGAI

QUANDO CIÒ CHE È SIMILE SI FA DIVERSOCIMAROSA E L’OLIMPIADE (CINQUANT’ANNI DOPO)

69ALESSANDRO BORIN

UNA PERIPEZIA SENZA COLPA

76MARIO VALENTE

METASTASIO E VENEZIA

80DOMENICO CIMAROSAa cura di MIRKO SCHIPILLITI

90BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

a cura di GILDO SALERNO

97BIOGRAFIE

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Francesco Zito, bozzetto scenico per L’Olimpiade. Venezia, Teatro Malibran, dicembre 2001.

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LA LOCANDINA

In occasione del II centenario della morte a Venezia di Domenico Cimarosa

LL’’OOLLIIMMPPIIAADDEEdramma per musica in due atti (1784)

libretto diPIETRO METASTASIO

musica di

DOMENICO CIMAROSA

Edizione critica a cura di ALESSANDRO BORINRevisione a cura di ANDREA MARCON

prima rappresentazione in tempi moderni

personaggi ed interpreti principaliClistene LUIGI PETRONIAristea PATRIZIA CIOFI

Megacle ANNA BONITATIBUSLicida LAURA BRIOLI

Argene ERMONELA JAHOAminta BRUNO LAZZARETTI

maestro concertatore e direttore

ANDREA MARCONregia

DOMINIQUE POULANGEscene e costumi

FRANCESCO ZITO

light designer

FABIO BARETTIN

ORCHESTRA BAROCCA DI VENEZIA

Con il patrocinio del Comitato Nazionale per le celebrazioni del III centenario della nascita di Pietro Metastasio

Con la collaborazione di American Friends of the Venice Music Festival

Le manifestazioni per Metastasio si svolgono sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

nuovo allestimento

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direttore musicale di palcoscenico SILVANO ZABEOdirettore di palcoscenico PAOLO CUCCHI

responsabile allestimenti scenici MASSIMO CHECCHETTOaltro direttore di palcoscenico LORENZO ZANONI

maestro di sala MARIA CRISTINA VAVOLOmaestro rammentatore PIERPAOLO GASTALDELLO

maestro alle luci GABRIELLA ZENassistente musicale MASSIMILIANO RASCHIETTI

assistente regia CARLO BELLAMIOassistente costumi MARCO NATERI

assistente scenografo ANNAMARIA INNAMORATIcapo macchinista VALTER MARCANZIN

capo elettricista VILMO FURIANcapo attrezzista ROBERTO FIORIcapo sarta MARIA TRAMAROLLO

responsabile della falegnameria ADAMO PADOVANcapogruppo figuranti CLAUDIO COLOMBINI

scene DECORPAN e PAOLINO LIBRALATO (Treviso)costumi NICOLAO ATELIER (Venezia)

calzature POMPEI 2000 (Roma)attrezzeria RANCATI (Milano)parrucche AUDELLO (Torino)

ORCHESTRA BAROCCA DI VENEZIA

violini primi LUCA MARES, P. CHRISTOPH TIMPE, GIORGIO BALDAN, VANIA PEDRONETTO, ROSSELLA CROCE, FRANZISKA ZEHNDER

violini secondi GIUSEPPE CABRIO, GIULIA PANZERI, MARGHERITA ZANE, TERRY RATCLIFF

viole ALESSANDRA DI VINCENZO, MERI SKEJIC, FRANCO GALLETTO, MAURIZIO BORZONE

violoncelli FRANCESCO GALLIGIONI, DANIELE CERNUTO, ALESSANDRA BOLDRIN corni DILENO BALDIN, BRUNELLO GORLA

oboe solista OMAR ZOBOLI oboi STEFANO VEZZANI, NICOLA FAVARO

traversieri MICHELE FAVARO, ORNELLA GOTTARDI trombe MICHELE SANTI, FEDERICO PANIZZOLO

fagotto PAOLA FREZZATO violoni ALESSANDRO SBROGIÒ, ALESSANDRO PIVELLI

fortepiano MASSIMILIANO RASCHIETTI

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Francesco Zito, costumi per L’Olimpiade. Venezia, Teatro Malibran, dicembre 2001.

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Frontespizio del libretto per la prima esecuzione assoluta dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa. Vicenza,Teatro Eretenio, 1784. (Padova, Biblioteca del Museo Civico).

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IL LIBRETTO

L’OLIMPIADEdramma per musica in due atti di

PIETRO METASTASIO

edizione a cura di

ALESSANDRO BORIN

La presente edizione si basa sulla collazione dei testimoni a stampa del libretto, conservati rispetti-vamente all’interno del Fondo Gonzati della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza (Gonz. 23. 1), epresso la Biblioteca del Museo Civico di Padova (H 42856). Il testo dei libretti corrisponde a quello intonato nel manoscritto parzialmente autografo della par-titura, allocato presso la Biblioteca del Conservatorio «San Pietro a Majella» di Napoli (Rari1.2.19/20; olim 13.3.5-6).In considerazione della differente funzione e destinazione del libretto e della partitura, nell’edi-zione è stato generalmente privilegiato il testo esemplato nei libretti a stampa, segnalando in notale varianti più significative riscontrate nella partitura.L’ortografia del testimone di riferimento è stata normalizzata secondo le consuetudini moderne,tranne i casi in cui tale normalizzazione avrebbe compromesso o menomato alcuni aspetti dellapronuncia codificata attraverso l’intonazione musicale.Ove nella partitura siano state riscontrate delle forme ipermetriche non dovute a fenomeni di cor-ruttela, ma riconducibili ad esigenze di carattere prettamente musicale, la sillaba assente nel testopoetico originario e responsabile dell’ipermetria è stata posta fra i segni > <.Tra parentesi quadre sono state infine poste tutte quelle indicazioni relative all’apparato delle dida-scalie sceniche assenti sia nel libretto che nella partitura, e come tali aggiunte dal curatore.

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argomento

Nacquero a Clistene, Re di Sicione, due figlioli gemelli: Filinto ed Aristea. Ma avvertitodall’Oracolo di Delfo del pericolo ch’ei correbbe d’essere ucciso dal proprio figlio, perconsiglio del medesimo Oracolo fece esporre il primo e conservò la seconda. Cresciu-ta questa in età ed in bellezza, fu amata da Megacle, nobile e valoroso giovane ateniesepiù volte vincitore nei giochi olimpici. Questi, non potendo ottenerla dal padre a cui eraodioso il nome ateniese, va disperato in Creta. Quivi, assalito e quasi oppresso da’ ma-snadieri, è conservato in vita da Licida, creduto figlio del re dell’isola, onde contrae te-nera ed indissolubile amistà col suo liberatore. Avea Licida lungamente amata Argene,nobil dama cretese, e promessale occultamente fede di sposo. Ma scoperto il suo amo-re, il Re risoluto di non permettere queste nozze ineguali perseguitò di tal sorte la sven-turata Argene, che si vide costretta ad abbandonar la patria e fuggirsene sconosciutanelle campagne d’Elide, dove sotto nome di Licori ed in abito di pastorella visse nasco-sta ai risentimenti dei suoi congiunti ed alle violenze del suo sovrano. Rimase Licidainconsolabile per la fuga della sua Argene e, dopo qualche tempo, per distraersi dallasua mestizia risolse di portarsi in Elide e ritrovarsi presente alla solennità de’ giochiolimpici, che ivi, col concorso di tutta la Grecia, dopo ogni quarto anno si ripetevano.Andovvi lasciando Megacle in Creta, e trovò che il Re Clistene, eletto a presiedere i gio-chi suddetti e perciò condottosi da Sicione in Elide, proponeva la propria figlia in pre-mio al vincitore. La vide Licida, l’ammirò, ed obliate le sventure de’ suoi primi amoriardentemente se ne invaghì; ma disperando di poter conquistarla per non esser eglipunto addestrato agli atletici esercizi, immaginò come supplire coll’artificio al difettodell’esperienza. Gli sovvenne che l’amico era stato più volte vincitore in somiglianticontese, e (nulla sapendo degli antichi amori di Megacle con Aristea) risolse di valersidi lui, facendolo combattere sotto il finto nome di Licida. Venne dunque Megacle in Eli-de alle violente istanze dell’amico, ma fu così tardo il suo arrivo che già l’impazienteLicida ne disperava. Da questo punto prende il suo principio la rappresentazione delpresente drammatico componimento. Il termine, ossia la principale azione di esso, è ilritrovamento di quel Filinto per le minacce degli Oracoli fatto esporre bambino dal pro-prio padre Clistene; ed a questo termine insensibilmente conducono le amorose sma-nie d’Aristea, l’eroica amicizia di Megacle, l’incostanza ed i furori di Licida, e la gene-rosa pietà della fedelissima Argene.

La scena si finge nelle campagne d’Elide, vicino alla città d’Olimpia, alle sponde delfiume Alfeo.

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personaggi

CLISTENE, Re di Sicione, padre d’Aristea.

ARISTEA, sua figlia, amante di Megacle.

ARGENE, dama cretese in abito da pastorella, sotto nome di Licori, amante di Licida.

LICIDA, creduto figlio del Re di Creta, amante d’Aristea ed amico di Megacle.

MEGACLE, amante d’Aristea ed amico di Licida.

AMINTA, aio di Licida.

Pastori

Atleti

Guardie reali

Guardie della principessa

Popolo

Sacerdoti di Giove Olimpico

mutazioni di scene

Fondo selvoso di cupa ed angusta valle, adombrata dall’alto di grand’alberi che giungono adintrecciare i rami dall’uno all’altro colle fra quali è chiusa.

Campagna alle falde di un monte, sparsa di capanne pastorali. Ponte rustico sul fiume Alfeo,composto di tronchi d’alberi rozzamente commessi. Veduta della città d’Olimpia in lontano,

interrotta da poche piante che adombrano la pianura ma non l’ingombrano.

Magnifico tempio di Giove Olimpico, con ara ardente nel mezzo.

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Dal libretto per la prima esecuzione assoluta dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa. Vicenza, TeatroEretenio, 1784. (Padova, Biblioteca del Museo Civico).

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Dal libretto per la prima esecuzione assoluta dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa. Vicenza, TeatroEretenio, 1784. (Padova, Biblioteca del Museo Civico).

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Giulian Zuliani, incisione per L’Olimpiade da un disegno di Pier Antonio Novelli. In Opere del Signor Ab.Pietro Metastasio. Venezia, Zatta, 1781.

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Fondo selvoso di cupa ed angusta valle, adombra-ta dall’alto di grand’alberi che giungono ad intrec-ciare i rami dall’uno all’altro colle fra quali è chiu-sa.

LICIDA e AMINTA.

LICIDA

Ho risoluto Aminta:Più consigli non vò.

AMINTA

Licida, ascolta.Deh modera una voltaQuesto tuo violentoSpirito intollerante. 5

LICIDA

E in chi poss’ioFuor che in me più sperar? Megacle stesso,Megacle m’abbandonaNel bisogno maggiore. Or va, riposaSulla fé d’un amico.

AMINTA

Ancor non deiCondannarlo però. Prescritta è l’ora 10Agli olimpici giuochiOltre il meriggio; ed or non è l’aurora.

LICIDA

Sai pur, che ognun che aspiriAll’olimpica palma, or sul mattinoDee presentarsi al tempio: il grado, il nome, 15La patria palesar: di Giove all’araGiurar di non valersiDi frode nel cimento.

AMINTA

Il so: ma qualeSarebbe il tuo disegno?

LICIDA

All’ara innanziPresentarmi, cogli altri 20

A suo tempo pugnar.

AMINTA

Eh, qui non giova,Prence, il saper come si tratti il brando.

LICIDA

Dunque, che far degg’io? Non si contrastaOggi in Olimpia del selvaggio ulivoLa solita corona. Al vincitore 25Sarà premio Aristea, figlia realeDell’invitto Clistene: unica e bellaFiamma di questo cor, benché novella.

AMINTA

Ed Argene?

LICIDA

Ed ArgenePiù riveder non spero. 30

AMINTA

E pur giurasti…

LICIDA

T’intendo. In queste foleTrattener mi vorresti. Addio.

AMINTA

Ma, senti.

LICIDA

No, no.

AMINTA

Vedi, che giunge…

(Osservando fra le scene.)

Megacle?

LICIDA

Dov’è?

AMINTA

Fra quelle pianteParmi… No, non è desso. 35

LICIDA

Tu mi deridi, Aminta,E lo merito ben.

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AMINTA

Ah che pur troppoTu deliri d’Amor: ma folle è ognuno;E a suo piacer ne aggiraL’odio, l’amor, la cupidigia, o l’ira. 40

Siam navi all’onde algentiLasciate in abbandono,Impetuosi ventiI nostri affetti sono:Ogni diletto è scoglio, 45Tutta la vita è mar.

(Parte.)

SCENA SECONDA

LICIDA, indi MEGACLE.

LICIDA

Misero! E fui sì cieco,Che in Megacle sperai?

MEGACLE

Megacle è teco.

LICIDA

Giusti dei!

MEGACLE

Prence!

LICIDA

Amico!Vieni, vieni al mio seno. Ecco risorta 50La mia speme cadente.

MEGACLE

E sarà vero,Che il ciel m’offra una voltaLa via d’esserti grato?

LICIDA

E pace, e vitaTu puoi darmi, se vuoi.

MEGACLE

Come?

LICIDA

PugnandoNell’olimpico agone 55Per me, col nome mio.

MEGACLE

Ma tu non seiNoto in Elide ancor?

LICIDA

No.

MEGACLE

Quale oggettoHa questa trama?

LICIDA

Il mio riposo. Oh dio!Non perdiamo i momenti. Appunto è l’ora:Che de’ rivali atleti 60Si raccolgono i nomi. Ah, vola al tempio;Dì, che Licida sei. La tua venutaInutile sarà, se più soggiorni:Vanne. Tutto saprai quando ritorni.

MEGACLE

Superbo di me stesso 65Andrò, portando in fronteQuel caro nome impresso,Come mi sta nel cor.

Dirà la Grecia poiChe fur comuni a noi 70L’opre, i pensier, gli affetti,E in fine i nomi ancor.

(Parte.)

SCENA TERZA

LICIDA, poi AMINTA.

LICIDA

Oh generoso amico!Oh Megacle fedel! Eccomi alfinePossessor d’Aristea. 75

AMINTA

Signor…

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LICIDA

Mio caro Aminta,Vanne, e tutto disponi… Io colla sposa,Prima che il sol tramonti,Voglio quinci partir.

AMINTA

Più lento, o prence, Nel fingerti felice. 80

LICIDA

Ai dubbi tuoi1

Chi presta intera fede,O ardir non osa, o di poter non crede.2

(Partono.)

SCENA QUARTA3

Campagna alle falde d’un monte, sparsa di capan-ne pastorali. Ponte rustico sul fiume Alfeo, compo-sto di tronchi d’alberi rozzamente commessi. Ve-duta della città d’Olimpia in lontano, interrotta dapoche piante che adombrano la pianura, ma nonl’ingombrano.

ARGENE in abito di pastorella, seduta tessendoghirlande; PASTORI occupati in lavori pastorali; in-di ARISTEA con seguito.

ARGENE

Oh care selve, o caraFelice libertà!Qui, se un piacer si gode, 85Parte non v’ha la frode;Ma lo condisce a garaAmor e fedeltà.Qui gli innocenti amoriDi ninfe… 90

Ecco Aristea.

ARISTEA

Siegui, o Licori.

ARGENE

Già il rozzo mio soggiornoTorni a render felice, o principessa?

ARISTEA

Ah fuggir da me stessaPotessi ancor, come dagl’altri. Amica,Incominciasti un giorno 95A narrarmi i tuoi casi; il tempo è questoDi proseguir.

ARGENE

Già dissi,Che Argene è il nome mio; che in Creta

[io nacquiD’illustre sangue. Del cretense soglioLicida il regio erede 100Fu la mia fiamma, ed io la sua. L’inteseIl re: se ne sdegnò, sgridonne il figlio;Gli vietò di vedermi. A me, s’impone,Che a straniero consortePorga la destra. Io la ricuso, e ignota 105In Elide pervenni, e al caro beneSerbo in sen di Licori il cor d’Argene.

ARISTEA

In ver mi fai pietà. Ma la tua fugaNon approvo però.

ARGENE

Dunque a MegacleDonar dovea la man? 110

ARISTEA

Megacle? (Oh nome!)Di qual Megacle parli?

ARGENE

Era lo sposoQuesti, che il re mi destinò. DoveaDunque obliar?…

ARISTEA

Ne sai la patria?

ARGENE

Atene.

ARISTEA

Come in Creta pervenne?

ARGENE

Amor vel trasse,Com’ei stesso dicea. 115

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ARISTEA

Ma ti ricordiLe sue sembianze?

ARGENE

AveaBionde4 le chiome, oscuro il ciglio, i sguardiLenti, e pietosi; un arrossir frequente;Un soave parlar… Ma, principessa, Tu cambi di color? Che avvenne? 120

ARISTEA

Oh dio!Quel Megacle, che pingi, è l’idol mio.

ARGENE

Che dici?

ARISTEA

Il vero. A lui,Lunga stagion già mio segreto amante,Negommi il padre mio: né volle maiConoscerlo, vederlo. Ei disperato 125Da me partì: più nol rividi. S’egliSapesse, che in quest’oggiPer me qui si combatte!…

ARGENE

A lui Voli un tuo servo, e tu procura intantoLa pugna differir. 130

ARISTEA

Come?

ARGENE

ClisteneE’ pur tuo padre? Ei qui presiede elettoArbitro delle cose. Ei pur, se vuole…

ARISTEA

Ma non vorrà.

ARGENE

Che nuoce,Principessa, il tentarlo?

ARISTEA

E ben, ClisteneVadasi a ritrovar. 135

ARGENE

Fermati. Ei viene.

SCENA QUINTA

CLISTENE con seguito, e DETTE.

CLISTENE

Figlia, tutto è compito. I nomi accolti: Le vittime svenate: al gran cimentoL’ora prescritta; e più la pugna omai,Senza offesa de’ numi,Della pubblica fé, dell’onor mio, 140Differir non si può.

ARISTEA

(Speranze, addio.)

CLISTENE

Ragion d’esser superbaIo ti darei, se ti dicessi tuttiQue’ che a pugnar per te vengono a gara.V’è Olinto di Megara, 145V’è Clearco di Sparta, Ati di Tebe,Erilo di Corinto, e fin di CretaLicida venne.

ARGENE

Chi?

CLISTENE

Licida, il figlioDel re cretense.

ARISTEA

Ei pur mi brama?

CLISTENE

Ei vieneCon gli altri a prova. 150

ARGENE

(Ah! Si scordò d’Argene.)

CLISTENE

Sieguimi, o figlia.

ARISTEA

Ah! Questa pugna, o padre,Si differisca.

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CLISTENE

Un impossibil chiedi:Dissi perché. Ma la ragion non trovoDi tal richiesta.

ARISTEA

A divenir soggetteSempre v’è tempo. E’ d’Imeneo per noi 155Pesante il giogo: e già senz’esso abbiamoChe soffrire abbastanzaNella nostra servil sorte infelice.

CLISTENE

Dice ognuna così; ma il ver non dice.

Del destin non vi lagnate, 160Se vi rese a noi soggette:Siete serve, ma regnateNella vostra servitù.

Forti noi, voi belle siete;E vincete in ogni impresa, 165Quando vengono a contesaLa bellezza e la virtù.

(Parte col proprio seguito.)

SCENA SESTA

ARISTEA ed ARGENE.

ARGENE

Udisti, o principessa?

ARISTEA

Amica, addio.Convien, ch’io segua il padre. Ah! Tu,

[che puoi,Del mio Megacle amato, 170Se pietosa pur sei, come sei bella,Cerca, recarmi, oh dio! Qualche novella.

Tu di saper procuraDove il mio ben s’aggira:Se più di me si cura, 175Se parla più di me.

Chiedi, se mai sospira,Quando il mio nome ascolta:

Se il proferì talvoltaNel ragionar fra sé. 180

(Parte col proprio seguito.)

SCENA SETTIMA

ARGENE sola.

ARGENE

Dunque Licida ingratoGià di me si scordò? Questo è lo stileDe’ lusinghieri amanti. Hanno il talentoDi lagrimar, d’impallidir. TalvoltaPar, che sugl’occhi nostri 185Voglian morir fra gli amorosi affanni:Guardatevi da lor, son tutti inganni.

Fra mille amanti un coreTalor sarà fedele:Ma rara è nell’amore 190Costanza e fedeltà.

(Parte, ed i pastori si ritirano.)

SCENA OTTAVA

LICIDA e MEGACLE, da diverse parti.

MEGACLE

Licida.

LICIDA

Amico.

MEGACLE

Eccomi a te.

LICIDA

Compisti?…

MEGACLE

Tutto, o signor. Già col tuo nome al tempioPer te mi presentai.

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LICIDA

Oh! Se tu vinci,Non ha di me più fortunato amante 195Tutto il regno d’Amor.

MEGACLE

Perché?

LICIDA

PromessaIn premio al vincitoreE’ una beltà real.

MEGACLE

Intendo, io deggioConquistarla per te.

LICIDA

Sì; chiedi poiLa mia vita, il mio sangue, il regno mio, 200Tutto, o Megacle amato, io t’offro, e tuttoScarso premio sarà.

MEGACLE

Di tanti, o prence, Stimoli non fa d’uopoAl grato servo, al fido amico. Io sonoMemore assai de’ tuoi doni. Rammento 205La vita, che mi desti. Avrai la sposa:Speralo pur.

LICIDA

Oh dolce amico! Oh cara(Abbracciandolo)Sospirata Aristea.

MEGACLE

Che?

LICIDA

Chiamo a nomeIl mio tesoro.

MEGACLE

Ed Aristea si chiama?

LICIDA

Appunto. 210

MEGACLE

Altro ne sai?

LICIDA

Presso CorintoNacque in riva all’Asopo, al re ClisteneUnica prole.

MEGACLE

(Ahimè! Questo è il mio bene!)E per lei si combatte?

LICIDA

Per lei.

MEGACLE

Questa degg’ioConquistarti pugnando? 215

LICIDA

Questa.

MEGACLE

Ed è tua speranza e tuo confortoSola Aristea?

LICIDA

Sola Aristea.

MEGACLE

(Son morto.)

LICIDA

Non ti stupir. Quando vedrai quel volto,Forse mi scuserai. D’esserne amantiNon avrebbon rossore i numi istessi. 220

MEGACLE

(Ah, così nol sapessi!)

LICIDA

Oh, se tu vinci!Chi più lieto di me? Megacle istessoQuanto mai ne godrà! Dì, non avraiPiacer del piacer mio?

MEGACLE

Grande.

LICIDA

Il momento,Che ad Aristea m’annodi, 225Megacle, dì, non ti parrà felice?

22

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MEGACLE

Felicissimo. (Oh dio!)

LICIDA

Senti, amico. Io mi fingoGià l’avvenir: già col desio possiedoLa dolce sposa. 230

MEGACLE

(Ah quest’è troppo!)

LICIDA

E parmi…

MEGACLE

Ma taci. Assai dicesti. Amico io sono;Il mio dover comprendo,(Con impeto.)Ma poi…

LICIDA

Perché ti sdegni? In che t’offendo?

MEGACLE

(Imprudente! Che feci?) Il mio trasporto(Si ricompone.)È desio di servirti. Io stanco arrivo 235Dal cammin lungo: ho da pugnar; mi restaPicciol tempo al riposo, e tu mel nieghi?

LICIDA

E chi mai ti ritenneDi spiegarti finora?

MEGACLE

Il mio rispetto.

LICIDA

Vuoi dunque riposar? 240

MEGACLE

Sì.

LICIDA

Brami altroveMeco venir?

MEGACLE

No.

LICIDA

Rimaner ti piaceQui fra quest’ombre?

MEGACLE

Sì.

LICIDA

Restar degg’io?

MEGACLE

No.

(Con impazienza, e si getta a sedere.)

LICIDA

(Strana voglia!) E ben, riposa, addio.

Mentre dormi, Amor fomentiIl piacer de’ sonni tuoi 245Con l’idea del mio piacer.

Abbia il rio passi più lentiE sospenda i moti suoiOgni zefiro legger.

(Parte.)

MEGACLE5

Che intesi, eterni dei! Quale improvviso 250Fulmine mi colpi? L’anima miaDunque sia d’altri? E ho da condurla io stessoIn braccio al mio rival!… Ma… quel rivaleÈ il caro amico. Ah, quali nomi uniscePer mio strazio la sorte. Eh! Che non sono 255Rigide a questo segnoLe leggi d’amistà… Megacle ingrato,E dubitar potresti? Ah! Se ti vedeCon questa in volto infame macchia e rea, Ha ragion d’abborrirti anche Aristea. 260No. Tal non mi vedrà. Quello che6 temo,È il volto del mio ben>e<. Questo s’evitiFormidabile incontro. In faccia a lei,Misero! Che farei?Solo in pensarlo io sento 265Confondermi, tremar. No; non potrei…

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SCENA NONA

MEGACLE ed ARISTEA.

ARISTEA

Stranier?

(Senza vederlo in viso.)

MEGACLE

Chi mi sorprende?

(Rivoltandosi.)

ARISTEA

Oh stelle!

MEGACLE

Oh dei!

(Riconoscendosi.)

ARISTEA

Megacle! Mia speranza! Oh caro, oh tanto,E sospirato e pianto,E richiamato invan! Tornasti: e come 270Opportuno tornasti! Oh Amor pietoso!Oh felici martirî!Oh ben sparsi finor pianti e sospiri!

MEGACLE

(Che fiero caso è il mio!)

ARISTEA

Megacle amato,E tu nulla rispondi? 275Che mai vuol dir quel tantoCambiarti di color? E quelle a forzaLagrime trattenute? Ah, più non sonoForse la fiamma tua? Forse…

MEGACLE

Che dici?Sempre… Sappi… Son io… 280(Confuso.)Parlar non so. (Che fiero caso è il mio!)

ARISTEA

Ma tu mi fai gelar. Dimmi: non sai,Che per me qui si pugna?

MEGACLE

Il so.

ARISTEA

Non vieniAd esporti per me?

MEGACLE

Sì.

AristeaPerché mai

Dunque sei così mesto? 285

MEGACLE

Perché… (Barbari dei! Che inferno è questo?)

ARISTEA

Ma, guardami, ma parla:Ma dì…

MEGACLE

Che posso dir? Non odi il segno,(Si sente il segno che invita al combattimento.)Che al gran cimento i concorrenti invita?(Assistetemi, oh numi.) Addio, mia vita. 290

(In atto di partire.)

ARISTEA

E mi lasci così? Va: ti perdono, Purché torni mio sposo.

MEGACLE

Ah! Sì gran sorte(Come sopra.)Non è per me.

ARISTEA

Senti… Tu m’ami ancora?

MEGACLE

Quanto l’anima mia.

ARISTEA

Fedel mi credi?

MEGACLE

Sì, come bella. 295

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ARISTEA

A conquistar mi vai?

MEGACLE

Lo bramo almeno.

ARISTEA

Il tuo valor primieroHai pur?

MEGACLE

Lo credo.

ARISTEA

E vincerai?

MEGACLE

Lo spero.

ARISTEA

Dunque allor non son io, Caro, la sposa tua?

MEGACLE

Mia vita… Addio.

MEGACLE

Ne’ giorni tuoi felici 300Ricordati di me.

ARISTEA

Perché così mi diciAnima mia, perché?

MEGACLE

Taci bell’idol mio…

ARISTEA

Parla mio dolce amor… 305

MEGACLE ED ARISTEA

parlando,Ah, che oh dio!

tacendo,Tu mi trafiggi il cor.

ARISTEA

(Veggio languir chi adoro,Né intendo il suo languir.)

MEGACLE

(Di gelosia mi moro, 310

E non lo posso dir.)

MEGACLE ED ARISTEA

Chi mai provò di questoAffanno più funesto,Più barbaro dolor.

(Partono.)

FINE DELL’ATTO PRIMO

1 Il libretto recita: «Oh sei pur importuno! Ai dubbi tuoi».2 Nella partitura è stata espunta l’aria d’uscita di Licida:«S’affretta il passeggero / Sia l’alba, o sia la sera, / Perchéaffrettando ei spera / Riposo alfin trovar. // Sollecito ilnocchiero, / Quando vicino ha il lido, / Sprezza ogni ven-do infido, / E va solcando il mar.»3 Nella partitura l’indicazione «SCENA QUARTA» è spo-stata dopo la cavatina d’Argene.4 Il libretto legge erroneamente «Bianche».5 Nel libretto, la «SCENA NONA», che riporta l’indicazio-ne «MEGACLE, poi ARISTEA», ha inizio al v. 250, subito do-po l’aria d’uscita di Licida; nella partitura, i diciassetteversi del monologo di Megacle (vv. 250-266) svolti in re-citativo accompagnato, fanno ancora parte della scenaprecedente, poiché la «SCENA NONA / MEGACLE ed ARSI-TEA» inizia al v. 267, allorché si ha il passaggio al recitati-vo semplice. 6 La partitura legge «ch’io».

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Giulian Zuliani, incisione per L’Olimpiade da un disegno di Pier Antonio Novelli. In Opere del Signor Ab.Pietro Metastasio. Venezia, Zatta, 1781.

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Campagna alle falde d’un monte, sparsa di capan-ne pastorali. Ponte rustico sul fiume Alfeo, compo-sto di tronchi d’alberi rozzamente commessi. Ve-duta della città d’Olimpia in lontano, interrotta dapoche piante che adombrano la pianura ma nonl’ingombrano.

ARGENE ed AMINTA.

ARGENE

E trovar non poss’io 315Né pietà, né soccorso?

AMINTA

Argene: e come,Tu in Elide? Tu sola?Tu in sì ruvide spoglie?

ARGENE

I neri inganniA secondar del prenceDunque anche tu qui sei? Chissà! Nel cielo 320V’è giustizia per tutti, e si ritrovaNel mondo anche tal volta. Io vuò che il mondoSappia, ch’è un traditore, acciocché ognunoL’abborrisca, e l’eviti, E, con orrore, a chi nol sa l’additi. 325

AMINTA

Un consigliero infidoBenché giusto è lo sdegno. È sempre meglio,Che opprimerlo nemicoAverlo amante, e riacquistarlo amico.

In un cor, che fu piagato 330Da una amabile pupilla,Destar basta una favillaPerché torni al primo ardor.

Ottener può tal mercedeLa costanza nella fede, 335E la fede nell’amor.

(Parte.)

SCENA SECONDA

ARGENE, poi ARISTEA.

ARGENE

Questi d’un labbro infidoIngannevoli detti un cuor del mioMeno cauto, sedur forse potranno1.

ARISTEA

No, non v’è sotto il cielo 340Chi possa dirsi, oh dio!Più misera di me.

ARGENE

Deh! Principessa,Qual pena ti sorprende?Perché quel volto di pallor dipinto?

ARISTEA

La pugna terminò: Licida ha vinto. 345

ARGENE

Licida?

ARISTEA

Appunto, il principe di Creta,Che giunse a queste arene.(Sventurata Aristea!)

ARGENE

(Misera Argene!)Or dimmi, o principessa,V’è sotto il ciel chi possa dirsi, oh dio! 350Più misera di me?

ARISTEA

Sì, vi son io.

ARGENE

Ah! Non ti faccia AmoreProvar mai le mie pene:Cara Aristea, tu non conosci Argene.

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SCENA TERZA2

ARISTEA ed ARGENE.

ARISTEA

Io compiango il tuo duol, 355Ma tu non senti, <quai fieri tormenti>3

Opprimono il mio cor. Ah! Che perdutaÈ ogni speme per me: de’ mali mieiNon è ancor pago il ciel; dal fato oppressaPerdo, ahimè! l’idol mio, perdo me stessa. 360

[Ad Argene]Grandi, è ver, son le tue pene,Perdi, è ver, l’amato bene;Ma sei tua, ma piangi intanto,Ma domandi almen pietà.

Giusto ciel! Che rio cimento! 365Ah, di me, che mai sarà?Chi non sente il mio tormento,No, che Amor nel sen non ha.

[Partono.]

SCENA QUARTA

CLISTENE, LICIDA e MEGACLE coronato d’ulivo.

CLISTENE

Giovane valoroso,Che in mezzo a tanta gloria umil ti stai, 370Quell’onorata fronteLascia, ch’io baci, e che ti stringa al seno.Felice il re di Creta,Che tal figlio sortì! Premio AristeaSarà del tuo valor. S’altro donarti 375Clistene può, chiedilo pur, che mai,Quanto dar ti vorrei, non chiederai.

MEGACLE

(Coraggio, o mia virtù.) Signor, son figlio,E di tenero padre. Ogni contento,Che con lui non divido, 380È insipido per me. Di mie venture, Pria d’ogn’altro, vorreiGiungergli apportator, ché l’assensoA queste nozze: e, lui presente, in CretaLegarmi ad Aristea. 385

CLISTENE

Giusta è la brama.

MEGACLE

Partirò, se ‘l concedi, Senz’altro indugio. In vece mia rimangaQuesti della mia sposaServo, compagno, e condottier.

CLISTENE

(Che voltoÈ questo mai? Nel rimirarlo, il sangue 390Mi si riscuote in ogni vena!) E questiChi è? Come s’appella?

MEGACLE

Egisto ha nome,Creta è sua patria.

LICIDA

(Oh amore!)

CLISTENE

E ben, la curaDi condurti la sposaEgisto avrà, ma Licida non debbe 395Partir senza vederla.

MEGACLE

Ah no! SarebbePena maggior. Mi sentirei morireNell’atto di lasciarla. Ancor da lungeTanta pena ne provo…

CLISTENE

Ecco che giunge.

MEGACLE

(Oh me infelice!) 400

SCENA QUINTA

ARISTEA e DETTI.

ARISTEA

(All’odiose nozzeCome vittima io vengo all’ara avanti.)

LICIDA

(Sarà mio quel volto in pochi istanti.)

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CLISTENE

Avvicinati, o figlia: ecco il tuo sposo.

MEGACLE

(Ah! non è ver.)

ARISTEA

Lo sposo mio?

CLISTENE

Sì. Vedi,Se giammai sì4 bel nodo in ciel si strinse. 405

ARISTEA

(Ma, se Licida ha vinto,5

Come il mio bene?…Il genitor m’inganna.)

LICIDA

(Crede Megacle sposo, e se n’affanna.)

ARISTEA

È questi, o padre, il vincitor?

CLISTENE

Mel chiedi?Non lo ravvisi al6 volto 410Di polve7 asperso? All’onorate stille,Che gli rigan la fronte, a quelle foglieChe son di chi trionfaL’ornamento primier? Non più dubbiezze;Ecco il consorte, a cui 415Il ciel t’accoppia, e nol potea più degnoOttener dagli dei l’amor paterno.

ARISTEA

(Che gioia!)

MEGACLE

(Che martir!)

LICIDA

(Che giorno eterno!)

CLISTENE

E voi tacete? Onde il silenzio?

MEGACLE

(Oh dei!Come comincierò?) 420

ARISTEA

Parlar vorrei,Ma…

CLISTENE

Intendo. IntempestivaÈ la presenza mia. Restate: io lodoQuel modesto rossor, che vi trattiene.

MEGACLE

(Sempre lo stato mio peggior diviene.)

CLISTENE

Bell’alme innamorate 425Perché sì meste siete?Di paventar cessate,Cessate ogni timor:L’empio furor del fatoGià lascia il suo rigor. 430

(Parte.)

SCENA SESTA

MEGACLE, ARISTEA, e LICIDA.

MEGACLE

(Fra l’amico e l’amante,Che farò sventurato?)

LICIDA

(A Megacle.)(All’idol mio

È tempo che mi scopra.)

MEGACLE

(A Licida.)(Aspetta. Oh dio!)

ARISTEA

Sposo: alla tua consorte,Non celar che t’affligge. 435

MEGACLE

(Oh pena! Oh morte!)

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LICIDA

(A Megacle.)(L’amor, mio caro amico, Non soffre indugio.)

ARISTEA

Il tuo silenzio, o caro,Mi cruccia, mi dispera.

MEGACLE

(Ardir, mio core,Finiamo di morir.) Per pochi istantiAllontanati, o prence. 440

LICIDA

E qual ragione?…

MEGACLE

Va, fidati di me. Tutto convieneCh’io spieghi ad Aristea.

LICIDA

Ma, non poss’ioEsser presente?

MEGACLE

No; più che non crediDelicato è l’impegno.

LICIDA

E ben, tu ‘l vuoi,Io lo farò. Poco mi scosto. Un cenno 445Basterà, perch’io torni. Ah! Pensa, amico,Di che parli e per chi. Se nulla maiFeci per te; se mi sei grato, e m’ami,Mostralo adesso. Alla tua fida aitaLa mia pace io commetto e la mia vita. 450

(Parte.)

SCENA SETTIMA

MEGACLE ed ARISTEA.

MEGACLE

(Oh ricordi crudeli!)

ARISTEA

Alfin siam soli.Potrò senza ritegniIl mio contento esagerar? ChiamartiMia speme, mio diletto,Luce degl’occhi miei?… 455

MEGACLE

No, principessa,Questi soavi nomiNon son per me. Serbali pure ad altroPiù fortunato amante…

ARISTEA

E ‘l tempo è questoDi parlarmi così? Giunto è quel giorno…Ma, semplice ch’io son… Tu scherzi, o caro, 460Ed io, stolta, m’affanno.

MEGACLE

Ah! Non t’affanniSenza ragion.

ARISTEA

Spiegati adunque.

MEGACLE

Ascolta:Ma coraggio, Aristea. L’alma preparaA dar di tua virtù la prova estrema.

ARISTEA

Parla. Ahimè! Che vuoi dirmi?… Il cor mi [trema. 465

MEGACLE

Tutto l’arcano ecco ti svelo.Il principe di CretaLangue per te d’amor. Pietà mi chiede,E la vita mi diede. Ah! Principessa,Se negarla poss’io, dillo tu stessa. 470

ARISTEA

E pugnasti?…

MEGACLE

Per lui.

ARISTEA

Perder mi vuoi?…

30

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MEGACLE

Sì. Per serbarmi sempreDegno di te.

ARISTEA

Dunque io dovrò?…

MEGACLE

Tu deiCoronar l’opra mia. Sì, generosa,Adorata Aristea, seconda i moti 475D’un grato cor. Sia qual io fui finora,Licida in avvenire. Amalo: è degnoDi sì gran sorte il caro amico. Anch’ioVivo di lui nel seno,E, s’ei t’acquista, io non ti perdo appieno. 480

ARISTEA

Ah qual passaggio è questo! Io dalle stellePrecipito agli abissi. Eh, no… Si cerchiMiglior compenso. Ah senza te la vitaPer me vita non è.

MEGACLE

Bella Aristea,Non congiurar tu ancora 485Contro la mia virtù. Mi costa assai Il prepararmi a sì gran passo. Un soloDi quei teneri sensiQuant’opera distrugge!

ARISTEA

E di lasciarmi?…

MEGACLE

Ho risoluto. 490

ARISTEA

Hai risoluto? E quando?

MEGACLE

Questo… (Morir mi sento!)Questo è l’ultimo addio.

ARISTEA

L’ultimo! Ingrato!…Soccorretemi, o numi! Il pié vacilla:Freddo sudor mi bagna il volto, e parmi,Che una gelida man m’opprima il core. 495

(S’appoggia ad un tronco.)

MEGACLE

(Sento, che il mio valoreMancando va. Più che a partir dimoro,Meno ne son capace.Ardir.) Vado, Aristea: rimanti in pace.

ARISTEA

Come! Già m’abbandoni? 500

MEGACLE

È forza, o cara,Separarsi una volta.

ARISTEA

E parti?…

MEGACLE

E parto,Per non tornar più mai.

(In atto di partire.)

ARISTEA

Senti… Ah, no… Dove vai?

MEGACLE

A spirar, mio tesoro,Lungi dagli occhi tuoi. 505

ARISTEA

Soccorso… io moro.

(Sviene.)

MEGACLE

Misero me! Che veggo?Ah, l’oppresse il dolor! Cara… Mia speme…Bella Aristea, non avvilirti; ascolta:Megacle è qui: non partirò… >Ascolta<:

[sarai…Che parlo? Ella non m’ode. Avete, o stelle, 510Più sventure per me? No. Questa solaMi restava a provar. Chi mi consiglia?Che risolvo? Che fo? Partir?… SarebbeCrudeltà, tirannia. Restar?… Che giova?…Forse ad esserle sposo?… E ‘l re ingannato! 515E l’amico tradito! E la mia fede!E l’onor mio lo soffrirebbe? AlmenoPartiam più tardi… Ah, che sarem di nuovoA quest’orrido passo! Ora è pietadeL’esser crudele. Addio, mia vita: addio, 520

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Mia perduta speranza: il ciel ti rendaPiù felice di me. Deh! ConservateQuesta bell’opra vostra, eterni dei;E i dì, ch’io perderò, donate a lei.Licida. (Dov’è mai?) Licida. 525

SCENA OTTAVA

LICIDA e DETTI.

LICIDA

InteseTutto Aristea?

MEGACLE

Tutto. T’affretta, o prence, Soccorri la tua sposa.

LICIDA

Ahimè! Che miro?Che fu?

MEGACLE

Doglia improvvisaLe oppresse i sensi.

LICIDA

E tu mi lasci?

MEGACLE

Io vado…Deh, pensa ad Aristea. (Che dirà mai, 530Quando in sé tornerà? Tutte ho, presenti,Tutte le smanie sue.) Licida, ah senti…

Se cerca, se dice,L’amico dov’è?L’amico infelice 535Rispondi, morì.

Ah no! Sì gran duoloNon darle per me.Rispondi, ma solo,Piangendo partì. 540

Che abisso di pene!Lasciare il suo bene!Lasciarlo per sempre!Lasciarlo così!

(Parte.)

SCENA NONA

LICIDA ed ARISTEA.

LICIDA

Che labirinto è questo? Io non l’intendo. 545Semiviva Aristea… Megacle afflitto…

ARISTEA

Oh dio!

LICIDA

Ma già quell’almaTorna agl’usati uffici. Apri i bei lumi,Principessa, ben mio.

ARISTEA

Sposo infedel!

LICIDA

Ah, non dirmi così! Di mia costanza 550Ecco in pegno la destra.

ARISTEA

Almeno… Oh stelle!(Accorgendosi che non è Megacle)Megacle ov’è?

LICIDA

Partì.

ARISTEA

Partì l’ingrato?Ebbe cuor di lasciarmi in questo stato?

LICIDA

Il tuo sposo restò.

ARISTEA

Dunque è perdutaL’umanità, la fede? 555

LICIDA

Son fuor di me. Dì: chi t’offese, o cara,Parla, brami vendetta? Ecco il tuo sposo,Ecco Licida…

ARISTEA

Oh dei!Tu quel Licida sei? Fuggi, t’invola,Nasconditi da me. Per tua cagione, 560

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Barbaro, >io< mi ritrovo a questo passo.

(Parte)

SCENA DECIMA

LICIDA, poi ARGENE.

LICIDA

A me barbaro? Oh numi!Voglio seguirla, e voglioSaper almen qual strano enigma è questo.

ARGENE

Fermati, traditor. 565

LICIDA

Sogno, o son desto?

ARGENE

Non sogni no; son io,L’abbandonata Argene, anima ingrata.

LICIDA

(Donde viene, e in qual puntoMi sorprende costei?) Io non intendo,Bella ninfa, i tuoi detti. 570

ARGENE

Io ben comprendo, Empio, la tua perfidia. I nuovi amori,Le frodi tue da me saprà ClistenePer tua vergogna.

LICIDA

Ah, no! Sentimi, Argene:Perdona, Se tardi ti ravviso: io mi rammento 575Gl’antichi affetti; e se tacer saprai,Forse, chissà…

ARGENE

Forse, chissà mi dici?

LICIDA

Ascolta… Io volli dir… (Son disperato.)

ARGENE

Non ti voglio ascoltar, barbaro, ingrato.

(Parte.)

SCENA UNDICESIMA

LICIDA, poi CLISTENE con numeroso seguito diGUARDIE.

LICIDA

In angustia più fiera 580Io non mi vidi mai: tutto è in rovina,8

Se parla Argene: è forzaRaggiungerla, placarla.

(Partendo s’incontra in Clistene.)

CLISTENE

Ferma, fellon!

LICIDA

(Alterato.)A chi, signor, tal nome?

Che vuoi da me? 585

CLISTENE

Che in vergognoso esilioQuinci lungi sii tratto: il sol cadenteSe in Elide ti lascia,Reo di morte tu sei. Megacle ancora, Il complice spergiuroDel nero tradimento 590Si rinvenga, o custodi, e a me si guidi.

(Alle guardie, due delle quali, ricevuto l’ordine,partono.)

LICIDA

Ah, barbaro! Sospendi un sì crudele,Un sì ingiusto comando, e pensa…

CLISTENE

ImparaA mentir nome, a violar la fede, A deludere i re. Noto è il tuo inganno, 595Temerario impostor.

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LICIDA

(Con impeto)Signor, non soffro

Que’ detti amari; e nell’abisso orrendoDi tanti mali onde mi trovo oppresso,Non conosco me stesso.Le mie furie rispetta, e temi… 600

CLISTENE

Indegno!Ch’io tema? E che faresti in questo stato?

LICIDA

Tutto quel che può fare un disperato.Con questo ferro il cuoreAnche ti passerei.

(Snudando la spada, ed avventandosi al re.)

SCENA DODICESIMA

ARISTEA e DETTI.

ARISTEA

Difendetemi il padre, eterni dei! 605

(Esce, e frettolosa si frappone riparando il colpo.)

CLISTENE

Che orribile attentato!Che sacrilego ardir! Guardie, fra ceppiAl tempio il reo si tragga. Egli svenato(Alcuni de’ soldati s’avanzano, e mettono Licidain catene, levatagli prima la spada.)Sia di Giove sull’ara. Un sangue chiedeL’offesa maestà. Dei sacrifizî 610Che una colpa interrompe, è il delinquenteVittima necessaria. Ha già decisoIl pubblico consenso.

ARISTEA

Ah padre!… Per pietà…

CLISTENE

Non più: s’appressaL’ora del sacrificio. Al suo destino 615La sacrilega vittima si guidiDei scellerati memorando esempio.Figlia, mi siegui: io ti precedo al tempio.

(Parte con alcune delle guardie.)

SCENA TREDICESIMA

ARISTEA e LICIDA, con GUARDIE.

ARISTEA

Eppur mi fa pietade!

LICIDA

Addio per sempre,Principessa adorata, 620Di tutti i mali miei, bella cagione.Il caro amico, il primoDel mio povero cuor tenero oggettoIo raccomando a te. Della mia sorteNon ti curar, che, in sì fatal momento, 625Odio la vita, e sentoTenerezza, amicizia, Pentimento, pietà, vergogna, amore,Straziarmi, oh dio, in mille parti il core.

Torbido il ciel s’oscura, 630Mi trema il cuor nel seno:Ma tu, mia vita, almenoNon mi negar pietà.

(Parte.)

SCENA QUATTORDICESIMA

ARISTEA, indi MEGACLE fra le GUARDIE.

ARISTEA

Giusti dei! Che sarà? Tento d’odiarlo;Ne ho ragion; lo vorrei; ma in mezzo all’ira, 635Sento, sui mali suoi che il cuor sospira.

MEGACLE

All’infelice amico,(Sortendo alle guardie che lo accompagnano.)Per pietà, mi guidate, a lui d’appressoO di morir per lui mi sia concesso.

ARISTEA

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Megacle… Oh dei! 640

MEGACLE

Mia vita!

ARISTEA

Qual ti riveggo!

MEGACLE

E qualeLasciarti, ohimé! Per sempre,Mia speranza, degg’io? Del caro amico…

ARISTEA

Taci; dell’infelice,Forse perché a te caro, 645Tanta pietade9 io sento,Che il pianto io posso raffrenare a stento.

MEGACLE

Oh generosa! Oh grande!Oh pietosa Aristea! Seconda i motiDel tuo bel cor. L’ire del padre offeso 650Cerca, oh dio10! Di placar. Licida, o cara,In me vive, ed io in lui;E, dalla tua pietade,Se i cari giorni suoi salvi pur sono,Di Megacle la vita è ancor tuo dono. 655

(Parte.)

ARISTEA

Qual poter, qual incanto, in questo senoDisarma il mio rigor! Il padre iratoDeh! Si voli a placar. Numi pietosi,11

Voi vedete il mio cor. Quella ch’io sentoPietà d’un infelice, 660Ah, non si nieghi a me! Pietosi dei,Consolate voi pur gl’affetti miei.

Mi sento, oh dio! Nel coreUn dolce ignoto affetto:Non so, se il desti in petto 665L’amore, o la pietà.

Ah! Se il destin tirannoNon cessa il suo rigore,Il core un tanto affannoPiù tollerar non sa. 670

[Parte.]SCENA QUINDICESIMA

ARGENE ed AMINTA.

ARGENE

Stelle, vi sono in cieloPiù sventure per me? Licida ingrato,Tu mi tradisci, oh dio!…

AMINTA

Vedesti, Argene,Il tuo Licida ancor?

ARGENE

Purtroppo il vidi,E da quel labbro audace 675Intesi il mio destin.

AMINTA

Ah, principessa,12

Raffrena il tuo dolor, forse quel coreSi cangerà.

ARGENE

Deh, taci,Taci Aminta crudel, e le mie pene Non irritar; ahi, sventurata Argene. 680

Spiegar non posso appienoQuello ch’io serbo13 in petto:Odio, timore, affetto,Tutto combatte in me.

Da fiere smanie il seno 685Sempre agitar mi sento;E so, che al mio tormentoEguale il tuo non è.

[Partono.]

SCENA SEDICESIMA

Aspetto esteriore del gran tempio di GioveOlimpico, dal quale si scende per lunga emagnifica scala divisa in diversi piani.Piazza innanzi al medesimo, con ara ardente nelmezzo.Bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, d’ondeformavansi le corone per gli atleti vincitori.CLISTENE, e LICIDA in bianca veste; GUARDIE,

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SACERDOTI e POPOLO.

CLISTENE

Giovane sventurato! Ecco vicinoDe’ tuoi miseri dì l’ultimo istante! 690Tanta pietade (e mi punisca Giove, Se adombro il ver), tanta pietà mi fai,Che non oso mirarti. Il ciel volesse,Che potess’io dissimular l’errore;Ma non lo posso, o figlio. Or se ti resta 695Nulla, che desiar fuorché la vita,Esponi il tuo desir. Esserne, io giuro, Fedele esecutor. Quanto ti piace, Figlio, prescrivi, e chiudi i lumi in pace.

LICIDA

Padre, che ben di padre, 700Non di giudice e re, quei detti sono:L’unico de’ miei votiÈ il riveder l’amicoPria di spirar. La sola grazia imploroD’abbracciarlo una volta, e lieto io moro. 705

CLISTENE

T’appagherò. Custodi,(Alle guardie, una delle quali parte.)Megacle a me si guidi. Il volto, il ciglio,La voce di costui nel cuor mi destaUn palpito improvviso,Che lo risente in ogni fibra il sangue. 710Fra tutti i miei pensieriLa cagion ne ricerco, e non la trovo.Che sarà, giusti dei! Questo ch’io provo?

Non so donde vieneQuel tenero affetto: 715Quel moto,Che ignoto,Mi nasce nel petto,Quel gel, che le veneScorrendo mi va. 720

Nel seno a destarmiSì fieri contrasti,Non parmi, che bastiLa sola pìetà.

SCENA DICIASSETTESIMA

MEGACLE fra le GUARDIE, e detti, poi ARISTEA.

LICIDA

Ah, vieni, illustre esempio 725Di verace amistà! Megacle amato;Caro Megacle, vieni.

MEGACLE

Ah, qual ti trovo,Povero prence!

LICIDA

Il rivederti in vitaMi fa dolce la morte.

MEGACLE

E che mi giovaUna vita, che in vano, 730Voglio offrir per la tua? Ma molto innanzi,Licida, non andrai. Noi passeremoOmbre amiche, indivise il guado estremo.

LICIDA

Oh, delle gioie mie, de’ miei martirî,Finché piacque al destin, dolce compagno, 735Separarci convien. Giacché siam giuntiAgli estremi momenti,Quella destra fedel porgimi, e senti.Sia comando o preghiera:14

Vivi, io bramo così. Ritorna in Creta 740Al padre mio. Deh, tu l’istoria amaraRaddolcisci narrando. Il vecchio afflittoReggi, assisti, consola:Lo raccomando a te. Se piange, il piantoTu gli asciuga sul ciglio; 745E in te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.

CLISTENE

(Povera umanità!) Ma ormai trascorre(Dapprima commosso, indi rimesso.)L’ora prescritta al sacrificio.

ARISTEA

Ah, padre!(In arrivando.)Eccomi un’altra volta ai piedi tuoi. (S’inginocchia.)Il mio pianto, il mio sangue, 750La tua stessa pietade, il tuo bel cuore,

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Tutto per me ti parli, e tutto imploriGrazia per l’infelice…

CLISTENE

Amata figlia,Lasciami, per pietà! Non posso. Il numeGià la vittima attende. (Oh dio!) Custodi, 755Dall’amico infeliceDividete colui.

(Le guardie separano Megacle da Licida.)

MEGACLE

Barbari! Ah, voiAvete dal mio sen svelto il cor mio.

LICIDA

Oh, dolce amico!

MEGACLE

Oh, caro prence!…

LICIDA E MEGACLE

Addio.

MEGACLE

[A Licida.]Nel lasciarti, o prence amato, 760Mi si spezza in seno il cor;Di morirti almeno a lato,Perché a me si niega ancor?

(A Clistene.)Ah, signor… che acerbo affanno!15…

(A Licida)Dolce amico!…(Ad Aristea)Ah!… Mio tesor!… 765Ahi destin empio tirannoDeh m’uccida il tuo rigor.Voi che un dolce amor provate,Deh, spiegate il mio dolor.

SCENA ULTIMA

[LICIDA a’ pié dell’ara.] ARGENE e detti, poi AMINTA.

ARGENE

Fermati, o re. Fermate, 770Sacri ministri.

CLISTENE

Oh insano ardir! Non sai?…

ARGENE

So, che lice il morirePer lo sposo a una sposa.

CLISTENE

Licori, io che t’ascoltoSon più folle di te. D’un regio erede 775Una vil pastorella…

ARGENE

Io vil non sono,Non son Licori. Argene ho nome, in Creta Chiara è del sangue mio la gloria antica.Licida lo confessi, Aminta il dica. (Accennando[ad] Aminta che sopravviene confuso, e corre perabbracciar Licida.)

AMINTA

Prence… Signor… 780

ARGENE

Parlino queste gemme;Io tacerò. Vedile, o re, conoscaL’ingrato sposo mio i doni suoi;E fede ai detti miei niega, se puoi.

(Porge a Clistene un monile.)

CLISTENE

Stelle! Che miro? (È questoL’aureo monil, Ah! Troppo lo conosco! 785Che al collo avea, quando fu esposto all’onde,Il mio figlio bambin.) Licida, sorgi:(Licida s’alza.)Guarda: è ver, che costeiL’ebbe in dono da te?

LICIDA

Però non debbeMorir per me. 790

CLISTENE

Ora ti chieggo solo,Se il dono è tuo.

LICIDA

Sì.

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CLISTENE

Da qual man ti venne?

LICIDA

A me donollo Aminta.

CLISTENE

Aminta (oh dio!), (Impaziente.)Rispondi, e non mentir. Questo monileD’onde l’avesti?

AMINTA

Là, doveIn mar presso Corinto 795Sbocca il torbido Asopo, io lo trovaiAl collo d’un bambin esposto all’onde.

CLISTENE

E del fanciullo (Oh dio!)(Come sopra.)Che ne facesti? Parla:Non aggiunger tacendo 800All’antico delitto error novello.

AMINTA

L’hai presente, o signor. Licida è quello.

CLISTENE

Come? Non è di CretaLicida il prence?

AMINTA

Il vero prence in fasceFinì la vita. Io, ritornando in Creta, 805Al re l’offersi in dono,Che al trono l’educò per mio consiglio.

CLISTENE

Oh numi! Ecco Filinto, ecco mio figlio.(Abbracciandolo.)

Quanto mai per sì gran dono,Dei clementi, io vi son grato! 810

TUTTI (A riserva di Clistene)Che momento fortunato!Che felice genitor!

LICIDA

Caro padre, a’ piedi tuoi

Con orrore, oh dio! Rammento…(In atto d’inginocchiarsi.)

TUTTI (A riserva di Licida.)Tutto è oggetto di contento, 815Quel che già fu di terror.

CLISTENE

Tutti voglio oggi felici:Scordi ognuno le sue pene.La sua face accenda Imene,E le destre annodi, e i cor. 820

TUTTI [A riserva di Clistene.]Che momento fortunato!Che felice genitor!

ARISTEA

Alfin se tua son io,Se l’amor mio tu sei;

MEGACLE

Se sei l’idolo mio, 825Luce degl’occhi miei;

ARISTEA E MEGACLE

Care son pur, mio bene,Le amabili cateneOnde ci avvince Amor.

LICIDA

Torno alle mie ritorte, 830

ARGENE

Arda la prima face,

LICIDA E ARGENE

Rieda la bella pace,E dell’avversa sorte…

CLISTENE

(Clistene, dopo essere stato sospeso e pensieroso,prorompe.)Ma, Filinto, il mio figlio, È reo di morte. 835

MEGACLE

(A Clistene.)T’arresta, o signore.

Col dì, che già more, Qui re più non sei:

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E il pubblico votoLa sorte de’ reiDecider dovrà. 840

CLISTENE

E il pubblico votoDecida del figlio:Comando, o consiglioIl padre non dà.

TUTTI

Viva il figlio, ed innocente 845Torni in seno al padre amato.

Che momento fortunato!Che felice genitor!

FINE DEL DRAMMA

1 Il libretto e la partitura recitano: «Meno cauto forza nonhanno».2 Nella partitura manca l’indicazione del numero di sce-na.3 Il libretto riporta un verso ipometro «Ma tu non senti»,seguito da un settenario «Quai più fieri tormenti», chenella partitura sono stati riassunti in un unico verso en-decasillabo «Ma tu non senti, quai fieri tormenti». 4 La partitura legge «più».5 La partitura legge «vinse».6 La partitura legge «in».7 Il libretto legge, forse erroneamente, «sangue».8 La partitura legge «ruina».9 La partitura legge «pietà».10 La partitura recita «oh cara».11 La partitura recita «pietosi dei».12 Forse a causa di un errore tipografico, l’assetto stico-metrico dei vv. 676-680 esibito dal libretto è il seguente:ARGENE: «Intesi il mio destin. /».AMINTA: «Ah, principessa, raffrena il tuo dolor: / Forsequel core si cangerà. /».ARGENE: «Deh! Taci taci, Aminta crudel, / E le mie penenon irritar. / Ahi sventurata Argene! /».13 La partitura legge «sento».14 Il libretto recita, forse per un errore tipografico, «Siapreghiera, o comando».15 Il libretto recita, erroneamente, «acerbi affanni».

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Giulian Zuliani, incisione per L’Olimpiade da undisegno di Pier Antonio Novelli. In Opere delSignor Ab. Pietro Metastasio. Venezia, Zatta, 1781.

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Il libretto dell’Olimpiade fu scritto da Meta-stasio nel 1733, a Vienna; dalla capitaleasburgica – com’è noto – il celebre letteratoesercitò una sorta di dittatura letteraria sul-l’intero mondo operistico (e letterario) eu-ropeo, conservando il titolo di «poeta cesa-reo» per più di cinquant’anni (dal 1729 finoalla morte, sopraggiunta nel 1782). Per lastoria dell’opera il libretto dell’Olimpiaderappresenta, a fianco d’altri titoli come, adesempio, Siroe (1726), Semiramide (1729),Ezio (1728) e Demofoonte (1733), un mo-dello fra i più riusciti (nonché, fra tutti, ilpiù ammirato) del cosiddetto dramma d’in-trigo, vale a dire d’una tipologia teatrale incui la trama si costruisce per intero intornoad una situazione conflittuale delineatanelle prime scene, della quale si presenta-no le ripercussioni sui personaggi in diver-se circostanze (ciascuna rappresentandoun’occasione per l’espansione lirico-affetti-va o per il commento sentenzioso-moraleg-giante delle arie): Megacle, pur amando lastessa donna, Aristea, cui ambisce il suoamico Licida, si trova costretto, per un de-bito di riconoscenza precedentemente con-tratto, a conquistare la mano della propriaamata fingendosi Licida. Solo in conclusio-ne, e senza un vero e proprio sviluppodrammatico, giunge, inatteso, lo sciogli-mento dell’intrigo, grazie ad un’agnizionee/o all’intervento di un deus ex machina.La fortuna settecentesca dell’Olimpiade fuenorme: fino ai primi decenni dell’Ottocen-to si contano – caso del resto non unico peri testi di Metastasio – più di 50 diverse rea-lizzazioni musicali ad opera di quasi tutti ipiù noti compositori: dopo Caldara (autoredelle musiche per la “prima” viennese), eoltre a Cimarosa, vi si cimentarono nomi

come Vivaldi, Pergolesi, Leo, Galuppi, Wa-genseil, Latilla, Hasse, Traetta, Jommelli,Piccinni, Sacchini, Gassmann, Bertoni,Anfossi, Sarti, Mysliveèek, Cherubini, Pai-siello… Non si contano, inoltre, le arie mu-sicate isolatamente: per la loro raffinatezzae per l’intima musicalità del verso metasta-siano, L’Olimpiade, e più in generale i li-bretti di Metastasio, rappresentarono pergli operisti del Settecento una sorta di ban-co di prova: una palestra d’esercitazionesulla quale mettere a cimento le proprie ca-pacità creative e imparare a ben scrivere inquello speciale settore della composizionech’è l’opera lirica.Come tutti i compositori del secolo, ancheCimarosa è debitore nei confronti del mo-dello drammaturgico metastasiano: delpoeta cesareo, oltre all’Olimpiade, musicòl’Alessandro nell’Indie, L’eroe cinese, Atti-lio Regolo e Semiramide, ma – non diversa-mente che per qualsiasi altro compositored’opera nel Settecento – l’influsso dellaconcezione drammaturgica metastasianariguarda pressoché ogni sua pagina lirica.Si segnalò al pubblico col grande successodel dramma giocoso in due atti Giannina eBernardone, rappresentato nel 1781 al Tea-tro San Samuele di Venezia; in seguito fuconteso in tutte le piazze d’Italia e trascorseanche un lustro al servizio di Caterina II diRussia. Autore estremamente versatile eprolifico (s’impegnò in generi molto diver-si lasciando un ricco catalogo che nel re-pertorio operistico arriva a più di 70 titoli),sembra prediligesse il genere comico, masi cimentò con gran maestria anche inquello serio. Fra i titoli più memorabili siricorda l’opera Gli Orazi e i Curiazi, andatain scena al Teatro La Fenice il 26 dicembre

L’OLIMPIADE IN BREVE

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1796: lavoro acclamatissimo (godette diben 130 repliche nella sola città lagunare),quest’opera rappresentò il suo personalecontributo alla fortunata tipologia tardoset-tecentesca, protrattasi fino a Norma, delsoggetto classico-romano e a quella, cheanticipa l’intero Ottocento, del finale nega-tivo, aprendosi nel contempo all’influssogluckiano.Se si esclude la (peraltro recente) riscoper-ta de Gli Orazi e i Curiazi, l’odierna cono-scenza di Cimarosa è di quasi assoluta pre-rogativa d’un solo titolo: l’opera comica Ilmatrimonio segreto, andata in scena nel1792 al Burgtheater di Vienna; unico fra isuoi lavori teatrali ad entrare nel repertoriostabilmente e a rimanervi in maniera pres-soché ininterrotta fino ai nostri tempi, as-sumendo, per la memoria collettiva euro-pea, il ruolo d’una sorta di compendio sim-bolico dell’opera comica settecentesca.L’Olimpiade, con cui venne inaugurato ilTeatro Eretenio di Vicenza nel luglio 1784,propone dunque un terzo aspetto dell’atti-vità operistica cimarosiana: quello che siriallaccia al grande filone serio del primoSettecento, partecipando nel contempo aquel processo storico di prudente rinnova-mento, alla luce delle più significative no-vità emerse nella produzione operistica eu-ropea, che caratterizza tante partiture ope-ristiche del secondo Settecento: lo snelli-mento del libretto (ridotto a due soli attitramite l’accorpamento in uno solo del se-condo e terzo), il frequente ricorso al reci-tativo accompagnato, l’aggiunta di pezziconcertati sul modello dell’opera comica(una menzione particolare spetta al magni-fico sestetto finale), sono i mezzi con i qua-li Cimarosa mette in opera il proprio rinno-

vamento “dall’interno” della tradizioneoperistica.

Alessandro Longhi, ritratto di Domenico Cimarosa.(Vienna, già collezione del Principe Lichtenstein).

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AATTTTOO PPRRIIMMOO

La vicenda si finge nelle campagne d’Elide,nei pressi della città d’Olimpia, sulle spon-de del fiume Alfeo.Clistene, re a Sicione e padre di Aristea, de-stina in sposa la propria unica figlia al vin-citore dei giochi olimpici cui è chiamato apresiedere. Alla mano della fanciulla aspi-ra Licida (ancora ignoto in Elide, ov’è sup-posto figlio del re di Creta), che conscio del-la propria imperizia negli esercizi atleticiinduce l’amico ateniese Megacle a gareg-giare col proprio nome, ignorando l’amorecontrastato che lo lega ad Aristea. Giuntoappena in tempo per iscriversi alle gare eancora all’oscuro dell’occulto intendimen-to del principe, Megacle accondiscende al-l’invito sin troppo premuroso di Licida, e sipresenta ai giudici «mentendo spoglie e no-me», mosso dal generoso proposito di poterfinalmente contraccambiare l’amico cuideve la vita.Esule a sua volta in Elide, ove vive nei pan-ni dell’umile pastorella Licori, Argene con-fida ad Aristea i suoi nobili natali e le pro-prie traversie, ascolta le querele della fan-ciulla, costretta a divenire suo malgradomercede della contesa olimpica, e la solle-cita a supplicare il padre affinché dilazioniil principio delle gare acconsentendo a Me-gacle, suo giovane amante, di parteciparvi.Clistene si dimostra tuttavia irremovibiledi fronte alle richieste della figlia, opponen-dovi le ragioni imprescindibili della legge edel dovere, e si congeda rivelandole orgo-glioso che fra coloro che si dispongono agareggiare per averla v’è anche Licida, l’ar-dimentoso principe di Creta, acuendo loscoramento d’Argene, un tempo sua occul-

ta amante e promessa sposa.Nel frattempo, dopo il giuramento ritualesull’altare di Giove, Megacle apprende asua volta che la giovane offerta al vincitoredei giochi è proprio colei ch’egli ama e dal-la quale, nonostante l’avversione di Cliste-ne, è intensamente contraccambiato. Eglicade perciò preda del dubbio e dellosconforto, prima di risolversi – sia pur amalincuore –, a combattere ugualmente,anteponendo alla propria felicità il pegnod’onore nei confronti del proprio principe.L’incontro fugace ed inatteso con Aristea,dà infine luogo ad un dialogo affatto evasi-vo e surreale, dominato dall’impossibilitàdi palesarle le ragioni dell’apparente con-traddizione fra la sua partecipazione al cer-tame olimpico e la contemporanea rinun-zia alle sue offerte d’amore, fra le malcerterassicurazioni di una fedeltà immutata el’impossibilità di rimanerle accanto, primadi essere bruscamente interrotto dal richia-mo, impietoso e provvidenziale, che invitagli atleti a raccolta nel pubblico agone.

AATTTTOO IIII

Con la ripresa dell’azione Argene s’imbattein Aminta, rimproverandogli di asseconda-re la slealtà del suo signore, allorché giun-ge Aristea recando sconsolata l’annunziodella vittoria olimpica di Licida (ovvero diMegacle).Acclamato vincitore dei giochi, il giovaneateniese è tuttavia sin troppo impaziente dicongedarsi da Clistene, dichiarando di vo-ler tornare al più presto in Creta, onde an-nunciare al padre le sue prossime nozzecon Aristea. Nel frattempo, ella sarà affida-

ARGOMENTO

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ta alle cure del proprio scudiero, Egisto(che in realtà altri non è che Licida stesso),alla cui vista il re rimane inconsciamenteturbato.Dopo aver rassicurato Licida ed essere ri-masto un’ultima volta solo con Aristea, Me-gacle rompe gli indugi rivelando alla giova-ne donna che il principe di Creta gli salvòla vita quando gli occorse d’essere ostaggiodei masnadieri, e prima di allontanarsi persempre le conferma di aver combattuto evinto i giochi di Olimpia per conto dell’ami-co, al quale ora l’affida.Sopraffatta dall’emozione Aristea perde isensi, ma quando rinviene ricusa dispera-tamente Licida, rivendicando il diritto alproprio legittimo sposo e alla propriafelicità.Frattanto gli eventi precipitano ed Argene,giunta al culmine del risentimento e dellosdegno, affronta a sua volta Licida, comu-nicandogli la sua ferma intenzione di sve-lare le sue menzogne e la frode della gara aClistene.Isolato e travolto dall’ira dopo esser statobandito, Licida snuda repentinamente laspada e si scaglia contro il re, che si salvasolo grazie al provvidenziale intervento diAristea, frappostasi coraggiosamente fra ilpadre e la lama del principe.Colpevole di avere ingannato il sovrano eattentato alla sua vita, il giovane reo vienearrestato e condotto sull’ara sacrificale, oveè destino che muoia svenato. Benché eglistesso in catene, appresa la condanna im-posta all’amico Megacle cerca disperata-mente aiuto e sostegno in Aristea, affinchéinterceda presso il padre in favore del com-pagno ormai definitivamente pentito. Percontro, Argene è ancora sconvolta per il

tradimento amoroso ed Aminta rassegnato,anche se ignaro della sorte infausta del suosignore, che nel frattempo manifesta l’e-strema volontà di riabbracciare un’ultimavolta Megacle.Proprio nel momento in cui la sentenza dimorte sta per essere eseguita, Argene ir-rompe all’interno del tempio ed interrompeil rito, svelando la propria identità e offren-dosi come vittima designata al posto delcondannato. A sostegno delle sue parole el-la ostenta un monile, segno dei propri nata-li illustri nonché pegno di nozze offertoledal principe cretese, nel quale Clistene ri-conosce sgomento quello stesso gioielloche pendeva dal collo del proprio figliolettoFilinto, quando – ben cinque lustri addietro–, per suo volere era stato esposto all’ondeaffinché non si compisse l’infausta predi-zione dell’oracolo, secondo la quale ungiorno egli avrebbe corso il rischio d’essereassassinato dal suo stesso figlio. Interroga-to da Clistene, Aminta confessa di averesalvato quel bambino dalle acque del maree di averlo affidato alle cure del re di Creta,affinché l’educasse al trono in luogo delsuo legittimo figlio, morto ancora in fasce.Finalmente, con il giorno che ormai volgeal tramonto, cessa anche l’autorità di Cli-stene in Elide e la decisione sulla sorte delproprio figlio viene quindi rimessa al vole-re popolo, che lo riabilita ed acclama le du-plici nozze di Megacle con Aristea e dellostesso Licida con Argene.

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ARGUMENT

AACCTTEE II

L’action se déroule dans la campagne d’Eli-de, près de la ville d’Olympie, aux bords dufleuve Alcée.Clistene, roi de Sicyone et père d’Aristea,promet la main de sa fille unique au vain-queur des jeux olympiques qu’il a été appe-lé à présider. Licida, qu’on croît fils du roide Crète, aspire à épouser Aristea mais, sesachant inapte aux exercices athlétiques,propose à son ami athénien Megacle deconcourir à sa place, ignorant qu’Aristea etlui s’aiment en secret. Megacle, arrivé justeà temps pour s’inscrire aux épreuves et en-core ignorant de l’intention cachée du prin-ce, accepte la proposition apparemmentempressée de Licida et se présente devantles juges sous le nom de ce dernier, heu-reux de pouvoir finalement rendre un ser-vice à l’ami qui jadis lui avait sauvé la vie.Entre-temps Argene, une noble dame cré-toise qui vit en exil en Elide sous l’humbleapparence d’une pastourelle nommée Li-cori, confie à Aristea sa noble origine et sesmalheurs, puis écoute à son tour lesplaintes de la jeune fille, obligée de devenirrécompense de la compétition olympiquecontre son gré, et l’exhorte à supplier sonpère de différer le commencement desépreuves et de permettre à Megacle, sonjeune amant, d’y participer. Clistene restepourtant inébranlable face aux prières desa fille, en lui opposant les raisons irréfu-tables de l’honneur et du devoir, et lui an-nonce avec fierté qu’entre ceux qui se pré-parent à s’affronter pour gagner sa main ily a aussi Licida, le hardi prince de Crète.En entendant les mots du roi, Argene, quiétait jadis la fiancée et l’amante secrète de

Licida, se désespère.Entre-temps, après le serment rituel surl’autel de Jupiter, Megacle apprend que lajeune fille qui sera donnée en mariage auvainqueur des jeux est justement celle qu’ilaime et qui partage ardemment son amouren dépit de l’opposition de Clistene; il estdonc saisi par les doutes et le désespoir,avant de se résoudre, bien qu’à contrecœur,a se battre tout de même, en faisant passerle dette d’honneur envers son prince avantson propre bonheur. Pendant la rencontre inattendue qui suitentre les deux amoureux, Megacle, qui nepeut pas avouer à Aristea les vraies cir-constances de sa participation aux jeux, sedérobe aux questions pressantes que luipose la jeune fille, bien qu’en lui répétantqu’il l’aime encore. Le rappel qui ras-semble tous les athlètes dans l’arène pu-blique interrompt providentiellement cedialogue si évasif et chargé de sous-enten-dus, en laissant Aristea troublée et décon-certée.

AACCTTEE IIII

Argene tombe sur Aminta, le vieux précep-teur de Licida, et lui reproche de seconderle manque de loyauté de son seigneur, lors-qu’Aristea arrive, toute désolée, en annon-çant la victoire olympique de Licida (c’est-a-dire Megacle); le jeune athénien est doncproclamé vainqueur des jeux. Il est pour-tant impatient de prendre congé de Clisteneet de revenir a Crète au plus tôt, sous leprétexte d’annoncer à son père ses prochesnoces avec Aristea; pendant ce temps, safiancée sera confiée aux soins de son

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écuyer et ami Egisto, qui n’est que Licidalui-même. Quand Clistene voit ce dernier,il en reste inexplicablement troublé.Megacle rassure Licida, puis demande derester seul avec Aristea; il dévoile alors àson amoureuse que dans le passé le princede Crète lui avait sauvé la vie, quand ilavait été pris en otage par une bande de bri-gands, donc il ne peut pas se montrer ingratà son egard. Avant de partir à jamais, ilconfirme à Aristea qu’il a disputé et vaincules jeux pour le compte de son ami, auquelmaintenant il la confie. Bouleversée parl’émotion, Aristea s’évanouit, mais lors-qu’elle reprend connaissance, elle repous-se désespérément Licida et s’en va, en ré-clamant le droit d’épouser l’homme qu’elleaime; le prince voudrait la poursuivre,mais en est empêché par Argene qui, aucomble du ressentiment et de l’indignation,l’affronte et lui communique son intentionde dévoiler à Clistene ses mensonges et laduperie de la compétition.Licida est donc banni. Emporté par un ac-cès de colère, il dégaine son épée et se ruesur le roi; Clistene échappe à sa fureur uni-quement par l’intervention providentielled’Aristea, qui lui fait un bouclier de soncorps.Licida, reconnu coupable d’avoir trompé leroi et attenté à sa vie, est arrêté et condam-né à mort: on lui ouvrira les veines surl’autel de Jupiter. Megacle demande demourir à la place de son ami, mais il a étéemprisonné lui aussi, donc ne peut pas dis-poser librement de sa vie; il prie alorsdésespérément Aristea d’intercéder auprèsde son père en faveur de Licida, qui estmaintenant tout à fait repentant, mais toutest inutile. Par contre, Argene est encore

bouleversée par la trahison de Licida etAminta est résigné, quoique ignorant dusort funeste de son seigneur. Licida est donc conduit au sacrifice. Cliste-ne lui accorde une dernière grâce; le mal-heureux prince demande alors de revoirMegacle encore une fois, avant de mourir.Au moment même de l’exécution, Argenefait irruption dans le temple en interrom-pant le rite, dévoile sa vraie identité ets’offre en victime à la place du condamné,son ancien fiancé. Pour soutenir ses mots,Argene montre un bijou qui lui avait étédonné par le prince crétois en gage de sonamour. Clistene, effaré, reconnaît le mêmebijou que portait son fils Filinto, jumeaud’Aristea, quand il avait été jeté à la mer - ily a cinq lustres - sur son ordre, pour conju-rer la funeste prédiction d’un oracle, selonlaquelle l’enfant aurait attenté un jour à lavie de son père. Aminta, interrogé par Clis-tene, révèle qu’il avait sauvé des flots l’en-fant et l’avait ensuite confié au roi de Crète,qui l’avait éduqué pour le throne au lieu deson propre fils, mort au berceau. Pendant ce temps, le soleil s’est couché etainsi se termine l’autorité de Clistene enElide; la décision sur le sort de Licida estdonc remise au peuple, qui le gracie et ac-clame joyeusement le double mariage deMegacle avec Aristea et du même Licidaavec Argene.

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AACCTT II

In Elide, on the banks of the river Alfeonear the city of Olympia, King Clistene ofSicione has arrived to host the OlympicGames and has announced that his daugh-ter Aristea will be betrothed to the victor.Licida, the crown prince of Crete, has fallenin love with Aristea but has no experiencein Olympic competition. He asks Megacle,his friend from Athens and a past winner,to participate in his name. Having just ar-rived in time to enroll, Megacle eagerly ac-cepts. Finally having the opportunity tothank Licida for having saved his life manyyears earlier, Megacle presents himself tothe judges under the name of Licida. Argene, now living in exile in Elide dis-guised as the shepherdess Licori, confidesto Aristea her misfortunes and noble Cre-tan origins. Aristea in turn laments herown fate – she is being offered as the brideto the winner of the Olympic games againsther will – and urges Argene to convinceher father to delay the start of the competi-tion so that her lover Megacle can partici-pate.However, upon hearing of his daughter’srequest, Clistene is not swayed, saying thatthe law and his duty as host do not permitit. He takes his leave, revealing with greatpride that Licida, the fearless prince ofCrete, is among those participating to winher hand. Argene is distraught by thisnews, since she was once Licida’s secretlover and betrothed.Only after the ritual oath-taking ceremonyon the altar of Jupiter does Megacle realizethat the young girl who has been promisedto the winner is the very person he loves,

despite Clistene’s strong disapproval. He isdespondent and wavers about the princi-ples of friendship. But Megacle ultimatelydecides that loyalty and friendship mustprevail over love and happiness, otherwisehis loss of honor might cause even Aristeato hate him.The fleeting and unexpected meeting withAristea leads to an evasive and surreal ex-change dominated by confusion and de-spair. While she rejoices that he will beparticipating, Megacle can only inform herof the impossibility of a future together,nevertheless confessing his unfalteringlove. He is suddenly interrupted by the callto the arena.

AACCTT IIII

Argene meets Aminta, Licida’s preceptor,and is admonishing him for supporting hismaster’s deception when Aristea arriveswith the dismal news that the Olympicwinner is Licida.Although he is the much acclaimed winnerof the games, Megacle is impatient to leave,saying he wants to return to Crete as soonas possible to inform his father of his immi-nent wedding to Aristea. He suggests thatAristea should be entrusted to the care ofEgisto, his shield bearer (who is actually noother than Licida himself), the sight ofwhom troubles the king. After having reas-sured Licida, Megacle remains alone withAristea one last time. He hesitates nolonger and explains that the Prince of Cretesaved his life when he was taken hostageby bandits and, before taking his leave for-ever, Megacle tells her that he participated

SYNOPSIS

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in the Olympic games and won for hisfriend, thus entrusting her to him. Aristea faints. Regaining consciousness,she rejects Licida, claiming the right to herlegitimate husband and to happiness. Ar-gene, fraught with resentment and con-tempt, confronts Licida, telling him thatshe has decided to reveal his deception toClistene. Alone and banished by the king, Licidadraws his sword in desperation to attackClistene, who is saved by Aristea throwingherself between them. The prince is arrest-ed and led away to the sacrificial altar.Hearing of his friend’s sentence, Megacle,who is in chains for his role in the decep-tion, desperately looks to Aristea for sup-port, urging her to go to her father on hisfriend’s behalf to tell him that Licida is re-pentant. Meanwhile, Argene is still devastated byher lover’s betrayal, and Aminta has ac-cepted his own fate. Licida’s last wish is toembrace his loyal friend Megacle one moretime.Just as the sentence is about to be carriedout, Argene bursts into the temple and in-terrupts the ritual, revealing her true iden-tity and offering herself in place of Licida.As proof of her noble birth, she displays anecklace, and she also possesses the wed-ding pledge from the Prince of Crete. In dis-may, Clistene recognizes it as the verysame necklace he had placed around theneck of his young son Filinto when, twen-ty-five years earlier, he had given him tothe sea so that the oracle’s ill-omened pre-diction that he would be killed by his veryown son could not come true. When ques-tioned by Clistene, Aminta confesses that

he saved the child from the water and en-trusted him to the care of the King of Crete,who brought him up as his legitimate son,in place of his own child who had died ininfancy.Clistene then joyfully proposes the doublewedding of Megacle with Aristea and Lici-da with Argene. But he suddenly remem-bers that Licida is condemned to die, andthe sacrifice must proceed. Megacle, how-ever, points out that Clistene’s authority inElide has expired with the end of the day,so the fate of his son must be determined bythe public. The voice of the people is heard;Licida is pardoned, and the double wed-ding is announced.

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11.. AAKKTT

Das Geschehen spielt in der Region Elis beider Stadt Olympia am Ufer des Flusses Al-phaios.Clistene, König in Sicione, will seine einzi-ge Tochter Aristea dem Sieger der olympi-schen Spiele zur Frau geben. Aber nach derHand des Mädchens trachtet Licida (in Elisnoch unbekannt, wo er für den Sohn desKönigs von Kreta gehalten wird). Seinerathletischen Untüchtigkeit wohlbewusst,bittet er seinen Athener Freund Megacle anseiner Statt an den Wettkämpfen teilzuneh-men, nicht ahnend, dass dieser Aristealiebt. Gerade noch rechtzeitig und immernoch im Dunkeln über die wahren Absich-ten des Prinzen, meldet er sich zu denWettkämpfen an und stellt sich denSchiedsrichtern „unter falscher Gestalt undNamen“ vor, getrieben von der großmüti-gen Absicht, endlich den Freund zu vergel-ten, dem er das Leben verdankt. Argene,auch sie Flüchtling in Elis, wo sie als be-scheidene Schäferin unter dem Namen Li-cori lebt, vertraut Aristea ihre edle Her-kunft und ihr Schicksal an, die ihrerseitsihr Leid klagt, gegen ihren Willen als Be-lohnung für den olympischen Wettstreitausgesetzt zu werden. Sie erbittet den Bei-stand Licoris, damit ihr Vater den Beginnder Spiele aufschiebt, um ihrem GeliebtenMegacle die Teilnahme zu ermöglichen.Aber Clistene gibt den flehentlichen Bittender Tochter nicht nach, denen er unum-gängliche Gründe des Gesetzes und derPflicht gegenüberstellt und sich verab-schiedend enthüllt er ihr stolz, dass unterdenen, die sich dem Wettstreit stellen, umsie zu erwerben, auch der kühne Prinz von

Kreta Licida sei. Diese Nachricht stößt Ar-genes in tiefe Verzweiflung, denn sie wareinst seine heimliche Geliebte und Verlob-te.Inzwischen erfährt Megacle, nachdem erseinen rituellen Eid am Altar des Zeus ab-gelegt hat, dass das Mädchen, das dem Sie-ger der Spiele versprochen ist, ausgerech-net Aristea ist, die er liebt und trotz des vä-terlichen Widerstands, erwidert sie dieseLiebe zutiefst. Es überfallen ihn Zweifelund Kummer, aber zuletzt entschließt ersich schweren Herzens zu kämpfen undseine Verpflichtung gegenüber dem Prin-zen dem eigenen Glück voranzustellen.Bei der flüchtigen und unerwarteten Be-gegnung mit Aristea gelingt es Megaclenicht, ihr die Gründe für den scheinbarenWiderspruch zwischen seiner Teilnahmean dem olympischen Wettkampf und demgleichzeitigen Verzicht auf ihr Liebesange-bot, zwischen den unsicheren Beteuerun-gen unveränderter Treue und der Unmög-lichkeit bei ihr zu bleiben zu erklären: erwird von dem unerbittlichen und doch ge-legen kommenden Ruf unterbrochen, derdie Athleten auffordert, sich zum Wett-kampf einzustellen.

22.. AAKKTT

Argene wirft Aminta vor, die Unlauterkeitseines Herrn zu unterstützen, als Aristeamit der Nachricht erscheint, dass Licida(das heißt Megacle) den olympischen Siegdavongetragen hat. Der junge Athenerwird als Sieger der Spiele gefeiert, aber erhat es eilig, sich von Clistene zu verab-schieden und nach Kreta zu gehen, um sei-

HANDLUNG

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nem Vater die Hochzeit mit Aristea mitzu-teilen. In der Zwischenzeit soll sein Waf-fenträger Egisto sie in seine Hut nehmen(der in Wirklichkeit kein anderer als Licidaselbst ist), dessen Anblick beim König eineunbewusste Unruhe auslöst. Megacle ist ein letztes Mal mit Aristea al-lein und offenbart der jungen Frau nun oh-ne Zögern, dass der Prinz von Kreta ihmdas Leben gerettet habe, als Räuber ihn alsGeisel gefangen hielten, und dass er dieSpiele von Olympia für seinen Freund aus-gefochten und gewonnen habe, dem er sienun anvertraue.Zutiefst erregt fällt Aristea in Ohnmacht,aber als sie wieder zu sich kommt, weistsie Licida verzweifelt zurück und erhebtAnspruch auf ihren rechtmäßigen Bräuti-gam und ihr Glück.In der Zwischenzeit überstürzen sich dieEreignisse, und die aufs äußerste empörteArgene stellt sich Licida und teilt ihm ihrefeste Absicht mit, Clistene über seinen Be-trug bei den Wettkämpfen aufzuklären. Isoliert und verstoßen zieht Licida wutent-brannt das Schwert und stürzt sich auf denKönig, den nur das vorsehungsvolle Ein-greifen Aristeas rettet, die sich mutig zwi-schen ihn und das Schwert des Prinzenwirft.Licida wird beschuldigt, den Herrscher be-trogen und nach seinem Leben getrachtetzu haben und wird zum Opferaltar ge-führt, auf dem er verbluten soll. Als Me-gacle, selbst in Ketten gelegt, von der Ver-urteilung des Freundes erfährt, bittet erAristea verzweifelt um Hilfe und Fürspra-che bei ihrem Vater für den Reumütigen.Argene hingegen ist noch immer untröst-lich über den Liebesverrat und Aminta re-

signiert, obwohl er noch im Dunkeln überdas unselige Schicksal seines Herrn ist, derinzwischen seinen letzten Willen kundtut,Megacle noch einmal umarmen zu kön-nen.Als das Todesurteil vollstreckt werden soll,dringt Argene in den Tempel ein und un-terbricht den Ritus, indem sie ihre Identitätpreisgibt und sich als vorbestimmtes Opferanstelle des Verurteilten anbietet. Zur Un-termauerung ihrer Worte zeigt sie einHalsband, Zeichen ihrer edlen Herkunftund Hochzeitspfand des Kreter Prinzen, inwelchem der bestürzte Clistene dasSchmuckstück wiedererkennt, das sein ei-genes Söhnchen Filinto um den Hals trug,als er ihn vor fünf Jahrfünften den Wellenaussetzte, damit die unglückselige Weissa-gung des Orakels nicht in Erfüllung ginge,derzufolge er riskieren würde, von seinemeigenen Sohn umgebracht zu werden. VonClistene befragt, gesteht Aminta ein, jenesKind von den Wassern des Meeres gerettetund dem König von Kreta anvertraut zuhaben, damit dieser es anstelle seinesrechtmäßigen, noch in der Wiege verstor-benen Sohnes, zum Thronfolger erziehe.Mit dem zur Neige gehenden Tag endetauch die Autorität Clistenes in Elis und dieEntscheidung über das Schicksal seinesSohnes wird in die Hände des Volkes ge-legt, das ihn rehabilitiert und die Doppel-hochzeit von Megacle mit Aristea und Lici-da mit Argene unter Jubel feiert.

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Domenico Cimarosa in un’incisione di Giovannni Battista Sasso da un disegno di Antonio Bramati. (Milano,Civica Raccolta di Stampe Bertarelli).

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Per il pubblico dell’Eretenio di Vicenza nel1784 Cimarosa non era ancora l’autore delMatrimonio segreto o degli Orazi e i Curiazi.A distanza di una decina d’anni dagli esordinapoletani il compositore di Aversa potevavantare soprattutto un cospicuo catalogo dioperista specializzato nel genere buffo (incui spiccano l’Italiana in Londra, 1779, eGiannina e Bernardone, 1781); e se all’occor-renza non si era sottratto al confronto conl’opera seria, vuoi di tradizione (l’Alessandronelle Indie, 1781, l’Eroe cinese, 1782 ), vuoidi nuova progettazione e di impianto in qual-che modo riformato (il Giunio Bruto su testodi Giovanni Pindemonte, 1781, l’Oreste, li-bretto di Luigi Serio, 1783), la sua miglior fa-ma non passava per quei titoli.Trattandosi quindi di un artista affermatosì, ma ancora in via di definitiva consacra-zione, una Olimpiade non giunge inattesa.Soggetto prestigioso se mai ve ne furono,banco di prova e oggetto di reciproca emu-lazione per uno stuolo di compositori, ildramma di Megacle e Licida segna nellacarriera di Cimarosa un momento signifi-cativo: per la tradizione pluridecennale incui viene a collocarsi dalla prima di Calda-ra del 1733, per ciò che da quella tradizioneormai si discosta, e infine per il prolungatosuccesso che lo premiò e che proprio Il ma-trimonio segreto, del 1792, e Gli Orazi e iCuriazi, del 1796, avranno contribuito a so-stenere.L’era metastasiana volgeva decisamente altramonto. Non che Metastasio fosse scom-parso dai cartelloni teatrali: non vi era anzistagione che non ne avesse in programmaqualche titolo, in intonazioni nuove o anti-che; ma se il dramma metastasiano avevarappresentato l’educazione sentimentale

delle generazioni sentimentalmente attivefino alla metà del secolo e ne aveva rispec-chiato i patemi e le aspirazioni, allo scade-re del medesimo tornare a Metastasio costi-tuiva più che altro un’abitudine, pigramen-te replicata dai produttori dello spettacolomusicale e altrettanto pigramente avallatadal pubblico. Se sarebbe eccessivo sostene-re che a quell’epoca Metastasio non com-muoveva più, di certo era venuto menol’indiscutibile consenso che aveva reso isuoi drammi pari a codici di comportamen-to etico, poetico e musicale (e la cosiddettariforma gluckiana, che si svolse e produssei suoi effetti in aree culturali elitarie e riser-vate rispetto alla tradizione operisticausuale, ebbe con questo processo poco ache vedere).Del resto di Metastasio ce n’era sempre me-no, nei drammi metastasiani di fine secolo.Ne restava spesso solo il traliccio narrativoe qualche luogo poetico talmente celebreda essere inalterabile; e anche la musicaandava a farsi sempre meno metastasiana.I riadattamenti e le corruzioni poetiche in-fatti procedevano di pari passo alla speri-mentazione musicale: i drammi del PoetaCesareo, che un tempo incarnavano il si-stema sociale e dettavano l’ordine costitui-to (emblematizzato in musica dall’ariapentapartita, col da capo), si rendevano oradisponibili ad ospitare i germi della lorostessa dissoluzione, sotto forma di una di-versa logica narrativa e di un lessico melo-drammaturgico in rapida evoluzione, chene scombinava l’originaria architetturadrammatica rinnovando al contempo le ti-pologie musicali. Partitura dell’Olimpiadealla mano, vediamo per sommi capi di chesi trattò.

ANDREA CHEGAI

QUANDO CIÒ CHE È SIMILE SI FA DIVERSOCIMAROSA E L’OLIMPIADE (CINQUANT’ANNI DOPO)

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SSttaavvoollttaa iinniizziiaa AAmmiinnttaa

Nel dramma originale di Metastasio, diconcezione logocentrica (ossia incentratosul valore semantico e drammatico dellaparola poetica, di per sé sufficiente e preli-minare al valore aggiunto della musica),alla prima scena è affidata la funzione difissare la vicenda, e il dialogo di Licida eAminta si chiude senz’aria. Il privilegio diamplificare la parola attraverso la musica èlasciato, alla scena seconda, al protagonistaassoluto, Megacle, che così canta per pri-mo. Nel processo di riduzione – nell’am-piezza e nel numero delle scene – e di ar-ricchimento musicale – meno scene senzamusica e scene più differenziate – che ca-ratterizzò i rimaneggiamenti condotti suMetastasio qual è il nostro, iniziare un’ope-ra senza un brano cantato, fosse anche unacavatina (ovvero, in uno dei molteplici si-gnificati conferiti al termine, un’aria breve,spesso «di sortita» per il personaggio che lacanta), era ritenuto povero e sterile. Al tem-po stesso un’aria cantata da un personaggiodi fianco avrebbe potuto protrarre l’attesaper la sortita di Megacle: ecco allora chel’aria di paragone che in Metastasio Amin-ta cantava a II, 5, «Siam navi all’onde algen-ti», viene ridotta alla sola prima strofa e tra-sportata di sana pianta a I, 1. Lo scorcia-mento non è qui abbreviazione poetica pu-ra e semplice, ma risponde ad un diversoorientamento della musica, a sua volta daricondursi a una strategia complessiva, co-me si vedrà in breve. Con una sola strofal’intonazione non potrà più essere del tipo«con da capo» o simili (ABA’, AA’BAA’ etc.),in quanto è di fatto sottratto il materialepoetico da destinarsi al periodo centrale(B): si evita così che Aminta – il quale, co-me Licida, ha nell’opera solo due arie con-tro le tre degli altri, e tutte e quattro sonobrevi – si innalzi ad un livello che non me-rita. Il prodotto musicale è una vibrante ecavatina pluripartita; tanto meglio se a can-tarla sarà il personaggio meno rilevantedell’opera (in Cimarosa Alcandro è sop-presso): l’attenzione ci scivola su senza in-trattenervisi, sollecitata quel tanto che ba-sta dalle prevedibili pitture sonore a base di

rapidi disegni degli archi (le «onde algenti»e gli «impetuosi venti»).

LLaa ssoorrttiittaa ddii MMeeggaaccllee

L’Olimpiade di Cimarosa fu soprattutto l’o-pera di Luigi Marchesi. Il castrato milane-se, uno degli ultimi esponenti di spicco diquella tipologia vocale, ebbe in Megacle ein Giulio Sabino (nell’omonima intonazio-ne di Sarti) i suoi due ruoli favoriti. Mar-chesi vestì i panni del nobile ateniese dal1778 al 1798 e forse oltre, tanto da doversiritenere lo specialista assoluto di un ruolocui ebbero accesso solo i migliori (fra que-sti Millico, Pacchiarotti, Tenducci, Aprile,Crescentini e Andrea Martini, detto il Sene-sino). Marchesi cantò Megacle con le notedi Mislivecek, Bianchi, Sarti, Federici masoprattutto con quelle di Cimarosa: a Vi-cenza, Lucca, Londra, Milano, Venezia, Li-vorno, Modena e altrove (e non stupiscal’apparente disparità dei luoghi teatrali, darapportarsi alla diversa geografia culturaledell’epoca). Nelle diverse messinscena eb-be a fianco Francesca Danzi Le Brun, Giu-seppe Simoni, Antonio Bolelli, Matteo Babi-ni, Maria Marchetti Fantozzi, Anna An-dreozzi, Angelo Monanni detto Manzoletto;il fior fiore della vocalità tardo settecente-sca, tanto che attraverso L’Olimpiade di Ci-marosa e i suoi interpreti potrebbe essernetracciata una buona sintesi. «Superbo di mestesso» è l’aria di sortita di Marchesi/Mega-cle. Qui le due strofe sono ovviamentemantenute e generano una forma tripartita(ciò che era stato il «da capo» diviene inquest’epoca una ricapitolazione scritta peresteso, con abbreviazioni o prolungamentie debitamente variata). L’esibizione tecni-ca del protagonista ha culmine in un ampiovocalizzo di circa 150 note su «sta» di «comemi sta nel cor», replicato nella ripresa; equalcosa di simile capiterà anche nelle pri-me arie di Clistene e di Aristea (a Vicenzanel 1784 i due altri interpreti di spicco: il te-nore Babini e la Danzi). La scelta del termi-ne non è dettata dall’essere quello il più ca-rico emotivamente (il «cor» che segue lo ècerto di più) bensì da motivi pratici: a veni-

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re espansa, in corrispondenza della caden-za perfetta I-V-I, è la terzultima sillaba delverso, così da riservare alle restanti due lafunzione di chiusa (V-I); inoltre la vocale«a» è la più consona alla vocalizzazione.Esigenze compositive e esigenze spettaco-lari si associano senza contraddirsi. La vo-latina si richiama allo stile strumentale (es.1); in due ottave di estensione si alternanofigurazioni differenziate: arpeggi discen-denti, figurazioni ritmiche anapestiche, sa-liscendi, arpeggi ascendenti, progressioni einfine l’ascesa al do acuto e il trillo conclu-sivo. Se il brano non è fra i più originali del-l’opera la sua funzione la adempie piena-mente: quella di precisare la statura mora-le del personaggio («Superbo di me stesso»)attraverso le doti vocali di chi lo interpreta:le capacità attoriali saranno messe in lucepiù avanti.

PPeessii ee mmiissuurree ((ssttrrooffiicchhee))

La differente conformazione delle due arietesté citate ribadisce il tema del riassettodei pezzi chiusi del dramma, che induce uncerto numero di varianti pur nella ricono-scibilità dell’assunto generale. Riassumen-do: nel dramma originale in tre atti si con-tano 20 arie a solo (più l’aria della licenzafinale), tutte di due strofe ad eccezione di«Oh care selve, oh cara», che Argene cantaalternandosi ripetutamente al coro, e di «Secerca, se dice», in tre strofe (il brano rap-presenta una rarità nell’intero corpus me-tastasiano). A parità di numero di strofe ladiversificazione si giocava allora sulla va-rietà ritmico-metrica e sui contenuti poeti-ci, il tutto uniformato invariabilmente alcodice del «da capo» (con le parole di unanonimo critico del tempo: «in una ma-dreforma medesima [erano] gittati e fusitutti gli affetti»). Nell’adattamento in due at-ti intonato da Cimarosa le arie, ridotte a 16(alcune delle quali non metastasiane), ven-gono diversificate nel numero di strofe: tresono monostrofiche, undici in due strofe(fra cui due composte da distico più strofa oviceversa, una delle quali intonata e mo’ dicavatina), due sono arie “lunghe” in tre

strofe. Si stabilisce così una distinzione chedall’essere poetica diviene immediatamen-te musicale, in quanto il compositore rac-coglie quelle sollecitazioni – quando non èaddirittura lui a propiziarle o ad effettuarle– e distribuisce l’interesse e il carattere mu-sicale tenendo conto dei valori in campo edello specifico momento drammatico. Eccoquindi che se a Megacle, cui già era desti-nata «Se cerca, se dice», viene assegnatauna seconda aria lunga (i dieci distici ri-partiti in 4+4+2 di «Nel lasciarti o Prenceamato», un tipico rondò in due tempi stileanni Ottanta), cosicché non vi siano dubbisu chi sia il personaggio e il cantante dimaggior spicco, Aminta si vede ridotta a ca-vatina monostrofica la propria aria di sorti-ta, e pure Argene, complice anche l’assenzadel coro, esegue da sola «Oh care selve» (I,4), che in Metastasio cantava alternandosia ninfe e pastori, e la stessa cosa le capitaanche a I, 7 (in «Fra mille amanti un core»si rimaneggia il lessico metastasiano di«Più non si trovano»: l’esito è una arietta informa AA’ orchestrata ai soli archi, per unminor rilievo).C’è però brevità e brevità. A Licida un’ariamonostrofica viene assegnata ex novo adaccentuare la disperazione che precede ilsacrificio («Torbido il ciel s’oscura», II, 12);ma i quattro versi di cui si compone sonoripetuti ben quattro volte. Situazioni comequest’ultima qualche anno prima non era-no sfuggite a Saverio Mattei, che nella Filo-sofia della musica (Napoli, Porcelli, 1779, p.307) le giudica severamente: «perché poiquei quattro versi […] replicarsi cento vol-te? […] ove il poeta ha voluto esser brieve,la musica sia ancor tale». L’erudito napole-tano dà voce in questo caso ad una questio-ne secolare, vissuta in termini diversi daiprimi operisti secenteschi sino a Wagnerquanto meno: quella della consecutività,dell’analogia che occorrerebbe instaurarefra parola e musica, al fine di produrre undramma che per essere musicale non cessidi essere dramma. In questo caso l’aria diCimarosa, come tante altre di Paisiello, Sar-ti o Mozart, si dissocia in modo sontuoso daqualsiasi precetto teorico: le quattro ripeti-zioni del testo intonato sortiscono l’effetto

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di analisi emozionale e di crescendoespressivo: un effetto, propriamente, didrammaturgia musicale, ed è quello che ègiusto attendersi da un’opera in musica.Quanto alle arie bistrofiche, che restanoquelle in maggior numero, non ve ne sonofra loro di realmente simili, anche quandola soluzione formale prescelta si richiamaall’antico da capo e alle sue varietà. Lascrittura continuativa e integrale dei brani,ormai normativa, incrementa il tasso dicreatività del compositore anche nell’ambi-to della ricapitolazione della prima strofa,che sempre più spesso si complica e si di-stingue dalla prima esposizione, fino adadottare temi nuovi (tempo addietro il ri-tornello, che il compositore si limitava adindicare col segno del da capo, veniva va-riato liberamente dal cantante senza chel’autore esercitasse più alcun controllo). InCimarosa il piano tematico è difficilmenteriassumibile in schemi o formule; il per-corso armonico non è squadrato come untempo e si presta a modulazioni inattese, leriprese e le ripetizioni di segmenti di testocapitano dove meno te le aspetti, prolun-gando anche considerevolmente le soluzio-ni cadenzali e le code finali. Cimarosa, co-me altri suoi colleghi contemporanei, lavo-ra all’interno degli schemi prestabiliti perattenuare la prevedibilità di certi momenti.In questa chiave vanno spiegate certe raffi-nate soluzioni, quali la liaison che taloracollega B alla ripresa di A con un punto co-ronato, che il cantante può occupare conuna cadenza, e successiva legatura (Cliste-ne, «Del destin non vi lagnate», I, 5 e Ari-stea, «Tu di saper procura», I, 6, es. 2), op-pure la “mossa” iniziale in stile parlantecon cui Clistene attacca «Bell’alme inna-morate», che attenua il passaggio dal reci-tativo antistante all’aria vera e propria, vi-sto che l’Allegro assai inizia solo da v. 3 (II,4). E poi, a fianco delle forme pentapartite(la più lineare è l’aria di sortita di Aristea,«Tu di saper procura») e delle arie con ri-presa abbreviata (Clistene, I, 5 «Del destinnon vi lagnate», Aristea, II, 14, «Mi sento ohDio nel core»), una maggiore caratterizza-zione è raggiunta dalle arie bipartite, quel-le cioè che non prevedono la ripresa della

prima strofa e finiscono con l’explicit lette-rario (in un sol tempo: Licida, I, 8, «Mentredormi amor fomenti»; in due tempi: Cliste-ne, II, 16, «Non so donde viene»). Un’ariabistrofica, infine, si trasforma in un rondòin due tempi (Aristea, II, 2, «Grandi è verson le tue pene»): il che rappresenta nonsolo una licenza formale, ma un nettoavanzamento nell’ideologia complessivadello spettacolo.

GGllii aabbbbrraaccccii ccaannoorrii ddii MMeeggaaccllee ee AArriisstteeaa

Fra i momenti lasciati pressoché inalteratidel dramma metastasiano originale c’è ilduetto fra Megacle e Aristea che chiude ilprimo atto: in tutta la scena solo qualcheverso di recitativo tagliato. Che questa siarimasta invariata lo si spiega con la perdu-rante attualità, in età cimarosiana, delgrande duetto delle due prime parti a fineatto primo, momento in cui la peripezia pa-tisce una fase di apparente irrisolvibilità(Megacle conferma ad Aristea l’intenzionedi partecipare agli imminenti giochi olim-pici, ma non le dice che lo farà a nome diLicida, cui Aristea sarà destinata in caso disuccesso, limitandosi ad manifestarle unamiscela di amore e disperazione). Il duettoè reso in un certo qual modo indispensabi-le da una strategia pregressa. Nella scenaantecedente (qui l’ottava) Megacle amplifi-ca i suoi patemi facendo ricorso al recitati-vo strumentato («Che intesi, eterni dei!»),senza che questo abbia esito in un’aria per-ché sopraggiunge improvvisamente Ari-stea («Chi mi sorprende?»); il confronto diMegacle con sé medesimo deve esserequindi interrotto e il recitativo torna ad es-sere semplice per un buon numero di bat-tute. Il pathos s’accresce nuovamente nelmomento in cui Megacle manifesta l’inten-zione di congedarsi da Aristea. Forte di unaansietà a lungo trattenuta, il duetto è oraservito. I 15 settenari di «Ne’ giorni tuoi fe-lici», distribuiti da Metastasio secondo ilconsueto principio dell’alternanza (com-pattata per due volte in altrettanti «a due»)costituiscono uno stimolante terreno diconquista per qualsiasi compositore. Libe-

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rato dai condizionamenti formali vigentinelle arie a solo e con una dotazione di ver-si maggiore, Cimarosa imbastisce un duet-to in più tempi (ovvero contenente episodidi diverso ritmo e diverso andamento), incui trovano spazio anche percorsi armoniciperiferici rispetto al sol d’impianto. Queste“divagazioni” dell’armonia agevolano (e ri-chiedono al tempo stesso) il prolungamen-to del discorso musicale, per un più incisi-vo effetto drammatico: il la bemolle mag-giore raggiunto a «Veggio languir chi ado-ro» conduce a un provvisorio esaurimentodel testo nella tonalità di mi bemolle, chenecessita di una ricapitolazione modulanteper ricondursi alla ripresa dell’ultimo tri-stico alla tonica; una strategia che dimo-stra, se mai ce ne fosse bisogno, come il va-lore strutturale dell’armonia non riguar-dasse solo la musica strumentale, ma ve-nisse adoperato anche a fini drammaturgi-ci. Nel corso del duetto i due protagonisti siassociano in ampi vocalizzi a due per terza,in moti contrari, in trilli misurati a due vo-ci. L’effetto vocale li unisce prima della lo-ro unione effettiva, che al momento gli èpreclusa (ma che viene già fatta presagireal pubblico).

MMeettaassttaassiioo aa mmeettàà

Fra le operazioni comunemente condottedai raffazzonatori dei libretti di Metastasio,oltre ai tagli, agli spostamenti, alle sostitu-zioni e alle inserzioni, vi sono tutti quei piùsottili ritocchi volti a modificare la morfolo-gia dei brani, al fine di suggerirne un deter-minato modello d’intonazione. Un rima-neggiamento apparentemente neutro main realtà decisivo lo si incontra in «Grandi èver son le tue pene», che Aristea canta a II,3. La prima quartina è mantenuta intatta; laseconda è modificata, ma senza alterarel’aspetto dell’aria, che resta bistrofica e inottonari, né il suo senso complessivo:

L’Olimpiade di Metastasio, 1733

Grandi è ver son le tue pene,perdi è ver l’amato bene

ma sei tua, ma piangi intanto,ma domandi almen pietà.

Io dal fato io sono oppressa:perdo altrui, perdo me stessa;né conservo almen del piantol’infelice libertà.

L’Olimpiade per Cimarosa, 1784

Grandi è ver son le tue pene,perdi è ver l’amato benema sei tua, ma piangi intanto,ma domandi almen pietà.

Giusto ciel! Che rio cimento!Ah, di me, che mai sarà?Chi non sente il mio tormentono che Amor nel sen non ha.

E allora, perché modificarla? La rispostasta nella volontà di adattarla efficientemen-te alla forma meno metastasiana fra quellein uso negli anni Ottanta: il rondò. Il metropoetico tradizionale di questa forma musi-cale-poetica c’era già (il verso ottonario);mancava invece una idonea strutturazioneretorica, nel rondò maturo ripartita in treperiodi, anziché nei due confezionati daMetastasio (ovviamente orientati al da ca-po). La diversa formulazione della secondastrofa serve infatti ad isolare il distico fina-le conferendogli una sua autonomia di si-gnificato (in Metastasio iniziava con un«né» da ricondurre a quanto precedeva) e leproprietà di motto morale conclusivo (l’an-ticipazione della proposizione relativa ri-spetto alla principale è un altro topos delgenere); di qui anche la diversa organizza-zione delle rime: non più DDBC ma DCDC.Il brano di Cimarosa si articola in due tem-pi: Larghetto con moto in tempo tagliatosulla prima strofa, con un raccordo in cuiintervengono i vv. 5-6, Allegretto giusto in4/4 dove si alternano i vv. 7-8, che costitui-scono il refrain del rondò (tema cantabilecon portamenti), e blocchi di testo antece-dente nuovamente intonato; il tutto secon-do la formula A7-8B1-6A7-8C1-4A7-8, ch’è poiquella del rondò scolastico di lontana deri-

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Incisione per L’Olimpiade da un disegno di Giuseppe Gobbis. In Opere del Signor Ab. Pietro Metastasio.Venezia, Zatta, 1781.

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vazione francese. Al di là dell’apparente in-consistenza, quella modifica poetica con-duce a una alterazione sostanziale che ri-specchia il cambiamento di gusto in attopur nella somiglianza dell’assunto genera-le. Fra l’altro v’è più di un indizio che il re-frain della parte veloce, qui ripetuto tre vol-te e in altri casi due volte solamente, nellinguaggio corrente già venisse chiamato«cabaletta», e che quindi le basi della dram-maturgia musicale ottocentesca fosserogettate sin da queste lontane esperienzepseudo-metastasiane. Cabaletta che dasemplice motivo qual è nel nostro caso ac-quisterà nel corso degli anni una dimensio-ne maggiore e la conformazione di “brano”musicale dotato di propria identità.

MMoorriirree oo ppaarrttiirree??

Nel bagaglio culturale di uno spettatored’opera settecentesco «Se cerca, se dice» oc-cupava il posto che il melomane odierno ri-serva a «Casta Diva», «Questa o quella» o a«Vissi d’arte». Con una differenza: se pernoi oggidì quei brani riconducono automa-ticamente a Bellini, Verdi e Puccini, «Secerca, se dice» per il cultore settecentescoera innanzitutto di Metastasio. Il ruolo dimorceau favori mantenuto per svariati de-cenni la nostra aria lo aveva infatti acquisi-to attraverso numerosissime intonazioni,talora simili fra loro, talora assai diverse,stavolta senza che mai venisse attuata al-cuna modifica al testo originario. Simile va-rietà comportamentale è indotta dalla natu-ra del testo. L’aria di Megacle con la suaconformazione in tre strofe rappresentauna eccezione (anche se non un caso isola-to) nel vastissimo corpus metastasiano esingolare è il processo retorico e musicaleche innesca; l’esito è una sorta di tortuosomicrodramma che scaturisce in seno aldramma in grande. Nel recitativo antistan-te Megacle, che ha vinto l’olimpiade perconto di Licida, comunica ad Aristea checostei è irrimediabilmente destinata all’a-mico e la propria intenzione di partire. Ari-stea perde i sensi e Megacle è lacerato daldubbio: cosa far dire all’amata al suo risve-

glio? Darsi per morto è la sua prima rispo-sta. Ma troppo sarebbe il dolore: ecco quin-di che l’eroe cambia idea e sollecita Licidaa comunicarle, semplicemente, la sua par-tenza. Delle tre strofe quella “in eccesso”non è quindi l’ultima, cui è riservato l’ama-ro commento conclusivo, bensì la seconda,che si incunea nei versi a sovvertire unprocesso argomentativo già delineato. Ciòche rende eccezionale il ripensamento diMegacle è quindi il fatto d’avvenire in cor-so d’aria, quando tradizionalmente al pezzochiuso era assegnato il compito di espande-re e liricizzare uno stato d’animo o un datodi fatto acquisito. La vicinanza dei due con-cetti “morire” e “partire” si presta poi, a se-guito delle ripetizioni e dei recuperi dellamusica, a generare un circolo vizioso nonprivo di riferimenti incrociati (morire è unpo’ partire e viceversa); un gioco di specchifra quanto è sostanzialmente simile e so-stanzialmente diverso al tempo stesso. Di «Se cerca, se dice» Cimarosa predisponeuna intonazione particolarmente sofistica-ta; la tabella che segue intende riprodurre(semplificandola) la vicenda di quest’ariaattraverso la lettura musicale che ne dàl’autore.

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IIll tteessttoo ppoossttoo ssoottttoo llee nnoottee

Se cerca, se dice

l’amico dov’è, dov’è

l’amico infelice

rispondi morì, morì

rispondi [PAUSA] morì.

Ah no, sì gran duolo

non darle per me

rispondi ma solo

piangendo partì.

Se cerca l’amico

se dice dov’è [PAUSA]

rispondi ma solo

piangendo partì. [PAUSA]

Che abisso di pene

lasciare, lasciare il suo bene

lasciarlo per sempre

lasciarlo così!

Che abisso di pene

lasciarlo così!

AAhh nnoo…… AAhh sseennttii……

LLiicciiddaa…… rriissppoonnddii…… [PAUSA]

Se cerca l’amico

rispondi, rispondi morì.

Che abisso di pene

lasciare il suo bene [PAUSA]

lasciarlo per sempre

lasciarlo così!

Che abisso di pene

lasciare il suo bene

lasciarlo per sempre

lasciarlo così!

lasciarlo, lasciarlo così!

EEtteerrnnii ddeeii,, eetteerrnnii ddeeii,,

aahh…… [PAUSA]

Che abisso di pene

lasciare il suo bene

lasciarlo per sempre

lasciarlo così, lasciarlo così

lasciarlo così!

LLiicciiddaa,, aahh sseennttii……

Se cerca… l’amico

rispondi partì.

LLee ssttrrooffee

A

B

da A e da B

C

da C

dal recitativo

da A

C

C

dal recitativo

C

dal recitativo

da A e B

II tteemmppii ee ii tteemmii

Larghetto, 2/4,

Motivo A

(≠ Motivo A)

Motivo A

Allegro, C

(Motivo B)

Motivo A

(altro motivo)

Motivo A

➝ Più allegro

Z

X

Z’

Chiusa

TToonnaalliittàà

Do

➝ Lab

Lab

Fa-

Sol

Do

Do

Do

➝ Sol

Mi-

Sol

Do II riv

Do

LLee ffaassii eemmoottiivvee

EVENTUALITÀ

INSTABILITÀ

SOLUZIONE PROVVISORIA

RIPENSAMENTO

RISOLUZIONE

MOMENTANEA STABILITÀ

TURBAMENTO

(COSÌ NON PUÒ FINIRE)

NUOVE INCERTEZZE

ANCORA PRIMA SOLUZIONE

NUOVO TURBAMENTO

(il turbamento

si trasforma in cabaletta)

(si replica la cabaletta)

NUOVO RIPENSAMENTO

SOLUZIONE ULTIMA

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Es. 1

Es. 2

Es. 3

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Il modello è grosso modo quello dell’aria indue tempi (di cui il secondo subisce una ul-teriore accelerazione in fase conclusiva), inbase a uno schema non dissimile dal quel-lo del rondò (vedi «Grandi è ver son le tuepene»). Il motivo iniziale (Motivo A nellatabella, es. 3) circola nel brano associando-si a segmenti di testo diversi e capita sia inprossimità di «partì» sia di «morì»: una “in-decisione” tematica parallela a quella vis-suta dal personaggio. La tonalità d’impian-to, do maggiore, viene rimossa dopo pochebattute, al momento della prima delle pos-sibili soluzioni («L’amico infelice, / rispon-di, morì»): l’inatteso spostamento armonico(una transizione alla terza inferiore senzamodulazione) contribuisce ulteriormente asancire l’instabilità, la provvisorietà diquella soluzione; il processo drammaticodell’incertezza si trasferisce allo sviluppoarmonico (es. 3). Il ripensamento che se-gue riconduce alla tonalità di partenza («ri-spondi ma solo / piangendo partì»); ma lastabilità raggiunta non è a sua volta inalte-rabile: sopraggiunge la terza strofa, il tem-po cambia (Allegro, 4/4) e la tonalità si spo-sta nuovamente sulla dominante. La nuovacadenza sulla tonica (imperfetta, ossia in IIrivolto) sopraggiunge in corrispondenza diun frammento di testo non appartenente al-l’aria («Ah no… Ah senti… Licida… rispon-di…»), che Cimarosa riprende dal recitati-vo antistante giust’appunto per motivare,con tutta quella titubanza, il ritorno allaprima delle due possibili soluzioni («Se cer-ca l’amico / rispondi morì»). E via di nuovola terza strofa: ma qui l’accelerazione ulti-ma (Più allegro) e la ripetizione integraledella medesima, intervallata da un fram-mento di recitativo («Eterni Dei» etc.),preannunzia il compimento del brano. An-cora qualche parola di “parlante” e quindiil ripensamento ultimo e definitivo («…ri-spondi partì»), indotto, si direbbe,dall’«abisso di pene» a lungo ribadito che lasoluzione innanzi prescelta avrebbe spa-lancato. Il drammetto privato di Megaclepuò finalmente concludersi; ed è suggesti-vo che ciò avvenga solo dopo una primor-diale cabaletta (nella tabella indicata conZXZ’) che con la sua facile e banalotta can-

tabilità avrà concorso ad eccitare gli animidei fans del più celebre fra gli ultimi castra-ti, come in seguito sarebbe avvenuto col te-nore o la prima donna di turno.

LL’’aattttuuaalliittàà eeqquuaammeennttee ddiissttrriibbuuiittaa ((uunn’’aarriiaa ccoonnssttrruummeennttoo ssoolliissttaa ee uunn rroonnddòò))

Una volta terminata l’aria di Megacle il se-condo atto subisce una forte compressioneper inglobare ciò che del terzo era necessa-rio mantenere: la condanna di Licida, lasua violenta reazione spada in mano (quimanifestata alla vista degli spettatori e nonpiù solo narrata come in Metastasio), l’a-gnizione finale e la conclusione lieta. Re-stavano inoltre da sbrigare alcune pratichenell’assegnazione dei pezzi chiusi di pram-matica alle prime parti: l’aria con strumen-to solista, spesso alla prima donna, e ilgrande rondò del castrato. In entrambi i ca-si Metastasio non collabora, ossia non for-nisce il materiale poetico idoneo. Aristea,che aveva già avuto un suo rondò a II, 3 (eche non fosse denominato rondò in partitu-ra può esser dipeso dall’essere in due solestrofe o da ragioni di opportunità, per nonadombrare quello successivo di Megacle),a II, 13 gareggia con l’oboe solista in «Misento oh Dio nel core», un collage di luoghipoetici metastasiani. Fra arabeschi, intreccisopra e sotto, effetti d’eco e imitazioni la vo-ce è una volta ancora equiparata a unostrumento. Se è vero che simile brano trovala sua giustificazione solamente in un’otti-ca virtuosistica, l’occasione è comunqueben costruita, giacché l’oboe finisce perrappresentare quel «dolce ignoto affetto»che si desta nel petto di Aristea; l’aria soli-stica si trasforma in una sorta di duetto frail personaggio e la parte incognita del suoanimo.Per il rondò di Megacle occorre attendereancora qualche scena e qualche aria. «Nellasciarti, o Prence amato» (II, 16) giunge aridosso del finale e rappresenta l’intrusionepiù evidente nell’organismo drammaticooriginario: i dieci ottonari ripartiti in cin-que coppie di agili distici a rima tronca (dicui l’ultimo ben individuato e separato dal

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resto, a costituire il refrain della parte velo-ce) non appartengono al lascito stilisticodel Poeta Cesareo, ma costituiscono un ec-cellente punto di partenza per un rondò indue tempi, in cui gli elementi poetico-mu-sicali, brevi e accostabili l’uno all’altro,possano alternarsi con vivacità. Fra l’altrola collocazione di questo rondò di nuovainvenzione risulta facile e naturale, pren-dendo questo il posto di due sezioni ines-senziali: il coro «I tuoi strali terror de’ mor-tali» e la successiva invocazione di Clistenea Giove. L’addio reciproco di Licida e Me-gacle ne fornisce una motivazione plausi-bile.

DDaall ccoorroo ffiinnaallee aall ffiinnaallee

Le ultime tre scene dell’Olimpiade non of-frivano nella versione originale alcuna ariae si concludevano come al solito con unbreve coro di giubilo. In epoca metastasia-na la soluzione del dramma veniva preferi-bilmente affidata alla parola parlata (in re-citativo semplice), sottratta ai rallentamen-ti e alle suggestioni della musica per favo-rirne la sobrietà, la serietà e la totale com-prensione. Ma oltrepassata la metà del se-colo un nuovo ritrovato musicale dramma-tico assicurava il proseguimento della mu-sica senza inquinare per questo la com-prensione di ciò che andava capitando inscena, ed anzi arricchendo il tutto di unsenso propriamente musicale. Il «finale» di-viene uno dei punti di forza di un’opera bencongegnata; il compositore, che deve gesti-re un numero cospicuo di voci e dipanarenodi narrativi multipli, ha modo di metterealla prova inventiva e capacità di analisi.Anche in questo caso la sequenza di sette-nari ed endecasillabi che Metastasio avevapredisposto per il recitativo semplice nonserve a formulare un concertato. Si rendenecessaria una riscrittura completa, cheprende l’avvio subito dopo il riconoscimen-to di Licida (Clistene: «O numi! Ecco Filin-to, ecco il mio figlio»), quando Cimarosa at-tacca un Allegro a piena orchestra (domaggiore, 4/4). Ma non bastava riversare iconcetti di Metastasio in musicabili ottona-

ri, poiché nessuno spazio è qui dato da Me-tastasio alle effusioni di Megacle e Aristea ea quelle di Licida e Argene. Un concertatoche si rispetti non può fare a meno di con-cedere spazio alle coppie principali; questevengono difatti recuperate a ribadire il lororeciproco amore (Larghetto con moto, famaggiore, 3/4, «Alfin se tua son io»). C’è an-che il tempo per un ultimo colpo di scena(nella sostanza già presente in Metastasio):Clistene pare intenzionato a punire co-munque il figlio («Ma Filinto, il mio figlio, èreo di morte»). Il provvidenziale interventodi Megacle assume le fattezze di un canto asolo (Andante, do maggiore, 3/4) che il raf-fazzonatore imbastisce riversificando leparole di Metastasio:

L’Olimpiade di Metastasio, 1733

MEGACLE

Signor, t’arresta.Tu non puoi condannarlo. In Sicionesei re, non in Olimpia. È scorso il giorno,a cui tu presiedesti. Il reo dipendedal pubblico giudizio.

CLISTENE

E ben s’ascoltidunque il pubblico voto. A prò del reonon prego, non comando, e non consiglio.

L’Olimpiade per Cimarosa, 1784

MEGACLE

T’arresta, o signore.Col dì che già muorequi re più non sei,e il pubblico votola sorte de’ reidecider dovrà.

CLISTENE

E il pubblico votodecida del figlio:comando o consiglioil padre non dà.

Con qualche lieve ritocco al Tutti finale larivisitazione poteva dirsi compiuta. Nonabbastanza corrotta da essere irriconosci-

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bile e sufficientemente rinnovata da regge-re il passo con i tempi, L’Olimpiade di Ci-marosa andava a prender posto nella gran-de tradizione settecentesca del dramma permusica senza più farne parte del tutto. Ilcontributo di Cimarosa alla pianificazionedi un linguaggio operistico rinnovato è tan-gibile, come pure permangono in lui, vive evegete, tutte le caratteristiche morfologicheche avevano fatto la fortuna di più genera-zioni di compositori alle prese con il PoetaCesareo. Non restava che fare il passo deci-sivo, vale a dire non accontentarsi di rima-neggiare e rinverdire i drammi della tradi-zione seria, ma scriverne di nuovi secondoi modelli melodrammaturgici vigenti, incostante e rapido aggiornamento. Non fuun passo semplice né immediato: intrapre-so dai vari Sografi Foppa Rossi e da una fol-la di più oscuri pionieri, occorse attendereRomani perché venisse portato a pienocompimento. E fu tutta un’altra storia.*

NOTE

* Per la stesura di queste pagine ho consultato l’esem-plare dell’Olimpiade di Cimarosa conservato presso laBiblioteca del Conservatorio «L. Cherubini» di Firenze,segnato FP T58.

BIBLIOGRAFIA

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Incisione per L’Olimpiade da un disegno di Giuseppe Gobbis. In Opere del Signor Ab. Pietro Metastasio.Venezia, Zatta, 1781.

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Pagina autografa dalla partitura dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa. (Napoli, Biblioteca del Conservatorio«San Pietro a Majella»).

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Fonti manoscritte dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa

Testimone di riferimentoNapoli, Biblioteca del Conservatorio «San Pietro a Majella»,Rari 1.2.19/20 (olim 13.3.5-6).

Testimoni collazionatiParma, Biblioteca Palatina (fondo San Vitale)Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale (fondo Gaetano Gaspari)Venezia, Biblioteca Nazionale MarcianaFirenze, Biblioteca del Conservatorio «Luigi Cherubini»Parigi, Biliothéque NationaleLondra, British LibraryLondra, Royal College of MusicStoccolma, Kungliga Musikaliska Akademiens Bibliothek Lisbona, Palacio Nacionàl de Ajuda

Testimoni consultatiVenezia, Biblioteca Nazionale MarcianaBoston, Public Library - Music Department

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Da Opere Drammatiche del Sig. Abate Pietro Metastasio. Venezia, Giuseppe Bettinelli, 1758.

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UUnn lliibbrreettttoo ppeerr mmoollttee ssttaaggiioonnii

Incaricato di musicare L’Olimpiade inau-gurale del Teatro Eretenio di Vicenza, nel-l’estate del 1784, Domenico Cimarosa siservì di una revisione anonima del celebredramma metastasiano esemplata su quellagià intonata due anni addietro, a Pisa, dalcompositore aversano Gaetano Andreozzi(nipote del più celebre Niccolò Jommelli eper questo meglio conosciuto con il sopran-nome di «Jommellino»), ch’era stato suocondiscepolo durante l’apprendistato pres-so il Conservatorio napoletano di S. Mariadi Loreto, e la cui Olimpiade andò in scena– senza troppo clamore – nel «Nuovo Tea-tro de’ nobili signori fratelli Prini».1

In effetti, la versione utilizzata per lo spet-tacolo toscano della primavera del 1782sarà destinata a divenire, sullo scorcio del-l’ultimo quarto del secolo, la capostipitedella terza generazione di varianti di un li-bretto che ad oltre mezzo secolo di distanzadalla prima viennese del 1733 mantenevaintatte tutta la propria attrattiva e la propriaconcreta capacità di proiezione storica. Ciò che accomuna quest’Olimpiade rivisi-tata ad altri e pressoché coevi rifacimenti didrammi metastasiani è, comunque, soprat-tutto la sua ricollocazione nella prospettivadi una marcata primazia delle proprie con-notazioni patetiche a scapito della pluralitàdei programmi narrativi contemperati daltesto del ’33, nel quale s’intrecciavano al-meno tre grandi trame: i patimenti dellacoppia «virtuosa» formata da Megacle edAristea (che nel rifacimento del 1782ascendono al rango di indiscussi protago-nisti dell’azione), l’amicizia eroica ed av-venturosa dello stesso Megacle con il prin-

cipe cretese Licida, ed infine le vicende mi-tiche del sovrano alcmeonide Clistene.Pur tuttavia è doveroso sottolineare comeL’Olimpiade si caratterizzasse già, ab origi-ne, come «uno dei melodrammi più carichidi elementi patetici»2 fra quelli compostidal Metastasio nei primi anni del propriosoggiorno presso la corte asburgica. Tantoda assumere una sorta di posizione interlo-cutoria3 fra l’Adriano in Siria e il De-mofoonte, opere in cui più evidente era in-vece la necessità di precisare le linee es-senziali di una poetica fondata sulla ricon-ciliazione di cuore e virtù, dell’individuocon la collettività e i propri istituti sociali,dei «contumaci affetti» con la dominantedella ragione, nel cui equilibrio – sempreincerto e forse ultimamente illusorio –avrebbe potuto realizzarsi la concordanzaideale di quell’utile dulci che sta alla basedella drammaturgia, specie viennese, delpoeta cesareo.Una delle ragioni che più di altre contribui-rono ad assicurare la sopravvivenza e lametamorfica longevità del capolavoro meta-stasiano nell’ultimo trentennio del secolo vadunque ricercata anche in questa sua effetti-va, primigenia predominanza di un sostratopatetico-sentimentale. Anteponendosi gra-datamente agli altri spunti diegetici, esso furealmente in grado di corrispondere e sod-disfare le esigenze di un pubblico profonda-mente dissimile dall’aulico cenacolo dellacorte viennese, e ansioso di identificarsi inprotagonisti in carne ed ossa, di commuo-versi per i loro patimenti, di dolersi delle lo-ro disavventure. In questa stessa direzione (che conduce,ineluttabilmente, ad uno scadimento dellavicenda su un piano meramente aneddoti-

ALESSANDRO BORIN

UNA PERIPEZIA SENZA COLPA

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co-sentimentale) va interpretata anche lascelta, per il ruolo di «primo uomo», delgiovane sopranista lombardo Luigi Lodovi-co Marchesi, esponente di punta dell’ulti-ma grande generazione di evirati del seco-lo e destinato alla celebrità proprio in virtùdelle sue performances in ruoli prevalente-mente patetici. In precedenza egli era già stato il Megacle diGiuseppe Myslivecek (Napoli, 1778), dellojommelliano Francesco Bianchi (Milano,1782), e soprattutto della «seconda versio-ne» dell’Olimpiade del maestro faentinoGiuseppe Sarti, allestita «nel nobilissimoTeatro [romano] delle Dame» qualche meseprima di quella che impegnò a Vicenza Do-menico Cimarosa. Tanto che un confronto,anche solo superficiale, fra le partiture diqueste due ultime rappresentazioni è suffi-cientemente indicativo al fine di soppesarela parte sostenuta dal volubile e capricciosoMarchesi nella definizione della vocalità«affettuosa» dello stesso Megacle cimarosia-no. Ruolo ch’egli reinterpretò con successosempre crescente nella replica dello spetta-colo vicentino avvenuta a Lucca nell’autun-no del 1784, e nelle sue successive riprese aLondra (King’s Theatre in the Hay-Market,1788), Milano (Teatro Grande alla Scala,1788), Torino (Regio Teatro, 1790), Venezia(Teatro Venier in San Benedetto, 1790) e Li-vorno (Regio Teatro dell’Accademia degliAvvalorati, 1791), sino all’allestimento chenell’autunno del 1794 concluse, a dieci annidi distanza dalla prima, la storia vicentinadell’Olimpiade cimarosiana.

LLaa vveerrssiioonnee ddii VViicceennzzaa

Il rimaneggiamento vicentino è condottosecondo un meccanismo appropriativo or-mai collaudato, che prevede una ristruttu-razione della trama in soli due atti e investela quasi totalità dei parametri poetico-drammaturgici: dalla ragguardevole ridu-zione del numero complessivo dei versi(848 in luogo degli originari 1505) e delle«forme chiuse» (il libretto del ’33 contavaventuno arie, un duetto e quattro cori, quel-lo di Cimarosa soltanto sedici arie, oltre al-

l’inossidabile duetto e al sestetto conclusi-vo), all’eliminazione del coro (imputabilecon ogni probabilità alle effettive risorsedel teatro) e di un carattere subalterno (Al-candro, il confidente di Clistene), sino alladecostruzione (soprattutto musicale) dellacoppia complementare costituita da Arge-ne e Licida, ovvero il soggetto che nel pri-mo «esercizio» metastasiano rappresentaval’effettivo protagonista dell’esposizione edel nodo. Per converso, Aminta è oggetto di un’ina-spettata valorizzazione, poiché si vede asse-gnare due arie poste a conclusione dellascena d’apertura di entrambi gli atti («Siamnavi all’onde algenti», I, 1 estrapolata dallascena quinta del secondo atto dell’originale,e la delicata aria d’uscita «In un cor che fupiagato», II, 1), la cui rilevanza è appenaadombrata dal fatto che ognuna di esse vie-ne immediatamente seguita da altrettantearie, particolarmente elaborate e significati-ve, affidate rispettivamente a Megacle («Su-perbo di me stesso», I, 2) e ad Aristea(«Grandi è ver», II, 2).4

Nel complesso, le trasformazioni cui vienesottoposto l’impianto eroico-sentimentaleoriginario, l’impoverimento degli elementidi «intreccio», le scorciature operate sulpiano della versificazione e la stilizzazionedei caratteri, hanno come primo obiettivoquello di comprimere il testo, provocandouna radicale accelerazione dell’azionedrammatica, necessaria a controbilanciarel’insorgenza di nuove forme musicali e, so-prattutto, l’ipertrofico sviluppo di quellepiù consuete.Ma altri e più radicali fenomeni avevanocontribuito a riformare dall’interno i mec-canismi della produzione e della ricezionedell’opera metastasiana nella secondametà del secolo, non ultimi il sopravventodi un realismo scenico inusitato e a voltepersino brutale, che non esitava a ricorrerealla visualizzazione di azioni che la precet-tistica classica vorrebbe relegate fuori-sce-na (nei luoghi non-tragici, molto spesso lepause fra un atto e l’altro), o la modificazio-ne delle prospettive gestuali ed attoriali, in-vero sempre più angolate verso un modellogarrickiano5 di recitazione (in cui le pause

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Facciata del Teatro Eretenio di Vicenza (di Ottavio Bertotti Scamozzi), inaugurato con L’Olimpiade diCimarosa nel luglio 1784.

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e le sospensioni sono considerate artificio-se ed innaturali, e quindi sacrificate a unadrammaturgia dell’azione in cui ai perso-naggi non è concesso indugiare più di tan-to nell’autoanalisi e nella descrizione delproprio stato interiore).Nondimeno, lo stillicidio dei tagli, dellemodificazioni, sostituzioni, interpolazionied aggiunte che incidono sulla sintassi nar-rativa originaria sino a pregiudicare la suastessa riconoscibilità,6 si ripercuote innan-zi tutto sull’equilibrio, regolatissimo, deirapporti temporali sui quali si regge lastruttura drammaturgica dell’Olimpiademetastasiana, scompaginandone le manife-stazioni più superficiali, ed intaccando an-che quelle che s’instaurano ad un livellopiù profondo e che determinano l’ossaturastessa del dramma.

LLee ssttrruuttttuurree ddeell tteemmppoo ((II)):: ffiigguurree ppssiiccoollooggiicchhee eeddrraammmmaattiicchhee

Ad un livello superficiale, le modificazionidei rapporti di tempo sono evidenti già dalprimo nucleo di scene, anche se in appa-renza le strutture narrative rimangono so-stanzialmente inalterate. Secondo una con-suetudine che accomuna la maggior partedei drammi metastasiani composti a Vien-na nella prima metà degli anni Trenta delSettecento, sin dalla scena d’esordio lospettatore viene come sbalzato – d’entréede jeu – nel vivo dell’azione: Licida è inambasce poiché Megacle tarda, e il tempoprescritto per l’iscrizione alle gare volgeinesorabilmente al termine.Allorché il principe è raggiunto dall’amico(nella scena immediatamente successiva),il medesimo, frenetico incalzare del tempoimpedisce ai due giovani di scambiarsi lenecessarie informazioni, tanto che le purlegittime richieste di Megacle («Quale og-getto ha questa trama?») vengono procra-stinate a causa della crescente impazienzadi Licida, preoccupato affinché il compa-gno si rechi senz’altro indugio al tempio, es’iscriva ai Giochi in sua vece:

Non perdiamo i momenti. […]

[…] Ah, vola al tempio;[…] La tua venutaInutile sarà, se più soggiorni […]7

Nell’Olimpiade rivisitata, l’interposizione diun numero musicale «chiuso» (l’aria d’usci-ta di Aminta «Siam navi all’onde algenti», I,1) fra la coppia di recitativi delle prime duescene, compromette irreparabilmente ilsenso di continuità e l’interna coerenza del-la prima unità diegetica dell’opera (I, 1-3),connotata dalla concezione di un tempo fug-gevole che incombe e minaccia i personaggidall’esterno. Per contro, nell’incipit origina-rio tale coesione è essenziale allo sviluppodella sintassi drammaturgica, ottemperandoa una duplice funzione: da un lato rappre-senta l’espediente che consente al poeta (e almusicista) di avvincere da subito l’attenzio-ne del proprio pubblico, dall’altro costituisceuno degli elementi che alimentano l’intrigo. Ma è tutta la trama, fittissima, delle antino-mie psicologiche e temporali che scandi-scono e spesseggiano il corso dell’interaesposizione (I, 1-7) e di gran parte del nodo(I, 8-9, II, 1-15), ad essere esposta ai rischidi una decostruzione delle strutture dram-maturgiche originarie, dalle quali hannoorigine un’ampia sequela di figure, di se-gno opposto e complementare. Fra le altre, basti ricordare la contrapposi-zione fra la dolorosa esitazione di Megacle(costretto a gareggiare al posto di Licida, ri-nunciando all’amore d’Aristea) e l’impa-zienza piuttosto ingenua del principe (cheignora i trascorsi dei due giovani amanti),oppure il disaccordo fra i tentennamentipoco convinti di Aristea (che consigliata daArgene spera di dilazionare il principio del-le gare, in modo da permettere a Megacle diprendervi parte) e l’orgogliosa premura diClistene (che alle reticenze della figlia op-pone le ragioni imprescindibili della leggee dell’onore, senza comprendere fino infondo i motivi del suo temporeggiare).Più spesso, invece, la percezione del tempocome indugio si traduce in un conflitto ches’introflette nella geografia interiore di ununico personaggio. Immediatamente dopo aver appreso l’iden-

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tità della fanciulla destinata al vincitore deiGiochi (I, 8), Megacle viene ad esempio in-calzato da Licida, che sopperisce all’inerziache gli è propria con un eccesso d’immagi-nazione, e gli prefigura la sua imminenteunione con Aristea. Consapevole di rappre-sentare – suo malgrado – lo strumento dellafelicità del principe (e, per converso, dellapropria infelicità), egli manifesta un richia-mo d’impazienza sottolineato dalla rapidasuccessione delle didascalie sceniche (dal«Con impeto», al «Si ricompone», fino al piùesplicito «Con impazienza si getta a sede-re»), che in realtà sottintende un desideriodi pace riconducibile alla volontà di collo-carsi oltre «le linee di tempo e di movimen-to, di passione e di affanno che passano perla scena».8

Nell’originale, la dinamica psicologica cheproduce la dysphoria del giovane si struttu-ra secondo una unità diegetica tripartita, ilcui nucleo centrale è costituito dal suo dia-logo con Licida, svolto ricorrendo preva-lentemente a delle tecniche di sticomitia,anche allo scopo di distaccarlo nettamentedai soliloqui che lo delimitano d’ambo i la-ti. Nella partitura cimarosiana, l’eliminazionedel primo intervento di Megacle (vv. 332-343, in il giovane atleta descrive, per imma-gini, la propria futura gara), e l’integrazio-ne del monologo della scena nona in quellaprecedente, distruggono irreparabilmenteogni effetto di pausa e di sospensione, sa-crificandole ai ritmi convulsi di un decorsoscenico che preclude ogni spazio a quei«recitativi inutili»9 che nel teatro metasta-siano rappresentavano l’effettivo sostitutoverbale dell’azione, e nei quali risiedevauna delle intuizioni più originali di unadrammaturgia concepita in una prospetti-va essenzialmente logocentrica.

LLee ssttrruuttttuurree ddeell tteemmppoo ((IIII)):: llaa ddiieeggeessii ccoommee ““pprree--sseennttiiffiiccaazziioonnee”” ddeell ppaassssaattoo

Nell’Olimpiade, all’interno della misuraclassica di una giornata, vengono ripercor-si e rivissuti gli avvenimenti di ben cinquelustri addietro, secondo una logica tempo-rale simmetrica e speculare, che pone in

relazione il complesso sistema degli ante-fatti con le peripezie del tempo presente.10

Pur tuttavia, la vicenda è lungi dall’essereinteramente determinata dal peso di unpassato fatale, percepito alla stregua di unfato ostile ed immutabile in tutto analogo aquello che grava, ad esempio, sui perso-naggi del teatro raciniano. Per converso, proiettandosi (orizzontal-mente) nel tempo della risoluzione dei con-flitti e degli intrighi, quella metastasianasembra piuttosto una drammaturgia sotto-posta alle leggi capricciose del caso, ovve-ro di un concetto che la Weltanschaung delSettecento pone in un rapporto antitetico ri-spetto al fatum, poiché solo in esso que-st’ultimo dissolve «le [sue] componenti pre-fisse e minacciose».11

L’integrazione all’interno dell’azione di ri-cordi e di avvenimenti già accaduti costi-tuisce pertanto la sola e necessaria premes-sa di un’apertura nella direzione di una so-luzione felice della vicenda, e lo stesso as-sunto che vorrebbe cancellata, nell’Olim-piade cimarosiana, «la concezione del pas-sato in quanto elemento generatore deldramma»,12 andrebbe perlomeno riconsi-derato. Se non altro, perché le discrepanzee le deviazioni rispetto alla logica stringen-te del modello originario sembrano una di-retta conseguenza della mutata rilevanzadel programma narrativo principale dell’o-pera, piuttosto che il segno di un radicalecambiamento avvenuto nei modi di conce-pire la dialettica fra il tempo passato e quel-lo presente.Più che nell’esposizione e nell’intrigo, dovesono sostanzialmente rispettate, il sistemadelle anàmnesi di avvenimenti passati pre-disposto dal Metastasio viene infatti deco-struito soprattutto in corrispondenza delloscioglimento del dramma (II, 16-18), allor-ché tutto l’interesse dovrebbe finalmenteconvergere verso l’agnizione risolutiva, ri-conciliando il modello tragico perseguitonell’opera con la pluralità degli spunti die-getici e la complessità aneddotica della fa-bula.Per contro, il finale rimaneggiato eliminaogni riferimento sia alla nascita dei gemel-li che al parricidio predetto dell’oracolo,

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sintomo assai eloquente che l’attenzionedel revisore si è spostata dal lungo trava-glio della conoscenza iniziato con l’esposi-zione di Filinto al ricongiungimento dellecoppie degli amanti, coronato dal duplicematrimonio conclusivo.

MMeettaassttaassiioo,, CCiimmaarroossaa ee llaa ““ddeeppeerrddiizziioonnee”” ddeellttrraaggiiccoo

Più ancora della varìetas dei sentimenti,della mobile raggiera degli affetti rappre-sentati, o ancora della ben nota idiosincra-sia del poeta cesareo nei confronti delle te-si catartiche, è proprio questo graduale ab-bandono di un programma narrativo unita-rio e coerente (che sottende e giustifica tut-ti gli altri) a scardinare ormai definitiva-mente anche l’ultimo residuo di un impian-to tragico già più volte corretto e ripensato,secondo un’ottica ormai sempre più eman-cipata dall’ortodossia propugnata, nei pri-mi anni del secolo, dal Gravina o dal Ricco-boni.Lo stesso espediente tragico dell’errore,fulcro e propulsore del dramma classico, èrelegato ipso facto ai margini della peripe-zia. Il testo del 1784 coestende, infatti, la dimen-sione della colpa alla quasi totalità dei ca-ratteri, introflettendola su quella temporalesecondo una serie di gradazioni che tocca-no nell’ordine il presente scenico (Licidafraintende l’affetto che prova nei confrontidi Aristea e lo colloca, erroneamente, nellasfera dell’amore coniugale), il passatoprossimo (Argene è fuggita da Creta pernon obbedire al volere del proprio re, chenon approvando la sua relazione con Lici-da, le ha imposto di unirsi in matrimoniocon uno straniero), e persino avvenimentisituati in un tempo remoto (Aminta salvòil neonato fatto esporre sulla scorta diun’infausta predizione dell’oracolo delfi-co). Oltre, naturalmente, a Clistene (che nel te-sto del ’33 assumeva un ruolo di primo pia-no nello scioglimento del dramma, e ora èsoltanto un pallido riflesso di quell’«onorprimiero delle greche sembianze» tratteg-

giato dal libretto originario), ne sono avulsisoltanto i personaggi che almeno da unpunto di vista discorsivo e musicale sonogli effettivi protagonisti dell’azione: Mega-cle ed Aristea.Il giovane ateniese (che incarna «quell’eroi-che virtù che spingono un amico a rinun-ciare a se stesso per l’amico»13) e la figlia diClistene (che, contrariamente ad Argene,non fugge e antepone il volere del padre al-la propria volontà) si pongono dunque alcentro di un’azione che si prefigura, para-dossalmente, come una sorta di peripeziasenza colpa, e che pur disperdendo ogniparvenza d’ortodossia tragica non rinunciatuttavia a riappropriarsi di un fine esempla-re e didascalico, edulcorato in un’esaltazio-ne piuttosto nebulosa dell’amore e della fe-deltà, rimodellandolo sulle esigenze di unnuovo referente sociale (ovvero la borghe-sia italiana di fine secolo), dei suoi istituticollettivi, dei suoi mutati presupposti ideo-logici e spettacolari.

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Note

1 Il testo del libretto della rappresentazione vicentinadel 1784 dell’Olimpiade di Domenico Cimarosa è so-stanzialmente identico a quello intonato nel mano-scritto parzialmente autografo della partitura, allocatopresso la Biblioteca del Conservatorio «San Pietro aMajella» di Napoli (Rari 1.2.19/20, olim 13.3.5-6). La so-la variante di un certo rilievo è costituita della caduta,nella partitura, di un’aria d’uscita di Licida («S’affrettail passeggero», I.3). Tuttavia, è probabile che in un pri-mo momento Cimarosa avesse musicato l’aria espun-ta, poiché al termine del recitativo (alla c. 38 r., sulmargine inferiore destro del foglio), sono visibili letracce di una cancellatura sotto la quale, solamente inun secondo momento e con una mano diversa, è statasottoposta l’indicazione «Segue cavatina Argene». 2 JACQUES JOLY, «Metastasio e le sintesi della contraddi-zione», Introduzione alla partitura dell’Adriano in Siriamusicato da Pasquale Anfossi nella collana «Dramma-turgia Musicale Veneta», Milano, Ricordi, 1983, p. XXX.3 Cfr. FRANCO GAVAZZENI, Introduzione al volume Ope-re scelte di Pietro Metastasio, Torino, Unione Titografi-co-Editrice Torinese, 19782, p. 44.4 Cfr. KENNETH J. WILSON, L’Olimpiade: selected Eigh-teenth Century Settings of Metastasio’s Libretto (Volu-mes I and II), Diss., Harvard Univ., Cambridge, Massa-chusetts, 1982, pp. 223-224.5 Cfr. DANIEL HEARTZ, From Garrick to Gluck: theReform of Theatre and Opera in the Mid-EighteenthCentury, in «Proceedings of the Royal Musical Associa-tion», XCIV, 1967-1968, pp. 111-127.6 Per un’analisi comparata del libretto originario conla revisione del 1784, cfr. FABIO ZANZOTTO, L’“Olimpia-de” inaugurale del teatro Eretenio, in «Rassegna vene-ta di studi musicali», Padova, CLEUP, 1986-1987, inparticolare le pp. 179-192.7 L’Olimpiade, I. 2, v. 74 e vv. 76-78.8 CLAUDIO VARESE, Tempo e struttura nel dramma me-tastasiano, in Convegno indetto in occasione del II cen-tenario della morte di Metastasio (Roma, 25-27 maggio1983), «Atti dei Convegni Lincei», vol. 65, Roma, Acca-demia Nazionale dei Lincei, 1985, p. 150.9 La definizione, felicissima, è di Jacques Joly, in op.cit., p. XIV.10 Cfr. COSTANTINO MAEDER, Metastasio, l’“Olimpiade” el’opera del Settecento, Bologna, Il Mulino, 1993, pp. 26-28.11 CLAUDIO VARESE, op. cit., p. 162.12 COSTANTINO MAEDER, op. cit., p. 145.13 PIETRO METASTASIO, Estratto dell’arte poetica di Ari-stotele e considerazioni sulla medesima, in Tutte leopere, a cura di Bruno Brunelli, Milano, Mondadori,19652.

Pompeo Batoni, ritratto di Pietro Metastasio.

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Straordinarie circostanze per la concor-danza di luoghi e presenze storiche rendo-no particolarmente interessante questa pri-ma rappresentazione in epoca moderna alTeatro Malibran di Venezia dell’Olimpiadedi Pietro Metastasio nell’intonazione di Do-menico Cimarosa. Infatti, a parte la ricor-renza del II Centenario della morte a Vene-zia di Cimarosa e le celebrazioni del IIICentenario della nascita di Metastasio, perle quali fin dal 1999 il Comitato Nazionalecostituito in onore del poeta romano e laFondazione Teatro La Fenice hanno avvia-to un’intensa collaborazione, una primaconcordanza è offerta dallo stesso teatroove viene rappresentata L’Olimpiade. IlTeatro Malibran è infatti l’antico teatro diSan Giovanni Grisostomo in proprietà, traSei e Settecento, alla nobile famiglia vene-ziana dei Grimani, dentro la cui originariastruttura a pacchetti nel 1726 fu trionfal-mente messo in scena il Siroe di Metastasiocon le musiche di Leo Vinci, cui seguì nelcorso del Settecento la rappresentazione dinumerose altre opere del Poeta Cesareo, in-tonate dai maggiori compositori del pano-rama europeo (nel dicembre 2000 presso laScuola Grande di San Giovanni Evangelistaè andata in scena la prima rappresentazio-ne italiana in epoca moderna del Siroe in-tonato da Georg Friedrich Händel: allesti-mento del Teatro La Fenice in collabora-zione con il Comitato Nazionale Metasta-sio). Una seconda concordanza è offertadalla cantante Maria Malibran, del cui no-me si fregia, dal 1835, il famoso teatro diSan Giovanni Grisostomo, come omaggio eringraziamento per una gratuita e straordi-naria performance della cantante. Ma ciòche è più rilevante in questa concordanza

tra passato e presente sta nel fatto che laMalibran, nel corso della sua breve quantoeccezionale carriera, fu tra le grandi inter-preti del repertorio musicale dell’opera co-mica del Cimarosa. Peraltro, tenendo debi-to conto che nell’opera comica di Cimarosa(e degli altri musicisti a lui coevi, basti pen-sare per tutti a Mozart) i momenti caratte-rizzanti il genere “buffo” sono preparati dafasi talora anche di intensa drammaticità,quest’ultima concordanza assume un certovalore indiziario ai fini della comprensionestorico-critica sia della durata dell’operaseria di Pietro Metastasio, a Venezia e inEuropa, sia dell’ingresso del compositoredi Aversa tra gli autori musicali del dram-ma eroico, dal quale sino al 1781 s’era te-nuto ben lontano. L’intento artistico del Ci-marosa è quello di isolare, con l’opera se-ria, il lamento esistenziale e vitalistico del-l’amore e della gioventù, sospendendolo inuna certa aura di grazia e bellezza, ritenen-do così, forse, di creare qualche cosa di piùche una generica consonanza con gli umo-ri della società benestante e borghese fin desiécle desiderosa di allontanare dall’oriz-zonte mentale e psicologo le plumbee nubipolitiche, dense di minacce per un’interaepoca e per gli equilibri della vita civile dicui quella società fu pressochè unica depo-sitaria e beneficiaria.Nasce così, a mio avviso, l’occasione perCimarosa di accettare l’invito dei nobilivicentini di inaugurare il nuovo TeatroEretenio con la rappresentazione di un“vecchio” e glorioso melodramma metasta-siano, L’Olimpiade, scritto nel 1733, musi-cato allora da Caldara, «d’ordine dell’impe-rator Carlo sesto» e rappresentato «la primavolta nel giardino dell’imperial Favorita,

METASTASIO E VENEZIA

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alla presenza degli augusti regnanti, per fe-steggiare il giorno di nascita dell’imperatri-ce Elisabetta». È l’anno di grazia 1784, eDomenico Cimarosa ha già acquisito titoli emeriti anche come musicista d’opera seria,intonando per due distinte rappresentazio-ni, nel carnevale del 1781 – la prima al Tea-tro Argentina di Roma, la seconda allo sto-rico metastasiano Teatro delle Dame – l’A-lessandro nell’Indie del Poeta Cesareo(questi morirà nella sua Vienna nell’apriledel 1782). È il 13 agosto del 1782 quandoCimarosa, nella Napoli che non ha presso-chè mai tralasciato, nel corso del Settecen-to, di mettere in scena nei suoi teatri le ope-re dell’amato Metastasio, suo cittadino dielezione, vede rappresentato con le suemusiche, al Teatro San Carlo, L’eroe cine-se, scritto dal Poeta Cesareo nel 1752 perMaria Teresa e Francesco Stefano di Lore-na.A completare le intonazioni di Cimarosadei melodrammi metastasiani, seguiva, po-chi mesi dopo la messa in musica dell’O-limpiade a Vicenza (10 luglio 1784), quelladell’Artaserse, il 26 dicembre 1784 al Tea-tro Regio di Torino.Nell’Olimpiade, melodramma che intrecciae intesse indissolubilmente i desideri auro-rali-pastorali del ciclo esistenziale dell’es-sere umano con l’individuazione e la sceltaeroica dei valori di vita, quali l’amicizia, gliaffetti, ovvero la fedeltà alla parola data neirapporti interumani, e il loro essere messialla prova dal confronto con i costumi e lestrutture istituite dalla società nel tempo, lalettura teatrale-musicale data da Cimarosaal melodramma metastasiano scorcia dra-sticamente e rastrema ogni interna dialetti-ca drammaturgica, che già Walter Binni

definì un «congegno ad orologeria di supre-ma perfezione» (1963). Il “congegno”, infat-ti, perde vistosamente pezzi nella riduzionedai “classici” tre atti metastasiani ai due dellibretto approntato per la partitura di Cima-rosa, così; che la ubris semplificatoria delladrammatica vicenda non solo taglia interirecitativi, anticipa la famosa Aria di Amin-ta «Siam navi all’onde algenti» dall’Atto II, 5all’Atto I, 1, cancella il personaggio di Al-candro, confidente del re Clistene, trasgres-sore del comando sovrano di annegare il fi-glio appena nato perché l’oracolo di Delfi loindica come parricida, attenua fortementeproprio nel personaggio inconsapevolmen-te funesto di Licida-Filinto (tagliandone leArie), l’intento drammatico del testo meta-stasiano, volto ad esaltare in lui lo scio-gliersi di un oscura primordiale violenzadistruttiva nella paterna etica regia dellaclemenza e del perdono, ma confina le vi-cende contrastate delle coppie Licida-Arge-ne e Megacle-Aristea nel patetico della sal-vifica attesa della ricongiunzione. Le conti-nue numerose soppressioni e sostituzionidei versi metastasiani nel libretto intonatoda Cimarosa hanno un compimento em-blematico a riguardo della già individuatariduzione e decostruzione di pressochèogni dialettica drammaturgica proprio nelcoro finale – espressione questo della deci-sione popolare cui il re Clistene si atterrà,su invito di Megacle, nel giudicare Licidacolpevole o meno di regicidio – nel qualementre i versi di Metastasio così suonano:«Viva il figlio delinquente, / perché in luinon sia punito / L’innocente genitor», quel-li intonati da Cimarosa – trasferendo l’in-nocenza dal padre al figlio, al quale la fe-stosa pietà popolare condona ipso facto

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qualsiasi responsabilità alla vita di Cleste-ne – così sanzionano la definitiva sottrazio-ne di ruolo etico e politico al sovrano, ridot-to ormai dal lavacro innocentista nella lar-va di padre ebete e felice: «Viva il figlio edinnocente / Torni in seno al padre amato, /Che momento fortunato, / Che felice geni-tor!» Del resto, ad attirare Cimarosa nell’o-pera seria di Metastasio non è già nè più lapedagogia del principe, presentazione e de-scrizione dell’austera utile dedizione diCarlo VI alla pubblica felicità dei sudditi –nobili, borghesi e popolani che siano – nel-la quale tutti possano rispecchiarsi, contri-buendo alla eroica missione a seconda del-le diverse possibilità e capacità, quantopiuttosto, semmai, la distaccata contempla-zione di un mondo di eroica perfezione, or-mai sospeso nel tempo, soggetto a quelleforme di idealizzazione e di nostalgia che ilneo-classicismo di un Francesco Milizia, diun Giuseppe Piermarini, di un Canova, nel-la seconda parte del Settecento, esprimononei confronti della superiore rigorosa Bel-lezza ed Armonia dell’arte greca. Se neiteorici e negli artisti del neo-classicismo ilmondo classico è materia di sogno, idealeeterno da reinterpretare stilisticamenteplasmando la materia mediante formemorbide, leggiadre e piene di grazia, privedi ogni e qualsiasi asperità, anche Domeni-co Cimarosa, dopo i per lui insoddisfacentitentativi di fondere il comico e il sentimen-tale in una superiore armonia musicale,per la limitatezza dei librettisti dell’operabuffa, ritiene di trovare proprio in Metasta-sio il poeta in grado di rappresentare coe-rentemente i sentimenti di signorile ma-gnanimità dei personaggi storici, adattabiliall’espansione melico elegiaca della suamusica. Da un lato, quindi, Domenico Ci-marosa pone mano, sul finire del secolo, aun vero e proprio revival dell’opera delPoeta Cesareo, dimostrando il debito chetutta la cultura del teatro musicale ha con-tratto con questi, soprattutto nell’occorren-za della scelta e predilezione dell’Elladeteorizzata e praticata dal movimento neo-classico a scapito della Romanità: tendenzache sul piano della espressività musicalecondurrà il compositore di Aversa a sottoli-

neare la grazia come simbolo che rivesteed esalta la grandezza dei gesti e dei perso-naggi di un mondo classico perduto, peral-tro evocato anche nelle opere di Pietro Me-tastasio. Dall’altro, la conversione di Cima-rosa all’opera seria, realizzata e condottanelle maggiori città d’Italia e d’Europa, nel-le quali l’influsso ormai egemone del neo-classicismo coinvolge anche il teatro musi-cale (dal 1787 il compositore sarà chiamatoin Russia da Caterina II e poi a Vienna daLeopoldo II), completa l’offerta della suaproduzione che non abbandona mai, senon negli ultimi anni di vita, il versante piùcongeniale dell’opera comica. La duplicevalenza del teatro musicale di Cimarosacerca di soddisfare, insieme, i gusti e le ten-denze di autorappresentazione della so-cietà aristocratica e di corte, con quelli deiceti benestanti e borghesi che hanno ormaifatto propria una certa vena popolaresca,irridente e corrosiva, decantandone peròogni aspetto realistico, universalizzando infigure tipiche i risultati migliori di essa eproponendola come un sentire comune.La struttura drammatica che Metastasioconferisce all’Olimpiade è capace di com-muovere lo stesso autore fino alle lagrimenell’esprimere «la divisione di due teneriamici», come egli scrive nell’“avvertenza”premessa al famoso sonetto «Sogni e favoleio fingo», riflessione poetico-filosofico-reli-giosa, cui si abbandona dopo avere compo-sto il melodramma del 1733; avvertenzanella quale non si è fatta particolare atten-zione al senso di stupore che pervade ilpoeta poiché

meravigliandosi che un falso e da lui in-ventato disastro potesse cagionargli una sìvera passione, si fece a riflettere quanto po-co ragionevole e solido fondamento possa-no aver le altre, che sogliono frequente-mente agitarci nel corso di nostra vita.

Il sentimento di meraviglia e di spaesa-mento avvertiti dal poeta segnalano che afronte dei beni supremi di cui cerchiamotutta la vita il conseguimento e l’appaga-mento, – l’amicizia e l’amore, la giustizia ela lealtà, – nessun’altra passione, durantela nostra esistenza, può soddisfare il desi-

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derio umano di felicità al pari di quei beni,la cui assenza, o addirittura la perdita, con-duce alla disperazione chiunque ne vengacolpito. Se però la nostra attenzione, par-tendo dal senso dell’“avvertenza” metasta-siana si sofferma su quel riferimento mini-mo, detto quasi di sfuggita, alle altre passio-ni che abitualmente e forse inutilmente oc-cupano e muovono la nostra vita, il rinvioal tipo di ricezione e di rielaborazione deltesto poetico di Metastasio nel libretto uti-lizzato da Cimarosa nella rappresentazionedell’Olimpiade a Vicenza del 1784, finisceper porci la domanda circa le passioni cheagitano la quotidianità dell’esistenza degliuomini della fine del secolo. È delle realipassioni degli uomini dell’epoca che il mu-sicista di Aversa intende essere evocatore ecantore, ed in particolare dei personaggi frai più sacrificati, rispetto al libretto di Meta-stasio, quali appaiono essere Licida e Cli-stene, espressione e protagonista il primodi una compulsione dall’eros che lo condu-ce a ribellarsi violentemente alla perditadell’amico e dell’amata desiderata (Aristeae non Argene), come a significare le prete-se di esponente della società dominante;espressione il secondo di un perdono che

gli vale la ricomposizione dell’unità fami-liare, rappresentazione di un sentire socia-le a tutti comune, ma proprio per questo di-mostrazione che la realizzazione a volteeroica e drammatica di valori universali siè ridotta e quasi privatizzata nel mero eser-cizio dell’autorità paterna e familistica.Questo mondo che sogna e ammira ancoral’opera poetica di Metastasio come inarri-vabile espressione di eroica grazia e supe-riore decoro civile, nelle pagine musicali diCimarosa, non può che rivelare la suaestraneità alla drammatica cogenza delleragioni delle passioni.

(MARIO VALENTE)Segretario del Comitato Nazionale

per le Celebrazioni del III Centenario della nascita di Pietro Metastasio

Incisione per L’Olimpiade da un disegno di Giuseppe Gobbis. In Opere del Signor Ab. Pietro Metastasio.Venezia, Zatta, 1781.

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Dove gioca in principalità la buffoneria,non può aver luogo quello che interessa ilcuore.2

De gustibus non disputandum est; a ognu-no piace come meglio gli aggrada, ed io perme, volgarmente dicendo, me ne infischio.3

DOMENICO CIMAROSA

11774499Ad Aversa,4 in provincia di Caserta, Dome-nico Nicola Cimarosa nasce il 17 dicembre,figlio di Anna di Francesca e Gennaro Ci-marosa, muratore. «Cimmarosa» è il co-gnome indicato nel registro battesimaledella Parrocchia di S. Audeno di Aversa e insuccessive citazioni, anche se il composito-re si firmerà sempre «Cimarosa».5

11775566La famiglia si trasferisce a Napoli, dove ilpadre lavora alla costruzione della reggiadi Capodimonte, e risiede in un’abitazioneannessa al convento di San Severo dei pa-dri conventuali al Pendino, presso cui lamadre lavora come lavandaia.

11775577Perde il padre, caduto da un’impalcatura,rimanendo in miseria, un «accattoncello»,garzone presso un fornaio. Inizia a fre-quentare la libera scuola conventuale, dovericeve le sue prime lezioni di musica dafrate Polcano (o Porzio, secondo fonti diffe-renti), organista a San Severo, clavicemba-lista, cantante e amico di famiglia, che loistruisce su musica e lettere.

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Grazie all’intermediazione del frate a cui siera affidato, viene ammesso gratuitamenteal Conservatorio della Madonna di Loreto,6

dove con grande impegno (studia anche dinotte) frequenta i corsi di composizione diGennaro Manna, allievo di Durante, e Pie-trantonio Gallo, di canto da Antonio Sac-chini, armonia e contrappunto da FedeleFenaroli, violino da Saverio Carcajus, di-ventando clavicembalista, organista, violi-nista e cantante dotato, compagno di studidi Nicola Zingarelli. Nel 1762, a tredici an-ni, canterà nell’intermezzo di Sacchini FraDonato. Dal 1765 al 1775 comporrà moltamusica sacra, brani sostanzialmente legatiai primi studi ed esperienze musicali, cheincluderanno un Credo, due Messe, un Ma-gnificat, un Gloria Patri, un Mottetto.7

11777722Uscito dal conservatorio riceve probabil-mente lezioni da Piccinni, cercando di en-trare nella sua cerchia; anni dopo si perfe-zionerà in canto col castrato GiuseppeAprile, che pare fosse rimasto particolar-mente colpito dalle capacità musicali delgiovane Cimarosa. Durante il carnevale, alTeatro de’ Fiorentini, il più antico di Napo-li, debutta come operista con Le stravagan-ze del conte, il cui terzo e ultimo atto è co-stituito dalla farsa Le magie di Merlina eZoroastro, ma con scarso successo. Per Co-stanza Pallante, sua futura moglie, scrive ilrecitativo e aria Che legge spietata.

11777744Partecipa alle celebrazioni per la scompar-sa di Jommelli. Per i prossimi dieci annicomporrà prevalentemente per Napoli eRoma, inserendosi poco a poco nei circuiti

DOMENICO CIMAROSA1

nel bicentenario della mortea cura di MIRKO SCHIPILLITI

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operistici insieme alla concorrenze di Pic-cinni, Anfossi, Guglielmo, Paisiello. Le ri-valità progressivamente sorte fra Cimarosae Paisiello, i due contemporanei napoletanipiù affermati, porteranno a dicerie secondocui «andavano nei teatri travestiti allo sco-po di fischiare l’uno le opere dell’altro».Stendhal8 ricorda:

A Napoli mi recavo qualche volta […] inuna società di vecchi appassionati di musi-ca. […] Cimarosa era stato amico dellamaggior parte di questi vecchi conoscitori;spesso parlavano delle cattiverie di Paisiel-lo nei suoi riguardi, al tempo in cui questidue grandi artisti si contendevano l’ammi-razione di Napoli e dell’Italia; poiché Pai-siello, questo genio così pieno di grazia, fuun vero tipaccio, e Cimarosa non conobbemai la felicità di Rossini.

11777766Per il Teatro Valle di Roma compone l’in-termezzo I tre amanti, a cui potrebbe esser-si ispirato Mozart per la canzonetta in DonGiovanni e per l’ouverture delle Nozze diFigaro. I riferimenti stilistici fra i due auto-ri verranno più volte ripresi nelle epochesuccessive, fino a far osservare al celebrecritico Eduard Hanslick un ideale «matri-monio segreto» fra Le nozze di Figaro e Ilmatrimonio segreto. La sinfonia dei Treamanti verrà riutilizzata nella commediaLa frascatana nobile. Frequenti saranno leanalogie o le autocitazioni fra ouverturenelle opere di Cimarosa.

11777777Sposa Costanza Suffi, figlia della cantantebuffa Cecilia Checcucci Suffi, che fu forsesua sostenitrice e protettrice. Nella comme-dia Il fanatico per gli antichi utilizza perprimo terzetti e quartetti durante l’azione.

11777788La moglie Costanza muore di parto. Cima-rosa sposa quindi l’altra figlia della Chec-cucci, Gaetana Pallante, avuta dal secondomarito di lei. Il Teatro Valle di Roma alle-stisce l’intermezzo Il ritorno di Don Calan-drino.9

11777799Al Teatro Valle di Roma si afferma con ilprimo importante successo in campo comi-co, l’intermezzo10 L’italiana in Londra, aiu-tato da un cast di alto livello, primo lavoroche introduce a Roma lunghi finali. Perquest’opera Cherubini scriverà nel 1791 learie Al par dell’onda, Senza il caro mio te-soro, Lungi dal caro bene, Van girando perla testa, il terzetto Son tre, sei nove e il reci-tativo Ah generoso amico. Diventa organi-sta soprannumerario della corte di Napoli,ma senza stipendio, e vi inaugura il Teatrodel Fondo con la commedia L’infedeltà gio-cosa.

11778800A Roma va in scena la sua prima opera se-ria, Caio Mario, presto replicata a Manto-va,11 e debutta alla Scala con la ripresa diL’italiana in Londra, cui seguiranno altrerepliche nelle principali città italiane. Oltrea Napoli e Roma le opere di Cimarosa ini-ziano infatti ad affermarsi anche nel restodella penisola. La commedia per musica Ilfalegname va in scena a Napoli, in seguitorappresentata al Teatro San Moisè di Vene-zia nel 1784 e a Treviso e Udine nel 1789col titolo L’artista. Nel libretto dell’edizioneveneziana verrà stampato:

Quest’opera non è delle più regolate, nédelle più adatte al gusto di un pubblico in-telligente com’è quello di questa città, es-sendo il presente dramma di un poeta Na-politano e scritto per il Teatro di Napoli, do-ve non viene osservata né aggiustatezza dicaratteri, né condotta di rappresentazione.

11778811La prima opera su testo di Metastasio èAlessandro nelle Indie, rappresentata alTeatro Argentina di Roma. Le cronache deltempo riportano:

Musica del signor Domenico Cimarosa,maestro di Cappella napoletano, che feceandare in sollucchero in modo tale gli aba-ti romani che non refinivano più di lodare efar sonetti pel Cigno partenopeo.

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Il dramma giocoso Giannina e Bernardoneva in scena al Teatro San Samuele di Vene-zia, prima comparsa di Cimarosa nella cittàlagunare, rimanendo una delle opere cima-rosiane più note e più rappresentate fino adora. Luigi Ballarini testimonia il 29 dicem-bre:

Un’opera sublime colla musica di Cimarosaha portato tutto il mondo a San Samuele.

A Venezia prenderà il titolo del Villano ge-loso nel 1786, mentre all’estero verrà ripre-sa a Vienna (dove andranno in scena ancheL’italiana in Londra, Il falegname, Gianni-na e Bernardone, Il pittor parigino), Dre-sda, Malta, Versailles, Cracovia, Potsdam,Madrid, Esterhaz, Lisbona, Pietroburgo,Londra (dove si danno anche I tre amanti eL’Italiana in Londra), Cadice, Varsavia, Co-penaghen, Marsiglia, Parigi, Weimar (pervolontà di Goethe, che negli anni ’90 vi faràrappresentare L’impresario in angustie,12

Le trame deluse, Il fanatico burlone), Stoc-colma, Riga, Buda e nella residenza deiprincipi Eszterházy, presso cui Haydn svol-ge le proprie funzioni.13 Cherubini scriveràper quest’opera due arie, nel 1786 («A tantoamore») e nel 1792.

11778822Al teatro del conte di Thun a Praga vengo-no rappresentate l’Amor costante, Il fale-gname, Il pittor parigino e l’anno seguenteGiannina e Bernardone. A Venezia ricevel’incarico di maestro di coro delle fanciulledell’Ospedaletto dell’Ospizio di Santa Ma-ria dei Derelitti, vicino SS. Giovanni e Pao-lo, uno dei quattro conservatori venezia-ni,14 per il quale compone una Messa in sol,l’azione sacra Absalom o Assalonne e l’ora-torio Giuditta (rinominato poi in Judith, Labetulia liberata, La morte di Ofelia). Per ilcarnevale, al Teatro San Samuele di Vene-zia va in scena il dramma giocoso Il convi-to. Nella città lagunare alloggerà in un’abi-tazione presso il Ponte della Verona, vicinocampo S. Fantin. Si reca a Roma presso ilpalazzo dell’Accademia di Francia, per l’e-secuzione della cantata Per la nascita del

real Delfino figlio di Luigi XVI su testo diVincenzo Monti. Il debutto al Teatro SanCarlo di Napoli avviene con il dramma permusica L’eroe cinese, libretto di Metasta-sio. Al Teatro de’ Fiorentini si rappresentala commedia per musica La ballerinaamante.

11778833Presenta la sua prima opera scritta apposi-tamente per la Scala di Milano, il drammaLa Circe. Durante il carnevale, al TeatroValle di Roma va in scena l’intermezzo Idue baroni di Rocca Azzurra, a cui Mozartdestinerà l’aria «Alma grande» KV 578 peruna rappresentazione viennese del 1789, surichiesta del soprano Louise Villeneuve.

11778844Al Teatro della Pergola a Firenze viene al-lestito il dramma giocoso La vanità delusao Il mercato di Marmantile, primo lavoro diCimarosa su libretto di Goldoni. Al TeatroEretenio di Vicenza, il 10 luglio viene rap-presentato il dramma serio L’Olimpiade15

su libretto di Metastasio, soggetto già messoin musica da Vivaldi, Pergolesi,16 Leo, G.Scarlati, Galuppi, Wagenseil, Hasse, Traet-ta, Jommelli, Piccinni, Sacchini, Bertoni,Sarti, MyslivecŠek, Cherubini, e, nel 1786,anche da Paisiello.17 Il successo è enorme,grazie anche all’allestimento sfarzoso e al-la compagnia di alto livello (cantano Fran-cesca Danzi Le Brun, «valorosissima», Lui-gi Marchesi, Matteo Babini, Giuseppe Beni-ghi, Giuseppe Desirò). Per una ripresa del-l’opera al Teatro di Lucca la «Gazzetta Uni-versale» riporta:

Fu aperto quel Teatro coll’opera seria l’O-limpiade posta recentemente in musica dalcelebre sig. M° Cimarosa. I professori chel’eseguiscono sono i più rinomati d’Italia eperciò incontra l’universale applauso e atti-ra una quantità straordinaria di forestieri.

Verrà replicata anche alla Scala (1788),Brescia (1786), Londra (1789), Verona(1790), Perugia (1790), Bologna (1790), Pa-dova (1790), Corfù (1791), Vicenza (1794),Modena (1795), Torino (1806-1807). Per laScala scrive il dramma giocoso I due sup-

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posti conti, e viene invitato dal principePietrasanta Serra di Falco nella sua villa aCantù, dove, secondo alcuni biografi, hauna relazione con Antonia Mazzucchelli.In quest’occasione scrive un breve compo-nimento poetico per il principe. Scrisse an-che un’ode dal titolo Il tradimento. Al Tea-tro Regio di Torino va in scena il drammaserio Artaserse, riscuotendo grande succes-so.

11778855È secondo organista alla corte di Napoli,ora stipendiato con otto ducati anche du-rante i periodi di assenza per impegni arti-stici. Al Teatro de’ Fiorentini viene rappre-sentato il dramma giocoso Il marito dispe-rato, che Goethe ascolterà nel 1798 a Wei-mar col titolo La gelosia punita:

Cimarosa si dimostra in questa come in al-tre composizioni un maestro perfetto. Il te-sto è secondo il modo italiano ed io a questoproposito ho fatto la seguenteosservazione: com’è possibile che il sem-plice possa sposarsi così felicemente con lamassima espressione estetica dellamusica?18

11778866Le trame deluse vanno in scena al TeatroNuovo di Napoli (in seguito rinominateL’amor contrastato e Li raggiri sospetti).Rossini, che considera quest’opera il capo-lavoro di Cimarosa,19 si ispirerà al quintet-to «Che tremore» per il sestetto di Ceneren-tola. Secondo Stendhal «Rossini adora Ci-marosa; ne parla con le lacrime agli occhi».Nello stesso teatro viene rappresentata lafarsa L’impresario in angustie. Insieme adaltri autori Cimarosa partecipa alla stesuradel dramma sacro Il sacrifizio di Abramo(uno dei suoi brani appassionerà Stendhal:«Nulla al mondo può essere paragonato albrano che prelude alla prima ripresa delmotivo»). Nel 1793 il King’s Theatre di Lon-dra Haymarket rappresenterà Teodolinda,altro pasticcio a più mani cui partecipa Ci-marosa insieme ad Andreocci, FedericiSarti. Si unisce anche all’Ape musicale, ini-ziativa di Lorenzo Da Ponte, che include

inoltre musiche di Mozart, MartÍn y Soler,Gazzaniga, Anfossi, Gassmann.

11778877Viene invitato dal duca Amedeo III di Sa-voia a Torino, dove Volodimiro va in scenaal Teatro Regio. Nonostante le opposizionidel ciambellano poiché la durata dell’operaeccedeva di cinque minuti quella impostada curiose disposizioni reali, Cimarosa ot-tiene ugualmente il permesso di non ap-portare tagli. A Napoli va in scena la com-media Il fanatico burlato (per la quale Che-rubini comporrà un’aria nel 1789), ma il ri-torno di Paisiello aveva sottratto a Cimaro-sa molto spazio nella vita musicale napole-tana. La zarina di Russia Caterina II lo invi-ta a Pietroburgo per ricoprire la carica dimaestro di cappella, precedentemente affi-data a Sarti.20 Conscio dei lauti guadagniche avrebbe ricevuto, dopo aver affidato ipropri manoscritti all’amico cardinal Con-salvi, Cimarosa sceglie di affrontare insie-me alla moglie e alla figlia il lungo e impe-gnativo viaggio verso la Russia, dalla metàdi luglio fino a dicembre, nel quale fissatappe artistiche significative nelle città eu-ropee toccate, affermandosi ulteriormenteoltre i confini italiani. A metà luglio, da Na-poli viaggia verso Livorno, da dove si recaa Firenze, invitato dal Granduca di Tosca-na Leopoldo II di Lorena (futuro imperato-re d’Austria), presso il quale esegue suemusiche fra cui un quartetto da Il pittor pa-rigino, ricevendo doni preziosi. Prosegueper Parma, dove incontra la duchessa Ma-ria Amalia, moglie del duca Ferdinando diBorbone, dalla quale si esibisce come can-tante. Viene accolto felicemente anche aVienna da Giuseppe II d’Asburgo, sostando24 giorni per suonare e cantare a corte. AVarsavia anche il re di Polonia Stanislao IIPoniatowski lo omaggia con doni e oggettipreziosi. Giunto a Pietroburgo il 1° o il 2 di-cembre, Cimarosa viene presentato a Cate-rina II dal duca Antonio Maresca di Serra-capriola, plenipotenziario di Ferdinando IV(ministro di Napoli presso la corte russa),esibendosi al clavicembalo e come cantan-te. Oltre a diventare Maestro di Cappella,insegna musica ai due nipoti della zarina,

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Alexander e Konstantin. Poco dopo l’arrivo,viene chiamato a comporre una Missa prodefunctis21 in memoria dell’appena scom-parsa duchessa di Serracapriola.

11778888Il figlio Paolo nasce a Pietroburgo il 26 mar-zo: al battesimo suo padrino e madrina so-no il figlio di Caterina II granduca eredita-rio Paolo I (di cui riprende il nome) e lacontessa Soltykoz. Cimarosa lo avvieràpersonalmente alla musica. Al Teatro del-l’Ermitage di Pietroburgo vengono rappre-sentate le opere serie La felicità inaspettata,La vergine del sole e la cantata drammaticaAtene edificata. L’anno seguente andrannoin scena La Cleopatra e due opere adattatein versione russa, I due baroni di Rocca Az-zurra e Le donne rivali, ma Caterina II nonsarà entusiasta:

Cimarosa ha composto qui la messa deimorti per la duchessa di Serracapriola eun’opera comica per le quali non darei die-ci soldi. Ma forse queste opere sono prezio-se per gli amatori ed i conoscitori.22

11779911Dopo la realizzazione di un Coro di guer-rieri per lo spettacolo storico NacŠal’noeupravlenie Olega (Gli inizi del governo diOleg, su libretto di Caterina II) scritto insie-me ad altri autori (Canobbio, Pachkevitch eSarti), e alcune cantate (La sorpresa, La se-renata non preveduta, Dell’indica marina),la zarina non rimane più soddisfatta dellefunzioni musicali di Cimarosa, che scegliedi congedarsi fra disturbi di salute e le ri-strettezze economiche della corte impegna-ta nei conflitti antifrancesi. La «Gazzetta diS. Pietroburgo» riporta la notizia della par-tenza del compositore a metà giugno, conmoglie, due figli e cameriera. Diverse sueopere continueranno a essere rappresenta-te in Russia, e molte partiture sono ancoracustodite nella biblioteca dei teatri accade-mici di Pietroburgo. Fermatosi tre mesi aVarsavia, passa a Vienna, dove Leopoldo IIera succeduto all’imperatore Giuseppe II,senza essere particolarmente amante dellamusica, ma ammiratore del teatro italiano

e già conoscente di Cimarosa. La scompar-sa o l’assenza di figure musicali come Sa-lieri, Haydn, Mozart, gli rendono più facilel’assegnazione di incarichi musicali.

11779922Prima collaborazione col librettista poetacesareo Giovanni Bertati è la commissioneimperiale austriaca della commedia Il ma-trimonio segreto, rappresentata alBurgtheater di Vienna il 7 febbraio conenorme successo, al punto che Leopoldo II,dopo aver invitato tutti gli interpreti e l’au-tore a cena la sera stessa del debutto, fa re-plicare integralmente l’opera in nottata,unico caso nella storia della musica perquella che praticamente rimane tutt’ora lasola opera italiana del ’700 in repertorio,per Verdi «la vera commedia musicale»,ammirata anche da Beethoven e Schu-mann. Stendhal ne rimase fortemente im-pressionato:

Vivere in Italia e ascoltare una simile musi-ca divenne l’idea basilare di ogni mio ra-gionamento. […] L’effetto della musica delMatrimonio segreto è di farmi trovare me-no ostacoli in tutto […] Queste melodie so-no le più belle che sia dato di concepire al-l’animo umano […] Mi sembra che nessu-na delle donne che ho avuto mi abbia do-nato un momento così dolce.

Cimarosa vi inserirà l’aria sostitutiva diMozart «Al desio di chi t’adora» KV577scritta per Le nozze di Figaro. A Vienna vie-ne nominato maestro della Camera Impe-riale, risiedendo in un appartamento a cor-te e stipendiato con 12000 fiorini annui (colMatrimonio segreto aveva guadagnato 500doppie d’oro napoletane, cifra enorme perl’epoca). Altre due saranno le opere per lacapitale austriaca, La calamità dei cuori (li-bretto di Goldoni) e Amore rende sagace(libretto di Bertati) ma fra pochi consensi,mentre Il matrimonio segreto conterà ben133 rappresentazioni fino al 1844.23 La pri-ma italiana è a Monza.

11779933Il matrimonio segreto debutta alla Scala e a

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Napoli, prima opera dell’anno al Teatro de’Fiorentini, pur con alcune modifiche per lanuova compagnia di canto, ma rinnovatosuccesso, con 110 repliche in cinque mesi.Sempre a Napoli, la commedia I Traciamanti viene rappresentata ottenendograndi consensi. È ormai concluso l’inter-mezzo Il maestro di cappella, la cui data-zione è incerta, sicuramente non compostoprima del 1786. Scrive il Concerto per dueflauti e orchestra per uno dei nobiliEsterházy, ambasciatore austriaco alla cor-te di Napoli. La musica strumentale di Ci-marosa non è molta, la maggior parte rea-lizzata durante la permanenza in Russia,comprendendo 38 Sonate per clavicembaloe 81 per fortepiano, un Concerto per cem-balo con istromenti, due Sestetti per stru-menti vari, sei Quartetti per flauto, violino,viola e violoncello, alcuni Partimenti pervioloncello e strumento a tastiera, ottoSinfonie sciolte per archi e sei per archi efiati.24

11779944Al Teatro de’ Fiorentini di Napoli si rappre-senta la commedia per musica Le astuziefemminili.25 Scrive la cantata Il trionfo del-la fede «per la solenne traslazione del San-gue del glorioso martire, S. Gennaro, da fe-steggiarsi nel Sedile di Porto».

11779966Muore di parto la moglie Gaetana, lascian-do a Cimarosa i due gemelli Raffaele e Co-stanza.26 La Fenice di Venezia gli commis-siona l’opera seria Gli Orazi e Curiazi, inscena il 26 dicembre, insuccesso che lo faripartire per Napoli la notte stessa. Nellacittà partenopea diventa primo organista dicorte, con uno stipendio di dieci ducati,presso la chiesa di Santa Maria Regina Coe-li, e Maestro di Cappella reale, ora in buonecondizioni economiche ma lamentando iprimi problemi di salute, “disturbi nervosi”non meglio precisati. A Roma va in scena lafarsa I nemici generosi, l’anno seguente aVenezia, intitolata Il duello per complimen-to.

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Al San Carlo di Napoli si rappresenta Arte-misia, regina di Caria, in un allestimentosfarzoso per le nozze di Francesco con l’ar-ciduchessa Maria Clementina. L’opera saràparticolarmente amata da Cimarosa:

Come autore, non potrei veramente lodarele mie opere senza incorrere nella taccia divano e presuntuoso. […] Benché si lodi ge-neralmente la mia composizione intitolataIl matrimonio segreto, pure a mio parerecredo che il più passabile dei miei scritti sial’Artemisia. Forse sarà perché una memo-ria a me carissima congiungemi a quellacomposizione: sarà benissimo; ma, pure,scevro da ogni pensiero, credo fermamentesia la migliore. […] Lascio ognuno pensarecome gli piace, e d’altronde ormai sonovecchio e poco mi cale delle altrui lodi obiasimi.27

11779988Si aggravano i sintomi nervosi, e sfiora lamorte fra gravi problemi di salute. Scegliedi trasferire la propria residenza nelle tran-quille alture di Santa Maria Apparente. Se-condo il figlio Paolo, soffriva di «apoplessianervosa».28

11779999La rivoluzione napoletana trova un soste-nitore in Cimarosa, che scrive un Inno pa-triottico per lo bruciamento delle immaginidei tiranni, «da cantarsi nella festa del 30fiorile, sotto l’albero della libertà avanti ilPalazzo Nazionale» (eseguito dagli allievidel conservatorio della Madonna di Loretoo di Sant’Onofrio, oppure da entrambi riu-niti), e nasconde a casa propria per circauna settimana il giacobino Nicaso di Mase,che lo ricorderà in un suo poemetto:

Io meschinel giva da Battro a TileQual naufrago legno senza sarte, o vele,e mi convenne ricercar covileDa Cimarosa, amico mio fedele:Ed il suo core, al suo saper uguale,Non ritrovai di pietà frugale.

Diventa membro della commissione deiteatri, ma perde il posto di organista. Col ri-

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torno del passato regime, nonostante untentativo di riconciliazione con l’inno BellaItalia ormai ti desta (su indicazione del pre-te reazionario Gennaro Tanfano) e la Can-tata a tre voci in occasione del bramato ri-torno di Ferdinando, nostro amabilissimosovrano (dove Cimarosa si firma comemaestro di cappella, carica scaduta) vienearrestato il 9 dicembre29 «per avere espres-so sentimenti favorevoli al governo demo-cratico», e imprigionato a Castelnuovo perquattro mesi, rischiando la pena di morte.Non è certo se la sua casa venisse saccheg-giata e il clavicembalo gettato dalla fine-stra. In prigione partecipa a esecuzioni mu-sicali insieme ai carcerieri (uno dei quali èsuo ammiratore), e viene liberato grazie al-l’intermediazione degli ecclesiastici donTanfano, cardinal Consalvi (suo grandeestimatore), e la nobile Lady Hamilton,probabilmente anche con l’aiuto del mini-stro russo a Napoli Ilakinski.

11880000Dopo la scarcerazione decide di abbando-nare Napoli, pur in condizioni di salutecompromesse, recandosi a Padova e Vene-zia, dove continua a dirigere il coro dell’O-spedaletto, e lavora alla commissione dellaFenice per il dramma tragico Artemisia,che rimarrà incompiuto e successivamentecompletato da ignota mano.

11880011I disturbi di salute acuitisi improvvisamen-te lo portano rapidamente alla morte perun «carcinoma al basso ventre» alle 14.00dell’11 gennaio, nella locanda Tre stelle diPalazzo Duodo in campo S.Angelo, suanuova residenza, (n. 3584, una lapide locommemora), «dopo otto giorni di letto» se-condo il «Postiglione», accudito dall’allievoCesare Angiolini, dalla nobile Maria Virgi-nia Grimani con il figlio Michele e dai «Dot-tori che l’aveano in cura, de’ più esperti ecelebri in medica Arte»:30

Addì 11 Gennaio 1801. Il signor DomenicoCimarosa quondam Francesco Napolitanomaestro di musica di anni 45 circa, il qualedopo un decubito di giorni 8, attaccato da

colica biliosa finì di vivere questa mattinaall’ora 2 dopo il mezzo giorno e ciò per fededel medico Marco Franco. Si seppellirà do-mani all’ore 4 pomeridiane in chiesa nostracon capitolo.31

Forse meditava un possibile ritorno in Rus-sia, e la morte imprevista lasciò correre levoci di avvelenamento od omicidio com-plottato da Carolina di Napoli, smentito ap-positamente da un dichiarazione del medi-co onorario di Pio VII, Giovanni Piccioli, inseguito diffuso il 5 aprile dallo stesso gover-no napoletano:

Il fu signor Domenico Cimmarosa [sic]maestro di cappella è passato agli eterni ri-posi il giorno 11 di gennaio dell’anno cor-rente in conseguenza di un tumore cheavea nel basso ventre, il quale, dallo statoscirroso è passato allo stato cancrenoso.

Il 18 gennaio va in scena alla Fenice l’in-completa Artemisia e il 28 si svolgono fune-rali solenni a spese della famiglia Grimani,alla presenza del compositore FerdinandoBertoni con i cantanti e l’orchestra della Fe-nice, e una folta presenza di partecipanti,oltre all’esecuzione di una Messa di Bertojae di altri brani, inclusa una rielaborazioneper flauto e orchestra di Luigi Giannella diun tema da Orazi e Curiazi. Nell’Elogio fu-nebre dell’abate Raffaele Pastore pubblica-to a Venezia,32 si ricorda che Cimarosa,conscio della sua fine «chiese a grandiistanze… che munito venisse de’ poderosisoccorsi, che la Chiesa, pia Madre, offre a’vicini a partire», e si traccia un profilo dellapersona:

Sortito aveva veramente anima buona, in-dole facile, umana, ingenua, tutta docilità,soavità, compassione, indole portata al be-ne, bramosa del gusto, di rettitudine amicae di pietà. […] Ei fu gioviale ed allegro […]fu scherzevole, faceto ma con modestia,compiacente ma con ritegno; amò la men-sa, la buona compagnia, i sali, il riso, la gio-condità, ma non discompagnato però maida compostezza, da temperanza, da mode-razione: ma tutto con decenza, con rifles-

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sione, lungi da equivoci e allusioni che of-fendono il pudore: tutto tra’ suoi limiti,niente all’eccesso: scherzava ma con di-screzione e senza pungere: cercava di pia-cere, ma senza adulazione e con dignità:spendeva, usava liberalità anco splendi-dezza, ma non uscendo mai del suo grado,con giusta bilancia, coll’occhio sempre al-l’avvenire. Se sdegnavasi, era senza fiele,né escandescenze: se si risentiva, se dolea-si non lasciava però le briglie all’ira, né lapadronanza di sé perdeva mai: le passioniin somma erano temperate e controbilan-ciate in lui da virtù. […] Ma, e chi più uffi-zioso, più compassionevole, caritatevole dilui? Non avrebbe egli saputo, non dico nuo-cere, disgustare, diservire. […] Fu in fine ilnostro Cimarosa fedele alla promessa, giu-sto ne’ contratti, leale nelle convenzioni: fuil buon suddito, il buon concittadino, ilbuon compagno e amico, il buon padre difamiglia, e che buon padre! che sebbene in-clinato egli alla splendidezza, e nemico diquella massima, cioè di star in disagio, emancar di molto, per prepararsi a forza dirisparmio un comodo, e grato avvenire; pu-re in grazia di sua Famiglia tenne egli ma-no allo spendere.

Viene sepolto nella Chiesa di S. Michele Ar-cangelo, ma i resti rimarranno dispersi nel1837 dopo la distruzione dell’edificio, oraricordato da una lapide lungo Rio S. Ange-lo. Sul portale della chiesa un’iscrizione locelebrava come «un tempo nostra delizia,ora, ahimé, nostro desiderio» (nostro olimdelicio / nunc heu! desiderio), mentre suun’altra, per la sepoltura, è «il migliore incampo teatrale» (scenica potissimum inre). A Roma il cardinal Ercole Consalvi,grande amico di Cimarosa, commissiona aCanova un busto del compositore per ilPantheon (poi spostato al Museo Capitoli-no)33, posto accanto al busto e alla tomba diRaffaello, lo fa commemorare col suo Re-quiem a San Carlo a’ Catinari a Roma, e or-dina la celebrazione di 50 messe all’anno insuo ricordo. Consalvi donerà i manoscrittidel compositore ai figli di Cimarosa Paolo34

e Paolina, 108 volumi (58 opere, fra cui Ilmatrimonio segreto, Il mercato di Malman-

tile, La finta frascatana, Le astuzie femmi-nili e sette volumi di musica sacra) vendutinel 1852 da Paolo Cimarosa al Conservato-rio di Napoli35 per 2000 ducati più un vitali-zio di 60 ducati annui fino alla sua morte(avvenuta nel 1864). Altri manoscritti ver-ranno venduti all’istituto dal figlio di Paolo,Amelio, per mille lire. La fama di Cimarosadurerà ancora, se nel 1813, come riferisceStendhal, in occasione del successo dellaprima di Tancredi di Rossini a Venezia sidirà «il nostro Cimarosa è tornato in vita» eche «i romani dissero che se la musica delBarbiere fosse stata composta da Cimarosa,sarebbe forse stata un po’ meno vivace, unpo’ meno brillante ma assai più comica eben più espressiva». Nella prima metà del-l’Ottocento le opere di Cimarosa venivanocomunque eseguite abbastanza frequente-mente, come riferisce Carlo Gervasoni nel1812:

Le opere di Cimarosa in oggi pur anco sireplicano continuamente ne’ principali tea-tri d’Europa; e per le intrinseche bellezze,di cui sono ripiene, vengono mai semprecol più vivo trasporto applaudite, e sommi-nistrano i migliori modelli agli studiosi delgenere teatrale, i quali certamente a luidebbono un’eterna riconoscenza.

Nel 1901 verrà commemorato in Italia daun comitato patrocinato dalla Regina Mar-gherita, e a Vienna da un altro dove figurail critico Hanslick, che loderà

l’autentico e sprizzante talento buffo di cuiCimarosa era altrettanto ricco quanto i te-deschi di ogni epoca ne sono poveri.

Stendhal (pseudonimo di Errico Beyle) feceincidere sul proprio epitaffio l’iscrizione:

Errico BeyleMilaneseVisse scrisse amòQuest’animaAdoravaCimarosa Mozart Shakespeare.

Lo ammirava e lo ricordava sempre quan-

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do si recava a Venezia:

Non passo mai per Venezia senza farmiaprire la cappella nella chiesa dove il no-stro divino Cimarosa è stato inumato nel1801.

Tuttavia, in un articolo sul «Journal de Pa-ris» del 7 ottobre 1826, esprime posizionioggi impensabili, che ci rivelano alcunimotivi del lungo silenzio che l’opera cima-rosiana ha mantenuto fino alle attuali pro-grammazioni:

La musica del secolo di Cimarosa in Italia èconsiderata ormai trita: per fortuna inFrancia non lo è per niente, dato che noinon abbiamo ancora sentito neanche la de-cima parte dei capolavori di Cimarosa e diPaisiello. È musica che deve essere adatta-ta: niente di più facile. I nostri riduttorihanno molta abilità e poche idee. Non vi èforse un’aria di Cimarosa che non offra al-meno un’idea chiara, originale, sorpren-dente. Però quest’idea è resa in un linguag-gio scadente, l’accompagnamento è invec-chiato; ebbene, semplicissimo, cambiamol’accompagnamento. […] Ecco ciò che leopere buffe dei grandi maestri italiani chie-dono a coloro che devon darne delle «ridu-zioni». Siccome Cimarosa ha scritto centoopere e Paisiello duecento, il riduttore po-trà prendere tre o quattro opere per farneuna sola.

Per Giuseppe Verdi fu «uno dei più fecondie sinceri compositori italiani della fine delsecolo passato», mentre Ferruccio Busoniricorda che «l’alito di un secolo è passatosulla musica di Cimarosa, senza avergli po-tuto togliere né la freschezza né lo spirito.Essa ci sembra sempre nuova e c’interessae ci alletta senza stancare sino all’ultimocalare del sipario». D’Annunzio lo citerànel sonetto La Gavotta:

Ieri un vivo rondò del CimarosaDa la spinetta al fin gli echi sopitiNe’ campi degli arazzi scoloritiRiscosse, e fra le tende alte di rosa;Spande oggi il sol con gioia impetuosa

L’oro su quel languor di tinte miti.Un0anima novella ai caldi inviti,par che sorrida in ogni morta cosa.La dama è china, a la spinetta. SaleOgni mio verso in ritmo de l’AdagioPer la sua nuca al nimbo de’ capelli,Ma, mentr’io le susurro il madrigale,rompe ella in un suo bel riso malvagio,passando a una gavotta del Jommelli.

Un aneddotto racconta di quando si chiesea Cimarosa quale fosse il segreto della suamusica. Indicando il cuore, disse:

È necessario chistu ’ccà!

NOTE

1 Le notizie sulla vita di Cimarosa sono assai limitate,per la scarsità di documenti e testimonianze, e per lacaduta di interesse verso la sua cospicua produzionemusicale (più di 70 lavori teatrali), praticamente sco-nosciuta a eccezione di qualche titolo, lasciando quindila sua biografia in un’aura di mistero, e, per qualchecommentatore, di leggenda, nonostante nel 1900 Pom-peo Cambiasi, nelle sue Notizie sulla Vita e sulle Operedi Domenico Cimarosa affermasse che «del genio di Ci-marosa non potremo dire cose nuove. Dopo che nehanno tanto scritto insigni critici e biografi». Molteinformazioni furono fornite direttamente dal figlio diCimarosa, Paolo.2 Dalla prefazione di Cimarosa al libretto del drammagiocoso Amor rende sagace, 1793.3 Lettera a un ignoto amico.4 Nel 1714 vi era nato Niccolò Jommelli. Nel 1929verrà inaugurato un monumento in memoria di Cima-rosa. La via dove nacque era Vico 2° Trinità, che nel1866 diventò Via Cimmarosa.5 Unica eccezione si trova nell’Inno repubblicano del1799.6 All’epoca, quattro erano i conservatori napoletani: ilpiù antico era S. Maria di Loreto, inaugurato nel ’500,seguito dal conservatorio della Pietà dei Turchini, daquello dei poveri di Gesù Cristo, e quello di Sant’Ono-frio a Capuana, tutti destinati a ragazzini poveri.7 Due Mottetti di Cimarosa sono conservati presso laBiblioteca Marciana di Venezia.8 Stendhal, grande ammiratore di Cimarosa, gli dedicòspazio in Rome, Naples, Florence (Parigi, 1817), nellaVie de Rossini (Parigi, 1824) e nella Vie de Henry Bru-

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lard (Parigi, 1890). Per lui Cimarosa ebbe «più idee diRossini, e forse migliori, ma lo stile di Rossini è miglio-re».9 Il testo dell’aria di Valerio verrà probabilmente ripre-so nella celeberrima «Donna è mobile» da Rigoletto diVerdi: «La donna è sempre instabile, / sempre si cangiae vola, / come una banderuola / gira di qua e di là».10 Altri intermezzi di Cimarosa sono Il ritorno di DonCalandrino, Le donne rivali, I due baroni di Rocca Az-zurra, I matrimoni impensati, Il maestro di cappella.11 Le opere serie abbracceranno tre periodi dell’arcocreativo di Cimarosa: il 1781-84, il 1787-88 e il 1794-97.12 Goethe ne curerà il testo in tedesco in più versionicol titolo Theatralischen Abentheuer, aggiungendo nel1797 alcuni brani dal Schauspieldirector di Mozart.13 Dal 1781 al 1790 a Eszterház andranno in scenaL’infedeltà fedele, Il falegname, L’italiana in Londra,L’amor costante, La ballerina amante, I due baroni diRocca Azzurra, Chi dell’altrui si veste, Il fanatico bur-lato, Il marito disperato, Giunto Bruto, Il pittor parigi-no, I due supposti conti, Giannina e Bernardone, L’im-presario in angustie. Per il principe Esterházy Cimaro-sa comporrà nel 1791-92 un Dixit per quattro voci estrumenti.14 Gli altri erano quello presso la Chiesa della Pietà,dove insegnò Vivaldi, S. Lazzaro dei Mendicanti, e ilPio Ospitale degli Incurabili, alle Zattere, presso l’omo-nima chiesa andata distrutta.15 Il manoscritto è conservato presso la BibliotecaMarciana di Venezia.16 Rappresentata nel 1735, L’Olimpiade di Pergolesi fuun vero insuccesso.17 Altri autori minori che trattarono lo stesso librettofurono Brivio, Orlandini, Corradini, Fiorillo, Scolari,Lampugnani, Pulli, Latilla, Logroscino, Perez, Uttini,Duni, Carcani, Monza, Sciroli, Manfredini, Fischietti,Guglielmi, Bernasconi, Gassmann, Arne, Pampani,Brusa, Zannotti, Cafaro, Anfossi, Gatti, Rosetti, Bianchi,Andreozzi, Schwanenberger, Borghi, Minoja, Federici,Erichardt, Tarchi, Poissl.18 Lettera di Goethe a Schiller.19 Altre fonti citano Il matrimonio segreto come suaopera preferita.20 Oltre a Sarti, alla corte di Pietroburgo avevano lavo-rato anche Paisiello, Traetta e Galuppi.21 Una copia è custodita nella Biblioteca Marciana diVenezia.22 Lettera di Caterina II all’amico Grimm.23 Nel 1794 l’opera verrà rappresentata anche a Vene-zia e a Mestre. Nel 1825 sarà allestita alla Fenice in oc-casione della venuta di Francesco I d’Austria, dell’Im-peratore di Russia, del Re di Prussia, del Re di Napoli edi altri principi. In Europa andrà in scena anche a Pa-rigi (64 recite di seguito), Praga, Lipsia, Dresda, Barcel-lona, Lisbona, Lubiana, Pietroburgo, Londra, Berlino,Hannover, Weimar, Budapest, Monaco, Gand, Bruxel-les, Copenaghen, Stoccolma, Varsavia, tradotta anchein francese, tedesco, danese, svedese, polacco, spagno-lo.24 Il Concerto per oboe in do minore è in realtà unadattamento realizzato da A. Benjamin nel 1942 dallesonate n. 29, 31, 23, 24, pubblicate da Eschig a Pariginel 1926.25 Nel 1920 Ottorino Respighi ne curerà una revisione

per uno spettacolo di Sergej Diaghilev con coreografiedi Leonide Massine.26 Si racconta anche che fossero due femmine: una di-venterà monaca, l’altra, Paolina, riceverà dal cardinalConsalvi, dopo la morte del padre, tutti gli autografi pa-terni che egli possedeva. Le due bambine avranno daConsalvi vitalizi e lasciti (cfr. Maria Storni Trevisan,Nel primo centenario di Domenico Cimarosa, Venezia,1900).27 La critica è rimasta perplessa da questo giudizio,considerata la natura assai poco interessante dell’Arte-misia.28 I biografi non hanno indagato l’esatto tipo di distur-bi. L’«apoplessia nervosa» di una volta corrisponde aquelli oggi riuniti nel termine di ischemia cerebrale,compreso l’ictus.29 Vittorio Spinazzola fornisce due versioni, probabil-mente leggendarie e poco veritiere, che vedrebbero Ci-marosa arrestato nella taverna delle Pagliarelle d’oSciummetiello da agenti del Cardinal Ruffo, oppure,secondo altre testimonianze, «entrati i Sanfedisti in Na-poli, Cimarosa col padre del cantante Lablache e il bal-lerino Duport si cacciarono sotto il palcoscenico delteatro Fondo; che di là uscito fuori il Duport e arrampi-catosi ad un’altra finestra per spiar nella strada, caddee restò morto sul tavolato; che per la fame e il puzzo delcadavere decisero alla fine di uscire dal loro nascondi-glio, e si presentarono all’autorità governativa, checacciò il Cimarosa nelle carceri di Castelnuovo».30 Secondo l’Elogio Funebre dell’abate Raffaele Pastore.31 Questo certificato di morte è conservato nell’Archi-vio di Stato di Venezia.32 «Elogio Funebre estemporaneo recitato in un’adu-nanza di amatori, e studiosi delle belle arti ad onore delsempre chiaro e celebrato scrittore in musica Domeni-co Cimarosa morto in Venezia a’ 11 Gennaio 1801 del-l’anno MDCCCI dall’Abate Raffaele Pastore, Venezia,1801», ristampato a Chieti nel 1833, Tipografia Grando-niana.33 Per Stendhal «nel Pantheon era un monumento ecommuoveva i cuori nati per le arti; in Campidoglionon è più altro che un oggetto di curiosità».34 Paolo Cimarosa fu musicista, e insegnò al Conser-vatorio delle Donzelle e a S. Pietro a Majella.35 Il museo del conservatorio custodisce anche un ca-lamaio in terraglia bianca appartenuto a Cimarosa e ilclavicembalo da tavolo donatogli da Caterina II di Rus-sia.

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BBiiooggrraaffiiee,, mmoonnooggrraaffiiee,, ssaaggggii ccrriittiiccii::

- STENDHAL, Vie de Rossini, Paris, 1824 (Vitadi Rossini, trad. it. di U. Perruccio, conprefazione di B. Cagli, Torino, Edt, 1983).Numerosi richiami a Cimarosa.

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Sopra e pagine seguenti: Francesco Zito, costumi perL’Olimpiade. Venezia, Teatro Malibran, dicembre2001.

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Andrea Marcon.

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ANDREA MARCON

Specialista ed interprete della musica anticaitaliana, Andrea Marcon ha compiuto glistudi musicali in Italia (con Vanni Ussardi)ed in Svizzera (con Jean-Claude Zehnder,Hans Linde, Jordi Savall, Jesper Christen-sen), e successivamente si è perfezionatocon Luigi Ferdinando Tagliavini, Hans vanNieuwkoop, Ton Koopman ed Harald Vo-gel. Considerato uno dei principali speciali-sti ed interpreti della musica antica italiana,ha vinto numerosi concorsi. Nel 1983 hafondato il complesso dei Sonatori de laGioiosa Marca, formazione che ha ottenutoaffermazioni in Italia e nei paesi europei econ la quale ha collaborato per quindici an-ni. All’intensa attività concertistica svoltanei principali festival e centri musicali eu-ropei in veste di organista, clavicembalistae direttore, scandita da significativi ricono-scimenti e premi in concorsi internazionali,affianca quella didattica con seminari e cor-si di perfezionamento e quella discografica:all’ultima sua produzione dedicata a Fre-scobaldi, compositore del quale ha anchecurato la pubblicazione di composizioniinedite, sono stati attribuiti diversi ricono-scimenti tra i quali il Premio «Vivaldi» dellaFondazione Cini di Venezia. Titolare di unacattedra di clavicembalo e organo storicoalla Schola Cantorum Basiliensis, nel 1997ha fondato l’Orchestra Barocca di Venezia,ensemble di cui cura la preparazione e ladirezione artistica e con il quale si è esibitoin Europa, negli Stati Uniti ed in Giappone,dirigendo fra l’altro importanti opere baroc-che (L’Orione di Cavalli al Teatro Goldoni,Siroe di Haendel alla Scuola Grande SanGiovanni Evangelista, L’Olimpiade di Ci-marosa, Il trionfo della Poesia e della Musi-ca e La morte di Adone di Benedetto Mar-cello, Il vespro di Natale di Monteverdi).DOMINIQUE POULANGE

Nel 1969, dopo essersi laureata in filosofia, in-terrompe gli studi musicali per debuttare co-me attrice: fino al 1978 lavora in ambito teatra-le (recitando opere di Shakespeare, Lorca, Sar-tre, Ionesco, Musset, Goldoni, Molière, Raci-ne), televisivo e cinematografico (collaboran-do con Lucot, Lefèvre, Polanski). Nel 1979 di-venta assistente di Jorge Lavelli e partecipa al-le messe in scena delle Nozze per il Festival diAix-en-Provence e di Tricoter à pontoise diMathieu Falla. Tra il 1980 ed il 1987 intensificail sodalizio artistico con Lavelli, sia in ambitooperistico che teatrale (Al gran sole carico d’a-more di Nono a Lione, Les arts florissants diCharpentier, Orfeo all’inferno di Offenbach,L’affare Makropulos), e stabilisce fruttuosecollaborazioni con Patrice Chéreau, ManfredKarge, Matthias Langhoff, Louis Erlo. Dal lu-glio 1987 assume un incarico direzionale alThéâtre National de la Colline di Parigi, com-pito che l’ha portata da un lato ad occuparsidella promozione e della programmazione incartellone di nuovi testi, dall’altro a svisceraregli aspetti artistici ed organizzativi delle produ-zioni. Parallelamente Dominique Poulange hacontinuato la collaborazione con Lavelli non-ché la personale attività di attrice esibendosi invari teatri francesi, svizzeri, spagnoli, italianied argentini. Tra i suoi più recenti spettacoli ri-cordiamo Le retable d’Eldorado (nel quale hacurato la regia e l’allestimento), Macbeth di Io-nesco (nel quale ha interpretato Lady Mac-beth), l’allestimento dell’Assedio di Leningra-do di Sinisterra, Pelléas et Melisande al TeatroCòlon. Attiva anche come traduttrice, nel 1995Dominique Poulange è stata nominata «Che-valier dans l’Ordre des Arts et Lettres».

FRANCESCO ZITO

Multiforme è l’attività svolta da Francesco Zi-to. Impegnato didatticamente, in pubblicazio-ni, in mostre di disegni, scenografie, figurini,bozzetti e costumi teatrali, in collaborazioni

BIOGRAFIEa cura di PIERANGELO CONTE

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con importanti artisti italiani, lavora da unventicinquennio in ambito teatrale firmandoscene e costumi per importanti produzionicurate da rinomati registi. Recentemente halavorato nel Falstaff per il Centenario delTeatro Massimo di Palermo, nei Sei perso-naggi in cerca d’autore di Pirandello a Lione,nel Convitato di pietra a Roma, nella Vedovaallegra a Parigi e a Torino, nel Wozzeck per ilMaggio Musicale Fiorentino, nella Serva pa-drona a Firenze, in Ernani a Palermo. Nel2000 ha realizzato le scene per Il leone d’in-verno di Goldman, le scene e i costumi per Leconvenienze ed inconvenienze teatrali di Do-nizetti a Montepulciano per il XXV CantiereInternazionale d’Arte e per Massimo Puppie-no di Alessandro Scarlatti a Palermo (primarappresentazione in tempi moderni), i costu-mi per Siroe rappresentato a Venezia. Que-st’anno ha creato le scene e i costumi per Pos-sesso di Yehoshua, lavoro in prima rappre-sentazione europea dato a Roma ed in variteatri italiani, e i costumi per Ariodante diHaendel presentato al Théâtre National del’Opéra Garnier di Parigi con la direzione diMinkowski e la regia di Lavelli.

LUIGI PETRONI

Affermatosi in vari concorsi internazionali, hadebuttato nel Matrimonio segreto. Nel corsodella carriera ha cantato numerose opere neiprincipali teatri, in Italia ed all’estero: The Ci-vil Wars di Glass, Don Giovanni con Maag,Semiramide, Matilde di Shabran, Ricciardo eZoraide e Moïse et Pharaon al Rossini OperaFestival, L’elisir, Fra’ Diavolo e Mavra di Stra-vinskij al Festival dei Due Mondi a Spoleto, Ilsignor Bruschino e La scala di seta a Budape-st, Il burbero di buon cuore di Martín y Soler aMontpellier, Gianni Schicchi al Festival diWexford, I quatro rusteghi, Il barbiere, La gaz-za ladra, L’inganno felice, Una cosa rara e Lenozze di Figaro a Venezia. Si è confrontato an-che con il grande repertorio sacro realizzandoil Messiah, La creazione, la Passione secondoMatteo, la Missa romana di Pergolesi, lo Sta-bat Mater di Rossini, il Requiem di Mozart. Direcente ha cantato anche nel Boris Godunov aRoma, nel Barbiere a Zurigo, nel Cappello diPaglia a Tolosa, in Chi dell’altrui si veste pre-sto si spoglia alla Scala, nel Campiello a

Tokyo.

PATRIZIA CIOFI

Carlo Bergonzi, Shirley Verrett, Alberto Zed-da, Claudio Desderi e Giorgio Gualerzi sonostati i suoi insegnanti. Dopo il debutto in Gio-vanni Sebastiano di Gino Negri al Comunaledi Firenze nel 1989, ha cantato in Italia ed inEuropa ed ha effettuato incisioni per diversecase discografiche. Tra i titoli presenti nelsuo vasto repertorio, ricordiamo La cambia-le di matrimonio, Don Giovanni, Don Pa-squale, Rigoletto, Falstaff, Traviata (sotto labacchetta di Riccardo Muti alla Scala, dove ètornata per una nuova produzione dell’Elisird’amore), Sonnambula (proposta al Festivaldi Martina Franca, manifestazione con laquale negli anni ha stabilito un’intensa colla-borazione), La gazza ladra, Giovanna d’Arcoal rogo, Divara, I Puritani, Parsifal. A Torinoha cantato in Cendrillon, Bohème, Tamerla-no, Le nozze, Traviata, Lucia e Rigoletto. Nel1999 e nel 2000 ha inaugurato la stagione li-rica del San Carlo di Napoli rispettivamentecon Eleonora e La Bohème. Recentementeha interpretato a Parigi tre nuove produzionidi Falstaff, Mitridate, Re di Ponto e delle Noz-ze. A Venezia ha cantato in Siroe.

ANNA BONITATIBUS

Al debutto in Tamerlano di Vivaldi al TeatroFilarmonico di Verona sono seguite esibizio-ni in diverse opere ed in numerosi concerti,nei quali Anna Bonitatibus ha presentato unampio repertorio sacro. A Vienna ha cantatoin Una cosa rara, a Savona nelle Nozze ed inCosì fan tutte, a Torino nell’Arianna a Nassosotto la direzione di Tate, nel Le Comte Ory enella Medium, a Napoli in Eleonora, a Stra-sburgo e a Montecarlo nell’Amico Fritz (ac-canto ad Alagna ed alla Gheorghiu). Ha de-buttato Don Giovanni alla Scala sotto la bac-chetta di Muti e Norma a Napoli dove in se-guito ha cantato nella Nona sinfonia diBeethoven diretta da Maazel e nel Marito di-sperato di Cimarosa. Più recentemente hacalcato il palcoscenico del Maggio MusicaleFiorentino (L’incoronazione di Poppea), del-l’Opera di Roma (Cenerentola), di Lione, diTenerife, di Bilbao (Lucrezia Borgia), di Lon-dra, Parigi e Halle (Tamerlano).

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LAURA BRIOLI

Vincitrice di numerosi concorsi lirici, tra cuiil «Battistini» di Rieti, ha debuttato in DonCarlo (Eboli). Impegnata sia in ambito liricoche in quello sinfonico-vocale (con un re-pertorio che spazia dal Messiah di Haendelalla Resurrezione di Perosi), Laura Brioli hacantato nelle Nozze, in Rigoletto (a Zurigo),nei Puritani ed in Madama Butterfly (a Bolo-gna), nel Turco in Italia, nel Barbiere (in tea-tri italiani e stranieri), in JudithaTriumphans (al Festival di Salisburgo con Isolisti veneti), in Cavalleria rusticana (a Si-viglia), in Werther (a Reggio e a Parma), nel-la Parisina per Radio France. Recentementeha colto un importante successo personale aFirenze nella Traviata diretta da ZubinMehta.

ERMONELA JAHO

Conclusi gli studi in Albania, si è perfeziona-ta in Italia con Paolo Montarsolo. Ha presoparte a produzioni dell’Amico Fritz di Masca-gni, del Don Pasquale, di Maddalena diProkof’ev all’Accademia di Santa Cecilia, do-ve è ritornata per la Messa dell’incoronazionedi Mozart. Primo premio al «Maiolati Sponti-ni» nel 1998 e al «Zandonai» nel 1999, JahoErmonela ha impersonato Mimì al Comuna-le di Bologna, a Venezia ha partecipato alleproduzioni di Sadkò, delle Nozze di Figaro(Susanna) e di Siroe, ha cantato nella Travia-ta e nella Pulzella di Orléans di CŠajkovskij alFestival di Wexford ed ha tenuto numerosiconcerti in Italia. Quest’anno si è esibita nelDon Pasquale a Monaco, nella Notte di mag-gio a Bologna, nello Stabat Mater di Pergolesia Milano e di Rossini a Pesaro, in Semirami-de in Perù, nei Capuleti e i Montecchi e Saphoal Festival di Wexford.

BRUNO LAZZARETTI

Ha esordito a Bologna in Euridice di Caccininel 1980: da allora ha cantato nei principaliteatri italiani e stranieri sotto la direzione diprestigiosi maestri, alternando l’attività liricaa quella concertistica e cameristica. Tra iruoli interpretati ricordiamo Don Ottavio (aChicago con Barenboim, a Napoli con Accar-do, a Modena e a Ravenna con Bonynge),

Ferrando, Nemorino (anche a Lione conCampanella), Arlecchino (alla Scala con Mu-ti), Almaviva (a Treviso con Pidò). Tra gliimpegni delle recenti stagioni spiccano unanuova produzione di Don Giovanni per la di-rezione di Abbado, Pierrot au cinéma diLeoncavallo a Cagliari, I Traci amanti di Ci-marosa a Città di Castello, La molinara diPaisiello a Bologna, Il matrimonio segreto aRoma, Idomeneo a Firenze, Le convenienzee le inconvenienze teatrali e Il barbiere aBergamo, Così fan tutte a Palermo, Il conte diLussemburgo a Trieste, Il ritorno di Ulisse inpatria con Trevor Pinnock, L’incoronazionedi Poppea con Ivor Bolton, Roméo et Juliettea Parma.

ORCHESTRA BAROCCA DI VENEZIA

Dall’incontro tra Andrea Marcon e l’Accade-mia di San Rocco è sorto nel 1997 il progettoOrchestra Barocca di Venezia, ensemble co-stituito da musicisti specializzati nella musi-ca antica eseguita su strumenti originali,con organico che varia dalle parti reali alledimensioni dell’orchestra classica e con unrepertorio imperniato sulla musica italianadel Settecento, con particolar riferimento al-la scuola veneta, e sul patrimonio operisticobarocco. Tra le sue produzioni ricordiamoL’Orione di Cavalli al Teatro Goldoni in pri-ma rappresentazione in tempi moderni, lericostruzioni del Vespro di Natale e del Ve-spro di Pentecoste di Monteverdi, l’esecuzio-ne di pagine inedite di Alessandro Marcelloe di due opere inedite di Benedetto Marcello,La morte di Adone ed Il trionfo della Poesiae della Musica, il Siroe di Haendel alla Scuo-la Grande San Giovanni Evangelista. Attivain ambito discografico – in cui vanta un’im-portante collaborazione con Giuliano Car-mignola nonchè diversi riconoscimenti at-tribuiti dalla stampa specializzata, l’Orche-stra Barocca di Venezia ha tenuto concerti inEuropa, negli Stati Uniti e in Giappone esi-bendosi in prestigiose sedi (Lincoln Centerdi New York, Konzerthaus di Vienna, Hercu-les Saal di Monaco di Baviera).

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Interno della sala del Teatro Malibran dopo il restauro.

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Interno della sala del Teatro Malibran dopo il restauro.

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La sala del Teatro Grimani, ora Teatro Malibran.

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Giuseppe Cherubini. Sipario del Teatro Malibran. Tempera su tela 1919.

Il restauro del Sipario Storico del Teatro Malibran è stato realizzato dall’Associazione Amici della Fenice,grazie al generoso contributo di Yoko Nagae Ceschina

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Edizioni dell’Ufficio Stampadel TEATRO LA FENICE

Responsabile Cristiano Chiarot

Coordinamento musicologico e redazionaleCarlida Steffan

hanno collaboratoPierangelo Conte, Maria Giovanna Miggiani,

Giorgio Tommasi

Ricerca iconograficaMaria Teresa Muraro

CopertinaTapiro

PubblicitàAP srl TorinoVeNet Venezia

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fotocomposizione e scansioni immagini Texto - Venezia

stampa Grafiche Zoppelli - Dosson di Casier (TV)

Supplemento a: LA FENICENotiziario di informazione musicale e avvenimenti culturali della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia

dir. resp. C. CHIAROT, aut. Trib. di Ve 10.4.1997, iscr. n. 1257, R. G. stampa

finito di stampare nel mese di dicembre 2001