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SAGGI Vito Pinto (*) LA PREVENZIONE DEGLI SCIOPERI NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI. OSSERVAZIONI CRITICHE IN MERITO ALLE PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO E DI CONCILIAZIONE DEI CONFLITTI SOMMARIO 1. Una nuova opzione di politica legisiativa. - 2. Le (presunte) cillw~ze della legge 146/1330 sulla prevenzione dei d m e la prassi succesSna. - 3. Alcune midemioni in merito aU'articolo 40 della Costituzione e ai limiti daiio stesso impasti al iegisiatore ordinano. - 4. Suil'onm impto alle pti sociali di pattuire " p h di raikddamento e concilia- ziona; suli'dcacia degli accordi e sul pote~ regoiamentare della Commissione di garanzia. - 5. ia valutazione di idoneità atlidata alla Commissione. In partimk, sulla dewone dei te- uraffireddamentm e amciliazione>. - 6. La vahitazione di idoneità deiie clausole di i;if"eddamento e di mciiiazione e gli effetti della vahmzione negativa. - 7. L'obbligo di ten- tare ia conciliazone dei amfiim quale condizione per ia legittima proclamazione deilo scie pero e i poteri, di Controuo e sanzionatori, attribuiti alla Commissione di garanzia. - 8. Gli ohmnenti della Commissione di garanzia in materia di pn>cedure di dìkddamento e di cmciiiazione. 1. - Una nuoua opzione di politica legislatiua - Tra le modifkazioni in- trodotte dalla legge n. 83 del 2000 alla disciplina deiio sciopero nei servizi pubbiici essenziali, una deiie più problematiche dai punto di vista costituzio- naie e sistematico è l'imposizione dell'obbiigo di tentare la conciliazione del conflitto prima di procedere da proclamazione dell'astensione dai lavoro, se- condo le modalità direttamente previste dal legislatore o, in alternativa, nego - ziate tra le parti e valutate idonee M a Commissione di garanzia (1). (*) Ricercatore presso l'università di Bari. I1 presente saggio è destinato al commentario Lo scwpero nei servizi pubblici essen- ziali, a cura di E. Ghera e B. Veneziani, in corso di preparazione. (1) In realtà, l'equivalenza tra le due procedure - legale e contrattuale - è stata messa in dubbio proprio dalla Commissione di garanzia. Tuttavia, come si argomenterà &fra (par. 8), tale orientamento è tutt'altro che convincente. Il tema della prevenzione del con8itto nella novella, comunque, è stato esplicitamente af - frontato da: AUamprese, Leprocedure di re-to e di conctljazione, in Menghini, Mi- saone, Vailebona (a cura di), La nuova dkipiinu dello sciopero nei servizi pubblici essen- di, Padova, Cedam, 2000, pp. 17 ss.; Ales, Leprocedure, in Santoni (a cura di), Le regole del- lo sciopero. Commentario sistematico alla legge 83/2000, Napoli, Jovene, 2001, pp. 1 ss.; Ba - varo, procedure di waffreahhmentm e *concillanone. dei conflitti collettivi nei servizi es - senziali, in Gwrn. dir. lav. rel. id., 2000, n. 87, pp. 395 ss.; Bavaro, Leprocedure di raffred- damento e conciliazione nei s4pubblici e d i , in M. Ricci (a cura di), S & p e servizi pubblici essemidi, TOMO, Giappichelli, 2001, pp. 109 ss.; Gmgnoli, Le regole per I'esachzio del diritto di s&p, in Pascucci (a cura di), 12 nuova discipl2na dello sciopero nei se&i essemiali, Milano, Ipsoa, pp. 18 ss.; Pino, S & p generale, serva2 essemiali e

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S A G G I

Vito Pinto (*)

LA PREVENZIONE DEGLI SCIOPERI NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI. OSSERVAZIONI CRITICHE

IN MERITO ALLE PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO E DI CONCILIAZIONE DEI CONFLITTI

SOMMARIO 1. Una nuova opzione di politica legisiativa. - 2. Le (presunte) cillw~ze della legge 146/1330 sulla prevenzione dei d m e la prassi succesSna. - 3. Alcune m i d e m i o n i in merito aU'articolo 40 della Costituzione e ai limiti daiio stesso impasti al iegisiatore ordinano. - 4. Suil'onm i m p t o alle pti sociali di pattuire " p h di raikddamento e concilia- ziona; suli'dcacia degli accordi e sul p o t e ~ regoiamentare della Commissione di garanzia. - 5. ia valutazione di idoneità atlidata alla Commissione. In partimk, sulla d e w o n e dei te- uraffireddamentm e amciliazione>. - 6. La vahitazione di idoneità deiie clausole di i;if"eddamento e di mciiiazione e gli effetti della vahmzione negativa. - 7. L'obbligo di ten- tare ia conciliazone dei amfiim quale condizione per ia legittima proclamazione deilo scie pero e i poteri, di Controuo e sanzionatori, attribuiti alla Commissione di garanzia. - 8. Gli o h m n e n t i della Commissione di garanzia in materia di pn>cedure di dìkddamento e di cmciiiazione.

1. - Una nuoua opzione di politica legislatiua - Tra le modifkazioni in- trodotte dalla legge n. 83 del 2000 alla disciplina deiio sciopero nei servizi pubbiici essenziali, una deiie più problematiche dai punto di vista costituzio- naie e sistematico è l'imposizione dell'obbiigo di tentare la conciliazione del conflitto prima di procedere d a proclamazione dell'astensione dai lavoro, se- condo le modalità direttamente previste dal legislatore o, in alternativa, nego- ziate tra le parti e valutate idonee M a Commissione di garanzia (1).

(*) Ricercatore presso l'università di Bari. I1 presente saggio è destinato al commentario Lo scwpero nei servizi pubblici essen-

ziali, a cura di E. Ghera e B. Veneziani, in corso di preparazione. (1) In realtà, l'equivalenza tra le due procedure - legale e contrattuale - è stata messa

in dubbio proprio dalla Commissione di garanzia. Tuttavia, come si argomenterà &fra (par. 8), tale orientamento è tutt'altro che convincente.

Il tema della prevenzione del con8itto nella novella, comunque, è stato esplicitamente af- frontato da: AUamprese, Leprocedure di r e - t o e di conctljazione, in Menghini, Mi- saone, Vailebona (a cura di), La nuova dkipiinu dello sciopero nei servizi pubblici essen- d i , Padova, Cedam, 2000, pp. 17 ss.; Ales, Leprocedure, in Santoni (a cura di), Le regole del- lo sciopero. Commentario sistematico alla legge 83/2000, Napoli, Jovene, 2001, pp. 1 ss.; Ba- varo, procedure di waffreahhmentm e *concillanone. dei conflitti collettivi nei servizi es- senziali, in Gwrn. dir. lav. rel. id., 2000, n. 87, pp. 395 ss.; Bavaro, Leprocedure di raffred- damento e conciliazione nei s 4 p u b b l i c i e d i , in M. Ricci (a cura di), S & p e servizi pubblici essemidi, TOMO, Giappichelli, 2001, pp. 109 ss.; Gmgnoli, Le regole per I'esachzio del diritto di s & p , in Pascucci (a cura di), 12 nuova discipl2na dello sciopero nei se&i essemiali, Milano, Ipsoa, pp. 18 ss.; Pino, S & p generale, serva2 essemiali e

slombardo
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854 1) O ’I’?’ K 1 N A

Nonostante le molte e delicate questioni sollevate, peraltro, l’impor- tanza della novella deriva dal fatto che essa è espressione di una nuova opzione di politica legislativa (2).

In precedenza, infatti, non c’erano dubbi che la legge fosse essenzial- mente diretta a «contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il go- dimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati». L‘art. 1, comma 2, descrive perfettamente l’opzione originaria: il legislatore perse- guiva un bilanciamento tra diritti costituzionali prevalentemente mediante la regolazione del diritto di sciopero nel momento del suo esercizio, ossia mediante la disciplina della dinamica e degli effetti dell’astensione collet- tiva dal lavoro (3). Di qui, appunto, il «contemperare» (da intendersi in senso letterale, come «temperare insieme») (4) , cioè il regolare l’esercizio del diritto di sciopero e, implicitamente, il diritto costituzionale della per- sona con lo stesso interferente nel caso concreto, in modo da realizzare il minore sacrificio reciproco. I1 contemperamento, insomma, era - ed è tut- tora - funzionale a l godimento del nucleo essenziale dei diritti delia per- sona costituzionalmente garantiti e, a tal fine, l’esercizio del diritto di sciopero era considerato come avulso dal conflitto collettivo che ne era causa e dalle sue ragioni di merito (5) .

Commidsone di Garamùz. Alcuni spunti dì $essione, in Dn: rel. ind., 2003, n. 2, pp. 167 ss.; Ricci, Sciopero nei servkipubblici essenziali tra vecchi e nuovi limiti, in Ricci (a cura di), S c w p e servizipubblici essenziali, Torino, Giappichelii, 2001, pp. 39 ss.; Ricci, S c w p e servizipubblici essenziali: unprimo bilancio, in D’Onghia, Ricci (a cura di), Lo sciopero nei servizipubblici essenziali, Milano, Giuffré, 2003, pp. 3 ss., e qui pp. 10 ss.; Monaco, Lo scio- pero nei servizipubbtici essemiak alcuni spunti di rtjflesskme, in q. Riv., 2002, i, pp. 517 ss.; RafG, S c w p nei servizi pubblici essenziali, orientamenti della Commishne di Garamh, Mino, GiuW, 2001, pp. 283-284 e 292 ss.; Bellardi, keprocedure di compofine dei con- flitti nella recente esperienza contrattuale italiana e nella $orma della L 146f1990, in D’Onghia, Ricci (a cura di), Lo sciopero.. . , cit., pp. 165 ss.

(2) Ghezzi, La commissione di garanzia nella legge di riyorma tra profili finzìonali e dinamica delle istituzioni, in Adl, 2001, n. 1, p. 1; G. Santoro Passarelli, Prime questioni in tema di scwpero nei servizi essenziali dopo la novella dell’ll aprile 2000, n. 83, in Adl, 2001, n. 1, pp. 193 ss., e qui p. 200.

(3) In termini, Grandi, Scwpero, prmmwne del conjlitto e servizi pubblici essenzia- lì, in Riv. it. dir. lav., I, 1999, pp. 257 ss. ,e qui p. 265, il quale ha evidenziato il silenzio dei legislatore del 1990 in materia di prevenzione deli’astensione collettiva (nonostante, ad esempio, l’obbligo del preavviso fosse espressamente giustifìcato, oltre che daila necessità di .consentire all’utenza di usuhire di servizi alternativi*, anche daii’opportunità *di favo- rire eventuali tentativi di composizione del con&tto*: art. 2, comma 5, legge n. 146/1990). Nel tempo, peraltro, non sono mancate opinioni secondo le quali la prevenzione (o il e d -

freddamento.) del conflitto sarebbe rientrata nella sratio politica della legge stessa» (v., per tutti, Ghezxi, Rappresentanza e rappresentatività sinùacale: esperienza e prospettive della Commissione di Garanzia, in q. Riv., 1998, I, pp. 651 ss., e qui p. 655).

(4) Curzio, Autonomia collettiva e scwpero nei servizì pubblici essenziali, Caaicci, Bari, p. 120.

(5) In termini, Grandi, Sciopero, prevenzio ne... , cit., p. 259.

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Oggi, invece, il legislatore segue un’opzione diversa, «aprendosi ad un orizzonte che abbraccia non più le pure e semplici modalità deli’astensione collettiva [...I bensì pressoché tutte le fasi del conflitto che precedono l’esercizio in concreto del diritto di sciopero, e perfino la sua stessa procla- mazione» (6). Più precisamente, imponendo sia l’onere di concordare le procedure di raffreddamento e/o di conciliazione (infru, par. 4) , sia l’ob- bligo di tentare una composizione negoziata del conflitto prima dell’asten- sione dai lavoro (infru, par. 7), il legislatore include neli’oggetto della disci- plina legaie non solo il momento deli’astensione collettiva - che costituisce la fonte immediata del pregiudizio per i diritti costituzionali della persona -, ma anche i conflitti che ne sono all’origine (7).

In altri termini, il legislatore abbandona la logica puramente regolativa dell’esercizio del diritto di sciopero e - nell’evidente intento di garantire «effetti addizionali di tutela per gli interessi degli utenti* (8) - introduce vincoli procedurali diretti a favorire una composizione .pacifica» del con- flitto e, quindi, a evitare per quanto possibile lo sciopero.

Le implicazioni del nuovo assetto normativo sono significative. Da un lato, infatti, è evidente come il legislatore ordinario configuri lo sciopero, limitatamente ai servizi pubblici essenziali, in termini di rimedio estremo a disposizione del gruppo organizzato per tutelare i propri interessi colletti- vi (9). Dall’altro, come dimostrano anche le regole sulla rarefazione degli scioperi, ciò avviene perché - tra tutti gli interessi in gioco - quello del- l’utenza alla continuità del servizio e aila minimizzazione dei disagi con- seguenti ail’interruzione dello stesso è assunto (senza mediazione alcuna) a interesse pubblico (10).

(6) Ghezzi, La Commissione digaranzia.. . , cit., p. 1. (7J Nessuna procedura di ra86reddamento e di m w o n e , invece, è i m p t a per il caso di

astensione collettiva daUe prestazioni, a fini di protesta o di rivendicaaone di categoria, da parte di la& autmm professionisti e piccoii impmditoh (q. ex at. 2&, legge n. 146 del 19%).

(8) Grandi, Sciopero. .. , cit., p. 267, e Ghezzi, Un’importante @orma ... , cit., p. 705. (9) Ghezzi, La Commissione digaranzia.. . , cit., p. 8. Ballesuero, La rarefazione degli

scioperi. Le regole legali e la loro applicazione, in Relazione sull’attiuità della commis- &ne (1“ ottobre2001-31 luglio 2002), Roma, Istituto polgrafìco dello Stato, p. 11.

(10) La tendenza, comunque, è tutt’altro che nuova e ha già permeato l’attività della Com- missione di garanzia nel primo decennio di vigenza deUa legge. A questo proposito, l’*ansia di spingere sempre più in Ià la tutela deii’utenm è stata widenziata da M&ritton, SnOperO e diritti &li utenti, Milano, F. Angeli, 1995, p. %, in senso critico, anche M. G. Gatvfàlo, Del valore gtu- ridico della proposta della Commissione di Garanzla owem del d o m p f e s h u d e di essere doici>, in q. Riv., il, 1999, pp. 721 e 723. Dopo la novella, v. almeno Gh@ La Commissione di Gm&. . . , cit., p. 1 9 nonché Pascuca, Gli orientamenti della Commissione di garanzia su duepnti critkà &la legge n. 83 del 2ooO: le sanzioni disciplmmi e leptr>cedure p m t i v e , in Adl, 2002, pp. 373 ss.; Rudano, L’iter f m t i v o della legge n. 8312000, in Giofiz. dir. lau rel. ind., n. 94,2002, pp. 169-170. SuUa legittimità m t i t m i d e delle norme legali dirette a garantire la continuità dei seniizi, v. kzjk par. 3.

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La profonda modificazione apportata dalla legge n. 83 nella logica ori- ginaria della legge n. 146 è comprovata dal ruolo particolamente incisivo attribuito - anche in questa materia - alla Commissione di garanzia.

La novella prevede, infatti, che la Commissione esamini («anche di propria jrijziatim~) le procedure di dieddamento e conciliazione eventualmente ne- goziate tra le parti e valuti l’idoneità delie stesse «a garantire il contempera- mento deil’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati*. In caso di valutazione negativa, così co- me nell’ipotesi in cui manchi del tutto una disciph collettiva della materia, la Commissione dovrebbe emanare una regolamentazione provvisoria (11). Sempre aiia Commissione di garanzia, poi, è attribuito il compito di controlla- re il rispetto delie procedure in discorso, nonché di impedire - anche con il Merimento dell’astensione dai lavoro - eventuali i n o s s e m .

Il legislatore, insomma, pare abbia predisposto una combinazione di ele- menti normativi e istituzionali al fine di aEermare il principio di prevenzione dei conflitti in un paese che non ha consolidate tradizioni in tal senso. Anche se non si può tacere che l’effettività di un siffatto sistema regolativo dipenderà in modo determinante dalla stabilità complessiva del sistema di relazioni indu- striali, ossia daii’ingdenza di sigdìcativi fattori sociali (quaii una consistente procedimentali2Lazione dei poteri org-tivi del datore di lavoro, l’esistenza di un sistema articolato di confronto e contrattazione e così via).

Un’aitra implicazione sistematica che alcuni hanno ritenuto di poter ricava- re dalle norme sulle procedure di mftkddamento e di conciliazione e, più in generale, daila maggiore formalizmzione della proclamazione deli’astensione dai lavoro (ex art. 2, comma 1) riguarda la titolarità del diritto di sciopero: quest’ultimo, infatti, cesserebbe - beninteso, limitatamente ai settore dei servi- zi pubblici essenziali - di essere un diritto individuale a esercizio collettivo per diventare un diritto collettivo (meglio: sindacale).

In questa prospettiva, infatti, l’esperimento delle procedure in discor- so costituisce una delle «condizioni di legittimità della proclamazione»; e l’illegittimità della proclamazione renderebbe illegittimo lo sciopero de- terminando, oltre d’applicazione delle sanzioni coilettive, anche da “degradazione” della situazione giuridica individuale degli scioperanti, da comportamento di attuazione di un diritto collettivo, in semplice eser- cizio della libertà di non lavorare» (12).

(11) L‘uso del condizionale è giustificato perché, come si argomenterà nel par. 3, una ricostruzione deiia disciplina attenta ai vaiori costituzionali impone di concludere che la Commissione di garanzia non abbia un potere di regolamentazione provvisoria in materia di procedure di raffreddamento e di conciliazione.

(12) Rusciano, L’iterfomativo ... , p. 174. V. anche Ghera, Conclusioni, in D’Onghia, Ricci (a cura di), Lo sciopero.. . , cit., p. 220.

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Di qui, appunto, la tesi: la nuova disciplina legale conferirebbe «al profi- lo collettivo della fattispecie una rilevanza sempre più esterna ed una defini- tiva preponderanza» in quanto gli adempimenti relativi alla proclamazione dello sciopero «non possono non essere [gestiti] da un soggetto collettivo». Questi, in ultima analisi, avrebbe «la legittimazione esclusiva a disporre del- l’astensione dai lavoro dei singoli partecipanti aiio sciopero. (13). Inoltre, la titolarità del diritto di sciopero spetterebbe soltanto aUe organizzazioni sin- dacali che abbiano una «configurazione giuridica di tipo associativo» (con esclusione dei gruppi spontanei), e i lavoratori, «non essendo titolari di un diritto, ma di una semplice libertà», incorrerebbero in un ingiustificato ina- dempimento dell’obbligazione lavorativa ogni volta che l’astensione colletti- va awenga senza il rispetto delle norme legali sulla prevenzione e suile pro- cedure di proclamazione (14) .

L‘opinione, però, non convince. Anzitutto, non è possibile ricavare dalle leggi ordinarie che regolano l’esercizio del diritto di sciopero argo- menti per sostenere la titolarità collettiva del diritto medesimo, essendo viceversa necessario che il legislatore ordinario rispetti la portata giuridica e il significato politico del diritto così come esplicitato da un’interpreta- zione sistematica della Costituzione (15); inoltre, è la stessa legge n. 146/1990 a offrire alcuni elementi testuali in senso contrario.

Rinviando l’approfondimento del tema (infra, par. i), per ora sia suffi- ciente notare come l’obbligo di esperire le procedure di raffreddamento e di conciliazione del conflitto collettivo comporti, in caso d’inadempi- mento, l’applicazione delle sole sanzioni a carico dei soggetti collettivi e non anche delle sanzioni disciplinari a carico dei singoli lavoratori, e che le pri- me siano certamente applicabili anche ai gruppi e alle coalizioni eftimere, occasionali ed elementari. La violazione delle norme sulla prevenzione del conflitto, pertanto, determina la sanzionabilità dei soggetti (sindacali) obbli- gati e non implica l’estensione della responsabilità anche agli scioperanti.

È vero, poi, che, nel disporre l’onere di negoziazione, il legislatore ha quale referente sociale l’organizzazione sindacale strutturata, la cui attivi- tà di tutela degli interessi collettivi sia destinata a protrarsi nel futuro (se così non fosse, del resto, non avrebbe alcun senso la pattuizione di mo- delli conciliativi negli accordi da sottoporre alla Commissione, vale a dire

(13) Rusciano, L’iter formativo ... , pp. 173-174. Ma la tesi è condivisa anche da Mona- co, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: alcuni spunti di rijlessione, in q. Riv., 2002, I, pp. 517 ss., e qui p. 529.

(14) Rusciano, L’iter formativo ... , pp. 174-175. (15) Chi deduce la titolarità del dintto di sciopero dalla legge ordinaria, del resto, hi-

sce per ricosuuire diversamente il diritto di sciopero a seconda che esso sia esercitato nel- l’ambito dei servizi pubblici essenziali (in cui avrebbe titolarità collettiva) o in tutti gli altri settori (nell’ambito dei quali conserverebbe natura individuale).

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prima e a prescindere dall’esistenza in concreto di un conflitto). Ma la tecnica normativa utilizzata non è elemento sufficiente per escludere che anche organizzazioni sindacali effimere o elementari, quali possono essere le coalizioni spontanee o i comitati di base, possano ricorrere allo sciopero (esperendo preventivamente, ad esempio, la procedura di fonte legale).

2. - Le Gpresunte) carenze della legge ì6lì990 sulla preuenzione del conflitto e la prassi successiva - I1 mutamento di politica legislativa innanzi evidenziato è l’esito di una lunga gestazione. Anche prima della novella, infatti, era possibile registrare - nel dibattito teorico e nella giuri- sprudenza della Commissione (16) - una valutazione negativa deiio scio- pero inteso quale mezzo ordinario di promozione e tutela degli interessi collettivi e una certa propensione a configurarlo quale rimedio estremo di pressione (li).

La questione, a quanto consta, è stata posta per la prima volta in una proposta della Commissione alle parti sociali (1991). In essa, la Commis- sione non solo ha qualificato come «necessaria» l’adozione di procedure per la prevenzione, il raffreddamento e la composizione del conflitto, ma ha altresì invitato le confederazioni e le organizzazioni di categoria a di- scutere sia della possibile «funzione di sollecitanone. della Commissione nei confronti delle parti sociali, sia della possibilità di inserire le clausole di prevenzione negli accordi sulle prestazioni indispensabili (18). L‘analisi

(16) È appena il caso di segnalare la stretta connessione dell’uno e dell’altra in que- sta particolare materia, assicurata dal criterio di selezione dei componenti deila Com- missione (che sono .esperti in materia di diritto costituzionale, di diritto del lavoro e di relazioni industriali*).

(17) Propensione certo motivata da intenti pratici, dal momento che aavulsa dal codit- to e daile sue ragioni di merito, la regolazione del mero esercizio del diritto di autotutela è esposta al paradosso della “fatica di Sisifo”: la composizione formale, puramente estrinseca, deiio stato di crisi, e puramente prowisoria, funzionalizzata alla garanzia dei diritti costitu- zionali della persona, non contiene mai, per imposta incompetenza, la trattazione dei ter- mini causali del contlitto, che può, quindi, illimitatamente riprodursin (Grandi, Sciopero, prevenzio ne... , àt., p. 259).

(18) La proposta (edita in q. Riv., 1991, I, pp. 571-572) fu predisposta da Ghera, il qua- le ha poi ribadito la propria posizione qualche tempo dopo, ailorché ha esplicitamente so- stenuto l’insufficienza di <interventi rivolti al semplice contenimento degli effetti del con- tlittou e i’indispensabiiità delh <adozione di procedure di raffreddamento e di prevenzione dei coditti, soprattutto nelle vertenze di tipo integrativo o applicativo» (cfr. Ghera, Gli ac- cordi in attuazione della legge n. i46 del 1330: il processo negoziale e le attiviià della Commissione di Garanzia, in Forum ’95, Atti dell’incontro con le parti sociali tenutosi a Roma il 13 luglio 1995, Commissione di garanzia, pp. 34-35). Di qui, l’auspicio per una no- veiia della legge n. 146 che rendesse obbligatoria l’adozione di procedure negoziate di raf- freddamento e conciliazione dei conflitti e che le sottoponesse al medesimo iier valiitativo degli accordi suiie prestazioni indispensabili.

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deila prassi deliberativa successiva, del resto, conferma il favore della Com- missione per la prevenzione degli scioperi (19).

Esemplare è, tra le altre, la proposta per il settore del trasporto aereo del 1994 (20). In essa è testualmente affermato che «l’esperimento di procedure preventive di composizione dei conflitti è un fattore essenziale ai fini della garanzia della continuità dei servizi» (art. 1, comma 2). In questa prospettiva, che chiaramente eccede quella del contemperamento tra diritti di pari dignità costituzionale, la Commissione considera il con- fronto e il negoziato come «strumenti prioritari per la prevenzione e la composizione dei confiitti di lavoro», ritenendo necessarie - tra l’altro - sia la negoziazione di «apposite clausole sull’esperimento obbligatorio di procedure conciliative prima della proclamazione di azioni di sciopero» (art. 4, comma 2), sia la previsione di un <<impegno formale ad astenersi da azioni unilaterali, che possano compromettere il regolare svolgimento dei servizi» (art. 4, c o m a 3).

L‘effettività del sistema di prevenzione delineato nella proposta, poi, sarebbe stato assicurato dal controlio della Commissione sulla «osservanza delle misure di prevenzione e di composizione dei conflitti negozialmente concordate. oltre che, naturalmente, sulle «cause di insorgenza del con- flitto» (art. 4 , comma 5) .

Specie nella prima metà degli anni novanta, insomma, la Commissione ha spesso valorizzato le procedure di prevenzione già presenti nei contrat- ti collettivi (dotandole, ad esempio, di una forza espansivu in grado di vincolare anche i soggetti collettivi diversi da quelli stipulanti), e, in alcuni casi, ha tentato di «imporre» la loro adozione mediante l’inserimento nel- le proposte sulle prestazioni indispensabili.

(19) Indicazioni attinenti alle procedure di prevenzione e composizione dei conflitti sono rinvenibili in diverse proposte deiia Commissione (si pensi alla proposta per il com- parto Ministeri: art. 6 della proposta formulata con delib. 99/284-7 del 22 aprile 1999; la proposta in parte qua è rimasta inalterata rispetto d a precedente proposta di cui aiia de- lib. n. 6.7 dei 14 settembre 1995 e riprende pedissequamente l’art. 4 della delibera 144.Q sul trasporto aereo, di cui si dirà tra breve in testo), ma anche in alcune valutazioni di ido- neità (cfr., ad esempio, la delib. n. 97/476 del 10 luglio 1937, in Boll. U’ n. 13 del 1997, pp. 46-47, relativa alia valutazione dell’kcordo Mmistero dell’interno relativo agli saoperi dei personale dei Corpo nazionale dei Vigili del fuoco). Ciò facendo, non c’è dubbio che la Commissione abbia inteso svolgere un niolo significativo nella prospettiva deii’evoluzione del sistema negoziale (in termini, Gheni, Rappresentanza e rappresentatiuvità sindaca- le ... , cit., p. 657).

Per approfondimenti, si rinvia alle analisi deiia giurisprudenza della Commissione con- tenute in La Macchia, Rappresentanza e rappresentatiuità sindacale nell’esperienza della Commissione digaramia, in q. Riu., 1998, I, pp. 593, e qui pp. 613 ss.; Grandi, Scwpero, prevenzione.. . , cit., pp. 267 ss.; Gmgnoli, Le regoleper I’eserctzZO.. . , pp. 32-33.

(20) Adottata con delibera n. 144Q del 23 giugno 1994 (in Eoll. UI’ nn. 9-10-11-12 del 1994, pp. 203 ss.).

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Tuttavia, questo orientamento non si è mai consolidato (e, a un certo punto, si può dire sia stato pressoché abbandonato) (21) per l'emergere di alcune perplessità (22). I1 problema giuridico, in realtà, consisteva nella dif- ficoltà di ricondurre le clausole di raffreddamento e di conciliazione ai nu- cleo dispositivo di regole dirette a realizzare il contemperamento tra diritti e, quindi, suscettibili di assumere l'efficacia generalizzata caratteristica degli accordi sulle prestazioni indispensabili (23) . Per comprendere taii clausole tra quelle assoggettate d a disciplina della legge n. 146, infatti, era necessa- rio negarne la funzione cd. obbligatoria e la riconducibiiità alla trama di rapporti giuridici intercorrenti tra i soggetti collettivi stipulanti (24) .

Le perplessità, più precisamente, riguardavano un duplice ordine di questioni.

Da un lato, ci si interrogava circa l'efficacia soggettiva delle clausole in discorso. L'opinione prevalente, poi fatta propria anche dalla Commissio- ne (25), era che il principio di libertà sindacale comportasse necessaria- mente che le procedure di prevenzione dei coditti vincolassero solo le parti contraenti e non fossero in alcun modo applicabili a i soggetti collet- tivi dissenzienti o, comunque, non firmatari degli accordi.

Dail'altro, si trattava di stabilire il grado di vincolatività delle procedu- re di composizione per gli stessi sindacati stipulanti: era necessario stabiii-

(2 1) Soprattutto neiia seconda metà degli anni novanta, inliN vi sono state molte occasioni in cui la Commissiorie ha ritenuto estranea alla propria competenza ogni vahiraziolie in materia di prevenzione del coditto (sui punto, si rinvia a La Macchia, Rqpv.wntmm e ra#msentutEvi. tà.. . , at., p. 616). Cb. delib. 96/21 del 24 ottobre 1996, ActvVenezia/cisnal, in BoZZ. Uff, 18136, p. 48, in cui la Commissione ha considerato estranea alla propria mpetenm la valutazione del comportamento deh Actv, che neil'occasioiie aveva attivato le procedure di dfmidamento del cori8itto (previste dall't\ccordo nazionale FedeItraspti, Fenit e Anac del 7 febbraio 1991) nei confmnti di alcune soltanto delle o-oni sindacale h t a r i e ; delib. 97/498 del 4 settembre 1997, Aan MilanoBaisa-cisal, in EoU Ufi, 15,97, pp. 19 ss., in cui la mancata attipdzione di p m - dure di dfmidamento è qualdata in termini di mero b~dtt, m e tale non in grado di condi- zionare la valutaziorie di legittimità dei m p r t a m e n t o deil'0.s. prociamaiite; deiib. n. 981174 (Sepsa NapokFdt-CgiI, Uiltraspoai Rsu Sepsa) e n. 981175 (Sepsa NapoWomu), entrambe del 26 mano 1998, in &li. Uf, 6/98, rispettivamente pp. 45-46 e pp. 47-49, in cui la Commissione ha ri- condotto le clausole relative aile procedure di mediazione e mihidamento previste dall'l\rcordo nazionale Fede~trasporti, Anac e Fenit del 7 febbraio 1991 alla parte cd. obbligatoria del contliitto, come taii vincolanti solo per le p t i stipuianti (perché estranee alla materia deila determinazione deUe prestazioni indispensabili).

(22) L'opinione è espiicitata in M. Grandi, Sciopro, preu mione... , cit., pp. 26&269. ma si evince chiaramente già in C. La Macchia, Rappresentanza e ruppresentutiuità ... , cit., pp. 613-617.

(23) V., per tutti, La Macchia, Rappesentunza e ruppsentutiuitù ... , cit., p. 616; Ghezzi, Rappresentanza e ruppresentutiuitù smdacale.. . , pp. 655-656; Grandi, S c w p , prwenzwne ... , cit., pp. 275 ss.

(24) Argomento condiviso dalia stessa Commissione di garanzia in Sepsa, deiibera pos. 1922 del 26 marzo 1998, cit.

(25) *a, delibera pos. 1922, e Atac-Cotral, delibera 981177, entrambe del 26 marzo 1998.

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re, cioè, se le procedure orientate alla composizione del conflitto rientras- sero o meno tra le misure dirette a realizzare il contemperamento tra dirit- ti costituzionali e se, conseguentemente, eventuali violazioni potessero essere prese in considerazione dalla Commissione nel corso della valuta- zione - ex art. 13, comma 1, lett. c, vecchio testo - del comportamento dei soggetti che avessero proclamato lo sciopero. In proposito, fu avanzata la tesi che almeno nei casi in cui l'inscindibilità tra prevenzione del con- flitto ed esercizio dello sciopero fosse stata riconducibile alla volontà delle parti (per cui erano queste ultime a concordarle e a sottoporre entrambi i tipi di clausole alla valutazione della Commissione), la violazione delle clausole di prevenzione avrebbe potuto essere suscettibile di valutazione negativa da parte della Commissione (26); sennonché, a quanto consta, quest'ultima non ha mai fatto propria l'opinione (27).

Ancora poco prima della novella, una raffinata elaborazione teorica ha tentato di mostrare come - pur nel silenzio della legge - fosse possibile e legittima, negli accordi sulle prestazioni indispensabili, la regolamentazio- ne di procedure compositive dei conflitti.

La tesi, più precisamente, tendeva a mostrare come la prevenzione del conflitto entri «in contatto con l'area del diritto di sciopero (art. 40), quando [essa sia] funzionalmente connessa all'esercizio del diritto, nel senso di configurarsi come procedura compositiva preliminare» (28).

In altri termini, secondo questa impostazione teorica, l'autonomia collettiva avrebbe potuto legittimamente stabilire un nesso funzionale tra diritto di sciopero e «condizioni e modalità di tipo procedurale» (tra le quali, appunto, sono da annoverare anche i tentativi di composizione del conflitto preventivi rispetto alla proclamazione dello sciopero), e, proprio in considerazione di quel nesso, le clausole di prevenzione avrebbero potuto essere valutate dalla Commissione, sarebbero state idonee ad acquisire efficacia generalizzata e, infine, la loro violazione

(26) Grandi, Intervento, in Forum '35, Atti deii'incontro con le parti sociali, tenutosi a Roma il 13 luglio 1995, pp. 136 ss., e qui p. 138; in seguito, Idem, Diritto di sciopero e prevenzione dei conflitti, in Scwpero e rappresentatiuità sindacale, Atti del convegno or- ganizzato dalla Commissione di garanzia a Roma il 17 settembre 1998, p. 171; da ultimo, Idem, Scwpero, prevenzione.. . , cit., pp. 275-276.

(27) La tesi è stata espressamente enunciata neiia richiesta di parere avanzata dali'Atac- Cotral in merito all'Accordo nazionale per il trasporto locale (Accordo Federtrasporti, Fenit, Asnac e Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uil Trasporti del 7 febbraio 1991) e respinta dalla Commissione (delib. n. 98/177-6.1 del 26 mano 1938, in www.commissionegaranziasciopero.it).

(28) Grandi, Sciopero, prevenzione ... , cit., p. 260 e p. 276. Di qui, appunto, la <<possi- bilità di ricondurre la clausola preventiva ai complesso delle condizioni e delle modalità re- lative all'esercizio del diritto di sciopero, condizioni e modalità rimettibili all'autonomia collettiva alla stessa stregua di quelle più direttamente concernenti la determinazione dei livelli minimi di prestazioni. (p. 277).

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862 D o I-T R I N A

avrebbe potuto essere rilevata dalla Commissione (ex art. 13, comma 1, lett. c) e adeguatamente sanzionata.

L’entrata in vigore della legge n. 83/2000 e la specifica disciplina della materia ivi contenuta, tuttavia, hanno sensibilmente modificato i termini della questione sul piano del diritto positivo ma hanno, soprattutto, posto la necessità di riconsiderare attentamente il valore e il significato dell’art. 40 della Costituzione.

3. - Alcune considwm‘mi in rner‘to all’articolo 40 della Costitm’o- ne e ai limiti dallo stesso imposti al legislatore ordinario - In effetti, la particolare complessità della materia, unita aila delicatezza che le è propria in ragione dei valori che essa coinvolge, rendono opportuno premettere aii’malisi del dato legislativo ordinario alcune considerazioni in ordine al- l’assetto costituzionale nel quale quest’dtimo deve essere inquadrato.

Alcune sintetiche considerazioni sull’art. 40 Cost., insomma, sono ne- cessarie al fine di poter successivamente valutare il significato costituzio- nale - e la conseguente legittimità - che assumono le diverse opzioni in- terpretative delle disposizioni legali.

Orbene, iniziando dall’obbligo di tentare la conciliazione del conflitto collettivo, esso ripropone una questione fortemente dibattuta alcuni de- cenni fa, allorché ci si interrogò sui limiti di ordine costituzionale che il legislatore ordinario incontra nella disciplina del diritto di sciopero.

È noto come, in occasione di quel dibattito, si registrarono posizioni diverse in ordine alla legittimità costituzionale della norma legale che avesse eventualmente imposto un tentativo di conciliazione (29); anche se si verifìcò una sostanziale concordanza di opinioni in merito all’inutilità pratica di una simile previsione (30).

Evidentemente, la circostanza che all’epoca si discutesse della regola- zione legale del diritto di sciopero tout court e oggi, invece, si dibatta del- la regolazione dello sciopero limitatamente ai servizi pubblici essenziali non modifica in maniera significativa i termini del problema.

Si tratta di verificare, quindi, se l’opinione prevalente nel dibattito de- gli anni cinquanta e sessanta possa ritenersi tuttora valida o se, più oppor-

(29) Ritenne costituzionalmente illegittima i’imposizione del tentativo obbligatorio di conclliazione, ad esempio, Mortati, Il lavoro nella Costituzione, ora in Problemi di diritto pubblico nell’attuale esperienza costituzionale repubblicana, Milano, Giuffré, 1972, vol.

(30) In molti evidenziarono, infatti, che pacificazione del confitto e prevenzione dello sciopero dipendono sempre dalle opzioni deiie parti interessate e che queste ultime non sono certo influenzate daii’imposizione di un tentativo obbligatorio di conciiiazione (cfr. i giiiristi citati neiia nota successiva).

111, pp. 339-340.

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tunamente, essa non debba essere specificata in considerazione del edirit- to vivente» di origine giurisprudenziale (specie costituzionale).

All’epoca, infatti, prevalse l’interpretazione deii’art. 40 che riconosceva al legislatore ordinario un larghissimo margine di discrezionalità nella re- golazione del diritto di sciopero (31). Proprio con riferimento all’intro- duzione di tentativi obbligatori di conciliazione, ad esempio, si scrisse che «formalmente, [. . . J nessuna condizione procedurale, per quanto onerosa e complessa, può reputarsi incostituzionale» (32); con ciò condividendo l’opinione di chi riteneva costituzionalmente illegittima soltanto una legge che negasse il diritto di sciopero o che lo circondasse di restrizioni tali da realizzare praticamente il medesimo risultato (33).

Oggi, però, anche a seguito di una consistente e ben nota giurisprudenza costituzide, si può sostenere che i iimiti imposti dalla Costituzione ai iegi- slatore ordinario siano più stringenti e rigorosi, nel senso che quest’ultimo può - tutt’ai più - regolare il diritto di sciopero introducendo condiziona- menti e istituti teleolqjcamente orientati a renderlo compatibiie con aimi di- ritti, beni e/o vaiori costituzionaimente d a t i . I1 legislatore, insomma, può ai massimo prevedere «repie» e «procedure» finalizme al rafforzamento di quei limiti (cd. esterni) del diritto di sciopero evidenziati dall’interpretazione siste- matica delle norme costituzionali e dei loro reciproci rapporti (34).

(31) V., tra i molti, F. Santoro Passareili, Autonomia collettiva, g i u r ì s d ~ n e , diritto di scwpero, in Su@ di diritto civile, Jovene, Napoli, 1961, pp. 200 ss. (edito per la prima volta in Riu. it. scienze gturkiiche, 1949, pp. 138 ss.); Caiamandrei, SZgnsfzcato costitunonale del diritto di sciopero, in q. Riv., 1952, I, pp. 242 ss.; Natoli, La Costituzione e ilprogetto di legge sindacale, in q. RW., 1954, I, pp. 100 ss. (il quale, peraltro, svolge alcune interessanti osserva- zioni critiche in ordine all’opportuNtà di introdurre i’istituto dei tentativo obbligatorio di con- ciliazione); Smuragita, La Costitunone e il sistema del diritto del lauoro. Lineamenti di una teoriagenerale, Milano, Feltrinelli, 1958, pp. 231 ss. (il quale ritiene costituzionalmente illegit- timo soltanto l’arbitrato obbligatorio); Mengoni, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, in h.Vv., Sciopero e sermta, Ceca, Lussemburgo, 1961, pp. 292 s.; G. Branca, Rijìessioni sullo s c w p economico, in Riu. dw. ciu., 1968, I, pp. 160-161.

(32) Pera, Problemi costitwwnali del diritto sindacale italiano, Feltrinelli, Milano, 1960, p. 240 e, a proposito del tentativo obbligatorio di conciliazione, pp. 242-243.

(33) Non a caso, un illustre giurista ha ascritto l’art. 40 al novero delle disposizioni co- stituzionali <formulate in modo da rendere possibile, e magari formalmente corretta, un’at- tuazione parlamentare manipolatrice deiio stesso principio in esse contenuto, così da to- gliergli una porzione della sua incisivitàu (Mancini, Sindacato e Costituzione trent’anni dopo, in Costitudone e movimento operaio, Bologna, 1976, p. 168, ma v. anche pp. 170 s.). Ma sul problema v. anche i giuristi citati alla precedente nota 32 e, in particolare, le os- servazioni di Calamandrei, Signìjiicuto costitwwnale.. . , cit., p. 243.

(34) In termini, a quanto è dato comprendere, anche Bavaro, Procedure di w&- tm e e d - , at., p. 433, il @e correttamente, ma serila approfondimento, aEerma che da pmpettiva memente qoiativa della ori- i. n. 146m è l’unica consentita dail’att 40 Cmt.w e che <le prestazioni indisperisabili [. . . ] costituiscono, in fondo, niente altro che limiti v e luti dalla nonna costituzionale. conha, Pascud, Gli orientamenti della Cmnm-. . . , at., pr 375, e Ricci, Sciopao e Seruaspubblici essemial& unprìmo bilrmczo, at., p. 10.

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864 I) O 1 ’I’ K I N h

Con ciò, sia chiaro, non si vuole dire che la regolamentazione legislativa permessa dd’art. 40 sia soltanto quella relativa alla dinamica e agii effetti dell’astensione collettiva dai lavoro e non anche d e attività precedenti quest’ultima. Non c’è dubbio, tra l’altro, che - se così fosse - dovrebbe concludersi per I’incostituzionalità anche dell’obbligo del preawiso (attività certamente preventiva rispetto d’astensione collettiva dal lavoro).

Ciò che conta, invece, è la connessione funzionale - anche solo indi- retta - tra attività preventiva ail’astensione dal lavoro e contemperamento tra diritto di sciopero e diritti della persona costituzionalmente garantiti. Nesso che, con tutta evidenza, manca nel caso delle procedure di preven- zione dello sciopero (mentre è presente, ad esempio, nel preawiso) (35).

A conclusioni differenti si potrebbe pervenire solo se d riuscisse a dimo- strare il fondamento e il rilievo castituzionaii del principio di «continuità dei servizi pubblici*; se, cioè, si riuscisse ad argomentare, purché d a luce di un’interpretazione sistematica del testo costituzionale, la legittimità di istituti che assicurino il godimento tendenzialmentepieno dei diritti della persona codiggenti con il diritto di sciopero e non solo del loro nucleo essenziale.

Per il vero, non sono mancati gii sfoni in tal senso. È stato affermato che il contesto socioeconomico renderebbe «sempre più difficie riconoscere ai di- ritto di sciopero dore equivalente agh altri diritti della persona costituzional- mente tutelati>>, ragione per cui «il legislatore [sarebbe] indotto a dare maggio- re peso d e ragioni dei cittadini e, quindi, a dare prevalente rilievo d a conti- nuità dei servizi pubblici essenziali» (36). E, sempre nella medesima linea di pensiero, è stato sostenuto che «la nozione di “continuità dei servizi pubblici” [. . . ] appare collocarsi su di un piano diverso, pur se complementare, rispetto a quella di “garanzia delle prestazioni indispensabili”» (37). In particolare, i di- ritti delia persona costituzionaimente garantiti sarebbero lesi «non solo quando l’astensione collettiva non rispetti l’erogazione delle prestazioni in*- ma anche quando la Erequem di continue azioni d t t u a i i , pur rispettme di tali prestazioni, produca un effetto di endemica alterazione della normaie eroga- zione del servizio, con la conseguenza che l’eccezione - il servizio erogato solo entro i limiti delle prestazioni indqxnsabili - diviene regola e la normaie regola - servizio erogato secondo lo standard ordinario - diviene eccezione» (38).

Tali opinioni, però, non sono condivisibili perché, sul piano fattuale, è da dimostrare che sia davvero in corso una «endemica alterazione dei

(35) La connessione, nel caso dell’obbligo del preawiso, è stata evidenziata anche dalla

(36) Così Rusciano, L’iter fomzativo.. . , cit., p. 170. (37) Pascucci, Gli orientamenti della Commissione.. . , in Mi, pp. 373. (38) La citazione, ancora una volta, è tratta da Pascucci, Gli orientamenti della Com-

Corte Cost. 10 giugno 1993, n. 276, in Riv. it. dir. lav., 1993,II, pp. 635 ss., spec. p. 639.

missione.. . , in Adl, pp. 373-374.

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servizi pubblici», e perché, sul piano del metodo, è giuridicamente im- proprio indurre da un particolare contesto socio-economico (ossia da un fatto) il «valore» di diritti costituzionali quali il diritto di sciopero.

Ciò posto, e salvo non si voglia dare corso a una profonda revisione del diritto vivente così come derivante dalla giurisprudenza costituzionale, vi sono seri dubbi che l’imposizione per legge di un tentativo di concilia- zione sia costituzionalmente legittimo ai sensi dell’art. 40.

La questione della legittimità o meno dell’obbiigo di cercare una soluzione negoziata del connitto, a ben vedere, risulta comunque assorbente rispetto d’altra in ipotesi riievante: vale a dire queila della compatibiiità della medesi- ma disciplina legaie con la iibertà sindacale di cui all’art. 39 della Costitunone.

Infatti, chi ritenga che il legislatore possa regolare il diritto di sciopero anche imponendo tentativi di conciliazione non avrà ragione di porsi la questione del doveroso rispetto della libertà sindacale: il fatto stesso che le attività legislativamente imposte aile organizhoni sindacali siano funziona- li aila legittima proclamazione di uno sciopero, infatti, esclude in radice l’illegittimità del conseguente condizionamento subito dall’autonomia col- lettiva (e salve, comunque, le precisazioni che seguiranno).

Per converso, chi sostenga l’esistenza di un contrasto tra la disciplina legale in discorso e l’art. 40 non potrà che concludere per l’illegittimità costituzionale della medesima, a prescindere da ogni successivo accerta- mento circa la violazione deli’art. 39, comma 1, Cost. (39).

Analoghe considerazioni valgano con riferimento alle disposizioni iegi- slative che, come si approfondirà tra breve, sembrano imporre - almeno sotto il profilo testuale - un obbligo di concordare clausole di raffredda- mento e di conciliazione, o che, mediante l’assimilazione alle clausole sul- le prestazioni indispensabili, dotino gli accordi valutati idonei di un’effìca- cia generalizzata o attribuiscano alla Commissione di garanzia il potere di formulare una regolamentazione prowisoria.

Ancora una volta, se si preferisce l’opinione per la quale il legislatore ordina- rio, nel r e g o k il diritto di sciopero, può sempre condizionare le relazioni col- lettive di lavoro, si potrà dedurre per la piena legittimità sia dell’obbiigo di nego ziare le clausole di mhddamento, sia - interpretando come relativa la riserva di legge di cui d’art. 40 (40) - del potere regolamentare deiia Commissione.

(39) Ancora Bavaro, Procedure di waffreddamento~~ e <conciliazione*, cit., esplicita- mente alle pp. 433 e 437.

(40) Come è noto, la dottrina ha per lo più ritenuto che il rinvio aUe leggi che regolano il diritto di sciopero (contenuto neil’art. 40) sia interpretabile come vera e propria riserva di legge, e, secondo l’orientamento prevalente, tale riserva deve essere intesa come relativa. Un’attenta ricostruzione del dibattito su questi temi è in Leccese, L’orario di Zavoro, Bari, Cacucci, 2001, pp. 98-102 (v. spec. gli Autori citati a p. 99, nota 212).

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Qualora, invece, si condivida il presupposto che l’intervento legislativo di regolamentazione del diritto di sciopero debba essere limitato a quanto strettamente necessario per garantire beni e valori costituzionali equipara- ti e concorrenti, sarà doveroso concludere per l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che perseguano fini diversi perché in contrasto con l’art. 40. I1 raffreddamento e la conciliazione del conflitto, infatti, sono funzio- naii alla continuità dell’erogazione dei servizi (o, se si preferisce, le clau- sole aventi quell’oggetto non sono funzionalmente assimilabili a quelle sulle prestazioni indispensabili).

Aile considerazioni che precedono, peraitro, occorre aggiungerne un’altra, di notevole importanza ai fini del discorso che segue.

Essa riguarda l’art. 39, comma 1, Cost. inteso non quale norma para- metro in base al quale valutare la legittimità costituzionale della legge or- dinaria, bensì come valore costituzionale in grado di orientare la scelta del giurista allorché il dato legislativo ordinario si presti a più interpretazioni diverse ma tutte plausibili.

Infatti, se la questione di legittimità costituzionale della disciplina in discorso ai sensi del comma 1 dell’art. 39 è - come appena argomentato - assorbita da quella fondata sull’art. 40, l’argomento costituzionale fonda- to sulla prima disposizione conserva una certa importanza nell’interpre- tazione della legge in ragione della strettissima connessione esistente tra questa e la libertà di determinare i contenuti della contrattazione colletti- va, nonché le strategie del confronto sindacale.

Pertanto, a chi scrive è parso metodologicamente più corretto preferire, nell’analisi delle previsioni contenuta nella legge n. 146/1990, quelle inter- pretazioni che comprimano il meno possibile la libertà garantita dal comma 1 dell’art. 39 e, quindi, limitino i condizionamenti sui comportamenti - e sulle strategie - delle organizzazioni e/o delle coalizioni sindacali.

4. - Sull’onere imposto alle parti sociali di pattuire uprocedure di raffreddamento e conciliazione#; sul1 ’efficacia degli accordi e sul potere regolamentare della Commissione di garanzia - Passando all’analisi del dato legislativo ordinario, occorre evidenziare come la legge preveda testualmente che nei contratti e accordi collettivi che fissano le prestazioni indispensabili «devono essere in ogni caso previste procedure di raffred- damento e di conciliazione, obbligatorie per entrambe le parti, da esperire prima della proclamazione dello sciopero». Tuttavia, il testo normativo prosegue prevedendo che «se non intendono adottare le procedure previ- ste da accordi o contratti collettivi, le parti possono richiedere che il tenta- tivo preventivo di conciliazione si svolga: se lo sciopero ha rilievo locale,

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presso la prefettura, o presso il Comune nel caso di scioperi nei servizi pubblici di competenza dello stesso e salvo il caso in cui l’amministra- zione comunale sia parte; se lo sciopero ha rilievo nazionale, presso la competente struttura del Ministero del lavoro e deiia previdenza sociale» (art. 2, c o m a 2, legge n. 146/1990).

I1 testo della legge, dawero sciatto e impreciso, impone anzitutto di chia- rire quali relazioni intercorrano tra il procedimento legale e il procedimento negoziale di prevenzione del conflitto (o regolamentare, per l’ipotesi di inerzia delle parti e di intervento della Commmissione di garanzia).

Questione complessa perché, da un lato, il legislatore sembra prevede- re che «le parti» siano tenute a concordare una procedura di raffredda- mento e di conciliazione (41), dall’altro, però, consente - ancora una vol- ta «alle parti., senza ulteriore specificazione - di porre in essere una pro- cedura uliemativu, libera nelle forme ma legalmente determinata quanto all’individuazione del terzo che deve mediare (a seconda dei casi, appun- to, la Prefettura, il Comune o il Ministero del lavoro).

Nel disciplinare il ricorso alla procedura legale, pertanto, il legislatore non chiarisce se le «parti» in questione siano queiie in conflitto in un dato momento (e, soprattutto, che non abbiano sottoscritto clausole di preven- zione) o siano, più genericamente e come pare preferibile, le parti rap- presentative dei datori di lavoro e dei lavoratori di un dato settore o com- parto (tra le quali sarebbero comprese anche le organizzazioni sindacali che, pur sottoscrittrici di clausole di raffreddamento e di conciliazione già valutate idonee dalla Commissione, ritengano opportuno, con riferimento a uno specifico conflitto, ricorrere alla procedura legale).

Questi problemi interpretativi, del resto, sono strettamente intrecciati ad altre notevoli questioni ermeneutiche poste dalla disciplina in discorso (e ciò, conviene ribadire, a prescindere dai dubbi di legittimità costituzio- nale innanzi espressi).

Orbene, una ricostruzione sistematicamente coerente è possibile evi- denziando l’esistenza di una procedura amministrativa di fonte legale o, se si preferisce, superando - pur con qualche innegabile difficoltà - già sul piano del diritto positivo l’assimilazione delle clausole di raffredda- mento e di conciliazione dei conflitti con quelle relative alle prestazioni indispensabili.

(41) In termini, Biagi, La legislazione sullo sciOper0. R i j o m o novella?, in Guida al Lavoro, 2000, n. 16, pp. 10 ss., il quale scrive di .materia obbligatoria di negoziazione» (p. i l ) , e Briàa, ilprocedimento di determinazione delle regole, in Scwpero e servizi pubbli- ci essenziali, a cura di Ricci, Giappichelli, Torino, 2001, pp. 93 ss., e qui pp. 9697 (ia quale inserisce la materia in discorso nel *contenuto imposto aiia contrattazione collettiva., di- sinvoltamente intesa quale «fonte [. . . ] non più libera.).

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Infatti, a meno che non si voglia negare qualsiasi funzione pratica al tentativo di conciliazione direttamente disciplinato dal legislatore, è ne- cessario concludere che quest’ultimo costituisca un’alternativa, libera- mente eleggibile da ciascuna delle parti in conflitto, sia alla procedura ne- goziata, sia, come si mostrerà, a quella predisposta daiia Commissione.

Partendo da questo presupposto, evidentemente, ha poco senso rite- nere che con la novella del 2000 il legislatore abbia obbligato le organiz- zazioni rappresentative degli interessi a pattuire procedure di pacificazio- ne dei conflitti e di prevenzione degli scioperi. Più coerente, invece, è ri- tenere che, nonostante l’utilizzazione del verbo «dovere» e dell’espres- sione «in ogni caso», il nuovo testo deii’art. 2, comma 2, legge 146/1990 disponga una sorta di «onere a contrarre» per le organizzazioni dei lavora- tori che intendano porre in essere il tentativo di conciliazione in forme di- verse da quelle predeterminate dalla legge. In presenza di un obbligo le- gale di tentare la conciliazione del conflitto, in definitiva, alle organizza- zioni sindacali sarebbe attribuita la facoltà di pattuire una procedura al- ternativa legalmente equivalente alla prima purché «valutata idonea» dal- la Commissione (42) . In questi termini, il presunto obbligo di negoziare clausole di raffreddamento e di conciiiazione costituirebbe, in realtà, un tentativo legislativo di valorizzare l’autonomia collettiva in questa materia.

Da ciò scaturiscono conseguenze di notevole rilievo, la prima delle quali attiene all’efficacia delle clausole negoziali aventi a oggetto il tentati- vo di conciliazione allorché queste siano valutate idonee dalla Commis- sione di garanzia.

Quanto all’efficacia soggettiva, è chiaro che, se il legislatore ha inteso valorizzare l’autonomia collettiva nel senso che ha consentito alle organiz- zazioni sindacali di articolare una procedura di conciliazione anche in considerazione delle tradizioni sindacali di ciascun settore o comparto, sa- rebbe contraddittorio concludere che le clausole concordate soltanto da alcune organizzazioni vincolino anche tutte le altre - che non abbiano partecipato alla negoziazione dell’accordo o che vi abbiano dissentito - semplicemente perché valutate idonee dalla Commissione.

(42) La ricostruzione proposta, infatti, comporta - per coerenza - che le procedure di raffreddamento e di conciliazione valutate come idonee dalla Commissione siano dotate di efficacia meramente obbligatoria anche nei confronti delle parti che le abbiano concordate. Contra, invece, Ghezzi, Un’importante ri~orma ... , cit., p. 704, secondo il quale la legge permetterebbe soltanto d i e parti che eventualmente non abbiano sottoscritto owero dis- sentano dai contmtti collettivi che contengono determinate procedure di raffreddamento e di conciliazione - anche quando queste siano giudicate idonee -, di non adottarle (e di non esserne, quindi, vincolate), e di chiedere, invece, che il pur necessario e comunque imprescindibile tentativo di conciliazione si svolga di h n t e alle [. . . ] autorità pubbliche (Prefettura, Comune, Ministero del lavoro)».

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Del resto, è la stessa lettera della legge a scongiurare un siffatto perico- lo allorché - nell’art. 2, comma 2 - è disposto che, «se non intendono adottare le procedure previste da accordi o contratti collettivi, le parti possono richiedere che il tentativo preventivo di conciliazione si svolga» in sede amministrativa. Infatti, non c’è dubbio che la norma riguardi, quanto meno, le organizzazioni sindacali non stipulanti l’accordo o il con- tratto e potendo essere incerta, tutt’ai più, la riferibiiità della previsione in discorso anche ai sindacati stipulanti.

La norma, peraltro, negando l’efficacia generalizzata degli accordi sulle procedure di raffreddamento e di conciliazione, costituisce il dato testuale più significativo a conferma della distinzione tra clausole relative alle pre- stazioni indispensabili e clausole relative alla prevenzione degli scioperi.

La questione può essere approfondita tenendo conto che, nonostante le difficoltà ricostruttive ( 4 9 , è preferibile ritenere che l’efficacia genera- lizzata degli accordi sulle prestazioni indispensabili derivi dall’obbligo im- posto dalla legge a carico dei «soggetti che promuovono lo sciopero con riferimento ai servizi pubblici essenziali [, . . ] o che vi aderiscono», dei «la- voratori che esercitano il diritto di sciopero», nonché delle «amministra- zioni» e delle «imprese erogatrici di servizi», consistente nell’effettuare le suddette prestazioni, nonché di rispettare le modalità, le «procedure di erogaione» e le aitre «misure» elencate all’art. 2, comma 2 (44). La fatti- specie complessa costituita dalla coppia accordo-valutazione d’idoneità,

(43) Difficoltà testimoniate dalle diverse tesi sostenute in proposito dal 1990 a oggi (per un riepilogo v., almeno, Bellocchi, Libertà e pluralismo sindacale, Padova, Cedam, 1998, pp. 223 ss., cui adde Pascuca, Tecniche regolative dello s c w p nei servizi essen- ziali, Torino, Giappichelli, 1999, pp. 142 ss.; Romei, Di che cosa parliamo quando par- liamo di scwpero, in Lav. dir., 1999, pp. 221 ss., e qui pp. 251 ss.). Secondo una prima opinione, come è noto, l’efficacia generalizzata è un effetto derivante non direttamente daii’accordo collettivo (che resta regolato dal diritto comune delle obbligazioni), bensì dal mgolamento di servizio in quanto atto di esercizio [. . . ] del potere direttivo del datore di lavoro. (cfr. Corte Cost. 14 ottobre 1996, n. 344, in Foro it., 1997, I, cc. 381 ss., e qui c. 385); secondo un’altra tesi, variamente argomentata, l’efficacia in discorso sarebbe imputa- ta dal legislatore alla fattispecie complessa *accordo valutato idoneo. (neìi’ambito della quale il contratto collettivo non realizza un’autoregolamentazione di interessi privati bensì l’individuazione delle misure concrete da adottare per realizzare il contemperamento tra diritto di sciopero e diritti della persona costituzionalmente garantiti); una terza opinione, infine, collega l’efficacia generalizzata alle disposizioni legali (artt. 19, comma 2, e 2, com- ma 1, in combinato disposto; ma anche art. 2, comma 3) che, ponendo l’obbligo di garanti- re le prestazioni indispensabili, dotano deìi’efficacia formale propria della legge anche gli accordi collettivi ai quali è demandata l’individuazione in concreto delle prestazioni e deiie misure necessarie a realizzare il contemperamento.

(44) Così Giugni, Diritto sindacale, Bari, Cacucci, 2001, pp, 249-250. Ma v. già D’Antona, Crisi e prospettive della regolarnentazione extralegislativa del diritto di scw- pero nei servizi pubblici essenziali, ora in Contrattazione, rappresentatività, conflitto, Roma. Ediesse, 2000, pp. 276 ss.

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insomma, proprio perché assolve la funzione di individuare in concreto il contenuto precettivo di una norma legale, produce l’effetto pratico di vin- colare anche i sindacati dissenzienti e/o le coalizioni professionali (anche temporanee) non fìrmatarie. In altri termini, non è la fattispecie negoziale in sé considerata a essere dotata di efficacia erga omnes, bensì il precetto legale il cui contenuto è specificato nell’accordo valutato idoneo.

Per quanto interessa in questa sede, però, è certo che l’art. 2, comma 3, non contiene alcun riferimento alle procedure di raffreddamento e concilia- zione convenzionalmente stabilite; mentre l’art. 2, comma 2, pone (implici- tamente) l’obbligo di tentare la conciliazione e &da (esplicitamente) alle parti la scelta tra la procedura negoziata - e valutata idonea - e quella lega- le: le parti in conflitto che non siano fìrmamie dell’accordo valutato idoneo, quindi, avranno sempre la possibilità di adempiere l’obbligo legale di tenta- re la composizione del conflitto ricorrendo alla forma legale.

Ciò significa che non vi sono dati testuali per affermare che le clausole sulla prevenzione degli scioperi siano specificative di un obbligo legale al- trimenti destinato a restare privo di contenuto precettivo (come accade, in- vece, per gli accordi sulle prestazioni indispensabili) e dai quale, quindi, possa derivare un’efficacia erga omnes. Del resto, se dawero le parti fossero obbligate a concordare clausole di raffreddamento e di conciliazione dei conflitti, e queste - a seguito deiia valutazione deiia Commissione - acqui- stassero l’efficacia generalmente vincolante propria delle clausole sulle pre- stazioni indispensabili, non avrebbe alcun senso prevedere una procedura alternativa (quale è quella direttamente disciplinata dalla legge).

In definitiva, le clausole di raffreddamento e conciliazione - anche a seguito della valutazione di idoneità della Commissione - non vincolano le formazioni sindacali non stipulanti, a meno che esse volontariamente non le accettino (45).

Quanto all’efficacia oggettiva, invece, è possibile riconoscere alle clau- sole di raffreddamento e di conciliazione - anche successivamente alla va- lutazione di idoneità - una funzione meramente obbligatoria, vale a dire l’esclusiva funzione di regolare i rapporti tra la parti collettive stipulanti (e ciò, ancora una volta, a differenza di quanto accade per le clausole che individuino le prestazioni indispensabili) (46). In questo modo, infatti, pa- re debba essere sciolto il dubbio interpretativo relativo all’art. 2, comma 2, poco innanzi riferito.

(45) Aim questione è stabilire se i’appiicuione volontaria deiie procedure cia parte di un’oqpnhazione che non le abbia concordate e/o negoziate conferisq per aò solo, aiia fonna- zione sindacale che vi abbia interesse la quaiità di “parta, deii’arrordo e di un dato sistema di re- iazioni intersindacaJi. In proposito, però, la tesi negativa appax CRriamente preferibile.

(46) V. anche Santoni, Continuità e innovmwne.. . , cit., p. 384.

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Peraltro, pare coerente sostenere che il ricorso alla procedura legale - pur in presenza di una procedura negoziale valutata idonea - non debba necessariamente avvenire di comune accordo tra le parti stipulan- ti, ma possa essere intrapresa anche unilateralmente da una o più orga- nizzazioni sindacali. In questa ipotesi, ferme restando le eventuali con- seguenze intersindacali derivanti dalla violazione dei patti, le altre orga- nizzazioni sindacali e, soprattutto, la controparte potranno aderire alla scelta ovvero manifestare il proprio dissenso non partecipando al tenta- tivo. Nell’uno o nell’altro caso, però, il tentativo di conciliazione si avrà per espletato.

Un altro ordine di questioni riguarda il potere regolamentare attribuito dal legislatore alla Commissione. Sempre l’art. 2, comma 2, legge n. 146/1990, infatti, prevede che «qualora le prestazioni indispensabili e le altre misure di cui al presente articolo non siano previste dai contratti e accordi collettivi o dai codici di autoregolamentazione, o se previste non siano valutate idonee, la Commissione di garanzia adotta, nelle forme di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a, la provvisoria regolamentazione». Quest’ultima norma, poi, dispone che, in conseguenza di una valutazione di non idoneità, la Commissione adotti «con propria delibera la provviso- ria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure di contemperamen- to, comunicandola aile parti interessate».

Anche questo combinato disposto, però, pone alcuni dilemmi. Limitando il discorso all’ipotesi di inerzia delle parti, è anzitutto da

chiarire se l’intervento della Commissione in caso di inerzia delle parti sia necessario o solo eventuale.

I1 tenore letterale delle previsioni appena richiamate fornisce certa- mente argomenti per sostenere la prima tesi, ma conclusioni opposte - comunque non incompatibili con il testo delle norme - sono sicuramente più coerenti con l’assetto così come innanzi razionalizzato.

Peraltro, la prima delle interpretazioni possibili renderebbe il quadro legislativo ancora più contraddittorio, perché riconoscerebbe a un iter re- golamentare eterodetemzinato, esattamente come quello di fonte legale, maggiori chances di pacificazione dei conflitti.

Sotto altro profdo, è possibile porre la questione se la procedura istituita dalla Commissione sia altmativa rispetto a quella prevista dal legislatore oppure se essa vincoli tutte le organizzazioni di interessi di un dato settore o comparto, ragione per cui essa sarebbe sostitutiva di quella legale.

In realtà, non vi sono dati normativi per sostenere quest’ultima tesi. Anzi, come anticipato, proprio la previsione legislativa di una procedura amministrativa sempre eleggibile dalle parti in conflitto autorizza un’inter-

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pretazione che - al pari di quanto anticipato in riferimento alla procedura negoziale valutata idonea - consideri anche la procedura regolamentare come alternativa rispetto a quella di fonte legale.

5 . - La valutm‘one di idoneità affidata alla Commissione. In parti- colare, sulla definizione dei temzini «raffmddamentoN e .conciliazione» - L‘art. 2, comma 2, del resto, contiene l’espressione «procedure di raf- freddamento e di conciliazione» senza ulteriori specificazioni o deiìnizioni.

È necessario, quindi, chiarire il significato di entrambi i termini, «raf- freddamento» e «conciliazione»: stabilire quali contenuti regolativi minimi debbano avere le clausole in discorso, infatti, è essenziale affinché le pro- cedure negoziate possano, in primo luogo, essere valutate dalla Commis- sione di garanzia e, successivamente, possano costituire un’aiternativa alla procedura direttamente regolata dal legislatore.

Con riferimento alla tesi sostenuta in questa sede, quindi, il problema definitorio influenza le conclusioni in ordine ai limiti di legittimità degli interventi - valutativi e regolativi - della Commissione.

Orbene, con tutta evidenza, l’uso dei termini «raffreddamento» e «conciliazione» per indicare la funzione che deve essere assolta dalle pro- cedure in discorso costituisce un rinvio a nozioni di esperienza.

Pertanto, essi devono essere assunti nel significato che è loro proprio «nel comune linguaggio adottato nell’ambiente sociale» (47) (vale a dire nella prassi politico-sindacale e nel linguaggio che la esprime). In caso contrario, l’interprete varierebbe a suo arbitrio l’ampiezza semantica di entrambi con l’effetto, ad esempio, di modificare l’ambito e l’oggetto del giudizio di idoneità attribuito alla Commissione di garanzia (come, appun- to, tende a fare proprio quest’ultima: infra, par. 8).

Dovendo ricostruire il significato del termine «raffreddamento» è op- portuno ricordare come esso - inserito neil’espressione «periodo di raf- freddamento. - ricorra nel Protocollo del 23 luglio 1993 a proposito delle procedure di rinnovo dei Ccnl (48). Più precisamente, il protocollo pre-

(47) Così, a proposito del significato da attribuire al termine wiopero* contenuto nell’art. 40 Cost., la celeberrima Cass. n. 711 del 1980. Per alcune indicazioni in merito al problema della definizione nel diritto, sia consentito il rinvio a V. Pinto, voce Scwpero, in Digesto N, disc. priv. - Sez. comm., Utet, vol. XIII, 1996, pp. 223-225. In merito alla defini- zione dei termini «raffreddamento. e xconciliazione» nel nuovo testo deila legge n. 146 del 1990 v. anche Santoni, Continuità e ìnnouazwne nella disciplina degli scwperi nei semi- zipubblici essenziali, in Riu. it. dir. lau., I, 2000, pp. 382-383.

(48) Parte seconda, assetti contrattuali, n. 4, primo capoverso. In proposito, v. almeno Bekardi, Concertazwne e contrattazione, Bari, Cacucci, 1999, pp. 170 ss.; Lambertucci, Le procedure di raffrddamento dei conflitto collettivo con particolare nyerimento alla di-

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vede che durante i tre mesi precedenti la scadenza del contratto e il mese successivo alla stessa «le parti non [assumano] iniziative unilaterali né [procedano] ad azioni dirette», e sanziona «la violazione di tale periodo di raffreddamento» - a seconda dei casi - con l’anticipazione o il differimen- to del termine dal quale decorre l’indennità di vacanza contrattuale.

Ma il medesimo termine compare anche nel Patto per i trasporti del dicembre 1998, accordo sottoscritto con il preciso intento di «governare consensualmente gli effetti sociali delie trasformazioni» in atto nel settore e di individuare «forme di prevenzione e moderazione dei conflitti sinda- cali per garantire la continuità dei servizi pubblici e tutelare gli utenti» (49). L‘importanza del Patto ai fini del nostro discorso è notevole. Esso non solo delinea un innovativo sistema di regole relative sia alla definizio- ne di limiti alle modalità e ai tempi dello sciopero, sia alle procedure di prevenzione del conflitto al fine di «perfezionare dall’interno il sistema della legge n. 146» (50), ma anticipa di pochi mesi la presentazione da parte del governo del disegno di legge n. 5857 avente a oggetto la modifi- cazione e l’integrazione della medesima legge n. 146 (51).

Orbene, il Patto del 1998 impegna le parti sociali stipulanti a prevede- re «procedure di raffreddamento» da esperire obbligatoriamente in occa- sione dei rinnovi dei contratti collettivi e che «recepiscano le disposizioni degli accordi del 23 luglio 1993 e del 22 dicembre 1994, confermati il 22 dicembre 1998~ (par. 5.2). La clausola, peraltro, deve essere interpretata contestualmente a quella successiva che - nella diversa ipotesi di werten- ze collettive attinenti l’applicazione di accordi collettivi e/o la loro inter- pretazione» - impegna le parti a pattuire una .procedura di conciliazio- ne». È importante notare, infatti, che il Patto - pur senza utilizzare il ter- mine «raffreddamento» - precisa che «il ricorso alle procedure di conci- liazione comporta la non assunzione di iniziative unilaterali delle parti per

scZplinu contenuta nel Protocollo del 23 hglw 1993, in q. Riv., 1998, I, pp. 381 ss.; Del Conte, L’evoluzione del concetto di tregua sindacale nell’kcordo del 23 luglw 1993, in Dir. rel. ind., 1334, n. 2, pp. 101 ss.; Leccese, Autonomia collettiva e composizwne dei conflitti, in Dir. rel. i d . , 1994, n. 1, pp. 149 ss.; Ales, Previswne di un periodo di raf- freddamento nel protocollo d’intesa 3 luglio 1993: spunti problematici, in Dir. lav., I, 1993, pp. 605 ss.

(49) V. lett. A, Premessa. *Obiettivi e contenuti del patto#. Il Patto dei trasporti è pub- blicato in Lau. inf, 1993, n. 1, pp. 74 ss.; per approfondimenti, v. Treu, Ilpatto dei tru- sporti, in @a, 1999, I, pp. 11 s.; Idem, Politiche del lavoro, Bologna, I1 Mulino, 2001, p. 237; D’Antona, Per una storia del patto dei trasporti, ora in Opere, vol. 11, Milano, Giuf- Cé, 2000, pp, 439 ss.; De Marinis, Scwpero e concertazwne nei trasporti: dalla legge n. i46 del 1990 alpatto sociale del 23 dicembre 1998, in Mass. giur. lav., 1999, pp. 352 ss.

(50) Treu, Politiche del lavoro, Qt., p. 239. (51) D.d.1. presentato alla Camera dei deputati in data 25 marzo 1999 («Modifiche ed inte-

grazioni della 1. 12 giugno 1990, n. 146, in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e di saivaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati*).

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la durata della procedura e la sospensione delle iniziative eventualmente adottate». E si tratta, come è evidente, di un obbligo di astensione tempo- ranea da iniziative unilaterali che richiama quello previsto dal Protocollo del 1993 il quale, come rammentato, definisce espressamente il periodo di astensione come {{periodo di raffreddamento».

Gli elementi appena richiamati pare giustifichino a sufficienza un’inter- pretazione del termine «raffreddamento» nei termini - meramente negati- vi - di temporanea astensione da iniziative unìlaterali elo da azioni di- rette, Tale astensione, proprio perché non «surriscalda» il conflitto, age- vola la chiarificazione delle posizioni reciproche, nonché il superamento di eventuali impasse del processo negoziale. La clausola di raffreddamen- to, insomma, altro non è se non una clausola di tregua sindacale sinal- lagmaticamente collegata con l’impegno del datore di lavoro a non proce- dere nell’attuazione della decisione contestata e fonte del conflitto (52).

Quanto al termine «conciliazione» - talvolta utilizzato dal legislatore con riferimento ai conflitti collettivi (quali l’art. 12, comma 3, lett. d, legge n. 628/1961), più spesso in relazione alle controversie individuali -, esso non può che essere assunto nel senso generico di «composizione nego- ziata di un conflitto» (eventualmente con la mediazione di un terzo).

Infatti, deve intendersi che per «procedure di conciliazione» il legisla- tore abbia inteso designare un insieme coordinato di atti e attività finaliz- zati alla composizione negoziata del conflitto e consistenti indifferente- mente - quindi, secondo i casi e le preferenze delle parti sociali - nell’ac- certamento consensuale dei fatti alla base del conflitto, nell’eventuale in- tervento di un terzo in grado di mediare tra le parti medesime e di orien- tare i termini dell’accordo, oppure in ulteriori e distinti atti e attività (53). In coincidenza con l’espletamento di queste procedure, peraltro, le parti sono obbligate altresì a un non fncere consistente nell’astenersi da azioni unilaterali per non comprometterne il successo.

I1 legislatore impone, in definitiva, che procedure di conciliazione e obbligo di tregua sindacale siano contestuaii: coincidenza temporale che

( 5 2 ) Così Treu, Sciopero nei seruizipubbZECi, cit., p. 15, e Idem, Politiche del lavoro, cit., p. 250; contra, Ales, Leprocedure, p. 8.

(53) I1 termine conciliazione, insomma, nulla dice circa le forme in cui può snodarsi l’attività compositiva; pertanto, le parti sociali sono libere di determinare oy,anismi, com- piti, fasi e tempi delle procedure fermo restando il fine (agevolare il raggiungimento di un’intesa o di un accordo stimolando e sostenendo la negoziazione tra le parti). Sul- i’attività di mediazione dei conflitti e sulle dinamiche che concretamente essa può assume- re (anche sotto il profdo dei compiti che di fatto sono svolti dai compositore), sono tuttora illuminanti le considerdzioni svolte in Giiigni, RoZe joué par Zes tiers dans négochtions, Rapporto n. 4, Ocde, Parigi, 1970; nonché in Veneziani, Bellardi, voce Mediazione (dei conflitti), in Digesto N, disc. priv., Sez. comm., vol. M, Torino, Utet, 1990 (e, ivi, ultetiori indicuioni bibliografiche alla letteratura italiana e straniera).

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fino all’entrata in vigore della legge n. 83/2000 non era affatto pacifica né nell’ordinamento giuridico italiano, né nella prassi contrattuale (54).

6. - La valutm‘one di idoneità delle clausole di raffreddamto e di conciliazione e gli effetti della valutazione negativa - Alcune delle que- stioni esaminate in precedenza con riferimento all’ipotesi della mancata pat- tuizione delle clausole di raffreddamento e conciliazione si ripropongono anche con riferimento al caso in cui tali clausole, pure esistenti, non siano valutate idonee daila Commissione. In questo caso, però, si pongono anche aìcune questioni ulteriori. Anzitutto, nonostante la legge sia esplicita nel prevedere che anche le clausole in discorso siano sottoposte alla valutazione di idoneità della Commissione di garanzia, non è affatto chiaro quale sia il parametro suila cui base effettuare la valutazione di idoneità.

Testualmente, la valutazione della Commissione di garanzia ha a ogget- to «l’idoneità delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffred- damento e conciliazione e delle altre misure» eventualmente concordate «a garantire il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati» (art. 13, comma 1, lett. a, legge n. 146/1990).

Tuttavia, è evidente come il legislatore, anche con riferimento a questo caso, non abbia avuto una chiara percezione del problema da regolare.

Infatti, appare logicamente impossibile valutare l’idoneità delle proce- dure di raffreddamento e conciliazione ad assicurare il contemperamento tra diritti costituzionali per il semplice fatto che le prime si pongono su un piano (quello della prevenzione dello sciopero e della tendenziale conti- nuità dell’erogazione dei servizi) del tutto distinto dal contemperamento (che, al contrario, presuppone l’esercizio del diritto di sciopero e l’asten- sione dal lavoro). In altri termini, il criterio di giudizio rappresentato dalla necessità di garantire il contemperamento tra diritti costituzionali può orienture la valutazione di idoneità delle prestazioni indispensabili, ma non anche quella delie procedure di raffreddamento e conciliazione, per- ché soltanto nel primo caso è possibile un giudizioprognostico circa gli effetti sul diritto degli utenti dello sciopero effettuato garantendo le pre- stazioni indispensabili individuate.

Un giudizio upriori sulle procedure di trattamento del conflitto è del tutto inaffidabile, derivando da una serie di variabili incontrollate: l’og- getto del conflitto, l’atteggiamento delle parti e la loro volontà di raggiun- gere un accordo e così via.

(54) Treii, Politiche del lavoro, Qt., p. 250.

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L‘efficacia delle stesse, a ben vedere, non può essere valutata neanche expost sulla base di dati storici e/o statistici dai quali si evinca se queile procedure abbiano - o non abbiano - consentito il raggiungimento di ac- cordi in tempi ragionevoli. Anche in questo caso, infatti, oltre a variabili facilmente determinabili come l’oggetto del coditto, rilevano variabili di difficile definizione e considerazione (si pensi all’incidenza che in concre- to hanno le politiche sindacali seguite da questa o quell’organizzzione in un dato momento storico).

A parere di chi scrive, del resto, proprio perché le clausole di raffred- damento e/o di conciliazione sono parte integrante di un sistema di rap- porti intersindacali e, soprattutto, sono strutturate in funzz‘one di questo, ciascuna clausola e ciascuna procedura sono, nel proprio ambito e secon- do le valutazioni delle parti sociali interessate, le più idonee a superare eventuali crisi e/o fasi di stallo delle relazioni tra le parti; o meglio, le uni- che idonee tenendo conto dell’assetto complessivo delle relazioni colletti- ve, delle «tradizioni» del settore, delle politiche perseguite dagli attori sindacali e, non ultimo, dei rapporti di forza esistenti tra le parti. La valu- tazione della Commissione, se diretta ad accertare la presumibile efficacia del tentativo, rappresenterebbe in questo contesto un giudizio nuovo - ri- spetto a quello implicito nelle scelte regolative compiute dalle parti sociali - avente il medesimo oggetto: l’idoneità della disciplina negoziale a rea- lizzare il raffreddamento e/o la conciliazione dei conflitti collettivi. Per ciò stesso, il giudizio della Commissione si aggiungerebbe e si sovrapporreb- be alle valutazioni liberamente compiute dalle parti interessate, compri- mendone illegittimamente - ma anche inutilmente - l’autonomia.

Sul piano pratico, del resto, le valutazioni della Commissione non incidono minimamente suii’efficacia delle procedure dal momento che essa dipende es- senzialmente daii’effettiva volontà delle parti in contlitto di giungere a una so- luzione negoziata del conflitto senza il ricorso ad azioni di sciopero (55).

(55) In altri termini, non è sufficiente l’introduzione di procedure preventive obbliga- torie di raffreddamento e conciliazione del conflitto affinché si realizzi l’effetto sperato (va- le a dire la prevenzione dello sciopero). È ben possibile, infatti, che un’organizzazione sin- dacale promuova il tentativo di conciliazione solo perché deve adempiere a un obbligo le- gaie e non perché nutra una seria volontà conciiiativa. Così come è vero il contrario: non è necessario siano formalizzate specifiche procedure per realizzare una conciliazione delle controversie collettive allorché in tal senso vi sia una comune volontà delle parti conflig genti. Nutrono maggiore fiducia sulla capacità di prevenzione del conflitto della disciplina legale in commento k DAtena, voce Scwpero nei servizi pubblici essenziali, in Enc. dir., Aggiornamento 111, 1939, pp. 947 ss., e qui p. 976; Fontana, Modfiche ed integrazioni alla legge sullo scwpero nei servizi pubblici essenziali, in Nuove leggi civ. comm., 2000, pp. 960 ss., e qui p. 965; Ballestrero, La Commissione di garanzia dieci anni dopo, in Il con- flitto collettivo nei servizi pubblici essenziali, Quaderni di diritto del lavoro e delle rela- zioni industriali, n. 25, Utet, 2001, pp. 23 ss., e qui p. 31.

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Chi condivida queste considerazioni deve ridurre la valutazione (ne- cessariamente preventiva) della Commissione sulle clausole in discorso a un controllo di conformità alla disciplina legale. Tenuto conto dell’inter- pretazione innanzi fornita all’espressione «procedure di raffreddamento e conciliazione» (par. 5), la Commissione dovrebbe limitarsi a verificare che la procedura negoziata (a) debba precedere la proclamazione deiio sciopero, (b) sia accompagnata, per l’intera durata, dali’esplicito impegno ad astenersi da iniziative unilaterali e/o azioni dirette (cd. raffreddamento), (c) non si ri- solva in un mero differimento deil’astensione collettiva dai lavoro (non po- tendosi in tal caso parlare di «procedura» diretta alla conciliazione).

Qualora, invece, la valutazione discrezionale ecceda questi limiti, essa sarebbe viziata - a seconda dei casi - per violazione di legge o per eccesso di potere.

Ciò posto, se la valutazione di idoneità è negativa si ripropone il pro- blema dell’esercizio, in funzione sostitutiva delle determinazioni dell’auto- nomia collettiva, del potere regolamentare della Commissione. In propo- sito, non può che essere ribadito quanto già esposto (supra, par. 4). Al- meno con riferimento alle procedure di composizione dei conflitti, per- tanto, l’intervento regolativo della Commissione non sarebbe necessario ma affidato al prudente apprezzamento della stessa (specie in considera- zione della sua natura di organo politicamente irresponsabile). Tuttavia, nel caso in cui la Commissione di garanzia dovesse disciplinare una simile procedura, questa sarebbe liberamente eleggibile dalle parti in conflitto in alternativa a quella legale.

7. - L’obbligo di tentare la conciliazione del conflitto quale condi- zione per la legittima proclamazione dello sciopeto e i poteri, di con- trollo e sanzionatori, attribuiti alla Commissione di garanzia - Come anticipato (ai par. i), l’elemento dawero innovativo introdotto daiia legge n. 83f2000 è rappresentato dall’obbligo imposto alle parti in conflitto di esperire un tentativo di conciliazione prima deila proclamazione dello sciopero. L‘organizzazione sindacale che intenda promuovere un’ azione di sciopero è, infatti, tenuta ad awiare la procedura di conciliazione - nel- le forme precedentemente concordate o, secondo i casi, in quelle presta- bilite dalla Commissione o dai legislatore - e, contemporaneamente, a mffreddare,, il conflitto astenendosi da iniziative unilaterali e/o azioni di lotta sindacale.

La condotta tenuta dalle parti in coditto è soggetta al controllo della Commissione di garanzia la quale - ricevuto l’atto scritto con cui sono comunicati il termine di preavviso, nonché la durata, le modalità e le mo-

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tivazioni che hanno condotto alla proclamazione dell’astensione collettiva dal lavoro (art. 2, comma 1) - deve «verificare se sono stati esperiti i tenta- tivi di conciliazione» e, a tal fine, «può assumere informazioni o convoca- re le parti in apposite audizioni» (ari. 13, comma 1, lett. c, legge n. 146/1990). Nel caso di xconflitti di particolare rilievo nazionale», peraltro, l’attività di indagine della Commissione è diretta a stabilire anche «se vi [siano] le condizioni per una composizione della controversia>) ed è, quindi, funzionale all’emissione di una delibera con la quale invitare «i soggetti che hanno proclamato lo sciopero a differire la data dell’asten- sione dal lavoro per il tempo necessario a consentire un ulteriore tentati- vo di mediazione» (così sempre l’art. 13, comma 1, lett. c).

Sta di fatto che, qualora le procedure di raffreddamento e conciliazio- ne non siano state poste in essere, la Commissione deve indicare imme- diatamente ai soggetti interessati l’eventuale inadempimento, al pari di quanto accade per il caso di «violazioni delle disposizioni relative al pre- avviso, aila durata massima, [. . . ] ai periodi di franchigia, agli intervalli mi- nimi tra successive proclamazioni, ed a ogni altra prescrizione riguardante la fase precedente all’astensione collettiva» (art. 13, comma 1, lett. d). Pe- raltro, la medesima Commissione può anche «invitare, con apposita deli- bera, i soggetti interessati a riformulare la proclamazione in conformità al- la legge e agii accordi o codici di autoregolamentazione» e, quindi, a porre in essere il tentativo di conciliazione «differendo l’astensione dal lavoro ad altra data» (art. 13, comma 1, lett. d).

Nel caso di violazione dell’obbligo di porre in essere le procedure di conciliazione, poi, la Commissione valuta - con lo speciale procedimento regolato dall’art. 4, comma 4quater - il comportamento delle parti e .de- libera le sanzioni previste dall’articolo 4 e, per quanto disposto dai com- ma 1 dell’articolo 4, prescrive al datore di lavoro di applicare le sanzioni disciplinari» (art. 13, comma 1, lett. i).

Questa disposizione è fondamentale ai fine di stabilire il significato si- stematico della disciplina in discorso. Razionalizzando, è necessario parti- re dal rinvio alle fattispecie e alle corrispondenti sanzioni di cui all’art. 4, comma 1. Premesso che destinatari di queste sanzioni sono i singoli lavo- ratori, quest’ultima norma sanziona coloro «che si [astengano] dal lavoro in violazione delle disposizioni dei commi 1 e 3 dell’articolo 2 o che, ri- chiesti dell’effettuazione delle prestazioni di cui al c o m a 2 del medesi- mo articolo, non prestino la propria consueta attività».

Orbene, un’attenta interpretazione del dato normativo evidenzia come le fattispecie richiamate e sanzionate dail’art. 4, comma 1, siano tre e, più precisamente: il mancato «rispetto di misure dirette a consentire l’eroga- zione delle prestazioni indispensabili» (v. il rinvio d’art. 2, comma 1); l’ina-

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dempimento all’obbligo di erogare le prestazioni indispensabili secondo le modalità e le procedure concordate (o prowisoriamente imposte dalla Commissione) (cfr. il rinvio all’art. 2, comma 3); e, infine, l’inadempi- mento all’obbligo di porre in essere le altre misure dirette al contempe- ramento (cfr. il rinvio all’art. 2, c o m a 2). Più precisamente, in quest’ul- tima ipotesi ii legislatore dichiara sanzionabili disciplinarmente quei lavo- ratori «che, richiesti dell’effettuazione delle prestazioni di cui al comma 2 del medesimo articolo [2], non prestino la propria consueta attività» (art. 4, comma 1).

Non è compreso nell’elencazione, invece, l’inadempimento all’obbligo di tentare la conciiiazione: obbligo sancito dal comma 2 dell’art. 2, ma ri- spetto al quale, evidentemente, sarebbe improprio parlare di <<prestazio- ni» richieste e non effettuate dai lavoratori.

Si potrebbe obiettare che la mancata promozione della procedura di conciliazione sia ricompresa tra le fattispecie sanzionate in modo del tutto indiretto, mediante, cioè, il rinvio ail’art. 2, comma 3. Questa norma, in- fatti, sancisce che i soggetti che promuovono lo sciopero, i lavoratori e i datori di lavoro che erogano i servizi siano «tenuti all’effettuazione delle prestazioni indispensabili, nonché al rispetto delle modalità e delle pro- cedure di erogazione e delle altre misure di cui al comma 2» dell’articolo 2. Si potrebbe sostenere, in altri termini, che il concetto di «misure» sia interpretabile nel senso di comprendere anche le procedure di raffred- damento e di conciliazione del conflitto.

Tuttavia, l’obiezione è resistibile. A prescindere dal fatto che il termine «misura» è - già nel linguaggio ordinario - difficilmente riferibile a un’at- tività procedimentaiizzata quale il tentativo di conciiiazione (evocando, piuttosto, l’idea di dispositivi e/o di accorgimenti e, quindi, di atti dovuti), in tal senso esso è utilizzato anche dal legislatore nel primo e nel secondo periodo dell’art. 2, comma 2.

Più precisamente, nel primo periodo compare l’espressione - analoga a quella dell’art. 2, comma 3 - «sono tenute ad assicurare [. . . ] le modalità e le procedure di erogazione e le altre misure dirette a consentire» l’ero- gazione delle prestazioni indispensabili; il secondo periodo dell’art. 2, comma 2, invece, contiene una esemplificazione delle «misure» in discor- so. In entrambi i casi, non è possibile ritenere che le «misure» ricompren- dano anche le procedure di raffreddamento e di conciliazione dei conflitti in quanto di queste ultime il legislatore si occupa espressamente soltanto nel successivo terzo periodo dell’art. 2, comma 2.

In diversi altri casi, poi, il legislatore specifica il termine individuando- ne la funzione: così accade, ad esempio, nell’art. 13, comma 1, lett. a ed i, in cui è contenuta l’espressione «misure di contemperamento». Tale

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espressione, però, in entrambi i casi significativamente segue e affianca nell’elencazione quella di «procedure di raffreddamento e di conciliazio- ne» e ciò, con tutta evidenza, non può che confermare come le due espressioni indichino atti e attività diverse. Inoltre, non si può affermare che le procedure in discorso rientrino tra le «misure di contemperamen- to» per l’ovvia ragione che esse sono dirette ad assicurare, per quanto possibile, la conciliazione dei conflitti e - conseguentemente - la conti- nuità di erogazione dei servizi pubblici essenziali.

Una serie di ragioni testuali, in definitiva, consente di affermare che la violazione degli obblighi procedurali relativi al raffreddamento e d a com- posizione dei conflitti non sia tra le fattispecie che possono dare luogo d’applicazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei singoli lavoratori.

Del resto, se l’obbligo di esperire le procedure di raffreddamento e di conciliazione è imposto alla parte in conflitto che intenda proclamare lo sciopero, non sarebbe ragionevole ritenere responsabili «disciplinarmen- te» i singoli scioperanti per un inadempimento imputabile alla formazione sindacale (per quanto effimera) e del quale, peraltro, essi possono non es- sere informati.

Sanzioni possono essere applicate, pertanto, solo aile organizzazioni sindacali che promuovano lo sciopero (o ai dirigenti responsabili delle p.a. e ai legali rappresentanti delle imprese e degli enti che erogano i ser- vizi). In proposito, opera l’altro rinvio contenuto nell’art. 13, comma 1, lett. i, vale a dire quello alle sanzioni di cui all’art. 4: che, appunto, sono applicabili nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori (cfr. art. 4, commi 2 e 4-bis).

Con riferimento aile coalizioni spontanee, peraltro, è necessaria una precisazione: a esse, infatti, non sarà applicabile la sospensione dai bene- fici patrimoniali di cui all’art. 4 , comma 2 (in quanto la coalizione, proprio perché spontanea, ne è priva), ragione per cui saranno applicabili le san- zioni sostitutive previste dall’art. 4, comma 4&, a carico «di coloro che rispondono legalmente per l’organizzazione sindacale responsabile». Se- condo un’opinione, peraltro, anche le sanzioni sostitutive non sarebbero applicabili alle coalizioni spontanee e occasionali in quanto esse non sa- rebbero qualificabili in termini di ((organizzazione sindacale» (56).

La tesi, però, non può essere condivisa specie considerando che l’analoga espressione contenuta nell’art. 39, comma 1, Cost. è stata tradi-

(56) Pascucci, La nuova dkcipZZna ... , p. 121; Giuffré, L’qprato sanzionatorio, in Scwpero e servizipubblici essenziali, a cura di M. Ricci, Torino, Giappicheiii, 2001, p. 181; Borgogelli, Le innovazioni.. , p. 57; ma, a quanto pare, anche Rusciano, L’iter fomat i - 00.. . , p. 175, il quale valorizza I’espressione <consistenza associativa. contenuta nella di- sposizione in discorso.

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zionalmente intesa proprio nel senso di ricomprendere qualsiasi forma organizzativa, anche non associativa (57).

Quanto all’individuazione di coloro che sono legalmente responsabili per la coalizione, essa consegue alla quaiificazione di quest’ultima in termini di <<associazione non riconosciuta e all’ applicazione della disciplina prevista dai codice civile per I’individuazione di coloro che ne rispondono legalmen- te (artt. 36 ss.; mentre più complessa appare, sotto il profilo giuridico, l’applicabilità delle norme sui comitati di cui agii artt. 39 ss. cod. civ.) (58).

Per completezza, è opportuno precisare che questa ricostruzione non pare sia in contrasto con gli orientamenti della Commissione di garanzia. In una recente delibera di indirizzo in materia di «scioperi spontanei», in- fatti, la Commissione ha precisato che anche i comitati spontanei che in- tendano proclamare scioperi devono rispettare le prescrizioni della legge n. 146/1990 e «in particolare devono essere rispettati gli obblighi di espe- rimento delle procedure di raffreddamento e di conciliazione, di preawi- so, di comunicazione della durata e così via (par. 3) (59). A tal fine, inol- tre, la Commissione ritiene che la procedura di valutazione del compor- tamento delle parti (ex art. 13, comma 1, lett. i) possa essere aperta anche «nei confronti del comitato spontaneo proclamante in persona di tutti i suoi componenti ove non siano individuabili rappresentanti,, (par. 4).

I1 che, evidentemente, significa che sono sanzionabili gli organizzatori dell’astensione dal lavoro e non anche i lavoratori che vi abbiano sempli- cemente aderito. Perciò è contraddittorio che, sul piano squisitamente sanzionatorio, la Commissione concluda non solo per la non irrogabilità al comitato promotore delle sanzioni previste dall’art. 4, comma 2, ma an- che di quelle previste dal successivo comma 4-bis (par. 5) , mentre consi- dera irrogabili, per le medesime ipotesi, le sanzioni disciplinari nei con- fronti dei singoli lavoratori che abbiano scioperato aderendo alla procla- mazione (par. 6) . In altri termini, gli scioperanti potrebbero essere san- zionati per comportamenti - meglio, inadempimenti - imputabiii tutt’al più ai soli componenti il comitato spontaneo organizzatore.

8. - Gli orientamenti della Commissione di garanzia in materia di procedure di raffreddamento e di conciliazione - I1 discorso che pre- cede dovrebbe avere dimostrato che la disciplina in commento presenti

(57) Giugni, Diritto sindacale, Bari, Cacucci, 2001, p. 57; M. G. Garofalo, Le sanzioni nell’attuule disciplina dello sciopero nei s.p.e., in D’Onghia, Ricci (a cura di), Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Milano, Giu Ed, 2003, pp. 82-83.

(58) Così M. G. Garofalo, Le sanzioni.. . , p. 83. (59) Deliberazione 03/32 del 12 febbraio 2003. in http: /hww..commission~opem.i t .

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notevoli antinomie e come, purtroppo, essa si presenti in contrasto con i principi costituzionali. Ciò posto, è opportuno verificare come la Com- missione di garanzia abbia interpretato le norme deila legge n. 146/1990 in materia di prevenzione degli scioperi ai fine di evidenziare il ruolo che essa - in conformità a queii’esegesi - ritiene di dover svolgere.

In proposito, è necessario anzitutto evidenziare la tecnica utilizzata dalla Commissione di garanzia al fine di interpretare l’espressione «procedure di raffreddamento e di conciliazione». Secondo la Com- missione, infatti, l’espressione indicherebbe due distinte procedure o fusi poste in successione l’una all’altra (con conseguente ulteriore dif- ferimento delia proclamazione e dell’esercizio del diritto di sciopero) (60); ma la definizione è del tutto aprioristica e priva di qualsiasi giustifica- zione lessicale.

Per «clausole di raffreddamento», più precisamente, la Commissione intende quelle clausole negoziali che prevedono una «pausa» del conflitto e comportano, quindi, un mero differimento dell’azione di sciopero; men- tre rientrerebbero tra le clausole di «conciliazione» quelle che impegnano le parti in una «fase di trattativa per la composizione del confiittm.

L’utilizzazione di una siffatta tecnica definitoria ha precise conseguen- ze pratiche.

Ad esempio, la Commissione ritiene che la procedura legale di cui all’art. 2, comma 2, legge 146/90, costituisca una procedura di mera conci- liazione e che, pertanto, a determinate condizioni essa possa costituire un’alternativa non rispetto all’intera (ed eventuale) «procedura contrat- tuale (di raffreddamento e di conciliazione), ma con la sola parte della procedura contrattuale relativa alla conciliazione» (61).

Inoltre, data per presupposta l’impossibilità di considerare vincolati al rispetto delle procedure negoziali di prevenzione i sindacati e le organiz- zazioni non firmatarie degli stessi (62), la Commissione ha deciso che, *al fine di garantire la parità di trattamento tra sindacati firmatari e sindacati non firmatari di accordi [. . + 1, una pausa obbligatoria di raffreddamento del conflitto dovrà in ogni caso essere imposta anche ai sindacati non fir- mata&), ragione per cui usi potrà ritenere estesa anche ad essi la durata di raffreddamento del conflitto prevista negli accordi valutati idonei dalla

(60) V. Ballestrero, La Commissione di garanzia.. . , p. 32. (61) Delib. 00/210-4.1 del 21 settembre 2000, par. 2 (in Bucg, 2000, n. 17-20, e in AdZ,

2002, Sez. documenti, pp. 506 ss.). Sotto altro profilo, e sempre nel silenzio del legislatore, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare un termine massimo per I’espletamento del tentativo di conciliazione in sede amministrativa fissandolo in cinque giorni lavorativi suc- cessivi alla comunicazione della richiesta dell’organizzazione sindacale. (Delib. n. 001174 del 1” giugno 2000).

(62) Tema che sarà esaminato tra breve.

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Commissione» (63). Circostanza dawero singolare se è vero che, sulla base di una definizione aprioristica di «raffreddamento», la Commissione ritiene di dover utilizzare i propri poteri di vigilanza e di controiio al fine di integrare surrettiziamente il dato legislativo imponendo aiie parti «che non intendano adottare le procedure previste da accordi o contratti collettivi>> obblighi uite- riori rispetto a queiii previsti espressamente dal legislatore (obblighi di com- portamento che, nel caso di specie, si sostanziano in un n m fam) .

L‘esperimento delle procedure di raffreddamento e conciliazione, pe- raltro, è qualificato dalla Commissione in termini di condizione di legitti- mità della proclamazione delio sciopero (64); ma, nello stesso tempo, i’organo di garanzia ha anche individuato tre ipotesi in cui è possibile proclamare legittimamente lo sciopero senza preventivo esperimento del tentativo di conciliazione.

La prima ricorre ailorché un’organizzazione sindacale aderisca, «per la medesima vertenza e con le stesse modalità, ad uno sciopero proclamato da altre organizzanoni sindacali, per il quale siano state esperite, con esito ne- gativo le procedure di raffreddamento e di conciliazione» (65). Il che si@- ca anche che le procedure in discorso devono essere nuovamente attivate se, ad esempio, un’organizzazione sindacale abbia già proclamato uno scio- pero «per altro motivo. e questo non sia stato ancora effettuato (66).

La seconda è quella di scioperi «politici e comunque non connessi a vertenze nelle quali sia precisamente individuabile una controparte. : eso- nero giustificato perché l’obbligo del preventivo esperimento è «eviden- temente sancito per evitare il ricorso allo sciopero ove esista ancora una ragionevole possibilità di comporre la vertenza fra le parti» (67).

La t em ipotesi, infine, ha luogo se - neli’ambito di una stessa vertenza - l’astensione collettiva dal lavoro sia proclamata a breve distanza di tempo daUa precedente e «sempre che non si siano vedìcate nel frattempo modificazioni neiie posizioni deiie parti o nei termini del conflitto tali da rendere utile la ria- pertura di una procedura di conciliazione» (68). Orientamento che è stato successivamente precisato con riferimento a tutte quelle regolamentazioni ne- goziali che abbiano fissato un termine - decorrente tra l’effettuazione o la re-

(63) Delib. 00/210-4.1 del 21 settembre 2000. (64) Cfr. deiib. n. 00/174 del 1” giugno 2000, in Bucg, 2000, n. 9-12 e in Adl, 2002, Sez.

(65) Orientamento espresso in data 20 luglio 2000, cfr. il verbale n. 391, in http//

(66) Deliberazione 02/36 del 07 mano 2002, in http:/laww.caimmissionegmopem.it. (67) Così Pino, Osservatorio sulf’attività ... , cit., p. 174, il quale riporta testualmente

(68) Delib. OOfl264.2 dei 12 ottobre 2000 (in Bucg, 2000, n. 17-20 e in Adl, 2002, Sez.

documenti, p. 505.

www.commissionegamnziasciopero.it.

un orientamento della Commissione che sarebbe stato espresso in data 5 ottobre 2000.

documenti, pp. 508 s.).

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voca del precedente sciopero e la proclamazione del successivo - trascorso il quale è sempre necessario un nuovo tentativo di conciliazione. ia Commis- sione, infatti, ha espresso l'avviso che - sempre nell'ambito di una stessa ver- tenza - non sia necessario esperire una nuova procedura di raffreddamento e di conciliazione se non siano trascorsi novanta giorni daUa conclusione della precedente procedura, o daiia scadenza del termine entro il quale la medesi- ma doveva essere portata a compimentm (69). In altri termini, decorso quel termine, la Commissione ritiene - senza possibilità di prova contraria - che sia comunque utile ritentare la conciiiazione delle parti (o, se si preferisce, la Commissione presume che successivamente a quel periodo sia comunque in- tervenuta una moditicazione della posizione delle parti o del conflitto tale da rendere possibile quella conciliazione della vertenza che, in precedenza, non era stata raggiunta).

Le questioni più delicate, però, sono state affrontate dalla Commissio- ne allorché ha dovuto individuare i soggetti vincolati dall'accordo sulle procedure di raffreddamento e di conciiiazione valutato idoneo dalla Commissione e quale sia il grado di efficacia dell'accordo medesimo.

Orbene, a parere della Commissione, le procedure negoziate e valutate idonee sono sempre vincolanti per le parti stipulanti «non solo nel senso (owio) che il rispetto di esse sarà rilevante sul piano dell'adempimento de- gii obblighi contrattuali, ma anche nel senso che il loro rispetto rileverà sul piano della correttezza dei comportamenti valutabile» dal medesimo or- gano (70). Tuttavia, la stessa Commissione riconosce che «le parti potranno, d'intesa, non applicare le procedure contrattuali, adendo la via amministra- tiva» (71). In assenza di accordo (o di unanimità, nel caso siano coinvolte più di due parti), il sindacato che non intenda seguire la procedura negozia- ta sarebbe, per ciò stesso, inadempiente e passibile di sanzioni.

Tali procedure, invece, non sarebbero vincolanti per i «soggetti rimasti estranei d a contrattazione (sindacati non firmataci), anche a seguito della va- lutazione di idoneità», in quanto «il doveroso rispetto del principio di cui d'art. 39, comma 1, Cost., impedisce [. . . ] di imporre a soggetti sindacali non k t a r i obblighi di comportamento che coinvolgono direttamente la sfera

(69) Awiso espresso con deliberazione 03/35 del 20 febbraio 2003 e confermato con deli- berazione 03/40 del 06 marzo 2003 in relazione alle ipotesi di .sospensione di uno sciopero genericamente comunicata. e di KdiEerimento dello sciopero senza indicazione della nuova dam (fattispecie che la Commissione qualitici in tennini di u r e v o ~ ~ dell'astensione colletti- va). Entrambe le delibemioni sono in http:/,kvww.commissionegaranziasciopem.it.

(70) Così ancora la delib. 001210-4.1 del 21 settembre 2000. Seguendo questo orienta- mento deila Commissione, pertanto, ai sindacati sarebbe preclusa quella particolare forma di conduzione del conflitto consistente nel sottrarsi unilateralmente alle procedure nego- ziali di prevenzione dello sciopero.

(71) Delib. 00/210-4.1, cit.; v. anche Santoni, Continuità e innovazione ... , p. 384.

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deiia loro autonomia organizzativa» (72). L’assoggettamento aUe procedure concordate, quindi, deve essere in questo caso pienamente volontario.

Emerge, con tutta evidenza, un quadro intimamente contraddittorio. Come è stato notato da un autorevole componente della medesima Commissione, questa «potrebbe imporre a tutte le parti una regolamenta- zione prowisoria (contenente dunque procedure di raffreddamento e di conciiiazione non necessariamente amministrative) ma non sarebbe in grado di estendere, sia pure con qualche cautela, a soggetti non firmatari le clausole negoziate da altri e ritenute idonee» (73) . Mentre è chiaro che l’interpretazione qui proposta dell’art. 2 , comma 2, nel consentire a cia- scuna parte di optare tra la procedura negoziata (o provvisoriamente det- tata dalla Commissione) e quella legale, consente di perseguire le finalità indicate dal legislatore, senza creare alcuna differenziazione in base alla natura dell’organizzazione o alla sua qualità di parte dell’accordo.

Quanto ai poteri regolativi spettanti alla Commissione, a quanto consta non c’è stata finora un’autentica tematizzazione del problema. Di fatto, l’organo di garanzia ha già utilizzato il potere di regolamentazione prowi- soria anche nella materia che ci occupa (74); nello stesso tempo, però, la giurisprudenza della Commissione in materia di valutazioni di idoneità è ancora troppo esigua affinché si possano trarre considerazioni in ordine alla discrezionulità impiegata e ai criteri di giudizio adottati.

La compatibilità della disciplina in discorso con le norme costituzionali, proprio perché dubbia sotto molteplici proflli, dovrebbe indurre la Commis- sione di garanzia a un rigoroso self-restruint nella valutazione di idoneità e neiia formulazione di regolamentazioni alternative (per quanto prowisorie) in modo da minimizLae gii interventi etemomi in questa materia. Aimeno con riferimento alla formulazione - o aila mancata formulazione - delle clausole di raffreddamento elo conciliazione, insomma, la Commissione dovrebbe tutt’ai più potenziare il proprio ruolopolitico, derivante non da attribuzioni specifi- che demandate dall’ordinamento giuridico ma dalla propria coiiocazione isti- tuzionale, ai fine di convincere le parti sociali deli’opportunità di procedere a una regolamentazione negoziata deiia materia.

(72) Delib. 00/210-4.1, cit. (73) Cella, La prima applicazione delle procedure di raffreddamento e di concilia-

zione, in Commissione di garanzia, Relazione sull’attìuità della Commissione (1“ ottobre 2001-31 luglio 2002), Roma, Istituto poligdco e Zecca dello Stato, 2002, pp. 19 ss., e qui p. 22, il quale prosegue notando come .si potrebbe sostenere che il principio della “libertà sindacale” [sia] aggirato nel primo caso e rispettato nel secondon: che è appunto una delle tesi che sono sostenute in questo scritto.

(74) V., a mero titolo di esempio, le regolamentazioni prowisorie per i settori del soc- corso e della sicurezza stradale (delib. 01/112 del 04 ottobre 2001) o del trasporto locale (delib. n. 02/13 del 31 gennaio 2002).