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Laboratorio di Chimica Organica A. Pirola ITSOS M.Curie 2012-13 LABORATORIO DI CHIMICA ORGANICA

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Laboratorio di Chimica Organica A. Pirola ITSOS M.Curie 2012-13

LABORATORIO DI

CHIMICA ORGANICA

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Laboratorio di Chimica Organica A. Pirola ITSOS M.Curie 2012-13

Come tenere il Quaderno di Laboratorio Un aspetto importante dell’attività nel laboratorio riguarda la registrazione accurata di dati, osservazioni e risultati relativi all’esperimento svolto. Questa registrazione va eseguita nel quaderno di laboratorio, per quanto possibile durante il corso dell’esperimento, o in ogni caso subito dopo. Anche se molte delle esperienze saranno svolte in gruppo, ogni studente deve avere e tenere aggiornato il proprio quaderno di laboratorio. Il quaderno sarà. controllato periodicamente dai docenti che avranno cura dì segnalare gli eventuali errori riscontrati nella stesura, per facilitare l'acquisizione da parte dello studente dei metodo corretto per svolgere questa parte dell'attività di laboratorio.

Norme generali sulla compilazione del quaderno di laboratorio: • Utilizzare un quaderno formato A4 (grandi), quadrettato, a fogli legati • Numerare tutte le pagine • Usare le prime due facciate per l’indice e mantenerlo sempre aggiornato • Usare penne ad inchiostro indelebile, non matite! • Non usare gomma o bianchetto, ma tirare una linea sopra i vostri errori • Non strappare mai pagine dal quaderno Le esperienze che vengono eseguite in un laboratorio didattico di chimica organica sono di due tipi: • Esperienze conoscitive

� uso di una particolare tecnica � analisi qualitativa organica

• Esperienze preparative � sintesi

In genere il rapporto di laboratorio di una qualsiasi di queste esperienze deve contenere le seguenti informazioni: • Data in cui si è cominciata l’esperienza • Titolo dell’esperienza • Equazione chimica bilanciata (solo nelle sintesi) • Solo nelle sintesi una tabella contenente le quantità (moli, peso o volume), di tutti i reattivi e dei solventi

utilizzati nella reazione, inoltre devono essere riportati il peso molecolare la densità e le indicazioni di sicurezza dei reattivi e dei prodotti (ricavabili dai cataloghi a disposizione). Nella tabella è bene anche riportare le quantità teoriche dei prodotti (specificando che si tratta di quantità teoriche)

• Procedura seguita non deve mai essere riportata per intero la metodica ma soltanto: � nel caso di esperienze di sintesi riportare solo le eventuali variazioni rispetto alle indicazioni della

ricetta e le osservazioni effettuate � nel caso di esperienze sull’uso di una particolare tecnica descrivere l’apparecchiatura utilizzata,

eventualmente corredata con un disegno della stessa e le osservazioni effettuate � nel caso delle esperienze di analisi riportare le caratteristiche delle sostanze da analizzare, i saggi a

cui sono state sottoposte e le osservazioni sui risultati delle singole analisi • Conclusioni • nelle sintesi riportare in questa parte il peso e la resa percentuale del prodotto, il suo aspetto fisico e le

caratteristiche chimico-fisiche determinate e osservate, per esempio il punto di fusione (i cui valori devono essere confrontati con i dati presenti in letteratura), il colore, l’aspetto ecc.

• nelle analisi se vengono analizzate sostanze incognite, riportare in una tabella tutte le prove eseguite e i risultati ottenuti (positivo o negativo)

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N.B. • La resa teorica deve essere calcolata sulla base dell’agente limitante. L’agente limitante è il reattivo

presente in minor quantità stechiometrica (per conoscere l’agente limitante è quindi indispensabile conoscere con esattezza la stechiometria della reazione). Se non sapete come trasformare i pesi in moli e viceversa o i pesi in volumi e viceversa, siamo messi male.

• La resa percentuale è data dal rapporto tra la resa effettiva e la resa teorica, moltiplicato per 100, non

esagerate con le cifre significative per esempio, scriverete resa del 66,6%e non del 66,636636. • Le calcolatrici forniscono un numero più o meno elevato di cifre significative. Tuttavia, dato che voi

utilizzate metodi di misura (bilance, pipette, cilindri graduati etc.) la cui precisione non è infinita, dovete usare solo le cifre significative necessarie, data la precisione del metodo di misura. Quindi, se per esempio dovete usare 5,66 mmoli di una sostanza con peso molecolare 211,36 il peso che dovete scrivere sarà 1,20 g (se usate una bilancia precisa al centesimo di grammo) e non 1,1962976 g.

Siate sinceri con il vostro quaderno, scrivete ciò che avete fatto e non ciò che avreste dovuto o quello che sta scritto nella ricetta o in un libro. Annotate sempre tutto ciò che ritenete importante: cambi di colore, aumenti di temperatura, formazione dì precipitato, esplosioni, passaggi di gatti neri; insomma tutto ciò che ritenete possa avere influenza sull’andamento dell’esperienza. Il vostro quaderno deve poter essere letto e compreso anche da altri, cercate di scrivere in modo ordinato ed evitando eccessive abbreviazioni o termini che possono essere noti solo a voi. Ricopiare in bella un quaderno di laboratorio non è una buona idea; primo perché è una perdita di tempo, secondo perché è facile perdere importanti informazioni nella ricopiatura. Eventualmente potete annotare i dati ottenuti o i calcoli eseguiti su dei fogli, per poi scriverli con più calma sul quaderno di laboratorio in un secondo tempo (ma mai dopo troppo tempo). Ricordatevi infine che uno scienziato non deve mai perdere di vista la correttezza professionale che gli impone di non falsificare mai i dati sperimentali. I quaderni di laboratorio dovranno rimanere in laboratorio nell’apposito armadio e verranno corretti dai docenti una o due volte a quadrimestre. La valutazione del quaderno di laboratorio verterà essenzialmente sulla qualità dello stesso, cioè se è ordinato, se le quantità dei reagenti sono riportate correttamente, se la procedura è ben descritta, se sono riportate le rese, se gli eventuali calcoli sono stati eseguiti correttamente ecc. Una valutazione negativa del quaderno, così come dell'impegno generale dimostrato in laboratorio può incidere sul voto finale, cercate quindi di dedicare un certo impegno ed attenzione nel compilare il quaderno di laboratorio, compilazione che dovrebbe essere effettuata durante l’esecuzione delle esperienze, oppure subito dopo il suo termine (ancora in laboratorio), questo anche perché se aspettate troppo poi non ricordate nemmeno più quello che avete fatto. Buon Lavoro

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Esperienze Laboratorio di Chimica Organica

TECNICHE

1 FILTRAZIONE

2 DISTILLAZIONE

3 RISCALDAMENTO A RIFLUSSO

4 SUBLIMAZIONE

5 ESTRAZIONE - PURIFICAZIONE DELL’ACIDO BENZOICO

6 CRISTALLIZZAZIONE - PURIFICAZIONE DI PRODOTTI GREZZI

7 DETERMINAZIONE DEL PUNTO DI FUSIONE E DEL PUNTO DI EBOLLIZIONE

8 CROMATOGRAFIA SU CARTA E SU STRATO SOTTILE - PIGMENTI COLORATI

SINTESI

1 SINTESI DEL CLORURO DI T-BUTILE

2 SINTESI DEL 2-ETOSSI NAFTALENE

3 SINTESI DEL CICLOESANOLO

4 SINTESI DEL CICLOESANONE

5 SINTESI DI UN’OSSIMA

6 SINTESI DELL’ACETOFENONE

7 SINTESI DEL 4-IDROSSI 4-(4-NITROFENIL) 2-BUTANONE

8 SINTESI DELL ACIDO ACETIL SALICILICO

9 SINTESI DEL SALICILATO DI METILE

10 SINTESI DELL’ACETANILIDE

11 SINTESI DELLA p-NITRO ACETANILIDE

12 SINTESI DELLA p-NITRO ANILINA

13 SINTESI DEL P-ACETILAMMINOFENOLO

ANALISI

1 SAGGI QUALITATIVI DEGLI IDROCARBURI

2 SAGGI QUALITATIVI DEGLI ALOGENURI ALCHILICI

3 SAGGI QUALITATIVI DEGLI ALCOOLI

4 SAGGI QUALITATIVI DEL GRUPPO CARBONILICO

5 SAGGI QUALITATIVI DEGLI ACIDI CARBOSSILICI E DEI FENOLI

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Tecniche di filtrazione Filtrazione a pressione ordinaria E' la tecnica più usata per la separazione di miscugli solido-liquido, consiste nel far passare la miscela da separare attraverso un corpo poroso che trattiene il solido e lascia passare il liquido. Normalmente il corpo poroso è costituito da carta da filtro che viene fatta aderire alle pareti di un imbuto. Per una filtrazione veloce e se non è necessario recuperare il solido si usa il filtro a pieghe; se al contrario è necessario recuperare il solido si usa il filtro liscio. Filtrazione a pressione ridotta È una tecnica di filtrazione generalmente molto rapida, si usano imbuti cilindrici speciali di porcellana o di materiale plastico detti imbuti Buchner sul cui fondo forato si mette la carta da filtro tagliata in modo che siano coperti tutti i fori e che i margini non risalgano lungo le pareti dell’imbuto; il Buchner è montato su di una beuta codata, collegata, mediante un apposito tubo di gomma, ad una pompa a caduta d'acqua, la pompa crea una depressione nella beuta, provocando l'aspirazione del liquido attraverso il filtro. In alternativa al Buchner può essere impiegato un imbuto filtrante, dotato di setto poroso in fibra di vetro. Ricordarsi, al termine della filtrazione, di staccare sempre il tubo di gomma prima di chiudere l’acqua.

Filtrazione a pressione ordinaria Filtrazione a pressione ridotta Preparazione dei filtri

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Filtrazione a caldo Viene utilizzata quando si devono eliminare impurezze da un sostanza poco solubile a freddo, si opera nel seguente modo: nella beuta dove si raccoglierà il filtrato viene posto del solvente di cristallizzazione, si chiude l’imboccatura della beuta con un imbuto contenente un filtro a pieghe e si riscalda fino all’ebollizione in modo che i vapori vadano a riscaldare imbuto e filtro, quindi si inserisce nel filtro la soluzione da filtrare precedentemente scaldata. Il riscaldamento della beuta può essere effettuato con una piastra A/R se il solvente non è infiammabile o a un punto di ebollizione superiore ai 90°C, oppure c on un bagno d’acqua. I filtri Il filtro è il mezzo meccanico che separa il solido dal liquido.Il filtro è costituito da uno strato di materiale poroso che permette il passaggio del liquido ma non quello delle particelle di solido. Le caratteristiche principali di un filtro sono: • resistenza chimica; • resistenza meccanica; • capacità di trattenere le particelle solide senza che si abbia un intasamento dei pori; • minima resistenza al passaggio del liquido. Tutte queste caratteristiche dipendono dai tipo di filtro e dal materiale di cui esso è costituito. Materiali per filtri I materiali per filtri più impiegati in laboratorio sono: • Carta da filtro • Lana di vetro • Vetro sinterizzato • Polimeri sintetici • Carta da filtro La carta da filtro è economica e permette buone filtrazioni nella maggior parte dei casi. Per questa ragione è molto usata nelle operazioni di filtrazione in laboratorio. I filtri sono classificati a seconda della loro porosità per poter separare sostanze gelatinose o cristalline. La porosità della carta è di diverso diametro per ogni classe di filtro e va da 7,4 a 2,2 micron. • Lana di vetro La lana di vetro è usata spesso per filtrazioni di acidi forti, che potrebbero distruggere i filtri di carta. • Vetro sinterizzato I setti in vetro sinterizzato, a porosità differente, vengono costruiti mediante pressatura delle polveri di vetro riscaldate (processo detto di sinterizzazione); i vetri impiegati possono essere di diverso tipo come il vetro di Jena, il Pyrex e il quarzo. • Polimeri sintetici A porosità differente e resistenti agli acidi e agli alcali, come il teflon, il PTFE, il nylon e il polipropilene, usati per la filtrazione di microparticelle. Fattori che influenzano la filtrazione Il processo di filtrazione è influenzata da diversi fattori tra cui: • Temperatura • Pressione • Caratteristiche del filtro (dimensione pori, materiale, ecc.) • Caratteristiche delle particelle solide (cristalline, solido polverulente, geliforme, ecc.) • Caratteristiche del liquido Per questo motivo è difficile individuare teoricamente il migliore sistema di filtrazione, che deve essere stabilito di volta in volta in base all’esperienza dell’operatore.

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Lavaggio dei filtrati Al termine della filtrazione il solido deve essere raccolto privo di impurezze dovute ad eventuali sostanze disciolte nel liquido che lo imbeve. A tale scopo deve essere eseguito il lavaggio del solido mediante acqua distillata. Utilizzando una spruzzetta si trasporta tutto il solido sul filtro, quindi si effettua il lavaggio aggiungendo acqua distillata e mescolando il solido con una bacchetta di vetro; tale operazione deve essere condotta con attenzione in maniera da evitare la rottura del filtro. È consigliabile, prima di eseguire i lavaggi, di cambiare il recipiente usato per le raccolte del filtrato per evitare di rifiltrare il tutto nel caso di rottura del filtro.

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Tecniche di Distillazione La distillazione è una tecnica utilizzata per separare e purificare i componenti liquidi di una miscela omogenea. Essa prevede il riscaldamento del liquido fino al suo punto di ebollizione, in questo modo il componente avente punto di ebollizione minore passa allo stato di vapore e viene quindi convogliato verso un dispositivo di raffreddamento dove possa condensare ed infine essere recuperato. Il punto di ebollizione di un liquido viene definito come la temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido eguaglia la pressione esterna, dove per tensione di vapore si intende la pressione esercitata dalle molecole allo stato aeriforme sulle pareti del contenitore che contiene la fase liquida, La tensione di vapore di un liquido aumenta all'aumentare della temperatura, fino a raggiungere il punto di ebollizione. I liquidi che presentano valori di tensione di vapore elevati sono più volatili e hanno bassi punti di ebollizione, viceversa i liquidi che presentano valori di tensione di vapore bassi sono meno volatili e hanno alti punti di ebollizione. Questo dipende dal fatto che il liquido entra in ebollizione quando la tensione di vapore eguaglia la pressione esterna quindi maggiore è la tensione di vapore e minore sarà la temperatura che permetterà eguagliare questa pressione. In base al tipo di apparecchiatura si distinguono due tipi di distillazioni: • La distillazione semplice impiegata generalmente per separare miscele omogenee di due liquidi (A); • La distillazione frazionata impiegata per separare miscele omogenee di due o più liquidi (B).

A B L’apparecchiatura per effettuare i due tipi di distillazione è essenzialmente la stessa: pallone, raccordo a T o in alternativa raccordo di Claisen, termometro, refrigerante Liebig, raccordo a collo d’oca e recipiente di raccolta del distillato; nella distillazione frazionata è presente inoltre una colonna di frazionamento o Vigreux. Il Vigreux è un'apparecchiatura utilizzata per aumentare l'efficacia delle distillazioni. Può essere costituita o da un tubo di vetro verticale vuoto riempito con materiale inerte (come anelli o eliche di vetro) oppure da un tubo con all'interno una serie di rientranze in grado di aumentare la superficie su cui il vapore che sale può condensare. Il vapore che risale la colonna condensa ed il condensato scorre verso il basso fino a raggiungere le zone più basse e calde della colonna stessa dove viene rivaporizzato consentendo ai

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componenti più volatili di salire nuovamente lungo la colonna. Se la colonna è efficiente il processo si ripete molte volte ed il distillato consiste quasi esclusivamente della forma pura del componente più basso-bollente. Le colonne di frazionamento in pratica non raggiungono mai il 100% di efficienza, tuttavia sono state progettate delle colonne in grado di separare liquidi con punti di ebollizione distanti fra di loro soltanto 2°C. Il refrigerante ha lo scopo di condensare i vapori che si sviluppano dalla soluzione, occorre ricordare di far entrare l’acqua sempre dall’ingresso più basso in modo che il refrigerante si riempia completamente di liquido e funzioni quindi in maniera corretta. Nelle operazioni di distillazione, durante il processo di riscaldamento, e possibile la formazione di bolle di vapore di grosse dimensioni all’interno della soluzione dovute a fenomeni di riscaldamento non uniforme. Per evitare che questo avvenga si introducono nel pallone dei frammenti di vetro oppure di porcellana porosa, detti ebollitori,con lo scopo di regolarizzare la temperatura in tutta la soluzione evitando in questo modo surriscaldamenti. In base alla pressione a cui viene condotta si distinguono tre tipi di distillazione : � a pressione ordinaria, utilizzata per separare componenti che non si decompongono alle temperature di

operazione � a pressione ridotta, utilizzata per separare componenti che si decompongono alle temperature di

operazione � in corrente di vapore, utilizzata quando si deve operare a temperature inferiori a quelle normali di

ebollizione, in quanto il vapore consente di raggiungere il punto di ebollizione delle sostanze a temperature più basse

Per separare componenti altobollenti (oltre i 150°C ) oppure termolabili, si può effettuare una distilazione a pressione ridotta. In questo tipo di operazione l’estremità del refrigerante viene collegata ad una pompa ad acqua che permette di ottenere il vuoto all’interno dell’apparecchio e quindi di distillare a temperature sensibilmente più basse. In alcuni casi è necessario far gorgogliare dell’azoto nel pallone per evitare che vi siano spruzzi oppure risucchi del liquido.

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Distillazione in corrente di vapore La distillazione in corrente di vapore è una tecnica di estrazione che consente di distillare a una temperatura più bassa di quella di ebollizione dell'acqua sostanze che hanno un punto di ebollizione molto più elevato, questo permette di estrarre sostanze termolabili senza che subiscano una degradazione termica. Il distillato è una miscela di acqua e sostanza estratta, ma poiché i due liquidi non sono miscibili tra loro, la separazione tra le due fasi (quella acquosa e quella organica) avviene spontaneamente. Il principio su cui si basa questa tecnica è il seguente: due liquidi volatili e immiscibili fra loro, formano un’emulsione la cui tensione di vapore è la somma delle tensioni di vapore dei due liquidi puri, quindi il sistema bolle quando la sua tensione di vapore totale uguaglia la pressione esterna. Utilizzando l’acqua come sostanza estraente la temperatura di ebollizione si mantiene sempre, qualsiasi sia la sostanza organica da separare, sotto i 100°C. • La distillazione in corrente di vapore è una tecnica usata per la purificazione di sostanze organiche

mediante l'uso di vapore d'acqua, con cui il composto che interessa purificare è immiscibile. • Durante là distillazione si liberano vapori costituiti da acqua e dal componente organico e la temperatura

di ebollizione rimane costante, fino a quando tutto quest'ultimo non è stato rimosso dalla miscela liquida. • Una volta condensato il vapore, si ha quindi un liquido costituito dai due componenti immiscibili e che

presenta perciò due fasi facilmente separabili con imbuto separatore .

Apparecchio per la distillazione in corrente di vapore

Apparecchio semplificato per la distillazione in corrente di vapore

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Riscaldamento a riflusso Spesso durante un processo di sintesi è richiesto il riscaldamento di una miscela fino al suo punto di

ebollizione in un pallone equipaggiato con un refrigerante a ricadere, la cui funzione è quella di condensare i

componenti volatili che si sprigionano dalla miscela e a farli ricadere nel pallone. I vapori non dovrebbero

salire mai per più di 3-6 cm dal fondo del refrigerante, in questo modo non si perdono ne reagenti ne

solventi.

Questo tipo di apparecchiatura viene utilizzato quando si deve operare a temperatura maggiore rispetto a

quella ambiente, in maniera da ridurre la durata della reazione (aumento della velocità di reazione).

Apparecchi per il riscaldamento a riflusso di miscele di reazione.

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Sublimazione

La sublimazione è un processo, caratteristico di alcune sostanze solide, che porta direttamente al passaggio

dalla fase solida a quella gassosa senza che vi sia fusione; perchè una sostanza possa sublimare occorre

che presenti una tensione di vapore abbastanza elevata elevata.

Questo processo può essere utilizzato per purificare sostanze solide da impurezze a patto che queste ultime

non sublimano anch’esse.

L’apparecchi utilizzato per effettuare questo tipo di purificazione può essere costituito da una beuta da vuoto

chiusa con un adattatore di gomma in cui viene inserita una provetta, quest’ultima deve essere riempita di

ghiaccio tritato e costituisce il “dito freddo”.

Il composto da purificare viene posto sul fondo della beuta e scaldato sottovuoto a una temperatura inferiore

a quella di fusione, il solido vaporizza e i vapori si condensano sulla superficie del dito freddo. Al termine

della sublimazione si toglie il vuoto e si recuperano i cristalli del prodotto puro staccandoli con una spatola.

Apparecchio per purificazione mediante sublimazione

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Estrazione con solventi L'estrazione con solvente è un metodo di purificazione che permette di isolare una sostanza pura da soluzioni contenenti impurezze per mezzo di un solvente che scioglie selettivamente il composto desiderato. Nel corso di una sintesi organica i prodotti di reazione sono spesso ottenuti in soluzione acquosa mescolati con sottoprodotti di reazione; per isolare il composto desiderato si può agitare la soluzione con un solvente organico immiscibile con essa, in cui il composto desiderato sia più solubile che nel solvente di reazione. Per estrazione si intende quindi il trasferimento di un composto da una fase nella quale è disciolto in un'altra fase liquida. Il solvente impiegato nell’estrazione deve possedere delle caratteristiche ben precise: • deve essere immiscibile con la soluzione in cui si trova la sostanza da estrarre; • deve sciogliere facilmente e selettivamente la sostanza da estrarre; • non deve reagire con la sostanza da estrarre ; • deve essere facilmente allontanabile. Il fenomeno dell’estrazione è regolato dalla Legge di Nernst, secondo cui un soluto si ripartisce fra due diversi solventi immiscibili secondo un rapporto fisso e costante, a temperatura costante.

Cb

CaK =

Ca = rappresenta la concentrazione del. soluto nel solvente a Cb = rappresenta la concentrazione del soluto nel solvente b K = coefficiente di ripartizione La legge di Nerst permette tra l’altro di dimostrare che è conveniente effettuare numerose estrazioni con piccoli volumi di solvente estrattore, piuttosto che un’unica estrazione con un grande volume dello stesso solvente. Lo strumento impiegato per l’estrazione con solvente è l’imbuto separatore cioè un recipiente di vetro a forma di cono rovesciato chiuso all’estremità da un rubinetto che permette di far percolare uno alla volta i diversi strati liquidi contenuti. L’estrazione si esegue nel seguente modo: si introduce nell’imbuto la soluzione e il solvente estrattore si chiude con un tappo e tenendo l’imbuto orizzontale si agita (figura A), di tanto in tanto si interrompe l’agitazione si pone il rubinetto verso l’alto e si effettua lo sfiato dei vapori eventualmente formatisi (figura B), dopo alcuni minuti si pone l’imbuto su di un sostegno e si lasciano stratificare i liquidi, quando la stratificazione e completa si effettua la spillatura del solvente più denso ricordandosi di togliere il tappo (figura C); eventualmente ripetere l’operazione. Nel caso di estrazioni ripetute il vantaggio di utilizzare un solvente estrattore più denso dell’acqua risiede nel fatto che questo può essere allontanati per spillatura mentre la soluzione acquosa resta nell’imbuto, nel caso di un solvente meno denso occorre allontanare prima la soluzione acquosa, che poi deve essere nuovamente versata nell’imbuto. Dal solvente estrattore, dopo l’estrazione, devono essere allontanate tutte le tracce di acqua presenti, questo si effettua impiegando delle sostanze essiccanti che vengono aggiunte al solvente stesso. Queste sostanza devono essere inerti, non devono quindi sciogliersi nel solvente estrattore ne reagire con la sostanza estratta.

A B C

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Estrazione: purificazione dell’acido benzoico Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Acido benzoico 0.02M Buretta NaOH 0.05 M Imbuto separatore da 250 ml Cloruro di metilene Beuta da 250 ml Fenolftaleina Beuta da 50 ml Procedimento: A. Estrazione semplice • Porre nell'imbuto separatore 50 ml di acido benzoico 0,02 M; • aggiungere 10 ml di cloruro di metilene, tappare ed agitare vigorosamente per estrarre l'acido; • attendere la separazione delle fasi e spillare la fase organica (inferiore) in una beuta da 50 ml • recuperare la fase acquosa (superiore) in una beuta da 250 ml, • ripulire l’imbuto con pochi ml di acqua ed aggiungerli alla beuta; • aggiungere alla fase acquosa una goccia di fenolftaleina e titolarla con la soluzione di NaOH. La differenza fra la quantità iniziale di acido benzoico e quella finale rappresenta la quantità di acido passata nella fase organica; il rapporto fra le due concentrazioni, espresse in moli/litro, consente di calcolare il coefficiente di ripartizione. B. Estrazione multipla • Porre nell'imbuto separatore 50 ml di acido benzoico 0,02 M; • aggiungere 5 ml di cloruro di metilene, tappare ed agitare vigorosamente per estrarre l'acido; • attendere la separazione delle fasi e spillare la fase organica (inferiore) in una beuta da 50 ml • aggiungere quindi altri 5 ml di cloruro di metilene, tappare ed agitare vigorosamente per estrarre l'acido; • attendere la separazione delle fasi e spillare la fase organica (inferiore) in una beuta da 50 ml • recuperare la fase acquosa (superiore) in una beuta da 250 ml, • ripulire l’imbuto con pochi ml di acqua ed aggiungerli alla beuta da 250 ml; • aggiungere alla fase acquosa una goccia di fenolftaleina e titolarla con la soluzione di NaOH. Paragonare i valori trovati in questa titolazione con quelli della precedente. Nota per l’insegnante � preparare la soluzione di acido benzoico con esattamente 2,4 g, sciolti in un becher con acqua calda,

quindi travasare il tutto in un matraccio da un litro e aggiungendo anche le acque di lavaggio portare a volume.

� Preparare la soluzione di NaOH con una fiala standard opportunamente diluita. Smaltimento dei rifiuti: eliminare il cloruro di metilene nel contenitore dei solventi clorurati; eliminare la soluzione titolata nel contenitore per le soluzioni acquose.

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Cristallizzazione La cristallizzazione è un metodo di purificazione per sostanze solide largamente impiegato in chimica organica, esso consente di purificare un solido sfruttando la sua differente solubilità, in adatto solvente, a diversa temperatura. Normalmente la solubilità di un composto aumenta con l'aumentare della temperatura quindi, se il composto è sciolto a caldo nella minima quantità di solvente, raffreddando la soluzione questa diventa satura ed il solido riprecipita. Durante il processo di cristallizzazione occorre tenere presenti alcuni fattori: • Granulometria e forma dei cristalli – Per ottenere dei cristalli di granulometria (diametro medio del cristallo) e forma

regolare occorre agitare piano la soluzione raffreddandola molto lentamente. • Velocità di formazione dei cristalli – La velocità è tanto maggiore quanto più intenso e rapido è il raffreddamento. • Purezza dei cristalli – I cristalli di grosse dimensioni sono considerati più puri perché presentano una minore

superficie di contatto con il solvente di cristallizzazione contenente le impurezze. Per effettuare una cristallizzazione occorre trovare un solvente in cui la sostanza da purificare sia poco solubile a freddo e molto a caldo ed in cui le impurezze siano sempre solubili; oppure si può cercare un solvente che solubilizzi la sostanza a caldo, ma che non sciolga le impurezze, che possono essere successivamente allontanate per filtrazione. I composti sono più solubili in solventi aventi una struttura molecolare loro simile, quindi, ad esempio, composti aventi gruppi funzionali polari. sono generalmente più solubili nei solventi polari dove possono formare dei legami ad idrogeno, rispetto a solventi apolari; viceversa per le sostanze con gruppi funzionali apolari. Il solvente di cristallizzazione deve possedere le seguenti caratteristiche: • deve permettere una elevata solubilità a caldo e una scarsa solubilità a freddo della sostanza da cristallizzare; • non deve reagire con la sostanza da cristallizzare; • deve essere il meno possibile tossico e/o infiammabile; • deve essere facilmente allontanabile. Quando nella soluzione dalla quale si vogliono ottenere dei cristalli, sono presenti delle impurezze, queste possono essere allontanate in diversi modi: 1. impurezze filtrabili (non solubili): • filtrazione a caldo; 2. impurezze non filtrabili (solubili): • filtrazione a freddo; • decolorazione, le impurezze vengono fatte adsorbire da sostanze particolari come il carbone attivo; • “distruzione” delle impurezze, vengono fatte reagire con reattivi che le fanno precipitare, successivamente eliminate

per filtrazione a caldo. Tecnica generale di cristallizzazione • Il solido impuro viene sciolto nella minima quantità di solvente riscaldato all’ebollizione; • filtrare a caldo, rapidamente, su filtro a pieghe supportato da un imbuto di vetro a gambo corto eliminando così le

impurezze insolubili; • raffreddare lentamente la soluzione filtrata impiegando eventualmente un bagno di ghiaccio (se i cristalli non si

dovessero formare grattare con una bacchetta di vetro le pareti interne del contenitore); • filtrare a freddo su Buchner (eliminando così le impurezze solubili); • lavare i cristalli su Buchner utilizzando poco solvente di cristallizzazione freddo oppure le acque madri recuperate

(cioè la soluzione in cui si sono formati i cristalli); • schiacciare i cristalli con un tappo per eliminare il solvente rimasto e seccarli in stufa oppure all’aria. Note: � le dimensioni dei cristalli dipendono dalla velocità con cui si formano. Una cristallizzazione con raffreddamento

veloce e con agitazione, porta alla formazione di cristalli piccoli e polverulenti di difficile filtrazione; al contrario una cristallizzazione lenta senza agitazione porta alla formazione di cristalli di dimensioni maggiori che risultano facilmente filtrabili e seccabili.

� la resa di cristallizzazione percentuale, cioè la quantità di cristalli che si ottengono dopo cristallizzazione, viene calcolata facendo il rapporto fra i grammi di cristalli recuperati e i grammi di soluto iniziale moltiplicando il risultato per cento.

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Cristallizzazione: purificazione di prodotti grezzi Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Sostanza grezza Becher da 100 ml

Cilindro graduato da 50 ml. Buchner

Beuta da vuoto. Beuta da 250 ml.

Procedimento: • Dopo aver ricercato il solvente più adatto alla cristallizzazione, si pesano esattamente da 2 a 3 g di

sostanza grezza e si pongono in un becher da 100 ml. • Si riempie un cilindro da 50 ml con il solvente scelto e se ne versa nel becher una quantità tale da

ricoprire appena la sostanza, per differenza si misura la quantità di solvente utilizzata, si riscalda quindi la soluzione.

• Se, dopo 5 minuti dall'inizio dell'ebollizione e dopo aver agitato dolcemente il becher la sostanza non si fosse ancora sciolta, aggiungere un'identica quantità di solvente e riprendere il riscaldamento, fino ad ebollizione.

• Nel frattempo, preparare un filtro a pieghe che verrà lavato con poco solvente caldo per farlo aderire alle pareti di un imbuto precedentemente scaldato in stufa.

• Se il composto rimane in soluzione, si prende il becher e si versa, con attenzione, la soluzione calda sul filtro a pieghe supportato da un imbuto a gambo corto, raccogliendo il filtrato in una beuta.

• Il filtrato viene raffreddato con acqua corrente, agitando la soluzione e grattando le pareti della beuta con una bacchetta di vetro.

• Recuperare il precipitato per filtrazione su buchner, montato su beuta da vuoto. • Lavare il precipitato con poco solvente freddo, agitando con una spatola la parte superficiale in modo da

lavare in profondità i cristalli, quindi premere i cristalli con una spatola o un tappo di vetro per asciugarli bene infine lasciarli asciugare all'aria.

• Pesare i cristalli asciutti e calcolare la resa. • Eseguire eventualmente il p.f. della sostanza purificata Nota

� se la sostanza cristallizzasse sul filtro a pieghe, si pone quest’ultimo in un becher in cui si versa la minima quantità di solvente caldo,si riscalda ancora e si rifiltra a caldo.

Smaltimento dei rifiuti: eliminare le acque madri nel contenitore delle soluzioni acquose.

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Determinazione dei punti di fusione La maggior parte dei composti organici cristallini hanno punti di fusione caratteristici e sufficientemente bassi (50°-300°C) da poter essere determinati con un'appa recchiatura molto semplice. I punti di fusione possono essere impiegati: (a) per avere un'indicazione sulla purezza dei comporti cristallini; (b) per identificare tali comporti. Per determinare il punto di fusione di una sostanza cristallina introduciamo una piccola quantità del materiale finemente polverizzato in un tubo capillare dalle pareti sottili e chiuso ad una estremità. Il tubicino capillare viene inserito nello strumento per la determinazione del punto di fusione e sottoposto a riscaldamento. Vengono registrate due diverse temperature: (a) la temperatura alla quale la sostanza inizia a trasformarsi in liquido (b) la temperatura alla quale è completamente liquida. L'intervallo di fusione osservato è l'intervallo compreso fra queste due temperature. Il punto di fusione è una proprietà caratteristica di una sostanza chimica pura. Le impurezze, anche se presenti in piccole quantità, generalmente abbassano il punto di fusione e allargano l'intervallo di fusione. Per identificare un composto si possono utilizzare i punti di fusione nel seguente modo. Supponiamo di avere una sostanza incognita X, che sospettiamo essere identica ad una sostanza A. Se le due sostanze sono identiche devono avere lo stesso punto di fusione. Perciò, se nella letteratura chimica è riportato che A ha un punto di fusione diverso da quello osservato per X, possiamo essere certi che X non ha la stessa struttura di A. Se invece il punto di fusione di A tabulato differisce di soli pochi gradi da quello osservato per X, le due sostanze potrebbero essere identiche. Per essere certi che X ed A siano identici, è necessario determinare il punto di fusione in miscela cioè il punto di fusione di una miscela di X ed A. Se X ed A sono identici, la miscela deve avere lo stesso punto di fusione di X o A presi singolarmente. Viceversa, se X ed A non sono la stessa sostanza (anche se singolarmente hanno lo stesso punto di fusione), allora la miscela dei due ha un punto di fusione più basso ed un intervallo di fusione più allargato di quello visto per ciascuna delle due sostanze singole, questo è dovuto al fatto che una sostanza agisce da impurezza per l'altra.

Apparecchio per la determinazione del punto di fusione di un solido Particolare del capillare

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Determinazione del punto di fusione di un solido Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Naftalene Apparecchio per punto di fusione oppure in alternativa p-Dicloro benzolo Acido palmitico Termometro 0°-200°C Acido adipico Pallone da 50 ml a fondo piatto Acido benzoico Piastra A/R Acido malico Sostegno Composto incognito Pinza Olio di silicone Capillari per punto di fusione Procedimento: • sminuzzare accuratamente la sostanza solida; • introdurre 3-4 mm di sostanza per capillare, compattandola bene sul fondo dello stesso; • legare il capillare al bulbo del termometro impiegando un elastico piccolo oppure un anello di gomma; • immergere il termometro nel bagno di silicone ed accendere la piastra riscaldante; • annotare la temperatura quando si osserva la fusione dei primi cristalli; • annotare la temperatura quando la sostanza è completamente fusa; • lasciare raffreddare il bagno di silicone in maniera opportuna e ripetere le operazioni con una seconda

sostanza. Nota � non introdurre troppa sostanza nel capillare e compattarla bene per evitare che l’intervallo di fusione

risulti troppo grande; � se si effettua una prova di fusione in miscela, preparare la miscela con un rapporto 1:1 delle due

sostanze. �

Sostanze Peso molecolare

Punto fusione tabulato

p-Dicloro benzolo 147 53°C

Naftalene 128 80°C

Acido benzoico 122 121°-123°C

Acido malico 134 132°C

Acido stearico 284 67°- 69°C

Acido palmitico 256 63°C

Smaltimento dei rifiuti: eliminare i capillari usati nel contenitore per il recupero del vetro.

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Determinazione del punto di ebollizione di un liqui do Le sostanze liquide hanno un punto di ebollizione costante, cosa che permette di identificare la sostanza e do stabilirne il grado di purezza. Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Sostanze liquide pure Termometro 0°-200°C Olio di silicone Pallone da 50 ml a fondo piatto Piastra A/R Sostegno Pinza Capillari per punto di fusione Provette da saggio piccole Procedimento: • Fissare una provetta da saggio al termomerto; • introdurre 5-6 gocce di sostanza liquida nella provetta; • immergere un capillare con l’estremità aperta nella sostanza liquida; • immergere il termometro nel bagno di silicone ed accendere la piastra riscaldante; • dal capillare usciranno delle bollicine, quando la fuoriuscita diviene rapida e continua interrompere il

riscaldamento; • lasciare raffreddare lentamente il bagno di silicone, il liquido tornerà a salire nel capillare, la temperatura

a cui il liquido entra nel capillare è la temperatura di ebollizione della sostanza.. Smaltimento dei rifiuti: eliminare i capillari usati nel contenitore per il recupero del vetro.

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Tecniche Cromatografiche La cromatografia è un processo di separazione basato sulla diversa velocità di migrazione dei componenti di

una miscela su di un appropriato supporto detto fase stazionaria (solida) attraversato da fase mobile (in

forma di liquido o gas). La fase stazionaria può essere sotto forma di colonna (cromatografia su colonna)

attraverso cui fluisce la fase mobile, sotto forma di strato sottile (cromatografìa su strato sottile) oppure sotto

forma di foglio di cellulosa (cromatografia su carta) sul quale la fase mobile (liquida) scorre per capillarità,

Le tecniche cromatografiche vengono utilizzate sia in applicazioni di tipo analitico per seguire il decorso della

reazione, oppure determinare l'identità e la purezza del prodotto; sia preparative per separare miscele di

componenti.

Le tecniche principali sono la cromatografìa liquida su colonna e su strato sottile (TLC, thin layer

chromatography) e la gas cromatografia (GC). Le prime due sono adatte a composti solidi o liquidi con punto

di ebollizione relativamente elevato, la gas cromatografia, al contrario, è particolarmente indicata per

composti volatili.

La cromatografia su strato sottile (TLC) è il metodo più comunemente usato per seguire il decorso della

reazione. Si utilizzano lastrine di gel di silice spesso contenenti un indicatore fluorescente che permette la

visualizzazione dei campioni per esposizione della lastra sviluppata alla luce UV.

Alternativamente gli eluiti possono essere rivelati trattando la lastrina con un opportuno reattivo (iodio, 2,4-

dinitrofenflidrazina, KMnO4, acido fosfomolibdico ecc.) che reagendo con i campioni li rende visibili.

Di solito è necessario provare diversi eluenti (solventi puri o più comunemente miscele di solventi di diversa

polarità) per poi scegliere l'eluente ottimale per la separazione dei componenti la miscela di reazione.

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L’identificazione dei campioni può essere effettuata determinando i valori di Rf (fattore di ritenzione) dei vari

eluiti, con il seguente rapporto:

Rf = distanza percorsa dall'eluito dA / distanza percorsa dal fronte dell'eluente dS

Il valore di Rf è una costante per ogni composto e dipende dal suo coefficiente di distribuzione nell’eluente

impiegato. Oltre al valore di Rf assoluto, prima descritto, esiste anche un valore di Rf relativo dato dal

rapporto fra la distanza percorsa da una sostanza incognita e la distanza percorsa da una sostanza

standard. Tale valore si utilizza ad esempio nella cromatografia dei carboidrati, impiegando come standard il

glucosio (valore di Rf=1)

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Cromatografia su carta e su strato sottile Procedimento: Clorofilla: � Whatman 1 o lastrina per tlc; � esano-acetone 2:1; • pestare in un mortaio in presenza di un po’ di sabbia sabbia alcune foglie e di 10 ml di acetone; • lasciare decantare per alcuni minuti quindi prelevare il liquido limpido di colore verde; • tracciare su di una lastrina cromatografia di gel di silice o su di un foglio di carta per cromatografia, con

una matita di grafite, una riga a circa 2 cm da uno dei bordi (linea di base); • prelevare con un capillare la soluzione di clorofilla e deporla sulla linea di base in due o tre punti

distanziati fra di loro, ripetere il procedimento più volte per ogni punto fino ad ottenere delle macchie verde scuro le più piccole possibile, lasciare quindi asciugare le macchie;

• inserire il cromatogramma in una camera cromatografica equilibrata con un volume di eluente sufficiente a coprire il fondo della camera;

• lasciare eluire fino a quando il fronte del solvente non raggiunge almeno i 2/3 dell’altezza del cromatogramma, quindi estrarlo e lasciarlo asciugare.

Inchiostri: � Whatman 1 o lastrina per tlc; � acqua; alcol etilico; acetone (puri non in miscela); • tracciare un piccolo punto per tipo di inchiostro, sulla linea di base della lastrina o del foglio utilizzando

direttamente la biro oppure il pennarello; • inserire il cromatogramma in una camera cromatografica equilibrata con l’eluente; • lasciare eluire fino a quando il fronte del solvente non raggiunge almeno i 2/3 dell’altezza del

cromatogramma, quindi estrarlo e lasciarlo asciugare; • ripetere la cromatografia cambiando l’eleuente. Smaltimento dei rifiuti: eliminare gli eluenti nel contenitore dei solventi non clorurati; eliminare le lastrine nel contenitore del vetro di recupero.

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Sintesi organiche

Con il termine di Sintesi si definiscono tutti quei processi chimici che portano alla produzione di un

determinato prodotto partendo normalmente da sostanze a struttura più semplice. Il processo di sintesi può

essere impiegato sia per la preparazione di nuovi composti, sia per la preparazione di composti già esistenti.

Le reazioni di sintesi possono essere estremamente semplici, per esempio idrolisi, ossido riduzioni,

condensazioni, eccetera, oppure possono essere dei processi estremamente raffinati ed elaborati dotati di

particolare selettività.

La sintesi dei composti organici ha subito un notevole impulso dalla scoperta dei meccanismi di molte

reazioni cosa che ha permesso di migliorare sempre più l’efficienza e la selettività di queste reazioni.

La sintesi di sostanze organiche può essere considerata una vera e propria “arte”, dove la fantasia e la

creatività del chimico vengono sfruttate al massimo, questo emerge particolarmente nella sintesi di composti

naturali a struttura estremamente complessa, quali antibiotici, alcaloidi, steroidi.

La sintesi di composti dotati di attività farmacologica richiede che questi siano progettati su scala molecolare

impiegando informazioni di natura biochimica ed utilizzando appositi programmi informatici.

Calcolo della resa di una reazione di sintesi

la resa teorica di una reazione viene calcolata dalla massa o dalle moli del reagente presente in minor

quantità rispetto a quella stechiometrica che viene quindi definito agente limitante.

Se si fa reagire 1 mole di H2 con 0.7 moli di O2, qual è l’agente limitante ? Qual è la resa teorica della

reazione ?

La reazione con le quantità stechiometriche è la seguente:

2 H2 + O2 → 2 H2O

Quindi una mole di ossigeno reagisce con due moli di idrogeno.

Nel nostro caso invece la reazione è la seguente:

1 H2 + 0.7 O2 → 1 H2O (*)

Per consumare completamente l’ossigeno occorrerebbe una quantità di idrogeno pari a 1.4 moli (il doppio

delle moli dell’ossigeno),è disponibile solo 1 mole, quindi l’idrogeno è l’agente limitante.

La resa teorica della reazione è quella teoricamente ottenibile partendo dalle quantità reali di sostanze che

partecipano alla reazione, nell’esempio (*) è di 1 mole oppure 18 g di acqua, la resa pratica è la quantità di

prodotto che viene effettivamente ottenuta dopo la reazione, la resa percentuale è il rapporto fra la resa

pratica e quella teorica, moltiplicato per 100.

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Sintesi del cloruro di t-butile (2-metil, 2-cloro p ropano) Meccanismo di reazione:

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Alcool tert-butilico Imbuto separatore da 100 ml Acido cloridrico 37% Becher da 500 ml Bicarbonato di sodio 5% Beuta da 100 ml Cloruro di calcio o solfato di calcio anidro Pallone da 100 ml Apparecchio per distillazione semplice Beuta con tappo Procedimento:

• porre 14 ml di alcool t-butilico (d=0.786 g/ml) in un imbuto separatore; • aggiungere 50 ml di acido cloridrico concentrato raffreddato in bagno di ghiaccio e agitare la miscela

per 10 minuti ricordandosi di sfiatare l’imbuto di tanto in tanto aprendo lentamente il rubinetto; • lasciare riposare la miscela fino alla separazione dei due strati, togliere il tappo e scaricare, in un

becher da 500 ml, la fase acquosa inferiore; • lavare il prodotto grezzo, direttamente nell’imbuto separatore, prima con 15 ml di acqua distillata

fredda, quindi con 15 ml di una soluzione fredda di bicarbonato di sodio al 5%, infine con altri 15 ml di acqua distillata fredda, dopo agitazione scaricare sempre lo strato inferiore nel becher da 500 ml;

• trasferire il prodotto grezzo dall’imbuto separatore in una beuta da 100 ml contenete un paio di grammi di cloruro di calcio o di solfato di calcio anidro, agitare e lasciare riposare per 10-15 minuti;

• trasferire con una Pasteur il prodotto, senza l'agente anidrificante, in una beuta piccola tarata; • determinare la densità del prodotto e calcolare la resa. Opzionale: • distillare il prodotto grezzo con un’apparecchiatura per la distillazione semplice raccogliendo la

porzione che bolle a 48-50°C in un contenitore prec edentemente tarato. Nota

� la resa del prodotto è circa del 80%, il restante 20% del carbocatione subisce una reazione secondaria competitiva con l’acqua dell’acido cloridrico con formazione di 2-metil propene allo stato gassoso;

Smaltimento dei rifiuti: eliminare la soluzione acquosa nel contenitore delle soluzioni acquose; eliminare il prodotto nel contenitore dei solventi alogenati; eliminare il cloruro di calcio nel cestino.

CH3 OH

CH3

CH3

+ ClH O+

H

H

CH3

CH3

CH3

CH3 C+

CH3

CH3

Cl-+ CH3

CH3

CH3

Cl

OH2

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Sintesi del 2-etossi naftalene Reazione:

OCH2 CH3

OHKOH

MeOH

OH OKCH3CH2I

KI

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: β-naftolo 1 provetta grande con tappo a vite Idrossido di potassio 2 provette piccole Metanolo Becher 100 mL Ioduro di etile Beuta codata 100 mL Buchner piccolo Bagno di sabbia Procedimento: • porre in una provetta grande 140 mg di KOH, 2,5 mL di metanolo anidro e 290 mg di β-naftolo portare il

tutto in soluzione; • aggiungere 350 mg di ioduro di etile e chiudere la provetta; • riscaldare a circa 90°C (non superare) su di un ba gno di sabbia per 90’ (se il livello della soluzione

dovesse diminuire troppo aggiungere con attenzione qualche goccia di metanolo); • versare il contenuto della provetta in un becher da 100 mL contenente circa 8 g di ghiaccio tritato; • filtrare il precipitato su buchner piccolo e lavarlo con poca acqua distillata tiepida (circa 10 mL) • cristallizzare il prodotto da metanolo e seccarlo all’aria. Nota

� Se il prodotto non viene ben lavato l’esposizione all’aria provoca la comparsa di macchie viola. Smaltimento dei rifiuti: eliminare le soluzioni nel contenitore delle soluzioni acquose.

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Sintesi del cicloesanolo Reazione:

O OH

+ NaBH4

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Cicloesanone Pallone a due colli da 250 ml Sodio boro idruro Ricadere a bolle Metanolo Piastra a/r Etere etilico Imbuto gocciolatore Cloruro di calcio o solfato di calcio anidro Termometro con quickfit Acido acetico 50% Cristallizzatore Distillatore Claisen Imbuto separatore Rotavapor Procedimento: • porre in un pallone a due colli da 250 ml 1.8 g di NaBH4 sciolti nella minima quantità di acqua; • preparare in un imbuto gocciolatore una soluzione formata da 5 ml di cicloesanone in 15 ml di metanolo; • gocciolare la soluzione nel pallone controllando che la temperatura non superi i 35°C; • riscaldare quindi a ricadere per 30’ mantenedo la temperatura fra i 40°-45°C; • aggiungere 10 ml di acido acetico 50%; • distillare la miscela di reazione per eliminare l’alcool metilico; • al residuo aggiungere un’uguale quantità di acqua e quindi estrarre il cicloesanolo con etere etilico per

due volte; • seccare la frazione eterea con cloruro di calcio quindi evaporare l’etere etilico con rotavapor per

recuperare il cicloesanolo. Nota

� Temperatura di ebollizione cicloesanolo 160°C Smaltimento dei rifiuti: eliminare la soluzione acquosa nel contenitore delle soluzioni acquose; eliminare il distillato nel contenitore dei solventi non alogenati.

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Sintesi del cicloesanone Reazione:

H+

Cr6+

O

+ Cr3+

OH

+

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Cicloesanolo Pallone a tre colli da 250 ml Bicromato di sodio Ricadere a bolle Acido solforico 98% Piastra a/r Cloruro di sodio Imbuto gocciolatore Cloruro di calcio Termometro con quickfit Cristallizzatore Pallone da 250 ml Distillatore Claisen Beuta a smeriglio Imbuto separatore Becher da 250 ml Procedimento: • si sciolgono 12,5 g di bicromato di sodio in 90 ml di acqua distillata in un becher da 250 ml • si aggiungono lentamente, sotto continua agitazione, 7 ml di acido solforico 98% quindi si lascia

raffreddare la miscela; • si pongono 6 g di cicloesanolo ( d = 0.940 g/ml ) in un pallone a tre colli da 250 ml, munito di ricadere a

bolle, termometro e imbuto gocciolatore in cui si pone la miscela di dicromato di sodio e acido solforico; • si aggiunge al cicloesanolo, goccia a goccia, la soluzione di dicromato di sodio agitando e riscaldando

blandamente in mododa mantenere la temperatura sui 50°C; • successivamente si raffredda il pallone in un bagno di acqua fredda per circa 30’ agitanto

saltuariamente; • si versa la miscela di reazione in un pallone da 250 ml, si aggiungono 65 ml di acqua distillata e si monta

l'apparecchio di distillazione; • si raccolgono circa 40-50 ml di distillato che viene saturato con 8 g di cloruro di sodio; • utilizzando un imbuto separatore si separa il cicloesanone, che si trova nello strato superiore, dalla fase

acquosa; • si secca la fase organica con cloruro di calcio anidro, quindi si filtra il prodotto e lo si conserva per una

successiva prova. Nota

� Si impiega un alcool secondario per effettuare questa reazione in quanto non subisce eventuali ulteriori ossidazioni.

� La distillazione viene effettuata in corrente di vapore. � Il cloruro di sodio ha lo scopo di spostare il prodotto dalla fase acquosa. � Il cicloesanone ha una temperatura di ebollizione di 153-156°C.

Smaltimento dei rifiuti: eliminare i residui di distillazione nel contenitore delle soluzioni di metalli pesanti.

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Sintesi di un ossima Reazione:

CH2

CH2

C

CH2

CH2

CH2

O

+ H2NOHCH2

CH2

C

CH2

CH2

CH2

N OH

+ H2O

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Cloridrato di idrossillamina Beuta da 100 ml con tappo a vite Acetato di sodio Cristallizzatore Cicloesanone Beuta da vuoto Etere di petrolio 60°-80° Buchner Procedimento: • sciogliere in 10 ml di acqua, in una beuta con tappo a vite, 2.5 g di cloridrato di idrossilammina e 4 g di

acetato di sodio; • scaldare la soluzione a 40°C, quindi aggiungere 2. 5 g di cicloesanone (d = 0.946 g/ml) chiudere la beuta

ed agitare vigorosamente per alcuni minuti; • si osserverà la separazione dell’ossima sotto forma di solido cristallino; • raffreddare in bagno di ghiaccio, quindi filtrare i cristalli su Buchner, infine lavarli con dell’acqua fredda; • cristallizzare da etere di petrolio 60°-80°. Nota � La reazione oltre che con i chetoni avviene anche con le aldeidi, ma solo i chetoni danno solidi cristallini. � Resa del prodotto 2.5 g, p.f. 90°C. Smaltimento dei rifiuti: eliminare il prodotto nel contenitore delle soluzioni acquose.

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Sintesi dell’acetofenone Reazione:

CH

CH

C

CH

CH

CH

CHOH CH3

H2O2+CH

CH

C

CH

CH

CH

CO CH3

+ OH22

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: 1-feniletanolo 2 Palloni a un collo da 50 ml Tungstato di sodio Ricadere a bolle Tetrabutil ammonio bisolfato Piastra a/r H2O2 30% Imbuto separatore da 100 ml Na2S2O3 10% Termometro Cristallizzatore Procedimento: • Pesare in un pallone da 50 ml 0,0792 g di tungstato di sodio e 0,0815 g di Tetrabutil ammonio bisolfato,

aggiungere quindi 7,2 ml di H2O2 30%; • Agitare per 10’ a temperatura ambiente, aggiungere 7,3 ml di 1-feniletanolo e riscaldare per 60’ a 80°C

su bagno d’acqua; • Al termine raffreddare a temperatura ambiente (presenza nel pallone di due fasi); • Versare il contenuto del pallone in un imbuto separatore piccolo, aggiungere 10 ml di una soluzione di

Na2S2O3 10% e agitare, eliminare la fase acquosa e ripetere il lavaggio una seconda volta; • Trasferire la fase organica in un pallone da 50 ml tarato ed eliminare le tracce di acqua mediante

evaporazione con rotavapor; • Effettuare una TLC del prodotto e di due riferimenti (1-feniletanolo e acetofenone), eluente acetato di

etile – etere di petrolio 1:6. Nota

� Reazione con catalizzatore a trasferimento di fase. Smaltimento dei rifiuti: eliminare nel contenitore dei solventi non clorurati.

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Sintesi del 4-idrossi 4-(4-nitrofenil) 2-butanone Reazione:

CCH3

CH3

O

CHCH

CC

CHCH

NO2CH

O

+CHCH

CC

CHCH

NO2CH

OH

CCH3 CH2

OL -- prolina

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: 4-nitrobenzaldeide Pallone a 1 collo da 100 ml Acetone Piastra a/r L-prolina Rotavapor Acetato di etile Imbuto 100 ml Etere di petrolio Beuta 100 ml Sodio solfato anidro Procedimento: • Pesare in un pallone ad un collo da 100 ml 0,0691g di sol di L-prolina (50 mg/ml), aggiungere quindi 10

ml di acetone e sotto agitazione 0,3022 g di 4-nitrobenzaldeide; • lasciare reagire 24 ore a temperatura ambiente. • Evaporare la miscela di reazione con rotavapor e quindi aggiungere 20 ml di acetato di etile; • Versare la soluzione in un imbuto separatore piccolo, aggiungere 5 ml di acqua agitare ed eliminare la

fase acquosa inferiore; • raccogliere la fase organica in una beuta da 100 ml, quindi anidrificare con sodio solfato anidro; • recuperare la soluzione limpida, mediante filtrazione o con una Pasteur, in un pallone tarato e portare a

secco con rotavapor. • Effettuare una TLC di controllo usando come eluente acetato di etile – etere di petrolio 1:1 e come

confronto la 4-nitrobenzaldeide di partenza. Nota

� Reazione con L-prolina come catalizzatore. Smaltimento dei rifiuti: eliminare nel contenitore dei solventi non clorurati.

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Sintesi del acido acetil salicilico Reazione:

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Acido salicilico Beuta da 250 ml Anidride acetica Termometro con quickfit Acido solforico 98% Piastra a/r Alcool etilico Buchner Beuta da vuoto Cilindri graduati da 10-50-100 ml Pipetta graduata Procedimento: • Mettere in una beuta da 250 ml 5 grammi di acido salicilico. • Aggiungere 7 ml di anidride acetica ed agitare. • Aggiungere 1 ml di acido solforico 98%. • Porre subito la miscela di reazione a riscaldare a bagnomaria alla temperatura di 50-60°C (controllar e

con il termometro) per circa 15' sotto agitazione. • Togliere la beuta dal bagnomaria e lasciare raffreddare a temperatura ambiente. • Aggiungere 75-80 ml di acqua, agitare bene e filtrare alla pompa, lavando con le acque madri. • L'acido acetilsalicilico grezzo così ottenuto deve essere purificato, ricristallizandolo da una miscela di

acqua-alcool etilico 3:1 a caldo. • Si lascia raffreddare la soluzione ottenuta dapprima all'aria e poi in bagno di acqua e ghiaccio. • I cristalli di acido acetilsalicilico si filtrano su Buchner, lavandoli con poca acqua fredda e, dopo averli

spremuti con un tappo di vetro, si asciugano in stufa a 100°C. • Determinare il punto di fusione del prodotto • Calcolare la resa del prodotto. Opzionale: Valutazione della purezza e dell’età dell’aspirina: • porre in una provetta il campione; • aggiungere 15 ml di acqua e 15 ml di etanolo agitare e lasciare decantare; • aggiungere alcune gocce di una soluzione di cloruro ferrico 1%; • maggiore è la concentrazione dell’acido salicilico (e quindi l’età) e maggiore e la colorazione del

campione. Smaltimento dei rifiuti: eliminare il filtrato acquoso nel contenitore delle soluzioni acquose; eliminare le acque madri della cristallizzazione nel contenitore dei solventi non clorurati.

OH

COOH

O

O

O

CH3

COOH

O CCH3

O

+

CH3

C

C

H+

+ CH3COOH

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Sintesi del salicilato di metile Reazione:

OH

C OH

O

+ OH CH3 + H2O

OH

C O CH3

O Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Metanolo 100% Provetta 18 x 180 mm con setto di gomma Acido salicilico 3 provette medie Acido solforico 98% Bagno a sabbia con termometro Bicarbonato di sodio soluzione 10% Pipetta da 1 ml Solfato di sodio anidro Rotavapor Diclorometano Pallone 50 ml Procedimento: • Porre in una provetta 18 x 180 mm, 276 mg di acido salicilico e 2 ml di metanolo anidro; • addizionare con pipetta da 1ml, goccia a goccia e agitando, 0,32 ml di acido solforico concentrato; • aggiungere qualche ebollitore, quindi riscaldare a ricadere per tutto il tempo restante di laboratorio su

bagno di sabbia a 90°C. • Raffreddare la provetta in bagno di ghiaccio e aggiungere 2 ml di acqua fredda; • estrarre due volte con 1 ml di diclorometano (per effettuare l'estrazione versare 1 ml di diclorometano,

tappare con setto di gomma agitare e lasciare stratificare in portaprovette), quindi aspirare lo strato organico inferiore con una pasteur e porlo in una seconda provetta;

• estrarre nuovamente il prodotto con 2 mi di NaHCO3 al 10% e quindi con 2 ml di H2O (eliminare la fase acquosa aspirandola con una pasteur);

• introdurre nella provetta del Na2SO4 anidro per la disidratazione e quindi prelevare il liquido limpido versandolo in una seconda provetta.

• Effettuare una TLC (Kieselgel F 254) del prodotto e di una soluzione di acido salicilico in diclorometano,

eluente cicloesano – acetato di etile – acido acetico 65:35:008; • osservare le macchie con lampada U.V. e determinare gli Rf. • Versare la fase organica in un pallone da 50 ml tarato e isolare il prodotto dal diclorometano evaporando

quest’ultimo con rotavapor. Nota � Densità salicilato di metile 1.174 g/ml � Rf del salicilato di metile = 0,90 � Rf dell'acido salicilico = 0,36 Smaltimento dei rifiuti: eliminare le soluzioni acquose nel contenitore delle soluzioni acquose, le soluzioni contenenti diclorometano nel contenitore dei solventi alogenati.

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Sintesi dell’acetanilide Nota introduttiva: Quando si effettuano delle sintesi, può essere necessario proteggere una posizione oppure un gruppo presente nella molecola originaria; per effettuare ciò spesso si sfrutta la solfatazione visto che il gruppo solfato può essere facilmente rimosso mediante idrolisi acida. La protezione di un gruppo può essere anche ottenuta rendendolo meno reattivo, nel caso del gruppo amminico, che a causa della sua elevata capacità attivante porta alla formazione di prodotti polisostituiti sia nel caso di nitrazione che di alogenazione, si ricorre al blocco del gruppo amminico mediante acetilazione, che può essere facilmente rimossa mediante idrolisi acida. Reazione:

NH2

+ (CH 3CO) 2OHCl

NHC

O

CH3

+ CH 3COOH

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: HCl 37% Beuta da 500 ml Anilina Termometro Anidride acetica Piastra a/r Acetato di sodio Buchner Metanolo Beuta da vuoto Cristallizzatore Procedimento: • porre in una beuta da 500ml, 250 ml di acqua distillata, 9.2 ml di acido cloridrico concentrato e 10 ml di

anilina ( d = 1.03 g/ml ); • agitare finché l'anilina non passa completamente in soluzione; • alla soluzione aggiungere 12.8 ml di anidride acetica (d=1.07), agitare finché l’anidride non passa

completamente in soluzione, quindi versarla rapidamente in una soluzione di acetato di sodio (16.5 g in 50 ml dì acqua);

• agitare energicamente e raffreddare il tutto in un bagno di ghiaccio ; • filtrare l'acetanilide precipitata su buchner e lavarla con abbondante acqua; • spremere con un tappo l’acqua in eccesso e lasciarla seccare all'aria; • ricristallizzare il prodotto da circa 250 ml dì acqua bollente a cui vengono aggiunti 5 ml dì alcool metilico. Smaltimento dei rifiuti: eliminare il filtrato acquoso nel contenitore delle soluzioni acquose.

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Sintesi della p-nitro acetanilide Reazione:

NHCOCH3 NHCOCH3

NO2

HNO3

H2SO4

+

NHCOCH3

NO2

( piccola quantità )

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Acetanilide Pallone a tre colli da 250 ml CH3COOH 100% Imbuto gocciolatore H2SO4 98% Becher da 250 ml HNO3 65% Termometro con quickfit Metanolo Piastra a/r Buchner Beuta da vuoto Cristallizzatore Procedimento: (variare le quantità in base alla resa della reazio ne precedente)

• In un pallone a tre colli da 250 ml aggiungere fino a 12.5 g di acetanilide, asciutta e finemente macinata, 12.5 ml di acido acetico glaciale e, agitando la soluzione, 25 ml di acido solforico concentrato, per evitare che la miscela si riscaldi troppo (oltre i 40°C) immergere il pallone in una miscela frigorife ra dì ghiaccio e sale mantenendo sempre sotto agitazione la soluzione che deve essere limpida;

• predisporre sul pallone un imbuto gocciolatore contenete una miscela, precedentemente raffreddata, formata da 5.5 ml di acido nitrico concentrato e 3.5 ml di acido solforico concentrato (miscela solfonitrica);

• quando la temperatura della soluzione scende a circa 0-2°C aggiungere gradualmente, sempre sotto agitazione, la miscela solfonitrica alla soluzione mantenendo la temperatura della stessa al di sotto dei 10°C;

• terminata l’aggiunta togliere il pallone dal bagno di ghiaccio e lasciarlo riposare a temperatura ambiente per circa 30’,

• versare la miscela di reazione in un becher da 250 ml contenente 125 g di ghiaccio macinato in modo da ottenere la precipitazione della nitroacetanilide grezza, lasciare a riposo per circa 15’

• filtrare il prodotto su buchner, lavarlo più volte con acqua fredda fino a scomparsa dell’acidità (controllare il pH delle acque di lavaggio);

• ricristallizzare il prodotto, di colore giallo pallido, da alcool etilico, riscaldando su bagno d'acqua finché tutto il solido passa in soluzione, filtrare su buchner quindi raffreddare a temperatura ambiente;

• filtrare la p-nitroacetanilide su buchner e lavarla con alcool etilico freddo lasciandola poi essiccare all'aria.

Nota:

� La p-nìtroacetanilide. è un solido cristallino incolore Smaltimento dei rifiuti: eliminare il filtrato acquoso nel contenitore delle soluzioni acquose; eliminare le acque madri della cristallizzazione nel contenitore dei solventi non clorurati.

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Sintesi della p-nitro anilina Reazione:

NO2

NH2NHCOCH3

NO2

H2O

H2SO4

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: p-Nitroacetanilide Pallone da 100 ml H2SO4 70% Ricadere a bolle NaOH 10% Termomanto NH4OH 25% Becher da 500 ml Metanolo Buchner Beuta da vuoto Cristallizzatore Procedimento: (variare le quantità in base alla resa della reazio ne precedente)

• in un pallone da 100 ml porre 7.5 g di p-nitroacetanilide e 7.5 ml di acido solforico 70% (60 ml di acido solforico 98%. in 45 mi di acqua), scaldare a ricadere per 20 minuti;

• prelevare una goccia della miscela di reazione e controllare che non vi sia intorbidamento quando viene diluita con 2-3 volte il suo volume in acqua, in caso contrario proseguire il riscaldamento per altri 10 minuti, quindi ripetere la prova;

• versare la soluzione limpida, contenete la p-nitroanilina sotto forma di solfato, in 250 ml di acqua fredda; • precipitare la p-nitroanìlina rendendo la soluzione alcalina per aggiunta di un eccesso di idrossido di

sodio al 10% oppure di idrossido d’ammonio al 25%; • raffreddare la soluzione con acqua fredda ed eventualmente con ghiaccio • filtrare il precipitato giallo cristallino alla pompa, lavarlo con acqua fredda fino a neutralità delle acque di

lavaggio, quindi spremere con un tappo l’acqua in eccesso e lasciarlo seccare all'aria; • ricristallizzare il prodotto da una miscela di alcool metilico e acqua 50:50. Opzionale: • E' possibile anche effettuare un analisi TLC della para-nitro anilina ottenuta, sciogliendo la para-nitro

acetanilide e della acetanilide in acetato di etile, come eluente si utilizza acetato di etile - etere di petrolio 6 : 4 ; si valuta la migrazione dei campioni mediante osservazione all'UV.

Smaltimento dei rifiuti: eliminare il filtrato acquoso nel contenitore delle soluzioni acquose; eliminare le acque madri della cristallizzazione nel contenitore dei solventi non clorurati.

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Sintesi del p-acetilamminofenolo Reazione:

NH2

OH

+ (CH 3CO) 2O

NHC

O

CH3

OH Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: p-amminofenolo pallone a 2 colli da 250 ml anidride acetica ricadere a bolle HCl 1 N imbuto gocciolatore NaOH 1 N piastra scaldante buchner beuta da vuoto agitatore magnetico Procedimento: • Sospendere 11 g di p-amminofenolo in 30 ml di acqua in un pallone da 250 ml. • Aggiungere con un imbuto gocciolatore 12 ml di anidride acetica ( lentamente, goccia a goccia in 15'

circa ). • Sciogliere il solido agitando vigorosamente la miscela e scaldando su un bagno d'acqua ( tra i 60°C e

80°C ). • Quando la soluzione è limpida, raffreddare su bagno di ghiaccio, quindi filtrare il precipitato con un

Buchner. • Lavare l'acetilderivato con poca acqua fredda, quindi solubilizzarlo in 75 ml di acqua calda e filtrarlo a

caldo su Buchner. • Raffreddare la soluzione filtrata ottenendo un precipitato di p-acetilamminofenolo che viene filtrato e

lasciato su carta da filtro per una notte. • Sciogliere il prodotto secco in NaOH 1M (q.b.) a freddo quindi riprecipitarlo per aggiunta di HCl 1M fino

al punto di neutralizzazione (controllare con la cartina al tornasole). • Filtrare il prodotto con Buchner e lasciarlo asciugare su carta da filtro per una notte.

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Saggi qualitativi degli idrocarburi insaturi e satu ri Reazioni:

CH CHR R1 + KMnO 4 C CR R1

OH OH

H H

+ MnO 2

+CH CHR R1 Br Br

C CR R1

C CR R1

Br Br

H H

+ Cu(NH 3)2+

C CR Cu + NH3

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Permanganato di potassio 0.1% Provette da saggio Soluzione di bromo 2% in cloroformio Soluzione ammoniacale di cloruro rameoso

Procedimento: • Saggio di Bayern

aggiungere a 2 ml di campione alcune gocce di una soluzione acquosa di permanganato di potassio allo 0.1%, la scompara del colore violetto o la formazione di un precipitato bruno indicano la presenza di doppi o tripli legami.

I composti aromatici non reagiscono perché non contengono legami π . • Saggio con Bromo

aggiungere ad 1ml del campione alcune gocce di una soluzione al 2% di bromo in cloroformio; la decolorazione rapida indica la presenza di alcheni (reazione di addizione), ; la decolorazione lenta indica invece la presenza di alcani (reazione di sostituzione lenta).

• Riconoscimento di alcheni e alchini (formazione di alchilinuri)

aggiungere ad una goccia del campione alcune gocce di una soluzione ammoniacale di cloruro rameoso o di una soluzione satura di nitrato d’argento; in presenza di alchini si ha la formazione di un precipitato. Gli alchilinuri devono essere distrutti con acido nitrico.

Smaltimento dei rifiuti: eliminare le sostanze nel contenitore dei solventi non clorurati.

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Saggi qualitativi degli alogenuri alchilici

Reazioni: RCl + CH3CH2OH + Ag+ → CH3CH2OR + AgCl ↓ + H+

RCl + NaI → RI + NaCl ↓

RBr + NaI → RI + NaBr ↓

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: AgNO3 2% in etanolo Provette da saggio NaI 15% in acetone anidro Procedimento: • Reazione con nitrato d’argento

aggiungere un paio di gocce della sostanza in esame a 2 ml di una soluzione di nitrato d’argento al 2% in etanolo, agitare ed annotare la formazione di un precipitato e il tempo necessario alla sua formazione

• Reazione con ioduro di sodio

aggiungere un paio di gocce della sostanza in esame a 2 ml di una soluzione di ioduro di sodio 15% in acetone anidro, agitare ed annotare la formazione di un precipitato e il tempo necessario alla sua formazione

Nota � in entrambe le reazioni se dopo circa 10’ non si ottiene nessun precipitano, occorre riscaldare la

soluzione in bagno d’acqua; � gli alogenuri terziari sono i più reattivi; � gli alogenuri arilici non reagiscono; Smaltimento dei rifiuti: eliminare le sostanze nel contenitore dei solventi alogenati.

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Saggi qualitativi degli alcooli Reazioni: Saggio al nitrato di cerio

ROH + Ce(NO3)4 → Ce(NO3)3 + prodotti di ossidazione Ossidazione con bicromato di potassio

R CH2 OH + K2Cr 2O 7 R C O

OH

+ Cr+++

RCH OH

R1

K2Cr 2O 7 R C O

R1

Cr++++ +

Saggio di Lucas

RC H O H

R 1

ZnCl 2 R C H C l

R 1

+ + HCl

R C O H

R 1

R 2

ZnCl 2 + HCl+ R C C l

R 1

R 2

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Reattivo al nitrato di cerio Provette da saggio Reattivo di Lucas Beuta da 100 ml K2Cr2O7 al 10% H2SO4 al 20% Procedimento: Reazione con nitrato di cerio: • addizionare in una provetta a 1 ml di acqua distillata 4-5 gocce del reattivo (40 g di nitrato di cerio e

ammonio in 100 ml di HNO3 2N a caldo); • aggiungere qualche goccia della sostanza in esame (se la sostanza è solida circa 50 mg); • in presenza di alcoli il colore vira dal giallo al rosso-arancio (in presenza di fenoli si forma un precipitato

bruno).

Reazione di ossidazione con bicromato di potassio: • in provetta a 0.5 ml della sostanza in esame si addizionano 1 ml di K2Cr2O7 al 10% e 3-4 gocce di H2SO4

al 20%, quindi agitare; • in presenza di alcooli primari o secondari compare una colorazione verde (se l’ambiente di reazione è

molto acido possono dare colorazione anche i terziari).

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Saggio di Lucas: • addizionare in una provetta a 0.5 ml del campione 3 ml del reattivo (130 g ZnCl2 in 100 g HCl 37%),

quindi agitare; • in presenza di alcoli terziari si forma subito un precipitato oppure un’emulsione, per gli alcoli secondari la

reazione è molto lenta a temperatura ambiente viene accelerata scaldando la provetta in un bagno d’acqua per qualche minuto, gli alcoli primari reagiscono molto lentamente anche dopo riscaldamento.

Nota: � nella reazione di ossidazione con bicromato di potassio il tipo di prodotto che si forma dipende dal

numero di irdogeni legati al carbonio che porta la funzione alcolica, gli alcoli primari formano aldeidi che successivamente vengono ossidate ad acidi carbossilici, gli alcoli secondari vengono ossidati a chetoni, gli alcoli terziari non sono ossidabili (se le condizioni non sono eccessivamente drastiche come ad esempio un lungo tempo di reazione oppure elavata acidità).

� Nel saggio con il reattivo di Lucas la facilità di reazione dipende dalla stabilita del carbocatione che si forma durante la reazione;

� il cloruro di zinco ha lo scopo di rendere il gruppo alcolico un buon gruppo uscente (si lega all’ossigeno dell’alcool protonandolo);

� gli alcoli terziari reagiscono facilmente anche solo in presenza di acido cloridrico concentrato. Smaltimento dei rifiuti: eliminare le sostanze nel contenitore dei solventi non alogenati.

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Saggi qualitativi del gruppo carbonilico Reazioni: Reazione con 2-4 dinitro fenil idrazina

Saggio di Fehling

R C O

H

+ 2 Cu++

+ 4 OH R C O

OH

+ Cu2O + 2 H2O

Saggio di Tollens

R C O

H

+ Ag+ + OH R C O

OH

+ Ag° + H2O

Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: Reattivo di Fehling A e B Provette da saggio AgNO3 10% NaOH 10 % NH4OH 5% Reattivo 2-4 dinitrofenilidrazina Procedimento: Reazione con 2-4 dinitro fenilidrazina: • in provetta addizionare a 0.5 ml di campione, goccia a goccia, 3 ml di reattivo (2 g di 2-4

dinitrofenilidrazina sciolti in 100 ml di alcool metilico + 4 ml di acido solforico 98%) (se la sostanza è solida sciogliere 100 mg nella minima quantità di alcool etilico 95%), ed agitare;

• la formazione (entro 10 minuti) di un precipitato cristallino giallo oppure arancione (un fenilidrazone) indica la presenza di un composto carbonilico (il precipitato può essere inizialmente oleoso).

Saggio di Fehling: • in provetta mescolare 1 ml di soluzione di Fehling A (soluzione di solfato di rame) con 1 ml di Soluzione

di Fehling B (tartrato di sodio e potassio in ambiente basico), aggiungere 4-5 gocce del campione e riscaldare per 5 minuti in bagno d’acqua a circa 70°C;

• in presenza di aldeidi si forma un precipitato rosso di ossido rameoso. Saggio di Tollens: • in provetta preparare il reattivo di Tollens mescolando 1 ml di AgNO3 10% con 1 ml di NaOH 10 %,

aggiungere quindi NH4OH diluita fino alla scomparsa del precipitato di Ag2O formatosi; • aggiungere quindi 0.5 ml del campione; • per le aldeidi solubili in acqua si ha la formazione di uno specchio d’argento metallico a freddo, per le

aldeidi insolubili si ottiene invece un precipitato nero con formazione dello specchio dopo riscaldamento (alche alcuni chetoni formano uno specchio d’argento e un precipitato nero dopo riscaldamento).

Nota: � la reazione con la dinitrofenilidrazina è un saggio generale del gruppo carbonilico; � i saggi di Fehling e Tollens sono specifici per le aldeidi; � le aldeidi aromatiche danno saggio positivo al Tollens, ma non al Fehling.

C

R2

O

R1 R1

C

R2

N NH NO2

O2N

+ NH2 NH

NO2

NO2

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Saggi qualitativi del gruppo carbossilico e dei fen oli Reazione: Saggio con reattivo ioduro-iodato

6 RCOOH + 5 I- + IO3

- → 6 RCOO- + 3 I2 + 3 H2O Reagenti occorrenti: Materiale occorrente: KI 2% Provette da saggio KIO3 4% Salda d’amido 1% NaHCO3 solido FeCl3 1% Procedimento: • Saggio con reattivo ioduro-iodato

porre in una provetta da idrolisi 2 ml della sostanza da esaminare (se solida circa 0.2 g), aggiungere quindi 1 ml KI al 2% e 1 ml di KIO

3 al 4%; chiudere la provetta e riscaldare in bagno termostatato

bollente per un minuto; raffreddare e aggiungere un paio di gocce di salda d’amido all’1%; la comparsa di una colorazione blu notte indica la presenza di acidi carbossilici.

• Saggio con bicarbonato di sodio

aggiungere in provetta a circa 1 ml di sostanza alcuni granelli di bicarbonato di sodio, in presenza di acidi si svilupperà anidride carbonica.

• Saggio con cloruro ferrico:

aggiungere in provetta a 1ml di sostanza 2 gocce di FeCl3 1%, in presenza di fenoli si sviluppa una colorazione solitamente porpora, blu o verde; se la sostanza è solida scioglierne circa 50 mg in 5 ml di acqua o etanolo assoluto e procedere.

Smaltimento dei rifiuti: eliminare le sostanze nel contenitore delle soluzioni acquose.

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Bibliografia

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G. Ricciotti (1988). Biochimica di base in laboratorio . Italo Bovolenta editore

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