le attività del settore proprietà forestali regionali e vivaistiche
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La cura del territorio montano in Piemonte.TRANSCRIPT
Assessorato allo Sviluppo della montagna e foreste, opere pubbliche, difesa del suoloDirezione Economia Montana e Foreste
L’attività del SettoreProprietà Forestali Regionali
e Vivaistiche
L’attività del SettoreProprietà Forestali Regionali
e Vivaistiche
Gli operai forestaliLe foreste regionaliI vivai
Gli operai forestaliLe foreste regionaliI vivai
Realizzazione a cura del Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e VivaisticheResponsabile: Vincenzo Renna
Testi e FotografieMaria Grazia AdduciGiorgio CacciabueMarilena DestefanisVincenzo Perino Cinzia PiccioniMarco Raviglione
con il contributo di:Gian Piero PeracchiaMarco RoccaEva Malacarne
Coordinamento editorialeCinzia Piccioni
con la collaborazione di:Marilena DestefanisMarco Raviglione
Elaborazione cartograficaAlessio Colombo (Arpa Piemonte)
con il contributo di:Alberto Collatin
Si ringrazia per la documentazione fotografica gentilmente concessa il Parco della Valgrande, Luciano Cagna, Fiorenzo Costa, Giorgio Forgnone, Mario Raviglione, IPLA.
La cura del territorio montano rappresenta un’indispensabile attività di prevenzione per alcune tipologie di eventi che si manifestano a quote elevate, ma che poi si trasferiscono a valle con effetti molto impattanti, e spesso disastrosi, per cose e persone.
Le aree in quota, spesso non abitate, rischiano però di essere trascurate ed escluse da interventi e opere di sistemazione. Opere che invece vengono realizzate con maggior puntualità, quando non in regime d’urgenza, nei fondovalle, dove però lo scopo è quello di controllare gli effetti che si sono innescati e non le cause: un sistema perverso che ha costi sociali rilevanti.
Nell’ultimo decennio, infatti, il Piemonte è stato interessato da periodici eventi alluvionali, tra cui ricordo, tra i più disastrosi e che hanno colpito soprattutto la parte montana e collinare del territorio, quelli del 1994 in Alta Langa e Valsesia, del 2000 in Alta Valle Orco e Soana e recentemente del 2002 in Alta Valle Cervo e nel cuneese.
Nel quadro più generale delle attività di prevenzione e manutenzione del territorio messe in atto dalla Regione Piemonte, si inserisce la funzione del Settore gestione Proprietà forestali Regionali e Vivaistiche della Regione Piemonte, che svolge un importante ruolo di coordinamento e di azione nella gestione del patrimonio silvo-pastorale (oltre 16mila ettari), dei fabbricati rurali montani e dei vivai di proprietà della Regione Piemonte, e che utilizza a questo scopo i propri operai forestali e, all’occorrenza, anche lavoratori o ditte esterne.
Le foreste regionali, oltre che svolgere funzioni di produzione, protezione idrogeologica ed ambientale tipiche del bosco, sono un luogo privilegiato per la didattica, la ricreazione, l’escursionismo e la ricerca. Un patrimonio di biodiversità che comprende ambienti naturali con una grande varietà di organismi vegetali e animali, che si collocano in aree geografiche che vanno dalle Alpi agli Appennini. Una ricchezza per tutta la comunità da tutelare controllandone attentamente lo stato di salute e lo sviluppo attraverso i principi della selvicoltura naturalistica, con interventi puntuali di taglio che favoriscono il perpetuarsi dei boschi.
Le squadre forestali regionali, e questa pubblicazione con le sue splendide immagini di opere realizzate ne è la riprova, si confermano sempre di più come attori qualificati nella tutela e nella valorizzazione del nostro territorio e delle nostre foreste, grazie a costanti investimenti sulla formazione del personale che accrescono la professionalità dei loro preziosi interventi.
Bruna Sibille Assessore allo Sviluppo della montagna e foreste, opere pubbliche, difesa del suolo
Sono trascorsi ormai trent’anni da quando gli operai forestali alle dipendenze del Corpo forestale dello Stato sono divenuti dipendenti della Regione Piemonte. Trent’anni di lavoro svolto su tutto il territorio regionale finalizzato a migliorare, sistemare e rendere fruibile angoli di montagna spesso abbandonati e dimenticati. Un’attività continua e capillare di cura del territorio, di prevenzione e recupero dei danni provocati dal dissesto idrogeologico, di manutenzione e pulizia di sentieri, piste forestali, torrenti e rii minori ed interventi effettuati utilizzando principalmente le tecniche di ingegneria naturalistica.
Il Settore gestione Proprietà forestali e Vivaistiche con questo opuscolo vuole esprimere il proprio riconoscimento a quanti con il loro impegno quotidiano permettono a tutti noi di camminare su sentieri ben segnalati, di sostare in luoghi ordinati e sicuri, godere di pittorici scorci di paesaggio montano o di riposarci all’ombra di un bosco ben “curato”.
Un lavoro eseguito con competenza e professionalità sempre maggiori … al servizio di tutti.
Aldo Migliore
Direttore Regionale Economia Montana e foreste
1. Il territorio
2. Gli operai forestali della Regione Piemonte
Cronistoria
L’attività oggi
Interventi
Evoluzione dei lavori
3. La formazione professionale
4. Le foreste regionali piemontesi
Foreste regionali – archivio di biodiversità
La gestione forestale sostenibile Foresta Regionale “Alta Valsessera”
La vegetazione
La fauna
Le attività umane
La gestione regionale Foresta Regionale “Valgrande”
La vegetazione
La fauna
Foreste Regionali “La Benedicta” e “Monte l’Eco”
La vegetazione
La fauna
Gli insediamenti sparsi e il sacrario della “Benedicta”
La gestione regionale
Foresta Regionale “Cerreto”
La vegetazione
La fauna
La gestione regionale Foresta Regionale “Piancastagna”
La vegetazione
La fauna
La gestione regionale
Foresta Regionale di “Pragelato”
La vegetazione
La fauna
La gestione regionale
Proprietà Regionale “Valle Stura di Demonte”
La gestione regionale
5. L’Attività vivaistica
I vivai regionali
La raccolta dei semi forestali
Campi comparativi di provenienza
Centro di castanicoltura
Campo collezione di castagno
Produzione di piante micorrizate
Elenco specie vivai
Bibliografia
Indirizzi del Settore
indice
1. Il territorio Cinzia Piccioni
Comunità montane e collinari del PiemonteIl Piemonte è una regione caratterizzata da
importanti catene montuose cui si associano
rilievi collinari che circoscrivono un’estesa
pianura; è suddiviso in area montana (11.280
Km2 - 44%) costituita dalle Alpi occidentali e
Appennino; area collinare (5.650 km2 - 23%),
che occupa la parte sud-orientale del territorio;
pianura (9.900 km2 - 33%), che comprende la
zona situata tra il piede delle Alpi e le colline del
Monferrato e delle Langhe.
L’area montana-collinare rappresenta quindi
la maggior parte della regione con circa il 67%
dell’intera superficie.
Il territorio piemontese possiede una delle
maggiori estensioni forestali nell'ambito nazionale
con una superficie forestale complessiva di circa
925.000 ettari; di cui l’80% nelle zone montane,
l’11% nelle zone collinari e il 9% in pianura.
RIPARTIZIONE delle FORESTEPIEMONTESI per CATEGORIA
Querceti, Querco-carpineti, Cerrete
13,8%
Formaz. riparie1,4%
Peccate1,0%
Faggete15,6%
Castagneti23,5%
Lariceti e Cembrete9,0%
Altre formaz. dilatifoglie
6,7%
Arbusteti subalpini,planiz, coll. e montani
4,0%
Pinete2,0%
Robinieti12,3%
Rimboschimenti2,2%
Abetine1,7% Boscaglie d’ invasione
6,8%
Pecceta colpita da Ips typographus (lo scolitide dell’abete rosso è uno degli insetti più dannosi; l’infestazione porta alla morte della pianta). Si nota sullo sfondo la colorazione grigia degli abeti colpiti.
In pianura aree boscate di una certa estensione si possono attualmente rinvenire solo in alcune
aree dell'alta pianura (i terrazzi fluvioglaciali della Mandria, della Vauda, della Baraggia), lungo
alcuni corsi d'acqua tributari del Po da nord (Orco, Sesia, Ticino) e nella piana vercellese con
l’importante nucleo del Bosco della Partecipanza di Trino.
La composizione dei boschi piemontesi, è costituita per il 72% da popolamenti a prevalenza di
latifoglie, per il 13% da popolamenti a prevalenza di conifere e per il restante 15% da arbusteti e
boschi misti. Le specie maggiormente rappresentate sono: tra le conifere il Larice, tra le latifoglie
il Castagno e il Faggio.
La composizione attuale delle foreste piemontesi è ovviamente diversa da quella che dovrebbe
corrispondere al climax sia per il tipo di gestione spesso irrazionale, che per i danni causati da
attività antropiche (incendi, inquinamento atmosferico, ecc.) o da avversità naturali (vento, neve
pesante, attacchi parassitari, ecc.), ma soprattutto per la sistematica sostituzione di alcune specie
a favore di altre che in particolari momenti della storia dell'uomo si dimostravano più redditizie.
E' questo il caso del Castagno, specie del tutto sporadica in Piemonte sino a 2.000 anni or
sono.
Il Castagno ha nel tempo sostituito le formazioni arboree a prevalenza di querce (per lo più
Rovere) e, più in alto, di Faggio nella fascia altimetrica che va dall’area pedemontana fino a circa
1200 m, anche se da alcuni decenni, a causa prima delle malattie (il “cancro corticale”, ma anche
il “mal dell’inchiostro”) e poi dell'abbandono delle necessarie cure colturali, si assiste ad un ritorno
delle specie originarie.
Lo stesso fenomeno si è verificato nelle vallate alpine con il Larice, specie che l’uomo ha favorito
largamente nei confronti (a seconda delle condizioni stazionali e della quota) di altre conifere quali
l’Abete bianco, l’Abete rosso ed il Pino cembro, che oggi stanno riconquistando il loro spazio.
Tra le specie esotiche bisogna invece ricordare la nordamericana Robinia, diffusa nella nostra
regione a partire dal XVIII secolo per rinsaldare le scarpate e produrre fasciname per i forni da
pane. Favorita ancor più che il Castagno dal governo a ceduo (particolarmente con gli estesi
tagli a raso degli anni 1940-1945) a scapito delle meno plastiche querce e delle altre latifoglie
autoctone, e formidabile colonizzatrice di coltivi abbandonati, la Robinia copre oggi molte migliaia
di ettari in purezza nei bassi versanti collinari e nella fascia pedemontana.
Le foreste insieme ai pascoli svolgono un importante ruolo multifunzionale:
- proteggono i suoli dall’erosione,
- costituiscono un tampone contro l’effetto serra,
- vengono utilizzate a fini turistico-ricreativi e di educazione ambientale,
- formano un serbatoio di diversità biologica,
alla loro conservazione contribuisce una corretta gestione forestale, basata sulla selvicoltura naturalistica e sull’idonea conduzione degli alpeggi.
Il bosco quindi dovrebbe essere visto non solo come patrimonio da sfruttare ma principalmente come una ricchezza collettiva da tutelare.
2. Gli operai forestali della Regione PiemonteCinzia Piccioni
Tutte le attività relative alla gestione del bosco e alla manutenzione del territorio montano, risultano
oggigiorno molto dispendiose e vengono svolte in modo sempre più limitato, con le conseguenze
che tutti possono osservare: rii intasati dalla vegetazione, muretti di sostegno crollati, sentieri non
più agibili, piste forestali impercorribili.
E’ noto inoltre quanto incida la scarsa manutenzione delle aree montane sull’equilibrio idrogeologico
oltre che ambientale. Per questi motivi l’ ente pubblico si è fatto carico dell’onere relativo alla
gestione del territorio attraverso i propri operatori forestali.
Cronistoria
In origine gli operai forestali dipendevano dal Corpo Forestale dello Stato. Risalgono al 1972 le
prime attribuzioni alle Regioni a statuto ordinario in materia forestale con il Decreto del Presidente
della Repubblica 15 gennaio n. 11, con il quale vennero trasferite le funzioni concernenti “i boschi
e le foreste, i rimboschimenti e le attività silvo-pastorali” ed inoltre la bonifica montana e le
sistemazioni dei bacini montani. In questa fase di transizione gli operai venivano gestiti ancora
dal C.F.S. anche se già retribuiti con fondi regionali.
Con il DPR 616 del 22 luglio 1977 venivano trasferite alla Regione ulteriori competenze, e
successivamente nel 1979 con le leggi regionali n. 6 e n. 73 veniva creato il Servizio Forestazione
presso l’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste ed i cinque Servizi Forestazione ed
Economia Montana con sede presso gli allora capoluoghi di provincia. La gestione delle squadre
forestali passava quindi completamente alla Regione ed ogni Servizio gestiva gli operai assegnati
al territorio di propria competenza. Con la ristrutturazione dell’Ente Regione attuata con la legge
n. 51 del 08/08/1997 e con le Delibere di Consiglio Regionale n. 442-14210 del 30/09/97 e n. 480-
8708 del 15/07/98, veniva creato il Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche.
A seguito delle determinazioni dirigenziali n. 57 del 22 gennaio 2002 e n. 117 del 19 febbraio 2002
il Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche è stato individuato quale struttura
competente alla gestione degli addetti forestali, in conformità con le D.C.R. sopra citate.
Il Settore programma l’attività forestale con l’impiego diretto delle maestranze utilizzate per la
realizzazione di opere di sistemazione idraulico-forestale ed idraulico-agraria e di manutenzione
ambientale.
Le attività svolte in amministrazione diretta comportano l’impiego di operai forestali a tempo
indeterminato e a tempo determinato assunti dal Settore nel rispetto dello specifico contratto di
comparto.
Per la gestione degli operai forestali il Settore si avvale di propri Uffici Territoriali distribuiti sul
territorio piemontese.
L’attività oggi
La Giunta Regionale con le Delibere n. 99-7862 del 25/11/2002, n. 63-12589 del 24/5/2004 e
n. 136-15139 del 17/3/2005 ha fissato in 565 unità (di cui circa 200 a tempo indeterminato) il
numero di operai attualmente alle dipendenze del Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali
e Vivaistiche. Gli operai forestali, sono suddivisi in 96 squadre (distribuite sul territorio delle
comunità montane e collinari) e vengono gestiti da 18 Direttori dei lavori, dipendenti del Settore.
Metodo di lavoro
Ogni Direttore dei Lavori individua, tra le richieste pervenute dagli enti territoriali, gli interventi da effettuare durante la stagione lavorativa programmandoli tramite la redazione di progetti.
I principali tipi di interventi che vengono effettuati sono:
• Interventi forestali - ricostituzione boschiva, diradamento, cure colturali, ecc.
• Interventi di manutenzione delle fasce di vegetazione riparia dei corsi d’acqua - ripristino del regolare deflusso delle acque attraverso il controllo della vegetazione spondale.
• Interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di piste forestali - ripristino viabilità.
• Interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di sentieri - ripristino della percorribilità di sentieri e mulattiere anche con sistemazione di attraversamenti e corrimani.
• Interventi di manutenzione ambientale - sistemazione di piccoli dissesti idrogeologici tramite tecniche di ingegneria naturalistica.
• Interventi di vario tipo - manutenzione aree attrezzate, mantenimento in efficienza delle vasche anticendio, ecc.
Interventi
Il territorio montano presenta alcune fragilità derivanti dalla situazione morfologica e dallo
spopolamento delle alte valli: un tempo infatti le popolazioni che abitavano le nostre montagne
svolgevano un’importante azione di prevenzione attraverso la cura del territorio da cui traevano
quanto necessario per vivere.
Lo stato di abbandono si evidenzia in particolare lungo i rii, con sponde invase dalla vegetazione
e alvei occupati da tronchi e rami, che nelle fasi di piena possono causare pericolose dighe
e dare luogo a violenti e distruttivi straripamenti, oppure lungo i sentieri e le piste, deteriorati
dall’invasione della vegetazione o dalle frane.
Dal punto di vista geologico la montagna e la collina sono predisposte a fenomeni di instabilità
che si innescano soprattutto durante gli eventi alluvionali.
Nell’ultimo decennio il Piemonte è stato interessato da periodici e anche intensi eventi alluvionali,
tra cui ricordiamo, tra i più disastrosi e che hanno colpito soprattutto la parte montana e collinare
del territorio, quelli del 1994 in Alta Langa e Valsesia, del 2000 in Alta Valle Orco e Soana e del
2002 in Alta Valle Cervo e nel Cuneese.
La cura del territorio montano, dove possibile, può essere considerata un’efficace prevenzione
per alcune tipologie di fenomeni che si innescano a quote elevate, ma si trasferiscono poi a valle
con effetti molto più visibili e disastrosi.
In un’area che, non essendo abitata, viene difficilmente considerata per la realizzazione di opere
di sistemazione (che vengono invece effettuate in grande quantità sul fondovalle, dove hanno
spesso lo scopo di controllare gli effetti dei fenomeni che si sono innescati in montagna), diventano
necessari gli interventi che possono essere realizzati dalle squadre forestali.
Il Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche, attraverso le squadre dei propri
operai, ha intensificato l’attività di recupero ambientale successiva agli eventi ma soprattutto
programma e rende costante un’azione di salvaguardia del territorio.
L’azione delle squadre è finalizzata soprattutto agli interventi di manutenzione: i sentieri vengono
ripristinati ricostruendo sia il tracciato che eventuali ringhiere e attraversamenti, i boschi curati,
i rii ripuliti dalla vegetazione. Questa funzione, oltre a permettere il mantenimento delle attività
ancora presenti in montagna, contribuisce a valorizzare il territorio anche dal punto di vista
paesaggistico.
E’ importante ricordare che gli interventi vengono effettuati con tecniche che tutelano l’ambiente,
utilizzando anche le tecniche dell’ingegneria naturalistica per l’apprendimento della quale gli
operai vengono specificatamente formati.
Il principio dell’ingegneria naturalistica è quello di creare delle strutture con materiale rinnovabile
(ad es. legno) che funga da supporto affinché sia la “natura” stessa a ripristinare la stabilità
del suolo (ad es. con l’insediamento della vegetazione). Attraverso questa metodologia vengono
effettuate sistemazioni di versanti in frana e di sponde torrentizie, utilizzando materiale reperito in
loco, con un impatto visivo molto positivo.
Evoluzione dei lavori
Poiché ormai da tempo l’espansione della superficie boscata avviene per via naturale, la necessità
di rimboschimenti è limitata alle aree colpite da avversità abiotiche (fuoco, vento, neve) o biotiche
(attacchi parassitari) oppure alle aree idrogeologicamente fragili.
Le cure colturali restano comunque necessarie per migliorare la composizione e la struttura
dei boschi; le principali consistono in sfolli e diradamenti, conversioni e interventi fitosanitari di
bonifica allo scopo di favorire la creazione di popolamenti misti più stabili e resistenti, costituiti da
specie autoctone.
Analizzando i dati dell’ultimo triennio, si evidenzia su tutto il territorio regionale, una forte
diminuzione degli interventi forestali a favore degli interventi eseguiti per la manutenzione di piste
e sentieri.
Una flessione si nota anche per i lavori effettuati sui torrenti mentre sono in aumento gli interventi
di ingegneria naturalistica utilizzati per la sistemazione di versanti e corsi d’acqua.
EVOLUZIONE DEI LAVORI
Int. Forest. Int. Basse sponde altri interv.95 165 195
piemonte 2005
man. Piste e sentieri438
N° interventi effettuati in Piemontenel 2005
int. sui rii18%
int. Forestali11%
altri interv.22%
man.piste/sentieri
49%
Interventiforestali ha
Interventisui rii
minori mlmanutenzione piste
ml
manuten.sentieri
ml
altriinterventi
ha223,5 226.149 871.180 922.950 293,6
Estensione interventi effettuati in Piemonte nel 2005
050
100150200250300350400450
n° interventi
2003 2004 2005
anno
Interventi 2003-2004-2005
int. Forestaliint. Riiman. Piste/sentierialtri interv.
EVOLUZIONE DEI LAVORI
Int. Forest. Int. Basse sponde altri interv.95 165 195
piemonte 2005
man. Piste e sentieri438
N° interventi effettuati in Piemontenel 2005
int. sui rii18%
int. Forestali11%
altri interv.22%
man.piste/sentieri
49%
Interventiforestali ha
Interventisui rii
minori mlmanutenzione piste
ml
manuten.sentieri
ml
altriinterventi
ha223,5 226.149 871.180 922.950 293,6
Estensione interventi effettuati in Piemonte nel 2005
050
100150200250300350400450
n° interventi
2003 2004 2005
anno
Interventi 2003-2004-2005
int. Forestaliint. Riiman. Piste/sentierialtri interv.
3. La formazione professionaleMarilena Destefanis
4. Le foreste regionali piemontesiMarco Raviglione
A partire dal 2002 ad oggi le squadre forestali regionali sono state oggetto di uno sforzo
riorganizzativo che ha investito anche l’aspetto della formazione professionale, attraverso
l’attuazione di corsi per direttori lavori, operai e capisquadra.
La formazione ha riguardato le seguenti tematiche: primo soccorso, abbattimento ed esbosco,
tecniche di ingegneria naturalistica, vivaistica forestale.
Sono inoltre stati trattati argomenti molto specifici quali la potatura con tecnica tree-climbing, con
cestello e l’utilizzo delle macchine movimento terra; un notevole impegno sia economico che
organizzativo attuato con la finalità di far crescere professionalmente tutti gli operatori (operai,
tecnici, funzionari e direttori lavori) diffondendo concetti di sicurezza sul lavoro.
Particolare rilievo è stato dato alla figura dell’Istruttore Forestale di Abbattimento ed Esbosco,
nuova professionalità creata nel 2002 e riconosciuta regionalmente nel 2005 con l’istituzione
dell’elenco Regionale degli istruttori.
Dopo aver frequentato un apposito corso di formazione di otto settimane, in parte in Italia in
parte in Austria, sono stati formati quattordici istruttori di cui otto direttamente alle dipendenze
della Regione Piemonte e quattro privati (altri due istruttori privati hanno ottenuto la qualifica nel
2006).
Attualmente gli istruttori forestali regionali si occupano di istruire gli operai all’interno delle squadre
regionali sull’utilizzo in sicurezza delle principali attrezzature di lavoro (motosega, decespugliatore,
verricello per esbosco, tirfor).
Quantificazione dell’attività svolta dagli Istruttori Forestali Regionali all’interno delle squadre a partire dal 2002.
Modulo formativodurata (ore)
operai formatitot
% operai formatinel 2002 nel 2003 nel 2004 nel 2005 nel 2006
Uso motosega 16 286 131 30 46 16 525 95,5Uso roncola 4 470 29 15 514 93,5Uso decespugliatore 8 8 20 135 56 219 39,8Manutenzione ed affilatura motosega
8 12 64 53 129 23,5
Uso verricello 8 36 53 89 16,2Uso Tirfor 12 12 2,2
Si tratta di moduli formativi dal taglio strettamente pratico, attuati “sul posto”, che permettono una
continuità formativa di buona qualità garantita da un rapporto insegnante-allievo che va da 3 ad
un massimo di 5 operai per istruttore.
Accanto all’aggiornamento dei formatori già esistenti, la Regione Piemonte ha scelto di creare altri
15 istruttori (di cui nove dipendenti regionali) esperti in ingegneria naturalistica, che inizieranno
la loro attività di “insegnamento” nel corso del 2007 e sei istruttori capi corso (due dipendenti
regionali) specializzati nella gestione organizzativa e logistica dei corsi di formazione.
4. Le foreste regionali piemontesiMarco Raviglione
La funzione di coordinamento e di azione nella gestione del patrimonio silvo-pastorale, dei
fabbricati rurali montani e dei vivai di proprietà della Regione Piemonte è affidata al Settore
Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche, che utilizza per questo scopo le proprie
maestranze o all’occorrenza le ditte esterne.
La proprietà regionale è costituita dalla foresta Alta Valsessera nelle province di Biella e Vercelli,
dalle foreste La Benedicta, Monte L’Eco (nell’Alto Ovadese), Piancastagna e Cerreto (nell’Acquese)
in provincia di Alessandria, dalla Valgrande in provincia di Verbania e da alcuni nuclei in provincia
di Torino e Cuneo, per un totale di oltre 16.000 ha, equamente distribuiti tra boschi e pascoli.
Foreste regionali archivio di biodiversità
Le foreste regionali oltre che svolgere le funzioni di produzione, di protezione idrogeologica ed
ambientale tradizionalmente attribuite al bosco, sono un luogo privilegiato per la didattica, la
ricreazione, l’escursionismo e la ricerca. Localizzate in aree geografiche diverse che vanno dalle
Alpi agli Appennini, esse comprendono svariati ambienti naturali che racchiudono una grande
varietà di organismi vegetali e animali. Tutto ciò ha un nome: biodiversità ed è di importanza
fondamentale per il nostro pianeta.
La gestione forestale sostenibile
Le foreste regionali sono una ricchezza collettiva da tutelare controllandone attentamente la
salute e lo sviluppo attraverso i principi della selvicoltura naturalistica così definita perché opera
assecondando, senza forzature, i processi evolutivi naturali. Essa favorisce, con interventi puntuali
di taglio, il processo di perpetuazione del bosco nei tempi e nei luoghi in cui esso si manifesta
spontaneamente.
Foresta regionale “Valsessera”Marco Raviglione
L’Alta Valsessera appare circondata da una catena continua di monti che racchiudono il bacino
idrografico del torrente Sessera, affluente di destra del fiume Sesia.
L’accesso naturale alla Valle, cioè risalendo il torrente Sessera, è praticamente impossibile per la
presenza di versanti particolarmente scoscesi.
Da sempre quindi l’accesso avviene attraverso valichi, chiamati localmente “bocchette”, che si
trovano a quote comprese tra i 1200 ed i 1500 m slm.
Il bacino, per la sua caratteristica configurazione, per la mancanza in passato di strade carreggiabili
di accesso e per la asprezza dei luoghi, non ha consentito il sorgere di centri abitati permanenti
e ha mantenuto caratteristiche di spiccata naturalità, seppure fortemente influenzate dall’azione
dell’uomo, difficilmente riscontrabili in altri settori delle Alpi biellesi.
La vegetazione
L’elevata piovosità e la frequente copertura del cielo rendono il bacino del Sessera particolarmente
favorevole allo sviluppo delle formazioni boschive di latifoglie mesofile ed in particolare del
faggio che risulta diffuso in tutto il piano montano. All’interno delle formazioni forestali, si trovano
esemplari di betulla, sorbo degli uccellatori, acero e, lungo i rii, ontano e salici. Il sottobosco,
costituito in prevalenza da Luzula nivea, mirtillo, Calamagrostis arundinacea, Oxalis acetosella,
Maianthemum bifolium e nelle zone più calde rovo e rododendro, si presenta con densità mai
fitta, spesso rada e talvolta quasi completamente assente. Tra le specie arbustive si osservano
principalmente il nocciolo e il sambuco.
Particolare importanza naturalistica e forestale riveste un preziosissimo lembo residuo di abetina
spontanea di abete bianco in località Alpe Cusogna, situata sulle pendici del monte Asnas.
A parte gli isolati esemplari di abete bianco che si ritrovano sparsamente distribuiti in questa
località, il vero e proprio bosco si estende per 35 ha circa sul versante in destra idrografica del
torrente Dolca, con esposizione nord, ad una altitudine che va dai 1350 m ai 1650 m s.l.m.
Si tratta di una foresta aperta, relitta, in cui si alternano zone a maggior densità ad altre con
ampie chiarìe. Accompagnano l’abete bianco rari abeti rossi e tra le latifoglie si rinvengono
abbondantemente il sorbo degli uccellatori ed il salicone, mentre il faggio è presente nella fascia
inferiore del bosco. Il sottobosco è costituito in primo luogo da rododendro e per il resto da ontano
verde e caprifoglio nero.
L’importanza del bosco è data in particolare dalla presenza di maestosi abeti pluricentenari.
Queste piante si presentano con portamento a candelabro, alcune addirittura a candelabro
multiplo, con fusti di grosso diametro da cui all’altezza di pochi metri dal suolo si dipartono grosse
e tortuose ramificazioni, principali artefici del singolare aspetto di questa cenosi forestale. Alcuni
degli esemplari più vecchi sono morti in piedi, altri, caduti al suolo, producono un’atmosfera irreale
e quasi fiabesca.
Da segnalare sotto l’aspetto floristico la presenza di specie rare ed endemiche, quali il Cytisus
proteus, o la Scopolia carniolica, solanacea sopravvissuta alle glaciazioni considerata un relitto
della flora terziaria. Quest’ultima specie conta un areale principale sulle Alpi orientali ed un piccolo
areale disgiunto, interpretabile come “area relitta”, in Valsessera.
Foto valsessera flora
“Relitto” di abete biancoall’A. Cusogna Abeti bianchi all’A.
Cusogna
Faggeta in Alta Valsessera
Boletus aereus
12
La fauna
Proprio per la particolare conformazione della valle e per le conseguenti difficoltà di accesso,
come già detto la zona si presenta come una valle “selvaggia” attualmente ricca di boschi alternati
a pascoli e praterie con una presenza antropica limitata. Tutte caratteristiche indice di un habitat
“tranquillo” e quindi relativamente ricco di fauna.
Tra gli invertebrati il posto d’onore è occupato dal Carabus olympiae, coleottero appartenente
alla famiglia dei Carabidi. Si tratta di un endemismo presente, nel mondo, soltanto nei pascoli e
nei boschi di un’area limitata dell’Alta Valsessera. Questo raro coleottero, conosciuto localmente
come "Boja d'or", deve il suo nome a Olimpia Sella, cugina del naturalista Eugenio Sella, che nel
1854 lo scoprì. Ha rischiato nel passato e rischia tuttora l'estinzione sia per la spietata caccia
cui è sottoposto da entomologi o pseudo tali che per la parziale trasformazione del suo habitat
naturale.
La variabilità degli ambienti garantisce la presenza di una discreto numero di specie di uccelli. Gli
ambienti più ricchi in assoluto sono la foresta e le zone rupestri, dove si trovano anche la maggior
parte delle specie più pregiate a livello regionale per la loro rarità.
Nel bosco di latifoglie le specie più importanti sono l’Astore, il Falco pecchiaiolo, il Luì verde
mentre nel bosco di conifere sono la Cincia dal ciuffo, il Fiorrancino, il Regolo, la Nocciolaia e il
Picchio Nero che non disdegna però di frequentare anche il bosco di latifoglie.
Gli ambienti dirupati, comprese pietraie e macereti, ospitano un’avifauna tipicamente alpina di
altissimo valore: Aquila reale, Codirossone, Coturnice, Culbianco, Gufo reale, Falco Pellegrino,
Pernice bianca, Picchio muraiolo, Rondine montana, Sordone.
Altre specie importanti sotto l’aspetto ecologico le rinveniamo nell’arbusteto prostrato, come il
Gallo Forcello e lo Zigolo giallo, o nei pascoli, come il Biancone e il Succiacapre .
Considerato nel suo insieme il popolamento della Valsessera risulta composto da specie non
specificatamente dipendenti dall’uomo, in altre parole si tratta di un popolamento del tutto naturale,
caratteristica che fa di questa valle un’isola di avifauna autoctona a carattere prealpino.
Tra i mammiferi nei boschi è frequente incontrare il Capriolo e nei pascoli il Camoscio.
Anche il Cervo, a seguito delle reintroduzioni effettuate nel recente passato, ha trovato un habitat
consono alle sue caratteristiche.
Negli ultimi anni il Cinghiale ha scelto anche l’Alta Valsessera per le sue rovinose scorribande
notturne. Anche se non è facile osservarli sono presenti nei vari ambienti valsesserini molte specie
che per le loro particolari abitudini, passano facilmente inosservate; fra queste la marmotta, la
faina, la martora, il tasso, la volpe, la lepre variabile.
Foto valsess. fauna
capriolo
Carabus olimpiae
Gallo forcello
Picchio nero
Prima stagionatura della toma di alpeggio
13
Le attività umane
La Valsessera in passato presentava una notevole ricchezza di boschi cedui e di alto fusto che
presumibilmente la ricoprivano molto di più di quanto non lo sia attualmente.
Un antico detto biellese ricorda che un tempo si poteva andare dal Bocchetto Sessera (nel
Biellese) al Bocchetto della Boscarola (in Valsesia) passando da un albero all’altro senza mai
toccare il suolo.
L’alto Sessera infatti costituì nei secoli passati un serbatoio di legname, di carbone di legna e
quindi di energia per le industrie estrattive della zona e per le industrie tessili del Biellese.
Le montagne dell’Alta Valsessera sono state oggetto di sfruttamento minerario nei secoli passati,
lungo le pendici delle montagne sono ancora rintracciabili le gallerie minerarie costruite per
estrarre il corindone, l’argento e il rame.
Ancora oggi, all’interno del bosco, sono numerose le tracce di piazzole che costituivano le antiche
aie carbonili dove veniva prodotto il carbone di legna.
Questa attività provocò un rapido depauperamento della foresta accelerato da cause successive,
quali il pascolo incontrollato, gli incendi e non ultimo il taglio quasi a raso del bosco durante i due
ultimi periodi bellici.
Ad esclusione di alcune zone preservatesi grazie alle difficoltà di esbosco, il ceduo di faggio
dell’intero bacino venne tagliato a raso durante la prima guerra mondiale e nuovamente nell’ultima
col rilascio di poche vere matricine.
Il soprassuolo è quindi costituito oggi da alberi dell’età di circa 60-65 anni, cui partecipano alcuni
esemplari che probabilmente sfuggirono al taglio perché allora di piccole dimensioni.
L’età di questi ultimi non supera tuttavia gli 80 anni.
Attualmente, gli esemplari più vecchi, pur raggiunti in altezza dagli individui più giovani, hanno
aspetto ramoso e la chioma globosa tipica delle matricine.
La gestione regionale
L’attuale ricostituzione del bosco, iniziata nel secondo dopoguerra è dovuta sia all’utilizzo di
combustibili alternativi alla legna ed al carbone da parte delle industrie tessili biellesi, sia ad
interventi selvicolturali più avveduti da parte dell’Amministrazione regionale, proprietaria nell’Alto
Sessera di circa 7.200 ettari.
La Regione ha intrapreso negli anni ‘80 del secolo scorso una politica di recupero e di valorizzazione
delle aree boscate mediante interventi di conversione a fustaia dei cedui di faggio abbandonati
ed invecchiati.
Gli interventi hanno interessato circa 1200 ettari di superficie boschiva e sono stati finalizzati alla
creazione di una struttura del popolamento il più possibile vicina a quella di una futura fustaia.
Negli interventi si è avuta inoltre particolare cura nel rilasciare gli esemplari di specie accessorie
in modo da incrementare la biodiversità dell’ecosistema forestale.
Ultimamente la Regione si è dotata di un Piano Forestale Aziendale di durata decennale che
definendo gli obiettivi e i relativi interventi rappresenta lo strumento operativo di gestione delle
foreste valsesserine.
Parallelamente ai lavori selvicolturali la Regione ha effettuato opere di recupero dei pascoli
montani attraverso la costruzione o il recupero di alpeggi, la realizzazione di piste di servizio ed
interventi di miglioramento del cotico erboso.
Gli alpeggi ospitano nella stagione estiva mandrie di bovini, ovini e caprini.
I bovini sono prevalentemente di razza Pezzata Rossa di Oropa e Bruna Alpina, le pecore sono
di razza Biellese, le capre non appartengono generalmente a razze selezionate: si segnalano un
gregge di razza Verzasca ed uno di razza Camosciata.
Sono presenti anche degli equini che vengono utilizzati come some per il trasporto di provviste,
masserizie, sale pastorizio, formaggi ed anche agnelli.
Tipica degli alpeggi di queste montagne è la produzione delle “Tome”, i caratteristici formaggi
della zona, e del miele.
Foresta regionale “Valgrande”Marilena Destefanis
Il patrimonio demaniale regionale della Val Grande in Provincia di Verbania è di 3.230 ettari che
si sommano agli ulteriori 3.400 di proprietà dello Stato (tra cui la Riserva Naturale Integrale del
Pedum) a formare, assieme ad altre proprietà pubbliche e private, il Parco Nazionale della Val
Grande.
Il Parco, istituito nel 1992, è l’area selvaggia più vasta d’Italia, una wilderness a due passi dalla
civiltà. Una vallata unica , dove la natura sta lentamente recuperando i suoi spazi.
La superficie di proprietà della Regione è suddivisa in due grandi nuclei: il primo comprendente
la testata della Val Pogallo per 2.234 ettari ed il secondo di circa 996 ettari si estende nella Val
Grande propriamente detta.
Il patrimonio regionale comprende anche numerosi alpeggi tra i quali Pogallo di Ungiasca è
certamente il più significativo.
Qui, su un totale di 68 baite, la Regione possiede 46 fabbricati, alcuni in concessione a privati,
altri ad uso del Corpo Forestale e dell’Amministrazione provinciale.
La vegetazione
Circa la metà del territorio di proprietà regionale è occupata da boschi, in prevalenza cedui.
Le altre superfici sono costituite da prati o pascoli di vario tipo ed incolti più o meno produttivi.
Più in particolare le tipologie forestali presenti sono caratterizzate, per i boschi di alto fusto, dal
Faggio a volte frammisto all’Abete bianco e, per quanto concerne i boschi cedui, ancora dal
Faggio frammisto al Frassino ed all’Acero di monte e alla Rovere ed al Tiglio alle quote inferiori;
significativa è inoltre la presenza del Castagno.
A seguito dell’abbandono dell’allevamento del bestiame, avvenuto già negli anni ‘50 del secolo
scorso per la scomodità degli alpeggi, non poche zone pascolive oggi ospitano la tipica vegetazione
pioniera, rappresentata dall’Ontano verde alle quote più alte e dalla Betulla, il Salicone, il Sorbo
degli Uccellatori più in basso.
Ben nota è la passata attività forestale in Val Grande, descritta da vari autori con toni talora di
meraviglia e quasi di ammirazione. I boschi che degradano dal Monte Faiè al Rio Val Grande hanno
avuto un ruolo da protagonisti nella costruzione del Duomo di Milano ed alcuni cippi marmorei
ancora oggi delimitano la zona delle cave ed “i boschi della Madonna”, così denominati dai
montanari del ‘500. Ricordiamo solo che a cavallo del 1850 ad Intra (attualmente un quartiere della
città di Verbania) risultavano attive ben dieci segherie a propulsione idraulica che provvedevano
annualmente alla lavorazione di circa centomila tronchi provenienti dall’entroterra verbano.
Le notevoli utilizzazioni protrattesi fino al secondo dopoguerra, portarono alla quasi completa
scomparsa dei boschi, un tempo vanto e ricchezza della Val Grande.
Fortunatamente le favorevoli condizioni morfologiche e climatiche, caratterizzate queste ultime
da un’altissima piovosità, hanno comunque permesso al bosco, non più così prepotentemente
sfruttato, di provvedere alla propria ricostituzione.
Oggi, la ricchezza e la varietà della flora e della fauna, costituiscono una delle attrattive maggiori
della Val Grande; a questo eccezionale patrimonio naturale contribuiscono anche le condizioni
climatiche e l’influsso termico del vicino Lago Maggiore.
Tipiche dei mesi primaverili sono le fioriture di ranuncoli, anemoni, primule, viole, narcisi, liliacee
e piccole orchidee.
Risalendo il torrente San Bernardino si incontrano Ontani, il nero ed il bianco, Salici, Pioppo
bianco e Frassino; sulle umide pareti rocciose si può incontrare la primula rossa ed i grappoli
delle fioriture di sassifraga piramidale, mentre le tre specie botaniche più rare ed interessanti
sono sicuramente l’aquilegia alpina, il tulipano alpino ed il rododendro bianco.
La fauna
Dal punto di vista faunistico la Val Grande riveste un ruolo di importanza europea, con un’Area di
protezione speciale e un Sito di importanza comunitaria, quindi inserito nella rete “Natura 2000”.
E’ anche inserita nell’elenco IBA (Important Bird Areas) elaborato dal Bird Life International.
Nella stagione riproduttiva del 1993 sono state osservate 65 specie di uccelli fra cui l’aquila reale,
il fagiano di monte, lo sparviere, il falco pecchiaiolo, il gheppio, il gufo reale, il picchio nero, il falco
pellegrino, la coturnice. Per quest’ultima, per la lepre bianca e per la marmotta sono previste
nuove “immissioni”.
Un tempo c’erano lupi, linci, orsi e lontre. Forse non lontano è il ritorno del lupo e della lince, che
sono stati avvistati in Val d’Ossola, comunque la popolazione faunistica rimane numerosa con
camosci (alcune centinaia), marmotte, volpi, faine, tassi, martore, ermellini, donnole, lepri. Nella
parte meridionale sono arrivati i cinghiali, anche se esemplari dell’Est europeo e quindi di dubbia
identità genetica.
Di gran rilievo scientifico riveste la presenza dei coleotteri tra cui la specie endemica “Carabus
lepontinus” che può essere considerata il simbolo entomologico della Val Grande.
Giustamente rinomate le trote presenti in tutti i torrenti.
Foreste regionali “La Benedicta” e “Monte l’Eco”giorgio Cacciabue
I due complessi sono situati nell’Alto Ovadese e più in specifico, il primo nella zona dell’altopiano
delle Capanne di Marcarolo da cui dipartono i torrenti Gorzente e Piota, il secondo nell’Alta Valle
del torrente Lemme alla sua sinistra orografica.
La presenza di sentieri e piste forestali unita ai Laghi del Gorzente e alle piscine naturali che
il torrente forma nel suo corso fanno di queste foreste una meta privilegiata per il turismo
escursionista.
La proprietà regionale si estende su 3.210 ettari dei quali circa 2.000 boscati.
La vegetazione
La vegetazione forestale è costituita prevalentemente da latifoglie con predominanza della
rovere e del castagno. Il faggio è ampiamente diffuso insieme ai rimboschimenti di conifere ove
prevalgono il pino nero e l’abete rosso.
Si tratta di boschi a struttura irregolare, in prevalenza cedui di rovere misti a castagno o a faggio
non più utilizzati da oltre 30-40 anni.
Accanto a questi si ritrovano rimboschimenti di conifere di età superiore ai 50 anni e lembi di
fustaie a prevalenza di faggio.
Da un punto di vista storico a partire dal XVI secolo vi fu lo sviluppo di nuovi insediamenti nei due
comprensori; i boschi dei quali pare fosse particolarmente ricca la zona, costituivano infatti una
fonte di reddito per i nuovi abitanti.
Lo sviluppo delle tecnologie del ferro e la creazione di nuove iniziative protoindustriali assorbivano
certamente grandi quantità di carbone di legna. La vicina Genova assorbiva legname atto alla
costruzione di naviglio. Sulla scorta dei documenti storici c’è infatti da presumere che oltre ai boschi
cedui vi fossero foreste d’alto fusto con piante di dimensioni adatte alla cantieristica navale.
L’ipersfruttamento del bosco dovuto allo sviluppo economico e l’attacco al castagno da parte del
mal dell’inchiostro e del cancro corticale hanno portato il soprassuolo ad una fase di degrado.
L’abbandono della zona a partire dagli anni 40/50 ha consentito un graduale e lento recupero in
termini di fertilità dei suoli e di provvigione legnosa.
La fauna
In entrambe le foreste ritroviamo diverse specie di rettili e anfibi; tra i serpenti il biacco e il saettone
e, unica specie velenosa, la vipera, mentre nelle vecchie miniere della Foresta della Benedicta,
si trova il geotritone italiano che vive in assenza di luce. I torrenti Piota, Gorzente e Lemme
ospitano, poi, una buona popolazione ittica alla quale appartiene la trota fario. I mammiferi sono
altrettanto ben rappresentati: volpi, tassi, caprioli, cinghiali, pipistrelli, faine, ghiri, lepri, ricci, topi
selvatici, sono solo alcune delle numerosissime specie presenti. Notevole importanza riveste
infine l'avifauna; entrambe le foreste infatti rappresentano un sito di nidificazione per diverse
specie nonché località di osservazione lungo le rotte migratorie.
Tra gli uccelli presenti, possiamo citare il merlo acquaiolo, il rampichino, il torcicollo e il codirossone,
mentre meritano un discorso a parte i rapaci, che ritroviamo con diverse specie nidificanti, di cui la
più importante è il biancone, simbolo del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo. Il biancone
è un rapace migratore che si ciba in prevalenza di rettili, giunge a marzo proveniente dall’Africa
tropicale, e rappresenta l’uccello da preda più imponente della zona, con i suoi centonovanta
centimetri di apertura alare. Si possono osservare inoltre la poiana, il gheppio, lo sparviere, l’astore
e il falco pecchiaiolo, caratterizzato da una dieta particolarissima: si nutre prevalentemente di
insetti (api, calabroni e vespe) che trova rovistando all’interno di vecchi alberi e sul terreno. Tra i
rapaci notturni si annoverano l’allocco e il gufo comune, amante dei vecchi ruderi.
Gli insediamenti sparsi e il sacrario della Benedicta
Altrettanto importanti sono le emergenze storiche e culturali come ad esempio le numerose
cascine oggi di proprietà regionale che testimoniano il processo insediativo che si realizzò a
partire dal XVI secolo nella forma delle cascine sparse; non si può non citare infine il Sacrario
della Benedicta, monumento in memoria dell’eccidio avvenuto nella Settimana Santa del 1944,
durante la seconda guerra mondiale; in questa località, dopo un rastrellamento delle truppe nazi-
fasciste, furono fucilati centoquaranta giovani e altri quattrocento furono deportati nei campi di
sterminio tedeschi.
Intorno ai ruderi della Benedicta, antico monastero benedettino, su iniziativa congiunta di Regione
Piemonte, Provincia di Alessandria, Comunità Montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese, Parco
Naturale delle Capanne di Marcarolo e Comune di Bosio, in collaborazione con l’Associazione
Memoria della Benedicta, sono in corso di realizzazione alcuni specifici progetti relativi al recupero
storico culturale e alla valorizzazione dell’area.
La gestione regionale
Gli interventi di ricostituzione boschiva iniziati con i primi rimboschimenti negli anni ‘20 del secolo
scorso proseguirono con la successiva acquisizione dei terreni da parte della Azienda di Stato
per le Foreste Demaniali negli anni ’50. Con il passaggio delle competenze, la Regione a partire
dagli anni ‘70 si indirizzò sempre più verso il miglioramento dei boschi cedui esistenti tramite
tagli fitosanitari e di avviamento all’alto fusto e la rinaturalizzazione dei rimboschimenti secondo i
dettami della selvicoltura naturalistica.
A partire dagli anni ‘80 del secolo scorso iniziarono i primi interventi di avviamento all’alto fusto
nei boschi cedui di faggio e castagno della Valle del rio Molini (Foresta Regionale La Benedicta)
effettuando un diradamento dal basso che prevedeva il rilascio da 1 a 3 polloni per ceppaia e
l’asportazione del 25-30 % della massa legnosa.
Gli interventi di avviamento sono proseguiti poi anche negli ultimi anni e riguardano una superficie
complessiva di oltre 300 ettari.
Parallelamente si procedeva alla graduale rinaturalizzazione dei rimboschimenti di pino nero
(Foresta Regionale La Benedicta) tramite diradamenti e semine di latifoglie autoctone (rovere);
negli ultimi anni si è iniziato il diradamento del rimboschimento di abete rosso (Foresta Monte
L’Eco).
Con l’intervento si è proceduto ad una diminuzione della densità del popolamento passando a
circa 600 piante ad ettaro al fine di migliorare le condizioni pedologiche per creare le premesse
che consentano l’insediamento di una rinnovazione di specie adatte alla stazione, in particolare
latifoglie quali il faggio, l’acero di monte e in parte la rovere. A causa della scarsità di piantine
portasemi si è intervenuto successivamente con delle sottopiantagioni.
In collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, sono stati effettuati alcuni tagli a buche
sperimentali. A partire dall’anno 2004 si è registrato un violento attacco di bostrico che ha
comportato un gravoso intervento di eliminazione e asportazione degli abeti colpiti che è tuttora
in corso. Nelle aperture createsi si procede alla piantagione di latifoglie autoctone (faggio, acero
di monte).
Il materiale derivante dai tagli viene esboscato tramite trattore forestale dotato di verricello e
quindi trasportato ai piazzali-deposito e successivamente misurato e venduto.
Il Piano Forestale Aziendale (PFA) in via di definizione rappresenta lo strumento di gestione della
foresta, un vero e proprio "Piano regolatore" che individua gli interventi da effettuarsi nel decennio
di validità del Piano stesso. Tale strumento di gestione considera il bosco prevalentemente sotto
il profilo ecologico-strutturale, ponendo in subordine l'aspetto economico. Gli interventi previsti
sono quindi a carattere esclusivamente colturale volti cioè alla coltivazione del bosco e non al
suo sfruttamento.
La Regionale ha come sedi operative la Casa Forestale “Luciani” nella Foresta Regionale Monte
L’Eco e la Casa Forestale “Cascinetta” nella Foresta Regionale La Benedicta. Le due foreste
sono attraversate da una viabilità minore (piste forestali, strade di accesso alle cascine regionali,
sentieristica) molto diffusa ed articolata. Le strade a fondo naturale costituiscono la viabilità di
servizio e sono chiuse al transito. Possono essere percorse con mezzi non motorizzati, al pari
della viabilità minore. Nella stagione invernale, con sufficiente innevamento su questi tracciati è
possibile la pratica dello sci- escursionismo.
Foresta regionale “Cerreto”giorgio Cacciabue
La foresta, acquisita nel 1994 dalla Regione Piemonte, si estende su una superficie di circa 110
ettari nel Comune di Molare (AL) in Frazione Madonna delle Rocche e dista una decina di km
dalla città di Ovada . Costituita da 100 ettari di bosco e circa 10 ettari di prati ed ex coltivi è stata
individuata come area per le attività dimostrative della Regione Piemonte nel campo forestale.
E’ in fase di realizzazione accanto alla sede operativa della Regione un centro faunistico che
comprenderà aule per l’attività di divulgazione nel settore.
La vegetazione
La foresta è attraversata da suggestivi sentieri ed è costituita soprattutto da popolamenti di
castagno, con presenza di altre latifoglie in particolare roverella, ciliegio, ciavardello. Significativa
inoltre la presenza del faggio, del carpino bianco, della betulla e, fra le conifere, del pino silvestre,
pino marittimo e pino nero.
La fauna
La fauna della foresta è varia, si trovano la lepre, lo scoiattolo, il ghiro, il moscardino, la donnola, il
tasso, il cinghiale, il capriolo, il picchio rosso, il picchio verde, il rampichino, l’averla, il codibugnolo,
lo storno, il gufo, il barbagianni, la civetta e la ghiandaia.
La gestione regionale
A partire dall’anno 1995 si sono intrapresi interventi selvicolturali consistenti in diradamenti sui
cedui di castagno con l’obiettivo di costituire boschi d’alto fusto sia a scopo produttivo sia a scopo
naturalistico e ricreativo.
Nel contempo si è intrapreso il recupero della viabilità di servizio che consentirà una gestione
ancor più funzionale degli interventi.
Foresta regionale “Piancastagna”giorgio Cacciabue
La Foresta è stata acquisita dalla Regione Piemonte negli anni ‘70 del secolo scorso ed è
localizzata nei Comuni di Ponzone e Molare in provincia di Alessandria, in Alta Valle Orba ed
Erro. Complessivamente si estende su circa 540 ettari principalmente concentrati nel Comune di
Ponzone. Nel Comune di Cartosio in loc. “Cascata” è poi presente un piccolo nucleo denominato
“Bosco Regionale di Cartosio” localizzato in riva al torrente Erro.
La Foresta gestita direttamente dalla Regione con proprio personale forestale è distinta in diversi
corpi di cui i principali sono: il bosco del Gorrello, il bosco dei Viazzi, il bosco dei Pianazzi e il
bosco della Tiole tutti in Comune di Ponzone.
La vegetazione
La Foresta Regionale è stata interessata, in passato, da notevoli opere di rimboschimento e
l'attuale assetto del soprassuolo forestale è profondamente diverso dal bosco originario, che
doveva essere a prevalenza di rovere.
I boschi sono di fatto riconducibili a due tipologie:
- querceti misti mesotermofili caratterizzati dalla presenza principalmente di rovere e castagno,
sui versanti meno acclivi con suoli più profondi, caratterizzati dalla presenza di orniello, sorbo
montano e ciavardello,
- rimboschimenti di conifere xerofile localizzati prevalentemente lungo le esposizioni meridionali
nelle zone più assolate ed aride del territorio (suoli sottili e rocciosi) costituiti principalmente
da pino nero, marittimo e silvestre.
Numerosi sono gli arbusti quali biancospini, ginepri, ginestre e citisi, nelle zone marginali sono
presenti sanguinello, rosa canina, rovi mentre nelle zone più fresche ed ombreggiate sono presenti
sambuco, nocciolo, fusaggine, corniolo.
La fauna
La Foresta Regionale possiede un patrimonio faunistico estremamente vario ed interessante. La
fauna che più comunemente si può osservare durante un'escursione è rappresentata da vertebrati
e in modo particolare dagli uccelli che nidificano numerosi durante l'estate; comuni e abbondanti
sono comunque anche anfibi, rettili e mammiferi.
Tra i mammiferi, molte specie, pur essendo abbastanza comuni, per le loro piccole dimensioni
e per le abitudini quasi esclusivamente notturne, passano facilmente inosservate; fra queste la
donnola, la faina, la martora, il tasso, la volpe, la lepre comune, numerosi micromammiferi e
diverse specie di pipistrelli.
Il capriolo frequenta le aree boscate inframmezzate da radure e da zone ricche di vegetazione
arbustiva. Frequente è il cinghiale. Nei boschi misti di latifoglie e conifere si può vedere lo scoiattolo
mentre si sposta veloce da un ramo all'altro alla ricerca di cibo.
Sono però gli uccelli i vertebrati che più facilmente si possono incontrare durante un'escursione
all'interno della foresta, e questo sia per il gran numero di soggetti sia per il canto caratteristico
di molte specie.
Tra i rapaci abbastanza comuni sono il gheppio e lo sparviere, presenti sono l'astore e la poiana
mentre recentemente è comparso anche il biancone. Nei giorni di fine estate inoltre numerosi
rapaci migratori sorvolano l'area durante la migrazione dai quartieri di nidificazione a quelli di
svernamento. Tra i rapaci notturni sono presenti l'allocco, il gufo comune, la civetta capogrosso e
la civetta nana. E’ poi presente il picchio nero, molto frequente e diffuso è invece il più piccolo e
colorato picchio rosso maggiore. Tra i corvidi facilmente osservabili sono la comune cornacchia
grigia e, all'interno dei boschi, la chiassosa ghiandaia. Lungo il corso del torrente Orbicella,
nidificano il poco comune merlo acquaiolo e l'elegante ballerina gialla.
Oltre a quelle sopra ricordate, le specie nidificanti nella Foresta Demaniale sono molte altre: tra
le più comuni e abbondanti si possono ricordare il merlo, il fringuello, il ciuffolotto, il pettirosso, lo
scricciolo, alcuni paridi (cinciallegra, cinciarella, cincia mora, cincia bigia alpestre, codibugnolo),
il luì piccolo, l'allodola, il codirosso spazzacamino e il culbianco. Tra gli anfibi, negli ambienti più
freschi e umidi, frequenti sono la salamandra pezzata, il tritone alpestre, il rospo comune e la
rana temporaria. Tra i rettili, nelle aree più aride e sassose, in prossimità dei muretti a secco e tra
le pietre al margine di sentieri e mulattiere, le specie più frequenti sono la lucertola muraiola, il
ramarro, la vipera comune, il marasso, il biacco e il colubro liscio. L'orbettino e la biscia dal collare
prediligono invece i luoghi freschi e umidi. Nelle acque del Torrente Orbicella è presente la trota
fario.
La gestione regionale
La Regione Piemonte ha effettuato notevoli investimenti.
Vaste zone sono state così oggetto di grosse opere estensive di sistemazione idraulico-forestale,
con prevalenza di rimboschimenti caratterizzati sovente da un uso elevato di conifere essendo le
specie pioniere più adattabili ai suoli fortemente erosi e degradati.
Oggi la foresta si presenta come un mosaico caratterizzato da un'elevata mescolanza di specie,
che in relazione all'età e alla forma di governo assume una straordinaria variabilità di aspetti.
Negli ultimi due decenni la Regione Piemonte ha intrapreso vari interventi colturali nella foresta,
volti a riequilibrare la struttura delle varie consociazioni arboree e favorire, per quanto possibile,
la riaffermazione delle latifoglie autoctone.
Su tale indirizzo sono stati realizzati diradamenti sulle conifere eliminando le piante ormai relegate,
per i naturali meccanismi evolutivi, nel cosiddetto "piano dominato" e quindi non più in grado di
accrescersi.
Notevoli sono stati gli interventi che hanno interessato la viabilità interna (apertura ex novo di
strade forestali e ripristino per uso forestale di vecchie strade vicinali abbandonate), la sentieristica
e le aree attrezzate.
La Regione ha ristrutturato vecchi seccatoi o bivacchi presso il bosco del Gorello, il bosco dei Viazzi,
il bosco dei Pianazzi destinandoli poi a rifugi sempre aperti a disposizione degli escursionisti. La
costruzioni recuperate utilizzando legno e pietre locali lavorati con l'ascia alla maniera dei vecchi
boscaioli sono attrezzati e dispongono spesso di un piccolo acquedotto.
La foresta è attraversata da una viabilità minore (sentieristica) molto diffusa ed articolata, non
sempre ben visibile sul terreno.
E' consigliabile quindi una certa cautela nel muoversi al di fuori dei percorsi non segnati o poco
evidenti, se non si ha buona conoscenza del territorio. In merito alla viabilità principale esistente
all'interno della foresta, va ricordato che il transito con automezzi ed altri mezzi a motore è
consentito solo sulle strade asfaltate e sulla strada a fondo naturale che conduce alla Cascina
Tiole e alle Cascine dei Viazzi.
Le altre strade a fondo naturale costituiscono la viabilità di servizio e sono chiuse al
transito. Possono essere percorse con mezzi non motorizzati, al pari della viabilità minore.
Nella stagione invernale, con sufficiente innevamento su questi tracciati è possibile la pratica
dello sci- escursionismo.
La foresta regionale è ben visibile nella sua perimetrazione esterna, segnalata con tabelle o
vernice su alberi e rocce.
In tutte le foreste regionali l’azione della Regione Piemonte è volta a favorire l’accoglienza degli
amanti dell’ambiente naturale, offrendo occasioni e spazi di svago e tempo libero sulla base di
criteri di turismo sostenibile.
La gestione è improntata alla valorizzazione multifunzionale delle risorse silvo-pastorali, ambientali
e paesaggistiche con particolare attenzione alla integrazione delle attività con le aziende agro-
forestali del territorio; è radicata nella storia, nel paesaggio e nella identità delle comunità locali,
creando opportunità di sviluppo delle aree silvo-pastorali, costituendo parte integrante e propulsiva
della loro economia.
Conservazione, tutela e valorizzazione dell’ambiente come patrimonio di tutta la Regione a
garanzia delle generazioni future.
Foresta regionale “Pragelato”Vincenzo Perino
Il territorio di proprietà regionale nel comune di Pragelato (To) ha un’estensione pari a 688 ettari,
di cui 149 ettari di lariceto e la superficie rimanente di praterie, pascoli e rocce. Si trova al di sopra
della frazione Grand Puy, tra i 1800 m ed i 2600 m di quota, sul versante in sinistra idrografica del
torrente Chisone, in esposizione principale a sud-est. La parte più a nord è compresa nel Parco
naturale del Gran Bosco di Salbertrand.
La vegetazione
Con riferimento alla classificazione dei Tipi Forestali del Piemonte, è presente il Lariceto pascolivo
e, in misura minore, il Lariceto dei campi di massi ed il Lariceto montano. Si trovano, inoltre,
rimboschimenti di larice pressoché naturalizzati; il limite superiore del bosco è a 2260 m di
quota.
Nel lariceto si può trovare qualche raro esemplare di abete rosso e di pino silvestre. La flora
del sottobosco del Lariceto pascolivo è in genere molto simile a quella dei pascoli adiacenti,
vista l’origine comune e la bassa densità del lariceto. Tra gli arbusti si trovano: Berberis vulgaris
(crespino), Juniperus nana (ginepro nano), Ribes uva-crispa (uva spina). Nello strato erbaceo
si può trovare: Vaccinium mirtyllus (mirtillo), Rhododendron ferrugineum (rododendro), Lotus
alpinus (ginestrino), Alchemilla alpina, Biscutella laevigata, gentiana lutea (genziana), Veratrum
album (veratro), Rubus idaeus (lampone), Epilobium angustifolium (epilobio), Trollius europaeus
(botton d’oro) e varie graminacee.
La fauna
Per quanto riguarda la fauna, sono presenti camosci, caprioli e cervi; la prevalenza di versanti
nelle esposizioni sud fa sì che tali animali si trovino anche d’inverno nelle aree meno innevate.
Tra gli ungulati si può trovare anche qualche cinghiale alle quote più basse.
Tra i piccoli mammiferi si trovano la lepre bianca, lo scoiattolo, l’ermellino, la volpe e, in particolar
modo nelle praterie d’alta quota, la marmotta.
Si incontrano, inoltre, varie specie di uccelli, tra cui la cinciarella, la cincia mora, la coturnice, il
gallo forcello, la poiana, il gracchio alpino, il codirosso spazzacamino e, talvolta, l’aquila reale,
che costruisce il suo nido su pareti rocciose strapiombanti.
La gestione regionale
All’interno dei rimboschimenti sono stati effettuati dei diradamenti negli anni novanta, ad opera
della squadra di operai forestali regionali dell’alta Val Chisone. Si è proceduto a diminuire la
densità e ad eliminare gli individui deperienti, favorendo così l’accrescimento degli esemplari
residui ed aumentando la stabilità del bosco.
Nella proprietà è presente una pista di accesso che giunge fino all’alpeggio regionale Alpe Rocce,
un tempo utilizzato dai pastori. Alcune aree pascolive sono tutt’oggi pascolate da mandrie di
vacche nel periodo estivo.
Proprietà regionale “Valle Stura di Demonte”Marilena Destefanis, Cinzia Piccioni
La Valle Stura di Demonte si trova nella porzione sud-orientale delle Alpi Cozie al confine con
le Alpi Marittime. La valle è chiaramente dominata dalle morfologie glaciali; con presenza di
numerosi rilievi isolati di fondovalle che sono accumuli detritici delle morene laterali. Su uno di
questi accumuli morenici, di fronte all’insediamento del centro abitato di Demonte, è sorto nel
1592 il Forte della Madonna della Consolata, per la protezione della Vallata dalle invasioni delle
popolazioni transalpine che è stato distrutto definitivamente nel 1792.
A partire da quel periodo la zona è stata interessata da un progressivo degrado passando a
diversi proprietari fino a diventare un’ area di cava e di approvvigionamento sregolato di legname
da parte della popolazione locale assumendo il nome di “Il Forte- La cava”.
La gestione regionale
Nel 1996 la Regione Piemonte ha acquistato l’intera montagna e ha iniziato il recupero della zona
tramite interventi di riqualificazione ambientale a scopo turistico-ricreativo. I vecchi camminamenti
sono stati trasformati in piste per passeggiate a cavallo, sci di fondo, mountain bike. Le mura in
viva roccia a ovest del forte sono diventate palestre di roccia.
La superficie della proprietà è di circa 33,7 ettari con una copertura forestale di 28 ettari
complessivi, costituita soprattutto da boschi di invasione(20,2 ha), acero-tiglio-frassineti (5,3 ha)
e da rimboschimenti (2,5 ha); il resto è costituito da pascoli e seminativi e dai ruderi del forte.
5. L’Attività vivaisticaMaria grazia Adduci
La presenza di vivai forestali in Italia risale alla seconda metà dell’800, quando, presso l’Istituto
forestale di Vallombrosa in prossimità di Firenze, vennero istituiti due orti forestali. Le motivazioni
che stavano alla base di questa scelta innovativa si concentravano essenzialmente nella ricerca
di una soluzione ai fallimenti dei rimboschimenti fino ad allora realizzati trapiantando le piantine
nate spontaneamente in bosco.
Il successo di questa iniziativa fu tale che solo pochi anni dopo la superficie degli orti forestali
statali ammontava a 35 ettari con una produzione di due milioni e mezzo di piante all’anno, fino
a raggiungere il massimo negli anni ’50 con superfici complessive superiori ai 600 ettari e una
distribuzione, a livello nazionale, di 100 milioni di piante.
Nei primi anni ’60 il Piemonte si classificava tra le prime regioni italiane per la superficie
totale e media dei vivai forestali, con 47 ettari suddivisi tra 18 aziende regionali. La superficie
regionale adibita a vivai rimase pressoché invariata fino agli anni ’90 quando venne decisa una
riorganizzazione dell’attività vivaistica per le mutate esigenze di settore.
Nel corso del 2002 la gestione dei vivai forestali regionali, fino ad allora effettuata su base
provinciale, venne centralizzata sotto il Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche,
con sede a Vercelli. Ciò ha permesso di razionalizzare l’attività, esaltando le potenzialità produttive
e le competenze professionali del personale dei 3 vivai rimasti in attività. Il materiale forestale
attualmente prodotto dai vivai forestali regionali è totalmente garantito dal punto di vista sanitario
e la sua provenienza (in gran parte da boschi da seme piemontesi) è certificata ai sensi della
normativa vigente. Inoltre, l’assegnazione delle piantine forestali, grazie anche all’adozione di
procedure informatizzate in rete, è stata razionalizzata su tutto il territorio regionale.
Nel tempo i vivai regionali, nati diversi decenni addietro con uno scopo essenzialmente produttivo,
sono oggi inseriti più propriamente nel complesso della sfera ambientalistica, connotandosi
maggiormente come “Centri regionali per la biodiversità”.
Tra i possibili sviluppi futuri vi è l’incremento delle collaborazioni nell’ambito dell’educazione
ambientale. Infatti, la crescita di una coscienza ambientale nelle nuove generazioni va di pari passo
con le azioni concrete per il mantenimento dell’ambiente e del paesaggio, quali la produzione di
piantine di specie forestali autoctone, e la loro utilizzazione ad ampio spettro, e non più relegata
alle sole aree boschive.
A questo scopo, negli ultimi anni si è sviluppata l’attività di collaborazione con Enti, Istituzioni e
altri soggetti che abbiano interesse a realizzare sul territorio piemontese progetti di riqualificazione
ambientale: dal recupero di cave alla produzione di specie di particolare interesse botanico per
l’incremento delle risorse naturali di aree protette, dalla rinaturalizzazione di zone degradate al
contenimento di piccoli dissesti idrogeologici con tecniche di ingegneria naturalistica. Infatti la
stipula di accordi o convenzioni con tali organismi consente di finalizzare in modo sempre più mirato
la produzione vivaistica regionale, garantendo la disponibilità di materiale per la realizzazione di
questi interventi.
Alcune delle iniziative già intraprese perseguono obiettivi nuovi e ambiziosi, quali la riproduzione
artificiale di essenze erbacee minacciate, endemiche di aree protette piemontesi, da valorizzare
e incrementare.
Il coinvolgimento del Settore proprietà forestali regionali e vivaistiche in queste attività riesce a
dare concrete occasioni per tradurre in realtà tante proposte meritevoli, che spesso non hanno
adeguato supporto tecnico e/o finanziario, usufruendo delle competenze dei nostri specialisti per
la scelta dei materiali vegetali, e dei nostri vivai per la loro produzione e riproduzione, in modo del
tutto gratuito.
I vivai regionali
La produzione di piante forestali riguarda gran parte delle specie arboree ed arbustive autoctone
del Piemonte. Le piantine prodotte vengono assegnate gratuitamente agli enti pubblici ed ai privati
cittadini che ne abbiano fatto richiesta, nei tempi e nei modi dovuti. Quota parte della produzione
inoltre è destinata alla creazione di aree verdi urbane, in particolare dei piccoli comuni, e agli
adempimenti stabiliti dalla legge n. 113/92, sulla messa a dimora di un albero per ogni neonato.
Ogni vivaio ha una connotazione specifica, legata alla diversa vocazione ambientale; nel
Vivaio Fenale di Albano ( S.A.U. di 9.10 ha), collocato nella pianura vercellese, si producono in
pieno campo soprattutto latifoglie di pregio tipiche dell’area planiziale e alberi ed arbusti per la
ricostituzione di aree degradate e per l’ingegneria naturalistica. Il Vivaio Gambarello di Chiusa
Pesio (S.A.U. di 15.64 ha), situato in area pedemontana, è invece specializzato nella produzione
di latifoglie e conifere tipiche di questa fascia climatica, e privilegia la produzione in contenitore
rispetto a quella in pieno campo, grazie alla buona dotazione di strutture fisse (serre e capannoni)
e di macchinari. Il Vivaio Carlo Alberto di Fenestrelle (S.A.U. di 3.46 ha), collocato nell’area
montana della Val Chisone, è rivolto alla coltivazione in pieno campo di essenze forestali, con
prevalenza di conifere, tipiche della fascia alpina..
L’elenco delle specie ed i moduli per l’assegnazione sono presenti sul sito della Regione Piemonte
(www.regione.piemonte.it/montagna/foreste/vivaistica/el_vivai.htm).
Le piante atte al collocamento a dimora, prodotte ogni anno, sono di poco superiori alle 800.000
unità, e di queste più della metà vengono distribuite gratuitamente durante le due campagne,
primaverile e autunnale, a soddisfazione delle 2 – 3.000 domande che pervengono ai nostri
Uffici. Nei vivai forestali lavorano 49 addetti, con esperienza pluriennale nel settore e la cui
professionalità viene continuamente adeguata attraverso corsi di aggiornamento.
Al fine di migliorare i livelli qualitativi di produzione, i vivai forestali si stanno dotando di protocolli di
produzione per standardizzare le caratteristiche del materiale prodotto e garantirne la tracciabilità:
si tratta di un primo passo verso la certificazione di qualità.
La raccolta dei semi forestali
La riproduzione delle piante forestali da utilizzare nelle operazioni di imboschimento e
rimboschimento avviene quasi esclusivamente per seme, per mantenere nel tempo la più ampia
variabilità genetica.
Le sementi possono avere una provenienza sconosciuta, se sono raccolte in luoghi non identificati,
oppure avere una provenienza nota, quando vengono raccolte nelle aree identificate a questo
scopo. La legislazione vigente prevede che possano essere utilizzate per imboschimento o
rimboschimento solo le piante ottenute dal seme di quest’ultima categoria; solo questa infatti
ottiene la certificazione prevista dalla normativa di settore (D.lgs 386/03).
La Regione Piemonte, tra le prime in Italia, si è dotata di un elenco di soprassuoli forestali che
sono stati ritenuti idonei alla raccolta di seme di specie arboree e arbustive, dopo un’accurata
valutazione di numerose caratteristiche. Tali popolamenti costituiscono la base per creare una
filiera per la produzione di materiale di propagazione forestale autoctono di qualità.
Inoltre per le specie sporadiche si stanno realizzando degli arboreti per la produzione di seme,
per ovviare alle difficoltà di raccolta dipendenti dalla loro discontinuità in natura.
Campi comparativi di provenienza
In collaborazione con il Dipartimento di scienze e tecnologie ambientali e forestali dell’Università
degli studi di Firenze sono stati realizzati tre campi comparativi di provenienza, di cui due di
farnia (Quercus robur) e uno di rovere (Quercus petraea), localizzati rispettivamente nell’ex
vivaio regionale Vignoli a Verolengo (TO), nell’Azienda sperimentale Spazzacamini di proprietà
regionale, condotta dall’I.P.L.A., a Prato Sesia (NO), e nella tenuta Cerreto, di proprietà regionale,
in Comune di Molare (AL).
Un altro impianto di ciavardello (Sorbus torminalis) è stato realizzato presso la tenuta Millerose
(TO), di proprietà regionale, dove ha sede l’Ipla (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) .
Lo scopo di questi progetti è quello di monitorare diversi fenotipi e comportamenti (caratteristiche
tecnologiche, ritmi di crescita, resistenza ai patogeni, ecc.) di piante delle specie oggetto di studio,
provenienti da differenti aree di raccolta piemontesi, al fine di migliorare la produzione vivaistica
forestale.
Centro di castanicoltura
Uno degli obiettivi pluriennali del Settore è stato individuato nella realizzazione di un Centro per
la castanicoltura presso il vivaio regionale Gambarello di Chiusa Pesio.
Nelle provincie di Cuneo e Torino il castagno rappresenta un’entità floristica importante, sia
per la produzione di frutti che per la produzione legnosa. E’ innegabile che per questa specie
esistono ancora ampi spazi di studio e sperimentazione per migliorare le tecniche di produzione e
riproduzione; inoltre manca in Italia un Centro che metta in pratica i risultati delle ricerche effettuate
da Università e C.N.R. su questa specie, e che sia di riferimento per la lotta fitosanitaria.
Per ovviare a questa lacuna parte delle superfici e strutture del vivaio Gambarello, situato nel
cuore dell’area castanicola piemontese di qualità, sono state destinate alla realizzazione del
Centro di castanicoltura. A tal fine è stato individuato un gruppo di lavoro interassessorile, che
ha avviato una collaborazione con l’Università degli studi di Torino, per la concretizzazione del
progetto e la costituzione di un arboreto di cloni di castagno, di provenienza nazionale ed estera.
Ad oggi è stato già realizzato un impianto di cloni delle più significative cultivars piemontesi.
Campo collezione di castagno
Presso la proprietà regionale “La Crosa” di Varallo (VC) è stato realizzato un campo-collezione
di cloni di castagno, individuati dall’I.P.L.A. nell’ambito del progetto comunitario Manchest. In
particolare si tratta di piante innestate con marze di diverse varietà di castagni da frutto, identificate
e mappate geneticamente, che consentiranno di conservare cultivars piemontesi di pregio, spesso
cadute in disuso.
In futuro sarà possibile fornire materiale di propagazione di provenienza garantita e certificata, oltre
che rendere fattibili valutazioni comparative su aspetti diversi: produttività, ritmi di accrescimento,
resistenza a fattori biotici e abiotici, ecc. .
La scelta di localizzare l’impianto nell’ex vivaio regionale è dovuta alla vocazione castanicola
dell’area geografica interessata, dove, tra l’altro, non sono stati segnalati danni da Dryocosmus
kutiphilus, il temibile parassita recentemente introdotto dall’Oriente.
Produzione di piante micorrizate
Il vivaio Gambarello di Chiusa Pesio è stato coinvolto, nel triennio 2004-2006, in un importante
progetto Interreg Italia – Francia, destinato allo sviluppo di piantagioni legnose per la produzione
di funghi eduli d’eccellenza (boleti, tartufi, lattari, ecc.). Negli anni 2005-2006 state prodotte alcune
migliaia di piante micorrizate, utilizzando la tecnica dell’inoculo alla semina; alcune di queste
(noccioli, farnie, carpini) sono state inoculate con Tuber melanosporum e Tuber uncinatum, altre,
invece, (faggi, pini) con Boletus edulis e Lactarius deliciosus. La valutazione dell’intensità di
micorrizazione, effettuata dall’IPLA, ha evidenziato, per le specie inoculate con i Tuber, l’ottima
riuscita del progetto.
Per rispettare i vincoli di destinazione d’uso imposti dalla Commissione Europea e per
salvaguardare e valorizzare le conoscenze tecniche acquisite dagli operai nell’attuazione del
progetto, si proseguirà la produzione di piante micorrizate per la realizzazione di impianti “da
funghi” in territorio italiano, non più come attività sperimentale, bensì come normale attività
produttiva, parallela a quella tipica dei vivai forestali.
ELENCO SPECIE VIVAI
legenda per la colonna: attitudineR per : rimboschimento, imboschimento, recupero aree degradate A per : arboricoltura da legno F per : forestazione urbana
Latifoglie
Latifoglie
NOME COMUNE NOME SCIENTIFICO ATTITUDINEacero campestre (Acer campestre) R Aacero montano (Acer pseudo-platanus) R A Facero palmato (Acer palmatum) - - Facero riccio (Acer platanoides) R A Facero saccarino (Acer saccharinum) - - Fbagolaro (Celtis australis) R A -betulla (Betula alba) R A Fcarpino bianco (Carpinus betulus) R A Fcarpino nero (Ostrya carpinifolia) R A Fcastagno (Castanea sativa) R Acatalpa (Catalpa bignonioides) - - Fciavardello (Sorbus torminalis) R A Fciliegio (Prunus avium) R A -faggio (Fagus sylvatica) R A -frassino (Fraxinus excelsior) R A -frassino orniello (Fraxinus ornus) R A -ippocastano (Aesculus hippocastanum) - - Fliquidambar (Liquidambar styraciflua) - - Fliriodendro (Liriodendron tulipifera) - A Fnoce nero d'America (Juglans nigra) - A -noce nostrano (Juglans regia) R A -olmo siberiano (Ulmus pumila) - - Fontano bianco (Alnus incana) R A -ontano napoletano (Alnus cordata) - - Fontano nero (Alnus glutinosa) R A -pioppo bianco (Populus alba) R A -pioppo cipressino (Populus nigra var. italica) - - Fplatano (Platanus hybridas) - - Fquercia cerro (Quercus cerris) R A -quercia farnia (Quercus robur) R A -quercia palustre (Quercus palustris) - - Fquercia rossa (Quercus rubra) - A Fquercia rovere (Quercus petraea) R A -quercia roverella (Quercus pubescens) R A -robinia (Robinia pseudoacacia) R A -salici (Salix sp.) R - Fsorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) R - Fsorbo montano (Sorbus aria) R - Ftiglio selvatico (Tilia cordata) R A Ftiglio grandi foglie (Tilia platyphyllos) R A F
C if
Conifere
NOME COMUNE NOME SCIENTIFICO ATTITUDINEabete bianco (Abies alba) R - -abete greco (Abies cephalonica) - - Fabete rosso (Picea abies) R - Fabete del Colorado (Abies concolor) - - Fabete di Douglas (Pseudotsuga menziesii) - A Fabete kosteriana (Picea pungens v. kosteriana) - - Fcedro dell'Himalaya (Credrus deodara) - A Fcipresso di lawson (Chamaecyparis lawsoniana) - - Fginko (Ginkgo biloba) - - Flarice europeo (Larix decidua) R - -pino cembro (Pinus cembra) R - Fpino domestico (Pinus pinea) - - Fpino eccelso (Pinus excelsa) - A Fpino mugo (Pinus mugo) R - Fpino nero (Pinus nigra) R - Fpino silvestre (Pinus sylvestris) R - -pino strobo (Pinus strobus) - A Fpino uncinato (Pinus uncinata) R - Fthuia occidentale (Tuhja occidentalis) - - F
Alberelli, arbusti, cespugli
NOME COMUNE NOME SCIENTIFICO ATTITUDINEagrifoglio (Ilex aquifolium) R - Fberberis (berberis thumbergii atropurpurea) - - Fbiancospino (Crataegus monogyna) R - Fcorniolo (Cornus mas) R - Fcrespino (Berberis vulgaris L.) R - -frangola (Frangula alnus) R - -fusaggine (Evonymus euuropaeus) R - Fibisco (Hibiscus syriacus) - - Fginestre R - -ligustro (Ligustrum vulgare L.) R - Fmaggiociondolo (Laburnum anagyroides e alpinum) R - Fprugnolo (Prunus spinosa L.) R - -nocciolo (Corylus avellana) R - -olivello spinoso (Hippophae rhamnoides) R - -rosa di macchia (Rosa canina) R - -sambuco (Sanbucus nigra L.) R - -sanguinello (Cornus sanguinea L.) R - -spincervino (Rhamnus cathartica L.) R - -viburno (Viburnum lantana) R - F
Bibliografia
AA.VV., 1998 – “Atti del 2° Congresso nazionale di selvicoltura - Giornata preparatoria
Piemonte-Lombardia-Valle D’Aosta”
Regione Piemonte - Assessorato Agricoltura e Foreste - Torino
AA.VV., 2000 - Attraverso le Regioni Forestali d’Italia
Fondazione S.Giovanni Gualberto - Edizioni Vallombrosa (Firenze)
AA.VV., 2003 – “Indagine sul patrimonio regionale affidato al Settore” I.P.L.A. S.p.a. – Torino
AA.VV., 2004 - “I popolamenti forestali piemontesi per la raccolta del seme” Regione Piemonte
Ass. alle Politiche per la Montagna, Foreste e Beni ambientali - Torino
I.P.L.A. s.p.a. - Torino
AA.VV., 2006 – “Linee guida di politica per le foreste e i pascoli”
Regione Piemonte - Ass. Sviluppo della Montagna e Foreste - Torino
Regione Piemonte - Ass. Agricoltura, Tutela della Fauna e della Flora – Torino
AA.VV. “L’uomo albero” I taccuini del Parco Parco Nazionale Valgrande
Tiraboschi G., 1954 - “Le ultime conifere spontanee delle Alpi Biellesi”
Camera di Commercio di Vercelli - Vercelli
Valsesia Teresio - “Parco Nazionale della Valgrande. La più estesa Wilderness d’Italia”
Estratto dal n. 3/00 di Oasis - Anno XIV - Sergio Musumeci Editore - Aosta
INDIRIZZI DEL SETTORE GESTIONE PROPRIETÀ FORESTALI REGIONALI E VIVAISTICHE
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Vivaio"Carlo Alberto" 10060 FENESTRELLE (TO) tel. 0121.83096
Vivaio"Fenale" 13130 ALBANO VERCELLESE (VC) tel. 0161.73154
Vivaio"Gambarello" 12013 CHIUSA PESIO (CN) tel. 0171.734134