la finanziaria siamo noi

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Stefano Lepri LA FINANZIARIA SIAMO NOI LA FINANZIARIA SIAMONOI Stefano Lepri DOVE FINISCONO I SOLDI DEI CITTADINI.IL POTERE DELLE LOBBY, I CONTI DELLO STATO

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La Finanziaria siamo noi di Stefano Lepri Pagine: 240 Euro: 13,60 Collana: principioattivo

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Page 1: La finanziaria siamo noi

Che fine fanno i soldi che pagano i cittadini? Spesso è impos-sibile saperlo, gli stessi tecnici addetti alla contabilità delloStato non lo sanno. Manca uno strumento che consenta divedere che fine fanno le somme erogate per un investimentoparticolare. Per vedere a che punto è un’opera pubblica èmeglio recarsi sul posto. Intanto però i soldi escono. E molti.A batter cassa dopo le elezioni sono sempre gli stessi. Questo libro racconta dall’interno come funziona la Leggefinanziaria: un documento che rappresenta il vero specchiodel Paese, in cui, a leggerlo bene, si distinguono in tra spa -ren za tutte le lobby che contano, le clientele e i gruppid’interesse, grandi e piccoli. Dagli autotrasportatori (100milioni di euro nella Finanziaria 2009) ai gestori di sale dagioco, dai forestali (160 milioni di euro è il loro costo nellasola Calabria) ai commercianti (Tremonti ha cancellato l’ob -bligo di comunicare l’elenco di clienti e fornitori, decisivoper fronteggiare l’evasione fiscale) ai tassisti, notai e far -macisti. Intanto le spese risultano sempre più irrazionali (e incon-trollate). La vera zavorra del Paese. Il 10 per cento delle tasseè rivolto alla sanità, gestita dalle Regioni, ma l’Asl di Napolipaga le siringhe il 60 per cento in più dell’Asl di Salerno.Perché? E perché il servizio pasto di un agente di polizia costaall’amministrazione 6,3 euro e quello di un carabiniere 3,9?La manovra finanziaria è il simbolo di una profonda degene -razione civile, dove l’interesse generale, vera base di ognidemocrazia, non conta più nulla. Se non come puro espe -diente.All’interesse generale si è richiamato Giulio Tremonti pergiustificare i tagli alle spese, anche per la scuola, contenutinella sua manovra triennale.

Stefano Lepri è giornalista de La Stampa. Si occupa principal-mente di economia e ha seguito tutte le Leggi finanziarie dal1978 a oggi. Dal 2004 tiene corsi di giornalismo economicoall’Università di Roma 1.

I S B N 978-88-6190-043-1

9 7 8 8 8 6 1 9 0 0 4 3 1

www.chiarelettere.it

StefanoL

epriLAFINANZIARIA SIAMONOI

13,60Progetto grafico: David Pearsonwww.davidpearsondesign.com

LA FINANZIARIA

SIAMONOI

Stefano Lepri

“LA SOCIETÀ CIVILE TENDE AD AUTOASSOLVERSI,A CONSIDERARE LO STATO E LE TASSE COME ILMALE PRINCIPALE, A NON VEDERE COME UN MALE

LE TUTELE CORPORATIVE IN CUI OGNICATEGORIA SI RINCHIUDE

A RICCIO.”

Mario Monti, economista, ex membro dellaCommissione europea

DOVE FINISCONO I SOLDIDEI CITTADINI. IL POTEREDELLE LOBBY, I CONTI DELLO STATO

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Inchieste e reportagePRINCIPIOATTIVO

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Michele Ainis, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani,

Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti,

Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Caterina Bonvicini,

Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Carla Buzza, Olindo Canali,

Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Carla Castellacci,

Massimo Cirri, Fernando Coratelli, Pino Corrias, Gabriele D’Autilia,

Andrea Di Caro, Giovanni Fasanella, Massimo Fini,

Fondazione Fabrizio De André, Goffredo Fofi, Massimo Fubini,

Milena Gabanelli, Vania Gaito, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi,

Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi,

Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo,

Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Marco Lillo,

Felice Lima, Giuseppe Lo Bianco, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti,

Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Angelo Miotto, Letizia Moizzi,

Giorgio Morbello, Alberto Nerazzini, Raffaele Oriani, Sandro Orlando,

Antonio Padellaro, Pietro Palladino, David Pearson (graphic design),

Maria Perosino, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Paola Porciello (web editor),

Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato,

Luca Rastello, Marco Revelli, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza,

Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Laura Salvai,

Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano,

Matteo Scanni, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Bruno Tinti,

Marco Travaglio, Carlo Zanda.

chiarelettereAutori e amici di

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PRETESTO1fpagina 65

“Penso che tuttele misure sulle qualiil Parlamentospende ogni annotre mesi sianomisure di consensonon di crescita.”Domenico Siniscalco, ex ministro dell’Economia.

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PRETESTO2fpagine 15, 59

“Negli emendamenti allaFinanziaria, all’80 percento deputati e senatoriinterpretano richiestedel proprio elettorato.”Andrea Monorchio, ex Ragioniere generale dello Stato.

“Silvio Berlusconi avevapromesso 45 miliardi di tasse in meno in cinque anni.Dopo il voto, il suo governo ha annunciato che la legislaturaavrebbe portato 4,5 miliardi di tasse in più.”

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PRETESTO3fpagina 45

“Una famiglia dilavoratori dipendentipaga allo Stato il 53per cento di quantoguadagna. Dallacontabilità nazionalerisulta una pressionefiscale mediadel 43 per cento. Ciò vuol dire che altripagano molto menodel 43 per cento... Chipuò evadere, evade.”

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“Nella scuola e nell’università capirechi ha usato male i soldi si può…Tremonti ha proposto una soluzionespiccia: non sostituire i pensionati e congedare i precari di assunzionepiù recente.”

“Di ogni 100 euro che gli italiani versano allo Stato: 18 vanno a pagare gli interessi sul debito pubblico accumulato; 22,6trasferiti a Regioni, Province, Comuni; 14,7 per ilpagamento delle pensioni; 9 per la scuola; 1,8per l’università; 5,3 per spese sociali varie; 4,1per la difesa; 2 per l’ordine pubblico; 1,6 per lagiustizia; 1,7 per i trasporti; 80 centesimi alsoccorso civile; 30 per i beni culturali; 90 per la ricerca; 20 per la casa; più 5,4 euro per gli obblighi internazionali.”

PRETESTO4fpagine 25, 33

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PRETESTO5fpagina 44

“3000 ristoranti che risultavanonon possedere cucine e frigoriferi, 360 laboratori di analisi mediche senzastrumenti, 555 lavanderie senza lavatrici, 137 tassistisenza automobile…”Alcuni dei risultati delle recenti verifiche dell’Agenzia delle Entrate.

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© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol SpaLorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare Spa)Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano

ISBN 978-88-6190-043-1

Prima edizione: novembre 2008

www.chiarelettere.itBLOG / INTERVISTE / LIBRI IN USCITA

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Stefano Lepri

La Finanziariasiamo noi

chiarelettere

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Stefano Lepri (Firenze 1950) nel Sessantotto ha cominciato a pensare che l’econo-mia poteva essere utile a capire meglio la politica; ma si è laureato in filosofia. Fa ilgiornalista dal 1974; lavora a «La Stampa», nella redazione romana, dal 1981. Leleggi finanziarie le ha viste tutte da vicino, dal 1978 in poi. Ha seguito la nascitadell’euro, e molti vertici dove i potenti del mondo facevano finta di governare la glo-balizzazione. Scrive di Banca d’Italia e di Banca centrale europea. Dal 2000 al 2003ha curato la rivista «Global FP», edizione italiana di «Foreign Policy». Dal 2004 tienecorsi di giornalismo economico all’Università di Roma 1. Ogni tanto vorrebbe chearrivasse il giorno sognato da Keynes in cui «l’economia prenderà il posto di secondafila che le spetta, e l’arena dei sentimenti e delle idee sarà occupata dai problemi dav-vero importanti».

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I conti dello Stato, i soldi dei cittadini 3Chi conta nel grande assalto al denaro pubblico

PRIMA PARTE

Dietro le quinte della legge finanziaria 11

Operazione Tremonti. Gli «assalti alla diligenza» sono davvero finiti? 13I segreti della manovra triennale

Dove finiscono i soldi delle tasse 28Le missioni: dal debito pubblico alle spese per impiegati,scuole, università e pensioni

Quanto contano le lobby 47Gli intrighi parlamentari dei gruppi di potere

È tutta colpa della casta? 58Perché le tasse incassate non arrivano a coprire le spese

Le bugie dei politici sulla finanza pubblica 71Dalle campagne elettorali alle legislature di governo: una bugia per ogni stagione

Chi custodisce i conti: la Ragioneria generale 81La burocrazia che tiene in mano i conti pubblici

SECONDA PARTE

Gli anni del disastro 105

Il fardello del debito (1978-2000) 107Gli sprechi degli anni Ottanta e il Paese sull’orlo della bancarotta

Sommario

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L’era della finanza creativa (2001-2005) 139Il nuovo miracolo italiano. Ma per chi?

Il risanamento a forza di tasse (2006-2007) 167Le entrate crescono, la popolarità crolla

APPENDICE 193

Come sono fatti gli emendamenti 195

Glossario 203

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la f inanziarias iamo noi

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I conti dello Stato, i soldi dei cittadini

Da settembre a dicembre di ogni anno i giornali italiani de-dicano pagine e pagine a un feuilleton che tiene i cittadinicon il fiato sospeso, ha scritto con ironia un corrispondentestraniero. Si chiama «Legge finanziaria». C’è in tutti i paesiuna legge annuale che governa i conti dello Stato; solo da noisuscita passioni così intense e soprattutto così diffuse.

Un documento che dovrebbe definire la strategia del go-verno in tema di entrate, ovvero tasse da pagare, e di spese,ovvero servizi da offrire, a 57 milioni di abitanti, inanellaprescrizioni minute, si appesantisce di mance e di favori, vie-ne inzeppato di norme che a volte riguardano poche decinedi persone. Diventa lo specchio di un paese dove il senso del-l’interesse collettivo latita e si va all’assalto del denaro pub-blico in nome di una miriade di interessi privati. Nelle auledi Montecitorio e di palazzo Madama si inscena il suq d’au-tunno, ovvero il grande mercato degli emendamenti, uffi-cialmente chiamato «sessione di bilancio». Vi si ritrovanotutte le clientele, le lobby e i gruppi di interesse che, inseren-do qualche comma scritto da loro, vogliono dimostrare di te-nere in mano il potere reale del paese.

Per i nuovi arrivati della politica, la prima cosa da capire en-trando nel suq, e la più difficile, è chi conta e chi no. Non sipuò infatti negoziare se non si sa quanto spago dare alle dispa-rate richieste che arrivano. Ci sono alcuni, pochissimi, che sechiedono 100, occorre dargli almeno 50 (milioni di euro, nel

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caso); altri a cui si può dare 20, facendoglieli penare; altri an-cora che se ne andranno via contenti con 10 o con 5; moltissi-mi che provano a chiedere ma sanno bene che non gli toccherànulla, salvo colpi di fortuna. Quanto pesa un deputato o unsenatore dipende dal partito, dalle amicizie, dagli agganci conquesto o quel potere, magari rappresentato fisicamente dailobbisti che attendono in corridoio.

Così si spartiscono i soldi dello Stato. Come in un suq d’O-riente, appunto, dove il bottegaio cerca subito di capire, dalvestito e dall’accento, quale sia la nazionalità del turista che siavvicina alle sue merci: perché con gli italiani si mercanteggiain un modo, con i tedeschi in un altro, con gli americani in unaltro ancora; un «allora non se ne fa niente» alcuni lo prende-ranno sul serio e gireranno sui tacchi, altri no. Così pure inParlamento la minaccia ultima, «allora il nostro gruppo si dis-socia», è suonata perentoria in alcune bocche, risibile in altre.

Nel deprimente spettacolo autunnale delle leggi finanziariesi è vista, per anni, tutta la crisi della nostra politica. Gover-nanti e parlamentari hanno inseguito sgangheratamente ilconsenso del paese senza riuscire a dargli degli obiettivi. Dauna parte si sosteneva che occorreva fare sacrifici, dall’altra siriusciva sempre a trovare qualche soldo per gli amici o per chistrillava molto forte. C’è sempre un contentino per la Confin-dustria e uno per i sindacati, uno per il Nord e uno per il Sud,uno per i lavoratori dipendenti e uno per i lavoratori autono-mi, per la pianura e per la montagna, per le grandi città e perle campagne, per i giovani e per i vecchi, per chi possiede lacasa e per chi la affitta, e così via enumerando.

Questo libro è un viaggio attraverso i poteri forti che con-trollano l’Italia, sempre in prima linea quando c’è da definirel’agenda politica.

Resistenza e faccia tosta

Per partecipare al suq occorre possedere qualità particolari. Laprima è la resistenza fisica, come si è visto nella discussione

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della manovra 2008. Bastava guardarli, i personaggi che usci-vano dalla Sala del Mappamondo, la sera di sabato 8 dicembre2007, giorno dell’Immacolata. Nel grande palazzo semideser-to per la giornata festiva, dopo due notti in bianco e tre gior-nate campali, in un alternarsi di negoziati informali e di sedu-te della commissione bilancio, la lunghezza della barba, datoche si trattava per la maggior parte di uomini, indicava quantoassiduo era stato l’impegno. Chi non aveva avuto nemmenoun minuto di tempo per andare a rassettarsi, e magari avevaanche i pantaloni stazzonati da un sonnellino su una poltrona,era un personaggio chiave.

Un po’ era perché nelle trattative vince chi la dura di più;un po’ perché solo i pezzi grossi avevano partecipato agli in-contri più riservati, quelli dove si decidono i sì e i no, tenuti dinascosto, a telefonini spenti in stanze dove risultare irrintrac-ciabili. Altri deputati, i peones della commissione, durante leinterruzioni della seduta ufficiale erano potuti sgattaiolare viaa riposarsi un po’.

Nelle tre giornate, davanti a un quadro monocromo di fineCinquecento che raffigura una confusa battaglia a cavallo, consoldati che incrociano spade, la seduta della commissione bi-lancio era stata sospesa sedici volte, per lasciare il posto a riu-nioni ristrette. Era la prima volta nella storia della Repubblicache gli emendamenti presentati dalla maggioranza superavanoquelli dell’opposizione: 1036 contro 752. I fogli fotocopiati siaccumulavano per terra, in pile che quasi raggiungevano i pia-ni delle scrivanie.

La resistenza fisica però non basta. Ci vuole anche faccia to-sta. Bisogna saper sostenere la grande importanza per l’econo-mia nazionale delle sorti della comunità montana del MonteBaldo, o del permesso di aprire le sale gioco degli ippodromianche quando non si svolgono corse; per non parlare del dirit-to degli studenti di Ponza e di Ventotene a godere di agevola-zioni che altrimenti gli sfuggirebbero. Bisogna padroneggiarel’arte della lamentela, come quando si fa presente che i terre-motati del Molise non possono essere trattati peggio di quelli

I conti dello Stato, i soldi dei cittadini 5

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dell’Umbria. Bisogna conoscere le leggi, per capire che cosa sinasconde dietro formule oscure; ed esser lesti a scorgere se unvantaggio agli elettori di Tizio può trasformarsi in danno pergli elettori propri. Bisogna procurarsi in fretta le carte e averlesempre sottomano, emendamenti, motivazioni, relazioni tec-niche, appunti dei collaboratori per capire di che cosa si staparlando; tanto che la Sala del Mappamondo – scrivanie grigiecon computer collegati a internet disposte a raggiera su un tap-peto rosso, attorniate da due piani di scaffali metallici – alla fi-ne si era ridotta a una specie di discarica di carta straccia.

Nel dicembre 2007, grazie anche a calcoli sulle spese stirac-chiati al massimo, l’accordo era stato raggiunto; in tempo perfar stampare i testi e iniziare la discussione in aula. Una partedella copertura finanziaria alle nuove spese era offerta da unanorma contro l’evasione Iva delle macchinette distributrici dibibite e merendine, che il viceministro Vincenzo Visco avevatirato fuori al momento giusto. Anche l’opposizione di centro-destra aveva ottenuto qualcosa: 54 milioni per il Comune diPalermo, con il quale potevano essere assunti quattromila pre-cari «socialmente utili», e un contributo quindicennale per ilvelodromo di Treviso, roccaforte della Lega. Per le aree delleMarche e dell’Umbria colpite dal terremoto del 1997 si repu-tavano ancora necessari 22,9 milioni. C’erano 2 milioni solle-citati dai Verdi per trasformare in piste ciclabili le ferrovie di-smesse; un milione e mezzo per celebrare i 150 anni dalla na-scita di Giacomo Puccini.

Era un segreto di Pulcinella che i commi 285, 286 e 287nell’articolo 2 del testo finale, con 10 milioni di spesa all’an-no per un triennio, venivano pari pari da un «emendamentoPirelli Re» sollecitato dai lobbisti di questa grande aziendaimmobiliare, per finanziare un loro progetto. E così via. Intutto si erano trovati circa 800 milioni di euro, togliendo diqua e mettendo di là, senza effetti visibili sull’equilibrio com-plessivo della manovra. Tutto qua? Sì, tutto qua. Alcune dellenuove spese inserite, 100 milioni per nuovi aerei antincendiodella Protezione civile, altrettanti per nuovi automezzi alle

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forze dell’ordine, potevano essere considerate di interesse col-lettivo; testimoniavano che dietro il lavorio non c’erano sol-tanto affari elettorali di parlamentari e di partiti, continuava-no anche a premere richieste insoddisfatte di ministri e di cor-pi dello Stato.

Nel 2008 è stato detto che l’«assalto alla diligenza» non sisarebbe ripetuto, grazie agli strumenti adottati dal nuovo go-verno. Ma già durante l’approvazione della manovra trienna-le alcune lobby più forti hanno ottenuto ciò che volevano.Poi, in autunno, la crisi finanziaria è divenuta il pretesto pertornare a chiedere sussidi o regalucci a questa o quell’altracategoria. L’unica differenza è che la contrattazione si è spo-stata nelle stanze dei ministri e dei sottosegretari. Piano pia-no si sono cominciati a ridimensionare i tagli alla spesa pri-ma strombazzati. A proteggere gli sprechi resta una rete in-tricata di complicità, tra i politici centrali e locali, i burocra-ti e le forze organizzate della società. Per incidere sulla spesanon basta ridurre dall’alto gli stanziamenti, occorre modifi-care i meccanismi che consentono di eludere le leggi.

Proteggere gli sprechi, eludere le leggi

Vediamo qualche esempio. Da oltre vent’anni, i governi sban-dierano nelle loro manovre un blocco delle assunzioni nel pub-blico impiego, o un «blocco del turnover» (non sostituire chiva in pensione). Nell’ultima manovra c’è una versione che al-meno sulla carta pare più ambiziosa: una o due assunzioni ap-pena, a seconda dei settori, ogni dieci impiegati che andrannoin pensione. Con i provvedimenti precedenti i dipendentipubblici non sono diminuiti. In primo luogo, perché le dero-ghe già previste dal governo o successivamente inserite dal Par-lamento erano abbastanza ampie. In secondo luogo, perché«fatta la legge, trovato l’inganno», come vuole l’antico prover-bio. La Commissione tecnica per la finanza pubblica ha sco-perto che nel quadriennio 2002-2006 gli impiegati con postofisso erano rimasti pressoché invariati (appena 17mila in me-

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no, -0,52 per cento), perché ai circa centomila che andavano ariposo ogni anno erano corrisposte quasi altrettante assunzio-ni; in più le amministrazioni si erano rifatte assumendo preca-ri, che nel blocco non erano inclusi (33mila in più). Il totaleresta vicino a 3 milioni e quattrocentomila.

Un altro esempio è nei bilanci delle Aziende sanitarie locali.In alcuni casi estremi gli amministratori riescono a non com-pilarli nemmeno. I bilanci che si fanno, assicurano gli esperti,sono incomprensibili, fondati su criteri tanto «conformi a di-sposizioni di legge» quanto distanti dalla realtà. Il 70-75 percento delle spese delle Regioni, perché tanto assorbe la sanità,ovvero un centinaio di miliardi di euro ogni anno, dipende daun sistema di «navigazione a vista» che non consente di preve-dere con esattezza quanto si spenderà alla fine dell’anno. Nel-l’ultimo biennio, salvo che in quattro Regioni reprobe, le cosesono andate meglio; ma le normative non offrono la garanziache si continui, sostiene la Corte dei conti. Lombardia e Siciliadestinano alla sanità circa la stessa cifra per ciascuno dei lorocittadini, ma i siciliani se hanno una malattia grave scappano afarsi curare a Roma o al Nord, perché dei loro ospedali hannopaura. I rimborsi alle cliniche private convenzionate si fannoin base al numero di interventi, senza controllo sulla qualità: ipazienti rischiano operazioni inutili, realizzate con strumentiinvecchiati.

Un altro esempio ancora è nei bilanci dei Comuni. Non c’èalcun obbligo di includere nel bilancio dell’amministrazionemunicipale («consolidare», in gergo tecnico) gli eventuali defi-cit delle società per azioni dipendenti dal Comune, che sonosempre più numerose. Talvolta anzi le contabilità di queste so-cietà non sono omogenee a quelle del Comune, e non dannoun riscontro esatto dei debiti e dei crediti. Nella collettiva irre-sponsabilità, prevalgono gli scaricabarile. Ogni cinque anniandiamo a votare per le Province, cresciute negli ultimivent’anni da 90 a 109, e la maggior parte di noi non sa nem-meno di che cosa si occupino.

I corpi separati dello Stato sono ancora peggio. Nelle nostre

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Forze armate, che contano un generale ogni 350 soldati, man-ca perfino – lamenta la Corte dei conti – un sistema informa-tico capace di registrare al centro le spese fatte in periferia. Se-condo stime di esperti, su 190mila militari ce ne sarebbero cir-ca 30mila superflui, soprattutto sottufficiali. Nell’ultima ma-novra, un grande successo per i militari (a fronte di tagli allespese sulla carta severissimi) è stata l’autorizzazione a vendereda soli le caserme divenute inutili, invece di affidarle all’Agen-zia del Demanio che quel mestiere lo sa fare meglio, e da unpo’ di tempo lo fa con meccanismi più trasparenti. In tutto ilgrande apparato dello Stato italiano, i tagli alle spese fatti al-l’ingrosso sono proclami a cui il più delle volte segue poco onulla.

Altro che suq: lo spreco nasce in una nostra amministrazio-ne pubblica che è una piramide di feudi, costruita sul rinviodelle responsabilità ad altri. Gianni Alemanno accusa WalterVeltroni di avergli lasciato il Comune di Roma con le cassevuote; Veltroni ribatte che è stata la Regione Lazio a non ver-sargli le somme dovute; il presidente di centrosinistra della Re-gione Lazio, Piero Marrazzo, spiega che non ha pagato a causadel dissesto della sanità ereditato dal predecessore di centrode-stra, Francesco Storace. Salvo che gli scandali vengano alla lu-ce, ogni potere, piccolo o grande, patteggia con gli altri poterial riparo dagli sguardi dei cittadini. Per questo il meccanismodella spesa è incontrollabile. I metodi spicci sono spesso quelliche vengono meglio elusi. Occorrerebbe un’azione paziente diriforma, che obblighi tutti, ovunque, a dar conto di che finehanno fatto i soldi spesi. Non sarebbe impossibile, ad esem-pio, dare più soldi agli ospedali che, sulla base di dati obiettivi,curano meglio i pazienti; darne di meno alle Regioni dallequali la gente fugge per andare a farsi curare altrove. In altripaesi l’hanno fatto. Non sarebbe impossibile, ma hanno sem-pre vinto, finora, quelli che lo volevano evitare.

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Che fine fanno i soldi che pagano i cittadini? Spesso è impos-sibile saperlo, gli stessi tecnici addetti alla contabilità delloStato non lo sanno. Manca uno strumento che consenta divedere che fine fanno le somme erogate per un investimentoparticolare. Per vedere a che punto è un’opera pubblica èmeglio recarsi sul posto. Intanto però i soldi escono. E molti.A batter cassa dopo le elezioni sono sempre gli stessi. Questo libro racconta dall’interno come funziona la Leggefinanziaria: un documento che rappresenta il vero specchiodel Paese, in cui, a leggerlo bene, si distinguono in tra spa -ren za tutte le lobby che contano, le clientele e i gruppid’interesse, grandi e piccoli. Dagli autotrasportatori (100milioni di euro nella Finanziaria 2009) ai gestori di sale dagioco, dai forestali (160 milioni di euro è il loro costo nellasola Calabria) ai commercianti (Tremonti ha cancellato l’ob -bligo di comunicare l’elenco di clienti e fornitori, decisivoper fronteggiare l’evasione fiscale) ai tassisti, notai e far -macisti. Intanto le spese risultano sempre più irrazionali (e incon-trollate). La vera zavorra del Paese. Il 10 per cento delle tasseè rivolto alla sanità, gestita dalle Regioni, ma l’Asl di Napolipaga le siringhe il 60 per cento in più dell’Asl di Salerno.Perché? E perché il servizio pasto di un agente di polizia costaall’amministrazione 6,3 euro e quello di un carabiniere 3,9?La manovra finanziaria è il simbolo di una profonda degene -razione civile, dove l’interesse generale, vera base di ognidemocrazia, non conta più nulla. Se non come puro espe -diente.All’interesse generale si è richiamato Giulio Tremonti pergiustificare i tagli alle spese, anche per la scuola, contenutinella sua manovra triennale.

Stefano Lepri è giornalista de La Stampa. Si occupa principal-mente di economia e ha seguito tutte le Leggi finanziarie dal1978 a oggi. Dal 2004 tiene corsi di giornalismo economicoall’Università di Roma 1.

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9 7 8 8 8 6 1 9 0 0 4 3 1

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SIAMONOI

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“LA SOCIETÀ CIVILE TENDE AD AUTOASSOLVERSI,A CONSIDERARE LO STATO E LE TASSE COME ILMALE PRINCIPALE, A NON VEDERE COME UN MALE

LE TUTELE CORPORATIVE IN CUI OGNICATEGORIA SI RINCHIUDE

A RICCIO.”

Mario Monti, economista, ex membro dellaCommissione europea

DOVE FINISCONO I SOLDIDEI CITTADINI. IL POTEREDELLE LOBBY, I CONTI DELLO STATO