le cospirazioni bizantino-musulmane contro le crociate
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Le cospirazioni bizantino-musulmane contro le
Crociate
di Savvas Neocleous (*)Centro di studi su Medioevo e RinascimentoTrinity College Dublin,
College Green, Dublino 2, Irlanda
a b s t r a c tQuesto articolo esamina le accuse dei latini di cospirazioni bizantino-musulmane contro
le Crociate avanzate nel corso del XII secolo, accuse contenute in diverse cronache, resoconti e
lettere. Sebbene i loro elementi sensazionalistici fossero evidenti, i racconti dei latini che ritraevano
i sovrani bizantini come alleati degli “infedeli” contro le Crociate e gli Stati crociati vennero più o
meno presi alla lettera dagli studiosi moderni. Un‟analisi più approfondita mette in evidenza che tali
accuse erano basate su voci che si erano sviluppate e diffuse tra i ranghi e le fila delle armate
crociate e infine si radicarono nelle cronache arricchendosi sempre più di elementi bizzarri.
Servirono prima ad indicare un capro espiatorio per giustificare il fallimento della Crociata del 1101
e della seconda Crociata poi come strumento per spiegare, interpretare, o piuttosto malinterpretare,
la terza Crociata. Malgrado il fatto che, in genere, queste teorie non sembrano aver avuto grande
seguito presso gli imperatori latini, i re e i nobili, paradossalmente, fu proprio un nobile della quarta
Crociata, Baldovino IX di Fiandra, insieme con i suoi chierici consiglieri, che infine le utilizzò nel
maggio e giugno 1204 per giustificare la conquista latina della cristiana Costantinopoli.
Traduzione a cura di Emanuela Iolis
Introduzione
Dopo la sua proclamazione a sovrano dell‟impero latino di Costantinopoli, il 16 maggio 1204,
Baldovino IX di Fiandra inviò un certo numero di lettere in Europa che riferivano dell‟inattesa
piega presa dagli eventi a Costantinopoli e recavano un dettagliato resoconto delle circostanze che
avevano portato alla conquista della capitale bizantina. Quattro lettere sono arrivate fino a noi ed
erano indirizzate a Papa Innocenzo III (1198–1216), all‟arcivescovo Adolfo di Colonia, all‟abate di
Cîteaux e tutti gli altri abati dell‟ordine cistercense, e a “tutti i fedeli di Cristo” (universis Christi
fidelibus) (1).
(*) Savvas Neocleous è titolare di una laurea specialistica in filosofia e del dottorato di ricerca in
filosofia presso il Trinity College di Dublino e di una laurea presso l‟università di Cipro. E‟ curatore
degli atti del primo e secondo forum post laurea in studi bizantini: Sailing to Byzantium. Autore di
diversi testi, tra cui “The Byzantines and Saladin: opponents of the Third Crusade?”, in Crusades 9
(2010); “Imaging Isaac of Cyprus and the Cypriots: evidence from the western historiography of the
Third Crusade”, di prossima pubblicazione nel volume “From holy war to peaceful co-habitation
(CEU Medievalia)”e “Representation of music in medieval Cypriot iconography: evidence from
nativity scenes, pubblicato nel volume POCA 2005, Postgraduate Cypriot Archaeology.
Nella sua lettera enciclica, Baldovino si scagliava contro la città di Costantinopoli: “Questa città,
nel più immorale rituale dei pagani (i musulmani) – cioè bere il sangue in segno di unione fraterna –
molto spesso osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli, il suo seno generoso
nutriva quegli stessi infedeli, ai quali nel suo arrogante orgoglio arrivò a fornire armi, navi e
vettovaglie”(2).
La lettera di Baldovino era indiscutibilmente un capolavoro di propaganda, che aveva lo scopo di
legittimare la conquista latina della città cristiana di Costantinopoli.Cosa aveva portato il neo
imperatore latino di Costantinopoli - e gli eruditi chierici nell‟esercito della quarta Crociata che
concepirono i contenuti della lettera enciclica - ad affermare che la capitale imperiale “molto spesso
osava intrattenere scellerati rapporti di amicizia con gli infedeli”? Questo testo esamina le accuse
avanzate dai Latini su presunti complotti bizantino-musulmani contro i Crociati nel XII secolo, ne
individua le origini e le zone dove sarebbero stati perpetrati, determina se queste accuse fossero
veritiere o costruite, e infine stabilisce quali specifici episodi Baldovino e i suoi consiglieri avessero
in mente quando prepararono la lettera enciclica.
La prima Crociata (1096-1099)
Le accuse contro i bizantini di collusione con i musulmani possono essere ravvisate fin dalla prima
Crociata (3). Quando Nicea si arrese ai bizantini il 19 giugno 1097, ai Turchi della città fu data la
possibilità di arruolarsi nell‟impero bizantino o di tornare liberi nelle loro terre (4). C‟è da rilevare
che l‟imperatore Alessio (1080-1118) dipendeva pesantemente dagli stranieri che prestavano
servizio nell‟esercito (5), e dopo la morte di Roberto il Guiscardo nel 1085, un gran numero di
Normanni si era riversato nell‟esercito di Alessio (6). I Normanni, che avevano disertato l‟armata di
Boemondo durante la spedizione in Albania nel 1107-8, furono accolti dall‟imperatore che “gli
dette la libera scelta di rimanere a servire nel suo esercito o di andare ovunque essi avessero
voluto”(7). Ai Turchi di Nicea nel 1097 furono offerte le stesse condizioni dei Normanni. Agli
occhi latini però i Turchi erano degli “infedeli” e il trattamento di favore da parte di Alessio inasprì
il risentimento di molti cronachisti latini contro l‟imperatore bizantino. Incline ad attribuire alla
condotta di Alessio il peggior movente possibile, l‟anonimo autore di Gesta Francorum riteneva che
l‟imperatore “li trattasse (i Turchi) con grande cautela così da poterne disporre per colpire i Franchi
e impedire loro la Crociata” Questa tesi è ripresa in Occidente da due dei primi tre revisori delle
Gesta Francorum. Ghiberto di Nogent racconta che “il tiranno” Alessio, non solo lasciò i Turchi
impuniti, ma “li accolse a Costantinopoli (…con) l‟obiettivo principale (…), in caso di disaccordo
con i Franchi, di avere uomini utili per opporvisi” (9). Usando queste identiche parole, Roberto il
Monaco, rivela „l‟inganno‟ di Alessio (10). Baldrico di Dol, che curò la terza riscrittura delle Gesta
Francorum, è invece molto più moderato nei suoi rilievi. Egli enfatizza due volte che “si dice”
(dicitur) – prova che egli non condividesse necessariamente tale visione – che Alessio avrebbe usato
i Turchi “contro i cristiani al momento opportuno e, attraverso di loro, si sarebbe ribellato contro
quelli che egli invidiava (cioè i Crociati)” (11). Tuttavia, il cronachista ci offre anche un punto di
vista alternativo e ragionevole per cui il trattamento di favore riservato ai Turchi di Nicea fosse
mirato a spingere altre città ancora in mano ai Turchi ad arrendersi.
Dopo la caduta di Nicea, Alessio occupò la città con mercenari turcopoli (cavalleria con armatura
leggera di origine turca) (12); questo, oltre al trattamento clemente riservato ai Turchi di Nicea,
presto diede adito a voci incontrollate. Come sottolineato da Bernoldo di Costanza nel Chronicon,
già nel 1100 la voce che Alessio avesse ritirato ogni sostegno ai Crociati e avesse restituito ai
„pagani‟ le città da questi riconquistate aveva raggiunto la Germania (13). Nel suo Hierosolymita (o
Libellus de expugnatione Hierosolymitana), scritto tra il 1105 e il primi anni del 1106, Ekkehard di
Aura, riferendo del viaggio di Boemondo (1105) in Occidente per promuovere il sostegno alla
Crociata che prevedeva la deposizione di Alessio (14), più esplicitamente afferma, in tono
propagandistico, che il monarca bizantino “si riconciliò con i Turchi perché aveva poca o nessuna
speranza di continuare a regnare in Oriente” e quindi “restituì ai figli del tiranno Solimano (Qilich
Arslan (1092–1107)) (15) Nicea (…) che era stata da poco riconquistata con il sangue cristiano”
(16). Riferendosi alla presunta cessione di Nicea ai Turchi da parte di Alessio, Ekkehard afferma:
“Crimine sommamente ripugnante” (17), tuttavia, contrariamente alle affermazioni del cronachista,
Nicea rimase sotto il controllo bizantino fino al 1330.L‟accusa di Ekkehard fu recepita e riproposta
da uno dei più importanti storici latini del XII secolo: Otto di Freising. Nella sua Chronica, Otto
registra che “Alessio scelleratamente si alleò con i Turchi (…) ed empio consegnò loro Nicea, che
era stata conquistata al costo dello spargimento di tanto sangue della nostra gente” (18). E‟
impossibile tuttavia che Otto, fratellastro del re tedesco Corrado III (1138-52) e uno dei comandanti
dell‟esercito tedesco nella seconda Crociata, non sapesse che Nicea era sotto il controllo bizantino,
perlomeno al tempo della spedizione dell‟esercito tedesco in Asia minore nel 1147. Ciò nonostante,
lo storico decise di ribadire l‟accusa di Ekkehard contro Alessio, presumibilmente perché mancava
di un approccio critico a questa fonte o perché pensava che Nicea fosse stata effettivamente
restituita ai Turchi da Alessio, ma poi riconquistata ai bizantini dai suoi successori. Le insinuazioni
contro Alessio, sebbene riferite alla riconciliazione con i Turchi e all‟intenzione di usarli
all‟occorrenza contro i Crociati, non può essere considerata come un‟accusa esplicita di
cospirazione bizantino-musulamana.La prima e unica accusa esplicita di complotto contro la prima
Crociata si trova nel resoconto di Raimondo di Aguilers. Il cronachista indica due ragioni per cui ai
primi di maggio del 1099 l‟Egitto fatimide inviò un‟ambasceria al campo crociato di Arqah (Akkar)
per rigettare la proposta della cessione di Gerusalemme in cambio di altre città e un‟alleanza
militare contro i Selgiuchidi. La prima era che al-Afdal, visir del califfo fatimide (19), “sapeva che
noi eravamo pochi” (20), e la seconda era che il visir “sapeva che l‟imperatore Alessio ci era
mortalmente ostile da quando avevamo scoperto le sue lettere che ci riguardavano dopo la battaglia
contro il re di Babilonia (cioè al-Afdal) ad Ascalon (il 1 agosto del 1099), nell‟attendamento dello
stesso re” (21). Il resoconto di Raimondo è stato accettato da parecchi studiosi (22), tuttavia Lilie ne
ha messo in dubbio la credibilità: il fatto che “Raimondo sia il solo cronachista che riporta questa
informazione (…) deve far sorgere dei sospetti (…). Se fosse vero è estremamente improbabile che
un fatto simile non fosse noto nell‟armata crociata e quindi non fosse utilizzato anche da altre fonti
per la propaganda” (23). Per di più, come ha sottolineato Lilie, la proposta dei Crociati sarebbe stata
comunque rigettata dagli egiziani, mentre l‟affermazione che al-Afdal avesse con sé ad Ascalon le
lettere bizantine non è ragionevole (24). E, più importante, all‟inizio di aprile, gli inviati di Bisanzio
arrivarono al campo crociato di Arqah e cercarono di convincere i prìncipi ad attendere che l‟arrivo
di Alessio alla fine di giugno “così che questi avrebbe potuto viaggiare con loro fino a
Gerusalemme” (25).
Lungi dal tramare contro i Crociati, l‟imperatore bizantino appare essere pronto, nella primavera del
1099, a marciare alla testa dell‟armata crociata fino a Gerusalemme e sacrificare i suoi buoni
rapporti con i Fatimidi nella speranza sia di assicurarsi la Città Santa che esercitare pressioni su
Boemondo rinforzando la sua alleanza con il resto dei prìncipi crociati. Tuttavia, non è del tutto
impossibile, che a seguito del „definitivo rigetto della proposta di Alessio‟ davanti ad Arqah tra la
fine di aprile e i primi di maggio 1099, l‟imperatore bizantino riconsiderasse la situazione e
decidesse di cambiare la sua strategia politica, mandando un‟ambasceria al Cairo per informare al-
Afdal della sua definitiva rottura con i Crociati, prendendo le distanze da loro (26).
Le lettere imperiali devono essere arrivate al Cairo dopo che al-Afdal aveva lasciato la capitale
fatimide alla volta della Palestina per affrontare i Crociati: le lettere sarebbero state quindi
trasmesse al visir fatimide, finendo poi nell‟accampamento egiziano di Ascalon. Tali lettere, quando
fossero state mandate, non avrebbero avuto alcuna parte nell‟antecedente rifiuto delle proposte dei
crociati su Gerusalemme; esse possono a malapena essere state infarcite di parole di odio che
Raimondo di Aquilers, acerrimo nemico di Alessio, attribuisce a loro. Nelle sue lettere, l‟imperatore
deve essersi semplicemente lavato le mani nei riguardi dei crociati e delle loro vicende.
Nel suo Hierosolymita, che rimanda all‟elaborazione di Raimondo di Aguilers, Ekkehard di Aura,
come introduzione al suo resoconto sul viaggio di Boemondo in Europa occidentale nel 1105,
accoglie ed rilancia l‟accusa contro Alessio contenuta nel resoconto di Raimondo. Questi sostiene
che le lettere dell‟imperatore bizantino ad al-Afdal rilevano “che l‟imperatore Alessio era ostile a
noi fino alla morte”, ma non necessariamente che Alessio incitasse il visir contro i crociati.
Invece Ekkehard accusa il sovrano bizantino di incitare al-Afdal (Babylonicum regem) contro i
Crociati, e non solo una, ma parecchie volte “con frequenti messaggi” (frequentibus nuntiis) (27).
Sebbene Ekkehard non faccia riferimento in dettaglio alle lettere ufficialmente trovate
nell‟accampamento egiziano dopo la battaglia di Ascalon, la sua accusa è più grave di quella che si
trova nel resoconto di Raimondo: l‟imperatore bizantino cospirava frequentemente con gli
“infedeli” contro i Crociati.
La Crociata del 1101
La disonorevole sconfitta dei Crociati nel 1101 solo due anni dopo il clamoroso successo della
prima Crociata fu uno shock per i Latini d‟Occidente (28). Le due principali armate della Crociata
erano quella franco-lombarda e l‟aquitana-bavarese. Entrambe furono annientate dai turchi in Asia
minore. Alberto di Aachen annota che, nella domenica di Pasqua, 6 aprile 1102, i superstiti della
Crociata e altri coloni latini d‟oltremare si riunirono a Gerusalemme per celebrare la Resurrezione,
essi consigliarono Baldovino I di Gerusalemme (1100-18) di chiedere all‟imperatore Alessio, tra le
altre cose, di “fermare la distruzione e il tradimento dei Cristiani” (a perditione et a traditione
Christianorum cessaret) e “non ascoltare i turchi e Saraceni (Turcos et Sarracenos non audiret)”
(29). Come Alberto chiarisce, i Crociati consigliarono Baldovino di avanzare tale richiesta perché la
voce (fama) che circolava tra i Cristiani era che, su consiglio ingannevole dell‟imperatore stesso, i
lombardi e i soldati turcopoli al comando del conte Raimondo fosse stati indirizzati attraverso
deserti e luoghi sperduti nelle terre desolate di Paflagonia, così che, ormai debilitati come erano
dalla fame e dalle sete, potessero essere lì facilmente sopraffatti e uccisi dai turchi (30).
Tuttavia, quando Baldovino, nel tentativo di dissipare ogni dubbio, si decise ad inviare
un‟ambasceria ad Alessio “per confermare il loro trattato e la loro amicizia”, l‟imperatore, “con un
giuramento solenne nel nome di Dio (…) fugò tutti i sospetti dei Cristiani sulla morte dei
Lombardi” (31). La voce che il sovrano bizantino avesse orchestrato la distruzione dell‟armata
lombarda è anche smentita dallo stesso Alberto di Aachen. In verità, come riportato da affidabili e
illustri personaggi (a veridicis et nobilibus viris), Alessio non poteva assolutamente essere incolpato
di questo crimine, anzi, spesso aveva messo in guardia l‟armata sull‟inospitalità dei territori, le
carenza di approvvigionamenti e le imboscate dei turchi nelle zone remote della Paflagonia, e
mettendoli in guardia che per queste ragioni essi non avrebbero potuto percorrere in sicurezza
quella strada (32).
Perfino l‟acerrimo nemico di Alessio, Ghiberto di Nogent, concesse che l‟imperatore bizantino in
persona “onestamente (veraciter) disse loro (ai lombardi) che non disponevano di un numero
sufficiente di cavalieri per prendere una strada alternativa a quella della prima spedizione” (33).
Dunque Alessio non fu esplicitamente accusato di agire d‟intesa con i turchi contro l‟esercito
lombardo, per contro la vicenda dell‟armata aquitano-bavarese fu del tutto diversa. Infatti, all‟arrivo
a Costantinopoli. i capi dell‟esercito vennero sommersi di regali da Alessio e fecero voto di fedeltà
all‟imperatore bizantino. I prìncipi avevano incontri quotidiani con l‟imperatore, e i loro uomini
venivano trasportati con rapidità attraverso il Bosforo, mentre sulla riva orientale dello stretto, i
Crociati tedeschi cominciavano a dubitare di Alessio.Tra di loro c‟era Ekkehard, che annotava che
“girava una voce (murmur) per la quale il detestato imperatore favoriva i Turchi piuttosto che i
Cristiani”, e avendo valutato la capacità offensiva dei Crociati, incoraggiava i turchi contro di loro
con frequenti messaggi (34) – ci si potrebbe tuttavia chiedere se i turchi avessero veramente
bisogno di lettere e incoraggiamento da Alessio per attaccare gli “infedeli” invasori dei loro
territori. Un‟ondata di panico si diffuse tra i Crociati tedeschi e i pellegrini, si spinsero a
immaginare che il sovrano bizantino avesse detto che “egli avrebbe indotto i Franchi a combattere
contro i turchi come cane mangia cane” (35). Conseguentemente alcuni tedeschi in preda al panico
decisero di arrivare in Terra Santa per mare.Ekkehard non era il solo ad affermare che Alessio
incoraggiava i Turchi contro i Crociati, voci fantasiose di complotti tra l‟imperatore bizantino e gli
“infedeli” contro la spedizione aquitano-bavarese presto si diffusero in Occidente. Ghiberto di
Nogent insinua che prima ancora che i Crociati avessero lasciato Costantinopoli, Alessio ne aveva
informato i Turchi per lettera: (… che) „le grasse pecore francesi stanno muovendo verso di noi,
condotte da un pastore folle (cioè Guglielmo IX di Aquitania)‟ ” (36).Guglielmo di Malmesbury
analogamente sottintende che Alessio avesse cospirato con i Turchi contro i Crociati aquitano-
bavaresi. Nel suo Gesta regnum Anglorum, egli annota che Alessio “guidò Guglielmo (di
Aquitania) in un‟imboscata dei turchi, i quali, dopo averlo isolato dai suoi 60.000 uomini armati lo
lasciarono proseguire, quasi da solo, per reazione alla risposta negativa del conte, ciò a causa del
suo presunto rifiuto di prestare giuramento di fedeltà all‟imperatore. In un passo successivo di
questo lavoro, Guglielmo di Malmesbury ritorna sulla Crociata del 1101 e con una rappresentazione
raffinata e retorica riferisce che “senza che Alessio se ne curasse o piuttosto proprio per questo, (illo
[Alexio] non curante vel potius procurante) egli (Guglielmo di Aquitania) era caduto nella trappola
tesa da Solimano” (38).Alessio era percepito dagli occidentali come un potentissimo sovrano. Non
solo per la grandiosità della capitale imperiale – senza rivali nell‟Europa occidentale – ma per la
splendida ospitalità offerta ai Crociati a Costantinopoli; il sovrano bizantino fece del suo meglio per
impressionarli e ostentare il suo potere e la sua ricchezza. Era considerato tanto potente da
condizionare gli eventi ed era quindi ragionevole che gli fosse addebitata una catastrofe come la
Crociata del 1101. Lo scenario in cui Alessio boicotta la Crociata del 1101, era considerato
particolarmente suggestivo dagli Occidentali che necessitavano di una giustificazione per il disastro.
Le voci si erano ampiamente diffuse e, prontamente accettate come vere, successivamente si
arricchirono di ulteriori e fantasiosi particolari.Un racconto altamente immaginifico della sfortunata
Crociata del 1101si trova nella Historia ecclesiastica di Orderic Vitalis. Orderic tuttavia manca di
distinguerne le tre differenti spedizioni, dando l‟impressione che un‟unica armata marciasse verso
l‟Asia minore. Il suo racconto include la più elaborata sintesi dei rapporti tra Alessio e i Turchi, da
cui scaturiscono le più pungenti critiche all‟imperatore bizantino: Alessio inviò delle navi cariche di
tarterons da distribuire tra i Crociati, con lo scopo di conoscerne il numero (39). Successivamente
“mandò una stima del loro numero a Danishmend, a Qilich Arslan e altri principi turchi, e li
consigliò di riunire tutte le forze del mondo pagano incitandoli alla battaglia in Paphlagonia” (40),
dove i Crociati furono infine sopraffatti. Secondo l‟elaborata ricostruzione di Orderic, dopo la
vittoria i turchi “restituirono all‟imperatore tutta la grande quantità di tarterons che aveva
ingannevolmente elargito ai Cristiani fingendo generosità. Gli fecero avere anche la metà del
bottino preso al nemico sconfitto (41). I rilievi conclusivi su Alessio sono altamente critici: “tale
perfido traditore fece un patto con i turchi e vendette in questo modo i fedeli agli infedeli,
ottenendone in cambio una grande quantità di tarterons come prezzo del suo tradimento del sangue
dei cristiani, egli ha così glorificato la sua follia (42)”.Nonostante le accuse di diversi cronachisti
occidentali secondo cui Alessio era responsabile del disastro della Crociata del 1101, le reali cause
della catastrofe devono essere ricercate altrove (43). Fintanto che l‟imperatore bizantino fu
coinvolto, egli generosamente fornì vettovaglie, fondi e validi consigli militari che però l‟armata
franco-lombarda non seguì, contingenti turcopoli furono anche affiancati alle forze franco-lombarde
e aquitano-bavaresi. In breve, il comportamento di Alessio non fu sleale (44). Tuttavia, sebbene
Alessio non potesse ritenersi responsabile della distruzione delle armate nel 1101, dall‟inizio del
XII secondo gli storici latini in Occidente e l‟Oriente latino contribuirono alla diffusione e alla
legittimazione della diceria che l‟imperatore bizantino e i turchi fossero in combutta. Scrivendo
molti decenni dopo la sfortunata spedizione, Guglielmo di Tyre, proprio come Ekkehard e Ghiberto,
sosteneva che Alessio “mandava continuamente suoi emissari presso i turchi, pregandoli di
distruggere i pellegrini. Tramite numerose lettere e messaggi, egli informava i turchi dell‟arrivo dei
pellegrini e li avvisava in anticipo che per la loro stessa salvaguardia non dovessero subire il libero
passaggio di questa grande compagnia” (45). Curiosamente, mentre nelle cronache della prima
Crociata c‟è un solo riferimento al complotto bizantino-musulmano e in una sola fonte, cioè il
resoconto di Raimondo di Aguilers, sulla Crociata del 1101 i riferimenti a questa accusa erano
molto comuni (46).
La seconda Crociata (1147-1149)
Quando le armate tedesca e francese nella seconda Crociata partirono dall‟Europa occidentale al
comando del re tedesco Corrado III e del re francese Luigi VII (1137-80) rispettivamente in maggio
e giugno 1147, nessuno poteva immaginare che questa spedizione si sarebbe risolta in una sonora
sconfitta (47). In una lettera che l‟imperatore bizantino Manuele (1143-80) mandò a Luigi
nell‟agosto del 1146, lo informava che era ben disposto verso di lui e ostile ai turchi, contro cui egli
stava marciando con l‟aiuto di Dio (48). Nell‟estate del 1146 Manuele dichiarò guerra a Masud I
(1116-56), il sultano selgiuco di Iconium (Konya), e marciò sulla sua capitale che cinse d‟assedio.
Dopo molti mesi, l‟imperatore si ritirò, con l‟intenzione di tornare l‟anno successivo.
La partecipazione del re tedesco alla seconda Crociata e il crescente numero di Crociati in procinto
di entrare sul territorio bizantino nell‟estate del 1147 costrinse tuttavia Manuele ad accettare la
proposta del sultano per una tregua nella primavera dello stesso anno. Molti commentatori moderni
hanno sostenuto che l‟intenzione di Manuele fosse quella di tenere le mani libere per trattare con i
Crociati (49). Agli occhi di molti Crociati francesi concordando una tregua col sultano di Iconya,
l‟imperatore bizantino aveva tradito la causa cristiana. Il cappellano di Luigi, Odo di Deuil, che
sembra così essere stato a conoscenza del contenuto della lettera di Manuele al re francese del 1146,
dichiarava con disappunto che “Manuele in persona, che aveva scritto al nostro re (Luigi) di avere
intenzione di accompagnarlo nella lotta agli infedeli e che aveva riportato su di loro una recente e
importante vittoria, aveva poi di fatto rinnovato con loro una tregua di dodici anni” (50).
Le valutazioni e le iniziative dei bizantini erano determinate dall‟interesse politico piuttosto che dal
fervore della fede. Gli Stati cristiani – compresi quelli crociati in Siria e Palestina – confinanti con i
territori governati dai musulmani spesso concludevano accordi di pace con i vicini musulmani
stringendo perfino alleanze militari strategiche. Questa politica era dettata da spregiudicate ragioni
di realpolitik (51). Tali considerazioni, però, erano fuori dalla mentalità della maggioranza dei
Crociati occidentali che, avendo giurato di sterminare gli “infedeli” guardavano qualsiasi
compromesso con loro come un tradimento. Mentre i Crociati francesi marciavano attraverso la
valle del Meandro nei territori bizantini sud-orientali dell‟Asia minore, i turchi, sconfitti dai francesi
in una battaglia campale alla fine di dicembre 1148, si rifugiarono ad Antiochia, città bizantina nella
zona del Meandro. Odo of Deuil colse l‟occasione per screditare Manuele che, nelle parole del
cronachista, “da traditore occulto si rivelò (dolosus proditor) aperto nemico(apertus inimicus)” (52).
L‟accusa di Odo, tuttavia, non aveva alcun fondamento: la sua credibilità risulta indebolita proprio
perché precedentemente aveva affermato che l‟imperatore bizantino aveva avvisato il re francese,
che era a Efeso, dell‟imminente attacco turco “esortandolo a rifugiarsi nei castelli imperiali” (53).
Chiaramente, perciò, Manuele avrebbe difficilmente dato il suo appoggio, ovvero non era proprio al
corrente del presunto accordo tra i turchi e gli abitanti di Antiochia, “una misera cittadina”, come
Odo stesso la descrive (54). C‟è da aggiungere che, durante l‟avanzata dei Crociati francesi
attraverso i territori bizantini dell‟Asia sud-occidentale, un considerevole numero di genti locali,
rese ostili dai saccheggi dei Crociati, si allearono spontaneamente con i turchi. Odo di Deuil annota
che i turchi e i „greci‟ “erano nostri comuni nemici (unanimes inimici) (55) (...) progettavano la
nostra (dei francesi) distruzione in molti modi, perciò, sebbene essi fossero storicamente nemici, si
accordarono per perseguire questo scopo” (56). Phillips sostenne la tesi che i „greci‟ potessero aver
cooperato con i Selgiuchidi per stabilire buone relazioni con loro: “i Crociati sarebbero passati ma i
turchi sarebbero rimasti e non potevano permettersi di inimicarseli” (57). Si può aggiungere che
sebbene a livello politico l‟impero bizantino e il sultanato selgiuchide di Iconya fossero nemici
storici in Asia minore, a lungo andare i loro continui contatti, specialmente nella valle del Meandro,
portarono allo sviluppo di buone relazioni a livello locale tra i due gruppi (58). D‟altra parte,
l‟avanzata francese attraverso l‟Asia minore era stata caratterizzata da saccheggi e razzie (59).
Questo spiega in termini pratici perché un buon numero di genti locali, inclusi gli abitanti di
Antiochia del Meandro, decise di fare causa comune con i selgiuchidi contro i francesi (60).
Nel 2003, Harris ha sostenuto che la parte più credibile della cronaca di Odo fosse quella dove
Manuele incoraggiava attivamente i turchi ad attaccare i Crociati che avanzavano attraverso l‟Asia
minore” (61). Questa affermazione, tuttavia, si basa su un falso presupposto: infatti soltanto in
un‟occasione effettivamente Odo allude al fatto che Manuele fosse in combutta con i Turchi, cioè
quando si riferisce all‟episodio in cui i Turchi si rifugiarono ad Antiochia sul Meandro.
Denunciando Manuele come nemico dichiarato il cronachista insinua che il monarca bizantino
avesse consentito la ritirata dei turchi nella città bizantina. Per quanto riguarda invece le
popolazioni di lingua greca nel sud-ovest dell‟Asia minore che fecero causa comune con i
Selgiuchidi contro i francesi, Odo non ne attribuisce la responsabilità all‟imperatore.
Inoltre, una più accurata disamina delle fonti della spedizione crociata francese in Asia minore
rivela che nessun autore latino accusa Manuele di cospirare con i turchi per distruggere la Francia.
Di fatto, la sola accusa esplicita rivolta a Manuele, non di cospirazione ma, precisamente di
connivenza negli attacchi contro l‟armata francese, viene proprio dalla penna del re Luigi. Sebbene
nella sua lettera inviata da Antiochia al suo reggente, l‟abate Suger di Saint-Denis, Luigi riferisce
che i francesi furono ricevuti con gioia e onori dall‟imperatore di Costantinopoli, tuttavia dice anche
che i Crociati soffrirono molte perdite in Asia Minore “a causa del tradimento dell‟imperatore
bizantino, dato che i Turchi col suo permesso entrarono nelle sue terre per contrastare i soldati di
Cristo” (62). Anche se Luigi sembra avere considerato Manuele un complice degli assalti turchi,
escludendo un suo intervento diretto, tuttavia dal punto di vista del re deve esserci stata poca o
nessuna differenza in termini di responsabilità morale. Nonostante questo, il sovrano francese non si
nasconde il fatto che il tracollo dei francesi fosse anche dovuto ai loro stessi errori oltre che ai
costanti agguati dei banditi, alle gravi difficoltà sul terreno e in molti luoghi mancanza di
approvvigionamenti che presto portarono alla carenza di cibo. Come osserva Mayr-Harting, Luigi
dette poca importanza al presunto tradimento nella sua lettera (63). Per di più, vale la pena di notare
che nel discorso indirizzato ai suoi baroni in Adalia e citato da Odo, Luigi non faceva nessun
riferimento alla perfidia bizantina (64). L‟accusa che Luigi rivolge a Manuele di avere consentito
che i turchi entrassero nel suo territorio per contrastare i Crociati ha una qualche credibilità?
Runciman sostiene che Manuele non poteva fornire sufficienti forze per coprire la lunga linea di
confine in Asia minore, specialmente perché era impegnato in una guerra contro Ruggero II di
Sicilia (1130-54), egli non avrebbe potuto perciò impedire l‟incursione delle bande turche in
Anatolia (65). Studiosi più tardi come Magdalino e Phillips hanno pure messo l‟accento sui limiti
dell‟autorità di Manuele sulle zone di confine tra gli imperi bizantino e elgiuchide (66), e
soprattutto, il re francese sembra avere sopravvalutato il controllo di Manuele sull‟Asia minore
occidentale. Sebbene Luigi accusasse Manuele di aver consentito ai turchi di entrare nel suo impero,
tale accusa non sembra avere avuto grande seguito nell‟armata francese, e ancora di più non fu mai
confermata nelle cronache del tempo. Nemmeno Odo di Deuil accusò l‟imperatore di Bisanzio di
avere concesso ai turchi di entrare nel suo territorio e attaccare i francesi. Per contro, l‟opinione di
Odo di Deuil sull‟armata tedesca della seconda Crociata era diversa. Egli sosteneva che dopo la
disfatta in Asia minore i Crociati tedeschi “maledicevano l‟idolo di Costantinopoli (Manuele)”, che
aveva dato loro una “guida infedele” (conductorem et traditorem) (67). Secondo le fonti del
cronachista, la guida fornita da Manuele aveva consigliato ai tedeschi di rifornirsi a Nicea con
provviste solo per otto giorni, li aveva poi condotti a perdersi nelle montagne ed era infine fuggita
per condurre quindi i turchi “alla preda” (68). I tedeschi, o piuttosto Odo, erano del tutto sicuri che
Manuele, avendo fornito all‟armata tedesca una falsa guida “aveva fatto quanto in suo potere per
umiliare la fede cristiana e rafforzare il paganesimo, incoraggiare gli intimiditi pagani e fiaccare il
nostro (dei Crociati) ardore” (69). Come nel caso della sfortunata crociata del 1101, i Crociati nei
ranghi della spedizione tedesca erano sensibili ai racconti di complotto alla ricerca di qualcuno su
cui gettare la colpa del proprio fallimento. In Manuele e nella guida bizantina essi trovavano un
comodo capro espiatorio, Manuele era percepito dai tedeschi come un monarca potente:
l‟imperatore bizantino li aveva senza dubbio convinti di questo quando i crociati tedeschi
soggiornarono a Costantinopoli. Dopo tutto, era un obiettivo della diplomazia bizantina “fare colpo
sui “barbari”, che non conoscevano la natura speciale dell‟imperatore, della sua città e del suo
impero” (70). Il fatto che Manuele fosse considerato dai tedeschi potentissimo e pertanto capace di
dettare il corso degli eventi, lo fece considerare responsabile della loro sconfitta in Asia minore.
Tuttavia, contrariamente all‟accusa dei tedeschi e di Odo di aver fornito all‟armata tedesca un
conductorem et traditorem, Manuele non aveva direttamente ed esplicitamente ordinato alla guida
di tradire i tedeschi in favore dei turchi o di complottare contro di loro. A parte Odo di Deuil, non
ho trovato altri autori in Occidente che menzionassero o facessero allusioni all‟imperatore bizantino
o a guide che avessero agito in accordo con i turchi (71).
Il punto di vista dei coloni latini di Siria e Palestina era, però, una faccenda differente. Guglielmo di
Tyre, lo storico latino d‟Oltremare, riferisce che la guide „greche‟ “deliberatamente condussero le
legioni tedesche su strade fuori mano e in luoghi che offrivano al nemico ottime opportunità di
attaccare e sconfiggere un popolo credulone” (72), per poi fuggire nottetempo. Le guide bizantine
attirarono i tedeschi in posti remoti “sia perché così erano stati istruiti dai loro capi (de mandato
domini) o perché corrotti dai turchi” (73). In un passaggio successivo della sua Historia, Guglielmo
ammetteva che “era opinione comune (dicebator publice), ed era probabilmente vero, che del
transito sui pericolosi tragitti percorsi dai tedeschi l‟imperatore bizantino fosse non solo a
conoscenza ma che ne fosse il mandante (de conscientia et mandato)” (74). Lo storico evita di citare
per nome Manuele, imperatore che egli ammirava, e più tardi nella sua elaborazione lo elogiò, per
minimizzare qualsiasi imbarazzo nei suoi lettori. L‟espressione dicebatur publice, utilizzata da
Guglielmo di Tyre richiede ulteriori approfondimenti. Guglielmo studiò in Europa occidentale per
più di vent‟anni(sedici anni nelle università di Parigi e Orléans, e il restanti anni a Bologna),
tornando nel regno di Gerusalemme non prima del 1165 (75). Una domanda sorge spontanea: dove
si era creata questa “opinione comune”? In Francia, dove Guglielmo soggiornò dal 1146 al 1162
circa, o nell‟Oriente latino? Se prendiamo per buona la Francia, ci scontriamo con l‟improbabile
scenario in cui queste insinuazioni parlano del sabotaggio bizantino ai danni della spedizione
tedesca, ma nulla dicono del presunto ostruzionismo dei bizantini nei confronti dei francesi. La
mancanza di questo riferimento specifico ci fa concludere che dicebatur publice si riferisce
all‟Oriente latino. Come poteva Guglielmo sapere questo, dal momento che non era mai stato
“oltremare” a quel tempo? Come lo stesso storico ci riferisce, per il suo resoconto della seconda
Crociata, egli “spesso si rivolgeva ai sapienti (latini d‟Oltremare) e a quelli la cui memoria di quel
periodo era ancora fresca” (76). Questi uomini senza dubbio informarono Guglielmo delle voci
secondo cui i bizantini avevano tradito la spedizione tedesca. Queste dicerie, nate nei ranghi
tedeschi, sembrano essere circolate in Oriente subito dopo la seconda Crociata e furono credute e
registrate come vere, dai cristiani d‟Oriente non latini. Difficile da credere sia casuale che il
resoconto dell‟anonimo cronachista siriaco sulla spedizione crociata tedesca fosse così coerente con
quello di Guglielmo di Tyre (77). Sebbene non ci sia una esplicita relazione testuale tra la Historia
di Guglielmo e la Cronaca dell‟anonimo siriaco, gli scrittori delle due opere devono, almeno
nell‟opinione di questo autore, essere basati sulle stesse dicerie nate in Oriente, perché i loro
racconti sulla spedizione tedesca presentano elementi sovrapponibili.
Per stabilire se Manuele avesse tradito i tedeschi nella seconda Crociata, dobbiamo esaminare quel
che lo stesso re tedesco dice dell‟imperatore bizantino e le sue guide. Le accuse di Odo e di
Guglielmo contro le guide bizantine non sono sostenute dalle prove fornite in una lettera di Corrado
e dal discorso del re tedesco citati da Odo. Nella sua lettera di gennaio/febbraio 1148 all‟abate
Wibald di Stavelot e Korvey, Corrado nel racconto della disfatta non fa alcun riferimento al
tradimento da parte delle guide bizantine (78). La lettera del re non solo non sostiene la tesi di Odo
e di Guglielmo, ma la contraddice addirittura. Corrado riferisce che i tedeschi erano partiti per
Iconya portando con sé tutte le provviste che potevano, e non, come suggeriva Odo, che avevano
dovuto limitarsi a rifornimenti sufficienti per soli otto giorni. Il monarca tedesco raccontava che, per
portare a termine la spedizione rapidamente, si era diretto verso Iconya per la via più breve; in
nessun punto egli accusa le guide bizantine di aver portato i tedeschi fuori strada. Per di più,
Corrado non fa riferimento alla fuga delle guide e nemmeno alle accuse di aver consegnato i
tedeschi ai turchi. Un discorso di Corrado, formulato immediatamente dopo la disfatta dei tedeschi
in Asia minore e citato da Odo di Deuil, attribuiva la responsabilità della “malasorte” del sovrano
tedesco alla sua follia e a quella della sua gente (79). Corrado accusava se stesso di non aver reso i
giusti ringraziamenti a Dio quando aveva lasciato la Germania con la sua armata, e di non aver
emendato il suo stile di vita (80). Per di più, il re tedesco dava la responsabilità del disastro tedesco
alla sua stessa presunzione e arroganza che offendevano Dio (81). Corrado non avanzò nessuna
accusa ai bizantini. Se l‟avesse fatto, un accanito oppositore di Bisanzio, come Odo, sarebbe stato
certamente più che felice di riportarlo. Come il re tedesco, Otto di Freising non dette la colpa della
disfatta tedesca alle guide bizantine né nella sua Chronica né nelle Gesta Friderici I imperatoris.
Sia Corrado che Otto erano in una posizione privilegiata per sapere se i bizantini avevano sabotato
la spedizione e nessuno dei due li considerò responsabili della catastrofe e, sebbene tutti e due
avessero avuto l‟opportunità di scaricarne la responsabilità sulle guide bizantine, essi non lo fecero
(82). Nella sua lettera di gennaio/febbraio 1148 a Wibald, Corrado stesso parlava di suo “fratello
Manuele, imperatore dei greci” con grande affetto (83). E ancora: il fatto che, quando si ammalò ad
Efeso, Corrado accettò di buon grado l‟invito di Manuele a tornare nella capitale imperiale per la
convalescenza, supporta la tesi che il re tedesco non considerasse il sovrano bizantino il traditore
della spedizione tedesca in Asia minore. Inoltre, il fatto che Corrado cementasse un stretta alleanza
con Manuele dopo la Crociata si contrappone alla tesi dell‟inganno bizantino. Come Lilie rileva,
“sembra improbabile che il rispetto di se stessi dei tedeschi avrebbe consentito di accettare un tale
oltraggio - per non chiamarlo tradimento - dai bizantini senza reagire (84)”. Curiosamente, le due
sole accuse esplicite contro Manuele di collusione con i turchi sono fatte dal Patriarca giacobita
Michele il siriaco e dallo storico bizantino Niketa Coniato. Phillips e Harris hanno utilizzato i dati
forniti da queste due fonti per dimostrare “che Manuele incoraggiò attivamente i turchi ad attaccare
i Crociati che transitavano in Asia minore” (85). Il patriarca Michele annotava che l‟imperatore
bizantino aveva ingannevolmente mandato i Crociati in zone remote dove molti morirono di fame e
di sete, mentre molti altri venivano massacrati dai turchi (86). Inoltre, Michele in seguito accusò
Manuele di aver “agito di concerto con i turchi” e di aver “ostacolato (i Crociati) in vari modi per
due anni” (87).
Quanto è credibile il racconto della seconda Crociata fatto dal Patriarca? In primo luogo, Michele il
siriaco scriveva nel tardo XII secolo, ben dopo la Crociata. In secondo luogo, le armate crociate
entrarono in territorio bizantino in luglio e agosto 1147, in secondo luogo i crociati tedeschi furono
sconfitti a novembre dello stesso anno, mentre i francesi lasciavano la bizantina Adalia in febbraio
1148. I crociati rimasero in territorio bizantino solo per sette mesi. Come avrebbe potuto Manuele
ostacolarli per due anni, come Michele afferma? In terzo luogo, sebbene il patriarca accusasse
Manuele di essersi alleato con i turchi, nessun dettaglio viene dato sull‟entità e la durata di questo
patto. Il Patriarca Michele non seppe distinguere nemmeno tra le armate tedesca e francese. Il
presunto tradimento di Manuele dei crociati tedeschi era stato ventilato nell‟Oriente cristiano e il
patriarca Michele senza dubbio ne era venuto a conoscenza e lo aveva in parte riportato.
Lo storico bizantino Niketa Choniate riportava che “anche se malato l‟imperatore (Manuele) era
presente e aveva pianificato e ordinato di infliggere sofferenze tali così da essere una memoria
indelebile per la posterità e seminare qua e là tensione, tensione che avrebbe alimentato un
movimento contro i “Romani”. I turchi avevano fatto le stesse cose nei confronti dei tedeschi
quando, in un‟altra occasione, Manuele li aveva persuasi con le lettere e istigati a muovere guerra
(88)”. Choniate probabilmente cominciò la sua Historia prima del 1204, ma la integrò e rielaborò
circa mezzo secolo dopo la seconda Crociata. La presa e il sacco di Costantinopoli nella quarta
Crociata probabilmente influenzò la sua visione della storia bizantina. Dal suo punto di vista, la
seconda Crociata aveva allontanato Bisanzio dall‟Occidente per condurla infine al disastro del
1204, Choniate era perciò predisposto a criticare Manuele per come aveva gestito la seconda
Crociata (89). Oltre alla ricostruzione a tinte forti, ci sono molti errori e omissioni nel racconto di
Choniate (90). Tutti questi fattori giocano contro l‟affidabilità della sua testimonianza. La sua
accusa che “Manuele li (i turchi) aveva persuasi con le lettere e istigati a muovere guerra” contro i
tedeschi è priva di fondamento. Come osserva Lilie, “i tedeschi non potevano essere aiutati. Il loro
inoltrarsi nel Dorylaion li portò inevitabilmente fuori dal territorio bizantino a scontrarsi con le
forze selgiuchidi, che dovevano essersi sentite direttamente minacciate, per questo non c‟era
bisogno di lettere dell‟imperatore al sultano” (91). La consegna dei tedeschi nelle mani turchi era
una diceria che circolò in Oriente dopo la seconda Crociata, una versione che sembra essere stata
accolta nel racconto di Choniate (92).
La terza Crociata (1189-1192)
Le narrazioni latine della Crociata del 1101 che ritraggono il monarca bizantino come alleato degli
“infedeli” sono molto meno numerose rispetto a quelle della terza Crociata e la logica che le
incarnava era del tutto diversa. Le storie apocrife sulle terza Crociata erano il risultato di
incomprensioni e interpretazioni errate. Come nella prima e nella seconda Crociata, anche nella
terza Crociata, l‟armata tedesca, sotto la forte leadership dell‟imperatore Federico Barbarossa
(1156-90), lasciava Regensburg l‟11 maggio 1189 per marciare via terra verso la Terrasanta (93).
Prima della partenza dall‟Europa, l‟imperatore tedesco aveva scambiato ambascerie con il suo
omologo bizantino, Isacco II (1185-95, 1203-4) che gli aveva garantito il passaggio in sicurezza
attraverso il territori dell‟impero bizantino nonché privilegi economici. Nonostante questo, la
prossima partenza dell‟imperatore tedesco suscitava nei bizantini e nel loro imperatore una grande –
e ingiustificata – paura (94). Il periodo che seguì la discesa in campo di Federico sembra essere
stato testimone di un‟ondata di timori bizantini sulla caduta di Costantinopoli ad opera dei tedeschi
(95). Con tali profezie che circolavano nella capitale imperiale, un Isacco in preda al panico
“tamponò la posterna Kilokerkos con arenaria lime e mattoni cotti” (96). La sua paura raggiunse
livelli di isterismo e l‟imperatore era ormai determinato a fermare i tedeschi con tutti i mezzi a sua
disposizione. Dato che le loro serie e oneste intenzioni erano di liberare Gerusalemme e non certo di
conquistare Costantinopoli, i Crociati tedeschi non arrivarono a capire che l‟ostilità di Isacco nei
loro confronti nasceva dal fatto che egli percepiva l‟armata tedesca come una minaccia per la
sicurezza della capitale bizantina. Nel loro tentativo di comprendere l‟atteggiamento negativo di
Isacco verso la Crociata, i tedeschi non sorprendentemente conclusero che il monarca bizantino
complottava con gli “infedeli” (97). Come ci dice Choniate, nell‟ottobre 1189, “i tedeschi erano
arrivati alla conclusione che niente avrebbe potuto muovere l‟imperatore (Isacco) a violare il
solenne giuramento dei cristiani d‟Occidente salvo che egli avesse concluso una pace con il re dei
Saraceni (Saladino – 1171-93), e che in accordo con i loro rituali solenni di amicizia, essi si fossero
aperti una vena nei loro petti con l‟offerta di bere vicendevolmente il sangue che ne sgorgava (98)”.
L‟anonimo autore della Historia de expedition Friderici imperatoris, la più nota fonte diretta sulla
spedizione tedesca della terza Crociata, rivela anche il movente ipotizzato dietro l‟arresto e
l‟incarcerazione degli ambasciatori tedeschi che erano stati inviati a Costantinopoli prima
dell‟esercito crociato e cioè che il sovrano bizantino “desiderava offrire questo favore al suo „amico
e federato‟ Saladino il Saraceno, il nemico della croce e di tutti i cristiani” (99). Le accuse e le
suggestioni sulla cospirazione bizantino-musulmano contro i Crociati si propagarono rapidamente
in Occidente. Un‟eloquente testimonianza di questo e della sensibilità dimostrata da non pochi
occidentali verso queste suggestioni, sono tre testimonianze di Latini d‟Occidente negli ultimi mesi
del 1189, dopo che l‟ostilità di Isacco verso i Crociati tedeschi era divenuta aperta e sempre più
violenta (100). La prima si trova nel Chronicon del monaco tedesco Magnus di Reichersberg (101):
si tratta di una lettera, inviata in Occidente da un anonimo corrispondente occidentale in Palestina
che non ha indirizzo e finisce bruscamente (102). Il testo delinea un resoconto particolareggiato che
accusa gli imperatori bizantini Andronico I (1183-85) e Isacco di collusione con il sultano
musulmano Saladino contro i regni crociati e la terza Crociata.
Nel 1185, Saladino e Andronico I avevano concluso un Trattato solenne per stabilire un equilibrio
di potere contro i turchi selgiuchidi in Asia Minore (103). Secondo la lettera presente nell‟opera di
Magnus, in base al Trattato (confederatio), Saladino e Andronico si sarebbero accordati per
sottomettere sia il sultanato di Iconya che i regni crociati e di conseguenza spartirsi le terre.
Saladino avrebbe acconsentito a pagare pegno a Isacco, cioè a governare Gerusalemme e la costa
siriaco-palestinese come feudo dell‟imperatore bizantino (104). In altre parole, il potente sultano
non solo avrebbe accettato la spartizione dei territori conquistati, lasciando la parte del leone a
Isacco, ma sarebbe addirittura diventato vassallo dell‟imperatore. L‟affermazione che Saladino, il
campione della guerra santa contro i cristiani, avesse giurato solennemente di amministrare
Gerusalemme e la costa siriaco palestinese come vassallo dell‟imperatore cristiano è debole, se non
implausibile (105).
E‟ probabile che nel 1186, l‟imperatore Isacco, che aveva deposto Andronico nel 1185, avesse
mandato un‟altra ambasceria a Saladino per ribadire l‟alleanza (106). L‟autore anonimo
dell‟informazione di Magnus riferisce della conferma dell‟alleanza – confederatio come la chiama
lui – e dichiara che, di conseguenza, quando Alessio, il fratello di Isacco, fu catturato ad Acri dai
Latini d‟oltremare, il sovrano bizantino ordinò (mandat) al sultano “di insorgere con forza contro i
Cristiani d‟oltremare, che erano i più grandi nemici di entrambi” e liberare suo fratello (107). Isacco
stesso avrebbe dovuto attaccare i Latini d‟oltremare così che la loro terra potesse essere spartita
come stipulato nel suddetto Trattato bizantino-musulmano. Per di più, secondo l‟anonimo
corrispondente, l‟imperatore mandò una flotta di 80 navi in aiuto di Saladino, ma questa fu
annientata al largo dell‟isola di Cipro dall‟ammiraglio normanno Margaritone. Il sultano invase il
regno di Gerusalemme, e sconfitti i franchi a Hattin (4 luglio 1187), occupò quasi tutto il loro
territorio. Come l‟anonimo autore annota, Saladino, dopo il suo trionfo, mandò a Isacco splendidi
doni “per celebrare la sua vittoria” (108) e l‟alleanza bizantino-musulmana fu di conseguenza
rinnovata (109). Subito dopo, ricevuta la notizia dell‟avvicinamento delle armate della terza
Crociata, il sultano inviò un ambasceria a Isacco con preziosi doni, insieme a farina e frumento
avvelenati e una botte di vino, anch‟esso avvelenato, destinati allo sterminio dei Crociati tedeschi.
Desiderando verificare l‟efficacia del vino, Isacco convocò un cristiano latino alla presenza degli
inviati di Saladino e gli ordinò di aprire la botte, una volta apertala, questi fu ucciso dai fumi del
veleno (110) Tuttavia c‟è da dire che tutte le accuse dell‟anonimo autore contro Isacco erano senza
fondamento. Nel 1186, una flotta bizantina di 70 navi era stata effettivamente inviata nel
Mediterraneo orientale, dove fu sconfitta da Margaritone. Il bersaglio della flotta, però non era il
regno di Gerusalemme ma l‟isola ribelle di Cipro, che era governata in maniera indipendente da
Isacco Comneno, che si era proclamato imperatore fin dal 1184 (111). L‟affermazione che Saladino
avrebbe attaccato i Latini d‟oltremare su ordine di Isacco allo scopo di liberare suo fratello è
palesemente in conflitto la realtà storica, il sultano mosse guerra al regno di Gerusalemme in
risposta all‟aggressione latina (112). Persino la credenza che Saladino, in quanto uomo di Isacco,
prendesse gli ordini di buon grado dall‟imperatore è fuorviante e tradisce una visione occidentale
fondamentalmente distorta della politica in Oriente. La storia bizzarra per la quale Saladino avrebbe
inviato farina, frumento e vino avvelenato allo scopo di sterminare i Crociati, senza dubbio piaceva
agli occidentali medievali, ma non poteva avere alcun fondamento nella realtà.
La seconda testimonianza che accusa Isacco di complottare con Saladino per distruggere il
contingente tedesco della terza Crociata è una lettera presente in due fonti inglesi del tutto
indipendenti tra di loro (114): le Gesta regis Henrici secundi di Roger di Hoveden e Ymagines
historiarum di Ralph di Diceto (113). Secondo Roger di Hoveden, il testo originale, che era
anonimo e scritto alla fine del 1189 (115), fu letto alla Christiana plebs riunita nella cattedrale di St.
Paul a Londra, per pregare in occasione della conquista della Terra Santa (116). In quel periodo,
Ralph di Diceto era diacono di St. Paul (eletto nel 1180), fatto che può ben spiegare la sua
conoscenza della lettera. Una copia, probabilmente eseguita immediatamente al suo ricevimento o
poco dopo, si trova anche nel testo di Roger di Hoveden (117). Si tratta di un‟antologia di testi
apocrifi, profezie e dicerie che l‟autore aveva sentito in Oriente, evidentemente con scarsa o
nessuna aderenza ai fatti. L‟imperatore bizantino Isacco era ancora una volta ritratto come stretto
alleato di Saladino contro la terza Crociata. Era accusato di aver promesso al sultano un centinaio di
galee, e “Saladino gli aveva assicurato l‟intera Terra Promessa (la Terra Santa), se egli avesse
fermato la marcia dei Franchi” (118). Per di più, sempre secondo il testo anonimo, “se qualcuno a
Costantinopoli prende la Croce, verrà immediatamente catturato e gettato in prigione” (119). Infine,
l‟autore annotava che il giorno stesso in cui egli lasciò Costantinopoli, Isacco ordinò l‟espulsione di
tutti i Latini dall‟impero bizantino (120).
Quasi tutte queste accuse possono essere facilmente dimostrate come prive di fondamento.
L‟imperatore bizantino non era nelle condizioni di poter fornire una flotta a Saladino per la
semplice ragione che non ne possedeva una (121). L‟accusa che il sultano fosse pronto a cedere la
Terra Santa se l‟imperatore avesse ostacolato la terza Crociata non ha fondamento né nella realtà né
nella logica. Saladino non avrebbe mai promesso di cedere ai Cristiani di qualsiasi provenienza, la
Terra Santa che era l‟obiettivo della propaganda della guerra santa che sia lui che Nur al-din
avevano incoraggiato. Un‟azione simile sarebbe stata un suicidio politico. Non ci sono altre fonti
che confermato l‟accusa che Isacco ordinò di espellere tutti i Latini dall‟impero bizantino. Inoltre,
molti mercenari latini, commercianti e funzionari pubblici risiedevano a Costantinopoli durante la
terza Crociata (122), mentre il fatto che Isacco incarcerò i Crociati a Costantinopoli può essere
avvalorato. Infatti nella lettera del 16 novembre 1189, mandata da Filippoli al figlio Enrico in
Germania, l‟imperatore Federico I stesso annotò che “molti dei pellegrini che dal nostro impero
(…) sono venuti a Costantinopoli per incontrarci vengono tenuti prigionieri lì” (123).
La terza testimonianza che adombra uno scenario di collusione tra Isacco e Saladino pare essere una
lettera scritta della regina Sibilla (1186-90) a Federico Barbarossa alla fine del 1189. Questa lettera
è stata conservata nel “Tagebuch” di Tageno, diacono di Passau, un diario del contingente crociato
tedesco, ritenuto essere una elaborazione risalente al XVI secolo di materiali precedenti (124).
Molti studiosi hanno per prudenza evitato di inserire nelle loro trattazioni la lettera sulla supposta
alleanza tra Isacco e Saladino, laddove altri l‟hanno invece ritenuta fondamentale. Infatti, i dubbi su
questa lettera sono consistenti e molto probabilmente si tratta un falso. Potrebbe essere stata scritta
da un autore occidentale che aveva viaggiato in Oriente al tempo della terza Crociata o, più
probabilmente, da qualcuno che aveva saputo dell‟esistenza di un tale testo, in ogni caso il testo fu
rielaborato in Occidente e presentato come una lettera della regina Sibilla all‟imperatore Federico
(125). Nella lettera, Isacco era accusato di aver “ordito un complotto (coniuratio) con Saladino, il
corruttore e il distruttore del sacro nome” e perciò condannato, con gli stessi toni, come
“persecutore della chiesa di Dio (…e) del sacro nome” (126). Il sultano inviò all‟imperatore “molto
doni assai graditi ai mortali, allo scopo di stringere un‟alleanza e un accordo (pravam concordiam et
recontiliationem)”. La lettera ripete il racconto dell‟avvelenamento della farina e del vino e della
morte di un uomo che aveva aperto la botte (127). Le storie in cui Isacco aveva tramato per
avvelenare i Crociati colpivano l‟immaginazione dei popoli occidentali e si diffusero ampiamente.
L‟anonimo autore della Historia de expeditione Friderici imperatoris ci dice che, nel tardo autunno
1189, mentre il contingente tedesco era sotto attacco durante il passaggio attraverso l‟impero
bizantino, iniziarono a circolare voci per cui Isacco aveva pianificato di spazzare via i tedeschi
attraverso il veleno, voci che suscitarono storie fantasiose, alcune presenti nella Historia (128). In
queste storie, però, il veleno non era fornito da Saladino, e si deve immaginare che racconti simili
contenenti questo elemento si svilupparono parallelamente a quelli contenuti nella Historia.
Lo scenario che associa gli attacchi di Isacco contro i tedeschi alla collusione con Saladino sembra
aver trovato all‟epoca un certo seguito - anche se non eccessivo - e ampia circolazione nell‟Europa
occidentale; specialmente in Inghilterra e in Germania, se ne trovano riferimenti in diverse cronache
relative alla spedizione germanica. Nella sua Historia rerum Anglicarum, scritta intorno al 1196-8,
il cronachista Guglielmo di Newburgh annotava che Isacco “come si dice (ut dicitur), dopo che
Gerusalemme fu conquistata, stipulò un trattato (foedus) con Saladino, il peggior nemico della
Cristianità, promettendo che, per mare e per terra, egli avrebbe nei suoi domini, proibito il
passaggio dei Latini verso la Siria (129). Guglielmo di Newburgh presenta Isacco come “più fedele
a Saladino che a Cristo”, e cita Federico che condanna il sovrano bizantino come “uno uguale, se
non peggio di Saladino” (130). Racconti fantasiosi che dipingono Isacco come alleato di Saladino
riecheggiarono per decenni dopo la fine della terza Crociata.
Secondo il Chronicon Montis Sereni, scritto intorno al 1224-5 da uno dei canonici dell‟abbazia
Premonstratensian di Lauterberg, Isacco “si era alleato con Saladino contro i cristiani, avendo
ricevuto dal sultano 800 arcieri turchi a sostegno, per impedire in tutti i modi all‟imperatore
Federico di marciare attraverso il suo impero, nonostante la pace solenne che era stata conclusa tra
loro” (131). Così Isacco passò nella storiografia dell‟Occidente medievale latino come complice di
Saladino in una cospirazione contro l‟armata germanica della terza Crociata. Tuttavia, la diceria che
l‟imperatore bizantino si fosse alleato con il sultano Ayyubid contro i tedeschi non attecchì mai
nell‟Oriente latino. Inoltre, autorevoli cronache dei Latini d‟Oltremare, segnatamente l‟Itinerarium
peregrinorum, scritto tra il primo agosto 1191 e il 2 settembre 1192 da un templare inglese
cappellano a Tyre, la Colbert-Fontainebleau Continuation di Guglielmo di Tyre e il Lyon Eracles
non imputano l‟ostilità di Isacco verso spedizione germanica ad alleanze tra il sovrano bizantino e
Saladino (132). I Latini d‟Oltremare erano certamente in una posizione migliore rispetto agli
occidentali per sapere se ci fu collusione tra Isacco e Ayyubid, tuttavia, nonostante l‟assenza di
fondamento, lo scenario latino che vedeva Isacco tramare con Saladino contro i crociati germanici
ha conosciuto una notevole persistenza nel tempo. Persino oggi, diversi studiosi, lungi dal
ridimensionarlo come irrazionale prodotto di frustrazione, hanno accettato nel complesso la tesi che
i sovrani bizantino e musulmano avessero stretto un‟alleanza militare contro la terza Crociata (133).
La Quarta Crociata (1202-1204)
Nel 1203 le armate della quarta Crociata, nonostante l‟esplicita proibizione di Innocenzo III,
andarono a Costantinopoli per difendere i diritti del deposto imperatore Isacco (nel frattempo
divenuto suocero di Filippo Staufen di Svevia, figlio di Federico Barbarossa) e di suo figlio Alessio
IV(1203-04) (135). Isacco aveva creduto che la terza Crociata fosse quella volta a rovesciarlo e
perciò aveva fatto del suo meglio per vanificarla, mentre fu la quarta Crociata che - dopo aver
deviato su Costantinopoli e aver riportato lui e suo figlio sul trono - nel gennaio 1204, li vide
definitivamente deposti e sostituiti da Alessio V (1204) prima ancora che essi avessero rispettato gli
impegni presi con i Crociati. Isacco morì subito dopo, mentre Alessio fu assassinato nella notte tra
l‟8 e il 9 febbraio. Qualche giorno dopo i Crociati decisero di restare e conquistare Costantinopoli
(136). La città cadde il 12 e 13 aprile 1204 e un imperatore Latino, Baldovino di Fiandra, fu
incoronato nella chiesa di Santa Sofia il 16 maggio 1204. Divenuto imperatore, Baldovino mandò in
Occidente la lettera enciclica citata all‟inizio di questo scritto, e noi ora esamineremo le fonti cui il
sovrano e i suoi si ispirarono per le accuse contro bizantini di collusione con gli “infedeli”. E‟
alquanto improbabile che i racconti di Raimondo di Aguilers, Orderico Vitalis, Ghiberto di Nogent
piuttosto che di Ekkehard di Aura, che accusavano Alessio di connivenza con i musulmani contro la
prima crociata e quella del 1101, fossero noti a Baldovino e ai dotti chierici dell‟armata della Quarta
crociata che scrissero la sua lettera enciclica. E‟ anche improbabile che Baldovino e suoi consiglieri
avessero letto i resoconti latini che accusavano Isacco di collusione con Saladino. Solo un numero
limitato di questi testi circolavano tra i Latini: il lavoro di ciascuno dei suddetti storici è
sopravvissuto in meno di dieci manoscritti. Il costoso volume manoscritto, soggetto a scarsa
circolazione, non garantiva l‟effettiva trasmissione alla memoria collettiva. Cronache e documenti
nel Medioevo, secondo Given-Wilson, “erano veicoli assolutamente inadatti ad influenzare il
pubblico dei contemporanei” (137). Nel Medioevo le informazioni erano di norma ottenute e
trasmesse per via orale. La comunicazione orale è utile a definire comportamenti, percezioni e
ricordi, tuttavia, sia questa che la memoria dei contemporanei sono destinate a sfumare dopo
qualche decade per poi svanire definitivamente. E‟ assai improbabile che le voci della presunta
cospirazione con i musulmani contro la prima Crociata e la Crociata del 1101 continuassero a
circolare in Occidente un secolo più tardi. Per quanto riguarda la seconda Crociata, salvo la lettera
di Luigi all‟abate Suger che accusava Manuele di consentire ai turchi di entrare in territorio
bizantino, l‟imperatore bizantino non era ritenuto direttamente coinvolto, almeno dai Latini, in
complotti con i turchi per distruggere le armate francese e tedesca.Inoltre, dagli ultimi anni del suo
regno a molto dopo la sua morte, Manuele fu noto e ricordato dai Latini a Costantinopoli,
nell‟Europa occidentale e dai Latini d‟Oriente come un loro grande benefattore piuttosto che un
traditore (138). D‟altra parte, le storie che dipingono Isacco come alleato di Saladino contro la
spedizione di Federico I, erano diffuse in Europa occidentale, specialmente Inghilterra e Germania,
negli anni a cavallo della Quarta Crociata. Laddove le accuse relative alla prima Crociata e quella
del 1101 facevano riferimento principalmente a lettere segrete e messaggeri inviati dal sovrano
bizantino ai governanti turchi, le principali accuse di Baldovino contro Costantinopoli erano
ampiamente consonanti con le voci che circolavano al tempo della terza Crociata sulla presunta
cospirazione di Isacco con Saladino. Nella lettera di Baldovino, “Costantinopoli” è accusata di
avere “molto spesso osato stringere amicizie scellerate con gli infedeli”, “nel più sporco rito dei
pagani – cioè bere reciprocamente il sangue in segno di fraterna unione”. Vediamo come i tedeschi
della terza Crociata, sotto attacco da parte di Isacco, facessero riferimento all‟imperatore e Saladino
che suggellano il patto bevendo il sangue l‟uno dell‟altro (139). Per di più, nella lettera di
Baldovino, “Costantinopoli” resta accusata di “fornire armi, navi e vettovaglie agli „infedeli‟, un
riferimento ai resoconti contenuti nel Magnus Chronicon, di Ruggero di Hoveden e di Ralph di
Diceto. Non c‟è dubbio che simili dicerie su Isacco circolassero ai tempi della terza Crociata.
Questo non significa che tutta l‟Europa occidentale fosse a conoscenza di queste dicerie; del resto,
nei resoconti diretti sulla spedizione crociata germanica, ben pochi riferiscono una collusione tra
Isacco e Saladino. Non ci sono prove che Baldovino di Fiandra stesso ne fosse a conoscenza prima
di lasciare le Fiandre per la Crociata. Particolare attenzione dovrebbe essere posta al Chronicon
Hanoniense, scritto durante gli anni 1195 e 96 dal chierico fiammingo Gilberto di Mons. Nel 1175
Gilberto divenne cappellano alla corte di Baldovino V di Hainaut e VIII di Fiandra, il padre di
Baldovino, il primo notaio del conte molto probabilmente nel 1184, quindi cancelliere di Hainaut
dal 1178/80 al 1195 (140).
In questo breve resoconto della terza Crociata, basata su racconti di prima mano dei crociati di
ritorno a Hainaut, Gilberto riferisce che, quando l‟imperatore Federico “arrivò nella terra
dell‟imperatore di Costantinopoli (…) egli scoprì che l‟imperatore era un ribelle (rebellis), (e
perciò) lo attaccò come se fosse un nemico di Cristo (inimicum Christi) e distrusse molte delle sue
città” (141). Secondo Gilberto, “l‟intenzione di Federico era portare l‟imperatore di Costantinopoli
dalla sua parte, o almeno che gli fosse sufficientemente amico da fargli ottenere un passaggio sicuro
sul territorio per sé e per i suoi uomini e per avere provviste” (142). Non fa menzione della supposta
alleanza tra Saladino e Isacco e il nome di questo non viene mai citato. Appare chiaro, come il
Chronicon Hanoniense suggerisce, che le dicerie di una alleanza bizantino-musulmano contro la
terza Crociata non avevano guadagnato credito nelle corti di Hainaut e di Fiandra. Perciò, sembra
improbabile che Baldovino stesso potesse essere al corrente della presunta collusione tra Isacco e
Saladino prima di imbarcarsi per la Crociata.
La fonte delle informazioni su cui Baldovino e i suoi consiglieri chierici basarono la loro
convinzione non può essere identificata con certezza. I loro informatori potrebbero essere stati
ufficiali francesi della quarta Crociata, come Ugo di Saint Pol, Conon di Béthune e Goffredo di
Villehardouin, tutti veterani della terza Crociata (143). I tre nobili crociati avevano partecipato
all‟assedio di Acri, la città davanti alla quale, a seguito della morte di Federico, quel che restava
delle truppe germaniche si radunò nell‟ottobre del 1190. Durante l‟assedio, essi devono essere stati
informati delle azioni militari di Isacco contro i germanici, e forse, delle voci che volevano il
sovrano bizantino colluso con Saladino per distruggere i crociati germanici. Ciò che è più probabile,
però, è che la fonte dell‟informazione fossero chierici tedeschi o nobili della quarta Crociata –
effettivamente, prelati tedeschi nelle armate crociate potrebbero ben esser stati tra coloro che
elaborarono la lettera enciclica. Sebbene le forze della quarta Crociata fossero principalmente
composte di francesi del nord e veneziani, esisteva un contingente germanico, non più del 10 per
cento dell‟intero spiegamento di forze (144). I prelati e i nobili germanici era senza dubbio al
corrente dell‟attitudine belligerante di Isacco contro le forze germaniche della terza Crociata (145)
e, come minimo alcuni di essi possono aver saputo delle voci sul complotto tra Isacco e Saladino,
perché era proprio in Germania che queste voci si erano ovviamente più diffuse. Le voci della
presunta cospirazione contro i tedeschi nella terza Crociata non compromisero tuttavia la deviazione
della quarta Crociata a Costantinopoli per insediare sul trono Alessio, il figlio di Isacco. La notizia
che ci fosse stata un‟alleanza non sembra essere circolata nell‟armata crociata, se ciò fosse
avvenuto, Roberto di Clari l‟avrebbe senz‟altro riportato, come egli aveva fatto per ogni diceria che
circolava nell‟accampamento crociato. Inoltre, se Roberto avesse udito tali voci, non avrebbe
dipinto un ritratto favorevole di Isacco nella sua opera (146). Grande imbarazzo sarebbe derivato
dalle accuse di deviare la Crociata per correre in aiuto di un alleato degli “infedeli”, accuse
eventualmente avanzate dalla fazione che si opponeva al cambio sul trono di Costantinopoli, come
pure dai ranghi e dalle fila dell‟armata. Perfino quando Baldovino e i suoi consiglieri sostennero che
Costantinopoli “spesso si spingeva a stringere scellerate amicizie con gli infedeli”, , essi furono
molto attenti a non fare il nome di Isacco, parlando piuttosto di amicitia ferales tra bizantini e
musulmani in modo vago. Sembra che, dell‟intera armata crociata, solo pochi chierici e nobili
avrebbero potuto essere al corrente di tali voci e che siano stati ben attenti a non condividere questa
informazione in nessun momento della Crociata.
Conclusione
Questo testo ha esaminato cronache latine che dipingono i sovrani bizantini come alleati degli
“infedeli” contro i Crociati e gli stati crociati. Tali racconti sembrano essere fioriti in particolare
all‟inizio del XII secolo, a seguito della sfortunata Crociata del 1101, e alla fine dello stesso secolo,
durante e dopo la terza Crociata. Di fronte al risultato inglorioso della Crociata del 1101, i ranghi e
le fila dell‟armata crociata non accusano se stessi ma piuttosto macchinazioni occulte
dell‟imperatore Alessio. Le voci che facevano di Alessio un capro espiatorio si diffusero presto tra i
Latini e furono riportati nelle cronache. Nello scenario meno elaborato il sovrano bizantino istruiva
i soldati a guidare i Crociati attraverso il deserto dell‟Asia minore così che esausti sarebbero stati
facilmente annientati dai turchi. Quello più fantasioso e senza dubbio più suggestivo coinvolgeva
lettere segrete mandate dall‟imperatore Alessio agli “infedeli” incitandoli contro i Crociati. Lo
strano complotto che riguardava la Crociata del 1101 trovato nel lavoro di Orderico è un prova
evidente di come queste storie possano essersi arricchite nella trasmissione orale. I racconti sulla
Crociata del 1101 che muovevano accuse ad Alessio erano un tentativo di costruire un alibi ad un
risultato disastroso. In parte lo stesso era successo anche nella seconda Crociata. Curiosamente,
però, il terreno più fertile per le storie che accusavano Manuele di collusione con gli “infedeli”
risultava essere l‟Oriente cristiano piuttosto che l‟Occidente. Per di più, nell‟Oriente latino si diceva
che Manuele avesse ordinato alle guide bizantine di spingere i tedeschi in territori dove i turchi
avrebbero potuto attaccarli e annientarli, mentre il racconto più elaborato, che ritraeva l‟imperatore
coinvolto direttamente a spedire lettere e agire in combutta con gli “infedeli”, sopravvive nelle
cronache di un bizantino e di un siriaco, non in quelle latine.
Laddove le voci sulla Crociata del 1101 e sulla seconda Crociata avevano analoghe funzioni
assolutorie, quelle relative alla terza Crociata si svilupparono e proliferarono per ragioni totalmente
differenti: infatti in questo caso non c‟era bisogno di un capro espiatorio: una giustificazione
tuttavia era necessaria per le azioni militari del sovrano bizantino contro la spedizione germanica.
Nel tentativo di dare un senso all‟incomprensibile ostilità verso di loro, i Crociati tedeschi avevano
fatto ricorso allo scenario che collegava l‟attacco del sovrano bizantino a un‟alleanza tra lui e
Saladino. Il potere di questi racconti era così persuasivo che sono stati ritenuti veri non solo dai
contemporanei, ma anche dagli studiosi moderni. Generalmente notizie di legami tra bizantini e
musulmani sembrano avere soprattutto attecchito e proliferato tra i ranghi delle armate crociate,
sensibili a murmures e publica famas. Infine si diffusero ampiamente tra i Latini e trovarono posto
nelle pagine delle cronache. I nobili bene informati e capi dei Crociati non sembrano averci creduto.
In risposta alle affermazioni sulla Crociata del 1101, nell‟Europa occidentale i nobiles viri assolsero
Alessio da ogni accusa per il fallimento della Crociata. Nell‟Oriente latino Fulcher di Chartres,
cappellano di re Baldovino I e un cronachista autorevole della prima storia del regno latino di
Gerusalemme, non imputarono il disastro a nessuna collusione tra il sovrano bizantino e
musulmani. A parte l‟accusa di Luigi a Manuele di connivenza nell‟attacco dei turchi ai francesi in
Asia minore, altri capi crociati come re Corrado e l‟imperatore Federico non menzionano alcuna
alleanza tra imperatori bizantini e “infedeli” nelle lettere scritte rispettivamente durante la seconda e
la terza Crociata (147). Nessuna collusione bizantino-musulmana è menzionata dal ben informato
Otto di Freising. Paradossalmente, furono la nobiltà e il clero della quarta Crociata che diedero eco
interessato ai racconti che si erano sviluppati durante la terza Crociata e accusarono di connivenza
con gli “infedeli” proprio l‟imperatore i cui diritti erano stati calpestati dalla quarta Crociata alla
conquista di Costantinopoli. Baldovino di Fiandra e i suoi consiglieri chierici prestarono fede ai
racconti infondati per giustificare la conquista e il sacco della più grande metropoli della Cristianità.
Nonostante ciò, bisognerebbe sempre tenere presente che queste accuse, sebbene usate
strumentalmente per giustificare l‟esito disastroso della quarta Crociata, in nessun modo vi
contribuirono.
Note
(1) Per la migliore edizione della lettera a Innocenzo III, vedi Die Register Innocenz III, ed. O.
Hageneder and others, 7 vols (Graz and Cologne, 1964–99), vol. 7, 253–62, no. 152. Per
un‟edizione delle altre tre lettere, vedi De oorkonden der graven van Vlaanderen (1191–aanvang
1206), ed. Walter Prevenier, 3 vol. (Brussels, 1964–71), vol. 2, 577–603, nos 272–4.
(2) „Hec est enim, que, spurcissimo gentilium ritu pro fraterna societate sanguinibus alternis
ebibitis, cum infidelibus ausa est sepius amicitias firmare ferales, et eosdem mamilla diu lactavit
huberrima et extulit in superbiam seculorum, arma, naves et victualia ministrando.‟ Il testo latino è
preso dai registri di Innocenzo Die Register, ed. Hageneder and others, 259–60. La migliore
tradizione in inglese è Alfred J. Andrea: vedi Contemporary sources for the Fourth Crusade, trad.
Alfred J. Andrea (Leiden, 2000), 98–112 (108).(3) Studi sulla prima Crociata includono, Frederic
Duncalf, „The First Crusade: Clermont to Constantinople‟, in: A history of the crusades, ed.
Kenneth M. Setton, 2nd edn, 6 vols (Madison, 1969), vol. 1, 253–79. Steven Runciman, „The First
Crusade: Constantinople to Antioch‟, in: A history of the crusades, ed. Setton, vol. 1, 280–304.
Steven Runciman, „The First Crusade: Antioch to Ascalon‟, in: A history of the crusades, ed.
Setton, vol. 1, 308–41. Jonathan Riley-Smith, The First Crusade and the idea of crusading (London,
1986); John France, Victory in the east. A military history of the First Crusade (Cambridge, 1994).
Thomas Asbridge, The First Crusade. A new history (London, 2004). Christopher Tyerman, God‟s
war. A new history of the crusades (London, 2006), 27–164. On Byzantium and the First Crusade,
Vedi anche Ralph-Johannes Lilie, Byzantium and the crusader states, 1096–1204, trad. J.C. Morris
and Jean E. Ridings (Oxford, 1993), 1–51.(4) Secondo Anna Comnena, la figlia di Alessio: “Quei
turchi che erano disposti a servirlo (Alessio) ottennero numerosi benefici; a quelli che vollero
tornare a casa fu concesso - e anche loro partirono con non pochi doni”. Anna Komnena, The
Alexiad, trad. E.R.A. Sewter (London, 1969), 339–40.(5) Jonathan Shepard, „“Father” or
“scorpion”? Style and substance in Alexios‟s diplomacy‟, in: Alexios I Komnenos. Papers of the
second Belfast Byzantine international colloquium, 14–16 April 1989, ed. Margaret Mullett and
Dion Smythe (Belfast, 1996), 68–132 (102–3).(6) W.B. McQueen, „Relations between the Normans
and Byzantium, 1071–1112‟, Byzantion, 56 (1986), 427–76 (445).(7) Orderic Vitalis, The
ecclesiastical history, ed. e trad. Marjorie Chibnall, 6 voll. (Oxford, 1969–80), vol. 6, 103. 254 S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 Gesta Francorum et aliorum
Hierosolimitanorum, trad. Rosalind Hill (London, 1962), 17.(9) Guibert de Nogent, Dei gesta per
Francos, ed. R.B.C. Huygens (Corpus Christianorum continuatio mediaevalis 127A, Turnhout,
1996), 152. Guibert of Nogent, The deeds of God through the Franks, trad. Robert Levine
(Woodbridge, 1997), 65.(10) Robert the Monk, „Historia Iherosolimitana‟, in: Recueil des historiens
des croisades. Historiens occidentaux, 5 voll. (Paris, 1844–95), vol. 3, 717–882 (758).(11) Baldric
of Dol, „Historia Jerosolimitana‟, in: RHCHO, vol. 4, 1–111 (30).(12) Come Fulcher di Chartres
registra, “i turchi fecero entrare a Nicea i Turcopoli mandati lì dall‟imperatore e questi presero
possesso della città (...) in nome dell‟imperatore come egli stesso aveva disposto”. Fulcher of
Chartres, „Historia Hierosolymitana‟, in: RHCHO, vol. 3, 311–485 (333). Fulcher of Chartres, A
History of the expedition to Jerusalem 1095–1127, ed. Harold S. Fink, trad. Frances Rita Ryan
(Knoxville, TN, 1960), 83.(13) Bernold of Constance, „Chronicon‟, in: Die Chroniken Bertholds
von Reichenau und Bernolds von Konstanz, ed. Ian S. Robinson (Monumenta Germaniae Historica
Scriptores Rerum Germanicarum [SRG], new series 14, Hanover, 2003), 383–540 (535).(14) Come
ci informa Orderic Vitalis, Boemondo, nel suo giro della Francia, era accompagnato da un
pretendente al trono bizantino, probabilmente un figlio dell‟imperatore bizantino Romano IV (1068-
71) e altri notabili. Essi accusavano l‟imperatore Alessio di averli privati con l‟inganno della dignità
dei loro antenati e d‟aver provocato l‟ira dei feroci Franchi contro di sé (Alessio)‟. Orderic Vitalis,
Ecclesiastical history, vol. 6, 70–1.Questo dato è a volte dimenticato o il suo significato è sminuito
dagli studiosi moderni, che sono così portati a vedere la propaganda e la „crociata‟ di Boemondo
come antibizantina‟. Lo scopo apparente del normanno era di rovesciare il suo nemico, Alessio, e
insediare a Costantinopoli un regime a lui favorevole. La propaganda di Boemondo era contro
Alessio e non contro Bisanzio. Per la „crociata‟ di Boemondo, vedi John Gordon Rowe, „Paschal II,
Bohemund of Antioch and the Byzantine empire‟, Bulletin of John Rylands Library, 49 (1966),
165–202. Tyerman, God‟s war, 261–3.(15) Dato che il nome completo di Qilich Arsan era Qilich
Arslan ibn Sulayman, i cronachisti latini spesso si riferiscono a lui come „Solymannus‟ o
„Solomannus‟(16) Ekkehard of Aura, „Hierosolomyta‟, in: RHCHO, vol. 5, 1–40 (37).(17)
Ekkehard of Aura, „Hierosolomyta‟, 37. S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–
274 255(18) Otto of Freising, Chronica sive Historia de duabus civitatibus, ed. Adolf Hofmeister,
(MGH SRG 45, Hanover, 1912), 322. Otto of Freising, The two cities. A chronicle of universal
history to the year 1146 AD, ed. Austin P. Evans and Charles Knapp, trans. Charles Christopher
Mierow (New York, 2002), 416.(19) Al-Afdal è chiamato da Raimondo di Aguilers „rex
Babyloniorum‟(20) John France, „A critical edition of the Historia Francorum of Raymond of
Aguilers‟, (unpublished Ph.D. thesis, University of Nottingham, 1967), 210.(21) „Sciebat de nobis
quia pauci eramus, sciebat quod imperator Alexius usque ad mortem nobis inimicabatur: unde nos
litteras imperatoris Alexii de nobis factas invenimus, confecto bello cum rege Babyloniorum apud
Ascalonam, in tentorii ejusdem regis‟: France, „Critical edition of the Historia Francorum‟, 210.
Alcuni studiosi ritengono che Raimondo in questo passaggio dice che la forza limitata dell‟armata
crociata era stata rivelata ad al-Afdal da Alessio. Lilie, Byzantium and the crusader states, 58;
Asbridge, First Crusade, 285. Tuttavia sembra a questo autore che „unde nos [. . .] regis‟ si riferisca
al secondo „sciebat‟. Inoltre, Raimondo era consapevole che al-Afdal era stato comunque informato
sul numero di crociati dagli ambasciatori egiziani nel campo crociato. Infatti, dopo Nicea e su
suggerimento di Alessio, i Crociati avevano stabilito contatti diplomatici con il califfato fatimide
d‟Egitto cercando di stringere un‟alleanza franco-egiziana contro i turchi. Da dopo Nicea fino ai
primi di maggio 1099 i Fatimidi e i crociati furono in ottimi rapporti. Gli ambasciatori egiziani
erano nel campo crociato fuori di Antiochia nel febbraio-marzo 1098. France, Victory in the east,
165–6, 325, 358; Asbridge, First Crusade, 186–7.(22) Steven Runciman, A history of the crusades,
3 voll. (Cambridge, 1951), vol. 1, 273. Asbridge, First Crusade, 285.(23) Lilie, Byzantium and the
crusader states, 57–8.(24) Lilie, Byzantium and the crusader states, 58.(25) France, „Critical edition
of the Historia Francorum‟, 264. Raymond of Aguilers, Historia Francorum qui ceperunt
Iherusalem, trad. John H. Hill and Laurita L. Hill (Philadelphia, PA, 1968), 105. 256 S. Neocleous /
Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274(26) Al-Afdal sembra aver ritenuto i Crociati
mercernari al soldo di Alessio. Vedi, Carole Hillenbrand, The crusades. Islamic perspectives
(London, 1999), 46.(27) Ekkehard of Aura, „Hierosolomyta‟, 37.(28) Per la Crociata del 1101, vedi
James Lea Cate, „The Crusade of 1101‟, in: A history of the crusades, ed. Setton, vol. 1, 343–67.
Riley-Smith, The First Crusade and the idea of crusading, 120–34. Tyerman, God‟s war, 170–5.
Alec Mulinder, „Crusade of 1101‟, in: The crusades. An encyclopaedia, ed. Alan V. Murray, 4 vols
(Santa Barbara, CA; Oxford, 2006), vol. 1, 304–7. Alec Mulinder, „The crusading expeditions of
1101–2‟, (unpublished Ph.D. thesis, Swansea University, 1996).(29) Albert of Aachen, Historia
Ierosolimitana, history of the journey to Jerusalem, ed. e trad. Susan B. Edgington (Oxford, 2007),
634–5.(30) Albert of Aachen, Historia, 634–5.(31) Albert of Aachen, Historia, 636–7. S. Neocleous
/ Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 257(32) Albert of Aachen, Historia, 634–7.(33)
Guibert de Nogent, Dei gesta, 314; Guibert of Nogent, Deeds, 148. Tuttavia, Ghiberto, nel suo
pregiudizio contro Alessio, sosteneva che infine l‟imperatore “assecondò volentieri l‟errore (dei
Crociati)” perché “egli prevedeva chiaramente” che dopo tutto “nella loro arroganza, questi stavano
in effetti realizzando la loro stessa rovina”.(34) Ekkehard of Aura, „Hierosolomyta‟, 30.(35)
Ekkehard of Aura, „Hierosolomyta‟, 30.(36) Guibert de Nogent, Dei gesta, 313; Guibert of Nogent,
Deeds, 147.(37) William of Malmesbury, Gesta regum Anglorum, ed. e trad. R.A.B. Mynors, R.M.
Thomson and M. Winterbottom, 2 voll. (Oxford, 1998–9), vol. 1, 611.(38) William of Malmesbury,
Gesta regum Anglorum, vol. 1, 682–3. 258 S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010)
253–274(39) Orderic Vitalis, Ecclesiastical history, vol. 5, 334–5.(40) Orderic Vitalis,
Ecclesiastical history, vol. 5, 334–5.(41) Orderic Vitalis, Ecclesiastical history, vol. 5, 339.(42)
Orderic Vitalis, Ecclesiastical history, vol. 5, 338–9.(43) Cate, „The Crusade of 1101‟, 367.
Mulinder, „The crusading expeditions of 1101–2‟, 310–15.(44) Mulinder, „The crusading
expeditions of 1101–2‟, 125–6.(45) William of Tyre, Chronique, ed. R.B.C. Huygens (Corpus
Christianorum continuatio mediaevalis 63–63A, Turnhout, 1986), vol. 63, 466–7; William of Tyre,
A history of deeds done beyond the sea, trad. Emily Atwater Babcock and August Charles Krey, 2
voll. (New York, 1943), vol. 1, 432. Dato che il materiale di Guglielmo sulla Crociata del 1101 non
può essere identificata da fonti letterarie esistenti, potrebbe probabilmente venire da un documento
perduto scritto nel regno latino di Gerusalemme.(46) Significativamente, i cronachisti ben informati
contemporanei, come Ibn al-Qalanisi e Usama ibn Munqidh, come pure il poco più tardo Ibn al-
Athir, non menzionano nessuna collusione bizantino-musulmana contro la Crociata del 1101. Ibn
al-Qalanisi, Damas de 1075 à 1154. Traduction annotée d‟un fragment de l‟Histoire de Damas d‟Ibn
al-Qalanisi, trans. Roger le Tourneau (Damascus, 1952); Usama ibn Munqidh, The book of
contemplation. Islam and the crusades, trad. Paul M. Cobb (London, 2008); Ibn al-Athir, The
chronicle of Ibn al-Athir for the crusading period from al-Kamil fi‟l-ta rich, trad. D.S. Richards, 3
voll. (Aldershot, 2006–8).(47) Per il più recente e completo studio della seconda Crociata, vedi
Jonathan Phillips, The Second Crusade. Extending the frontiers of Christendom (New Haven,
2007). Altre discussioni estensive includono, Virginia Gingerick Berry, „The Second Crusade‟, in:
A history of the Crusades, ed. Setton, vol. 1, 463–512; Tyerman, God‟s war, 304–38. Per l‟impero
bizantino e la seconda Crociata, vedi anche Lilie, Byzantium and the crusader states, 145–63.(48)
Recueil des historiens des Gaules et de la France, 24 voll. (Paris, 1738–1904), vol. 15, 9. S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 259(49) Steven Runciman, The eastern
schism. A study of the papacy and the eastern churches during the XIth and XIIth centuries
(Oxford, 1955), 124–5; Jonathan Harris, Byzantiumand the crusades (London, 2003), 99; Angeliki
E. Laiou, „Byzantium and the crusades in the twelfth century: whywas the Fourth Crusade late in
coming?‟, in: Urbs capta. The Fourth Crusade and its consequences, la IVe Croisade et ses
conséquences. Atti della conferenza internazionale organizzata dall‟accademia di Atene e tenuta il
9-1 marzo 2004, ed. Angeliki E. Laiou (Paris, 2005), 17–40 (31); Tyerman, God‟s war, 319. Lilie e
Phillips citano l‟attacco di Ruggero all‟impero bizantino come la ragione per la quale Manuele
accettò l‟offerta di pace del sultano. Vedi Lilie, Byzantium and the crusader states,146,148; Phillips,
Second Crusade, 189–90. L‟attacco normanno, tuttavia, si verificò dopo che la tregua tra Manuele e
il sultano fu formalmente sancita.(50) Odo of Deuil, De profectione Ludovici VII in orientem, ed. e
trad. Virginia Gingerick Berry (New York, 1948), 54–5.(51) Per esempio, nel 1108 due alleanze
latino-musulmane si scontrarono tra di loro. I sovrani di Edessa, Baldovino di Le Bourg e Joscelin,
si allearono con Jawali, atabeg di Mosul, contro Ridwan di Aleppo, che a sua volta chiese aiuto a
Tancredi. Nella battaglia che ne seguì, Ridwan e Tancredi uscirono vincitori. Vedi Benjamin Z.
Kedar, „The voyages of Giuàn-Ovadiah in Syria and Iraq and the enigma of his conversion‟, in:
Giovanni-Ovadiah da Oppido, proselito, viaggiatore e musicista dell‟età normanna. Atti del
convegno internazionale, Oppido Lucano 28–30marzo 2004, ed. Antonio De Rosa e Mauro Perani
(Florence, 2005),133–47 (134). Dal 1139 al 1147 Gerusalemme e Damasco erano stretti alleati
contro l‟espansione di Zengi verso la Siria del Sud: Tyerman, God‟s war, 330.(52) Odo of Deuil, De
profectione, 112–13.(53) Odo of Deuil, De profectione, 108–9.(54) „Civitatula, villa paupere‟: Odo
of Deuil, De profectione, 110–13.(55) Odo of Deuil, De profectione, 112–13. 260 S. Neocleous /
Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274.(56) Odo of Deuil, De profectione,127. Runciman
sostiene che era indifferente alle popolazioni greche se le loro riserve di cibo e i loro greggi erano
razziati dai crociati o dai Selgiuchi e naturalmente preferivano questi ultimi. Runciman, Crusades,
vol. 2, 276. Lilie liquida le argomentazioni di Runciman come “incomprensibili” e aggiunge che
effettivamente potrebbe essere stato indifferente per le popolazioni locali dell‟Asia minore che
erano comunque danneggiate, ma, che in ultima analisi i Turchi rappresentavano il maggiore
pericolo: Lilie, Byzantium and the crusader states,159. Tuttavia non spiega perché le popolazioni
greche infine fecero fronte comunque contro i Selgiuchi. Inoltre, sia le argomentazioni di Lilie che
quelle di Runciman poggiano sull‟assunto che le popolazioni greche dell‟Asia minore fossero
regolarmente maltrattate dal Turchi.(57) Phillips, Second Crusade, 206.(58) Paul Magdalino, The
empire of Manuel I Komnenos, 1143–1180 (Cambridge, 1993), 124, 131–2.(59) A Efeso gli
ambasciatori bizantini espongono l‟entità dei danni (damna) inflitti dai Crociati ai greci dell‟Asia
minore: Odo di Deuil, De profectione, 108–9. L‟arroganza dei Crociati (importunitas) è criticata
perfino da Odo stesso: De profectione, 106–7.(60) In riferimento ai Turchi rifugiati ad Antiochia sul
Meandro, Berry sostiene che Manuele ne „era probabilmente inconsapevole‟ e „certamente non ne
era responsabile‟. Odo of Deuil, De profectione, 112, nota 13. Runciman pensava che „è
improbabile che l‟imperatore stesso avesse approvato il piano‟ e avanzava l‟ipotesi che „la
guarnigione locale (…) avesse fatto accordi segreti con gli infedeli: Runciman, Crusades, vol. 2,
271. Le mie conclusioni coincidono con quelle di Berry e Runciman, sebbene i due studiosi non
forniscano supporti alle loro tesi.(61) Harris, Byzantium and the crusades, 99.(62) RHGF, vol. 15,
496. G.A. Loud, „Five letters concerning the Second Crusade‟, in: The crusades. An encyclopaedia,
ed. Murray, vol. 4, 1298–301 (1299–300). S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010)
253–274 261(63) Henry Mayr-Harting, „Odo of Deuil, the Second Crusade and the monastery of
Saint-Denis‟, in: The culture of Christendom. Essays in medieval history in memory of Denis L.T.
Bethel, ed. Marc C. Meyer (London, 1993), 225–41 (234–5).(64) Odo of Deuil, De profectione,
131.(65) Runciman, Crusades, vol. 2, 275–6.(66) Magdalino, Manuel I Komnenos, 49–52. Phillips,
Second Crusade, 178, 194.(67) Odo of Deuil, De profectione, 90–1.(68) Odo of Deuil, De
profectione, 90–1.(69) Odo of Deuil, De profectione, 90–1.(70) Harris, Byzantium and the crusades,
26.(71) Lilie ha sostenuto che l‟accusa di tradimento contro i bizantini „sembra essere stata
un‟aggiunta tarda dei cronachisti‟: Lilie, Byzantium and the crusader states, 154. Però, le prove di
Odo non confortano questa tesi. Le accuse di tradimento contro i bizantini cominciano a circolare
tra gli altri ranghi e la truppa della spedizione germanica subito dopo la sconfitta in Asia
minore.(72) William of Tyre, Chronique, vol. 63A, 744; William of Tyre, History of deeds, vol. 2,
168(73) William of Tyre, Chronique, vol. 63A, 744; William of Tyre, History of deeds, vol. 2,
168.(74) William of Tyre, Chronique, vol. 63A, 745–6; William of Tyre, History of deeds, vol. 2,
170.(75) Peter W. Edbury and John G. Rowe, William of Tyre. Historian of the Latin east
(Cambridge, 1988), 13–15.(76) William of Tyre, History of deeds, vol. 2, 193.(77) A.S. Tritton and
H.A.R. Gibb, „The First and Second Crusades from an Anonymous Syriac Chronicle‟, Journal of
the Royal Asiatic Society (1933), 69–101, 273–305 (298).(78) Die Urkunden Konrads III. und
seines Sohnes Heinrich, ed. Friedrich Hausmann, (MGH Diplomatum Regum et Imperatorum
Germaniae 9, Vienna, 1969), 354–5, no. 195; Loud, „Five letters concerning the Second Crusade‟,
1299.(79) Odo of Deuil, De profectione, 100.(80) Odo of Deuil, De profectione, 100–1.(81) Odo of
Deuil, De profectione, 101.(82) Otto, al commando di un drappello di Crociati tedeschi, lasciò
l‟armata a Nicea e marciò verso sud seguendo la costa prima di deviare all‟interno fino al Meandro.
Alla fine del 1147, probabilmente alla metà di dicembre, essi arrivarono nelle vicinanze di Laodicea
sul Lycus, dove furono attaccati dai turchi e subirono gravi perdite: Phillips, Second Crusade, 184.
Quando i Crociati francesi arrivano nella Laodicea evacuata il 3 o il 4 gennaio 1148, pare
cominciassero a diffondersi in Francia voci per cui „sebbene il governatore (dux) di questa città
avesse condotto i tedeschi fuori dalle montagne, li avrebbe condotti attraverso strade non battute in
un imboscata turca e dopo che molti (…) uomini furono uccisi, quelli che poterono fuggirono e si
nascosero. Per di più, il governatore e i suoi uomini divisero il bottino con i Turchi‟. Odo of Deuil,
De profectione, 112–13. Tali voci, però, non gettavano la colpa su Manuele per la condotta del
comandante. Più significativamente, neanche Otto of Freising e nessun altro cronachista della
spedizione di Otto, faceva riferimento al tradimento da parte del governatore di Laodicea.(83) Die
Urkunden Konrads III., ed. Haussman, 355; Loud, „Five letters concerning the Second Crusade‟,
1299.(84) Lilie, Byzantium and the crusader states, 160.(85) Harris, Byzantium and the crusades,
99; Jonathan Phillips, Defenders of the Holy Land. Relations between the Latin east and the west,
1119–1187 (Oxford, 1996), 90; Phillips, Second Crusade, 206.(86) Michael the Syrian, Chronique,
trad. J.-B. Chabot, 4 vols (Paris, 1899–1910), vol. 3, 276. W.R. Taylor, „A new Syriac fragment
dealing with incidents in the Second Crusade‟, Annual of the American Schools of Oriental
Reasearch, 11 (1929–30), 120–30 (123).(87) Michael the Syrian, Chronique, vol. 3, 275. 264 S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274(88) Niketas Choniates, Historia, ed.
J.L. van Dieten (Berlin, 1975), 67. Niketas Choniates, O city of Byzantium. Annals of Niketas
Choniates, trans. H.J. Magoulias (Detroit, 1984), 39.(89) Michael Angold, The Byzantine empire,
1025–1204. A political history, 2^ ed. (London, 1997), 6, 199.(90) Choniates, City of Byzantium,
XVII.(91) Lilie, Byzantium and the crusader states, 160.(92) Significativamente, come nella
Crociata del 1101, i cronachisti musulmani Ibn al-Qalanisi, Usama ibn Munqidh, and Ibn al-Athir
non fanno menzione di alcuna cospirazione contro la seconda Crociata. In relazione alla seconda
Crociata e Bisanzio, Ibn al-Qalanisi registra solo – erroneamente – che i re occidentali „si
impadronirono delle province appartenenti a Costantinopoli, il cui il re (Manuele) fu obbligato a
seguire una politica di diplomazia e relazioni pacifiche e di assecondare le loro (gli occidentali)
richieste‟: Ibn al-Qalanisi, Damas de 1075 à 1154, 293. Similmente, secondo Abu Shama, che si
basò su Ibn al-Qalanisi, i Crociati „si impossessarono della provincia di Costantinopoli e della città
(Manuele) si trovò nella necessità di fare causa comune con loro e assecondare le loro richieste‟:
Abu Shama, „Le Livre des deux jardins: histoire des deux règnes, celui de Nour ed-Dîn et celui de
Salah ed-Dîn‟, ed. and trans. A.-C. Barbier de Meynard, in: RHCHO, vol. 4, 3–522 (54). S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 265(93) Per la spedizione tedesca della
terza Crociata, vedi Edgar N. Johnson, „The crusades of Frederick Barbarossa and Henry VI‟, in: A
history of the Crusades, ed. Setton, vol. 2, 87–116; Peter Munz, Frederick Barbarossa. A study in
medieval politics (London, 1969), 370–96. Tyerman, God‟s war, 417–30.(94) La paura
serpeggiante fornì terreno fertile per scenari stravaganti. Per esempio che l‟Oikoumene, il solo e
unico impero cristiano universale, per i occhi bizantini, potesse perdere il suo ruolo leader nella
Cristianità, o peggio ancora, cessare di esistere. Durante il XII secolo, c‟erano sempre stati circoli
nella capitale imperiale che consideravano le Crociate sinistri complotti contro l‟impero bizantino.
Riferendosi ai primi Crociati, Anna Comnena affermò che „apparentemente essi andavano in
pellegrinaggio a Gerusalemme, ma in realtà avevano l‟obiettivo di detronizzare Alessio e
impadronirsi della capitale‟. Riguardo alla seconda Crociata, lo storico bizantino Kinnamos
sosteneva che „l‟intera spedizione occidentale era stata organizzata con il comodo pretesto di
raggiungere l‟Asia combattendo i Turchi per ripristinare la chiesa in Palestina e liberare i luoghi
sacri, ma in realtà lo scopo era impossessarsi con la forza della terra dei romani‟. Oltre al
convincimento che le Crociate fossero una cospirazione ben congegnata contro l‟impero bizantino,
negli anni intorno al 1160 si diffuse una credenza paranoica per la quale Federico Barbarossa
voleva l‟impero orientale per lui. Questo è chiaramente presente nella cronaca di Kinnamos: nel
1161 „era diffusa la diceria che voleva Federico (…) in procinto di muovere tutto il suo regno per
attaccare la terra dei romani‟. Dato che il potere dell‟imperatore tedesco in Italia stata rapidamente
rafforzandosi alla metà del 1160, „Manuele stesso cominciò a preoccuparsi di controllare la sua
avanzata (di Federico), nel caso in un suo inaspettato successo potesse volgerlo contro l‟impero, su
cui da molto tempo egli aveva messo gli occhi‟. La paura di Federico raggiunse un livello tale che i
bizantini immaginarono che „dato che egli (Federico) intendeva invadere la terra dei romani (...),
avesse già cominciato a suddividerlo tra i suoi seguaci‟. Non sorprende perciò che la decisione di
Federico di partecipare alla Terza Crociata mettesse i bizantini in uno stato di panico e confusione.
Komnena, Alexiad, 319; John Kinnamos, Deeds of John and Manuel Comnenus, trad. Charles M.
Brand (New York, 1976), 58, 154, 172, 197. Sull‟idea dei bizantini che il loro impero fosse il solo
impero cristiano universal, vedi see Dimitri Obolensky, „The principles and methods of Byzantine
diplomacy‟, in: Actes du XIIe Congrès International d‟Études Byzantines, Ochride 10-16
Septembre 1961, 3 vols (Belgrade, 1963), vol. 1, 45–61 (52–3).(95) Mentre la spedizione germanica
della Terza Crociata stava marciando attraverso l‟Europa, il Patriarca di Costantinopoli, Dositheos
(1189–91), che esercitava una grande influenza su Isacco, viene ricordato per aver profetizzato „che
il re (Federico) non si propose mai di prendere possesso della Palestina, ma che invece fosse sua
intenzione marciare contro la regina delle città (Costantinopoli), che sarebbe entrato senza dubbio
attraverso la cosiddetta posterna Xylokerkos: Choniates, Historia, 404; Choniates, City of
Byzantium, 222. Sull‟influenza di Dositheos su Isacco, vedi Paolo Magdalino, „Isaak II, Saladin and
Venice‟, in: The expansion of Orthodox Europe. Byzantium, the Balkans and Russia, ed. Jonathan
Shepard (Aldershot, 2007), 93–106 (99). Inoltre, a Costantinopoli si diceva che „la profezia (...) si
sarebbe puntualmente avverata , che i Latini avrebbero regnato sulla città di Costantinopoli, perché
era scritto sulla Porta d‟oro (…) “Quando il re biondo d‟Occidente arriverà, allora io mi
spalancherò”: Roger of Hoveden, Gesta regis Henrici secundi, ed. William Stubbs, 2 vols (Rolls
Series 49, London, 1867), vol. 2, 52; Ralph of Diceto, Opera historica, ed. William Stubbs, 2 vols
(Rolls Series 68, London, 1876), vol. 2, 60.(96) Choniates, Historia, 404; Choniates, City of
Byzantium, 222.(97) Per una più complete ed elaborate trattazione di questa tesi come per una
nuova datazione e una reinterpretazione delle fonti che erano state utilizzate come prova
dell‟alleanza tra Isacco e Saladino, vedi Savvas Neocleous, „The Byzantines and Saladin: opponents
of the Third Crusade?‟, Crusades, 9 (2010). 266 S. Neocleous / Journal of Medieval History 36
(2010) 253–274.(98) Choniates, Historia, 409–10; Choniates, City of Byzantium, 225.(99) „Historia
de expeditione Friderici imperatoris‟, in: Quellen zur Geschichte des Kreuzzuges Kaiser Friedrichs
I, ed. Anton Chroust, (MGH SRG, new series, vol. 5, Berlin, 1928), 1–115 (39); C.E. Wilcox, „A
translation with introduction and notes of „Ansbert‟s Historia de expeditione Friderici imperatoris‟,
(unpublished MA thesis, University of Nebraska, 1951), 57. Come nel caso di Isacco II,
l‟aggressione di Isacco Comneno, il sovrano indipendente di Cipro (1184–91), contro il contingente
inglese della terza Crociata, era stato interpretato dai Crociati dell‟armata di re Riccardo I (1189–
99) come un segno di collusione con Saladino e al sovrano di Cipro era stato attribuito uno scambio
di sangue con il sultano, vedi Savvas Neocleous, „Imaging Isaak of Cyprus (1184–91) and the
Cypriots: evidence from the western historiography of the Third Crusade‟, in: From holy war to
peaceful cohabitation, ed. József Laszlovszky and Zsolt Hunyadi (CEU Medievalia), in fase di
pubblicazione.
(100) Per una nuova analisi, datazione e interpretazione di questi dati, vedi Neocleous, „The
Byzantines and Saladin‟. Questo articolo dimostra che testo conosciuto come „la lettera di Corrado
di Monferrat all‟arcivescovo Baldovino di Canterbury‟ è un falso, il risultato di un malinteso in un
plagio superficiale e inopinato. Vedi anche sopra la nota 97(101) Magnus of Reichersberg,
„Chronicon‟, ed. W.Wattenbach, (MGH SRG 17, Hanover, 1861), 439–534 (511–12).(102) Per una
discussione sull‟autore di questo testo, Neocleous, „The Byzantines and Saladin‟.(103) Lilie,
Byzantium and the Crusader states, 230–2; Phillips, Defenders of the Holy Land, 251.(104) Magnus
of Reichersberg, „Chronicon‟, 511; Lilie, Byzantiumand the crusader states, 231; Harris,
Byzantiumand the crusades,122–3.(105) Harris, Byzantium and the crusades, 121; Neocleous, „The
Byzantines and Saladin‟.(106) Lilie, Byzantium and the crusader States, 240.S. Neocleous / Journal
of Medieval History 36 (2010) 253–274 267(107) Magnus of Reichersberg, „Chronicon‟, 511.(108)
Magnus of Reichersberg, „Chronicon‟, 511.(109) Magnus of Reichersberg, „Chronicon‟, 511–
12.(110) Magnus of Reichersberg, „Chronicon‟, 512.(111) Lilie, Byzantium and the crusader states,
235. Harris, Byzantium and the crusades, 128.(112) Charles M. Brand, „The Byzantines and
Saladin, 1185–1192: opponents of the Third Crusade‟, Speculum, 37 (1962), 167–81(170); Harris,
Byzantium and the Crusades, 128.(113) Roger of Hoveden, Gesta regis, vol. 2, 51–3; Ralph of
Diceto, Opera historica, vol. 2, 58–60.(114) Antonia Gransden, Historical writing in England, c.550
to c.1307 (London, 1974), 232.(115) See Neocleous, „The Byzantines and Saladin‟.(116) Roger of
Hoveden, Gesta regis, vol. 2, 53.(117) I ricercatori moderni avevano erroneamente ascritto il testo
ai rappresentanti di Filippo di Francia alla corte di Costantinopoli. La ragione di questo equivoco sta
nel fatto che mentre Ralph che era meglio informato di Ruggero e cita il rapporto anonimo senza
intestazione, nell‟elaborazione di Ruggero il rapporto era erroneamente intestato con questa frase:
“Nello stesso tempo gli inviati di Filippo II di Francia presso l‟imperatore di Costantinopoli, Isacco,
avevano scritto al re negli stesso termini‟. Roger of Hoveden, Gesta regis, vol. 2, 51. Per una
discussione più completa di questo aspetto, vedi Neocleous, „The Byzantines and Saladin‟. 268 S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274(118) Roger of Hoveden, Gesta regis,
vol. 2, 52; Ralph of Diceto, Opera historica, vol. 2, 60.(119) Roger of Hoveden, Gesta regis, vol. 2,
52; Ralph of Diceto, Opera historica, vol. 2, 60.(120) Roger of Hoveden, Gesta regis, vol. 2, 53;
Ralph of Diceto, Opera historica, vol. 2, 60.(121) Lilie, Byzantium and the Crusader states,
238.(122) Brand, „The Byzantines and Saladin‟, 173.(123) Wilcox, „A translation with introduction
and notes of „Ansbert‟s Historia de expeditione Friderici imperatoris‟, 64. La lettera è riprodotta
nella „Historia de expeditione Friderici imperatoris‟, ed. Chroust, 40–3.(124) Robert Lee Wolff,
„Romania: the Latin empire of Constantinople‟, Speculum, 23 (1948), 1–34 (26).(125) Per una
discussione dettagliata, vedi Neocleous, „The Byzantines and Saladin‟.(126) „Tagenonis decani
Pataviensis descriptio expeditionis Asiaticae contra Turcas Friderici imperatoris‟, in: Germanicarum
rerum scriptores aliquot insignes, ed. B.G. Struve (Argentorati, 1717), 407–16 (410); Dana C.
Munro, „Letters of the crusaders written from the Holy Land‟, in: Translations and reprints from the
original sources of European history, 6 vols in 2 (Philadelphia, 1897– 1900), vol. 1:iv, 20–1
(20).(127) „Tagenonis decani Pataviensis descriptio‟, ed. Struve, 410; Munro, „Letters of the
Crusaders‟, vol. 1, 20. S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 269(128)
„Historia de expeditione Friderici imperatoris‟, ed. Chroust, 54–5; Wilcox, „A translation with
introduction and notes of „Ansbert‟s Historia de expeditione Friderici imperatoris‟, 81–3.(129)
William of Newburgh, „Historia rerum Anglicarum‟, in: Chronicles of the reigns of Stephen, Henry
II, and Richard I, ed. Richard Howlett, 4 vols (Rolls Series 82, London, 1884–89), vol. 1, 326.
William of Newburgh, The history of William of Newburgh, trad. Joseph Stevenson (London,
1856), 573–4.(130) William of Newburgh, „Historia rerum Anglicarum‟, 326; William of
Newburgh, History, 574.(131) „Chronicon Montis Sereni‟, ed. E. Ehrenfeuchter (MGH SRG 23,
Hanover, 1874), 130–226 (161).(132) Das Itinerarium peregrinorum. Eine zeitgenössische
englische Chronik zum dritten Kreuzzug in ursprünglicher Gestalt, ed. H.E. Mayer (MGH Schriften
18, Stuttgart, 1962), 291–5; „L‟Estoire de Eracles empereur et la conqueste de la terre d‟Outremer‟,
in: RHCHO, vol. 2, 1–481 (131–2); La Continuation de Guillaume de Tyr (1184–1197), ed. M.R.
Morgan (Documents relatifs à l‟histoire des croisades 14, Paris, 1982), 93; P.W. Edbury, The
conquest of Jerusalem and the Third Crusade. Sources in translation (Aldershot, 1996), 84. 270 S.
Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 (133) Brand, „The Byzantines and
Saladin‟, 167–81; Georg Ostrogorsky, History of the Byzantine state, trad. J. Hussey, 2^ ed.
(Oxford, 1968), 406–7; Jonathan Riley-Smith, The crusades. A short history (London, 1987), 111;
Lilie, Byzantium and the crusader states, 241; Michael Angold, The Fourth Crusade. Event and
context (Harlow, 2003), 36, 64–5; Paul Magdalino, „The Byzantine empire 1118–1204‟, in: The
new Cambridge medieval history, vol. 4. 1024-c.1198, part 2, ed. David Luscombe and Jonathan
Riley-Smith (Cambridge, 2004), 611–43 (631–2); Andrew Jotischky, Crusading and the crusader
states (Harlow, 2004), 159; Thomas F. Madden, The new concise history of the crusades (Oxford,
2005), 80–2; Dimiter G. Angelov, „Domestic opposition to Byzantium‟s alliance with Saladin:
Niketas Choniates and his Epiphany oration of 1190‟, Byzantine and Modern Greek Studies, 30
(2006), 49–68 (49–51, 54–5, 59–65); Magdalino, „Isaak II, Saladin and Venice‟, 94–8, 103–5.
(134) Per i ricercatori contro la tesi che ci fosse un‟alleanza contro i Crociati tedeschi vedi
Neocleous, „The Byzantines and Saladin‟; Harris, Byzantium and the crusades, 128, 134, 136.
Hannes Möhring, Saladin. The sultan and his times, 1138–1193, trad. David S. Bachrach, introd.
Paul M. Cobb (Baltimore, 2008), 77–8. Nella sua corrispondenza con Saladino nel 1189-90, Isacco
fingeva di agire nell‟interesse del sultano per la distruzione dei crociati tedeschi, per blandire
Saladino e ingraziarsi il potente sultano. Infatti, come registrato da Ibn al-Athir e Abu Shama – che
si servì anche di Baha‟al-Din insieme ad altri importanti autori – nel 1189 Isacco mandò lettere a
Saladino per formarlo della partenza di Federico dalla Germania per la Crociata e promise
spontaneamente di impedire all‟imperatore tedesco di passare attraverso l‟impero bizantino. Il
sovrano bizantino si vantò di aver rigettato la richiesta dei principi occidentali di partecipare alla
Crociata, sorvegliò i passi e ordinò ai comandanti delle fortezze di controllare i Crociati. La politica
di Isacco, però, era destinata a fallire dato che ben presto le sue mire segrete erano divenute evidenti
a Saladino e ai suoi consiglieri. Come affermava al-Fadil, il ministro degli esteri di Saladino, “il re
Greco teme fortemente i Franchi per il suo impero e vuole respingerli, se ci riuscirà, egli dichiarerà
che lo ha fatto nel nostro interesse”. Benché non fosse riuscito ad annientare i tedeschi, in una
lettera inviata a Saladino subito dopo che la spedizione tedesca aveva superato l‟Ellesponto alla fine
di marzo 1190, Isacco scriveva di aver inflitto gravi perdite all‟armata di Federico. La lettera è
conservata da Baha‟al-Din, il biografo di Saladino e riassunta da Abu Shama: Abu Shama, „Le
Livre des deux jardins‟, 437–8, 470–1, 508–9; Baha‟al-Din ibn Shaddad, The rare and excellent
history of Saladin, trad. D.S. Richards (Aldershot, 2001), 121–2. Vedi anche Neocleous, „The
Byzantines and Saladin‟; Harris, Byzantium and the crusades, 135–6; Möhring, Saladin, 77–8. Per
le relazioni diplomatiche tra Saladino e Isacco dopo il 1191, vedi M.C. Lyons and D. E.P. Jackson,
Saladin. The politics of the holy war (Cambridge, 1979), 349, 361.(135) Per la quarta Crociata, vedi
Donald E. Queller and Thomas F. Madden, The Fourth Crusade. The conquest of Constantinople,
2nd edn (Philadelphia, PA, 1997); Jonathan Phillips, The Fourth Crusade and the sack of
Constantinople (London, 2004); Tyerman, God‟s war, 495–560.(136) Donald E. Queller and
Thomas F. Madden, „Some further arguments in defense of the Venetians on the Fourth Crusade‟,
Byzantion, 62 (1992), 433–73 (463). S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–
274 271(137) Chris Given-Wilson, „Official and semi-official history in the later middle ages: the
English evidence in context‟, in: The medieval chronicle, ed. Erik Kooper, 5 voll. (1999–2008), vol.
5, 1–16 (5).(138) La seconda Crociata aveva in una certa misura danneggiato la reputazione di
Manuele, come minimo tra un certo numero di Latini. Tuttavia, durante gli ultimi anni del suo
regno, Manuele riuscì a cancellare completamente la memoria della Crociata migliorando
considerevolmente la sua immagine e la sua autorevolezza tra i Latini. Scrivendo a Manuele nel
1169, Luigi VII di Francia si rivolgeva al sovrano bizantino come “fratello venerabile e carissimo
amico” rassicurandolo che “l‟onore che hai riservato ai nostri pellegrini (quando i crociati francesi
erano a Costantinopoli) non lo cancelleremo mai dalla nostra memoria”: RHGF, 16, 149–50. Molto
dopo la sua morte, Manuele era ricordato con grande affetto e rispetto dai Latini di Costantinopoli e
d‟Oltremare come dai Latini d‟occidente, soprattutto da Francia, Inghilterra e dal Papato. Per
l‟immagine di Manuele durante gli ultimi anni di regno, vedi Savvas Neocleous, „Imaging the
Byzantines: Latin perceptions, representations, and memory (c.1095–c.1230)‟, (unpublished Ph.D.
thesis, Trinity College, Dublin, 2009), 167–73.(139) Choniates, Historia, 409–10; Choniates, City
of Byzantium, 225.(140) Gilbert of Mons. Chronicle of Hainaut, trad. Laura Napran (Woodbridge,
2005), xxvii–xxviii, xxxiii–xxxvii.(141) Gilbert of Mons, „Chronicon Hanoniense‟, ed. Wilhelm
Arndt (MGH Scriptores 21, Hanover, 1869), 481–601 (566); Gilbert of Mons, Chronicle, 128.(142)
Gilbert of Mons, Chronicle, 128.272 S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–
274(143) Peter S. Noble, „Geoffrey of Villehardouin (the Marshal)‟, in The crusades. An
encyclopedia, vol. 2, 507; Contemporary sources for the Fourth Crusade, trad. Andrea, 177, 181,
187; Queller and Madden, The Fourth Crusade, 6.(144) Contemporary sources for the Fourth
Crusade, trad. Andrea, 239.(145) Per esempio, Corrando di Krosigk, vescovo di Halberstadt (1202–
8), il più alto prelato che avesse partecipato alla quarta Crociata, era sicuramente al corrente
dell‟attacco di Isacco al contingente tedesco nella terza Crociata . Secondo le Gesta episcoporum
Halberstadensium, durante la loro marcia attraverso i territori bizantini nel 1189, i tedeschi
“subirono moltissimi danni a causa del tradimento dei greci („per infidelitatem Grecorum‟)”: „Gesta
episcoporum Halberstadensium‟, ed. Ludwig Weiland, (MGH Scriptores 23, Hanover, 1874), 73–
123 (110).(146) Per Roberto, Isacco era “l‟uomo audace e coraggioso” („vaillans et hardis‟) che
liberò Costantinopoli e i greci dal „traiteur‟ Andronico I e divenne „saint empereeur par miracle‟.
Vedi See Robert de Clari, La Conquête de Constantinople, ed. and trad. Peter Noble (Edinburgh,
2005), 28–30, 34. S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274 273.(147) Die
Urkunden Konrads III., ed. Haussman, 354–5; „Historia de expeditione Friderici imperatoris‟, ed.
Chroust, 40–3. 274 S. Neocleous / Journal of Medieval History 36 (2010) 253–274