le risorse umane della cooperazione sociale attive nel ... · primo semestre del 2019, grazie alla...
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Le risorse umane della cooperazione sociale
attive nel sistema di welfare regionale
Rapporto di ricerca
Trieste, 24 giugno 2019
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INDICE
pag.
Presentazione 3
Paola Benini (Confcooperative Federsolidarietà FVG)
Gian Luigi Bettoli (Legacoopsociali FVG)
1. Introduzione e note metodologiche 5
2. Fabbisogno di operatori socio sanitari 7
3. Fabbisogno di operatori con professionalità educative 13
4. Fabbisogno di educatori per la prima infanzia 20
5. Fabbisogno di operatori con ruoli di coordinamento 22
6. Fabbisogno di operatori d’inserimento lavorativo 24
3
Presentazione
La scelta delle associazioni della cooperazione sociale di promuovere una nuova analisi quali-
quantitativa del personale operativo nei sistemi di welfare regionali - affidati alle cooperative
sociali - nasce dalla necessità di fornire strumenti agli operatori (pubblici e del terzo settore)
regionali. Ciò avviene in un quadro generale complicato dalla stratificazione di norme e prassi
operative accumulatesi negli anni in maniera spesso confusa e disarmonica, e dalla volontà di
contribuire in maniera sempre più proattiva e consapevole alla qualità dei servizi alla persona, cui
le cooperative sociali sono intrinsecamente vocate. Si tratta di un aggiornamento, affidato all’IRES
FVG Impresa sociale, della ricerca realizzata autonomamente nel 2015 dall’ACI-Cooperative Sociali,
che aveva evidenziato le problematiche essenziali del settore, quanto a titoli posseduti e necessità
formative del personale già impiegato e da assumere.
E’ noto infatti come per un lungo periodo di tempo siano mancati dati aggiornati sulle risorse
umane del welfare regionale, e come da questa lacuna strategica siano derivate scelte inadeguate
per la programmazione formativa. Si sono così create, a dispetto di un’intensa attività formativa
straordinaria dell’Amministrazione Regionale (comunque ridimensionata rispetto alle esigenze) e
di intense attività formative e di aggiornamento realizzate autonomamente dalle cooperative
sociali, ampie aree – stimate in un complesso di migliaia di operatrici ed operatori - in situazione
irregolare quanto alle qualifiche. Irregolarità solo formale, per altro: a fronte di comunque altissimi
livelli di scolarizzazione, quasi sempre superiore e spesso universitaria, e di caratteristiche
soggettive vocazionali ed esperienziali dimostrate sul campo, con elevate capacità progettuali ed
operative.
Inoltre, gli ultimi tre anni hanno visto il susseguirsi di una ricca attività legislativa in materia.
Siamo passati dal cosiddetto decreto “Buona Scuola” (Dlgs 65/2017), che ha dato disposizioni in
relazione all’educatore dei servizi per la prima infanzia, alla c.d. “Legge Iori” (L. 205/2017, art. 1,
commi dal 594 al 601) che ha riordinato le figure degli educatori professionali, riconoscendo la
nuova figura dell’EP sociopedagogico, sino alla Legge “Lorenzin” (L. 2/2018), che ha istituito l’area
delle professioni sociosanitarie, ricomprendendo fra esse anche l’EP sociosanitario. Processo
legislativo completato infine dai commi 517 e 539 dell’art. 1 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145,
che hanno esteso ulteriormente il riconoscimento esperienziale degli EP sociosanitari e
riconosciuto la compresenza delle due diverse figure di EP nell’area dell’integrazione
sociosanitaria.
Questa attività normativa, se da un lato ha permesso una spinta in avanti rispetto al
riconoscimento di alcune figure professionali ed ha rimarcato l’importanza di poter garantire alte
professionalità nei servizi alla persona, dall’altro ha lasciato alcune significative zone d’ombra ed
aperto interrogativi e complessità attuative, che è opportuno analizzare con attenzione. Sotto
questo aspetto, il lavoro comune con l’Amministrazione Regionale in questi anni – da ultimo nel
primo semestre del 2019, grazie alla recente collocazione del Servizio Cooperazione Sociale nella
Direzione Salute, Politiche Sociali e Disabilità - ha permesso di individuare un quadro complessivo
di risposte, rispettose della professionalità acquisita dai 12.000 soci della cooperazione sociale e
della qualità dei servizi resi all’utenza.
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L’ormai cronica difficoltà, da parte delle cooperative sociali regionali, di trovare sul mercato del
lavoro operatori socio sanitari con qualifica, oltre alla più recente complessa problematicità legata
al percorso di riconoscimento e riqualificazione straordinaria in ambito universitario degli
educatori professionali (siano essi sociosanitari o sociopedagogici), ha spinto le scriventi
associazioni ad organizzare, parallelamente alla fotografia del personale in attività, anche una
mappatura del fabbisogno per il triennio 2019-2021, con la volontà di portare il proprio contributo
ai piani formativi della Direzione Regionale competente - per quanto concerne gli OSS - e delle
Università regionali in relazione alla figura degli educatori. Si pensi che nella nostra Regione si
contano oltre 700 persone già iscritte ai primi corsi universitari speciali previsti dalla “legge Iori”,
un risultato di cui le scriventi associazioni sono particolarmente orgogliose, oltre che riconoscenti
per il ruolo svolto soprattutto dalle Università di Trieste e Udine, che hanno organizzato i corsi
tempestivamente, e della Direzione Lavoro, Formazione, Istruzione, Pari Opportunità, Politiche
Giovanili, Ricerca e Università della Regione, che li ha finanziati.
L’occasione è stata opportuna anche per ipotizzare specifici nuovi percorsi di formazione (sia
curriculare che ricorrente) per figure finora trascurate come gli animatori sociali, i mediatori per la
comunicazione con le persone con particolari disabilità; e per quella figura unica – per
caratteristiche tecniche ed imprenditoriali - che sono gli operatori di sostegno all’inserimento
lavorativo nelle cooperative sociali di inserimento lavorativo di persone svantaggiate e disabili.
Questo rapporto è stato nutrito e vivificato anche dai dati e dalle importanti riflessioni
condivise in seno al gruppo tecnico di lavoro “Formazione del personale” del Comitato Regionale
Tecnico Consultivo per la Cooperazione Sociale. E’ significativo che le argomentazioni convergenti
delle parti sociali siano state accompagnate dalla produzione, in quella sede, di nuove elaborazioni
statistiche elaborate della Direzione Centrale salute, politiche sociali e disabilità, sostanzialmente
confermative dei dati da noi raccolti nel 2015 e coincidenti con quanto risulta dalla ricerca che
presentiamo in questa sede. Le componenti del Comitato hanno lavorato con impegno e
continuità da gennaio a giugno del 2019, a riprova che una concertazione delle politiche sociali e
sociosanitarie fra Regione, enti locali, organizzazioni sindacali e cooperazione sociale è una strada
saggia, opportuna, lungimirante e, soprattutto, percorribile. Si tratta di un modello di applicazione
di quelle pratiche di coprogrammazione e coprogettazione che sono alla base delle moderne
politiche europee e nazionali nel campo della gestione democratica di un welfare comunitario,
partecipativo, inclusivo e generativo, nella prospettiva di modalità di affidamento non più
burocratiche, ma in primo luogo finalizzate alla realizzazione di interessi pubblici comuni.
Paola Benini – Confcooperative Federsolidarietà FVG
Gian Luigi Bettoli – Legacoopsociali FVG
13 giugno 2019
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1. Introduzione e note metodologiche
Confcooperative Federsolidarietà FVG e Legacoopsociali FVG, in collaborazione con AGCI
Solidarietà FVG e il Forum del Terzo Settore, avvalendosi del supporto scientifico dell’IRES FVG,
hanno avviato un progetto di ricerca nell’intento di ricomporre in un quadro complessivo le
diverse risorse umane e professionali impegnate nei servizi educativi, assistenziali, sociosanitari e
di inserimento lavorativo. Questa ricerca è realizzata con il contributo della Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia (L.R. 20/2006 art. 10 comma 1 lett. b – Annualità contributiva 2018), in
collaborazione con le Direzioni competenti. Obiettivo principale del progetto di ricerca era quello
di ottenere, rispetto al fabbisogno della cooperazione sociale, elementi quantitativi e qualitativi in
grado di sostenere adeguate risposte risolutive rispetto alle norme attuali in tema di servizi e
profili formativi e di apportare un contributo utile alle politiche del sistema regionale di welfare.
Nel corso dei primi mesi del 2019 il coinvolgimento nel gruppo tecnico di lavoro “Formazione
del personale” avviato dal Comitato regionale tecnico consultivo per la cooperazione sociale, in
risposta ad alcune esigenze prioritarie poste in discussione, ha riorientato l’obiettivo d’indagine
verso alcune specifiche figure professionali strategiche per il sistema regionale. L’obiettivo atteso
era quindi quello di confermare o validare le stime prudenziali del fabbisogno formativo da
proporre in una futura programmazione. In ragione delle risultanze finali a cui è pervenuto il
tavolo tecnico regionale, il rapporto che segue si limita all’elaborazione e all’analisi delle
informazioni raccolte coinvolgendo le cooperative sociali, rimandando alla documentazione
ufficiale analisi e proposte specifiche. Il report si colloca quindi in sinergia con i lavori del tavolo, in
modo complementare.
L’indagine rivolta alle cooperative sociali con sede legale e registrate in Friuli Venezia Giulia ha
coinvolto nella rilevazione del fabbisogno formativo 77 imprese, comprendendo tutte le tipologie
d’impresa. I settori di attività che impegnano le imprese sono diversificati e spesso multipli: in
particolare 30 imprese sono attive in servizi di natura assistenziale, 48 in servizi socio educativi, 19
in servizi educativi per la prima infanzia e infine 37 in servizi che prevedono attività d’inserimento
lavorativo di persone disabili o svantaggiate. La numerosità delle imprese che hanno contribuito
alla rilevazione, i loro livelli d’inserimento nei settori assistenziali ed educativi e l’intensità delle
pratiche operative che riguardano cooperative sociali di grandi dimensioni per numero di occupati
accanto a imprese di dimensioni più contenute, anche per mission specifiche (cooperative sociali
di tipo B, ad esempio) offrono un quadro complessivo di risposta all’obiettivo generale della
rilevazione. Rispetto alle 217 imprese registrate e attive nel 2018 si tratta di un campione
comunque rappresentativo di tutte le imprese regionali. In concreto le 77 imprese costituiscono il
35,5% del totale delle cooperative sociali, anche se il peso e la rappresentatività è superiore
considerando solo le imprese, in particolare di tipo A, con un numero di addetti superiore a 40
unità.
L’indagine riguarda soltanto alcune professionalità strategiche per la concreta operatività del
settore: in primis, l’operatore professionale addetto a servizi di assistenza e in sub ordine
l’operatore addetto nei servizi sociali e sociosanitari con compiti di natura educativa nonché nei
servizi per la prima infanzia. L’indagine estende il suo interesse anche verso altre due figure
ritenute fondamentali per le imprese cooperative: la prima riguarda la figura del coordinatore, di
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vitale importanza per l’organizzazione operativa nella conduzione e gestione di gruppi
professionali, di équipe o di servizi d’attività; la seconda, molto importante per le imprese di tipo B
o A+B, che fa riferimento all’operatore che assume ruoli e compiti d’inserimento lavorativo di
persone in condizioni di svantaggio.
Queste cinque figure professionali sono state oggetto d’indagine attraverso un questionario on
line (strutturato nel rispetto alla privacy e con preliminare consenso dell’impresa partecipante)
che non si è limitato ad acquisire aspetti generali ma, nelle opportunità dello strumento utilizzato,
ha posto anche alcune domande di profilo delle diverse professionalità. La struttura del
questionario si concretizza in cinque parti, ognuna per la tipologia professionale interessata, e nei
capitoli che seguono si descrivono i risultati delle risposte alle specifiche domande di ogni singola
parte. Per ogni singola figura alcune domande cercano di cogliere anche il futuro fabbisogno
(triennio 2019-2021) delle specifiche professionalità o di altre complementari indispensabili nel
garantire nei prossimi anni sicurezza, stabilità e qualità alle imprese.
I dati di riferimento delle cinque figure professionali che risultano interessati dal campione
sono: 2.654 operatori di assistenza, 2.001 educatori, 342 educatori per la prima infanzia, 370
coordinatori e 236 operatori d’inserimento lavorativo. Complessivamente l’indagine fa riferimento
a 5.603 addetti che rappresentano il 44% del totale dei lavoratori dell’universo delle cooperative
sociali (anno 2018). Se ci si limita al raffronto delle sole figure professionali di assistenza ed
educative la rappresentatività rispetto al totale degli occupati è di circa il 54% degli occupati.
Il rapporto presenta un’analisi che fa riferimento ai dati reali del campione d’imprese
partecipanti. Sono comunque dati significativi che, sia pur parziali e riferiti a un campione di
cooperative sociali, possono contribuire a validare le stime generali che hanno supportato il lavoro
del tavolo tecnico regionale. Questo apporta valore aggiuntivo alle proposte di programmazione
futura del fabbisogno formativo. Va inoltre ricordato che si tratta di dati relativi al campione
rilevato, riduttivo rispetto al fabbisogno complessivo delle imprese, nonché di quello ipotizzabile
per le diverse realtà riconducibili al Terzo Settore (associazioni, fondazioni ecc.), pilastro su cui si
fonda l’attuale e il futuro sistema di welfare regionale. Per la sola cooperazione sociale ai dati reali
elaborati si può comunque aggiungere un ulteriore 30% del fabbisogno rilevato per cogliere quello
riguardante l’universo della cooperazione sociale.
All’indagine on line, attiva nel mese di aprile 2019, si sono aggiunte anche dieci interviste
qualitative a responsabili del personale di cooperative ritenute rappresentative. L’obiettivo era
quello di integrare i dati dando senso alla dimensione quantitativa, verificare e supportare l’analisi
dei dati stessi, cogliere alcune criticità del fabbisogno formativo a partire dal punto di vista di
coloro che “in prima linea” devono quotidianamente trovare risposte organizzative coerenti alla
gestione dei servizi sociali, sociosanitari ed educativi. Nel report i singoli capitoli riportano alcune
parti d’intervista, ritenute significative dai ricercatori ed esplicative dei dati raggruppati in tabelle. I
testi sono stati depurati di ogni riferimento di luogo e persona, che mantenendo il rispetto
dell’anonimato non sminuiscono il valore della testimonianza.
I capitoli che seguono sono presentati nello stesso ordine delle parti del questionario
riguardanti le cinque figure professionali interessate dalla rilevazione (Operatore socio-sanitario,
Educatore, Educatore per la prima infanzia, Coordinatore e Operatore d’inserimento lavorativo)
con alcuni testi esito delle interviste qualitative. Alla ricerca ha contribuito un gruppo di lavoro
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dell’IRES FVG Impresa sociale formato da Michele Flaibani, Gianluca Masotti e Paolo Molinari che
ha anche curato la stesura del seguente report.
2. Fabbisogno di operatori socio sanitari
L’operatore socio-sanitario (OSS) è una figura professionale sempre più necessaria nei servizi
sanitari, sociosanitari e sociali. I settori d’intervento riguardano sia il settore pubblico che quello
privato, gli ospedali e le residenze assistenziali nonché i servizi territoriali. La sua collocazione
tecnica con compiti assistenziali viene definita nel 2001 dalla Conferenza permanente tra lo Stato
e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano che individua il profilo professionale e
l’ordinamento didattico del percorso formativo di base1. A quella data le diverse figure
assistenziali attive nei sistemi assistenziali e sanitari vengono unificate in un profilo unico che può
operare nei diversi settori e anche in contesti privati2. Infine la legge 3/2018 colloca di fatto questa
figura professionale nell’area sanitaria dando così avvio a una sua nuova fase evolutiva che porterà
a ridefinire la sua operatività, con nuove sfide per i sistemi di welfare locali. Nel corso degli anni la
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha recepito l’Accordo sopra citato, collocato la figura tra le
professioni strategiche per il sistema integrato regionale di interventi e servizi (LR 6/2006),
definito indirizzi e standard formativi per il conseguimento della qualifica, avviato programmi
straordinari di formazione per formare nuovi operatori e per riqualificare il numero di operatori
attivi nel contesto regionale al fine di garantire sia la naturale sostituzione del personale in
quiescenza che la riqualificazione degli occupati nelle strutture e nei servizi privi del titolo base di
OSS3.
Nell’operatività attuale del welfare regionale sono coinvolti oltre 8.000 operatori dedicati
all’assistenza suddivisi tra strutture e servizi sanitari, sociosanitari e sociali; una parte rilevante è
attiva nel garantire servizi assistenziali di base nelle residenze per persone anziane.
La rilevazione, che coinvolge per questa specifica figura professionale un campione di 30
cooperative sociali4, registra un numero complessivo di 2.564 operatori occupati con mansioni
assistenziali. Di questi 1.771 (il 69,1%) sono in possesso della qualifica professionale di operatore
socio sanitario (OSS); dei restanti 103 (il 4,0%) era, alla data della rilevazione, iscritto ai percorsi
formativi di riqualifica (“Misure compensative”) che la Regione FVG sta completando per l’anno
2018/19 e ulteriori 690 (il 26,9% ) non sono ancora in possesso del titolo OSS (cfr. tab.1). La cifra,
parziale perché riferita soltanto alle cooperative sociali indagate e quindi sottostimata rispetto
1 Il percorso base è strutturato in 1.000 ore formative, composte da 450 ore di teoria, 100 di esercitazioni e 450 di
tirocinio, comprensive dell’esame finale di qualifica (G.U. 19 aprile 2001, n.91). 2 Il riferimento è alle qualifiche di operatore tecnico assistenziale (OTA) che nelle strutture sanitarie svolgeva mansioni
assistenziali e all’assistente domiciliare e dei servizi tutelari (ADEST) attiva nei servizi territoriali e tutelari. 3 In allegato vengono indicati i riferimenti normativi essenziali per la figura professionale di OSS.
4 Sono state comunque coinvolte tutte le cooperative sociali con un numero rilevante di addetti con qualifica OSS (con
almeno 40 addetti OSS).
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all’universo delle persone interessate, si avvicina comunque al numero ipotizzato di circa 800
operatori per percorsi di riqualifica professionale5.
Tab. 1 – Numero totale addetti nelle imprese cooperative sociali, occupati con mansioni assistenziali, val. ass. e %
Occupati in attività assistenziali N° %
In possesso del titolo OSS 1.771 69,1
Iscritti/frequentanti corsi OSS 103 4,0
Senza titoli/ requisiti misure corsi OSS 690 26,9
Totale occupati 2.564 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
La necessità di adeguare gli addetti in servizio attivo nelle imprese cooperative con la coerente
qualifica professionale resta quindi un nodo critico, numericamente significativo e di seguito i dati
della rilevazione aiutano a cogliere alcuni aspetti di profilo. Al fine di integrare e di comparare la
situazione professionale degli operatori di assistenza occupati nelle imprese cooperative con altri
soggetti pubblici e privati del sistema di welfare regionale l’indagine aveva l’obiettivo di
approfondire la condizione professionale di questi operatori senza qualifica; lo sforzo è stato
quello di aggiungere elementi oggettivi di analisi che, a partire da questo sub campione di
cooperative sociali, confermino le necessità quantitative di riqualifica di tutto l’universo degli
addetti in attività assistenziali. Sia pur in assenza di una banca dati univoca e in presenza di fonti
settoriali è comunque possibile apportare considerazioni utili all’analisi del contesto regionale e
alla pianificazione dei futuri fabbisogni di questa figura professionale.
Rispetto agli operatori occupati privi della qualifica OSS si può evidenziare che
complessivamente un terzo di questi addetti è in possesso di diplomi o attestati (per alcuni – il
6,1% – conseguiti con percorsi scolastici di scuola superiore di II grado di operatore o tecnico dei
servizi sociali, per altri di pregresse qualifiche professionali quali quelle di ADEST/OTA – il 6,0% –
del totale, oppure di percorsi formativi regionali brevi come gli attestati di frequenza riferibili a
“Competenze minime” – il 20,6%). I restanti 466 occupati in mansioni assistenziali – il 67,3% –
sono in possesso di altri titoli, diversi dai sopra ricordati o non hanno maturato gli attuali requisiti
per accedere ai corsi formativi regionali di riqualifica di “Misure compensative” (cfr. tab. 2).
5 Il riferimento delle fonti di analisi è relativo alle banche dati del SISSR, dei censimenti 2019 dell’Area Welfare relativi
alle residenze assistenziali, ai servizi e strutture per persone disabili, alle strutture per minori e dei Rapporti sociali
regionali 2015 e 2016.
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Tab. 2 – Condizione professionale degli occupati con mansioni assistenziali privi del titolo OSS, val.ass. e %
Occupati senza titolo OSS N° %
In possesso dell’attestato di competenze minime 141 20,6
Qualifica ADEST/OTA 41 6,0
Diploma Operatore/Tecnico dei servizi sociali 42 6,1
Altri titoli o senza requisiti accesso misure di riqualifica 466 67,3
Totale 690 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
La criticità della carenza di operatori OSS è presente da tempo nel contesto regionale e nelle
cooperative sociali si ripresenta con regolarità nel corso degli ultimi anni: anche nella rilevazione
interna avviata dalle cooperative nel 2015 gli occupati con regolare possesso del titolo
professionale si attestavano a non più dei due terzi degli occupati in attività assistenziali.
Numerose possono essere, ancor oggi, le ragioni che giustificano questo numero elevato di
operatori che dovrebbero essere tutti in possesso della qualifica base di OSS. Per alcuni
imprenditori sociali è la difficoltà di reperire operatori OSS formati e disponibili, per altri sono le
limitazioni poste in essere dalle offerte degli appalti e dalle esternalizzazioni di servizi pubblici, con
le relative politiche di contenimento della spesa pubblica, oppure le rigidità imposte dalle stazioni
appaltanti a fronte di una elevata flessibilità richiesta negli orari di erogazione dei servizi; per altri
ancora è il turn over permanente del personale verso opportunità d’impiego più remunerative.
Così si esprimono alcuni imprenditori sociali:
«L’operatore socio-sanitario, per noi, è la figura strategica prevalentemente […] figura
importantissima sia nelle strutture geriatriche, sia in quelle della salute mentale […] C’è stata
un’elevazione della formazione di personale già allocato, senza compensare con la formazione
di personale nuovo in sostituzione ai pensionamenti, ai cambi di settore lavorativo e al continuo
assorbimento da parte delle aziende sanitarie. Il territorio provinciale, ora, è molto carente e,
anche se offriamo alloggio gratuitamente ai residenti in altre zone, facciamo molta fatica a
coprire il nostro fabbisogno professionale perché la gente non si trasferisce per lavori
temporanei [coop 4]».
«Abbiamo sempre difficoltà a reperire figure qualificate in possesso di determinati titoli. La gran
parte dei nostri servizi – circa due terzi – è rivolta agli anziani e le nostre difficoltà di reperimento
riguardano gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e i fisioterapisti, tutte figure che, sul
territorio regionale, non sono sufficientemente presenti. La formazione effettuata è
quantitativamente scarsa rispetto alla domanda di lavoro. Anni fa erano stati avviati percorsi di
qualifica delle figure non specializzate con duecento ore di competenze minime e avevamo
avuto qualche possibilità di inserimento in più, ma ora siamo costretti a cercare personale in
altre regioni del Sud Italia, dove vengono formati molti giovani che si spostano qui dalla Sicilia,
dalla Sardegna o dalla Calabria [coop 3]».
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«Qualche difficoltà c’è sempre. Quando troviamo persone che riescono a inserirsi nel nostro
contesto, altre offerte di lavoro, ad esempio spesso nell’azienda sanitaria, ce le portano via. Tutti
gli operatori assunti con i concorsi pubblici fanno formazione nell’ambito delle cooperative,
provocando una situazione di turn over permanente. Dobbiamo individuare di volta in volta gli
operatori che sostituiscono quelli che se ne vanno. Il mercato del lavoro, di fatto, delega al
sistema della cooperazione l’onere di addestrare le figure professionali prima di collocarle in
posti meglio remunerati [coop 1]».
«Le offerte contrattuali che noi facciamo agli operatori socio-sanitari non sono sempre allettanti
perché rispondono a capitolati d’appalto che richiedono una flessibilità elevata, una presenza in
determinate ore o un part-time frammentato. Difficilmente gli operatori socio-sanitari hanno un
tempo pieno, quindi anche il livello retributivo non è elevato. Il problema, sul mercato del lavoro,
non riguarda l’offerta di professionalità, ma la domanda. La questione annosa è sempre quella:
noi ci attrezziamo per avere operatori formati, ma l’ente pubblico, di fatto, non modifica il costo
orario al fine di ottemperare al rispetto dei costi. Il problema sta nel quanto ci viene riconosciuto.
[coop 2]».
«… L’altro grande problema è rappresentato dai concorsi pubblici che svuotano le cooperative
sociali di risorse e professionalità. Non appena intravedono la possibilità di lavorare nell’azienda
ospedaliera o in una casa di riposo pubblica, gli operatori se ne vanno perché lì ci sono differenze
sia nella remunerazione che nel monte ore contrattuale. Il nostro contratto prevede trentotto
ore settimanali, mentre nel pubblico sono trentasei per una paga migliore e un posto di lavoro
sicuro [coop 3]».
«…Il mercato del lavoro è assolutamente inadeguato in rapporto alle esigenze della
cooperazione. Le figure più difficili da reperire sono gli operatori socio-sanitari, nel senso che il
nostro fabbisogno è superiore a quello che il mercato offre. È un problema di quantità. In Friuli
Venezia Giulia non ci sono OSS. Diversi ne arrivano dalle altre regioni o dall’Europa dell’Est.
Spesso, inoltre, gli operatori escono da una cooperativa ed entrano in un’altra perché ottengono
una migliore offerta economica, per non parlare degli ospedali e delle aziende sanitarie che, con
i concorsi, “rastrellano” gran parte del personale alle cooperative…[anche] altri operatori –
educatori, fisioterapisti, parrucchiere, assistenti sociali, psicologi e pedagoghi – sono figure
ormai di nicchia e difficili da trovare [coop 5]».
Le opinioni sopra riportate offrono spunti generali per riflettere sulle criticità della domanda e
offerta di alcune professionalità necessarie a perseguire obiettivi e strategie d’impresa che ormai
si collocano in una vasta gamma di settori operativi. In particolare per gli operatori addetti
all’assistenza senza titolo OSS l’intervento si concentra prevalentemente nei servizi in favore delle
persone anziane, con disabilità e nella salute mentale, sia che si tratti di servizi residenziali o
semiresidenziali oppure di servizi territoriali/scolastici (cfr. tab.3). I settori sono quelli in cui
operano le imprese; una maggior trasversalità tra i diversi settori si registra nei servizi territoriali
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e/o scolastici. Il problema della riqualificazione del personale non è quindi una condizione
concentrata su uno specifico settore assistenziale bensì generale, intersettoriale.
Tab.3 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS per tipologia di settore, val. %
Occupati senza titolo OSS per
settore assistenziale
% occupati nei servizi
semi-resid. e residenziali
% occupati nei servizi
territoriali e scolastici
Anziani 22,6 35,0
Persone con disabilità 31,2 22,0
Dipendenze 0,0 6,2
Salute mentale 32,0 20,5
Minori 0,0 10,1
Migranti 14,2 6,2
Totale 100,0 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
Le diversità tra i diversi settori d’intervento e le tipologie di situazione operativa, come ad
esempio una realtà residenziale o semiresidenziale, più strutturata per specifiche mansioni
rispetto a realtà territoriali che operano anche a domicilio, a casa del beneficiario come nel caso
dell’assistenza domiciliare, hanno comunque conseguenze che influiscono nel percorso formativo
per le particolarità delle professioni sociali che non si definiscono esclusivamente nel percorso di
base ma implicano una formazione diretta, con esperienze in condizione reale. La permanente
sostituzione del personale comporta un addestramento iniziale, un affiancamento costante e
continuativo che non facilita la gestione organizzativa. E’ comunque una pratica ormai ordinaria e
non solo la risposta ad emergenze o criticità congiunturali. Secondo alcuni imprenditori sociali si
dovrebbe riflettere nel merito delle specifiche competenze collegate ai settori e nella diversità
delle situazioni operative, più o meno strutturate e definite dalle modalità organizzative di risposta
assistenziale.
«L’OSS domiciliare non è l’OSS della struttura. Lavorare sul territorio è più difficile […] In alcuni casi
si è soli e, mentre in struttura si fa l’igiene e la messa a letto, bisogna fare una serie di attività,
dalla consegna dei pasti all’igiene, dal fare la spesa a parlare con il medico. L’OSS che ha appena
terminato un percorso in struttura deve essere adeguatamente affiancato sul territorio […] Stesso
discorso per l’educatore socio-sanitario o socio-pedagogico territoriale. Deve conoscere il
territorio e svolgere più attività. Non esiste il discorso “io sono educatore e mi occupo solo del
progetto”. L’utente deve anche essere accompagnato in bagno, quindi facciamo una formazione
sulle competenze pratiche che parte innanzitutto dalle esigenze della nostra utenza: un conto è la
persona con disturbi comportamentali, un conto il malato terminale. Alcuni appalti, infine,
richiedono percorsi formativi sul primo soccorso o sull’utilizzo degli ausili di trasporto e la garanzia
di un minimo di formazione inerente al loro oggetto [coop 6]».
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Il problema, come sotto si può intuire, è generale e non solo specifico di una singola
qualifica professionale.
«I percorsi di formazione dovrebbero affiancare il piano pratico a quello culturale. Se faccio
l’operatore domiciliare, devo sapere che, entrando a casa di una persona, il cane può abbaiare, la
persona mi può rispondere male o l’ambiente domestico può essere igienicamente non a posto.
Agli educatori, poi, si dovrebbero fare tirocini pratici già nelle scuole, visto che, molto spesso,
devono accompagnare disabili, saper manovrare una carrozzina e così via [coop 1]».
Continuando nell’analisi del profilo degli occupati senza titolo OSS si può osservare che il 65,5%
del totale ha un’età inferiore ai 50 anni e che il 22,3% registra un età compresa tra i 50 e il 59 anni;
il 12,2% registra un’età di 60 o più anni (cfr. tab.4). Se l’età o l’avvicinarsi a opportunità di
quiescenza può rappresentare una resistenza quest’ultima può essere considerata la percentuale
di addetti con difficoltà di motivazione a intraprendere nuovi percorsi di studio e riqualificazione;
la percentuale rilevata dall’indagine è superiore a quella stimata per tutto il sistema regionale che
attesta al 4/6% degli operatori OSS dipendenti occupati il fabbisogno di sostituzione di personale
in età superiore ai 60 anni.
Rispetto alla residenza la metà circa (il 50,1%) abita in Comuni della ex provincia di Udine, il
18,8% nel goriziano, il 9,5% a Trieste e il 19,8% nel pordenonese (cfr.tab. 5).
Tab.4 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS attivi per classi d’età, val ass. e %
Occupati senza titolo OSS per classi d’età N° %
Fino a 49 anni 452 65,5
In età compresa tra i 50 e i 59 anni 154 22,3
Oltre i 60 anni 84 12,2
Totale occupati 690 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
Tab.5 – Personale addetto ai servizi di assistenza privi del titolo di OSS attivi per residenza, val. ass. e %
Occupati senza titolo OSS per residenza N° %
Trieste 66 9,5
Gorizia 130 18,8
Udine 346 50,1
Pordenone 136 19,8
Fuori regione ma attivi in FVG 12 1,8
Totale occupati 690 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
Alla domanda di prevedere per il prossimo triennio il fabbisogno aggiuntivo di operatori con
qualifica professionale di base le imprese indagate, attive nei servizi assistenziali, riconoscono
13
questa necessità e indicano complessivamente un fabbisogno futuro di ben 612 operatori socio-
sanitari. A questa previsione, prevalente per urgenza, si accompagna anche un fabbisogno
ulteriore di altre figure qualificate ritenute funzionali nel dare concretezza alle diverse richieste di
servizi specialistici o di servizi integrati alle ordinarie prestazioni assistenziali. La tabella 6 prevede
una stima del fabbisogno di queste professionalità, aggiuntivo all’attuale organico o in sua
sostituzione, finalizzato a garantire servizi e interventi per il triennio 2019-2021 (cfr.tab. 6).
Tab.6 – Stima del fabbisogno di professionalità assistenziali per il triennio 2019-2021, aggiuntivo all’attuale
organico o in sua sostituzione, finalizzato a garantire servizi e interventi, val. ass.
Stima di fabbisogno nei servizi di assistenza nel triennio 2019-2021 N°
OSS 612
Autisti addetti al trasporto assistenziale e sociosanitario 34
Operatori/tecnici dell’inserimento lavorativo 14
Personale infermieristico e sanitario 50
Altre figure professionali (ausiliari della ristorazione, ass. sociali, educatori, ecc.) 33
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno formativo assistenziale, 30 imprese
Alcuni imprenditori sociali così si esprimo:
«Abbiamo necessità di autisti per le persone disabili. Le patenti richieste sono le stesse, ma manca
la formazione all’accompagnamento del disabile. Non basta saper guidare, bisogna saper
maneggiare gli ausili. Rimane inoltre, anche per gli autisti, il problema degli orari frazionati lungo
la giornata. Applichiamo venti o venticinque tipologie diverse di part-time. Le assistenti ai pulmini
devono fare cinquanta minuti al mattino e altri cinquanta al pomeriggio… [coop. 7]»
«Gli appalti, da un lato, chiedono figure super professionali per poche ore e, nel contempo, il
mantenimento di un turn-over bassissimo. Viene richiesta la massima flessibilità in cambio della
massima rigidità contrattuale. Com’è possibile? Anche la persona in possesso di più patenti,
appena trova un’offerta migliore se ne va [coop. 8]».
«Abbiamo necessità di personale infermieristico perché viene ciclicamente depredato dalle
aziende sanitarie e si caratterizza per un continuo turn-over. In questo momento, inoltre, abbiamo
appena pubblicato un annuncio per la ricerca di un coordinatore… [coop. 10]».
3. Fabbisogno di operatori con professionalità educative
La professionalità prevalente nei servizi di natura educativa è quella dell’educatore, figura
storica nel sistema dei servizi alla persona e alla comunità. Fin dagli anni 50 era presente nelle
strutture educative, spesso organizzate da enti religiosi, ma senza un riconoscimento formale dal
14
punto di vista professionale. Nel corso dei decenni successivi la figura e i percorsi formativi si sono
evoluti per arrivare a una situazione che si è di fatto caratterizzata in due profili (Educatore
professionale ed Educatore) che ha dato luogo a non poche incertezze e difformità applicative in
diversi contesti regionali. Di recente è con la legge 205/2017 che si modifica il quadro generale di
questa figura professionale. Con i commi 594-601, si norma la qualifica di Educatore professionale
socio-pedagogico, attribuita a chi consegue un diploma di laurea nella classe di Laurea L-19,
Scienze dell’Educazione e della Formazione. In via transitoria e a sanatoria di una situazione
rispetto a pratiche operative in atto nei sistemi di welfare regionali la legge 205/2017 ha previsto
che “l’acquisizione della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico, per coloro che
sono inquadrati come educatore nelle amministrazioni pubbliche o hanno svolto attività di
educatore per almeno 36 mesi o siano in possesso del diploma magistrale anteriore al 2002,
previo superamento di un corso di formazione di 60 CFU, entro tre anni, organizzato dagli atenei;
oppure per coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato negli ambiti educativo,
formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e
informale, a condizione che abbiano età superiore a cinquanta anni e almeno dieci anni di servizio,
ovvero abbiano almeno venti anni di servizio. Viene mantenuto inalterata la figura dell’Educatore
professionale che acquisisce la specificazione di “socio-sanitario” per essere distinto dal primo”6.
In seguito con la legge 3/2018 e in particolare con l’art 5 “Istituzione dell’Area delle professioni
sociosanitarie” si prevede l’inserimento della figura dell’educatore professionale socio-sanitario
nell’area sociosanitaria e l’attivazione di uno specifico albo. Inoltre con la legge 145/2018 (commi
539-540), “viene estesa l’equipollenza dei titoli rilasciati dalle medesime Regioni già interessate
dal DM 22 giugno 2016, ad un periodo temporale successivo al 17/3/1999; […con i commi 537 e
538 si prevede] l’istituzione, con decreto del Ministro della salute, di elenchi speciali ad
esaurimento per l’iscrizione di coloro che svolgono o abbiano svolto un’attività professionale in
regime di lavoro dipendente o autonomo, per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non
continuativi, negli ultimi dieci anni”7; con il comma 517 inoltre si estende l’ambito di attività
dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista ai presidi sociosanitari e della
salute limitatamente agli aspetti socio-educativi.
La situazione attuale prevede quindi due canali formativi uno sanitario e uno sociale-
umanistico. I contesti operativi si possono così riassumere:
• l’educatore professionale socio-sanitario che “opera in ambito sanitario nei servizi
riabilitativi di varia intensità e di diversa tipologia, soprattutto in ambito territoriale: servizi
rivolti a persone con disabilità - centri diurni, comunità alloggio, case famiglia, centri di
formazione professionale; servizi di prevenzione e riabilitazione delle tossicodipendenze -
comunità terapeutiche, operatori di strada, SERT”8;
• l’educatore professionale socio-pedagogico che “opera prevalentemente nei servizi per la
famiglia e i minori (servizi per la prima infanzia, consultori famigliari, comunità alloggio);
servizi rivolti a persone con disabilità (centri diurni, comunità alloggio, case famiglia, centri di
6 Indagine conoscitiva per la ridefinizione dei profili degli ambiti occupazionali delle figure di educatori e pedagogisti,
Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, Roma 17 aprile 2019, pp.4-5. 7 Ibid., p.5.
8 Ivi.
15
formazione professionale); servizi di prevenzione e riabilitazione delle tossicodipendenze
(comunità terapeutiche, operatori di strada, SERT); servizi per l’integrazione degli immigrati
(mediazione culturale, associazionismo etnico); servizi verso adulti e anziani (animazione,
accompagnamento e sostegno nelle situazioni di difficoltà, orientamento e inserimento
lavorativo); servizi di tutela (donne vittime di forme di schiavitù, sportelli di segretariato
sociale);servizi nell’area della marginalità sociale (carceri, persone senza fissa dimora, area
della prostituzione e sfruttamento)”9.
In un quadro normativo nuovo e in una fase di avvio dei corsi intensivi speciali (avviati
dall’Università degli studi di Trieste, sede di Portogruaro e dall’Università di Udine unitamente a
quelli di Università telematiche) l’indagine presso le cooperative sociali aveva l’obiettivo principale
di quantificare i possibili soggetti interessati alla futura ridefinizione delle figura dell’educatore. La
rilevazione ha coinvolto un campione di 48 cooperative sociali che operano in strutture e servizi
con interventi di natura educativa e registra un numero di occupati che si attestano, al 31
dicembre 2018, complessivamente in 2.001 operatori.
Di questo numero complessivo solo un quarto circa (il 23,9% del totale occupati) fa riferimento
a lauree o percorsi formativi che rientrano a vario titolo nella professionalità della figura
dell’educatore ( laurea in educazione professionale o a lauree di tipo educativo e pedagogico di
scienze della formazione, corsi professionali regionali, ecc.). La gran parte degli occupati (il 76,1%)
si distribuisce tra la laurea in psicologia il 16,6%, altre lauree di indirizzo non psicopedagogico o
educativo il 17,7% e il diploma di scuola media di II grado per il 41,8% (cfr. tab.7).
Tab.7 – Titolo di studio posseduti dal personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura
educativa, val.%
Occupati in servizi di natura educativa per titolo %
Laurea in Educazione professionale 7,5
Laurea in Scienze della formazione 0,6
Laurea in Scienze dell’Educazione 12,2
Laurea in Scienze pedagogiche 1,4
Laurea Tecnico della riabilitazione psichiatrica 0,4
Laurea Terapista occupazionale 0,3
Attestato corsi professionali regionali 1,5
Laurea in Psicologia 16,6
Altra laurea escluse le precedenti 17,7
Diploma/altro 41,8
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese
Questa distribuzione degli occupati sulla base dei titoli di studio pregressi, confermando
precedenti rilevazioni sulla numerosità e difformità degli occupati nel contesto regionale in
mansioni educative in servizi residenziali, semiresidenziali e territoriali, fa cogliere l’importanza di
9 Ibid., p.6.
16
una fase evolutiva della professione educativa determinata dalle recenti norme legislative che
porterà a livelli più coerenti e adeguati tutto il sistema degli interventi educativi. Questo non
esclude che nella fase transitoria persistano difficoltà o modalità interpretative delle nuove norme
con possibilità di ulteriori modifiche o adattamenti. A questo proposito alcuni imprenditori sociali
così si esprimono:
«Per noi, sono strategiche le figure dell’educatore socio-pedagogico e dell’educatore socio-
sanitario. Nel corso degli anni gli enti appaltanti hanno chiesto sempre più titoli di studio o
esperienze pregresse per i servizi educativi, dalle lauree in scienze educative, psicologiche o
pedagogiche al tema degli anni e dei luoghi di lavoro precedenti. La legge Iori, adesso, sta
cambiando tutto e pretende che tutte le persone che lavorano in ambito educativo abbiano la
laurea in scienza dell’educazione. Abbiamo dunque il grosso problema di reperire la figura
l’educatore socio-pedagogico perché, in questo momento, la laurea fa capo all’Università di
Trieste, ma si è attivata presso il polo di Portogruaro. A [...], risiedono molti laureati in psicologia o
servizio sociale, ma pochi in scienze dell’educazione. Con l’uscita della legge Iori, questi ultimi sono
richiesti in moltissime gare e noi facciamo fatica a reperirli altrove per farli venire a lavorare a
tempo parziale o determinato nel nostro territorio [coop 9]».
«Un’altra criticità è rappresentata dalla suddivisione tra la figura educativa che opera in ambito
socio-pedagogico e quella dell’educatore socio-sanitario. Adesso, con il maxi-emendamento di
dicembre, dovrebbero consentire, sostanzialmente, che la prima figura possa operare anche nei
contesti socio-sanitari, pur non prevedendo l’inverso. È bizzarro perché, in genere, chi opera in
campo educativo fa tirocini anche con disabili, minori e pazienti psichiatrici. La duplicazione delle
due figure è il più grande problema. Dovrebbero essere unificate in una sola, non ha senso tenerle
separate. Anche gli enti appaltanti fanno fatica a interpretare le norme in vigore [coop 10]».
«Riguardo agli educatori socio-sanitari e socio-pedagogici, si fa fatica a trovare personale in
possesso di laurea. Non ci sono tante figure formate, quante ne servirebbero. E poi c’è un
problema ulteriore: il numero di ore affidate agli educatori in alcuni servizi scolastici domiciliari è
troppo basso, quindi questi incarichi lavorativi sono poco appetibili. Un po’ meno difficoltà si
incontrano nell’area minori e disabili, dove vengono offerti part-time alti che somigliano quasi a
tempi pieni [coop 8]».
«Si dovrebbero fare tirocini più lunghi all’interno dei percorsi formativi, magari incentrati
sull’alternanza tra scuola o università e lavoro. I laureati in educazione professionale socio-
sanitaria, ad esempio, fanno tre tirocini nel corso dei tre anni in tre ambiti diversi, mentre il
laureato in scienze dell’educazione ne fa uno solo. Sarebbe utile fare tirocini su più ambiti per
tutti, dai minori alla psichiatria, fino alle dipendenze e alle disabilità [coop 9]».
Le considerazioni in merito alla diversità tra i diversi settori d’intervento e le tipologie di
situazione operativa, come già esplicitato descrivendo i settori operativi d’intervento
17
dell’operatore socio-sanitario, possono essere estese anche alle figure educative in quanto la
formazione esperienziale, sul campo è determinante nell’apportare qualità ed efficacia.
«Il problema degli educatori domiciliari è che, quando arrivano da noi, non hanno il percorso di
studi e le competenze riguardanti la dimensione assistenziale e non riescono a occuparsi della
persona nella sua totalità. Se nella struttura riusciamo a gestire la separazione delle competenze,
sul territorio non si può fare [coop 2]».
Sulla base della risultanze della rilevazione, in merito al settore di attività, gli occupati in servizi
di natura educativa si distribuiscono in tutti i settori sia nei servizi residenziali o semiresidenziali
che in quelli territoriali o scolastici. Si registra comunque che nei primi la loro presenza si
concentra prevalentemente in servizi riferiti a persone con disabilità e a minori, nei secondi invece
sono in gran parte attivi nei servizi riferiti ai minori in situazione di disagio (l’educativa territoriale)
e sub ordine a quelli della disabilità; in entrambi una parte degli addetti è impegnata anche nei
servizi relativi alla salute mentale (cfr. tab.8).
Rispetto all’età gli operatori attivi in servizi di natura educativa sono prevalentemente giovani
(l’84,7% ha meno di 50 anni); il 12,6% registra un età compresa tra i 50 e il 59 anni e solo il 2,7%
un’età di 60 o più anni. Rispetto alla residenza una quota significativa (il 40,7%) abita in Comuni
della ex provincia di Udine, il 31,0% a Trieste e il 16,4% nel pordenonese; con percentuali
contenute nel goriziano (cfr.tabb.9 e 10).
Tab.8 – Il personale occupato in servizi di natura educativa per tipologia di settore, val.%
Occupati in servizi di natura
educativa
% occupati nei servizi
semi-resid. e residenziali
% occupati nei servizi
territoriali e scolastici
Anziani 2,7 0,2
Persone con disabilità 53,0 21,6
Dipendenze 4,1 0,2
Salute mentale 9,3 5,3
Minori 24,2 71,6
Migranti 6,7 1,1
Totale 100,0 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese
Tab.9 – Il personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura educativa per classi d’età, val.%
Occupati in servizi di natura educativa per classi d’età %
Fino a 49 anni 84,7
In età compresa tra i 50 e i 59 anni 12,6
Oltre i 60 anni 2,7
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese
18
Tab.10 – Il personale occupato nelle cooperative sociali in servizi di natura educativa per residenza, val. %
Occupati in servizi di natura educativa per residenza %
Trieste 31,0
Gorizia 8,5
Udine 40,7
Pordenone 16,4
Fuori regione ma attivi in FVG 3,4
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese
Alla domanda di prevedere o stimare per il triennio 2019-2021 il fabbisogno, aggiuntivo e
coerente con le nuove normative nazionali, le imprese indagate, attive nei servizi educativi,
riconoscono questa necessità e indicano complessivamente in 550 il numero di educatori laureati
(educatore professionale sociosanitario, educatore socio pedagogico) necessari.
Alla previsione di queste figure professionali, indispensabili per potenziare i servizi erogati
adeguandoli alle nuove normative, le imprese cooperative indicano ulteriori professionalità
funzionali alle richieste formulate sovente nei capitolati di gara degli appalti e alle specificità di
alcuni servizi integrati tra assistenza e sanità. La tabella 11 prevede una stima del fabbisogno di
queste professionalità, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, per il triennio 2019-
2021 (cfr.tab.11).
Tab.11 – Stima del fabbisogno di professionalità educative, aggiuntivo all’attuale organico o in sua sostituzione, per il triennio 2019-2021 finalizzato a garantire servizi e interventi, val. ass.
Stima di fabbisogno nel triennio 2019-2021 N°
Educatori con laurea 550
Animatori 14
Mediatori culturali 30
Tecnici della comunicazione/lingua italiana dei segni 40
Tecnici della riabilitazione psichiatrica 31
Terapisti occupazionali 32
Personale infermieristico/Fisioterapisti 80
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese
Da un punto di vista qualitativo alcuni imprenditori sociali esprimono queste considerazioni:
«In futuro serviranno laureati in scienze dell’educazione, in educazione professionale e assistenti
per la comunicazione. Gli appalti, in particolare, continuano a chiedere quest’ultima figura,
rispetto alla quale abbiamo un fabbisogno emergente .... Ha competenze educative, ma anche di
supporto al bambino sordo. È una figura praticamente impossibile da trovare perché non stanno
facendo i corsi per formarla [coop 7]».
19
«C’è bisogno di una maggior professionalità dei ragazzi laureati in psicologia o discipline
umanistiche, oppure provenienti da istituti professionali psico-pedagogici o come le vecchie
magistrali. Non è un problema che riguarda il fabbisogno di OSS, ma di quelli che noi chiamiamo
operatori per l’assistenza alla persona. Non si occupano di un’assistenza fisica, ma lavorano sulla
relazione con l’utenza, spingendola a prendersi cura dell’abitazione, delle attività socializzanti.
Hanno una valenza educativa e affiancano le persone durante la giornata. Il loro titolo di studio, a
voler essere coerenti, sarebbe quello di operatore della riabilitazione psichiatrica, ma la possibilità
di acquisirlo c’è solo a Trieste, città che assorbe quei pochi soggetti in possesso di questa qualifica
[coop 10]».
«… c’è una scarsa connessione tra il mondo della formazione e quello del lavoro. I ragazzi che
arrivano qui sono bravi a stare dietro a una scrivania, ma non sono preparati a trattare e insistere
con un’utenza che deve essere motivata ad alzarsi, rifarsi il letto, lavarsi, fare colazione, vestirsi
adeguatamente, pianificarsi la spesa, farsi da mangiare e ricercare attività stimolanti da fare sul
territorio. I tirocini universitari o i progetti di alternanza scuola lavoro sarebbero un’ottima
soluzione per formare tali operatori, ma per noi rappresentano un appesantimento in una
situazione di continua emergenza e scarsa tranquillità lavorativa [coop 6]».
«Bisognerebbe creare figure educative con percorsi professionalizzanti adatti ai bisogni delle
strutture residenziali e dei servizi psichiatrici domiciliari che non è quello dello psicoterapeuta per il
paziente seduto sul lettino, ma di un operatore che condivide le attività quotidiane con l’utente
[coop 4]».
Infine alle imprese coinvolte nella rilevazione e attive con servizi di natura educativa è stato
chiesto di quantificare il numero dei potenziali interessati alle recenti normative che si riferiscono
alla figura professionale, in particolare alla legge 27 dicembre 2017 n.205, art.1, commi 594-601,
in seguito modificata dalla legge 30 dicembre 2018 n.145, art.1, c.517 (cosiddetta “legge Iori”).
L’obiettivo era quello di cogliere la situazione oggettiva del personale occupato in mansioni
educative registrando, alla data della rilevazione, il numero di occupati interessati dalla normativa
o rientranti nella sanatoria in corso.
Il numero complessivo registrato alla data sopra ricordata è di 1.244 operatori interessati,
suddivisi in 887 occupati compresivi di coloro che hanno svolto un’attività di educatore per non
meno di tre anni, anche se non continuativi (642 occupati che possono acquisire la qualifica di
educatore professionale socio pedagogico previo un corso intensivo di formazione per 60 crediti
formativi universitari da intraprendere entro il 2020) e di coloro che, titolari di contratto a tempo
indeterminato, hanno un’età superiore ai 50 anni e 10 di esperienza lavorativa (130 occupati),
oppure di età inferiore con almeno 20 anni di esperienza (115 occupati) che pur potendo
partecipare ai corsi intensivi di cui sopra ottengono comunque la qualifica ope legis. Per ulteriori
357 occupati, con una esperienza lavorativa di almeno 12 mesi alla data del 1 gennaio 2018,
possono, ai sensi dell’art.1, c. 599 della legge 205/2017, continuare ad esercitare l’attività di
educatore. Il mancato possesso della qualifica di educatore socio pedagogico non può infatti
20
costituire, direttamente o indirettamente, motivo di risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro
in corso alla data del 1.1.2018 né per la loro modifica (cfr. tab.12). Il numero degli occupati (di cui
le imprese cooperative sono a conoscenza) che alla data della rilevazione risultano iscritti a
percorsi speciali per acquisire la qualifica di educatore socio pedagogico erano 280. Va precisato
che a quella data era stato avviato il percorso dell’Università degli Studi di Trieste (sede di
Portogruaro, con 290 iscritti), in fase di preiscrizione quello dell’Università di Udine (250 posti) e in
attesa un ulteriore corso a Trieste per dare opportunità ai diversi territori di raggiungere i
potenziali beneficiari, per il quale le associazioni regionali della cooperazione sociale hanno già
raccolto circa 230 prenotazioni.
Tab.12 – Esperienza lavorativa pregressa del personale impegnato in servizi di natura educativa al 1
gennaio 2018 (alla data di entrata in vigore della cosiddetta legge Iori), val. ass.
Occupati in servizi di natura educativa al 1.01.2018 N°
Almeno 12 mesi 357
Almeno 3 anni anche non continuativi 642
10-19 anni (con 50 anni e +10 anni di esperienza lavorativa) * 130
Oltre 20 anni di esperienza lavorativa * 115
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori, 48 imprese *Il personale deve essere in possesso di un contratto a tempo indeterminato
4. Fabbisogno di educatori per la prima infanzia
Il Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 65 (Istituzione del sistema integrato di educazione e di
istruzione dalla nascita sino a sei anni) – meglio noto come decreto della Buona Scuola – ha
introdotto precise disposizione in materia di servizi educativi per l'infanzia e per la figura
dell’educatore per la prima infanzia. In particolare l’art. 4, comma 1, lettera e) prevede una
qualificazione universitaria prevedendo il conseguimento della laurea triennale in Scienze
dell’Educazione e della Formazione nella classe L 19 ad indirizzo specifico per educatori dei servizi
educativi per l'infanzia o della laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione
primaria, integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari,
da svolgersi presso le università con modalità da definite con Decreto del Ministro dell'istruzione,
dell’università e della ricerca. A decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, l'accesso ai posti di
educatore di servizi educativi per l'infanzia è consentito esclusivamente a coloro che sono in
possesso dei titoli indicati all’art. 14 del d. leg. 65/2017, facendo salvi gli accessi avvenuti in
precedenza. Continuano ad avere validità i titoli, riconosciuti in precedenza validi dalla normativa
regionale (di cui art. 1 comma 1 L.R. 15/1995 e art. 29 comma 5 L.R. 20/2005) se conseguiti entro
la data di entrata in vigore del decreto legislativo (31 maggio 2017). Il ritardo nella relativa
attuazione di questa nuova normativa crea però non poche incertezze e preoccupazioni.
21
La rilevazione, che ha coinvolto un campione di 19 cooperative sociali che operano in servizi per
la prima infanzia (0-3 anni), registra un numero di occupati che si attestano, al 31 dicembre 2018,
complessivamente in 342 operatori occupati con mansioni educative (mentre non sono state
indagate le altre figure previste dalla normativa regionale vigente). Prevalgono gli occupati con
titoli conseguiti ai sensi della LR 20/2005 alla data del 31 maggio 2017, data di entrata in vigore del
decreto 65/2017 (cfr. tab. 13).
Tab.13 – Il personale occupato in servizi per la prima infanzia con compiti educativi, val. ass.
operatori addetti a servizi per la prima infanzia con compiti educativi (0-3 anni)
al 31.12.2018
N°
Occupati con titoli ai sensi della LR 20/2005 (titoli acquisiti entro il 31.05.2017)
259
Occupati con laurea in scienze dell’educazione (L19) o in scienze della
formazione primaria
83
Totale Addetti a servizi per la prima infanzia con compiti educativi 342
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori prima infanzia, 19 imprese
Rispetto ai settori di attività sono dominanti il servizio relativo ai nidi e di seguito ai servizi
definiti integrativi (secondo la normativa regionale). Rispetto all’età gli operatori attivi in servizi di
natura educativa sono prevalentemente giovani (l’86,0% hanno meno di 50 anni); il 12,4% registra
un età compresa tra i 50 e il 59 anni e solo l’1,6% un’età di 60 o più anni. Rispetto alla residenza
una quota significativa (il 58,%) abita in Comuni della ex provincia di Pordenone, il 19,4% a in
quella di Udine, il 12,8% a Trieste e l’8,5% nel goriziano (cfr.tabb.14, 15 e 16).
Tab.14 – Il personale occupato in servizi per la prima infanzia, per settori di attività, val. %.
Occupati in servizi per la prima infanzia per tipologia %
Nidi 91,1
Servizi integrativi 8,9
Servizi sperimentali 0,0
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori prima infanzia, 19 imprese
Tab.15 – Il personale occupato in servizi per la prima infanzia, per classi d’età, val.%
Occupati in servizi per la prima infanzia per classi d’età %
Fino a 49 anni 86,0
In età compresa tra i 50 e i 59 anni 12,4
Oltre i 60 anni 1,6
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori prima infanzia, 19 imprese
22
Tab. 16 – Il personale occupato in servizi per la prima infanzia, per residenza, val. %
Occupati in servizi per la prima infanzia per residenza %
Trieste 12,8
Gorizia 8,5
Udine 19,4
Pordenone 58,0
Fuori regione ma attivi in FVG 1,3
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno educatori prima infanzia, 19 imprese
La previsione del fabbisogno di operatori qualificati per il triennio 2019-2021 dalle imprese
indagate, attive nei servizi per la prima infanzia viene quantificato in 124 educatori per la prima
infanzia.
Anche per questa figura professionale gli imprenditori sociali intervistati evidenziano alcune
criticità operative.
«Facciamo fatica a reperire sul mercato del lavoro gli educatori per la prima infanzia, quando dobbiamo
sostituirli per necessità di salute personali o dei loro familiari. La legge impone il possesso dei titoli, ma la
differenziazione dei percorsi universitari non è ancora avvenuta e chi sta studiando ora sarà occupabile
solo tra un paio di anni. Sarebbe bene che, in questa fase di transizione, lasciassero la possibilità di
colmare il gap attraverso personale con esperienza pluriennale e i vecchi titoli abilitanti alla professione.
Non si possono fare le cose in ritardo dall’oggi al domani [coop 5]»
«Gestiamo asili nido e, per noi, gli educatori per l’infanzia sono figure strategiche. Finora erano maestre
con diploma magistrale o varie altre lauree brevi. […] lavorano con noi anche i coordinatori pedagogici,
persone con qualifica di psicologo o psicopedagogista con esperienza, compiti di supervisione e orari
diradati nel tempo. Sono figure generalmente femminili e di facile reperibilità sul mercato del lavoro. […]
Da noi, i coordinatori interni o pedagogici delle strutture sono educatrici “anziane” che, nel corso degli
anni, hanno acquisito esperienza sul campo. Non è sufficiente la laurea in pedagogia, serve esperienza
[coop 7]»
«Le difficoltà di reperimento, qualche volta, riguardano i bandi in cui emergono incongruenze o
contraddizioni. Altre difficoltà riguardano i titoli di studio delle educatrici per l’infanzia, nel senso che non
possiamo assumere le educatrici senza titolo – come una bravissima collega con la triennale in psicologia
– perché la normativa non contempla questo tipo di laurea per quella figura [coop 5]».
5. Fabbisogno di operatori con ruoli di coordinamento
Il ruolo di coordinamento, sia di servizi semplici che complessi, è strategica nell’organizzazione
di una cooperativa sociale. Reperire coordinatori professionalmente in grado di rispondere alle
23
specifiche finalità di queste imprese, in particolare di quelli di tipo B, non è facile. Quasi sempre la
formazione di queste figure avviene per ripetuti investimenti diretti sul personale occupato, in
contesto operativo tra coloro che dimostrano motivazione e disponibilità ad acquisire compiti di
coordinamento. Non esiste univocità di approccio tra le cooperative sociali sia che il confronto si
soffermi sulla necessità di specifiche competenze o nella preparazione di base
Dalla rilevazione risulta che la funzione di coordinamento è correlata in modo significato alla
dimensione dell’impresa anche se risulta strategica per la stragrande maggioranza delle
cooperative coinvolte nell’indagine. Complessivamente sono 370 gli occupati che svolgono una
funzione di coordinamento di servizi o di equipe operative. La loro formazione avviene
prevalentemente sul campo, con ripetute esperienze nel tempo e con la disponibilità ad assumere
ruoli gestionali di gruppi operativi. La formazione se riferita ai titoli di studio acquisiti dai
coordinatori è molto variegata, con occupati sia in possesso di una laurea che del diploma di
scuola secondaria di II grado, di lauree attinenti alle attività operative svolte dalle imprese (lauree
in psicologia, servizio sociale, psico-pedagogiche o educative, ecc.) o di altra formazione pregressa.
Alla richiesta di definire un ipotetico fabbisogno futuro per il triennio 2019-2021 viene indicata
la cifra di 97 coordinatori aggiuntivi all’attuale organico. Sul titolo di studio pregresso che viene
indicato riemerge la non univocità dell’individuazione della figura più funzionale all’esigenza
d’impresa e si confermano le pratiche attuali con cui le imprese risolvono questa esigenza.
Di seguito alcune considerazioni espresse dai partecipanti alla rilevazione sono così esplicitate:
«Il coordinatore interno è una figura molto strategica sotto il profilo organizzativo e non viene
reperita sul mercato del lavoro, ma coltivata al nostro interno. Alcuni bravi operatori socio-
sanitari o assistenti domiciliari danno il segnale che sono in grado di fare altre cose e noi li
facciamo crescere. È una prassi diffusa in tutte le cooperative che, una volta formata, viene
sempre incentivata a rimanere [coop 2]».
«I coordinatori vengono selezionati tra gli operatori più in gamba all’interno della cooperativa. Ci
vuole tempo e la disponibilità a investire tempo, risorse e fiducia nella formazione di queste figure
professionali, ma ora ci stiamo scontrando con capitolati che prevedono la presenza di
coordinatori che non devono avere soltanto qualche anno di esperienza, ma anche un master o la
responsabilità del governo assistenziale, vale a dire la qualifica di infermiere di base con master in
coordinamento. Bisogna chiarirsi: se conta l’esperienza, è giusto fare un investimento sulla stessa;
se contano i titoli di studio, si fa un investimento per favorire la partecipazione degli operatori ai
master [coop 10]».
«I coordinatori, in genere, non vengono reperiti esternamente nel caso delle strutture residenziali
della salute mentale o per le attività di tipo B …. In questi casi ci affidiamo alla crescita interna.
Quando si tratta della casa di riposo, invece, avviamo una ricerca sul mercato del lavoro perché la
normativa regionale vincola a determinate caratteristiche o titoli, ad esempio essere infermiere
professionale e avere esperienze almeno triennali o un master nel coordinamento dei servizi
[coop 7]».
24
«Il nostro assetto organizzativo è incentrato su vari coordinatori, ossia responsabili di servizio che
hanno il compito di governare la manutenzione del verde, il trasporto rifiuti, la gestione di una
raccolta differenziata e così via. Li individuiamo con procedure interne, valorizzando chi è già in
azienda [...] Sul mercato del lavoro è difficile trovare coordinatori già capaci di relazionarsi con le
persone svantaggiate. È meglio formarli all’interno [coop 1] ».
«Abbiamo difficoltà a trovare persone competenti nel ruolo di quadri della cooperativa, vale a
dire figure che possano diventare coordinatori di servizi semplici o complessi. Questo è uno dei più
grandi problemi per la cooperazione sociale. I coordinatori, sul mercato del lavoro, sono
irreperibili perché la loro formazione avviene sul campo all’interno delle cooperative [coop 3] ».
«… [si dovrebbe] puntare sulla formazione manageriale del coordinatore o delle figure
professionali che ambiscono a diventarlo, proponendo corsi con un taglio non generico sulle solite
nozioni di leadership, bensì finalizzato ad ascoltare a monte le esigenze delle singole cooperative
prima di progettare interventi formativi ad hoc [coop 4]».
6. Fabbisogno di operatori d’inserimento lavorativo
Sono ben 37 le imprese cooperative rilevate che in regione operano con attività riferibili alle
pratiche d’inserimento lavorativo di persone disabili ai sensi della legge 68/1999 o svantaggiate ai
sensi dell’art.4 della legge 381/1991 o dell’art.2, c.4 del decreto legislativo 112/2017 (gestione
diretta, in appalto, convenzione, ecc.). La legge regionale 6/2006 all’art. 36 comma 2 prevede la
figura degli operatori dell’inserimento lavorativo che partecipano alla realizzazione del sistema
integrato al fine di garantire omogeneità e assicurare pari opportunità sul territorio regionale nella
fruizione dei servizi di collocamento mirato da parte delle persone disabili.
Nonostante le norme a sostegno dell’inserimento lavorativo di persone disabili mettano in
evidenza una situazione più evoluta per pratiche e competenze specifiche rispetto a quelle che
supportano il sostegno di persone in condizione di svantaggio o in grave marginalità non esiste una
generale condivisione dell’approccio agli interventi di supporto all’inserimento lavorativo e delle
competenze specifiche dell’operatore che deve praticarle.
«Anche l’operatore per l’inserimento lavorativo è difficile da reperire sul mercato del lavoro. La
nostra esperienza si fonda sul presupposto che il miglior operatore dell’inserimento lavorativo è
colui il quale sa fare un mestiere e lavora sul campo con la persona da inserire. Meglio ancora se,
avendo magari passato precedenti esperienze di disagio, sa porsi con il giusto approccio nei
confronti del soggetto svantaggiato, ma non è indispensabile. […] crediamo che la professionalità
di un operatore non si esaurisca nel contenuto tecnico, ma si estenda alla dimensione relazionale
ed educativa. Per noi, il caposquadra monitora il percorso del soggetto svantaggiato e avvisa se
quest’ultimo arriva in ritardo, ha bevuto o si isola dagli altri, lo psicologo segue i progetti di
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inserimento della persona approfondisce gli eventuali problemi tramite colloqui personali e
l’educatore si rapporta con la rete dei servizi pubblici per tentare di risolverli [coop. 2]».
«Da anni esistono figure che svolgono il mestiere dell’operatore dell’inserimento lavorativo, ma
non sono adeguatamente inquadrate. Svolgono un ruolo assimilabile a quello dello psicologo del
lavoro, ma non si trovano sul mercato del lavoro, dove non esistono operatori per l’inserimento
lavorativo che sappiano fare i capisquadra e affiancare le persone da inserire. Noi li costruiamo in
casa, scegliendo le persone che hanno già esperienza in un certo mestiere e affianchiamo loro i
soggetti svantaggiati [coop. 7]».
«Mancano, nel sistema della formazione professionale, percorsi professionalizzanti sulla relazione
con la persona da inserire al lavoro. Sarebbe interessante fare uno studio sul fabbisogno di queste
competenze, tenendo conto anche delle differenze tra i vari approcci culturali. Non sto parlando
dello psicologo, ma dei ruoli intermedi come il caposquadra e l’operatore interno che si relaziona
con il soggetto svantaggiato. Manca una formazione certificata. Non mi riferisco alla capacità di
tagliare l’erba, ma di relazionarsi con persone che vengono fuori da circuiti assistenziali e
riabilitativi e devono trovare organizzazioni accoglienti in grado di dare un sostegno non solo
lavorativo, ma anche di relazione, promozione umana e integrazione sociale. Dobbiamo
valorizzare le persone e tenerle in equilibrio [coop. 4]».
«Vogliamo mantenere le nostre radici […]. Per capirci, se dobbiamo inserire un soggetto con
problematiche di disagio nella gestione di un bar, non gli mettiamo vicino uno psicologo o un
terapista, ma cerchiamo un barista competente con conoscenze approfondite sulla rete di
soggetti pubblici e privati attiva nell’inserimento lavorativo. Ora, invece, la legislazione nazionale
tende a sanitarizzare tali pratiche, motivo per cui, quando partecipiamo alle gare, i maggiori
punteggi valutativi vengono attribuiti, ad esempio, agli psicologi, piuttosto che a operatori con un
mestiere ben definito ed esperienza trentennale nell’inserimento lavorativo. Questo approccio
crea difficoltà e impone, per il futuro, di trovare un sistema per certificare l’esperienza e l’attività
socio-sanitaria dei nostri tutor che, come spiegavo, non hanno titoli di studio di quel tipo perché
sono baristi, grafici e operatori […]. Ora siamo costretti a mandare tutti i nostri tutor a fare i
percorsi formativi universitari per la qualifica di educatore professionale soltanto per adeguarci
alla normativa in vigore [coop. 9]».
La situazione nelle cooperative sociali attive si presenta difforme per le diverse figure
impegnate nei servizi d’inserimento lavorativo. Complessivamente sono 236 gli occupati con
mansioni. Le imprese coinvolte nella rilevazione più che specifiche figure professionali (psicologi,
terapisti occupazionali o lauree similari) privilegiano operatori con specifiche conoscenze pratiche,
inerenti il settore d’inserimento lavorativo, con esperienza pratica certificata da competenze
tecniche ed educative acquisite direttamente (cfr. tab.17).
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Tab.17 – Il personale occupato in servizi d’inserimento lavorativo per titolo di studio, val. ass.
Occupati con laurea in Terapista occupazionale 0
Occupati con laurea di Educatore professionale sociosanitario 2
Occupati con laurea di Educatore professionale socio pedagogico 1
Occupati con esperienza educativa di almeno 20 anni o con esperienza di almeno 10 anni
ed età superiore ai 50 anni* 30
Occupati con esperienza educativa di almeno 3 anni* 44
Occupati con esperienza educativa di almeno 3 anni e iscritto corso universitario da 60CFU 2
Occupati con diploma 103
Altro 54
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno servizi d’inserimento lavorativo, 37 imprese * questi requisiti devono posseduti alla data di entrata della cosiddetta legge Iori, ossia all’1 gennaio 2018
Rispetto all’età gli operatori attivi in servizi d’inserimento lavorativo sono prevalentemente
giovani (il 65,8% ha meno di 50 anni); il 29,1% registra un età compresa tra i 50 e il 59 anni e solo il
5,1% un’età di 60 o più anni. Rispetto alla residenza una quota significativa (il 49,6%) abita a
Trieste, il 19,1% in Comuni dell’ex Provincia di Udine, il 17,8% nel goriziano e l’11,8 nel
pordenonese (cfr.tabb.18 e 19).
Tab.18 – Il personale occupato in servizi d’inserimento lavorativo per classi d’età, val.%
Occupati in servizi d’inserimento lavorativo per classi d’età
%
Fino a 49 anni 65,8
In età compresa tra i 50 e i 59 anni 29,1
Oltre i 60 anni 5,1
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno servizi d’inserimento lavorativo, 37 imprese
Tab.19 – Il personale occupato in servizi d’inserimento lavorativo per residenza, val. %
Occupati in servizi d’inserimento lavorativo per residenza
%
Trieste 49,6
Gorizia 17,8
Udine 19,1
Pordenone 11,8
Fuori regione ma attivi in FVG 1,7
Totale occupati 100,0
Fonte: indagine cooperative sociali 2019, fabbisogno servizi d’inserimento lavorativo, 37 imprese
Alla richiesta di definire un ipotetico fabbisogno futuro per il triennio 2019-2021 viene indicata
la cifra di 38 operatori d’inserimento lavorativo. Sul titolo di studio pregresso riemerge la non
univocità nell’approccio e nell’individuazione di questa figura professionale.
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SIGLE E ACRONIMI
ADEST Assistente domiciliare e dei servizi tutelari;
Coop Tipo A Cooperative sociali di tipo A (gestiscono servizi socio-sanitari, socio-assistenziali ed
educativi);
Coop Tipo B Cooperative sociali di tipo B (svolgono attività diverse finalizzate all’inserimento
lavorativo di persone svantaggiate);
Coop A+B Cooperative sociali a scopo plurimo, di tipo A + B;
Coop Tipo C Consorzi di cooperative sociali;
EP Educatore professionale (socio sanitario e socio-pedagogico);
OSS Operatore socio-sanitario;
OTA Operatore tecnico assistenziale.
PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI
Operatore socio sanitario OSS
• Atto del 22 febbraio 2001 (G.U. 19 aprile 2001, n°91) Conferenza permanente tra lo Stato
e le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, Accordo Stato Regioni che
definisce la figura e il profilo professionale dell’OSS;
• DGR n° 1879 dd. 31.05.2001, che recepisce l’Accordo Stato Regioni;
• LR 31.03.2006, n.6, “Sistema integrato di interventi e servizi per òa promozione e la tutela
dei diritti di cittadinanza sociale”;
• DGR n° 1485 dd. 22.o7.2015 e DGR n° 2533 dd. 22.12.2015 che approva e aggiorna il
repertorio delle qualificazioni regionali;
• DGR n°381 e n° 382 dd. 11.03.2016, “Indirizzi e standard formativi per il conseguimento
della qualifica di operatore socio-sanitario”;
• Legge delega 3/2018, G.U. n°25 del 31.12.2018, legge di riordino delle professioni
sanitarie;
• Report di lavoro del tavolo tecnico “Formazione del personale”, Comitato regionale
tecnico consultivo per la cooperazione sociale, 2019.
Educatore professionale sociosanitario
Educatore professionale socio-pedagogico
Educatore per la prima infanzia
• D.M. Sanità 10.02.1984 (c.d. Decreto Degan) che regolamento lo stato giuridico del
personale delle USL e istituisce il profilo dell’educatore professionale in ambito sanitario;
• D. lgs 502/92 che sopprime i corsi regionali per le figure sanitarie per una competenza che
diventa universitaria;
• D. M. 520/1998, Ministero Sanità, istituisce il profilo dell’educatore professionale;
• LR 20 marzo 1995, n. 15, Disciplina degli asilo nidi comunali;
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• LR 31 marzo 2006, n. 6 “Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la
tutela dei diritti di cittadinanza sociale”;
• DPGR FVG n. 230 del 4 ottobre 2011, Regolamento recante requisiti e modalità per la
realizzazione, l’organizzazione, il funzionamento e la vigilanza, nonché modalità per l’avvio
e l’accreditamento, dei nidi d’infanzia, dei servizi integrativi e dei servizi sperimentali e
ricreativi;
• L 27 dicembre 2017, n. 205, che ha riordinato la figura dell’educatore professionale;
• D. leg. 13 aprile 2017 n. 65, Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione
dalla nascita sino a sei anni (noto come “Decreto della Buona Scuola”) che ha introdotto
precise disposizione in termini di servizi educativi per l'infanzia e per la figura
dell’educatore di servizi educativi per l'infanzia, a decorrere dall'anno scolastico
2019/2020;
• L 11 gennaio 2018, n. 3, delega al Governo, che ha istituito l'area delle professioni socio-
sanitarie ricomprendendo i profili professionali di operatore socio-sanitario, assistente
sociale, sociologo ed educatore professionale socio-sanitario;
• MIUR, parere n. 14176 dell’8 agosto 2018, titoli di accesso alla professione di educatore dei
servizi educativi per l’infanzia;
• L 30 dicembre 2018, n. 145, sanatoria degli educatori professionali socio-sanitari;
• Indagine conoscitiva per la ridefinizione dei profili degli ambiti occupazionali delle figure di
educatori e pedagogisti, Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, Roma ,
aprile 2019.