la voce dei giovani - angcdl · 2013. 12. 8. · 3 la voce dei giovani - newsletter n. 2 la voce...
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Newsletter n. 2 - 05 dicembre 2013
LA VOCE DEI GIOVANI
1 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
Indice
La formazione continua: il valore aggiunto della nostra categoria Pag. 2
L’Associazione Giovani Consulenti del Lavoro di Siracusa Pag. 4
La Finanza agevolata Pag. 7
Pillole & Supposte Pag. 16
ASpI e licenziamento disciplinare - Interpello n. 29/2013 Pag. 18
Certificazione crediti e rilascio del Durc Pag. 21
Un caffè con…Cristoforo Re Pag. 25
Povera piccola mobilità… Pag. 27
CEDU, sentenza n. 552/2010 - Licenziamento lavoratore affetto da Hiv Pag. 29
Succede di bello che… Pag. 37
Risposte ai quesiti Uno dei fini principe dello statuto dell’Associazione è la promozione della figura professionale del giovane CdL. Sulla scia di tale previsione ed alla luce della continua evoluzione normativa, con i conseguenti dubbi interpretativi, molte volte discendenti anche da un’ininterrotta produzione di “diritto circolatorio”, abbiamo deciso di aprire questo canale diretto con i nostri lettori, al fine di supportarli con le risposte ai loro quesiti. Vista la fase di start-up dell’Associazione e della newsletter mensile, il comitato di redazione selezionerà tre quesiti a cui verrà data risposta nel numero successivo della newsletter. Si prega di inviare i quesiti al seguente indirizzo: [email protected].
N. 2 chiuso in redazione il giorno 5 dicembre 2013
Chi avesse suggerimenti, idee, spunti per i prossimi numeri può inviare un’e-mail all’indirizzo: [email protected].
Chi volesse informazioni sull'Associazione Nazionale Giovani Consulenti del Lavoro può scrivere all’indirizzo: [email protected].
2 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
LA FORMAZIONE CONTINUA: IL VALORE AGGIUNTO DELLA NOSTRA CATEGORIA
A cura di Fabrizio Bontempo
In Italia si contano all'incirca 31 Albi Professionali
atti a garantire professionalità, competenza e
qualità dei professionisti ad essi iscritti.
All'interno di tale quadro, assurge un ruolo
determinante la formazione, intesa come
elemento imprescindibile di qualità, tanto per i
professionisti iscritti quanto per coloro i quali si
avvarranno dei loro servigi.
Oggi l’obbligo della formazione non è un
elemento demandato al libero arbitrio, bensì un
vincolo statuito da leggi e regolamenti che ne
disciplinano il regolare svolgimento.
In particolare, per i Consulenti del Lavoro, la
Formazione Continua Obbligatoria è
regolamentata dall'articolo 23 comma 1 lett. e),
dall'articolo 14 comma 1 lett. i) della legge 11
gennaio 1979. Tale dettato normativo riconosce
nel Consiglio Nazionale dell’Ordine l’organo
supremo di garanzia del corretto adempimento
normativo. Il CNO, da parte sua, ha il compito di
coordinare, promuovere e curare il
miglioramento dei Consigli provinciali con lo
scopo di perfezionarne le attività deputate
appunto alla formazione. Gli stessi Consulenti del
Lavoro, nel riconoscere la formazione come un
elemento imprescindibile della professione,
hanno inteso annoverare tale obbligo tra quelli
regolamentati anche dal codice deontologico di
categoria. Infatti gli articoli 3 e 9 trattano il ruolo
del Consulente del Lavoro e ne regolamentano la
sua attività sulla base dei principi di
professionalità specifica, conservazione e
CRESCITA DEL SAPERE, con particolare riguardo ai
settori in cui l'attività viene svolta.
L’ordine professionale ha pertanto il fine di
garantire la qualità delle attività svolte dai singoli
professionisti, nell’interesse della categoria
tutta.
Tale tutela della professione prima, e dei
professionisti dopo, passa anche attraverso la
verifica dell’avvenuta formazione da parte di
tutti i Consulenti, nel rispetto degli standard di
cui al dettato normativo. Ecco quindi che diventa
elemento chiave il concetto di formazione
continua; concetto considerato cardine per lo
svolgimento dell’attività di Consulente del
Lavoro .
La formazione continua rappresenta per i
Consulenti del Lavoro un enorme balzo in avanti,
in termini di evoluzione della professione e di
arricchimento del sapere. La Formazione deve
essere pertanto intesa come un duplice
vantaggio per i Consulenti: il primo, spendibile
all'interno della categoria stessa in termini di
aumento della qualità della professionalità; il
secondo, spendibile all'esterno, in primis con i
propri clienti, al fine di migliorare l'eccellenza
della prestazione.
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LA VOCE DEI GIOVANI
Naturalmente, il concetto non è nuovo ai
Consulenti del Lavoro; infatti Ci siamo
autoregolamentati in tal senso sin dal 1997 e lo
stesso art. 14, lett. i), della L. 12/1979, dice che i
Consigli Provinciali hanno l’obbligo di curare il
miglioramento e il perfezionamento degli iscritti
nello svolgimento dell’attività professionale.
Proprio durante l’ultima assemblea dei Consigli
Provinciali, tenutasi a Roma nei giorni del 29 e 30
novembre u.s., si è discusso delle novità in
materia di Formazione Continua Obbligatoria. Si
prevede l'introduzione del nuovo c.d. debito
formativo nel biennio di valutazione dei
Consulenti del Lavoro, ovvero la possibilità di
recupero nel biennio successivo, fino ad una
massimo di nove crediti; in base allo stesso
aggiornamento, viene elevata al 40% la quota di
crediti accumulabili tramite modalità e-learning,
in accordo con l'evoluzione delle tecniche di
formazione.
Nell’ottica dell’arricchimento del bagaglio
culturale dei Consulenti del Lavoro, possiamo
certamente annoverare una conquista
importante, datata 2007, una sorta di pietra
miliare: il titolo di Laurea quale elemento
fondamentale per poter accedere all’albo dei
praticanti consulenti del lavoro.
A seguito del percorso richiesto per diventare
Consulente del Lavoro e, dopo aver superato
positivamente l'esame di stato, il primo passo è
quello di iscriversi ad uno dei 106 Consigli
provinciali dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro,
con l'opportunità di partecipare in prima
persona alle attività istituzionali di categoria, che
prevedono, tra le altre, la costituzione di
Commissioni consultive composte anche da
Consulenti del Lavoro esterni al Consiglio stesso.
Partecipare alle varie commissioni è
un'opportunità utile di supporto alla crescita
professionale personale e a quei colleghi che
hanno difficoltà pratiche e di relazione nello
svolgimento delle diverse attività che la
professione contempla.
Lo scambio di buone pratiche e di knowledge
specifica all'interno del Consiglio provinciale,
l'insegnamento pratico e teorico da parte dei
Consulenti con più esperienza che da anni già
militano all'interno del Consiglio, permette ai
giovani Consulenti del Lavoro di crescere
professionalmente in modo costante e continuo
e di migliorare le proprie competenze e la qualità
dei servizi resi ai clienti.
In questo ambito, siamo di fronte ad una
formazione continua che non è, di fatto,
obbligatoria e non ancora regolamentata ma che
costituisce, in effetti, il valore aggiunto più
prezioso per la professionalità dei Consulenti del
Lavoro.
Un percorso di crescita tacito, implicito ma
onestamente e praticamente efficiente.
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L’ASSOCIAZIONE GIOVANI CONSULENTI DEL LAVORO DI SIRACUSA
A cura del direttivo AGCdL Siracusa
Tutto è cominciato con una missiva del
Segretario del Consiglio Provinciale Antonio
Butera, con la quale ci informava
dell’inarrestabile moto che ha portato tanti
giovani colleghi ad organizzarsi in libere
associazioni che non sono in concorrenza con le
altre istituzioni di categoria, ma costituiscono un
contenitore di realtà professionali, oltre che un
luogo ove potersi confrontare e socializzare. Il
primo incontro si è tenuto il 23 maggio presso la
sede dell’Ordine e ha visto la partecipazione di
tanti colleghi, anche neo iscritti, entusiasti
dell’iniziativa e desiderosi di conoscersi ed
inserirsi nella categoria. Dopo un giro di opinioni
su ciò che significa “associazione” e su finalità ed
obiettivi da perseguire, si è andati subito al
concreto parlando dello statuto da redigere.
Possiamo asserire che eravamo tutti concordi
con l’idea di base formatasi a livello nazionale e
cioè permettere ai giovani consulenti di
promuovere la figura professionale, intellettuale
e sociale del
Consulente del
Lavoro, nonché
rafforzare i legami di
amicizia e
solidarietà, e favorire
le relazioni tra gli
associati per lo
studio e la risoluzione di problematiche di
interesse comune. A confermare la concretezza
ed efficienza della categoria, il gruppo di lavoro
formato da Alfio Zarbano, Melina Salemi e
Salvatore Baffo ha operato in armonia ed è
riuscito celermente a redigere uno statuto
completo ma al tempo stesso snello e funzionale
alla nostra dimensione.
Si arriva così al 17 giugno, giorno in cui si è
costituita ufficialmente l’Associazione.
Sarebbe stato comunque un giorno
indimenticabile, ma a
renderlo speciale è
stata anche la
presenza delle
rappresentanze
delle Associazioni
Giovani CdL delle
province di Catania,
Palermo e Reggio
Foto a cura di Franco Cappiello
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Calabria, nonché
dei futuri
Presidente e Vice
Presidente
dell’Associazione
Nazionale Giovani
Consulenti del
Lavoro. Dopo saluti
e convenevoli, si è passati alla lettura e
all’approvazione dello statuto e alla successiva
elezione del direttivo. In ragione del lavoro
svolto, Alfio Zarbano, Melina Salemi e Salvatore
Baffo sono stati eletti rispettivamente
Presidente, Vice Presidente e Consigliere,
Sebastiano Rizzone e Orazio Commendatore
ricopriranno i ruoli di Tesoriere e Segretario,
mentre Lorena Ficara è stata nominata Probiviro
unico.
Coscienti del fatto che un’Associazione neo
costituita ha bisogno di impegno e dedizione, si
è subito aperto un gruppo facebook
(https://www.facebook.com/groups/487780844
635848/) per permettere ai giovani associati di
esprimere i propri pensieri, nonché dubbi,
perplessità e opinioni sulle problematiche
professionali ed avere un immediato confronto
con i colleghi, scambiando punti di vista ed
esperienze in maniera dinamica e veloce.
Inoltre si istituirà presto una Commissione Studi
incaricata di approfondire le tematiche
riguardanti un diritto in continua evoluzione
come è quello del
lavoro, e di
proporre iniziative
e progetti per i
giovani che
intendono
guardare al futuro
ed esserne parte attiva.
Per dare un contributo a tutti i colleghi in termini
di informazione e confronto, riteniamo che per
un’Associazione come la nostra sia
strategicamente importante pianificare
convegni ed eventi formativi. E’ per questo
motivo che il direttivo tutto, con l’infaticabile
lavoro del Presidente, ha organizzato, di
concerto con il nostro Ordine Provinciale e l’AGI
“Avvocati Giuslavoristi Italiani”, un incontro di
approfondimento sui temi “Il lavoro in
agricoltura. Aspi e Mini Aspi” che si terrà a breve
a Siracusa.
La nostra attività, tuttavia, non deve essere
svolta e legata solamente al territorio, ma
occorre interagire con tutte le altre Associazioni
provinciali e con i vertici nazionali. Per questo
motivo abbiamo ritenuto importante
Foto a cura di Franco Cappiello
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LA VOCE DEI GIOVANI
partecipare, con il nostro Vice Presidente, alla
presentazione ufficiale dell’Associazione
Nazionale Giovani CdL che si è tenuta durante il
Festival del Lavoro di Fiuggi del giugno scorso
nonché, questa volta con il nostro Presidente, al
primo incontro ufficiale tra l’ANGCdL e i dirigenti
di Ancl, Consiglio Nazionale ed Enpacl.
Questi sono solo i primi ma importanti passi che
la nostra Associazione ha compiuto. La voglia di
lavorare e far bene per la nostra categoria e la
nostra professione non ci mancano di certo.
Incrementare il numero degli iscritti, rendere dei
servizi a loro e a tutti i colleghi, aiutarci l’un l’altro
e crescere insieme sono i prossimi traguardi che
ci prefiggiamo e che con impegno ed entusiasmo
siamo sicuri di raggiungere.
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LA FINANZA AGEVOLATA
A cura di Francesco Ferraioli
Introduzione
L’obiettivo del presente articolo è di fornire
alcuni spunti relativamente agli strumenti di
finanza agevolata utilizzata dal legislatore
comunitario, nazionale o locale per intervenire a
favore della competitività e dello sviluppo delle
imprese.
Per finanza agevolata si intende il complesso
degli strumenti e degli investimenti, indirizzati
alle imprese, per lo sviluppo di progetti di
copertura del fabbisogno finanziario.
Pertanto, la finanza agevolata può essere
definita come l’insieme di strumenti messo a
disposizione dal legislatore al fine di generare un
“vantaggio competitivo” per le imprese,
incidendo in maniera positiva sullo sviluppo e
sulla crescita aziendale.
L’obiettivo dei diversi legislatori è quello di
puntare, attraverso l’utilizzo di strumenti di
finanza agevolata, alla promozione dello
sviluppo socio-economico delle zone meno
sviluppate, per superare gli squilibri territoriali.
Non sfugge, quindi, come gli incentivi per lo
sviluppo delle attività economiche costituiscano
importanti fonti di finanziamento a sostegno dei
programmi di spesa delle imprese, sebbene
l’intento del legislatore fosse differente ed,
almeno, inizialmente lo scopo vero fosse quello
di consentire alle imprese di confrontarsi con
mercati sempre più ampi e aperti, con un livello
di concorrenza elevato, in cui giocano un ruolo
fondamentale gli investimenti in ricerca ed
innovazione tecnologica. Tuttavia, nel corso del
tempo, questi strumenti sono diventati una vera
e propria fonte di finanziamento aziendale,
alternativa alle forme tradizionali di capitale di
rischio e di debito, che i pubblici poteri mettono
a disposizione delle imprese.
Nel corso degli anni, pertanto, questi strumenti
hanno assunto un’importanza crescente dovuta
principalmente a tre fattori: 1) stimolare nuovi
investimenti per fronteggiare la crescente
competitività dei mercati di riferimento; 2)
superare la costante situazione di
sottocapitalizzazione, tipica delle PMI italiane; 3)
ridurre la complessità dell’accesso ai canali di
credito ordinario da parte delle imprese stesse.
Per le imprese oggi è certamente complesso
orientarsi nella scelta della forma di intervento
più adeguata alle proprie esigenze, sia per la
notevole quantità di strumenti a disposizione
che per il fatto che non sempre al momento in
cui si manifesta la necessità di investire, le misure
di intervento siano effettivamente operative. Ed
è per questo che oltre ad un costante
monitoraggio degli interventi, è necessario saper
distinguere gli interventi di finanza agevolata a
seconda della finalità perseguita:
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strumenti a sostegno della capacità
produttiva e della nuova occupazione.
Rientrano in questa categoria le leggi
agevolative dirette alla concessione di
aiuti per l’acquisizione di
immobilizzazioni materiali ed immateriali
necessarie per lo svolgimento
dell’attività d’impresa;
strumenti per l’internazionalizzazione
destinati a supportare le imprese nei
processi di penetrazione dei mercati
extra europei e nella costituzione di
nuove imprese all’estero;
strumenti per la ricerca e sviluppo,
ovvero l'insieme delle leggi di
incentivazione dirette a supportare gli
investimenti delle imprese in progetti di
ricerca industriale, sviluppo
sperimentale o innovazione tecnologica;
strumenti per il rafforzamento del
capitale di rischio delle imprese e per
l’accesso al credito.
Così come, nel corso degli anni, sono variate le
finalità di questi strumenti, progressivamente si
è proceduto ad una riforma del sistema degli
aiuti alle imprese, il cui tratto principale è stato
certamente un netto passaggio da una formula
di erogazione diretta di contributi a fondo
perduto a soluzioni alternative, quali, per
esempio la partecipazione al capitale di rischio e
di innovazione, i prestiti partecipativi, i fondi
rotativi e gli interventi in garanzia.
Successivamente tra il 2001 ed il 2002 il
panorama degli incentivi è stato perfezionato
con l’introduzione dei bonus fiscali per
assunzioni ed investimenti utilizzati nelle area in
ritardo di sviluppo. Ed, infine, sono stati
introdotti i crediti d’imposta fondati su una
procedura automatica di attribuzione e con i
quali non si è più in presenza di erogazioni di
somme di danaro contante ma il beneficio si
traduce in minori versamenti di imposte e
contributi.
Forme di aiuto e modalità di erogazione
Una prima suddivisione generica degli strumenti
finanziari può essere quella che distingue tra
interventi “a pioggia” ed interventi “mirati”. I
primi, il cui utilizzo è andato progressivamente
decrescendo, vengono erogati sulla base della
realizzazione di un investimento slegato da
logiche qualitative, i secondi, in presenza di una
specifica tipologia di spesa (cd. spesa
ammissibile), richiedono una valutazione tecnica
del progetto da parte del soggetto che ha
emanato il bando, al fine di verificare la
corrispondenza con gli obiettivi dello stesso. Gli
interventi possono, altresì, essere diretti, cioè
consistenti in somme di denaro erogate alle
imprese, o indiretti, consistenti, ad esempio, in
tagli fiscali o prestazione di garanzie.
Modalità di erogazione delle agevolazioni
L’accesso alle agevolazioni è generalmente
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subordinato alla presentazione di una specifica
domanda che fornisca i dati identificativi del
proponente e delinei i principali elementi del
programma di investimento. Tali elementi
saranno oggetto di valutazione propedeutica
alla concessione degli incentivi. Tale processo
valutativo assume una valenza differente a
seconda della tipologia di proceduta che
l’Amministrazione concedente decide di
adottare per giungere alla decisione di
attribuzione dell’agevolazione al soggetto
proponente.
Nell’ambito dei procedimenti amministrativi per
l’erogazione delle agevolazioni sono previste, in
ordine di complessità, tre procedure:
automatica, valutativa, negoziale.
1) procedura automatica: i progetti di
investimento non sono sottoposti ad istruttoria
di carattere tecnico, economico e finanziario del
programma di spesa. In genere l’interessato
presenta una dichiarazione-domanda attestante
il possesso dei requisiti e la sussistenza delle
condizioni per l’accesso alle agevolazioni,
nonché la documentazione e le informazioni
necessarie per l’avvio dei procedimenti. Il
soggetto competente si limita ad accertare la
completezza e la regolarità delle dichiarazioni e
della documentazione secondo l’ordine
cronologico di prenotazione. L’esito
dell’istruttoria è comunicato entro un termine
stabilito dalla normativa di riferimento e sarà
negativo nel caso la dichiarazione risulti viziata o
priva dei requisiti necessari. In caso di esito
positivo l’agevolazione sarà concessa nei limiti
delle risorse disponibili. È prevista una scadenza
per la realizzazione del progetto, in ogni caso
non oltre due anni dalla concessione, pena la
perdita del beneficio.
2) procedura valutativa: si applica a progetti
organici e complessi da realizzare
successivamente alla presentazione della
domanda. Il soggetto competente comunica i
requisiti e le modalità e le condizioni per
l’accesso agli aiuti attraverso la pubblicazione di
uno specifico bando, almeno 90 giorni prima
dell’invio delle domande. Vi sono due
procedimenti:
- a graduatoria, con cui la selezione delle
iniziative ammissibili è effettuata attraverso una
valutazione comparata sulla base di parametri
oggettivi predeterminati, in questo caso i bandi
definiranno contenuti, risorse disponibili, termini
iniziali e finali per la presentazione delle
domande di agevolazione;
- a sportello in cui sono definite delle soglie e
condizioni minime per l’ammissibilità delle
domande e l’istruttoria delle agevolazioni
avverrà in base all’ordine cronologico di
presentazione delle richieste pervenute. Sulle
domande presentate occorre verificare che il
richiedente abbia i requisiti richiesti, siano
perseguiti gli obiettivi indicati dalla normativa, vi
sia congruenza dei costi sostenuti. Qualora il
progetto debba essere valutato dal punto di
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LA VOCE DEI GIOVANI
vista tecnico, economico e finanziario l’analisi
sarà rivolta alla redditività, alle prospettive di
mercato, al piano finanziario per la copertura del
fabbisogno finanziario derivante dalla gestione,
alla coerenza con gli obiettivi di sviluppo
aziendale.
3) procedura negoziale: si applica agli interventi
di sviluppo territoriale o settoriale, realizzati da
una sola impresa o da un gruppo di imprese
nell’ambito della programmazione concertata. Il
soggetto competente ha il compito di
individuare, prima dell’attuazione della
procedura, i criteri per la selezione dei contraenti
(con adeguati strumenti di pubblicità) e
pubblicare gli appositi bandi, che definiscono gli
interventi da realizzarsi su base territoriale o
settoriale e tutte le relative condizioni.
Successivamente, saranno raccolte, entro il
termine stabilito nel bando, le manifestazioni di
interesse delle imprese. I richiedenti
presenteranno una apposita domanda ai fini
dell’attività istruttoria, come visto per il
precedente procedimento valutativo.
I soggetti competenti programmano i termini e
le modalità dei controlli e possono disporre in
qualsiasi momento ispezioni, anche a campione,
allo scopo di verificare lo stato di attuazione dei
programmi, il rispetto degli obblighi previsti, la
veridicità della documentazione fornita dalle
imprese beneficiarie. Il monitoraggio degli
interventi permette di verificare la capacità di
perseguire gli obiettivi programmati.
Qualunque sia la proceduta attivata per l’iter di
accesso agli aiuti, le modalità di erogazione degli
stessi sono diversamente determinati a seconda
della categoria di classificazione del contributo.
In particolare si possono distinguere:
Contributo in conto capitale
È rappresentato da benefici finalizzati
genericamente all’incremento dei mezzi
patrimoniali dell’impresa senza alcun legame tra
la concessione dell’agevolazione e la natura dei
beni oggetto del programma di investimento. È
un contributo a fondo perduto, per il quale non
è prevista la restituzione del capitale o il
pagamento di interessi. Viene calcolato come
percentuale delle spese ammissibili ed è spesso
richiesta una garanzia in caso di erogazione
sotto forma di anticipazione.
Concorre alla formazione del reddito d’esercizio
ed è iscritto in bilancio come sopravvenienza
attiva tassata al momento dell’incasso.
Contributo in conto impianti
La differenza rispetto al contributo in conto
capitale, di cui sopra, è stata per molti anni non
considerata, quindi anche questo contributo
veniva iscritto in bilancio come sopravvenienza
attiva. Con la Legge Finanziaria del 1998, invece,
rappresenta una categoria specifica essendo
contributo a fondo perduto erogato al fine di
ridurre il costo di acquisizione di beni
ammortizzabili ed incentivarne gli investimenti.
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LA VOCE DEI GIOVANI
Concorre alla formazione del reddito di esercizio
nella stessa misura in cui vi concorre il costo del
bene ammortizzabile, sotto forma di quote di
ammortamento. Contabilmente, si possono
seguire due tecniche di imputazione, fermo
restando che il reddito imponibile cui si perviene
è lo stesso:
iscrizione contabile del contributo in
diretta diminuzione dell’investimento
agevolato;
iscrizione del contributo tra i “ricavi e
proventi” del conto economico ed
imputazione frazionata, in relazione al
piano di ammortamento del bene
acquistato, attraverso la tecnica dei
risconti passivi.
Contributo in conto esercizio
È un contributo a fondo perduto riconosciuto
alle imprese per far fronte ai costi di gestione
(personale, pubblicità, locazioni immobiliari,
oneri finanziari, utenze, etc.) sostenuti
nell’esecuzione di un progetto o, generalmente,
nel corso del primo anno di attività. In bilancio è
iscritto tra i ricavi e tassato nel periodo di
competenza e per l’intero importo.
Contributo in conto interessi
Consiste in un beneficio concesso a fronte di un
finanziamento stipulato dall’impresa richiedente
con istituti di credito ed è rappresentato da una
quota parte posta a carico dell'Amministrazione,
degli interessi calcolati al tasso di riferimento
vigente alla data della concessione. Può essere
erogato in corrispondenza delle varie scadenze,
ovvero, in un’unica soluzione attualizzando la
differenza tra tasso ordinario e tasso agevolato.
Non vengono richieste particolari garanzie
dall’ente finanziatore, è sufficiente l’esito
positivo dell’istruttoria sul merito creditizio. Dal
punto di vista contabile questo contributo va a
ridurre gli interessi passivi e, in base al principio
di competenza, va pertanto ripartito su tutti gli
esercizi di durata del finanziamento.
Contributo in conto canoni
Presenta le stesse caratteristiche del precedente
ed è erogato a fronte della stipula di un contratto
di locazione finanziaria per abbatterne i costi.
Bonus fiscale
È uno strumento agevolativo che ha una valenza
di tipo fiscale, in quanto la monetizzazione del
beneficio avviene in sede di pagamento di
imposte e contributi (riguarda tutti i versamenti
effettuati con il modulo F24). Può essere inteso
come un contributo in conto capitale e va a
ridurre il peso di determinate imposte che
gravano sull’impresa (detrazione d’imposta). Il
bonus fiscale può essere previsto a fronte di
specifici investimenti, nonché per l’assunzione di
personale allo scopo di aumentare l’occupazione
all’interno di un’area produttiva.
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LA VOCE DEI GIOVANI
Credito d’imposta
Esso viene indicato e monetizzato in sede di
dichiarazione dei redditi e riguarda i pagamenti
di IVA, IRPEF, IRES e i versamenti indicati dalla
Circolare 219/e del 18 settembre 1999.
Solitamente viene concesso per investimenti,
nuove assunzioni, dividendi. Questa
agevolazione non è considerata un ricavo.
Finanziamento agevolato
È un finanziamento a medio-lungo termine
concesso dall’amministrazione competente ad
un tasso agevolato in cui l’aiuto è pari alla
differenza, scontata al valore attuale alla data di
concessione, tra gli interessi calcolati al tasso di
interesse di riferimento e quelli effettivamente
da corrispondere al tasso agevolato. In sintesi si
tratta di un contributo in conto interessi, con la
differenza che in questo caso il momento della
stipula del finanziamento coincide con quello
della concessione dell’agevolazione.
All’interno di questa categoria si distinguono:
finanziamento costituito da una parte bancaria
ad un tasso di mercato e da una parte pubblica
ad un tasso agevolato. Questa tipologia prende
il nome di “Fondo rotativo” in quanto la parte
agevolata confluisce in un fondo che si
autoalimenta con i rimborsi effettuati dalle
imprese. Il tasso finale concesso alle imprese
risulta dalla media tra i tassi, in base alla
percentuale agevolata del finanziamento;
contributo in conto interessi erogato a favore
della banca, a fronte del minor costo del denaro
concesso all’impresa beneficiaria.
Concessione di garanzia
È una forma agevolativa indiretta che consiste
nell’offerta di garanzie per finanziamenti a
medio-lungo termine alle imprese da parte di un
consorzio (Consorzio di Garanzia Collettiva Fidi),
una cooperativa (tra associazioni di categoria) o
un ente pubblico.
Definizioni e concetti fondamentali
Le Fonti
Le fonti della finanza agevolata sono
principalmente quelle individuate dall’Unione
Europea, tipicamente attraverso i Fondi
Strutturali ed in misura differente con i vari
Programmi Comunitari; poi quelle governative
della legislazione nazionale, quelle regionali e,
infine, quelle provinciali e comunali, nonché
quelle indicate dalle Camere di Commercio.
Gli obiettivi della UE possono essere così
sintetizzati:
riduzione delle disparità regionali (Fondo
FESR)
strategie per l’occupazione (Fondo FSE)
creazione di grandi infrastrutture
europee (Fondo di Coesione)
Lo strumento maggiormente conosciuto sono i
Fondi Strutturali, la cui gestione è affidata
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LA VOCE DEI GIOVANI
direttamente agli stati membri e finanziano
anche investimenti strutturali secondo obiettivi.
Enti erogatori
L’ente erogatore è il soggetto che gestisce lo
strumento agevolativo, a livello comunitario,
nazionale o regionale/locale.
A livello comunitario le agevolazioni sono gestite
dalle direzioni generali (DG), cioè i dicasteri in cui
è strutturata la Commissione Europea. A livello
nazionale l’organo deputato alla concessione
degli aiuti è il Governo, in particolare attraverso
il Ministero dello Sviluppo Economico e il
Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Vi
sono poi, di volta in volta, enti privati che,
avendo le competenze, possono svolgere tale
compito a livello nazionale quali ad esempio:
Invitalia, Istituto per il Commercio Estero, SACE,
Medio Credito Centrale (Banca del
Mezzogiorno).
A seguito del processo di decentramento
istituzionale, anche le Regioni hanno le
competenze (e le risorse) per la concessione di
agevolazioni alle imprese. A livello locale rileva,
inoltre, il ruolo delle Camere di Commercio che
fanno da tramite tra l’ente erogatore e il
potenziale beneficiario per la raccolta e
trasmissione della domanda di finanziamento,
ma possono anche concedere agevolazioni
utilizzando fondi propri, di solito a favore di
imprese artigiane, turistiche e commerciali.
Equivalente Sovvenzione Lordo (ESL)
Equivalente Sovvenzione Netto (ESN)
La Commissione europea ha previsto dei limiti
agli aiuti concessi alle imprese da parte degli
Stati membri, per ragioni di salvaguardia della
concorrenza. Tali limiti sono calcolati in base alle
dimensioni e all’ubicazione dell’impresa, al
settore di appartenenza e alla finalità dell’aiuto.
Per renderli paragonabili sono espressi in
equivalente sovvenzione, l’unità di misura che
esprime il beneficio ricevuto in percentuale
all’investimento ammissibile.
L’equivalente sovvenzione lordo rappresenta il
valore nominale (attualizzato) dell’aiuto
concesso, al lordo di eventuali imposte. Si
esprime in percentuale rispetto al costo totale
ammissibile del progetto. Per rendere
confrontabili i due valori è necessario
attualizzarli ad una stessa data, solitamente il 31
dicembre dell’anno in cui avviene il primo
esborso di spesa. Il tasso di attualizzazione da
utilizzare è quello in vigore nel momento in cui si
avvia il programma di investimento ed è stabilito
con decreto del Ministero delle Attività
Produttive in base al tasso di riferimento della
Commissione (pubblicato sul sito della Direzione
Generale Concorrenza).
L’equivalente sovvenzione netto indica il
beneficio effettivo ottenuto dall’impresa, in
percentuale all’investimento totale,
indipendentemente dalle fasi di erogazione e
14 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
realizzazione dell’investimento e dal regime di
tassazione applicato.
Gli aiuti di stato
Un aiuto di Stato è un’agevolazione concessa
dalle autorità pubbliche, senza corrispettivo o
con un corrispettivo solo per una minima parte,
a favore delle imprese, attribuendo loro un
vantaggio suscettibile di valutazione economica.
Non si considerano tali i provvedimenti generali
di sostegno economico, applicabili a tutte le
imprese di tutti i settori di produzione, in quanto
espressione della politica economica degli Stati.
La disciplina degli aiuti di Stato, a livello europeo,
rientra tra le regole sulla concorrenza, il cui
obiettivo è garantire che non venga falsata la
competizione tra imprese. Il primo comma
dell’art. 107 del Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea (TFUE) esprime il divieto di
concessione di aiuti di Stato, salvo espresse
deroghe.
La Regola “de minimis”
Gli aiuti “de minimis” sono quelli di importo
esiguo, che non possono produrre effetti né
sulla concorrenza, né sugli scambi fra gli Stati e,
pertanto, non sottoposti ad alcun divieto ne
all’obbligo di preventiva notifica.
Tale tipologia di aiuto è vincolata ad un limite,
infatti l’importo massimo degli aiuti concessi alla
medesima impresa non deve superare l’importo
di 200.000 euro (100.000 euro per le imprese
attive nel settore del trasporto su strada)
nell’arco di tre esercizi finanziari (quello della
concessione e i due precedenti) ed il soggetto
erogatore deve verificare che tale limite non
venga superato. Detti massimali si applicano
indipendentemente dalla tipologia di aiuto,
dall’obiettivo e dall’origine comunitaria o meno
delle risorse e riguardano soltanto quegli aiuti
per i quali è possibile calcolare con precisione il
beneficio espresso in equivalente sovvenzione
lordo ex ante, senza effettuare un’analisi del
rischio.
Conclusioni
La finanza agevolata ha consentito di allentare
molte difficoltà in cui sono state strette le
imprese, in seguito alla crisi sistemica dell'ultimo
lustro, permettendo a queste di reperire risorse
a condizioni più economiche rispetto a quelle
presenti sui mercati di riferimento. E' stato fatto
molto ma come spesso accade le opportunità
non sono state colte da tutti. Tuttavia, il ruolo
della finanza agevolata è strategico, in quanto
favorisce gli investimenti in ricerca e sviluppo
che le aziende sono costrette a limitare per
scarsità di mezzi e liquidità, ma che
rappresentano l'unica strada per sopravvivere in
un mondo ultracompetitivo ed in costante
evoluzione. Sviluppo, capacità produttiva ed
innovazione costituiscono le sfide più importanti
della congiuntura e soltanto i soggetti economici
che sapranno confrontarsi con tali novità
15 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
supereranno questa complicata fase di crisi
sistemica globale. Gli strumenti di finanza
agevolata possono certamente diventare il loro
trampolino di (ri)lancio.
16 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
PILLOLE & SUPPOSTE
… perché a volte le sole pillole non bastano!!!
A cura di Gian Luca Cocco, Pietro Latella e Fabio Nocita
Rubrica di confronto sarcastico tra colleghi, sulle incongruenze cui ci ha abituato il legislatore. Attraverso
l’ironia, si cercherà di mettere sotto la lente d’ingrandimento quei controsensi con i quali
quotidianamente siamo costretti a scontrarci nell’esercizio della nostra professione.
17 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
PILLOLE SUPPOSTE
La manovra finanziaria 2014, nella sua stesura provvisoria, prevede l’azzeramento degli interessi sulle cartelle Equitalia, soltanto se il contribuente versa almeno il 50% dell’importo dovuto entro il 30 giugno 2014.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5451/2013 del 18.11.2013, ha dichiarato illegittimi 767 Dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, rendendo di fatto nulle tutte le cartelle esattoriali, da questi sottoscritte. Ennesimo spreco di danaro.
La seconda rata IMU sulla prima casa non verrà pagata. Trovati i 2,4 miliardi di euro necessari per la sua definitiva abrogazione.
La copertura è stata trovata con l’aumento delle accise sui carburanti e con la previsione dell’acconto IRES anche del 128%.
La Manovra finanziaria 2014, prevede l’introduzione sperimentale del reddito minimo, che dovrebbe aiutare quelle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà.
Numeri alla mano, portato a regime il sostegno, i fondi stanziati basterebbero ad aiutare a malapena il 6% delle famiglie meno abbienti.
Il maxiemendamento alla Manovra Finanziaria 2014 ripropone l’ipotesi del contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro, che servirà a finanziare il reddito minimo.
L’ombra della incostituzionalità del contributo di solidarietà rischia di rendere inattuabile un sostegno propagandato forse oltre la reale sostenibilità.
L’art.1 del Decreto Legge 76/2013, prevede la possibilità di beneficiare di incentivi per quei datori di lavoro che assumono giovani tra i 18 e i 29 anni.
Su circa 3 milioni di giovani disoccupati, hanno beneficiato quasi 13.000 giovani. Un FLOP!!! E intanto la disoccupazione giovanile vola al 41,2%.
L'articolo 15 del decreto legge 179/2012, impone ai professionisti l'obbligo di dotarsi di POS, a decorrere dal 01/01/2014, al fine di accettare pagamenti mediante carte di debito.
C’È ANCORA CHI PAGA??????
18 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
ASPI E LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – INTERPELLO N. 29/2013
A cura di Francesca Monti
Il licenziamento disciplinare non può qualificarsi
quale motivo di disoccupazione “volontaria”
poiché tale provvedimento non è automatico ma
rimesso “alla libera determinazione e valutazione
del datore di lavoro e costituisce esercizio di
potere discrezionale” (Cassazione n. 4382 del
25.07.1984), pertanto, in caso di licenziamento
disciplinare, sussiste sia il diritto alla percezione
dell'ASpI da parte del lavoratore sia l’obbligo del
relativo versamento contributivo a carico del
datore di lavoro.
E’ questo l’ulteriore chiarimento in merito
all’obbligatorietà del versamento del contributo
di finanziamento ASpI da parte delle aziende e
contenuto nell’interpello n.29 del 23 ottobre
2013, a seguito di apposita istanza avanzata dal
Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro.
Il nodo gordiano portato all’attenzione del
Ministero del Lavoro si fonda sulla doverosità o
meno del pagamento del contributo ASpI nei
casi di licenziamento disciplinare per giusta
causa o per giustificato motivo soggettivo.
Volendo solo qui brevemente ricordare come la
differenza tra i due sia imputabile alla gravità di
una violazione o di un comportamento
inadempiente del prestatore di lavoro e degli
effetti che ne possano derivare, si è voluto far
chiarezza su una ipotesi di disoccupazione dove
la dicitura “involontaria” tende a collidere con
l’effettività dei comportamenti tenuti.
Ma quali sono i casi di effettiva debenza del
contributo a carico del datore di lavoro? È
proprio l’art 2 della L. 92/2012 quale testo
istitutivo dell’Assicurazione sociale per
l’Impiego, secondo il Ministero del Lavoro, a
dettare le cause di esclusione dell’Aspi e del
contributo a carico del datore di lavoro, ed è
questo il punto di partenza per decidere se il
datore di lavoro sia tenuto o meno a versare il
medesimo.
Scorrendo il testo di legge possiamo rilevare
come il comma 4 preveda che tale indennità di
sostegno venga erogata “ai lavoratori che
abbiano perduto involontariamente la propria
occupazione”, mentre il comma 5 statuisce
l’esclusione per tutti quei lavoratori i cui rapporti
siano cessati per dimissioni o per risoluzione
consensuale “fatti salvi i casi in cui quest’ultima
sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui
all’art.7 della legge 15 luglio 1966 n° 604”.
Orbene, tale elencazione viene ritenuta tassativa
da parte del Ministero, il quale non solo delinea
nel citato comma 5 gli unici casi di esonero dal
versamento contributivo, ma cerca una ulteriore
base a sostegno della tesi in diverse circolari
Inps, inerenti un eventuale pagamento di
ammortizzatori sociali da parte dell’Ente
previdenziale in caso di licenziamento
19 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
disciplinare.
E continua a produrre ulteriori circolari
chiarendo perfettamente ai lettori il punto di
vista dell’Istituto, specificando che lo stesso non
ha mai trattato in modo differente l’ipotesi del
licenziamento disciplinare dalle altre forme di
licenziamento.
Va da sé, come pensiero della scrivente, che altro
non potrebbe essere detto da un ente
previdenziale che in questo modo rischia di
veder ridotto il gettito delle proprie entrate,
anche se solo per somme di poco conto, ma
sempre utili per gli esborsi che si trova a dover
sostenere.
Ma torniamo a noi. Il tutto ci serve a chiarire
come “il licenziamento disciplinare può essere
considerato un’adeguata risposta
dell’ordinamento al comportamento del
lavoratore e pertanto negare la corresponsione
dell’Aspi costituirebbe, un’ulteriore reazione
sanzionatoria.”
Come dargli torto, il ragionamento è corretto e
noi lo accettiamo pensando alle famiglie che
rimarrebbero prive di sostentamento.
Ma continuiamo ancora un po’ nella lettura
dell’interpello e arriviamo alla parte in cui
“potrebbe risultare iniquo negare la protezione
assicurata dall’AspI nell’ipotesi in cui il giudice
ordinario dovesse successivamente ritenere
illegittimo il licenziamento impugnato”.
Illegittimo: nullo, annullabile, discriminatorio ….
E quindi, che fare in caso di sentenza? Il
legislatore è stato molto chiaro nell’elencare le
sanzioni pecuniarie cui andrebbe incontro il
datore di lavoro in questi casi, tanto per citare
l’art.18 Statuto dei Lavoratori.
Così come altrettanto chiara è la magistratura
che sta aderendo all’orientamento del non
considerare nell’aliunde perceptum le indennità
di disoccupazione percepite, vedasi ad esempio
le sentenze della Cassazione civile, 4 marzo 2010,
n.5217 per quanto attiene all’indennità di
disoccupazione e la sentenza 14 febbraio 2011, n.
3597 per l’indennità di mobilità. Tali pronunce
stabiliscono in modo deciso che, in merito al
risarcimento del danno a favore del lavoratore
illegittimamente licenziato, il datore di lavoro
non può detrarre quanto percepito dal
lavoratore a titolo di indennità di mobilità e/o di
indennità di disoccupazione, dato che queste
ultime devono intendersi come non acquisite,
essendo ripetibili dagli Istituti previdenziali.
Pertanto il giudice non potrà decurtare il valore
dell’indennità di mobilità o dell’indennità di
disoccupazione dal risarcimento del danno
dovuto al lavoratore per licenziamento
illegittimo; saranno eventualmente gli istituti
previdenziali ad operare la ripetizione di tali
somme, se indebitamente percepite dal
lavoratore.
E quindi in un caso in cui il dipendente venga
reintegrato o riassunto in seguito a sentenza,
cosa ne rimane dell’obbligatorietà del
versamento del contributo da parte del datore di
20 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
lavoro? Possiamo sperare a che l’Ente
previdenziale restituisca la somma, dato il venir
meno dell’obbligo di legge? Saranno crediti
compensabili in F24? O rimarranno come somme
in giacenza per ulteriori licenziamenti se mai il
datore di lavoro decidesse di ritentare la sorte
con un altro licenziamento?
Non ci resta che attendere sentenze di
illegittimità e nuove circolari Inps, sperando in
altri momenti di chiarezza per gli operatori del
settore.
21 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
CERTIFICAZIONE CREDITI E RILASCIO DEL DURC
A cura di Alessandro Rapisarda
L’art. 13-bis, co. 5, del D.L. n. 52/2012 convertito,
con modificazioni, dalla Legge n. 94/2012
prevede la possibilità di richiedere il legittimo
rilascio del DURC da parte di quelle imprese
debitrici nei confronti degli Istituti e/o Casse Edili,
che però possano al contempo vantare crediti
nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. In
sostanza, il Legislatore ha voluto introdurre un
meccanismo di compensazione, che permetta
alle imprese che si trovino in situazioni come
quella descritta, di poter comunque ottenere il
DURC e continuare così ad operare sul mercato.
Questa disposizione finalmente consente di
considerare unitariamente (e non più
disgiuntamente, come invece purtroppo
avveniva in passato) la posizione dell’impresa di
fronte alla P.A., rendendo così realizzabile una
sorta di compensazione virtuale tra crediti e
debiti da essa vantati nei confronti della stessa.
Nonostante, tuttavia, la norma sia stata emanata
oltre un anno fa, le modalità operative che
consentono il rilascio e l’utilizzo del Durc in
presenza delle suddette circostanze sono state,
invece, solo recentemente introdotte dal
decreto 13 marzo 2013, concertato tra il
Ministero dell’Economia e delle Finanze e il
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
pubblicato sulla G.U. n.165 del 16 luglio 2013.
Infine, con la Circolare n. 40 del 21ottobre 2013,
la Direzione generale per l’Attività Ispettiva del
Ministero del Lavoro ha fornito le prime
indicazioni operative in materia.
Propedeutico all’approfondimento
dell’argomento è un breve excursus sulle
modalità di richiesta e rilascio del DURC, nonché
validità dello stesso.
Il Documento Unico di Regolarità Contributiva
(DURC) attesta, con un'unica richiesta, la
contestuale regolarità dei versamenti nei
confronti degli istituti previdenziali e assicurativi
(INPS e INAIL) e, per i datori di lavoro del settore
edile, nei confronti delle Casse edili.
L'attestazione di regolarità non viene
concessa se anche uno solo dei tre enti dichiari
l'irregolarità dell'impresa. In caso di lavoratori
autonomi il DURC certifica la regolarità della
posizione contributiva del titolare dell'impresa
con dipendenti ovvero quella del singolo
lavoratore autonomo artigiano o non artigiano
iscritto alle speciali gestioni previdenziali.
Le imprese di tutti i settori sono tenute a
presentare il DURC per fruire di benefici
normativi e contributivi previsti
dall'ordinamento italiano e dalla disciplina
comunitaria. Inoltre il DURC rientra tra la
documentazione necessaria per l'assegnazione
22 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
di appalti pubblici o per l'abilitazione (permesso
di costruire o DIA) all'esecuzione di appalti
privati nel settore dell'edilizia (Min. lav., circ.
5/2008).
Il rilascio del DURC è effettuato da INPS, INAIL,
Casse edili, per il settore dell'edilizia, enti
bilaterali, in via sperimentale e limitatamente ai
propri aderenti, altri istituti previdenziali, gestori
di forme di assicurazione obbligatoria, previa
stipula di apposita convenzione.
La richiesta è presentata, in
via telematica (accedendo a
www.sportellounicoprevidenziale.it ovvero ai
siti Internet di INPS e INAIL), dal soggetto
interessato ovvero da un consulente del
lavoro (o da un altro soggetto di cui all'art. 1 L.
12/1979: avvocati, procuratori legali, dottori
commercialisti, ragionieri e periti commerciali):
in questo ultimo caso
risulta obbligatorio l'utilizzo del canale
telematico. La richiesta di DURC per le seguenti
tipologie:
- appalto/subappalto/affidamento di contratti
pubblici di lavori, forniture e servizi;
- contratti pubblici di forniture e servizi in
economia con affidamento diretto;
- agevolazioni, finanziamenti, sovvenzioni ed
autorizzazioni dal 13 febbraio 2012 può essere
effettuata esclusivamente dalle Stazioni
Appaltanti pubbliche o dalle Amministrazioni
procedenti (INPS/INAIL, nota 26.1.2012).
Gli istituti previdenziali (INPS, INAIL, ecc.) e le
Casse edili rilasciano il DURC entro 30 giorni dal
ricevimento della domanda di rilascio. In caso di
accertata situazione di irregolarità, prima
dell'emissione del DURC o dell'annullamento del
documento già rilasciato il contribuente deve
essere invitato, mediante posta elettronica
certificata o con lo stesso mezzo per il tramite
del consulente del lavoro nonché degli altri
soggetti di cui all'art. 1 della Legge 12/1979, a
regolarizzare la propria posizione entro il
termine di 15 giorni indicando analiticamente le
cause dell'irregolarità (co. 8, art. 31, DL 69/2013;
Min. Lav., circ. 36/2013). In questo caso il termine
di 30 giorni rimane sospeso per un periodo non
superiore ai 15 giorni assegnati al contribuente
per la regolarizzazione.
Il DURC ha una validità di 120 giorni dalla data di
emissione nei casi di (co. 5, art. 31, DL 69/2013;
Min. Lav., circ. 36/2013; INAIL, nota 20 settembre
2013): - contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture; - fruizione di benefici normativi e
contributivi in materia di lavoro e legislazione
sociale; - finanziamenti e sovvenzioni previsti
dalla normativa dell'Unione europea, statale e
regionale; - lavori edili tra soggetti privati (fino
al 31 dicembre 2014). Con riguardo ai contratti
pubblici, la validità di 120 giorni dei DURC
acquisiti dalle stazioni appaltanti per la verifica
della dichiarazione sostitutiva relativa alla
sussistenza del requisito di ordine generale
previsto dall'art. 38, comma 1, lett. i), del D.Leg.
n. 163/2006 decorre dalla data indicata nel
23 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
certificato di verifica della dichiarazione
sostitutiva, anziché dalla data di rilascio. La
validità di 120 giorni si applica a tutti i certificati
(Min. Lav., circ. 36/2013; INAIL, nota 20
settembre 2013).
Nel caso di coincidenza tra l'istituto
previdenziale che rilascia il DURC e quello che
ammette il datore di lavoro alla fruizione dei
benefici contributivi, è l'Istituto a verificare la
sussistenza delle condizioni di regolarità, senza
procedere alla sua materiale emissione. La
presentazione del flusso Uniemens assume la
valenza di richiesta di DURC ai fini della fruizione
dei benefici normativi e contributivi. La presenza
in tale flusso di uno dei codici che consentono la
fruizione dei benefici contributivi e normativi fa
attivare in automatico il controllo da parte
dell'INPS (INPS, circ. 51/2008). I datori di lavoro
(o soggetti incaricati) erano tenuti ad inoltrare
all'INPS un apposito modulo denominato "SC 37
DURC Interno" e all'INAIL
un'autocertificazione in sede
di autoliquidazione con cui veniva dichiarato
l'obbligo del rispetto della parte economica e
normativa degli accordi e contratti collettivi. Il
Ministero del lavoro, rivedendo la procedura
amministrativa per l'accertamento della
regolarità contributiva, ha stabilito come
la valutazione del rispetto di tale condizione
spetti agli organi di vigilanza e non possa essere
oggetto di autocertificazione. Ne consegue
che non risultano più dovuti né l'invio del
Modello SC37 all'INPS, né l'invio
dell'autocertificazione all'INAIL.
L'art. 44-bis del D.P.R. 445/2000 aveva stabilito
che "le informazioni relative alla regolarità
contributiva sono acquisite d'ufficio, ovvero
controllate ai sensi dell'articolo 71, dalle
pubbliche amministrazioni procedenti, nel
rispetto della specifica normativa di settore".
L'art. 13-bis, comma 5 del D.L. 7 maggio 2012, n.
52 (legge 6 luglio 2012, n. 94) aveva previsto
appunto la possibilità di rilascio del DURC anche
in presenza di certificazione attestante la
sussistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili
vantati nei confronti delle pubbliche
amministrazioni di importo almeno pari ai
versamenti contributivi accertati e non ancora
versati da parte di un medesimo soggetto. Il DM
13 marzo 2013 ha infine stabilito le modalità di
attuazione di tale norma, senza ulteriori oneri
per la finanza pubblica.
I crediti che danno titolo al rilascio del DURC, pur
in presenza di mancati versamenti di contributi
e/o premi e/o relativi accessori, sono i crediti:
• vantati nei confronti delle Amministrazioni
statali, degli Enti pubblici nazionali, delle Regioni,
degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario
Nazionale,
• certi, liquidi ed esigibili e di importo almeno
pari agli oneri contributivi accertati e non ancora
versati da parte del soggetto titolare dei crediti
certificati.
La Direzione generale per l’Attività Ispettiva,
24 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
nella Circolare n. 40/2013, sul punto ha precisato
che i crediti devono essere oggetto di
certificazione ottenuta tramite la Piattaforma
informatica per la certificazione dei crediti
(PCC)4.
Non appena la procedura informatica sarà a
regime gli Istituti previdenziali e le Casse edili
saranno così in grado di verificare
telematicamente la sussistenza della
certificazione di credito. La PCC consentirà,
difatti, di produrre un documento informatico
attestante l’esistenza del credito certificato
nonché la sua effettiva disponibilità al momento
della richiesta e dell’emissione del Durc. Nelle
more dell’avvio del descritto procedimento la
verifica verrà effettuata sulla base delle
certificazioni rilasciate dalla Piattaforma
informatica trasmesse via PEC o esibite agli
Istituti e/o alle Casse Edili ai fini del rilascio del
DURC, sotto la responsabilità anche penale del
soggetto titolare del credito certificato. Questi
ultimi acquisiranno, tramite PEC, direttamente
dall’amministrazione certificatrice, la conferma
dell’esistenza e della validità della certificazione.
In presenza della certificazione dei crediti sopra
indicati, gli Istituti previdenziali e le Casse edili
sono quindi obbligati a emettere il DURC, con
l’annotazione a margine dell’importo del debito
contributivo, degli estremi della certificazione
esibita e del riferimento normativo “art. 13-bis,
co. 5, del D.L. n. 52/2012 convertito, con
modificazioni, dalla Legge n. 94/2012” che ne ha
comunque consentito il legittimo rilascio.
Il DURC è rilasciato su richiesta del soggetto
titolare dei crediti certificati. Ciò significa che,
qualora il documento debba essere richiesto
d’ufficio da parte di una Pubblica
Amministrazione, il soggetto interessato dovrà
dunque dichiarare:
• di vantare crediti nei confronti della Pubblica
Amministrazione per i quali ha ottenuto la
certificazione tramite Piattaforma informatica e
• che, conseguentemente, il DURC dovrà essere
acquisito “ex art. 13 bis, comma 5, D.L. n.
52/2012”.
Il Durc così ottenuto potrà essere utilizzato per
tutte le finalità previste dalle vigenti disposizioni
di legge ivi compreso il pagamento, da parte
delle P.A., dei s.a.l. o delle prestazioni relative a
servizi e forniture.
25 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
UN CAFFÈ CON…
A cura di Fabrizio Bontempo, Vincenzo Correro, Pietro Latella e Saverio Nicco
Immaginate di essere seduti ad un tavolo di un bar con un collega, un dirigente di categoria o chiunque
presti la propria attività nel mondo del lavoro e di discutere serenamente sorseggiando l’immancabile
caffè. Ristretto, lungo, corto, macchiato, corretto, decaffeinato, la scelta è libera così come le risposte che
forniranno i nostri gentili interlocutori alle domande.
In questo numero della rubrica abbiamo il piacere di prendere “Un caffè con...” il Presidente del CPO di
Torino Cristoforo Re.
D: Buongiorno Presidente Re. Grazie per aver
accettato l’invito al nostro “bar
virtuale”. Cominciamo questa chiacchierata
parlando di un tema attuale: le Associazioni
Giovani Consulenti del Lavoro. Cosa ne pensa e
quali contributi crede che possano apportare
alla categoria?
R: Accolgo volentieri l'invito in quanto è sempre
piacevole scambiare opinioni con altri colleghi, a
maggior ragione se questi si sono affacciati da
poco nella realtà del nostro ordinamento e
dimostrano voglia di impegnarsi in favore degli
iscritti. A questa prima domanda rispondo
affermando che la nostra Categoria potrà avere
un futuro solo col contributo dei giovani.
Contributo di idee nuove e di attività in tutti i
campi: dall'aggregativo al ludico al formativo, sia
tecnico che deontologico.
D: In che modo le Associazioni Giovani possono
inserirsi nel contesto istituzionale di categoria?
R: Questa seconda domanda è sicuramente la più
delicata in quanto a livello istituzionale siamo
abituati a parlare di Ordine e Sindacato con
funzioni che spesso si sovrappongono in quanto
se è vero che il sindacato tutela gli interessi del
consulente del lavoro, l'Ordine deve tutelare la
fede pubblica e quindi intervenire su tutta la
sfera di attività del professionista per renderlo
sempre più affidabile. I giovani possono, anzi
devono far sentire la loro voce in entrambi questi
organismi e per far questo non posso che
auspicare che siano inseriti ai più alti livelli.
D: Quindi secondo Lei ANCL e Associazioni
Giovani possono coesistere serenamente?
R: I Consulenti del Lavoro, soprattutto in certe
realtà, sono pochi; la coesistenza e
collaborazione sono un obbligo per non
disperdere energie. Non può il sindacato vedere
con diffidenza la crescita di una realtà che può
essere solo positiva per la Categoria.
D: L’Associazione Giovani Consulenti del Lavoro
di Torino nasce nel 2009. Ci parli cortesemente
dell’esperienza della Vostra provincia.
R: Esperienza estremamente positiva. Se
l'Ordine di Torino ha potuto fare molto in questi
ultimi anni lo si deve anche per il fattivo
26 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
contribuito della vostra associazione.
D: In che modo coinvolgete i colleghi
dell'Associazione Giovani nelle attività del
Vostro Ordine?
R: In tutti i campi. Giovani sono inseriti in tutte le
commissioni, che ricordo sono congiunte col
sindacato A.N.C.L.. Patrociniamo tutti i loro
convegni che sono gratuitamente aperti a tutti i
colleghi, inoltre alcuni di loro sono pienamente
coinvolti nell'attività del consiglio.
Presidente Re La ringraziamo per il tempo che ci
ha dedicato. Ci saluti i colleghi di Torino e, se non
Le dispiace, andiamo di fretta, paga Lei?
27 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
POVERA PICCOLA MOBILITÀ…
A cura di Giovanni Salvi, Daniele Mazzocchi e Lucia Caccia
Con la circolare n. 150/2013, l’INPS torna ad
affrontare la delicata questione degli incentivi
per l’assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste
della c.d. piccola mobilità (o mobilità povera),
confermando l’impossibilità di fruire di tale
agevolazione ed allarmando tutti quei datori di
lavoro che, nell’attesa di ulteriori chiarimenti,
hanno continuato a beneficiarne nel corso del
2013, almeno per i lavoratori assunti o
trasformati a tempo indeterminato in data
antecedente il 1° gennaio.
La questione non è di poco conto e per
comprenderla a fondo è doveroso partire dal
decreto legge 20 maggio 1993 n. 148, convertito
in legge 236/93, il quale sostanzialmente, all’art.
4, comma 1, estendeva, fino al 31/12/1994, la
possibilità, ai lavoratori licenziati per giustificato
motivo oggettivo da imprese con meno di 15
dipendenti, di iscriversi alle liste di mobilità, pur
senza diritto alla relativa indennità. L’intenzione
del legislatore consisteva nell’incentivare il
reimpiego di questi lavoratori, permettendo ai
datori di lavoro di fruire degli incentivi previsti
dalla 223/91, ovvero 18 mesi di contribuzione ad
aliquota ridotta (10%) per le assunzioni a tempo
indeterminato, oppure 12 mesi per quelle a
tempo determinato, con ulteriori 12 mesi in caso
di successiva trasformazione a tempo
indeterminato.
Per quasi vent’anni la norma è stata oggetto di
continue proroghe, fino a giungere alla legge
228/2012, c.d. Legge di Stabilità 2013, dove il
legislatore, probabilmente in previsione di una
futura riorganizzazione della disciplina degli
incentivi all’assunzione, ovvero, più
presumibilmente, per obblighi di riduzione del
debito pubblico, ne ha omesso il
prolungamento. Una consistente fetta di
disoccupati ha visto sfumare la speranza di
reinserirsi agevolmente nel mondo del lavoro.
L’INPS, quindi, prima con circolare 13/2013, poi
con messaggio 4679/2013, ha preso atto
dell’impossibilità di usufruire delle agevolazioni
previste per le assunzioni, le proroghe e le
trasformazioni successive al 1° gennaio 2013, sia
di lavoratori licenziati nell’anno in corso, sia di
lavoratori iscritti nelle liste di mobilità prima del
2013. Contemporaneamente, in via cautelare e in
attesa di un intervento legislativo da più parti
auspicato, l’istituto ha precisato che deve
intendersi anticipata al 31 dicembre 2012 la
scadenza delle agevolazioni contributive
connesse ai rapporti agevolati instaurati,
prorogati o trasformati entro il 31 dicembre 2012,
il cui periodo agevolato prosegue nel 2013.
Intervento, ad oggi, mai avvenuto. L’istituto, di
conseguenza, con circolare 150/2013, conferma
la sua precedente interpretazione, chiarendo
28 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
che, per le assunzioni, le proroghe e le
trasformazioni dei rapporti di lavoro instaurati
nel 2013 con i lavoratori in esame, i benefici
contributivi rimangono sospesi. Viene precisato,
inoltre, che tali incentivi non sono
definitivamente abrogati ma, fino al 31 dicembre
2016, sono di fatto subordinati agli stanziamenti
proposti di anno in anno.
La disposizione avendo effetto immediato, con
ripercussioni anche sui contratti già in essere, ha
comportato due conseguenze: la restituzione
all’INPS degli sgravi beneficiati da quei datori di
lavoro che hanno continuato, nell’incertezza
iniziale, ad usufruire dell’agevolazione per i primi
mesi dell’anno e l’ovvia impossibilità di disporre
del nuovo bonus per i nuovi contratti stipulati nel
2013.
Nella medesima circolare viene confermato
indirettamente l’applicabilità dell’incentivo pari
ad € 190,00 mensili, per un periodo di 6 o 12 mesi,
previsto a favore dei datori di lavoro che nel
corso del 2013 assumano rispettivamente a
tempo determinato o indeterminato (anche
part-time) lavoratori licenziati nei 12 mesi
precedenti l’assunzione. Ad oggi si è in attesa
delle istruzioni operative e, pertanto, il beneficio
non è ancora operativo. A tal proposito ci
sovviene un dubbio: quei datori di lavoro che
avessero assunto a termine all’inizio del 2013 e
successivamente trasformino il contratto a
tempo indeterminato, dovranno limitarsi al
beneficio per soli 6 mesi?
In conclusione, la mancata proroga della piccola
mobilità ha comportato rilevanti conseguenze
sia per i lavoratori che per i datori di lavoro; se a
tutto ciò si associa la difficoltosa applicabilità dei
nuovi incentivi previsti dal decreto direttoriale
del Ministero del Lavoro 246/2013, il quale lega il
riconoscimento della agevolazione, sia ad un
effettivo incremento occupazionale rispetto alla
media dei lavoratori occupati nei 12 mesi
precedenti (in questo periodo!!!), sia al
mantenimento dello stesso per tutta la durata
degli incentivi, non si può che auspicare un
ulteriore accorgimento da parte del legislatore,
per tentare di dare un impulso concreto alla
ripresa da questa persistente crisi produttiva e
lavorativa in cui ci troviamo.
29 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
CEDU, SENTENZA N. 552/2010 - LICENZIAMENTO LAVORATORE AFFETTO DA HIV
A cura di Alessia Riva
I fatti di causa si sono svolti in Grecia, ed
interessano il rapporto di lavoro intercorso tra
un lavoratore (diventato sieropositivo) e il
proprio datore di lavoro, dall’anno di assunzione
(2001), al licenziamento, intervenuto in data 23
febbraio 2005; la vicenda giudiziaria verte sulla
genuinità dei motivi del licenziamento e sulla sua
legittimità. Il dipendente ha fatto valere i propri
diritti in tutti i gradi di giudizio previsti
dall’ordinamento greco, fino alla richiesta di
tutela presentata in CEDU, che ha emesso la
propria decisione lo scorso 3 ottobre 2013.
Il caso
Il datore di lavoro, una grossa azienda di gioielli,
impiegava, all’epoca del licenziamento, circa 70
dipendenti, tra cui il ricorrente, dall’anno 2001; il
rapporto si interrompe per consentire al
ricorrente l’adempimento dell’obbligo del
servizio militare, ma in data 1° luglio 2004 il
datore di lavoro lo riassume.
Nel mese di gennaio 2005, il ricorrente confida a
tre colleghi il timore di aver contratto il virus
dell’HIV, timore rivelatosi fondato all’esito degli
esami diagnostici, effettuati durante il periodo di
congedo feriale; in data 15 febbraio 2005, gli
stessi tre colleghi inviano al datore di lavoro una
lettera, con cui lo avvisano che il ricorrente “ha
l’AIDS”, e chiedono di prorogare il suo periodo di
ferie, al fine di non farlo rientrare al lavoro.
Nel frattempo, la notizia circa lo status di salute
del ricorrente è stata resa nota in azienda, e tutto
il personale impiegato, lamentandosi con il
datore di lavoro per il fatto di dover lavorare con
il collega sieropositivo, ne domanda
l’allontanamento dal luogo di lavoro; il datore di
lavoro, al fine di tutelare la salute in azienda,
unitamente alla volontà di rassicurare i
dipendenti, invita il medico del lavoro a tenere
una riunione con tutto il personale, allo scopo di
spiegare le modalità di trasmissione del virus e le
precauzioni da adottare. Nonostante le
rassicurazioni ricevute dal medico, gli altri
dipendenti insistono affinché il datore di lavoro
licenzi il ricorrente; per trovare una soluzione
percorribile e bilanciare gli interessi in gioco, il
datore di lavoro propone il trasferimento del
ricorrente in altro dipartimento; per tutta
risposta, il responsabile di tale sezione minaccia
di dimettersi.
Il datore di lavoro, a questo punto, propone al
ricorrente di lasciare l’azienda, promettendogli
in cambio un incentivo all’esodo e un aiuto
economico per avviare una attività in proprio,
nonché la possibilità di frequentare un corso di
formazione.
30 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
In data 21 febbraio 2005, 33 dipendenti
dell’azienda (quasi la metà del personale
impiegato) inviano al datore di lavoro una lettera
con cui ribadiscono la necessità del
licenziamento del ricorrente, al fine di
“salvaguardare la loro salute e il loro diritto al
lavoro”, sottolineando che il clima armonioso
che regnava in azienda stava venendo meno,
soltanto a causa del collega malato.
Il 23 febbraio 2005, il datore di lavoro intima il
licenziamento al ricorrente, ancora in ferie,
versandogli contestualmente l’indennità
prevista dal diritto greco.
Il 13 maggio 2005 il lavoratore propone azione
legale contro il datore di lavoro, e nel frattempo
trova una nuova occupazione.
Le decisioni prese nei tre gradi di giudizio in
Grecia
Ad avviso di chi scrive, per meglio comprendere
le sfumature delle decisioni rese nei tre gradi di
giudizio, è importante sottolineare le richieste
del ricorrente e i punti di difesa del datore di
lavoro.
Pertanto, il ricorrente sottolinea:
1) il pregiudizio sociale inammissibile e le
considerazioni discriminatorie poste alla
base del suo licenziamento;
2) l’illegittimità del licenziamento e la sua
nullità, dovuta al versamento di una
indennità inferiore al previsto;
3) le ragioni spregevoli, che non hanno
tenuto conto del fattore umano e della
lesione alla sua personalità, nonché la
pretestuosità dei motivi del
licenziamento;
4) il trattamento avverso, ingiustificato ed
inumano, subìto sul luogo di lavoro a
causa del suo serio problema di salute;
e chiede al tribunale (nonché alla corte di
appello, alla corte di cassazione ed, in ultima
istanza, alla CEDU): a) di dichiarare nullo il
licenziamento per abuso di diritto; b) di ordinare
al datore di lavoro la reintegra in azienda; c) di
condannare il datore di lavoro al:
- pagamento della mancata
retribuzione dal momento del
licenziamento a quello della
reintegra;
- versamento della maggior somma
dovuta a titolo di indennità di
licenziamento;
- versamento della somma di Euro 200
mila a titolo di risarcimento del
danno morale.
Il datore di lavoro si difende in giudizio,
sostanzialmente sostenendo l’inevitabilità del
licenziamento (e la sua legittimità), al fine di
tutelare ed assicurare il buon funzionamento ed
il buon andamento della propria azienda,
evitando così lamentele e malumori tra i
dipendenti.
31 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
In primo grado, il 13 giugno 2006, il tribunale, ai
sensi dell’art. 281 Codice Civile Greco (che
proibisce l’esercizio di un diritto se questo
supera manifestamente i limiti imposti dalla
buona fede o dalla morale), accerta che il
licenziamento è stato intimato unicamente a
causa della malattia del ricorrente; ritenendo,
quindi, che il comportamento tenuto dal datore
di lavoro configura una ipotesi di abuso di diritto,
lo condanna al pagamento della somma
corrispondente alle retribuzioni maturate e non
pagate dal momento del licenziamento.
Il tribunale non riconosce però al ricorrente il
danno morale (in quanto non ritiene sussistente
una lesione alla persona del lavoratore, poiché il
ricorrente non ha provato che il licenziamento è
scaturito dalla volontà delittuosa del datore di
diffamare il dipendente), né ordina al datore di
lavoro la reintegra del dipendente in azienda (dal
momento che il ricorrente aveva già trovato un
nuovo impiego).
Tra febbraio e marzo 2007, entrambe le parti in
causa appellano la decisione di primo grado.
In secondo grado, con decisione del 29 gennaio
2008, la Corte di Appello di Atene rigetta il
ricorso presentato dal datore di lavoro,
ammettendo solo i motivi di doglianza del
ricorrente.
In particolare, l’organo giudicante segue la linea
tracciata dal tribunale, sostenendo che le
lamentele sollevate dai colleghi del ricorrente
sono state fondate su pregiudizi e
scientificamente ingiustificate, come tra l’altro
spiegato dal medico del lavoro.
Continua la Corte ribadendo che “in effetti, dato
il modo di trasmissione del virus, non esisteva
alcun pericolo per la loro salute”, e che
“conseguentemente, la malattia del ricorrente
non poteva incidere negativamente sul buon
funzionamento dell’azienda”.
In ultimo, la Corte rileva altri tre dati
fondamentali per la decisione:
1) il ricorrente non si è mai assentato dal
lavoro per malattia (HIV), né alcuna
assenza per malattia poteva essere
prevedibile nel futuro;
2) dato che il lavoro affidato al ricorrente
non era particolarmente faticoso a livello
fisico, non c’era il rischio che egli subisse
una riduzione della propria capacità
lavorativa, tant’è che, a parere della
Corte, “nei numerosi anni in cui un
malato resta semplicemente portatore
di HIV, le sue capacità non subiscono
sostanziali riduzioni”;
3) non è possibile credere alla buona fede o
all’interesse del datore di lavoro al buon
funzionamento dell’azienda, dato che
nessun collega si è dimesso nel periodo
intercorrente tra il momento in cui la
notizia della malattia del ricorrente è
stata diffusa in azienda e quello del
licenziamento.
Pertanto, in sede di appello, il giudice accerta
32 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
che il ricorrente ha subìto un danno morale
alla persona, poiché il licenziamento
illegittimo ha danneggiato il suo status
professionale e sociale, che costituiscono i
due aspetti salienti della personalità;
condanna pertanto il datore di lavoro al
versamento di Euro 1.200,00 a titolo di
risarcimento del danno morale (oltre a
ribadire la condanna al pagamento della
somma corrispondente alle retribuzioni
maturate dal momento del licenziamento,
nella misura già indicata dal tribunale).
Entrambe le parti adiscono la Cassazione greca,
che, il 17 marzo 2009, cassa la sentenza di Corte
d’Appello, sostenendo l’erronea applicazione
dell’art. 281 Codice Civile Greco; in particolare, la
Corte Suprema, motivando la legittimità del
provvedimento espulsivo (ritenuto “pienamente
giustificato dall’interesse del datore di lavoro
che ha deciso di riportare la calma nell’azienda”),
incorre nello stesso grossolano errore
commesso dai colleghi del ricorrente, nella parte
in cui conferma che “in effetti, i dipendenti erano
seriamente preoccupati a causa della malattia
estremamente seria e contagiosa del ricorrente,
fonte per loro di insicurezza e timore per la
1 Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e
familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e
familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica
nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia
prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società
democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la
pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per
la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la
propria salute; tale motivo li ha indotti a
sollecitare collettivamente e per iscritto il
licenziamento, sottolineando che, in caso
contrario, si sarebbe presentato un problema
importante per il buon funzionamento
dell’impresa”.
La Suprema Corte dunque cassa con rinvio,
rigettando in toto il ricorso del lavoratore; non si
ha alcuna nuova pronuncia in sede di appello,
dato che l’iniziativa di procedere nuovamente in
secondo grado appartiene alle parti e nessuna
delle due ha mostrato di avervi interesse.
Il lavoratore propone ricorso alla CEDU, che si è
definitivamente pronunciata lo scorso 3 ottobre.
La decisione della CEDU
Il ricorrente chiede alla Corte Europea di
accertare la violazione del suo diritto alla vita
privata, sostenendo altresì l’illegittimità del
licenziamento ed il suo carattere discriminatorio,
invocando l’applicazione del combinato disposto
degli artt. 8 e 14, e dell’art. 41 della Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4
novembre 1950)1.
Il lavoratore ritiene di essere stato vittima di una
protezione della salute o della morale, o per la protezione dei
diritti e delle libertà altrui.
Articolo 14 - Divieto di discriminazione. Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella
presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna
discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la
razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o
di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a
una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra
condizione.
Articolo 41 - Equa soddisfazione
33 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
“discriminazione immediata, diretta ed
effettiva”, dimostrata dal fatto che, se non fosse
stato portatore del virus, i suoi colleghi non si
sarebbero rifiutati di lavorare con lui, né gli
sarebbe stato negato il diritto di lavorare;
sostiene, inoltre, che i portatori di HIV facciano
parte di un gruppo vulnerabile, siano
sistematicamente vittime di trattamenti
discriminatori e siano esclusi ed emarginati dalla
società e che, se l’ordinamento greco avesse
previsto esplicitamente il divieto di
licenziamento a causa dell’HIV, i colleghi non
avrebbero nutrito pregiudizi e non si sarebbero
intromessi nella sua vita privata, né avrebbero
creato malumori in azienda, minandone il buon
andamento.
La Grecia, pur ammettendo che qualsiasi
licenziamento ha ripercussioni sulla vita privata
del lavoratore, sostiene che l’art. 8 non si
applichi nel caso di specie, in quanto il
licenziamento deve implicare problematiche
gravi che non siano soltanto la perdita
dell’occupazione, ma, ad esempio, l’impossibilità
di reperirne un’altra, con conseguente
esclusione totale dal mercato del lavoro (nel
caso in analisi, dopo poco tempo dal
licenziamento, il ricorrente si è reimpiegato).
Il Governo greco ribadisce altresì la legittimità
del licenziamento, dettata solo dalla necessità di
Se la Corte dichiara che vi e stata violazione della
Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno
dell'Alta Parte contraente non permette che in modo
incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la
preservare il buon funzionamento dell’azienda e
non dalla volontà di discriminazione del
portatore del virus HIV; a sostegno della propria
tesi ricorda che, prima di irrogare il
provvedimento espulsivo, il datore di lavoro ha
cercato delle differenti soluzioni, interpellando
anche il medico del lavoro.
In ultimo, la difesa greca conclude sottolineando
che il lavoratore non è stato vittima di
discriminazione, che non è stato trattato in
maniera differente dagli altri lavoratori a causa
della sua malattia, e che il suo stato di salute non
è stato paragonato a quello degli altri
dipendenti; il datore di lavoro ha preso la
decisione del licenziamento solo per ristabilire la
pace all’interno dell’azienda.
A livello giuridico, la Grecia ritiene che né l’art. 8,
né l’art. 14, né il protocollo 12 impongano agli
Stati di legiferare a protezione dei portatori di
HIV, e ribadisce che lo Stato Ellenico ha dato
attuazione alle azioni positive all’interno
dell’ordinamento del lavoro, del diritto civile o in
disposizioni speciali per specifiche categorie di
lavoratori (es., portatori di handicap).
In ultimo, la difesa sottolinea che se il ricorrente
ha potuto adire i tribunali greci in ogni grado di
giudizio, ciò significa che le disposizioni di diritto
civile e di diritto del lavoro interne offrono una
tutela sufficiente anche ai lavoratori affetti da
Corte accorda, quando è il caso, un'equa soddisfazione alla
parte lesa.
34 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
HIV.
La Corte Europea, in primo luogo, analizza tutte
le fonti legislative nazionali applicabili, in
particolare la costituzione greca, la legge sui
licenziamenti e quella sull’uguaglianza di
trattamento; si sofferma altresì sull’analisi del
rapporto della Commissione nazionale per i
diritti dell’uomo del 27 gennaio 2011, relativo alla
“protezione dei diritti dei portatori di HIV”.
Procede alla ricostruzione di diritto con l’esame
dei testi europei ed internazionali, quali la
raccomandazione n. 200 dell’OIL del 2010, la
raccomandazione n. 1116 del 1989
dell’Assemblea parlamentare del Consiglio
d’Europa e il Patto Internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali (art. 2§2).
Alla luce anche di precedenti giuridici similari (di
cui si dirà) e dello studio comparato dei diritti
europei, la Corte ritiene applicabili gli artt. 8 e 14,
in quanto:
1) la definizione di “vita privata” è da
interpretarsi in maniera estensiva,
ricomprendendo anche l’integrità fisica e
morale della persona e l’identità fisica e
sociale dell’individuo; pertanto, le
questioni relative all’impiego, specie se
riferibili a persone affette da HIV,
rientrano nella “vita privata” (§70 della
sentenza: “e non potrebbe essere
altrimenti, dato che l’epidemia di HIV
2 Secondo la giurisprudenza della Corte, la discriminazione
consiste nel trattamento differente di persone in situazioni
non può essere considerata solo come
un problema medico, poiché i suoi effetti
si fanno sentire in tutte le sfere della vita
privata”);
2) nei fatti di causa, vi è una particolarità
rispetto ai precedenti giurisprudenziali,
in quanto il fatto cardine, il punto di inizio
della vicenda è da individuarsi nella
comunicazione del dipendente del
proprio stato di sieropositività
(nonostante le rassicurazioni del medico,
vi è un climax nel comportamento dei
colleghi, teso ad ottenere il
licenziamento del ricorrente, -dal rifiuto
di lavorare, alla richiesta di
licenziamento, alla aperta minaccia di
minare il buon funzionamento
aziendale); la CEDU giudica il
licenziamento come discriminatorio2, in
quanto nulla sarebbe successo se il
ricorrente non avesse comunicato nulla
circa il suo stato di salute;
3) il fatto che il ricorrente abbia trovato un
impiego nuovo in breve tempo, è
considerato irrilevante e non sufficiente
ad annullare l’effetto negativo procurato
sulla sua vita privata dalle vicissitudini
processuali;
4) un problema di salute quale quello della
sieropositività deve essere considerato
analoghe o similari, senza giustificazione oggettiva e
ragionevole.
35 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
un motivo di discriminazione rientrante
nell’espressione “tutte le altre
situazioni”, di cui all’art. 14;
5) anche l’ONU ha riconosciuto la status di
sieropositività come uno dei motivi di
discriminazione vietati.
Per quanto concerne il riconoscimento del
danno morale, a fronte della richiesta del
ricorrente di Euro 20 mila, la Corte accorda la
somma di Euro 8 mila, non ritenendo sufficienti i
giustificativi necessari circa le spese sostenute
(comprese quelle processuali).
Resta confermata la condanna del datore di
lavoro al pagamento della somma
corrispondente alle retribuzioni maturate dal
momento del licenziamento, nella misura già
indicata inizialmente dal tribunale.
I precedenti
La sentenza assume una particolare importanza
in quanto è il primo caso in cui la Corte affronta il
tema della tutela del diritto alla salute, in una
fattispecie di licenziamento di un lavoratore
affetto da una patologia.
Ai fini della decisione, la Corte ha valutato la
situazione giuridica nell’Unione Europea,
rilevando che, per quanto concerne la
protezione contro la discriminazione sul luogo di
lavoro accordata ai lavoratori affetti da HIV, 7
Stati (tra cui l’Italia) hanno adottato delle
disposizioni legislative ad hoc, mentre negli altri
Stati tale disciplina risulta assorbita in altri testi
legislativi.
Nella sentenza si ricordano anche casi analoghi,
risolti dai diritti interni; ad esempio, in Francia,
nell’anno 2012, è stato stabilito che un lavoratore
affetto da HIV non è obbligato a comunicare il
suo stato di salute, a meno che questo non sia
strettamente necessario per l’esecuzione del
proprio lavoro (nel caso di specie, per l’addetto
al bancone della caffetteria si è ritenuto che il
pregiudizio ingenerato nella clientela non
poteva giustificare la cessazione del contratto di
lavoro); precedentemente, anche in Belgio, nel
1998, un datore di lavoro era stato condannato
per aver abusato del suo diritto di licenziamento,
licenziando un dipendente esclusivamente in
ragione della sua sieropositività (casi analoghi,
negli anni 2004-2011, si sono verificati in territorio
elvetico, in Ucraina, in Croazia, in Polonia e in
Russia).
Nel rendere le proprie difese, la Grecia si rifà al
caso KIYUTIN contro RUSSIA, sostenendo che la
condanna inflitta dalla Corte alla Russia fosse da
basata esclusivamente sull’atto illegittimo dello
Stato, che poneva delle restrizioni ai diritti di
soggiorno nel territorio dell’Unione Europea ai
portatori di HIV; la Corte aveva ritenuto che il
trattamento riservato agli stranieri sieropositivi
fosse discriminatorio, in base al combinato
disposto degli artt. 8 e 14 della Convenzione.
La Grecia ha sostenuto che non fosse applicabile
la stessa decisione, in quanto nel caso in analisi la
responsabilità della eventuale discriminazione è
36 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
di un datore di lavoro privato e non dello Stato,
e che non sia possibile assimilare la
responsabilità di un privato a quella dello Stato
di appartenenza (caso n. 2700/10, deciso dalla
Corte nell’anno 2011).
La Corte era stata adita in precedenza per casi di
limitazioni alla libertà personale (come nel caso
SIDABRAS e DZIAUTAS contro LITUANIA, nn.
55480/00 e 59330/00, ricorsi riuniti e decisi dalla
CEDU nell’anno 2004) o alla libertà di
espressione (come nel caso PALOMO SANCHEZ
e ALTRI contro SPAGNA, deciso anch’esso
nell’anno 2011), ma mai per questioni di
licenziamenti illegittimi dettati dalla condizione
della sieropositività.
Il futuro
Proprio perché la vicenda in commento
rappresenta il primo e finora unico caso
sottoposto all’attenzione della Corte di
Strasburgo in materia, quella resa dalla CEDU è
una decisione certamente importante, destinata
a creare un precedente storico; prima di poterlo
considerare definitivo, è necessario però
attendere almeno tre mesi, ossia il periodo che
lo Stato greco ha a disposizione per potersi
rivolgere alla Grande Chambre, depositando
ricorso per la riforma della decisione.
37 La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
SUCCEDE DI BELLO CHE…
A cura di Ilaria Giulia Bortolan, Caterina Brianti e Fabiola Fregola
Questa rubrica trae origine da un presupposto scontato e forse banale: pensare che dietro i ritmi frenetici
delle nostre attività lavorative ci siano, prima che professionisti, persone.
Quindi può far piacere ricordarsi, per un solo momento, questa piccola verità, giusto cinque minuti di svago
in cui cercheremo di condividere con voi quello che, appunto, succede di bello.
Quando ho ricevuto la telefonata del nostro
Presidente, che mi onora di proseguire la rubrica
creata e inaugurata da Fabiola, mi sono sentita
lusingata, ma allo stesso tempo spaventata.
Ho iniziato a navigare in modo frenetico su
Internet cercando di trovare una notizia che
potesse catturare l’attenzione dei nostri lettori e
poi… proprio sotto il mio
naso….trovata…un’immagine…riprodotta in
un calendario appeso alla parete del mio
ufficio…il Villaggio della Gioia.
Vi chiederete di che cosa si tratta… beh….già il
nome trasmette pace, armonia e nella nostra
quotidianità di Consulenti del Lavoro molte volte
tutto questo manca.
Il Villaggio della Gioia è un luogo di accoglienza e
di educazione che offre ai bambini orfani la
possibilità di crescere in una dimensione
familiare, situato a Nord di Dar Es Salaam, ex
capitale della Tanzania.
Questa realtà, creata da Padre Fulgenzio Cortesi,
è nata nell’agosto del 2000 per dare una risposta
ai bimbi orfani a causa del virus dell’Aids,
condannati alla cosiddetta “vita da strada”.
Questo problema è una realtà in forte crescita,
senza chiare documentazioni che possano
quantificarlo.
Baba Fulgenzio, così come lo chiamano i piccoli
ospiti del Villaggio della Gioia, li accoglie
soddisfando i loro bisogni primari, istruendoli
fino al conseguimento della laurea; chissà forse
uno di loro diventerà un nostro futuro collega.
Facendo ricerche su Baba Fulgenzio, un
aneddoto mi ha colpito: «….un mattino una
bimba bussa alla mia porta. Vedo una bimba
sorridente; mi dice: “asante baba” (grazie papà).
Stupito le chiedo il perché; io non la conosco.
“hapana baba” (no padre) mi risponde: “ tu mi
conosci; sei stato nella mia capanna e mi hai fatto
una carezza”. Stupito chiedo “ma non hai
mamma che ti accarezza?”. “Mamma non ce
l’ho”. “ci sarà papà”. “papà non lo conosco”.
“ma allora chi c’è nella tua capanna?”. “c’è una
zia, molto vecchia e cieca, non mi vede e non mi
accarezza mai…”».
Credo che questo episodio, raccontato con
semplicità, ci faccia riflettere.
38
La Voce dei Giovani - Newsletter n. 2
LA VOCE DEI GIOVANI
Molte sono le testimonianze di volontari che, al
loro rientro in Italia, vengono pubblicate nel sito:
esprimono gioia, ma anche nostalgia di queste
terra, di questi bimbi che umanamente ti
cambiano la vita.
Oltre i volontari bisogna ringraziare anche i
numerosi sostenitori, tra questi l’ANCL e i
Consulenti del Lavoro, che ogni anno
sostengono economicamente il Villaggio della
Gioia.
Una frase scritta sul calendario del 2013 mi ha
fatto sorridere: “Caro fratello bianco, quando
sono nato, ero nero, quando sono cresciuto, ero
nero, quando sono al sole, sono nero, quando
sono malato, sono nero, quando morirò, sarò
nero. Mentre tu, uomo bianco, quando sei nato,
eri rosa, quando sei cresciuto, eri bianco, quando
hai freddo, sei blu, quando hai paura, sei verde,
quando sei malato, sei giallo, quando morirai,
sarai grigio. Allora, di noi due, chi è l’uomo di
colore?”.
E allora succede di bello che, alle volte immersi
nei problemi e nel caos del nostro mondo,
dovremmo soffermarci e pensare a questa
realtà…ci scapperebbe un sorriso, arrabbiandoci
di meno per i problemi di tutti i giorni.