l’incontro dio (non) è morto la ricerca con tinua

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13 ROCCA 15 MAGGIO 2021 morto t inua Guccini Ecco La Genesi, anno di grazia 1973, il di- vertissement da Opera buffa… di cui Um- berto Eco, su L’Espresso, ebbe a scrivere: «Talora pare che Guccini cambi genere, e tenti il gran circo coi suoi clowns, come quando disserta sulla creazione del mondo. Ma an- che qui egli procede a enciclopedia, il suo Dio incazzoso e umanissimo (mi si perdoni la contraddizione, come Dio l’avrà certamente perdonata a Guccini, Guccini a Dio) è biblico proprio nella fangosa sovrabbondanza dei suoi procedimenti demiurgici». Era il periodo in cui facevo molto cabaret, all’Osteria delle Dame a Bologna, sullo stile dei francesi, Brassens ad esempio, con Gui- do De Maria e gli Archibusti. Descrivevo quel pezzo come «una canzone ispirata di- rettamente dall’alto», prima pietra di «un’opera musicale colossale» che doveva spaziare per l’intero Antico Testamento, e come «la vera storia della creazione del mondo». Ecco allora l’iconografia più tradi- zionale (Dio, «un vecchio con la barba bian- ca»), per poi dirottare sulla parodia, di vol- ta in volta presentandolo come scocciato, iroso, con i contatti giusti. In fondo, era una canzone abbastanza banale, ma il diverti- mento nasceva dal parlato... quello che c’è nel disco, un live, rappresenta solo una pic- cola parte di quanto è stato registrato quel- la sera... mi scatenavo! Passiamo a Libera nos Domine, da Ameri- go: siamo nel ’78, un anno cruciale per il nostro Paese… Libera nos Domine… qui c’è la memoria dell’infanzia, con il recupero delle rogazio- ni, classico genere della tradizione popola- re nostrana. Con le rogazioni si chiedeva il soccorso divino per ottenere finalmente la pioggia dopo un periodo di siccità, o si sup- plicava di vedere allontanate le malattie collettive (peste, colera e dintorni). La no- stra era una religiosità popolare, casalin- ga, piena di credenze paganeggianti. Io, quando l’ho composta, avevo lasciato da parecchio la Chiesa, suppergiù a dodici anni, dopo aver fatto comunione e cresima (lo stesso giorno, come usava allora, per risparmiare sulle feste) presso la parroc- chia di Sant’Agnese, a Modena… mentre qualche anno dopo avrei fondato, con alcu- ni amici, sempre a Modena, il Movimento Laico Indipendente , con cui facemmo usci- re due numeri di una rivistina. Si tratta di una preghiera laica, che procede per accu- mulazione con un vasto elenco di mali epo- cali da cui trovare liberazione, con accenti che riecheggiano gli scenari di Dio è morto. Ce l’avevo con tutti gli integralisti, con gli ipocriti, di ogni religione! Beh, anche que- sta canzone funziona ancora… purtroppo! È il turno di Shomér ma mi-llailah? , del 1983, tratta dal disco intitolato minimalisticamen- te GucciniLo spunto mi venne da uno squarcio mera- viglioso del profeta Isaia (21,11-12, ndr). Il titolo, letteralmente, si può tradurre con «Sentinella, che cosa della notte?». Mi col- pì l’invito del profeta a insistere, a ridoman- dare, a tornare ancora senza stancarsi. Io sono uno sempre in ricerca, curioso di tut- to. All’epoca stavo leggendo la traduzione di Isaia di Guido Ceronetti, bellissima, usci- ta per Adelphi. Non si tratta però, come qualcuno ci ha visto, di un simbolo di ca- rattere sociale e politico, ma di un univer- sale antropologico. Isaia, profeta che di re- gola minaccia fuoco e fiamme per quanti non seguono le indicazioni divine, a un certo momento dimostra la sua profonda aper- tura umana, in un paio di versetti densi di speranza: sentinella, a che punto stiamo del- la notte? Vale a dire, non bisogna stancarsi di porsi delle domande: questa è la cosa più importante di tutte! Coltivare la curio- sità, la sete di ricerca... Non ci si può mai fermare. La sentinella risponde: «La notte sta per finire, ma l’alba non è ancora giun- ta. Tornate, domandate, insistete!». 12 ROCCA 15 MAGGIO 2021 l 7 settembre 2009 moriva a settan- totto anni il giornalista di cose reli- giose John Truscott Elson, autore di una clamorosa inchiesta comparsa sul Time e destinata a fare epoca. Porta- va la data dell’8 aprile 1966, pochi giorni prima di Pasqua, una manciata di mesi dopo la conclusione del Vaticano II e qualcuno in più prima dello scoppio frago- roso del futuro Sessantotto. La copertina di quel numero-record di vendite, per la pri- ma volta nella storia della rivista, non pre- sentava fotografie o illustrazioni, ma, su uno sfondo scuro, solo un interrogativo la- pidario, in caratteri rosso sangue: Is God dead? (Dio è morto?). Nel ricordarne la scomparsa, il quotidiano della Santa Sede L’Osservatore Romano dedicò all’epoca una riflessione sulla can- zone di Francesco Guccini ispirata da quel titolo, ancor oggi, per tanti, la sua più fa- mosa: Dio è morto, appunto. Presentata come «un’esaltazione di valori umani e na- turaliter cristiani; tanto che, al contrario del cieco bacchettonismo dei canali nazionali ufficiali, il pezzo fu messo in onda dalla Radio Vaticana» (grazie al coraggio dell’al- lora giovane redattore Paolo Scappucci, della Pro Civitate Christiana). Sono andato a parlarne direttamente con Guccini, raggiungendolo nel suo buen reti- ro di Pàvana, dove da diversi anni ha scelto di abitare nella casa in cui è cresciuto da bambino, e che sta pian piano rimettendo a posto. A partire da Dio è morto, con lui – modenese di nascita, classe 1940, storico cantautore, scrittore, sceneggiatore di fu- metti, linguista e persino attore – ho riper- corso la sua vasta produzione musicale, scegliendo il filo rosso della spiritualità. Cominciamo con Dio è morto, allora. Beh, avevo venticinque anni e studiavo al- l’Università di Bologna (sembra strano, sono stato giovane anch’io!), i primi sit-in e il Sessantotto erano alle porte, e volevo scri- vere qualcosa di generazionale, con Dio è morto. Sta arrivando qualcosa che ci porte- rà a una nuova primavera, l’idea è questa, giocata su un registro fra l’apocalittico e l’esistenziale. Oltre allo spunto del Time, un altro mi venne da alcuni miei versi ispirati a Thomas S. Eliot, intitolati Le tecniche da difendere, anche se l’incipit mi derivò da una famosa poesia di Allen Ginsberg che ispirò la beat generation, Howl (Urlo): «Ho visto le menti migliori della mia generazione di- strutte dalla pazzia…». Tutto nasce, comun- que, dalla consapevolezza che qualcosa do- veva cambiare! Del resto, l’aggiunta finale della speranza non mi nacque dalla volon- tà di trasmettere il canonico happy end, ma dal fatto che all’epoca la speranza covava veramente. Certo, il dio di cui parlo è un dio con la minuscola, un dio laico simbolo dell’autenticità… anche se il mio primo re- cital ufficiale, quattro brani in tutto – era il dicembre 1968 – fu proprio alla Cittadella di Assisi, luogo simbolo del rinnovamento della chiesa cattolica (in realtà devo am- mettere che mi cagai sotto dal primo all’ul- timo minuto, perché, appunto, era la pri- ma volta che mi esibivo davanti a un pub- blico che non era quello delle osterie)… e poco dopo andai anche a Loppiano, e mi esibii, anzi, fui preso di forza e piacevol- mente costretto a cantare, davanti ai foco- larini. La ricomporresti oggi? Dio è morto 2 la vendetta, come certi film? No, perché, appunto, è una canzone gene- razionale, che si rivolge alla gente di allo- ra, anche se ogni volta che la cantavo in concerto mi stupivo del fatto che i giovani la conoscessero a memoria, dopo tanti anni… non sono mai riuscito a eliminarla dalla scaletta! Il merito però, devo dire, non è del tutto mio, ma degli sponsor di queste canzoni (vale anche per Auschwitz), i raz- zisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tor- nano periodicamente alla ribalta. Brunetto Salvarani I L’INCONTRO Dio (non) è m la ricerca con t conversazione con Francesco teologo, scrittore, gior- nalista e conduttore radiofonico. Dirige la- rivista QOL

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mortotinuaGuccini

Ecco La Genesi, anno di grazia 1973, il di-vertissement da Opera buffa… di cui Um-berto Eco, su L’Espresso, ebbe a scrivere:«Talora pare che Guccini cambi genere, e tentiil gran circo coi suoi clowns, come quandodisserta sulla creazione del mondo. Ma an-che qui egli procede a enciclopedia, il suo Dioincazzoso e umanissimo (mi si perdoni lacontraddizione, come Dio l’avrà certamenteperdonata a Guccini, Guccini a Dio) è biblicoproprio nella fangosa sovrabbondanza dei suoiprocedimenti demiurgici».

Era il periodo in cui facevo molto cabaret,all’Osteria delle Dame a Bologna, sullo stiledei francesi, Brassens ad esempio, con Gui-do De Maria e gli Archibusti. Descrivevoquel pezzo come «una canzone ispirata di-rettamente dall’alto», prima pietra di«un’opera musicale colossale» che dovevaspaziare per l’intero Antico Testamento, ecome «la vera storia della creazione delmondo». Ecco allora l’iconografia più tradi-zionale (Dio, «un vecchio con la barba bian-ca»), per poi dirottare sulla parodia, di vol-ta in volta presentandolo come scocciato,iroso, con i contatti giusti. In fondo, era unacanzone abbastanza banale, ma il diverti-mento nasceva dal parlato... quello che c’ènel disco, un live, rappresenta solo una pic-cola parte di quanto è stato registrato quel-la sera... mi scatenavo!

Passiamo a Libera nos Domine, da Ameri-go: siamo nel ’78, un anno cruciale per ilnostro Paese…

Libera nos Domine… qui c’è la memoriadell’infanzia, con il recupero delle rogazio-ni, classico genere della tradizione popola-re nostrana. Con le rogazioni si chiedeva ilsoccorso divino per ottenere finalmente lapioggia dopo un periodo di siccità, o si sup-plicava di vedere allontanate le malattiecollettive (peste, colera e dintorni). La no-stra era una religiosità popolare, casalin-ga, piena di credenze paganeggianti. Io,

quando l’ho composta, avevo lasciato daparecchio la Chiesa, suppergiù a dodicianni, dopo aver fatto comunione e cresima(lo stesso giorno, come usava allora, perrisparmiare sulle feste) presso la parroc-chia di Sant’Agnese, a Modena… mentrequalche anno dopo avrei fondato, con alcu-ni amici, sempre a Modena, il MovimentoLaico Indipendente, con cui facemmo usci-re due numeri di una rivistina. Si tratta diuna preghiera laica, che procede per accu-mulazione con un vasto elenco di mali epo-cali da cui trovare liberazione, con accentiche riecheggiano gli scenari di Dio è morto.Ce l’avevo con tutti gli integralisti, con gliipocriti, di ogni religione! Beh, anche que-sta canzone funziona ancora… purtroppo!

È il turno di Shomér ma mi-llailah?, del 1983,tratta dal disco intitolato minimalisticamen-te Guccini…

Lo spunto mi venne da uno squarcio mera-viglioso del profeta Isaia (21,11-12, ndr). Iltitolo, letteralmente, si può tradurre con«Sentinella, che cosa della notte?». Mi col-pì l’invito del profeta a insistere, a ridoman-dare, a tornare ancora senza stancarsi. Iosono uno sempre in ricerca, curioso di tut-to. All’epoca stavo leggendo la traduzionedi Isaia di Guido Ceronetti, bellissima, usci-ta per Adelphi. Non si tratta però, comequalcuno ci ha visto, di un simbolo di ca-rattere sociale e politico, ma di un univer-sale antropologico. Isaia, profeta che di re-gola minaccia fuoco e fiamme per quantinon seguono le indicazioni divine, a un certomomento dimostra la sua profonda aper-tura umana, in un paio di versetti densi disperanza: sentinella, a che punto stiamo del-la notte? Vale a dire, non bisogna stancarsidi porsi delle domande: questa è la cosapiù importante di tutte! Coltivare la curio-sità, la sete di ricerca... Non ci si può maifermare. La sentinella risponde: «La nottesta per finire, ma l’alba non è ancora giun-ta. Tornate, domandate, insistete!».

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l 7 settembre 2009 moriva a settan-totto anni il giornalista di cose reli-giose John Truscott Elson, autore diuna clamorosa inchiesta comparsa sulTime e destinata a fare epoca. Porta-va la data dell’8 aprile 1966, pochi

giorni prima di Pasqua, una manciata dimesi dopo la conclusione del Vaticano II equalcuno in più prima dello scoppio frago-roso del futuro Sessantotto. La copertina diquel numero-record di vendite, per la pri-ma volta nella storia della rivista, non pre-sentava fotografie o illustrazioni, ma, suuno sfondo scuro, solo un interrogativo la-pidario, in caratteri rosso sangue: Is Goddead? (Dio è morto?).Nel ricordarne la scomparsa, il quotidianodella Santa Sede L’Osservatore Romanodedicò all’epoca una riflessione sulla can-zone di Francesco Guccini ispirata da queltitolo, ancor oggi, per tanti, la sua più fa-mosa: Dio è morto, appunto. Presentatacome «un’esaltazione di valori umani e na-turaliter cristiani; tanto che, al contrario delcieco bacchettonismo dei canali nazionaliufficiali, il pezzo fu messo in onda dallaRadio Vaticana» (grazie al coraggio dell’al-lora giovane redattore Paolo Scappucci,della Pro Civitate Christiana).Sono andato a parlarne direttamente conGuccini, raggiungendolo nel suo buen reti-ro di Pàvana, dove da diversi anni ha sceltodi abitare nella casa in cui è cresciuto dabambino, e che sta pian piano rimettendoa posto. A partire da Dio è morto, con lui –modenese di nascita, classe 1940, storicocantautore, scrittore, sceneggiatore di fu-metti, linguista e persino attore – ho riper-corso la sua vasta produzione musicale,scegliendo il filo rosso della spiritualità.

Cominciamo con Dio è morto, allora.

Beh, avevo venticinque anni e studiavo al-l’Università di Bologna (sembra strano, sonostato giovane anch’io!), i primi sit-in e ilSessantotto erano alle porte, e volevo scri-

vere qualcosa di generazionale, con Dio èmorto. Sta arrivando qualcosa che ci porte-rà a una nuova primavera, l’idea è questa,giocata su un registro fra l’apocalittico el’esistenziale. Oltre allo spunto del Time, unaltro mi venne da alcuni miei versi ispiratia Thomas S. Eliot, intitolati Le tecniche dadifendere, anche se l’incipit mi derivò da unafamosa poesia di Allen Ginsberg che ispiròla beat generation, Howl (Urlo): «Ho vistole menti migliori della mia generazione di-strutte dalla pazzia…». Tutto nasce, comun-que, dalla consapevolezza che qualcosa do-veva cambiare! Del resto, l’aggiunta finaledella speranza non mi nacque dalla volon-tà di trasmettere il canonico happy end, madal fatto che all’epoca la speranza covavaveramente. Certo, il dio di cui parlo è undio con la minuscola, un dio laico simbolodell’autenticità… anche se il mio primo re-cital ufficiale, quattro brani in tutto – era ildicembre 1968 – fu proprio alla Cittadelladi Assisi, luogo simbolo del rinnovamentodella chiesa cattolica (in realtà devo am-mettere che mi cagai sotto dal primo all’ul-timo minuto, perché, appunto, era la pri-ma volta che mi esibivo davanti a un pub-blico che non era quello delle osterie)… epoco dopo andai anche a Loppiano, e miesibii, anzi, fui preso di forza e piacevol-mente costretto a cantare, davanti ai foco-larini.

La ricomporresti oggi?

Dio è morto 2 la vendetta, come certi film?No, perché, appunto, è una canzone gene-razionale, che si rivolge alla gente di allo-ra, anche se ogni volta che la cantavo inconcerto mi stupivo del fatto che i giovanila conoscessero a memoria, dopo tantianni… non sono mai riuscito a eliminarladalla scaletta! Il merito però, devo dire, nonè del tutto mio, ma degli sponsor di questecanzoni (vale anche per Auschwitz), i raz-zisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tor-nano periodicamente alla ribalta.

BrunettoSalvarani I

L’INCONTRO

Dio (non) è mla ricerca contconversazione con Francesco

teologo, scrittore, gior-nalista e conduttoreradiofonico. Dirige la-rivista QOL

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Francesco, qual è il tuo rapporto con Dio?

Francesco – Beh, parlerei del rapporto conun senso religioso delle cose: in genere midefinisco agnostico, anche se, quando sonosoprappensiero, mi scopro vagamente pan-teista… Il senso religioso della vita può es-sere possedere una morale che hai assuntofin da quando eri bambino. Poi si modificacon certe conoscenze e determinati incon-tri, ma grosso modo è quello. E quindi perme il senso religioso della vita è innanzitut-to attenersi alla propria morale e poi pensa-re che tutto sommato anche per me, chesono laico, c’è una parte misteriosa della vitache non può essere schiacciata dal positivi-smo, dallo scientismo, come poi i secoli han-no sempre dimostrato, e quindi le fughe nel-l’irrazionale ci sono e ci saranno sempre…anzi, sono non solo la nostra condanna, maanche, a volte, la nostra fortuna, la nostrapossibilità di espansione…Un tempo immaginavo una canzone, chepenso non ultimerò mai, che sarebbe lamia personale Spoon River, e vorrei intito-lare Vignale, dal nome della località in cuisi trova il cimitero di Pàvana, in cui vedo imiei passati con cui parlo… se si vive inun paesino come questo, la morte è pre-sente, ogni anno se ne va qualcuno… Miviene in mente anche un mio vecchio pez-zo, Gli amici. Ho scritto, tempo fa, un ri-cordo per Biggi, un amico che se n’è anda-to, farmacista ligure che era stato parti-giano assieme a Italo Calvino, per una pub-blicazione del Club Tenco, in cui gli dico:hai presente la mia canzone Gli amici?Immagino sarai sicuramente là – era undiscreto bevitore – a stappare bottiglie divino: ci sarà Amilcare del Club Tenco,Augusto dei Nomadi, Victor dell’Equipe 84,il fumettista Bonvi, e poi De André… ve-drai che un tavolo di carte lo organizzatedi certo! Gli dicevo anche che la morte èun fatto del tutto naturale, e che noi uo-mini siamo come piante, che hanno un’in-fanzia, una giovinezza, una maturità poi,a un certo momento, il loro ciclo finisce ese ne vanno: siamo esseri umani, Biggi,fondamentalmente buoni e retti, con unanostra morale implacabile ma religiosi ilgiusto… Del resto, che noia sarebbe essereimmortali…

A differenza del tuo collega Fabrizio De André,affascinato dall’umanità derelitta di un Cristocui dedicò uno dei dischi più originali, La buo-na novella, il Dio che ti sta più a cuore sem-bra avere le fattezze di quello dell’Antico Testa-mento: vivace, potente, fustigatore dell’ipocri-sia umana che considera il più grande pecca-

to. Forse l’unico… E allora, dimmi qualcosasu Gesù…

Partiamo da De André: sì, stessa genera-zione, stessi riferimenti musicali alle spal-le, però lui di famiglia cittadina e alto bor-ghese, e io di famiglia provinciale e picco-lo borghese di origini artigianali (i mieinonni erano mugnai). C’era il legame delleidee libertarie, ma lui, appunto, veniva daun retroterra culturale diverso, che ci di-videva. Anche se a un certo punto stavamodecidendo di fare un concerto insieme… chenon ci fu! Sul messaggio cristiano, certa-mente è stato un grande messaggio… Gesùè un’immensa figura: è stato il primo, nel-la storia, che si è messo dalla parte deglialtri. Le Beatitudini sono uno straordinariomanifesto, e lungo i secoli i cristiani hannocostruito bellissime cattedrali… Il proble-ma è sorto quando qualcuno si è messo adire: ti spiego io cosa Gesù ha detto davve-ro, ti spiego io come si fa…

Però una canzone su Gesù tu non l’hai maicomposta…

Avrei voluto, ma non ci sono riuscito... e nonè detto che non la faccia, prima o poi. Peròho perso i riferimenti: avevo trovato un paiodi articoli sui giornali su questo argomento,che mi avevano colpito… erano su Gesù cheride. Avevo anche scritto alcuni versi… suun Gesù con le mani da artigiano e la vesteunta… chissà, dovrò provare a ritrovarli!

Si è fatto tardi. Salutando Francesco e ri-partendo da Pàvana («dov’è già Toscana mala voglia di raccontare è ancora tipica del-l’Emilia», ama dire lui), sono convinto nongli spiaccia che mi torni alla mente un pas-saggio di Enzo Bianchi, fondatore di Bose:«Credo che ci sia posto per una spirituali-tà degli agnostici e dei non credenti, dicoloro che sono in cerca della verità per-ché non sono soddisfatti di risposte pre-fabbricate, di verità definite una volta pertutte. È una spiritualità che si nutre del-l’esperienza dell’interiorità, della ricercadel senso e del senso dei sensi, del con-fronto con la realtà della morte come pa-rola originaria e con l’esperienza del limi-te; una spiritualità che conosce l’importan-za anche della solitudine, del silenzio, delpensare, del meditare».

Brunetto Salvarani

Anticipazioni dal libro di Brunetto Salvarani e Odo-ardo Semellini Di neve, di pioppi e di parole. Ilmondo di Francesco Guccini. Ancora 2021

L’INCONTRO

periodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 3.50

Rivistadella

Pro Civitate ChristianaAssisi 12

15 giugno 2020

Africala potente presenzadei mercenaril’Italia del coraggioalla provaboss ai domiciliariuna fallanell’antimafiaterzo settoreche cosa è cambiatodentro e fuoriarmisettore che nonconosce crisidisincarnazioneuna dellecaratteristichedella modernitàpreistoriail cespuglio degliumaniecologiail virus e l’impattoambientaleil Dio del tempioo il Dio dell’Esodo?

TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE ISSN 0391 – 108XISSN 0391-108X

Unione europeauna svolta storica

Rocca on line

periodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 3.50

Rivistadella

Pro Civitate ChristianaAssisi 10

15 maggio 2021

TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE ISSN 0391 – 108XISSN 0391-108X

in Cittadella, la prima di Guccini

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