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LEZIONI DI DIRITTO PENALE (DOTT. CARRA)
(Possibile testo consultabile è il “Manuale di diritto penale” di Cadoppi e Veneziani casa
editrice CEDAM)
Il diritto penale rappresenta una branca delle regole che disciplinano i rapporti tra gli
individui. L’esigenza di regolamentazioni ha dato vita al diritto, che è un insieme di norme
giuridiche. Le norme giuridiche sono precetti: ordini o divieti.
I diritti si dividono in: TRIBUTARIO, UBBLICO (organizzazioni degli organismi
sopraindividuali e dei rapporti tra privato e pubblica amministrazione) e infine SOCIETARI
(branca del diritto civile).
Il diritto penale è caratteristico del fatto che le norme di cui si compone hanno una
incisività diversa rispetto a tutte le altre norme, perché prevedono sanzioni decisamente
gravi.
La norma si può suddividere in Precetto (imperativo di non omettere o di non fare) e in
Sanzione (ovvero la prevista punizione).
Ad esempio l’art. 575 c.p. (Omicidio): Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con
la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Ancora l’art. 423 c.p. (Incendio): Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione
da tre a sette anni. La disposizione precedente si applica anche nel caso d’incendio della
cosa propria, sa dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica.
I divieti ci sono anche nel diritto civile, ad esempio alla conclusione di un contratto, dal
quale ne derivi un inadempimento di una clausola dello stesso è prevista una sanzione
meramente risarcitoria (sanzione pecuniaria).
Nel caso invece delle norme penali la sanzione si caratterizza per la gravità, infatti viene
detta PENA, che sarebbe la limitazione in via diretta o indiretta della libertà personale.
Per quanto riguarda la forma diretta la norma menzione in maniera esplicita la reclusione,
che il Giudice deve comminare all’imputato, per accertata violazione.
La forma indiretta si ha invece nel momento in cui venga applicata sanzione pecuniaria in
via esclusiva o aggiuntiva.
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Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti vengono annoverate sia pene detentive che
pecuniarie.
La multa o ammenda legittimano lo Stato, in caso di inadempimento, a recludere lo stesso
trasgressore per un periodo proporzionale alla entità della pena (ovviamente si tratta della
limitazione di libertà personale, ovvero la libertà controllata).
Norme penali si possono trovare anche nel codice civile, nel D.Lvo 152/06, etc.
La differenza fondamentale tra la sanzione amministrativa e la multa è appunto la
cumulabilità delle sanzioni senza prevista privazione della libertà.Le condotte assunte in
violazione delle norme assumono il termine di REATO.
Il reato va quindi sezionato in tutte le sue componenti.
I principi costituzionali che disciplinano il diritto penale sono collocabili nel contesto delle
norme costituzionali.
Non tutte le norme hanno la stessa dignità, perché vanno collocate in una scala gerarchica.
Tra l’art. 1 della Costituzione Italiana e l?ordinanza Sindacale del Comune di Fidenza c’è
una notevole differenza di portata.
La Costituzione Italiana si divide in due parti:
1. principi fondamentali, ovvero diritti e doveri dei cittadini;
2. organizzazione strutturale dello Stato italiano, ovvero tutte le figure costituzionali
come il Presidente della Repubblica, il Parlamento; sono anche annoverate le
modalità di esecuzione.
Per ciò che concerne il diritto penale abbiamo determinate norme costituzionali dirette
all’Autorità Giudiziaria, cioè dettano i principi ai quali il diritto penale deve ispirarsi.
Il meccanismo di espulsione della norma incostituzionale prevede il vaglio della stessa da
parte della Corte Costituzionale.
L’art. 27 della Costituzione dice che : La responsabilità penale è personale. L’imputato non
è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in
trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del
condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari
di guerra.
Nel diritto civile l’erede che accetta il testamento e l’eredità del de cuius, ne accetta anche
i debiti.
Il proprietario di un bene usato per cagionare danni risponde delle condotte di terzi dal
punto di vista civile.
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PRINCIPI COSTITUZIONALI:
⇒ Principio di legalità art. 25 2° comma Cost.: Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una
legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere
sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
Esistono diverse fonti di Norma Giuridica. L’art. 25 fa riferimento solamente alle Leggi
Nazionali, ovviamente ciò è riferito al diritto penale.
Solamente il legislatore e cioè il Parlamento è autorizzato ad emanare leggi penali, in
quanto unico organo eletto direttamente dai cittadini italiani e a rappresentanza diretta.
Il principio di legalità comporta il corollario della riserva di legge.
Il livello più basso della gerarchia delle fonti è occupato dalla CONSUETUDINE, ovvero la
regola che si forma senza una rilevanza scritta, ma viene ugualmente ritenuta obbligatoria
dai consociati, perché reiterata nel tempo.
In particolari settori la prassi viene acquisita come norma, utilizzata per dirimere questioni
che non siano penali. In particolar modo può risultare utile per accertare questioni inerenti
la proprietà di un bene.
Esiste una eccezione riguardo la possibilità di legiferare, ovvero in particolari situazioni di
urgenza anche il Governo Italiano è autorizzato a legiferare.
La separazione dei Poteri è così distinta:
⇒ IL POTERE LEGISLATIVO appartenete al Parlamento;
⇒ IL POTERE ESECUTIVO esercitato dal Governo;
⇒ IL POTERE GIUDIZIARIO esclusivo del sistema Giudiziario. I provvedimenti esecutivi emanati dal Governo, ovvero dai diversi Ministri ai vertici dei
Dicasteri, danno vita alle norme.
Anche il potere esecutivo ha la possibilità di legiferare con alcuni provvedimenti di legge,
ovvero i DECRETI LEGGE e i DECRETI LEGISLATIVI, questi ultimi on creano alcun
problema di costituzionalità, perché sono un adempimento del potere esecutivo ad una
delega del Parlamento.
Ad esempio il c.p.p. e alcune leggi penali speciali sono veri e propri decreti legislativi. Il
Parlamento attraverso la legge delega indica i principi ai quali si deve ispirare il potere
esecutivo nel disciplinare una determinata materia.
Se il Governo non seguisse le regole dettate dal Parlamento incorrerebbe in un “eccesso
di delega”.
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Il DECRETO LEGGE è emanato dal Governo ed entra in vigore immediatamente ai sensi
dell’art. 77 Cost.: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti
che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e
d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con
forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche
se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti
perdono efficacia sin dell’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla
loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti
sulla base dei decreti non convertiti.
Il D.L. è una norma provvisoria e immediata, che necessita di conversione in legge entro
sessanta giorni dalla sua emanazione, altrimenti cessa di avere efficacia ex nunc.
PRINCIPIO DI LEGALITÁ RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA o RELATIVA.
Nei Paesi anglosassoni (Common Law) la legge si forma attraverso il precedente.
Spesso il Parlamento si trova nella necessità di prevedere una determinata
regolamentazione attraverso principi guida, quindi i diversi aspetti applicativi vengono
delegati ai Ministri competenti per materia, ovvero il Parlamento legifera solamente per
quanto si attiene alla norma penale.
In ultima istanza vi è la Corte di Cassazione impegnata nel dare uniformità
all’interpretazione delle leggi.
La riserva di Legge Assoluta viene rispettata nel momento in cui prevede sia il precetto
che la sanzione.
La riserva di Legge Relativa demanda ad organo diverso il precetto.
Esempio l’art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità) c.p.: Chiunque non
osserva un provvedimento dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica
o d’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto
fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro. (Articolo che presenta seriproblemi di
costituzionalità).
PRINCIPIO DI LEGALITÁ:
⇒ IRRETROATTIVITÁ
⇒ TASSATIVITÁ
⇒ OFFENSIVITÁ
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Le pene detentive brevi, inferiori ai sei mesi, possono essere convertite in pene pecuniaria
(38 euro per ciascun giorno), nel qual caso l’individuo interessato non abbia mai
commesso alcun tipo di reato.
LEZIONE N. 2
Il Principio di irretroattività viene novellato dall’art. 2 comma 1 del c.p.: “Nessuno può
essere punito per un fatto che, secondo le legge del tempo in cui fu commesso, non
costituiva reato”.
La nostra Costituzione inoltre ha stabilito che le sanzioni penali debbano tendere alla
RIEDUCAZIONE del condannato, con trattamenti detentivi che siano quantomeno umani.
Quindi il nostro diritto penale è costituzionalmente educativo.
Lo stesso ergastolo viene considerato incostituzionale da diversi giuristi, perché la
prospettiva non prevede alcuna libertà futura per il condannato, quindi alcun tipo di
rieducazione.
La Corte Costituzionale ha ritenuto l’ergastolo costituzionale, in quanto anche questo di
tipo di condannati hanno la possibilità di uscire dal carcere beneficiando di penealternative
e di permessi premio.
I Principi del diritto penale sono tre:
⇒ IRRETROATTIVITÁ;
⇒ TASSATIVITÁ;
⇒ OFFENSIVITÁ. Principio di irretroattività trova la sua espressione più forte nell’art. 25 della Cost., secondo
il quale non si possono estendere i poteri punitivi di leggi entrate in vigore dopo il
compimento del fatto stesso.
L’art. 635 (Danneggiamento): “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui, è punito, a querela della persona offesa,
con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro. La pena è della reclusione
da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso:
1. con violenza alla persona o con minaccia;
2. da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero,
ovvero in occasione del delitto previsto dall’art. 331;
3. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o su cose di
interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel
perimetro dei centri storici, o su altre delle cose indicate nel n. 7 dell’art. 625;
4. sopra opere destinate all’irrigazione;
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5. sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero
su vivai forestali destinati al rimboschimento”.
Il destinatario della norma deve essere messo in grado di conoscere i divieti e i suoi diritti.
Chiunque tiene una condotta, che non è prevista come lesiva da qualche legge, non può
essere punito per quanto strana possa risultare, perché quella condotta sarà da ritenersi
lecita.
Il principio di irretroattività tutela dall’arbitrio del potere legislativo.
Lo stesso principio è disciplinato dall’art. 2 del c.p.
L’art. 1 c.p. (Reati e pene: disposizione espressa di legge) riprende l’art. 25
Cost.:”Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto
come reato dalla legge,n né con pene che siano da essa stabilite”.
Così come il legislatore può introdurre nuovi tipi di reato, può anche decidere di abrogarne
altri, come ad esempio il delitto di plagio.
Anche l’emissione di assegni a vuoto non determina più sanzioni di tipo penale, ma
solamente più amministrative e bancarie.
Il legislatore si è chiesto se siano corrette due condotte diverse per reati differenti.
EMISSIONE DI ASSEGNI A VUOTO
ABROGATO 02.04.06 20.05.06 20.07.06
CONDOTTA LECITA 3 MESI DI RECLUSIONE
CAIO TIZIO
01.01.06
Il nostro sistema ritiene che la punizione per Tizio sia ingiusta, quindi cesserà di avere
efficacia; dopo l’abrogazione di un articolo penale verrà prevista la cessazione di efficacia
anche delle punizioni precedenti.
L’art. 2 comma 2 c.p.: ”Nessuno può essere punito per un fatto, che secondo la legge
posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli
effetti penali” (Abolitio criminis).
Il plagio costituisce una sorta di induzione psicologica, cioè una forzatura, è stato eliminato
perché si è ritenuto violasse il Principio di Tassatività.
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Il legislatore può modificare il trattamento sanzionatorio di un reato o inasprendolo, come è
stato per le lesioni o l’omicidio colposo sul lavoro, o alleggerendolo, come per il reato di
diffamazione, che oramai viene punito solamente con pene pecuniarie.
Di regola la norma sfavorevole, cioè quella più punitiva, non agisce in maniera retroattiva,
mentre quella favorevole si.
La stessa regola si applica al variare del trattamento sanzionatorio.
01.01.06
TIZIO CAIO 589 C.P.
595 C.P. 02.04.06 20.05.06
NUOVA PUNIZIONE
20.07.06 STESSA
PUNIZIONEE
NORMA PIÙ FAVOREVOLE SOLO PECUNIARIA
3 MESI DI RECLUSIONE CONDOTTA LECITA
INASPRIMENTO DA 1 ANNO A 3 ANNI
Legenda:
Art. 595 c.p. (Diffamazione): “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,
comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino
a un anno o con la multa fino a 32 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto
determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 12065
euro. Se l’offesa è recata col mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della
reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro (Commi così
modificati da ultimo dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689). Se l’offesa è recata a un
Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una
Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”.
Art. 589 c.p. (Omicidio colposo): “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è
punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione
delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Nel caso di morte di
più persone, ovvero di morte di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe
infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena
non può superare gli anni dodici” (Articolo così sostituito dalla Legge 11 maggio 1966, n.
296).
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DIFFAMAZIONE
21.06.06
MULTA RECLUSIONE
Continuerà a scontare la pena chi è stato condannato con sentenza irrevocabile, perché
l’articolo è rimasto penale. La condotta in questo caso rimarrà illecita.
Art. 2 comma 3 c.p.: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono
diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo he sia stata
pronunciata sentenza irrevocabile”.
Ci sono leggi che modificano soltanto il limite della pena, nelle sanzioni penali il legislatore
adotta una forbice, ovvero un minimo ed un massimo.
RICETTAZIONE (ART. 648 C.P.)
3 ANNI
6 ANNI 8 ANNI
2 ANNI
L’art 648 c.p. recita nel seguente modo: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di
procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti
da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare,
è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da 516 euro a 10329 euro. La
pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a 516 euro, se il fatto è di
particolare tenuità. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore
del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero
quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto” (Articolo così
modificato da ultimo dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689 e ultimo comma così
modificato da ultimo dalla Legge 9 agosto 1993, n. 328).
Se il legislatore volesse aumentare il minimo e diminuire il massimo, chi ha avuto in
precedenza un passaggio in giudicato non può più variare la propria pena.
In questo caso risulta difficile stabilire la norma più favorevole per il reo; deve valutare
quale è la pena più favorevole nel caso concreto.
Il passaggio in giudicato può avvenire dopo tre gradi di appello, oppure immediatamente al
primo grado se non vi è ricorso.
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Ci sono leggi penali che sono previste con una data di scadenza, in questo caso il
legislatore stabilisce di vietare un preciso comportamento per un determinato periodo.
Questo tipo di leggi dette “eccezionali” sono previste ai sensi dell’art. 2 comma 4 c.p.: “Se
si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi
precedenti”.
Per i D.L. si vengono a creare alcuni problemi, perché emanato da Governo con la
prescritta necessità di essere confermato entro 60 giorni.
L’art. 644 (Usura) c.p.: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall’art. 643, si fa dare o
promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di
denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la multa da 3098 a
15493 euro. Alle stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto
dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o
promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. La legge stabilisce il
limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi,
anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle
concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano
comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero
all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà
economica o finanziaria. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene
conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per
imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per i fatti di cui al primo e
secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1. se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di
intermediazione finanziaria mobiliare;
2. se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali
o proprietà immobiliari;
3. se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4. se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale
o artigianale;
5. se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di
applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 del codice di
procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la
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confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro,
beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo
pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della
persona offesa dal reato alle restrizioni e al risarcimento dei danni”.
L’art. 2 comma 5 c.p. distingue tra fatti pregressi e concernenti: “Le disposizioni di questo
articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto –
legge e nel caso di un decreto – legge convertito in legge con emendamenti” (La Corte
Costituzionale, con sentenza 22 febbraio 1985, n. 51, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale di questo comma .
SFAVOREVOLE
FAVOREVOLE
Durante il periodo in cui vige il D.L. si applicano le norme più favorevoli previste dallo
stesso.
Principio di tassatività: preserva dall’arbitrio del potere giudiziario, ad esempio per una
norma che prevede la punizione per atti di maleducazione, ogni giudice potrebbe utilizzare
un criterio di attuazione diverso.
Le norme penali devono stabilire con precisione assoluta e con certezza ciò che integra la
condotta vietata, cioè il reato è la violazione di un precetto, che dovrà essere preciso.
Il soggetto dovrà sempre capire quale è la condotta che preveda la comminazione di una
pena. La ratio di questo principio è quella di non permettere al giudice di legiferare.
Inoltre nel nostro ordinamento vige il “divieto di analogia” della norma penale, quindi è
vietato al giudice di sostituirsi al legislatore nella estensione della norma penale;
nonostante tutto il codice penale ammette l’analogia in “bonam partem”, ovvero il reo può
invocare l’applicazione di normative analoghe più favorevoli, cosa che non può essere
fatto in “malum patem”, come previsto dalla Costituzione.
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Il plagio era l’unico caso di violazione al principio di tassatività previsto dalla Costituzione,
perché non veniva fatto riferimento nella norma ad elementi scientifici, ma era previsto
solo il bisogno da parte dei giudici di riconoscere un annullamento della personalità.
La fattispecie oggi è punita seguita altre norme e criteri come le lesioni, la violenza
psicologica, etc.
Art. 378 c.p. (Favoreggiamento Personale): “Chiunque, dopo che fu commesso un delitto
per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel
medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di
questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni. Quando il delitto commesso è quello
previsto dell’art. 416 – bis, si applica , in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a
due anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di
contravvenzioni, la pena è della multa fino a 516 euro. Le disposizioni di questo articolo si
applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha
commesso il delitto”; questo articolo dimostra un concetto chiaro ed analitico.
L’art. 380 c.p. (Patrocinio o consulenza infedele): “Il patrocinatore o il consulente tecnico,
che rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della
parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all’Autorità Giudiziaria, è punito con la
reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a 516 euro. La pena è aumentata:
1. se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;
2. se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.
Si applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a 1032 euro, se il fatto
è commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina
l’ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni”.
Art. 61 c.p. (Circostanze aggravanti comuni): “Aggravano il reato quando non ne sono
elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1. l’avere agito per motivi abietti o futili;
2. l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per
conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la
impunità di un altro reato;
3. l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;
4. l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
5. l’aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la
pubblica o privata difesa;
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6. ‘avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto
volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura
o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7. l’avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio,
ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal
reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8. l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9. l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a
una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di
culto;
10. l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un
pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto
ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato
estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
11. l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero
con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di
ospitalità”.
L’art. 62 c.p. (Circostanze attenuanti comuni): “Attenuano il reato, quando non ne sono
elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:
1. l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2. l’avere reagito in stato di ira, determinato de un fatto ingiusto altrui;
3. l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni
o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquente
o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza;
4. l’avere, nei delitti contro il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un
danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di
lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di
speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso e pericoloso sia di speciale
tenuità;
5. l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del
colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di
esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio
e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato
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spontaneamente ed efficacemente per eliminare o attenuare le conseguenze
dannose o pericolose del reato”.
Esistono due termini differenti per identificare le frasi complete interne di un articolo:
comma o capoverso, infatti si può indifferentemente dire art. 2, co 5° c.p., come art., 4°
cpv c.p.
Siamo arrivati a determinare adesso il Principio di Offensività, che non si trova
esplicitamente espresso nelle norme penali, ma è parte integrante della giurisprudenza.
Questo principio sta a significare che il diritto penale può punire solo condotte le quali
offendano i BENI GIURIDICI.
Occorre quindi che il bene tutelato dalla norma penale sia stato effettivamente leso.
Si può ricondurre questo principio all’art. 13 Cost. (Libertà personale): “La libertà
personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per
atto motivato dell’Autorità Giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi
eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di
pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati
entro quarantotto ore all’A.G. e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto
ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e
morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. LA legge stabilisce i
limiti massimi della carcerazione preventiva”; infatti lo Stato interviene attraverso l’A.G. per
diminuire la libertà personale di un individuo solamente se questo ha attentato
precedentemente un bene giuridico tutelato dalla Costituzione.
Art. 52 c.p. (Difesa legittima): “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di
una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
Il principio di offensività si basa anche sul comma 2° dell’art 49 c.p. (Reato supposto
erroneamente o reato impossibile): “La punibilità è altresì esclusa quando, per l’inidoneità
dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di esse, è impossibile l’evento dannoso o
pericoloso”.
Lacunosa è invece la norma che di disciplina la violenza sessuale, la quale non prevede
una scala di gravità, infatti all’art. 609 bis c.p. (Violenza sessuale): “Chiunque, con
violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti
sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi
induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
-
1. abusando della condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al
momento del fatto;
2. traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra
persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.
LEZIONE N. 3
Il REATO è una condotta che deve essere retribuita con una pena. I reati sono
contraddistinti in due fattispecie diverse:
• DELITTI: sono caratterizzati da una condotta molto grave e sono i reati trattati
dall’art. 1 fio all’art. 649 del c.p. Le sanzioni previste sono di tre tipi:
1. ERGASTOLO: pena detentiva perenne;
2. RECLUSIONE: pena detentiva caratterizzata da un periodo di reclusione
determinato;
3. MULTA: pena pecuniaria.
• CONTRAVVENZIONI: sono previste per tipologie di condotta meno grave rispetto
ai delitti e sono annoverati nel c.p. dall’art. 650 all’art. 734 bis. Le pene previste per
le contravvenzioni sono di due tipi:
1. ARRESTO: privazione della libertà personale non superiore ai due anni;
2. AMMENDA: pena pecuniaria inferiore alla multa, che può trasformarsi in
limitazione della libertà personale in caso di inadempienza (1gg. ogni 38 euro
insoluti).
Ai sensi di quanto sopra esposto l’art. 650 (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità)
c.p. funzione quale spartiacque tra i delitti e le contravvenzioni; tale differenza è
importante per definire il capo di imputazione, conoscere i termini di prescrizione, che
sono inferiori nelle contravvenzioni, ma soprattutto perché alcuni delitti sono perseguibili
solo a querela di parte, mentre le contravvenzioni sono perseguibili esclusivamente
d’ufficio.
Come esempio si può citare l’art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui) c.p.:
“Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che
appartengono a altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della
persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro. La pena è
della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso
-
su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o
equini, anche non raccolti in mandria. Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili
sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno”.
ELEMENTI COSTITUTIVI: esistono diverse teorie, tra le quali possono essere citate
1. TEORIA DIPARTITA, che individua due elementi costitutivi, cioè l’elemento
soggettivo e l’elemento oggettivo;
2. TEORIA TRIPARTITA, che aggiunge un terzo elemento costitutivo l’antigiuridicità.
L’ELEMENTO OGGETTIVO prevede una condotta, un evento ed un nesso eziologico
(rapporto di causalità).
La CONDOTTA è un’attività posta in essere dal “soggetto attivo” nei confronti del
“soggetto passivo”.
Le condotte possono essere attive od omissive, un esempio è rappresentato dall’art. 575
(Omicidio) c.p., che prevede per “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la
reclusione non inferiore ad anni ventuno”, morte cagionata sia da azioni sia da omissioni.
L’obbligo giuridico è un elemento importante per individuare determinate condotte
omissive, come ad esempio una madre che non dia alimenti al proprio figlio.
Gli EVENTI di possono suddividere in due tipologie:
1. NATURALISTICI, che devono essere strettamente connessi ad una condotta per un
rapporto di causalità;
2. GIURIDICI, i quali non sono necessariamente lesivi nei confronti di soggetti passivi,
come possono essere le omissioni d’atti d’ufficio o la mancata trasmissione del
referto all’A.G. da parte dei medici. Queste condotte sono prevalentemente di tipo
omissivo.
TEORIE:
1. CONDICIO SINE QUA NON, teoria detta anche condizionalistica. Devono ritenersi
causa di un evento tutte quelle condotte senza le quali quel evento non si sarebbe
verificato. Il limite risulta essere individuabile nell’infinità di concause presenti nella
vita di ogni giorno; tali concause vengono limitate nel momento in cui viene posto
un limite oggettivo. Occorre quindi contemperare la portata di questa teoria con dei
limiti. Questa teoria non è stata adottata dal nostro c.p., che all’art. 40 (Rapporto di
causalità) recita così: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla
legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del
reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento,
che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Infine l’art. 41
-
(Concorso di cause) c.p. “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o
sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non
esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause
sopravvenute escludono il rapporto di causalità, quando sono state da sole
sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione
precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per
questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa
preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”;
2. CAUSALITÁ ADEGUATA, esatto contrario della teoria precedente, infatti risponde
dell’evento solamente colui che ha posto in essere la condotta capace di causare
l’evento più grave nei confronti del soggetto passivo, ma soprattutto l’evento finale;
3. CAUSALITÁ UMANA.
Art. 586 (Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) c.p.: “Quando da un fatto
preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la
morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83, ma le pene
stabilite negli art. 589 e 590 sono aumentate”.
LEZIONE N. 4
ELEMENTO SOGGETTIVO: affinché vi sia un reato è necessario che sussista la volontà
di agire. Es. artt. 581 (Percosse) c.p.: “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva
una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la
reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro. Tale disposizione non si applica
quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza
aggravante di un altro reato”, 582 (Lesione personale) c.p.: “Chiunque cagiona ad alcuno
una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito
con a reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha una durata non superiore ai venti
giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 583 e 585, ad
eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell’ultima parte dell’art. 577, il delitto è punibile a
querela della persona offesa” e infine 590 (Lesioni personali colpose) c.p.: “Chiunque
cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi
o con la multa fino a 309 euro. Se la leone è grave la pena è della reclusione da uno a sei
mesi o della multa da 123 euro a 619 euro, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a
due anni o della multa da 309 euro a 1239 euro. Se i fatti di cui al precedente capoverso
-
sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di
quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della
reclusione da due a sei mesi o della multa da 206 euro a 619 euro; e la pena per lesioni
gravissime è della reclusione a sei mesi a due anni o della multa da 619 euro a 1239 euro.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l più grave
delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può
superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi
previsti nel primo e nel secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o
che abbiano determinato una malattia professionale”.
DOLO: è la figura principale dell’elemento psicologico del reato. Esso si compone di due
elementi:
1. RAPPRESNTATIVO: conoscenza, che è l’elemento costitutivo del reato, e
rappresentazione della realtà.
2. VOLITIVO: volontà di compiere l’azione illecita.
Ad esempio, se denuncio una persona innocente, credendo nella sua colpevolezza, non
commetto reato di calunnia, perché viene a mancare l’elemento oggettivo, cioè l’effettiva
consapevolezza dell’innocenza della persona accusata.
Un altro esempio può essere il furto, che risulta essere doloso nel momento in cui appago
il desiderio di possedere un oggetto sottraendolo al suo legittimo proprietario.
Il reato deve essere distinto in due fattispecie:
1. reati con un vento di tipo giuridico;
2. reati con un evento di tipo materiale.
Il dolo invece si distingue in:
1. DOLO GENERICO: come può essere un omicidio, che non risulta essere previsto
dalla determinazione di una particolare volontà a commetterlo. L’elemento oggettivo
rimane sempre quello di cagionare la morte di un uomo, ma la finalità
condeterminerà da sola l’insorgenza del reato penale;
DOLO SPECIFICO: come il furto, che ha quale elemento oggettivo la volontà di
sottrarre un oggetto altrui al fine di trarne profitto. Quindi il fine determina la
commissione o meno del reato. Un altro esempio potrebbe essere la truffa ai sensi
dell’art. 640 (Truffa) del c.p., reato commesso da chi pone in essere raggiri o artifici
al fine di trarne un ingiusto profitto. Se il profitto non fosse ingiusto il reato sarebbe
meno grave rispetto alla truffa, quindi differente.
-
Per contrapporre le due fattispecie di dolo si può osservare la differenza che
intercorre tra il sequestro di persona ai sensi dell’art. 605 (Sequestro di persona)
c.p., che risulta essere un dolo di tipo generico prevedendo la privazione della
libertà personale, e il sequestro di persona a scopo di lucro ai sensi dell’art. 630
(Sequestro di persona a scopo di estorsione) c.p., che si configura come dolo
specifico producendo un ingiusto profitto, che potrebbe anche essere un profitto
psicologico.
2. DOLO DIRETTO e DOLO INDIRETTO (detto anche eventuale):differiscono per la
volontà o meno di commettere un determinato tipo di reato, esempio è la morte
causata dal lancio di un masso da un cavalcavia. Nelle due fattispecie di dolo
cambia il rapporto che vi è nella psiche dell’agente, tra la volontà e la commissione
dell’illecito. Il dolo indiretto si pone in essere quando il soggetto non prende di mira
l’evento effettivamente verificatosi, ciononostante si verifica una situazione
imprevedibile che favorisce il verificarsi di una condotta molto più grave. Per
completezza bisogna comunque affermare che l’agente aveva valutato l’ipotesi che
si verificasse un evento indesiderato.
La condanna per il dolo indiretto sarà più lieve rispetto a quella per il dolo diretto.
I delitti e le contravvenzioni sono differenti dal punto di vista dell’elemento soggettivo. I
delitti sono puniti solamente se commessi con dolo, fatte salve alcune fattispecie più gravi
dove il soggetto attivo può essere punito anche a titolo di colpa, se espressamente
prevista dal legislatore.
Ad esempio l’omicidio viene contraddistinto ai sensi degli artt. 589 e 575 del c.p. in
“Omicidio coposo” ( “ Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la
reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni. Nel caso d morte di più persone,
ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena
che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo,
ma non può superare gli anni dodici”) e “Omicidio”.
Il danneggiamento, invece, può essere punito solo se doloso ai sensi dell’art. 635
(Danneggiamento) del c.p.
Le contravvenzioni vengono punite indifferentemente, senza distinzione retributiva, sia che
vengano commesse a titolo doloso, sia che vengano commesse con colpa.
-
LEZIOE N. 5
Elemento soggettivo: dolo – colpa – preterintenzione.
Per essere puniti per un delitto o una contravvenzione bisogna aver compiuto un reato
quantomeno con colpa.
La colpa viene distinta secondo quattro tipologie diverse, che si suddividono tra le colpe
GENERICHE e quelle SPECIFICHE.
Le colpe di tipo generico sono tre:
1. IMPRUDENZA, chi cagiona un evento a causa di una condotta carente delle
normali regole di prudenza; inoltre il soggetto è consapevole di ciò che accade;
2. NEGLIGENZA, superficialità o meglio ancora incapacità, da parte del soggetto
agente, di seguire la condotta tipica del consociato medio; quindi il soggetto non si
rende affatto conto di ciò che accade;
3. IMPERIZIA, mancanza di particolare conoscenze utili allo svolgimento di attività
particolari, come per esempio quella chirurgica.
La colpa generica non viene specificata con artt. di legge appositi.
La colpa specifica si verifica quando il legislatore, conoscendo alcune situazioni di
potenziale pericolo, prevede regole particolari.
Se tali regole non vengono osservate e l’agente mette in atto un evento lesivo contro tali
regole, egli sarà passibile di colpa specifica.
Ad esempio la Legge 626/96, che disciplina la sicurezza sul posto di lavoro.
A volte la colpa generica e quella specifica possono sovrapporsi.
Un’altra importante suddivisione può essere fatta per COLPA COSCIENTE e COLPA
INCOSCIENTE.
Nella fattispecie di colpa incosciente il soggetto agente non vuole il configurarsi di un reato,
ma soprattutto non lo prevede.
Invece per la colpa cosciente il soggetto agente prevede la possibilità che si verifichi
l’evento, ma lo esclude sulla base della sua abilità; un esempio può essere quello del
lanciatore di coltelli che erroneamente uccide la sua partner.
La colpa cosciente si distingue, in maniera impalpabile, dal dolo eventuale, dove il
soggetto agisce nell’indifferenza più totale; un esempio può essere individuato nel pirata
della strada che, attraversando un incrocio con il semaforo rosso, travolge ed uccide
qualcuno.
-
L’ultima forma prevista per l’elemento soggettivo è la preterintenzione, reato commesso
oltre l’intenzione, a differenza del dolo che viene commesso con intenzione e della colpa
commessa contro l’intenzione.
Ai sensi dell’art. 43 (Elemento psicologico del reato) c.p. la condotta è voluta, ma varia
l’evento: “Il delitto: è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso,
che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del
delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od
omissione; è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione
deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente; è colposo, o
contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si
verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline. La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da
questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste
la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico”.
Due sono gli artt. che trattano specificatamente la preterintenzione, cioè l’omicidio
preterintenzionale e l’aborto preterintenzionale.
La preterintenzione è più grave della colpa, ma meno del dolo.
Nel caso di omicidio il soggetto agente provoca la morte del soggetto passivo attraverso
una condotta lesiva caratterizzata da percosse, etc.
La pena comminata per questo tipo di reato si pone nella mediana tra la pena prevista per
l’omicidio doloso e quella per omicidio colposo. Infatti manca la volontà di uccidere e la
morte si verifica per errore o a causa di una fatalità.
L’evento morte viene collegato all’agente in condizioni più gravi rispetto alla colpa, perché
l’azione compiuta, in questo caso le percosse, è già di per sé una condotta delittuosa. La
pena prevista è di 10 – 11 anni di reclusione, come previsto dal Titolo III – Del reato, negli
artt. 41(Concorso di cause: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute,
anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di
causalità fra l’azione od omissione e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il
rapporto di causalità quando siano state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal
caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si
applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando
la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.“), 42
(Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità
-
obiettiva: “Nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge
come reato, se non l’ ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito
per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ ha commesso con dolo, salvi i
casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge
determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come
conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde
della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.”) e 43
del c.p. La condotta preterintenzionale si compone di una parte dolosa sommata ad una
seconda parte detta di responsabilità soggettiva.
Un tempo esistevano numerose fattispecie di reato punibili per una responsabilità
oggettiva, oggi ritenuta incostituzionale. Infatti i reati dovranno sempre essere imputati ad
un soggetto, a differenza di quanto avviene nel civile. Un esempio di responsabilità
oggettiva attuale è quella prevista dall’art. 57 (Reati commessi col mezzo della stampa
periodica: “Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di
concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul
contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo
della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è
commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un
terzo.”) c.p., combinato con gli artt. 595 (Diffamazione: “Chiunque, fuori dei casi indicati
nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è
punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni (€ 1032,91).
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino
a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni (€ 2065,83). Se l’offesa è recata
col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico,
la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un
milione (€ 516,46). Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o
ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono
aumentate.”) e 596 bis (Diffamazione col mezzo della stampa: “Se il delitto di diffamazione
è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano
anche al direttore o vice - direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati
preveduti negli artt. 57, 57-bis e 58”.) del c.p., che prevedono quale responsabile del reato
di diffamazione a mezzo stampa il direttore o il vice direttore della stessa. La prima cosa
che un giudice deve accertare è il collegamento tra l’azione e l’evento di un agente.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a57#a57http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a57bis#a57bishttp://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a58#a58
-
Piccolo inciso: il legislatore abroga con legge, mentre la Corte Costituzionale dichiara
illegittima una norma per incongruenza con la Costituzione.
LEZIONE N. 6
ANTIGIURIDICITÁ: elemento negativo del reato. Affinché vi sia un reato non deve
sussistere un elemento giustificativo. Qualora non ricorresse un elemento giustificativo il
giudice potrà emettere una sentenza di colpevolezza, giustificandone le motivazioni.
Antigiuridicità significa, quindi, un vero e proprio contrasto con le norme dell’ordinamento.
Vi sono alcuni eventi posti in essere da agenti costretti a determinarli, per esempio non è
imputabile di sequestro il direttore di un istituto circondariale, oppure la denuncia stessa
nei confronti di un soggetto può essere definita secondo due alternative differenti, prima
che venga la stessa definita come veritiera: calunnia o denuncia.
Le cause di giustificazione, qualora incorrano, fanno venir meno l’antigiuridicità del
comportamento ritenuto criminoso, persiste solamente la condotta che è irrilevante per il
reato penale.
Le cause di giustificazione non possono essere invocate dall’agente, se le stesse non
sono previste esplicitamente nel codice penale. In questo caso l’onere della prova ricade
sull’agente stesso.
Esigenza cautelare: pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di
reiterazione del reato.
Il P.M. deve invece trovare l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo per poter imputare
un reato all’agente, facendo così ricadere l’onere della prova su di sé.
Esistono cause giustificanti generali espresse nel codice penale ed altre specifiche
disseminate sia nel codice penale sia in altre leggi ordinarie, ad esempio esistono
discriminanti speciali per le ingiurie rivolte contro un soggetto che ha compiuto un fatto
illecito, oppure ingiurie reciproche tra due soggetti.
Le scriminanti sono citate negli artt. 50 (Consenso dell’avente diritto): “Non è punibile chi
lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente
disporne”;
51 (Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere): “L’esercizio di un diritto o
l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della
pubblica Autorità, esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità del reato risponde
sempre il pubblico ufficiale (c.p.357) che ha dato l’ordine.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357
-
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia
ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun
sindacato su la legittimità dell’ordine”;
52 (Difesa legittima): “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto
dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa
ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”;
53 (Uso legittimo delle armi): “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti,
non e punibile il pubblico ufficiale (c.p.357) che, al fine di adempiere un dovere del proprio
ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica,
quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una
resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di
naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina
a mano armata e sequestro di persona.
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal
pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro mezzo
di coazione fisica”;
54 (Stato di necessità): “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto
dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona,
pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo (55).
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al
pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di
necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla
persona minacciata risponde chi l’ ha costretta a commetterlo (611; 2045 c.c.)” c.p.
Piccolo inciso art. 635 (Danneggiamento) c.p.: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o
rende, in tutto o un parte, inservibili cose mobili (c.p.624 n.2) o immobili altrui è punito, a
querela della persona offesa (c.p.120-126), con la reclusione fino a un anno o con la multa
fino a lire seicentomila (€ 309,87) (c.p.649).
La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è
commesso:
1) con violenza alla persona o con minaccia;
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a55#a55http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a611#a611http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a624#a624http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a649#a649
-
2) da datori di lavoro un occasione di serrate, o da lavoratori un occasione di sciopero
(c.p.502, 506), ovvero un occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e
333;
3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su altre delle
cose indicate nel n. 7) dell’art. 625;
4) sopra opere destinate all’irrigazione;
5) sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi selve o foreste, ovvero su
vivai forestali destinati al rimboschimento”.
Il consenso deve essere valido, cioè deve essere fornito da una persona capace di
disporre dei propri diritti; ad esempio le persone anziane con problemi di coscienza della
realtà non possono prestare il loro consenso. Qualora un soggetto riuscisse ad ottenere il
consenso di persone incapaci di intendere, commetterebbe il reato definito come
circonvenzione di incapace.
Il consenso deve provenire dal titolare del diritto ed è ritrattabile o revocabile. Esistono
alcune fattispecie di consenso non esplicito, presunto o tacito, come può avvenire per un
soggetto incosciente trattato mediante la chirurgia d’urgenza.
Il consenso deve riguardare un diritto disponibile, dal momento che non tutti i diritti sono
disponibili, come può esserlo la libertà sessuale, la proprietà, etc, ma non lo sarà
sicuramente il diritto alla vita. Quindi l’eutanasia, secondo il sistema normativo italiano, è
configurabile come omicidio di consenziente, quindi reato.
Altresì esistono diritti come la disponibilità fisica, che risulta essere libero a seconda delle
circostanze, ad esempio nel gioco del calcio la frattura del perone di un giocatore non sarà
rubricabile come lesioni colpose.
Al contrario il consenso, da parte di un soggetto, ad ottenere lesioni permanenti non è
valido ai sensi dell’art. 5 (Atti di disposizione del proprio corpo) codice civile: “Gli atti di
disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente
della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al
buon costume”; in questo caso si risponderà di lesioni permanenti gravi.
L’art. 51 c.p. prevede due ulteriori cause di giustificazione: l’esercizio di un diritto e
l’adempimento di un dovere.
Le cause di giustificazione servono ad ovviare all’adempimento di un obbligo, che può
derivare da due fonti diverse: dalla legge o dall’ordine dell’autorità.
Mentre la norma di legge è prevista per tutti, l’ordine dell’autorità è diretta verso il singolo
individuo.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a502#a502http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a506#a506http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a330#a330http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a331#a331http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a333#a333http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625
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Gli ordini possono essere legittimi o illegittimi; sono legittimi quelli che contengono i
requisiti formali previsti dalla legge, viceversa sono illegittimi gli ordini che non integrano
tutte e norme del c.p.p.
Esistono due tipologie di illegittimità: formale e sostanziale.
L’illegittimità formale si può osservare quando vi sono lacune nella forma (ad esempio un
atto adottato da un organo, che manca dei requisiti necessari).
L’illegittimità sostanziale è quella osservabile nella sostanza dell’atto stesso.
Il soggetto che obbedendo ad un ordine commette astrattamente un reato viene
giustificato se l’ordine è legittimo.
Viene anche giustificato il soggetto che obbedisce ad un ordine dotato di legittimità
formale, ma carente della legittimità sostanziale.
LEZIONE N. 7
Nel momento in cui il giornalista si limita a riportare un fatto, senza generalizzare la
persona oggetto di indagine e omette commenti aggressivi, non fa altro che svolgere
l’attività di cronista.
L’art. 51 c.p. esprime il principio di non contraddittorietà, quindi riporta per iscritto il
principio per il quale il sistema non può concedere un diritto per poi punirlo.
Quando la condotta integra un reato, ma è tenuta all’interno di un sistema permissivo
decade il concetto di antigiuridicità.
LEGITTIMA DIFESA: art. 52 c.p.
Modificata e integrata l’anno scorso della difesa legittima domiciliare, la legittima difesa
viene posta in essere quando il soggetto commette il fatto per difendere un proprio o altrui
diritto da un’imminente offesa. Tra la legittima difesa e l’offesa deve intercorrere il concetto
di proporzionalità. La legittima difesa è generica, mentre lo stato di necessità si applica
solamente alla tutela della persona.
La lesione del diritto del soggetto offeso è giusta solo se il soggetto colpito stava tenendo
un comportamento ingiusto.
Chi si avvale della legittima difesa deve giustificare il proprio comportamento dimostrando
il pericolo e l’imminenza, ovvero l’offesa deve essere in itinere.
Inoltre vi deve essere anche l’inevitabilità del pericolo.
Quando il soggetto aggredito ha una scelta alternativa alla replica deve percorrerla.
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Commodus discessus = fuga, cioè quando vi sia possibilità di fuggire, questa deve essere
scelta, salvo alcune eccezioni, ad esempio per i soggetti investiti di qualifiche da pubblico
ufficiale devono rispondere ai soprusi in modo fermo e non con la fuga.
Se il pericolo è esaurito, lo stesso non è più imminente.
La proporzionalità deve essere relativa anche ai mezzi utilizzati e ai diritti offesi.
La legittima difesa, se non siamo incorsi in colpa, viene applicata se l’agente la ritiene
sussistente.
Anche chi ha dato origine ad un pericolo nei propri confronti, iniziando con una condotta
illegittima, potrà invocare la legittime difesa.
La legittima difesa si applica in bonam partem, cioè è considerata una scriminante.
L’art. 53 disciplina un altro tipo di scriminante qual è l’uso legittimo delle armi, inquadrabile
nell’esercizio di un diritto o nell’adempimento di un dovere per i soggetti legittimati a
reprimere condotte illecite.
Spesso le persone devono essere costrette a vivere secondo il diritto.
La cosa importante è che l’uso delle armi sia legittimato dal tentativo di impedire la
commissione dei reati gravi, in linea di massima dal sequestro in poi.
Problematico è stabilire la legittimità dell’uso in caso di inseguimento, caso in cui l’uso
delle armi deve essere una condotta residuale.
Questo articolo si applica anche al privato richiesto dall’agente di polizia.
Lo stato di necessità è un caso di difficile comprensione.
L’aggressione dell’onorabilià e dell’immagine può essere ritenuta un grave danno alla
persona, anche se i veri danni gravi sono quelli commessi contro: vita, incolumità fisica e
libertà sessuale.
LEZIONE N.8
Stato di necessità, ai sensi dell’art. 54 (Stato di necessità) c.p., “Non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente
causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo (55).
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al
pericolo. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di
necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a55#a55
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persona minacciata risponde chi l’ ha costretta a commetterlo (611; 2045 c.c.)”, ha quali
elementi essenziali:
1. proporzionalità;
2. imminenza del pericolo;
3. autotutela (riduttiva rispetto alla legittima difesa). Non viene contemplato quindi il
concetto di patrimonio, inoltre non può essere cagionato da una terza persona, che
commetta un reato;
4. inevitabilità.
A differenza della legittima difesa, il pericolo non deve essere causato dalla stessa
persona che invoca lo stato di necessità.
Lo stato di necessità è una causa di giustificazione, che soffre di carenza, perché non
possono invocarlo gli individui ai quali siano assegnati particolari compiti di istituto (vigili
del fuoco, bagnini, etc.).
Il legislatore ha previsto che, in favore di chi subisce l’azione, potrà essere richiesto un
indennizzo; questa è l’unica causa di giustificazione per la quale sia previsto un ristoro, da
non confondersi con il risarcimento, previsto solamente per i fatti illeciti.
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE – SCRIMINANTI PUTATIVE: le cause di giustificazione
operano anche se, non esistenti in concreto, erano ipotizzate dall’agente nel momento in
cui ha commesso il fatto. Queste scriminanti putative o supposte operano sempre in
favore dell’agente, quando l’errore sia eccepibile da tutti.
Quando invece l’errore in cui incorre l’agente è addebitabile solamente alla sua personalità,
non è prevista alcuna scriminante, ma il soggetto risponderà di un errore colposo, ai sensi
dell’art. 59 (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte) c.p.: “Le circostanze
che attenuano (62, 62-bis, 114) o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente
anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti.
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente soltanto se da lui
conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non
sono valutate contro o a favore di lui.
Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste
sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la
punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.
Se viene commesso un delitto per il quale non è prevista la fattispecie colposa, nel
momento in cui viene meno la condizione di dolo, non viene commesso alcun reato.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a611#a611http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62#a62http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62bis#a62bishttp://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a114#a114
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Un esempio di reato per il quale non è prevista fattispecie colposa è quello definito dall’art.
635 (Danneggiamento) c.p.: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o un
parte, inservibili cose mobili (c.p.624 n.2) o immobili altrui è punito, a querela della
persona offesa (c.p.120-126), con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire
seicentomila (€ 309,87) (c.p.649).
La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d’ufficio, se il fatto è
commesso:
1) con violenza alla persona o con minaccia;
2) da datori di lavoro un occasione di serrate, o da lavoratori un occasione di sciopero
(c.p.502, 506), ovvero un occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e
333;
3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su altre delle
cose indicate nel n. 7) dell’art. 625;
4) sopra opere destinate all’irrigazione;
5) sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi selve o foreste, ovvero su
vivai forestali destinati al rimboschimento”.
Lo stesso discorso si applica alle attenuanti.
L’eccesso colposo, ai sensi dell’art. 55 (Eccesso colposo) c.p. “Quando, nel commettere
alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti
stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le
disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto
colposo”, prevede l’esistenza concreta di una situazione di pericolo, ma l’elemento che
non viene rispettato è la proporzionalità tra offesa e difesa. Nella fattispecie si configura
l’ERRORE IN ABILITÁ, cioè quando l’errore si pone nella fase concomitante all’azione.
L’ERRORE EMOTIVO, invece, non è una causa di giustificazione putativa, perché la
situazione vissuta dall’agente viene viziata da un errore interpretativo; in questo caso i
limiti della causa di giustificazione non viene letta correttamente dall’agente (ad esempio
l’agente uccide pensando di essere in pericolo, male interpretando gli eventi).
TENTATIVO: perché sussista un illecito penale non è necessario che l’agente commetta
un reato, ma è sufficiente il tentativo.
Affinché vi sia il tentativo, gli atti non devono essere equivoci, ma soprattutto la condotta
deve essere nociva degli altrui diritti fondamentali.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a624#a624http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a649#a649http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a502#a502http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a506#a506http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a330#a330http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a331#a331http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a333#a333http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a625#a625http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a51#a51http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a52#a52http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a53#a53http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a54#a54
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A tal proposito l’art. 56 (Delitto tentato) c.p., “Chi compie atti idonei, diretti in modo non
equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o
l’evento non si verifica (c.p.49 n.2).
Il colpevole di delitto tentato è punito: (con la reclusione da ventiquattro a trenta anni se
dalla legge è stabilita per il delitto la pena di morte) ; con la reclusione non inferiore a
dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo e, negli altri casi, con la pena stabilita per il
delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti
compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato,
diminuita da un terzo alla metà”, è espressamente dedicato al delitto tentato e non al reato,
quindi non sono previste contravvenzioni tentate.
Due sono gli elementi fondamentali: Devono sempre accompagnarsi
insieme
1. idoneità degli atti;
2. non equivocità degli atti.
INESISTENZA IN RERUM NATURA: mancanza di un elemento essenziale che può far
configurare il reato impossibile.
LEZIONE N. 9
La desistenza volontaria ed il recesso attivo sono due istituti riscontrabili nell’art 56 del c.p.
e più precisamente sono citati nel 3° e 4° comma.
Le desistenza volontaria è l’interruzione dell’azione criminosa, a causa da una scelta
volontaria operata dall’agente stesso.
L’agente, che in questo caso non ultimerà il progetto criminoso, non risponderà
assolutamente di delitto tentato, ma esclusivamente dei delitti prodromici commessi, come
ad esempio le minacce, ai sensi dell’art. 612 (Minaccia) c.p.: “Chiunque minaccia ad altri
un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa (c.p.120-126), con la multa fino
a lire centomila (€ 51,65).
Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339, la pena è della
reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio”.
Per scelta volontaria intende una libera scelta effettuata dall’agente e non necessitata.
Per poter beneficiare dell’istituto della desistenza volontaria non è necessario il pentimento
dell’agente.
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a49#a49http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a120#a120http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a126#a126http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a339#a339
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Diverso dalla desistenza volontaria, che determina l’impunità del soggetto, è il recesso
attivo, infatti la prima può essere esercitata solamente prima del compimento dell’azione.
Nel caso in cui venisse cagionata l’azione, ma l’agente stesso tentasse di impedirne
l’evento causale (come ad esempio la morte della vittima) si potrebbe invocare il recesso
attivo.
I reati si differenziano in diverse categorie: principalmente in reati semplici e circostanziati,
questi ultimi prevedono le aggravanti e le attenuanti.
Le circostanze del reato possono essere viste come elementi accessori del reato, possono
ricorrere o meno, ma non sono essenziali affinché sussista il reato.
Le circostanze sono specificazioni del reato, sono eventi che tendono a specificare la
gravità del reato, facendo sì che il giudice applichi condanne proporzionali alla gravità del
reato.
Le circostanze si dividono in:
• comuni, ai sensi degli artt. 61 (Circostanze aggravanti comuni), 62 (Circostanze
attenuanti comuni) e 62 bis (Attenuanti generiche) del c.p., si applicano a tutti i tipi
di reato: ” Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze
aggravanti speciali , le circostanze seguenti:
1) l’avere agito per motivi abietti o futili;
2) l’aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per
conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la
impunità di un altro reato;
3) l’avere nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento;
4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare
la pubblica o privata difesa;
6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto
volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura
o di carcerazione (296 c.p.p.), spedito per un precedente reato;
7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio,
ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal
reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
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9) l’avere commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti
a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di
un culto;
10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale (c.p.357) o una persona
incaricata di un pubblico servizio (358), o rivestita della qualità di ministro del culto
cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o
consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o
del servizio;
11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero
con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di
ospitalità”; “Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o
circostanze attenuanti speciali (15, 68), le circostanze seguenti:
1) l’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2) l’avere reagito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
3) l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di
riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è
delinquente o contravventore abituale (c.p.102-104) o professionale (c.p.105), o
delinquente per tendenza (c.p.108);
4) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio,
cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità,
ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o
l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento
dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del
colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6) l’avere, prima del giudizio (492 c.p.p.), riparato interamente il danno, mediante il
risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi,
prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56,
adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le
conseguenze dannose o pericolose del reato”; “Il giudice, indipendentemente dalle
circostanze prevedute nell’art. 62, può prendere in considerazione altre circostanze
diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse
sono considerate in ogni caso, ai fini della applicazione di questo Capo, come una
http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a357#a357http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a358#a358http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a15#a15http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a68#a68http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a102#a102http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a104#a104http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a105#a105http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a108#a108http://www.perrupato.it/codici/testo_proc_pen.htm#a492http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a56#a56http://www.perrupato.it/codici/testo_codice_penale.htm#a62#a62
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sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze
indicate nel predetto art. 62”;
• speciali, che sono applicabili solo a determinate fattispecie di reato, ad esempio le
lesioni personali ai sensi dell’art. 582 c.p.:
1. malattia superiore ai 40 gg. GRAVEpericolo di vita
indebolimento permanente
GRAVISSIMA2. malattia insanabile
Un’altra distinzione operabile sulle circostanze è la differenza che intercorre tra:
• circostanze ad effetto comune, che determinano un aumento o una diminuzione di
pena operati sulla pena base;
• ad effetto speciale, che determinano un aumento o una diminuzione della pena in
modo autonomo rispetto alla principale. Possono anche prevedere l’applicazione di
pene pecuniarie o accessorie.
Le aggravanti e le attenuanti devono tenere conto anche delle condizioni personali delle
vittime, necessitano quindi di soggettività.
Ad esempio l’art. 625 (Circostanze aggravanti) c.p., rubrica tutte le circostanze aggravanti
del furto (art. 624 – Furto – c.p.: “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui,
sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire trecentomila (€ 154,94) a un milione
(€ 516,46) (c.p.625, 626, 649). 1[112]
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni
altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle
circostanze di cui agli articoli 61, n.7) e 625”). Il furto semplice si può solamente ottenere
attraverso la somma delle aggravanti e delle attenuanti. Il furto aggravato è perseguibile
d’ufficio.
Le GENERICHE sono circostanze comuni introdotte dal legislatore nel 1944, per
contemperare la severità del codice Rocco.
Coloro che delinquono per la prima volta o hanno situazioni familiari o di vita disagiate
possono beneficiare di una riduzione di pena fino ad un terzo.
Occorre innanzi tutto operare una comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti.
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Se il giudice ritiene che le aggravanti si equivalgano, quanto a disvalore sociale, e siano
compensate da una o più circostanze attenuanti, che annullano o compensano le
aggravanti, applicherà la pena prevista solamente per il reato base.
Se il giudice ritiene che siano prevalenti le aggravanti, applicherà solamente queste.
Se infine riterrà prevalenti le attenuanti, non terrà conto delle aggravanti.
Il giudice deve tenere conto delle motivazioni che lo hanno portato ad assumere tale
decisione finale.
Le cause di giustificazione operano a favore del reo anche se putative.
Solo le circostanze attenuanti si applicano se ritenute sussistenti dal reo, non anche le
circostanze aggravanti.
Le cause di giustificazione si applicano anche se non erano conosciute dall’agente.
Per le circostanze vige il principio del favor rei.
Quando un reato è commesso da più persone bisogna distinguere due tipologie diverse di
circostanza:
1. soggettive, che attengono ad una qualifica personale dell’agente (ad esempio un
pubblico ufficiale);
2. oggettive, riguardanti il fatto in sé (condotta, gravità, finalità, condizioni del soggetto
passivo, etc.).
Le circostanze soggettive non si stendono ai compartecipi, mentre le circostanze oggettive
vengono applicate nei confronti di tutti i complici.
Il concorso di reati si verifica quando l’agente, mediante una sola azione od omissione,
ovvero con più azioni od omissioni, pone in essere l’esecuzione di più reati.
Il concorso si distingue in:
1. formale, quando più reati vengono commessi insieme con una sola azione od
omissione;
2. materiale, quando più reati vengono commessi mediante più azioni od omissioni.
Tale tipologia di concorso si verifica anche per azioni od omissioni reiterate nel
tempo, ovvero quando si realizzano diversi reati con più azioni od omissioni.
Per il legislatore è più grave il concorso materiale rispetto a quello formale.
La conseguenza sanzionatoria per il concorso formale deve essere applicata individuando
il reato più grave e la pena prevista, aumentando così la pena per ogni reato ulteriore,
senza superare però il triplo della pena iniziale.
L’istituto del reato continuato, nonostante la terminologia utilizzata, individua una serie di
reati tutti tra loro correlati da un medesimo disegno criminoso.