l'arena - il magazine - novembre 2013

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3.2013

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Il magazine dell'Arena del Sole

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Le voci di dentro ppaagg 99

Gender Bender Festival ppaagg 1111

Il cappotto ppaagg 1133

La classe ppaagg 1155

Prapatapumpapumpapà ppaagg 1177

Orchidee ppaagg 1199

The Country ppaagg 2211

La fondazione ppaagg 2233

La deriva ppaagg 2255

La Maria dei dadi da brodo ppaagg 2277

Urge ppaagg 2299

Miseria e nobiltà ppaagg 3311

Here Comes the Flood ppaagg 3333

Il servitore di due padroni ppaagg 3355

Benni legge Celati / Jan Garbarek in concerto ppaagg 3377

Laboratori teatrali ppaagg 3399

Scuola & Teatro ppaagg 4411

Informazioni biglietteria ppaagg 4422

Arena Social ppaagg 4433

Staff ppaagg 4444

Spettacoli

Formazione

Informazioni

DIRETTORE RESPONSABILE: BRUNO DAMINI IN REDAZIONE: DONATELLA FRANZONI, FRANCESCA FERRI, GIACOMO GIUGGIOLI, TOMMASO SIMILI

DIREZIONE E REDAZIONE: VIA INDIPENDENZA, 44 40121 BOLOGNA - TEL. 051.2910.911 WWW.ARENADELSOLE.IT [email protected]

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE DI BOLOGNA N. 6393 DEL 26.01.1995

LE FOTO DI SCENA DEGLI SPETTACOLI PRODOTTI DALL’ARENA DEL SOLE – TEATRO STABILE DI BOLOGNA SONO DI RAFFAELLA CAVALIERI E LUCA SGAMELLOTTI

IN COPERTINA: TONI SERVILLO IN “LE VOCI DI DENTRO” (PH FABIO ESPOSITO)

OTTOBRE-GENNAIO 2013. ANNO XVIII N. 3

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OTT

OBR

E 20

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dal 22 al 27 ottobre SALA GRANDE Le voci di dentro di Eduardo De Filippo - regia Toni Servillo - con Toni Servillo, Peppe Servillo, Gigio Morra, Betti Pedrazzi, Chiara Baffi, Marcello Romolo, Lucia Mandarini, Vicenzo Nemolato, Marianna Robustelli, Antonello Cossia, Daghi Rondanini, Rocco Giordano, Maria Angela Robustelli, Francesco Paglino - scene Lino Fiorito - costumi Ortensia De Francesco luci Cesare Accetta • TEATRI UNITI, PICCOLO TEATRO DI MILANO - TEATRO D’EUROPA, TEATRO DI ROMA

ore 21 domenica ore 16

La voce del popolo di Toni Servillo Eduardo De Filippo è il più straordinario e forse l’ultimo rappresentante di una dram-maturgia contemporanea popolare, dopo di lui il prevalere dell’aspetto formale ha al-lontanato sempre più il teatro da una di-mensione autenticamente popolare. È inol-tre l’autore italiano che con maggior effica-cia, all’interno del suo meccanismo dram-maturgico, favorisce l’incontro e non la se-parazione tra testo e messa in scena. Affrontare le sue opere significa insinuarsi in quell’equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sempre sor-prendente il suo teatro. Seguendo il suo in-segnamento cerco nel mio lavoro di non far mai prevalere il testo sull’interpretazione, l’interpretazione sul testo, la regia sul testo e sull’interpretazione. Il profondo spazio silenzioso che c’è fra il testo, gli interpreti ed il pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica. Le voci di dentro è la commedia dove E-duardo, pur mantenendo un’atmosfera so-spesa fra realtà e illusione, rimesta con più decisione e approfondimento nella cattiva coscienza dei suoi personaggi, e quindi del-lo stesso pubblico. L’assassinio di un amico, sognato dal pro-tagonista Alberto Saporito, che poi lo crede realmente commesso dalla famiglia dei suoi vicini di casa, mette in moto oscuri mecca-nismi di sospetti e delazioni. Si arriva ad una vera e propria “atomizzazione della co-scienza sporca”, di cui Alberto Saporito si sente testimone al tempo stesso tragica-mente complice, nell’impossibilitò di far

nulla per redimersi. Eduardo scrive questa commedia sulle macerie della seconda guerra mondiale, ritraendo con acutezza una caduta di valori che avrebbe contraddi-stinto la società, non solo italiana, per i de-cenni a venire. E ancora oggi sembra che Alberto Saporito, personaggio-uomo, scen-da dal palcoscenico per avvicinarsi allo spettatore dicendogli che la vicenda che si sta narrando lo riguarda, perché siamo tutti vittime, travolte dall’indifferenza, di un altro dopoguerra morale.

Spettacolo compreso negli abbonamenti: InterAction Domenica Teatro

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Peppe e Toni Servillo (ph Fabio Esposito)

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GENDER BENDER FESTIVAL

Parkin’son - Giulio D’Anna

Lolita - Babilonia Teatri 28 - 29 ottobre, Sala InterAction, ore 21.30

Parkin’son di e con Giulio e Stefano D’Anna musiche Maarten Bokslag luci, scene, costumi Theresia Knevel e Daniel Caballero

Un terapista di 62 anni, senza una formazione di danza, e un coreografo di 31 anni: due gene-razioni a confronto sulla scena, un padre e suo figlio per raccontarsi attraverso il corpo. Una collezione di eventi personali, drammatici e non, che trovano la propria testimonianza sulle linee della pelle e sulle forme di due corpi, legati dal sangue e dalla loro storia. Una partitura fisica dove la malattia marca limiti da oltrepassare. Parkin’son è al tempo stesso un diario e un ma-nifesto, un esorcismo dove le percezioni di pas-sato, presente e futuro si mescolano attraverso nozioni personali e scientifiche. Lo spettacolo è prodotto da Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Versiliadanza, Officina Concordia (un progetto del Comune di San Benedetto del Tronto e AMAT) e Civitanova Casa della Danza (progetto di Civitanova Dan-za/AMAT).

30 - 31ottobre, Sala InterAction, ore 21.30

Babilonia Teatri Lolita di Valeria Raimondi e Enrico Castellani con la collaborazione artistica di Vincenzo Todesco con Olga Bercini e con Babilonia Teatri Babilonia Teatri

Una bambina di undici anni in scena (la straor-dinaria Olga Bercini), “non più bambina, ma non ancora donna”. Sarà lei Lolita. Lo spettaco-lo indaga, a partire dal famoso romanzo di Vla-dimir Nabokov, il nostro rapporto con la sessua-lità e il rapporto della donna col suo corpo. Loli-ta ci interroga sul ruolo dei genitori, dei coeta-nei, dell'educazione, della società in genere e dei suoi modelli. Lolita è una tentazione e un monito assieme. È la voglia di giocare col fuoco e la paura di bruciarsi. Al centro di tutto, il biso-gno d’amore di una bambina e la violenza del nostro mondo, la sua autenticità restituita con la forza e il candore di una undicenne. Lo spettacolo è prodotto da Fondazione Campa-nia dei Festival - Napoli Teatro Festival Italia in coproduzione con Babilonia Teatri, con il soste-gno di Operaestate Festival Veneto residenza ar-tistica Cà Luogo d'Arte.

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www.genderbender.it

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dal 5 al 10 novembre SALA GRANDE Il cappotto di Vittorio Franceschi liberamente ispirato all’omonimo racconto di Gogol' regia Alessandro D’Alatri - con Vittorio Franceschi, Umberto Bortolani, Marina Pitta, Federica Fabiani, Andrea Lupo, Giuliano Brunazzi, Matteo Alì, Alessio Genchi, Valentina Grasso scene Matteo Soltanto - costumi Elena Dal Pozzo - luci Paolo Mazzi - musiche Germano Mazzocchetti suono Giampiero Berti - regista assistente Gabriele Tesauri • ARENA DEL SOLE - TEATRO STABILE DI BOLOGNA

ore 21 domenica ore 16 PRIMA NAZIONALE I copisti della vita di Vittorio Franceschi Il testo si rifà a uno dei racconti più famosi di tutta la letteratura mondiale: Il cappotto di Nikolaj Vasil'evič Gogol'. Molti attori e registi si sono cimentati con questa opera e con il suo eroe, Akàkij Akàkievič, attraverso adattamenti vari o semplici letture. In Italia se ne occupò anche il cinema: Alberto Lat-tuada, nel 1952, ne trasse un film con Re-nato Rascel protagonista. Ai miei occhi è sempre apparsa come la storia di un innocente. Ma forse sarebbe meglio dire di un semplice. Non di uno sciocco, non di un essere colpito da speciale accanimento del destino. É la storia, credo, della maggioranza degli esseri umani, dei "copisti della vita" i quali mandano avanti il mondo pur subendone le violenze e gli in-sulti, e ripetendone all'infinito le parole e gli usi, i sentimenti e i desideri, i sogni e i nau-fragi. Quindi si parla di noi, anche se Go-gol' questo racconto l'ha scritto nel lontano 1842. Credo che un grave errore sarebbe stato quello di trasferire la storia di Akàkij nei giorni nostri, come spesso si usa fare con i classici. Non ce n'è bisogno. Siamo tutti vecchi Pietroburghesi. Di quella città conosciamo a fondo gli angoli delle strade, i volti dei passanti, le voci, i rumori e gli o-dori, perché sono gli stessi di Milano e di Torino, di Bologna e di Genova, di Roma e di Napoli e di tutte le città italiane di oggi e di sempre. La marmaglia rapace dei pre-suntuosi, dei vili, delle mezze calzette, dei barattieri e dei prepotenti cammina e traffi-

ca al nostro fianco, come camminava e traf-ficava al fianco di Akàkij Akàkievič ai tempi dello Zar Nicola I. (…) Dei dialoghi, però, sono responsabile io, essendo essi assai scarsi nel racconto originale, e poco utiliz-zabili. Con questa difficile operazione ho cercato di dare verità a una vicenda am-bientata in tempi lontani ma attualissima, adoperando la lingua di oggigiorno e cer-cando di difenderla da quelle tentazioni gergali che avrebbero fatto a pugni con l'ambientazione d'epoca. (…)

Spettacolo compreso negli abbonamenti: InterAction Domenica Teatro

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Vittorio Franceschi (ph Raffaella Cavalieri)

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dal 7 al 21 novembre TEATRO DELLE MOLINE La classe regia di Nanni Garella - con Nicola Berti, Giorgia Bolognini, Luca Formica, Pamela Giannasi, Maria Rosa Iattoni, Iole Mazzetti, Fabio Molinari, Mirco Nanni, Lucio Polazzi, Deborah Quintavalle, Moreno Rimondi, Roberto Risi - luci Paolo Mazzi - regista assistente Gabriele Tesauri - assistente alla regia Nicola Berti - suono Pierluigi Calzolari - costumi a cura di Vanna Cioni manichini Consuelo Cabassi • ARENA DEL SOLE - TEATRO STABILE DI BOLOGNA, ASS. ARTE E SALUTE ONLUS

Dopo essere stato decretato, la scorsa estate, uno dei migliori spettacoli al Napoli Teatro Festival Italia, torna La classe, nato da un laboratorio condotto da Nanni Garella sull’opera del pittore e regista polacco Ta-deusz Kantor, che prosegue la collaborazio-ne tra Arena del Sole - Teatro Stabile di Bo-logna e Arte e Salute onlus, associazione na-ta con lo scopo di coniugare il lavoro artisti-co con il lavoro nel campo della salute men-tale, nel quadro del progetto “Arte e Salute nell’Arena del Sole”.

Tra la Vita e la Morte di Nanni Garella Dodici persone adulte nei banchi di una vecchia aula scolastica: persone ormai tra-passate in una sorta di limbo, nel luogo do-ve essi hanno trascorso i giorni ineffabili dell’infanzia, i giorni che tornano solo nei ricordi, a volte vividi e pieni di energia, a volte stanchi e melanconici, a volte lanci-nanti come cose irrimediabilmente perdute. Ho pensato di affidare questi personaggi agli attori di Arte e salute, perché l’infanzia ha per loro un significato molto particolare: forse più che per altri, essa è separata dal resto della vita, come divelta dallo scorrere naturale della maturazione e dell’età; ed è per loro più facile che per altri rappresenta-re la bellezza e l’insostituibile pienezza di felicità del tempo perduto dei banchi di scuola. Il risultato è che la rappresentazione di un mondo perduto, morto, sepolto nella memoria, si trasforma in un trepidante, vio-lento, commovente inno alla vita; una vita tutta ormai vissuta che ritorna nella sua pienezza solo a patto di fare i conti con il nulla della morte. Il rapporto imprescindibi-le dell’uomo con la morte è un tema che la società contemporanea rifugge dall’affron-tare, per rincorrere una vita di facili e avide

conquiste di benessere materiale. Nel no-stro spettacolo, il confronto con la morte è vissuto sulla pelle da attori che hanno per-duto una parte importante della propria vi-ta, spezzata dalla malattia e dalla sofferen-za; e che hanno imparato, proprio dal con-fronto aspro con le forme teatrali dei perso-naggi, a riconquistare la dignità e la pie-nezza dell’esistenza e della propria umanità.

ore 21.15 - domenica ore 17 lunedì riposo

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ph Luca Sgamellotti

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15 e 16 novembre SALA GRANDE Prapatapumpapumpapà PADRONE MIO TI VOGLIO ARRICCHIRE Moni Ovadia canta Matteo Salvatore testi Cosimo Damiano Damato, Raffaele Nigro, Moni Ovadia - con Moni Ovadia musiche dal vivo H.E.R e la band Famenera - mise en espace Cosimo Damiano Damato PROMO MUSIC

ore 21

L’anima del Sud Un omaggio all’avventura poetica e musi-cale di uno dei padri della musica popolare del Sud che ha preso ispirazione dallo spet-tacolo teatrale Il Bene mio. La vita e le can-zoni di Matteo Salvatore, andato in scena il 10 febbraio 2012 al Teatro Petruzzelli di Bari, che vedeva sul palco oltre allo stesso Ovadia, anche Lucio Dalla in una delle sue ultime apparizioni live in Italia. «L’anima del Sud – ha affermato il cantautore bolo-gnese, ma manfredoniano d’adozione, in-namoratosi del progetto – impregna le can-zoni di Matteo Salvatore, un’autentica ban-diera sociale, per il modo in cui ha condotto la propria esistenza. Un’artista che ha con-ferito alla sua musica una forte funzione provocatoria di denuncia». Mentore per il canovaccio è stato Renzo Ar-bore con i ricordi del suo lungo sodalizio umano e artistico con il cantore garganico. Prapatapumpapumpapà racconta in forma di monologo non solo la musica popolare e folk del cantore di Apricena ma anche la straordinaria vita da artista sregolato e naïf, ripercorrendone l’infanzia, la povertà, i so-prusi dei “padroni” e la vita di strada, tutta vita vissuta motivo ispiratore delle sue can-zoni. Un’avventura musicale che narra di un Sud magico e maledetto, ma anche straordina-riamente puro nella sua bellezza. Tema conduttore dello spettacolo sono pro-prio le canzoni di Salvatore, da Le chiacche-re de lu paese, simbolo di quella saggezza popolare in cui l’artista è cresciuto, al tema della miseria cantata in Pasta nera, passan-do per il lirismo unico di La notte è bella e

La cometa, fino ad arrivare a Padrone mio, che dà il titolo allo spettacolo, simbolo dell’impegno civile e sociale del cantastorie definito da Italo Calvino «l’unica fonte di cultura popolare in Italia». Nelle vesti di narratore e cantante, Moni Ovadia rievoca attraverso il linguaggio del teatro-canzone una favola che affonda nel nostro neorealismo e riscopre alcuni capo-lavori della musica tradizionale grazie all’originale rilettura della violinista e can-tante H.E.R. e dalla sua band Famenera.

Spettacolo compreso nell’abbonamento Interazioni Contemporanee

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Moni Ovadia

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dal 20 al 23 novembre SALA GRANDE Orchidee uno spettacolo di Pippo Delbono - con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Julia Morawietz, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella - immagini Pippo Delbono - musiche Enzo Avitabile luci Robert John Resteghini • ARENA DEL SOLE - TEATRO STABILE DI BOLOGNA, EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE, TEATRO DI ROMA, THÉÂTRE DU ROND-POINT - PARIS, MAISON DE LA CULTURE D’AMIENS

ore 21

La voce del popolo Pippo Delbono, regista, attore e autore, spi-rito libero della scena internazionale, da sempre ama rompere le barriere. Dopo a-ver lavorato quest’ultimo anno al cinema con registi del calibro di Bernardo Bertoluc-ci, Peter Greenaway e Marco Risi, aver di-retto Cavalleria Rusticana di Mascagni per il Teatro San Carlo di Napoli ed essere stato invitato dal Residenztheater di Monaco di Baviera per la creazione di un lavoro con gli attori del teatro stabile tedesco, presenta ora il suo nuovo lavoro, accompagnato dal-la sua compagnia di sempre, omogenea nella sua disomogeneità. Come un “terrori-sta della cultura”, in Orchidee invita lo spet-tatore a un viaggio nello spazio teatrale che rende omaggio ai vivi e alla verità delle co-se, trascinando nella sua danza imprevedi-bile i fantasmi del cinema e guidando i propri attori attraverso gli specchi. Come riassunto dai fiori esotici del titolo, delicati, eleganti e suggestivi, che sovente abbelli-scono i salotti delle case borghesi in esem-plari artificiali, l’artista mette in scena il fal-so di fronte al vero, oppone i codici della finzione cinematografica all’arte dello spet-tacolo dal vivo, alla verità dell’azione tea-trale rappresentata. Inventore di immagini forti, spazi, ritmi, Delbono ricostruisce e ri-crea il mondo in chiave fantasmagorica, come rappresentazione fatta di scandali, folgori, visioni, colori, voci, scoppi, le sue meraviglie, le violenze, i corsi e ricorsi della storia. Ad accompagnarlo sulla scena in questa nuova avventura teatrale c’è la sua compagnia di sempre, la sua famiglia, le sue creature, la sua banda di illuminati:

cantori, danzatori, attori di altri mondi che insieme inventano una celebrazione delle forze della vita per un teatro necessario. Un viaggio in cui la musica gioca un ruolo di primo piano facendosi elemento dramma-turgico: un tappeto sonoro che, pur presen-tando importanti tasselli musicali firmati da autori come Miles Davis, Philip Glass, Joan Baez, Nino Rota, Wim Mertens e Pietro Ma-scagni, trova il suo protagonista in Enzo Avitabile, musicista recentemente al centro del documentario a lui dedicato Enzo Avita-bile Music Life, firmato dal regista Jonathan Demme.

Spettacolo compreso nell’abbonamento Interazioni Contemporanee in opzione Abbonamento InterAction

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ph Mario Brenta e Karine De Villers

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dal 28 novembre al 1 dicembre SALA GRANDE The Country di Martin Crimp - traduzione Alessandra Serra - regia Roberto Andò con Laura Morante, Gigio Alberti e Stefania Ugomari Di Blas scene e luci Gianni Carluccio - costumi Agata Cannizzaro TEATRO STABILE DELL’UMBRIA, FONDAZIONE BRUNELLO CUCINELLI in collaborazione con NUOVO TEATRO

ore 21 domenica ore 16

Segreti e bugie di Roberto Andò Leggendo The Country, dapprima nella bel-la traduzione di Alessandra Serra, poi nell’originale inglese, ho avuto la conferma di un autore di prima grandezza, col dono di una scrittura magistrale. (…) Una storia di menzogne, di persone legate da inespli-cabili sottomissioni, da torbide attrazioni sbilanciate, una storia d’amore tra un uomo e una donna in attesa di redenzione. (…) La deriva e il controllo nella vita di una coppia. La scelta di esiliarsi in una casa isolata – in campagna – per coltivare l’illusione di una rinascita. Un luogo immerso nella natura, in cui Corinne e Richard pensano sia più facile controllare la propria autodistruttività, e proteggere la speranza di vivere insieme, di amarsi, di non perdersi. Lui è medico, lei non ha impegni di lavoro. Hanno dei figli, che non vedremo mai. Presto però scopri-remo che Richard aspira a divenire un vero e proprio campione del controllo. Fa il me-dico e contemporaneamente si fa di eroina, in una circolarità viziosa in cui sembra illu-dersi che l’autodistruttività possa essere sorvegliata, persino dosata. È talmente fi-ducioso nell’idea onnipotente del controllo (peccato originale della sua professione di medico, asservita all’idea di una giustizia sommaria, che per arbitrarie ragioni morali, o per negligenza, decreta di volta in volta chi curare e chi lasciar morire) da sfidare Corinne, e portarle in casa un’amante, Re-becca, che è anche la sua compagna di se-dute di eroina. Spia ed emblema del con-trollo è anche un altro personaggio, Morris, anch’egli medico, una sorta di occhio di

Dio che sembra saper tutto di tutti e financo presentire le sciagure, i tradimenti, le men-zogne degli altri personaggi, invisibile fun-zione onnisciente, e insieme messaggero del nascosto. (…) Se dovessi dare una defi-nizione di The Country sceglierei proprio quella di thriller filosofico, o di giallo mora-le. Le strade che Crimp ci fa prendere in quanto spettatori, attori e regista, sono in-fatti strade che, lasciandoci spiare i pensieri oscuri dei personaggi, narrando la vita di quei personaggi come segmenti allucinati di una trama in cui non c’è spazio per la veri-tà, riflettono sul senso della vita, sulla sua plausibilità, ponendoci interrogativi che vanno oltre la vita.

Spettacolo compreso negli abbonamenti: InterAction Domenica Teatro

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Laura Morante

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dal 3 all’8 dicembre SALA GRANDE La fondazione di Raffaello Baldini - con Ivano Marescotti - regia Valerio Binasco scene Carlo De Marino - musiche Arturo Annecchino - luci Vincenzo Bonaffini costumi Elena Dal Pozzo - suono Giampiero Berti - regista assistente Roberto Turchetta ARENA DEL SOLE - NUOVA SCENA - TEATRO STABILE DI BOLOGNA

ore 21 domenica ore 16

Il Personaggio e il suo Autore di Valerio Binasco Ho un doppio privilegio in questo spettaco-lo: quello di lavorare con due grandi artisti come Baldini e Marescotti. (…) Sono una coppia d’arte che viaggia insieme da molti anni. Sono stati in qualche modo gli ‘scopri-tori’ l’uno dell’altro. Hanno un’intesa intima e inafferrabile. Hanno una storia d’amore felice. Il regista in questi casi corre il rischio di fare il terzo incomodo. Ho accettato il ri-schio, e mi sono messo in mezzo. Ho riso e pianto con loro tutti i giorni, un po’ in di-sparte, non sapendo bene cosa fare. Finché non è accaduta una cosa piuttosto sorpren-dente: a un certo punto non eravamo più in tre, ma eravamo diventati quattro. Tra noi c’era una creatura nuova, una strana fusio-ne tra Marescotti e Baldini, più qualcosa, che nessuno di noi tre conosceva ancora (scusate se parlo di Baldini come se fosse vivo e presente alle prove, ma per Ivano è stato ed è così, e quindi lo è stato anche per me) ed era il Personaggio. Questo Perso-naggio Senza Nome è un uomo di strug-gente tenerezza. Da subito ci ha conquistati tutti. Un bel giorno è arrivato, si è sistemato dentro alla voce di Ivano, dentro al suo sguardo, ed era come se fosse sempre stato lì, con noi. Una presenza fortissima, ma gentile come un ricordo. (…) Aleggia una nostalgia assurda nella poesia di Baldini, ed è il ricordo di qualcosa che non c’è mai sta-to. Ovvero dell’innocenza perduta del mon-do. (…) Mi rendo conto che non sto parlan-do dello spettacolo, e non sto dicendo nien-te di come ci siamo ispirati a Kafka e a Ber-nhard, né di come abbiamo affrontato il

dialetto e la dialettalità in modo più ‘psico-logico’ che caratteristico, e la scena in mo-do tormentosamente metaforico ma anche realistico. Tutte cose certo più adatte alle Note di Regia. Ma sarebbe usare paroloni . Non si può. Questo testo è un fiore. Il tea-tro di Baldini/Marescotti è un fiore. Persino i paroloni possono fargli male. Fargli venire la voglia di richiudersi. Ci vogliono, al mas-simo, delle parolette. Parolette che sorrido-no, che dicono un po’, e poi volano via. Quelle che ho scritto fin qui, appunto. Gra-zie, Baldini.

Spettacolo in opzione nell’abbonamento InterAction

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Ivano Marescotti (ph Raffella Cavalieri)

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dal 4 al 22 dicembre TEATRO DELLE MOLINE La deriva di Maurizio Cardillo - con Maurizio Cardillo - regia Elena Bucci e Maurizio Cardillo suono Alessandro Saviozzi - collaborazione artistica Filippo Pagotto - organizzazione e cura Claudia Manfredi • ARENA DEL SOLE - NUOVA SCENA - TEATRO STABILE DI BOLOGNA in collaborazione con COMPAGNIA CARDILLO, ASSOCIAZIONE CULTURALE LE BELLE BANDIERE

ore 21.15 domenica ore 17 domenica 8 dicembre e lunedì riposo Paura in palcoscenico Giunto finalmente alla ribalta che conta, un attore si blocca, va in crisi, fino al pun-to di non trovare la forza per andare in scena. Incalzato dalla figura di un misterioso e dispotico regista, tenta allora di dare un volto e un nome a quel "male" di cui non si capacita, e nel far questo ripercorre la sua disavventura esistenziale. Maurizio Cardillo conclude il percorso ini-ziato con il doppio spettacolo Il male o-scuro (dal romanzo di Giuseppe Berto) dando voce a una manifestazione della psiche misteriosa e affascinante, pur se dolorosa: il Panico. Accompagnato dal fantasma di Giuseppe Berto, la cui voce è come un’eco lontana e minacciosa, l’attore racconta la sua de-riva nel panico, satura di angoscia ma anche ferocemente divertente, mettendo in scena lo “Stage Fright”, il panico da palcoscenico che ha colpito molti nomi illustri, da Barbra Streisand a Laurence Olivier. Il non eroe di questa scrittura ori-ginale è un attore affermato la cui vicen-da interiore – con le tragicomiche impli-cazioni che ne derivano – torna a galla per frammenti, per schegge impazzite di coscienza, in un quadro fantasioso e fan-tasmatico venato di echi rumoristici e mu-

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sicali. Maurizio Cardillo vive sul palco l'emozionante fraseggiare interiore, il ro-vello senza fine di ogni anima tormenta-ta, che lo stesso Berto trasformò magi-stralmente in oggetto di racconto. Dram-matico, tragico, ma anche umoristico e perfino comico, il suo inseguire pensa-menti e ripensamenti produce un ritmo, un respiro della rappresentazione che a-pre a un mondo altro, che avvicina l'enig-ma della propria individuazione.

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Maurizio Cardillo (ph Filippo Pagotto)

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dal 12 al 22 dicembre SALA INTERACTION

La Maria dei dadi da brodo testo e regia Marinella Manicardi - collaborazione drammaturgica Federica Iacobelli con Marinella Manicardi e Daniele Furlati - musiche originali Daniele Furlati spazio scenico e aiuto regia Davide Amadei - luci Vincenzo Bonaffini - suono Pierluigi Calzolari ARENA DEL SOLE - NUOVA SCENA - TEATRO STABILE DI BOLOGNA

ore 21.30 domenica ore 16.30 lunedì e martedì riposo Dalla seta al packaging: lo sbuzzo, la scienza e la manualità di Bologna al lavoro di Marinella Manicardi La Maria, stanca di conservare in un cartoc-cio la crema per il brodo, chiede al marito, perito meccanico, di inventare una macchi-na che impacchetti il glutammato, dose per dose: è l’invenzione del dado da brodo. Poi sono arrivate: macchine per imbustare il thè, blister per pastiglie, twister da caramel-la, senza dimenticare le confezioni di Hatù, preservativi, chiamati in gergo “Goldoni”. Nel dopoguerra Bologna è diventata la Pa-ckaging Valley e le sue macchine, famose nel mondo, hanno impacchettato il mondo. Ma prima della Maria (personaggio quasi vero della storia industriale di Bologna) molte altre Marie avevano contribuito, a fianco dei loro mariti, soci, compagne, a costruire una delle città più ricche di cultura del lavoro in Europa. Per cinque secoli, fino al ‘700, la seta fu considerata un d.o.c. di Bologna, inimitabile per leggerezza e quali-tà tecnica. Nel nostro spettacolo la storia grande dera-glia in personaggi singoli, invenzioni lingui-stiche, addensando voci, formulando ipotesi che, pur provenendo da documenti, si fan-no racconto autonomo come la voce di Bo-logna, la città, che mescola chi ha lavorato insieme o chi si è amato, in fabbrica, nel laboratorio o in balera. Dai bozzoli al packaging, dai telai per la seta ai motori da corsa, ci appartengono le

storie private e pubbliche di una città che priva di grandi fiumi o di risorse naturali importanti (niente ferro, carbone, petrolio) ha inventato un modello economico che è anche modello di convivenza, di architettu-ra, di invenzioni culturali e tecniche. C’è un segreto? Secondo noi sì, si chiama Università, tra le più antiche del mondo, o Istituto delle Scienze, con i laboratori di fisi-ca e disegno, astronomia e scultura, tutti insieme a cercare nuove visioni, e poi c’è la Scuola comunale tecnico-scientifica Aldini-Valeriani. Da qui è cominciato tutto. (…)

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Marinella Manicardi e Daniele Furlati (ph Raffaella Cavalieri)

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dal 12 al 14 dicembre SALA GRANDE Urge di e con Alessandro Bergonzoni regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi scene Alessandro Bergonzoni ALLIBITO

ore 21

Stai colmo! di Alessandro Bergonzoni

Stai colmo! Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l’incubo è confonderli). Come un intimatore di alt, come un battitore di ciglia che mette all’asta gli apostrofi delle palpebre, come l’inventore del cuscino anticalvizie o del transatlantico anti aggressione, come chi è posseduto da sciamanesimo estatico, a suon di decibellezze da scorticanto, come giaguaro che diventa uno degli animali più lenti se in ascensore e come lumaca che diventa uno dei più veloci se in aereo, così tra tellurico e oniri-co, tra lo scoppio delle alte cariche dello stato (delle cose), tra me e me, in uno spazio da antipodi, in un limbo dell’imparadiso, (infer-mo di mente più che fermo di mente), ho avu-to un sentore: urge.

Il voto di vastità di Riccardo Rodolfi

Se dovessi descrivere i punti dai quali siamo partiti per la genesi di questo spettacolo non avrei dubbi: l’urgenza, l’allerta, la necessità di non astenersi dal dire, la traiettoria che per-mette lo sconfinamento veloce da un territorio artistico conosciuto e praticato in direzione dei “vasti” spazi confinanti. Ma cosa, in definitiva, “Urge” a Bergonzoni? Sicuramente segnalarci delle differenze; quella mancanza di precisio-ne nello sguardo del mondo che se trascurata può realmente cambiare il senso delle cose, quelle frettolose banalizzazioni che accomu-nano cose in realtà diversissime tra loro. E an-che dimostrare che la comicità è fatta di ma-teriali non solo legati all’evidente o al rappre-sentato. Ma soprattutto mettere sotto gli occhi

degli spettatori il suo “voto di vastità”: un vero e proprio canone artistico che lo obbliga, sia come uomo ma soprattutto come artista, a non distogliere mai gli occhi dal tutto: un tutto composto dall’enormità, dall’invisibile, dall’onirico, dallo sciamanico, dal trascenden-tale. Un tutto che forzatamente non può non essere poi riversato anche sul palcoscenico per essere esibito con tutti i mezzi dell’arte autoriale prima ed attoriale poi. Ed anche ol-tre. La glossolalia non lo frena e gli “illumina-ti” sul fondo non lo irretiscono. Un tutto per-turbante che, forse, costringerà a considerare Bergonzoni non più solamente maestro di ce-rimonia di una liturgia comica ma anche strumento di correzione ottica per permettere di vedere meglio la vastità in cui siamo im-mersi. Attenzione: lo stupore della scoperta può essere fragoroso.

Spettacolo in opzione nell’abbonamento InterAction

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Alessandro Bergonzoni

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dal 17 dicembre al 6 gennaio SALA GRANDE Misêria e nubiltè di Nanni Garella da Eduardo Scarpetta - regia Nanni Garella con Vito, Umberto Bortolani, Carolina Cangini, Luca Formica, Pamela Giannasi, Mariarosa Iattoni, Iole Mazzetti, Fabio Molinari, Mirco Nanni, Lucio Polazzi, Deborah Quintavalle, Moreno Rimondi, Roberto Risi e la partecipazione straordinaria di Nanni Garella - scene e costumi Antonio Fiorentino - luci Gigi Saccomandi - musiche originali Leonildo e Marco Marcheselli - regista assistente Gabriele Tesauri

ore 21 - lunedì 6 gennaio e domenica ore 16 23, 24, 25, 26, 30 dicembre, 1 gennaio riposo 31 dicembre Grande Soirée di S. Silvestro

La lingua del teatro di Nanni Garella La lingua teatrale italiana, a differenza di altre lingue neolatine, possiede un altissimo grado di convenzionalità; è meno parlabile di altre lingue europee, meno elastica, meno espres-siva. La ragione di questa debolezza risiede molto probabilmente nella genesi stessa dell’italiano come lingua, oltre che nella frammentazione politica dell’Italia dalla cadu-ta dell’impero romano all’unità. (…) E la no-stra letteratura ha sempre rapporti diretti o indiretti, comunque molto stretti e fondanti, con i dialetti. È una particolarità tutta italiana quella della nascita e dello sviluppo di una lingua nazionale che non riesce a sciogliere, per così dire, i suoi nodi dialettali. Non a caso molti grandi autori teatrali italiani hanno scel-to, grosso modo, due strade nell’uso della lin-gua: o il dialetto tout court (Ruzante, Goldoni, Scarpetta, De Filippo) o una sorta di costru-zione/traduzione dalle lingue dialettali (Verga, Svevo, Pirandello, Alfieri). È il caso di questa nuova edizione di Miseria e nobiltà: un’opera tradotta in lingua bolognese da una comme-dia in lingua napoletana, a sua volta tratta da una commedia francese. Da anni il tema delle diversità attraversa il mio lavoro: diversità co-me handicap fisico o psichico, diversità come povertà ed emarginazione, ma anche diversi-tà linguistica. (…) Immagino quel mondo quando penso a Miseria e nobiltà. Un mondo affamato, disperato, violento; e allo stesso tempo vitale, ricco di fantasia e di speranze. E cerco di ascoltare il suono caotico di una lin-gua popolare, di un dialetto vivo, non ancora appiattito dall’italiano televisivo. È una lingua

lessicalmente povera, un po’ sgangherata, inascoltata dalla letteratura contemporanea, eppure così piena di significati imprevedibili, di parole sonore come musica. Ho tentato più volte, nei miei spettacoli, di rivitalizzare la lin-gua teatrale italiana attraverso la grande tra-dizione dialettale (Arlecchino, Ista laus, Cam-piello, Il medico dei pazzi) cercando di rintrac-ciare, nel calderone linguistico del nostro pae-se, una tessitura comune di parole, una radice della nostra identità nazionale. Misêria e nu-biltè mi dà occasione di continuare questo la-voro sulla lingua dialettale, in particolare quella bolognese, che non mi appartiene per nascita, ma che ho imparato ad ascoltare e ad amare.

una produzione

ARENA DEL SOLE - TEATRO STABILE DI BOLOGNA ASSOCIAZIONE ARTE E SALUTE ONLUS Spettacolo in opzione nell’abb. InterAction

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Umberto Bortolani e Vito (ph Raffaella Cavalieri)

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dal 15 al 18 gennaio TEATRO DELLE MOLINE Here Comes the Flood spettacolo coi passeggeri del Centro di Accoglienza Giuseppe Beltrame - drammaturgia Salvo Quinto con Salvo Quinto, Mariagrazia Bazzicalupo e gli ospiti del Centro di Accoglienza G. Beltrame ideazione e regia Riccardo Paccosi AMOREVOLE COMPAGNIA PNEUMATICA - PROGETTO “RACCONTI DAL DILUVIO”

ore 21.15

La voce del popolo di Toni Servillo

Rifugiati in un ufficio, mentre fuori imper-versa il Diluvio, cinque ospiti del dormito-rio pubblico di Bologna vengono sottopo-sti a giudizio da parte di un arcangelo e un’arcidiavolessa. Nel corso dell’interro-gatorio ciascun interrogato – attraverso testi, drammatizzazioni e frammenti video – rivisita in flashback esperienze reali del-la propria vita. Ma non si tratta di finzio-ne: ciascuno è infatti, nella vita reale, un uomo che ha vissuto nel dormitorio pub-blico e ogni storia raccontata è accaduta realmente. Nel frattempo, la pioggia scroscia incessante. Uno spettacolo nato nel maggio 2013 dal progetto Racconti dal Diluvio, un labora-torio teatrale condotto dall’Amorevole Compagnia Pneumatica e rivolto agli o-spiti del Centro Beltrame, il principale dormitorio pubblico di Bologna. Il laboratorio ha avuto come sbocco un saggio – intitolato appunto “Racconti dal Diluvio” – già rappresentato con successo in numerosi ambiti e composto da fram-menti autobiografici dei partecipanti, in una narrazione poetica basata su ele-menti della nuda vita.

Here Comes the Flood è appunto lo spet-tacolo nato da quel saggio e dall’attività laboratoriale svolta presso il Centro Bel-trame ed è promosso e sostenuto da due network istituzionali: la rassegna MOB – Molecole Bolognesi del Quartiere San Vi-tale e la rete Teatri Solidali della Provincia di Bologna.

Col patrocinio di Provincia di Bologna - Teatri Solidali Quartiere San Vitale - MOB Molecole Bolognesi

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dal 16 al 19 gennaio SALA GRANDE Il servitore di due padroni da Carlo Goldoni - drammaturgia Ken Ponzio regia Antonio Latella - con (in o.a.) Marco Cacciola, Federica Fracassi, Giovanni Franzoni, Roberto Latini, Annibale Pavone, Lucia Perasa Rios, Massimiliano Speziani, Rosario Tedesco, Elisabetta Valgoi scene e costumi Annelisa Zaccheria - luci Robert John Resteghini - suono Franco Visioli EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE, TEATRO STABILE DEL VENETO, FONDAZIONE TEATRO METASTASIO DI PRATO

ore 21 domenica ore 16

L’Arlecchino riletto Dopo aver diretto il pluripremiato Un tram che si chiama desiderio, vincitore di Premi Ubu, Hystrio e Le Maschere del Teatro, An-tonio Latella riparte “da” Goldoni, parlando con la forza della tradizione all’uomo con-temporaneo, oggi più un dovere che una necessità perché, come lui stesso spiega, «Goldoni è il nostro teatro scritto, la nostra origine... Arlecchino è il nostro Amleto, non si può non incontrarlo nel proprio cammino teatrale, almeno per me». Una totale riscrit-tura del Servitore quindi, affidata a Ken Ponzio, giovane autore e drammaturgo formatosi come attore, che vuole prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarsi in avanti, nel tempo che deve venire. «La menzogna – scrive nelle sue note di regia Latella – è il tema che appartiene totalmen-te a questa commedia. Dietro la figura di Arlecchino (Truffaldino) la commedia si na-sconde a se stessa, mente. Dietro agli in-ganni, ai salti, alle capriole del servitore più famoso del mondo la commedia mente agli spettatori: il personaggio che tanto li fa ri-dere è insieme tutte le menzogne e i colori degli altri personaggi. È uno specchietto per le allodole e sposta il punto di ascolto dell'intera commedia. Non c'è una figura onesta, tutto è falso, è baratto, commercia-lizzazione di anime e sentimenti (…) Cosa resta? Il vuoto, graffiato dal sorriso beffardo delle maschere. (…) Il vuoto, forse l'orrore della nostra contemporaneità. L’orrore dell'uomo che davanti al peso del denaro perde peso». Nel suo lavoro, Ponzio è parti-to dalla considerazione che il teatro è vivo grazie al costante dialogo con il proprio

presente, sotto forma di critica dialettica, tenendo conto degli innumerevoli cambia-menti che sono avvenuti nel corso di più di due secoli e mezzo. Ma al contempo ha vo-luto restituire ai personaggi “veneziani” gli impulsi delle loro maschere originali assie-me ad alcuni tratti “provinciali” che tanto caratterizzano noi italiani; mentre a quelli “torinesi” – seguendo un’intuizione di Anto-nio Latella – ha aggiunto una nota francese nella lingua e nell’identità per renderli an-che ai nostri occhi dei “foresti”. Parlano tutti la lingua italiana d’oggi tranne Pantalone il quale, orgoglioso delle proprie origini e troppo potente per adeguarsi alla lingua altrui, parla in veneziano.

Spettacolo compreso negli abbonamenti: InterAction Domenica Teatro

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Antonio Latella

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Altri eventi Un’Arena di eventi: Stefano Benni e Jan Garbarek sul palco della Sala Grande

Il 19 novembre Stefano Benni salirà sul palco dell’Arena del Sole per una serata unica dal titolo Benni legge le traduzioni di Celati: un evento speciale a ingresso gratuito, atto conclusivo del progetto La dispersione delle parole | omaggio a Gianni Celati, promos-so dal Comune di Bologna a cura di Ermanno Cavazzoni e Jean Talon. Nell’occasione, lo scrittore bolognese leggerà brani tratti da libri di autori tradotti da Celati. Tra i tanti Céline, Hölderlin, Conrad e Melville. Scrive Benni: «Non ringrazieremo mai abbastanza i bravi traduttori. È grazie a loro se abbiamo cono-sciuto e amato il novanta per cento dei libri che abbiamo letto. Se amiamo un testo, dob-biamo sapere che dentro alle sue pagine non c'è solo l'anima e la fatica dell'autore, ma an-che il talento di questo magico barcaiolo che ci porta dalla sponda di una lingua all'altra. Celati ha tradotto testi diversi da lingue diver-se, sempre con una serietà e una passione speciale, fino al tormentato splendido Ulisse».

Mercoledì 27 novembre si terrà il concerto di chiusura dell'ottava edizione del Bologna Jazz Festival, che vedrà salire sul palco della Sala Grande Jan Garbarek, una delle voci-simbolo che hanno plasmato l'identità della ECM Records, l’etichetta discografica fondata nel 1969 da Manfred Eicher, oramai punto di riferimento per il jazz contemporaneo. Auten-tico viaggiatore tra i mondi sonori di jazz, classica, ambient, melodie scandinave e world music, Garbarek si presenta al Festival di Bo-logna a capo del suo rodato quartetto forma-to dal tastierista tedesco Rainer Brüninghaus, il bassista brasiliano Yuri Daniel e, per l’occasione, dal polistrumentista indiano Trilok Gurtu.

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