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Educare.it SCUOLA © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 9 Settembre 2015 143 La didattica della matemati- ca attraverso il materiale strutturato Antonio Conese Laureato in Pedagogia con una tesi sull’insegnamento della matematica nella scuola primaria, si è perfezionato su “La dimensione europea della scuola e dell’insegnamento”. Docente di Scuola Primaria (1970-1979) e Dirigente Scolastico (1979-2007), ha collaborato con la Rivista “I diritti della scuola” ed è stato Docente-esperto in numerosi corsi di formazione per l’insegnamento della matematica e della scienze promossi dall’IRRSAE di Puglia in occasione dell’attuazione del Piano Pluriennale di Aggiornamento per l’attuazione dei Programmi di Scuola Primaria del 1985. Nell’insegnamento della matematica non si è ancora placata la discussione intorno all’opportunità di usare il ricco materiale strutturato prodotto dalla ricerca psicopedagogica. In questo articolo si intende superare la contrap- posizione tra sussidi didattici ed elementi della vita concreta nella forma- zione dei concetti matematici fin dai primi anni di scuola. E’ anche l’occasione per far chiarezza sul contributo di Zoltan Paul Dienes nella di- dattica della matematica. Introduzione In precedenti articoli (1) avevamo fatto ri- ferimento alla nota polemica relativa all'uso del materiale strutturato nell'apprendimento della matematica: c'è, infatti, chi da tempo sostiene la tesi dell'artificiosità dell'utilizza- zione di questi sussidi e avverte che tale pra- tica risulterebbe obsoleta e/o immotivata, addirittura dannosa. Si tratta, in verità, di una vecchio di- battito cui i lettori italiani erano già assuefat- ti in virtù della contrapposizione, all'inizio del secolo scorso, tra i sostenitori del Meto- do Agazzi e i sostenitori del Metodo Mon- tessori. Il nostro punto di vista sulla questione che è un punto di vista che ci pare equilibra- to, pragmatico e fondato, peraltro, su ele- mentari consapevolezze di psicologia dell'apprendimento - è che questa contrap- posizione risulti piuttosto sterile: l'uso esclu- sivo del materiale strutturato, senza riferi- mento assoluto alla vita reale, risulterebbe sicuramente limitativo nella maturazione dei concetti matematici, anzi addirittura sor- tirebbe l'effetto dannoso di non favorire la “generalizzazione” dei concetti stessi e il “trasferimento” di un concetto appreso da un ambito ad un altro, obiettivi imprescin- dibili della formazione.

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Educare.it – SCUOLA

© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 9 – Settembre 2015 143

La didattica della matemati-ca attraverso il materiale strutturato

Antonio Conese

Laureato in Pedagogia con una tesi sull’insegnamento della matematica nella scuola primaria, si è perfezionato su “La dimensione europea della scuola e dell’insegnamento”. Docente di Scuola Primaria (1970-1979) e Dirigente Scolastico (1979-2007), ha collaborato con la Rivista “I diritti della scuola” ed è stato Docente-esperto in numerosi corsi di formazione per l’insegnamento della matematica e della scienze promossi dall’IRRSAE di Puglia in occasione dell’attuazione del Piano Pluriennale di Aggiornamento per l’attuazione dei Programmi di Scuola Primaria del 1985.

Nell’insegnamento della matematica non si è ancora placata la discussione

intorno all’opportunità di usare il ricco materiale strutturato prodotto dalla

ricerca psicopedagogica. In questo articolo si intende superare la contrap-

posizione tra sussidi didattici ed elementi della vita concreta nella forma-

zione dei concetti matematici fin dai primi anni di scuola. E’ anche

l’occasione per far chiarezza sul contributo di Zoltan Paul Dienes nella di-

dattica della matematica.

Introduzione

In precedenti articoli (1) avevamo fatto ri-

ferimento alla nota polemica relativa all'uso

del materiale strutturato nell'apprendimento

della matematica: c'è, infatti, chi da tempo

sostiene la tesi dell'artificiosità dell'utilizza-

zione di questi sussidi e avverte che tale pra-

tica risulterebbe obsoleta e/o immotivata,

addirittura dannosa.

Si tratta, in verità, di una vecchio di-

battito cui i lettori italiani erano già assuefat-

ti in virtù della contrapposizione, all'inizio

del secolo scorso, tra i sostenitori del Meto-

do Agazzi e i sostenitori del Metodo Mon-

tessori.

Il nostro punto di vista sulla questione –

che è un punto di vista che ci pare equilibra-

to, pragmatico e fondato, peraltro, su ele-

mentari consapevolezze di psicologia

dell'apprendimento - è che questa contrap-

posizione risulti piuttosto sterile: l'uso esclu-

sivo del materiale strutturato, senza riferi-

mento assoluto alla vita reale, risulterebbe

sicuramente limitativo nella maturazione

dei concetti matematici, anzi addirittura sor-

tirebbe l'effetto dannoso di non favorire la

“generalizzazione” dei concetti stessi e il

“trasferimento” di un concetto appreso da

un ambito ad un altro, obiettivi imprescin-

dibili della formazione.

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Se desidero facilitare l'apprendimento del

concetto di intersezione tra due insiemi non

disgiunti ed utilizzo esclusivamente i blocchi

logici, il bambino – tutti i bambini, e spe-

cialmente i più deboli dal punto di vista del-

le potenzialità cognitive – avranno certa-

mente difficoltà ad applicare tale competen-

za nella vita di tutti i giorni. Ma se, accanto

all'uso dei blocchi logici – che pure si pre-

stano a realizzare variegate situazioni ap-

prenditive problematiche (2) – si utilizza an-

che, come ben sanno i docenti di scuola

dell'infanzia e di scuola primaria, materiale

ludico (ad esempio: l'insieme di vari mezzi

di locomozione di colore rosso di cui alcune

moto e un insieme delle moto di vari colori

di cui alcune rosse) tutti gli alunni, e spe-

cialmente i più deboli, potranno procedere

ad individuare, oltre che l'insieme dei mezzi

di locomozione di colore rosso ed l'insieme

delle moto, il relativo insieme intersezione

delle moto rosse. Sapranno generalizzare

cioè il concetto di intersezione tra due in-

siemi non disgiunti con materiale che po-

trebbe apparire più motivante (ma è proprio

vero?) dei blocchi logici.

Se poi si individuano opportunamente

due insiemi di frutta (per esempio: l'insieme

delle mele di cui alcune gialle e l'insieme

della frutta varia di colore giallo, utili a con-

sentire di individuare, oltre all'insieme delle

mele ed all'insieme della frutta gialla, anche

l'insieme intersezione delle mele gialle) che

ho sistemato nel centro del tavolo della cu-

cina che il bambino “vive” quotidianamente,

potrò applicare tale apprendimento alla vita

reale di tutti i giorni.

In questa maniera avrò facilitato astra-

zione e generalizzazione del concetto, il tra-

sferimento del concetto stesso in situazioni

diverse e ne avrò accelerato il processo di

acquisizione e consolidamento cognitivo: né

va sottaciuto, peraltro, che se si utilizza sol-

tanto materiale concreto tratto dalla vita

quotidiana, il potenziale eccessivo coinvol-

gimento negli aspetti emotivi di tale mani-

polazione potrebbe addirittura interferire

negativamente rispetto alle caratteristiche

concettuali fondamentali che si desidera fare

apprendere.

Naturalmente tutto questo vale se consi-

dero il concetto di intersezione di due in-

siemi non disgiunti quale utile specifico obiet-

tivo strutturale astratto di apprendimento.

Se il mio obiettivo è l'apprendimento del

sistema di numerazione binario “accanto” a

quello decimale, potrò certamente utilizzare

gli antichi fagioli che utilizzo quando gioco

a tombola per formare le coppie, le quater-

ne, gli ottetti, etc. e per formare le decine, le

centinaia, le migliaia.

Ma se ho a disposizione i blocchi aritmetici

multibase (MAB), potrò opportunamente e

produttivamente utilizzare tale comodo sus-

sidio didattico, la cui non mi impedirà di

usare anche del materiale tratto della vita

reale.

Naturalmente, anche in questo caso, tutto

questo vale se considero tale specifico obietti-

vo strutturale astratto di apprendimento (ossia,

l'apprendimento del sistema di numerazio-

ne binario accanto a quello decimale) rien-

trante nei miei obiettivi/progetti educativi,

per così dire.

La mediazione didattica dell’insegnante

Ci domandiamo: quale strumento può ri-

sultare più duttile, versatile ed immediato

dei MAB per mostrare già ad un alunno di

scuola primaria che il sistema di numera-

zione decimale che noi abitualmente utiliz-

ziamo per la classificazione e la rappresen-

tazione delle quantità è – come tutta la ma-

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tematica - una pura costruzione della mente

umana, è un'assoluta convenzione, dal mo-

mento che – peraltro – esso è strumentale e

“relativo”, considerato che può essere sosti-

tuito da altri sistemi di numerazione?

Ovviamente sarà cura del docente opera-

re correttamente affinché nella mente di chi

apprende non si formi l'errata convinzione

che i sistemi di numerazione siano una ca-

ratteristica intrinseca ed esclusiva dei MAB!

Se il mio obiettivo è quello di facilitare

l'apprendimento del quadrato di un bino-

mio, forse potrò trovare molto utile del ma-

teriale strutturato opportunamente creato da

Dienes per visualizzare concretamente tale

situazione.

Sentiamo, al proposito, di dover segnala-

re a tutti gli appassionati la lettura o rilettu-

ra di alcune pagine di Bruner: mi riferisco ai

paragrafi “Lo stimolo ad affrontare e risol-

vere problemi” e “Struttura e progressione”

contenuti nel libro Verso una teoria dell'istru-

zione (3).

Dunque: a Zoltan Paul Dienes si deve l'a-

dattamento e la creazione di geniale mate-

riale strutturato per l'apprendimento della

matematica di cui – ribadiamo, secondo il

nostro punto di vista - è opportuno e neces-

sario dotare ogni laboratorio di matematica,

in ogni “plesso” scolastico.

Poi si tratta di utilizzare tale materiale in

maniera dialettica, dinamica considerando,

tra l'altro quei principi di pedagogia mate-

matica che venivano riassunti nel primo dei

due articoli menzionati alla nota numero 1).

I sei stadi dell'apprendimento in ma-tematica

Quando parliamo di materiale strutturato

ci riferiamo anche a giochi strutturati che

propongono situazioni di problem solving.

Nell'uso consapevole del materiale strut-

turato, così come nell'uso di giochi struttura-

ti, particolarmente utile può rivelarsi la co-

noscenza puntuale della teoria dei sei stadi

nell'apprendimento della matematica indi-

viduati da Dienes.

Di seguito si riassumono tali fasi, e in

questo riassunto faremo riferimento passo

passo – con una libera traduzione ed un li-

bero adattamento - alla efficace descrizione

che ne fa Melanie Clouthier (4).

1 - Fase del gioco libero

La maggior parte delle persone, quando

si trova di fronte ad una situazione che non

è sicura di gestire, si impegnerà in ciò che di

solito è descritto come l'attività "trial and er-

ror" (prova ed errore). Quello che farà, sarà

di interagire liberamente con la situazione

che viene presentata. Nel tentativo di risol-

vere un puzzle, un soggetto prova a caso

questo e quell'elemento fino a quando qual-

che forma di regolarità della situazione co-

mincia ad emergere. Questa è la fase ludica,

che è o dovrebbe essere l'inizio di ogni ap-

prendimento. Questa fase serve soprattutto

ad assumere familiarità con la situazione di

fronte alla quale ci si trova.

2 – Fase del gioco secondo le regole

Dopo alcuni tentativi, di solito accade che

qualche regolarità appare: nella situazione si

cominciano ad individuare, insomma, “re-

gole di gioco”. Ogni gioco, infatti, ha alcune

regole che bisogna imparare ad osservare. E’

estremamente utile ed educativo in questa

fase inventare qualche "trucco” che corri-

sponde alle regole che sono insiti nell'obiet-

tivo di matematica, il cui apprendimento

l'educatore vuole che l'alunno persegua.

Questo può essere o dovrebbe essere l'aspet-

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to essenziale di questa parte del ciclo di ap-

prendimento. Potremmo chiamare questa

fase “imparare a giocare secondo le regole”,

in contrasto con l'apprendimento caratteri-

stico libero della prima fase.

3 – Fase del confronto

Una volta motivati i bambini a utilizzare

un gioco, arriva il momento in cui questi

giochi possono essere discussi, confrontati

tra loro. È bene insegnare diversi giochi con

strutture di regole molto simili, ma utiliz-

zando diversi materiali, in modo che do-

vrebbe diventare evidente che vi è un nu-

cleo comune a diversi giochi, che può essere

successivamente identificato come il conte-

nuto matematico di quei giochi che sono si-

mili tra loro per struttura. Quindi gli stu-

denti saranno incoraggiati a fare i primi pas-

si esitanti verso l'astrazione, che è ovvia-

mente presa di coscienza di ciò che è comu-

ne a tutti i giochi con la stessa struttura di

regola. Questa fase potrebbe essere chiamata

la fase di confronto.

4 – Fase della rappresentazione

C'è un momento in cui lo studente ha i-

dentificato il contenuto astratto di diversi

giochi. A questo punto si può cominciare a

suggerire qualche rappresentazione schema-

tica, come un diagramma, che contribuisca a

fissare nella mente dello studente il nucleo

comune dei vari giochi. Ognuno dei giochi

appresi può poi essere "mappato" secondo

questa rappresentazione, che individua gli

elementi comuni dei giochi. Questa fase può

essere chiamata la fase della rappresenta-

zione.

5 – Fase della simbolizzazione

Sarà ora possibile studiare la rappresen-

tazione o "mappa" e raccogliere alcune pro-

prietà che tutti i giochi, naturalmente, devo-

no avere. Per esempio si potrebbe verificare

se una certa serie di operazioni produce lo

stesso risultato di un'altra serie di operazio-

ni. Tale "scoperta" potrebbe quindi essere

“verificata” in uno o più giochi. Un linguag-

gio elementare può essere sviluppato per

descrivere tali proprietà della mappa. Que-

sto linguaggio può avvicinarsi al linguaggio

simbolico convenzionale utilizzato dai ma-

tematici; o ci si può esercitare ad inventare

liberamente nuovi e diversi sistemi di sim-

boli. In un modo o nell'altro, un sistema di

simboli può ora essere sviluppato e può es-

sere usato per descrivere le proprietà del si-

stema appreso. Questa fase può essere

chiamata la fase della simbolizzazione.

6 – Fase della formalizzazione

Le descrizioni della fase 5 possono risul-

tare molto lunghe e spesso abbastanza ri-

dondanti. Arriva un momento in cui diventa

auspicabile stabilire un certo ordine nel labi-

rinto delle descrizioni. Questo è il momento

di suggerire che forse poche descrizioni ini-

ziali sarebbero sufficienti. In questo caso

stiamo facendo i primi passi verso la realiz-

zazione di una prima descrizione di regola-

rità che possono essere i nostri assiomi, e le

altre proprietà che abbiamo dedotte possono

essere i nostri teoremi. Questa fase potrebbe

essere chiamata la fase della formalizzazio-

ne.

Come si può vedere, dalla descrizione di

queste sei fasi risulta confermato che l'attivi-

tà ludica, inizialmente libera e poi via via

sempre più strutturata, è un'ottima proce-

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dura per l'apprendimento di concetti mate-

matici.

Le opportunità del materiale struttura-to

Dunque, un deciso sì al materiale struttu-

rato, ai sussidi didattici, agli artefatti: sì a

blocchi logici, a blocchi aritmetici multibase,

ad abaci, bilance dei numeri, domini, carte,

geopiani, giochi strutturati, macchine ma-

tematiche, ecc.

E ci pare opportuno rammentare l'impor-

tante contributo, in merito, di Maria Mon-

tessori, che concepiva il materiale strutturato

quale mondo delle astrazioni materializzate in-

dispensabile per la formazione delle struttu-

re logiche e matematiche.

Similmente, in questo contesto, deside-

riamo caldeggiare a chiare lettere l'assoluta

utilità dei regoli Cuisinaire-Gattegno, ossia dei

cosiddetti numeri in colore, materiale che da

più di un decennio è fatto oggetto di imme-

ritate aggressioni ed invettive

'psicopedagogiche', se ci si consente l'e-

spressione. Questo materiale risulta molto

valido – com'è ben noto - già a partire dalla

scuola dell'infanzia per l'attività di numera-

zione, seriazione di elementi, ecc. Il guaio è

che poi, dopo aver magari impiegato/perso tem-

po, nella scuola primaria, in una prima classe, a

costruire muretti per un intero anno, esso viene

successivamente abbandonato, mentre può

essere validissimo nei primi apprendimenti

di misurazione geometrica, nell'apprendi-

mento molto vario delle frazioni. E può so-

stituire o affiancare i MAB – insieme con i

fagioli della tombola! - per l'apprendimento

dei diversi sistemi di numerazione.

Ovviamente il docente farà uso critico di

materiale vario per raggiungere gli obiettivi

formativi, evitando così il rischio che gli a-

lunni attribuiscano alle caratteristiche per-

cettive di un unico e pervasivo materiale le

connotazioni concettuali che si desiderano

siano apprese. Si tratta di favorire

l’astrazione e la generalizzazione e di evita-

reche si formino quelle “misconcezioni” che

sono state giustamente denunciate da alcune

ricerche.

Tutto ciò, insomma, a condizione che l'uso

dei “mediatori didattici” sia consapevole,

che l'insegnante ricordi che, prima dei me-

diatori, accanto ai mediatori e/o in assenza

di questi ultimi, per quantificare gli elementi

del reale (ossia per contare), l'uomo può far

uso delle dita di una mano (base 5), delle di-

ta di due mani (base 10), delle dita delle

mani e dei piedi (base 20) come facevano, ad

esempio, gli Aztechi; per contare le pecore,

l'uomo può fare comodamente riferimento -

in assenza dei numeri in colore o dei MAB -

alle tacche incise su un bastone di legno.

In altre parole: se ho come obiettivo di

apprendimento, in una prima classe della

scuola primaria, la comprensione della

commutatività dell'operazione dell'addizio-

ne nell'insieme dei numeri naturali, potrò

mai concepire che tale obiettivo debba esse-

re perseguito e raggiunto esclusivamente

manipolando per un intero anno scolastico o

per tutta la vita il regolo 2 ed il regole 3, il

regolo 3 ed il regolo 2? Possibile che non mi

debba sfiorare l'idea dell'opportuni-

tà/necessità di utilizzare immediatamente –

accanto ai regoli o prima dei regoli - due pe-

re e tre mele, tre mele e due pere?

Il compito della formazione cognitiva, di-

rebbe Bruner, è la “denaturazione” motiva-

zionale dei processi di apprendimento, ossia

quello di favorire nel soggetto che apprende la

liberazione dalla necessità del riferimento alla re-

altà concreta nella formazione dei concetti, senza

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che sia perso, mai, nel contempo, il riferimento

alla realtà stessa.

Ovviamente non è che, utilizzando il ma-

teriale strutturato, il docente nutrirà inge-

nuamente l'illusione di aver trovato ricette,

modalità sicure, panacee, di aver individua-

to – addirittura – il metodo unico, la proce-

dura perfetta valida per affrontare la com-

plessità dell'insegnamento/apprendimento

della matematica, come giustamente segnala

da tempo D'Amore.

Non è di certo il materiale strutturato che

può risolvere le questioni della risoluzione

dei problemi nella pratica didattica e nella

vita di tutti i giorni, dell'insegnamento per

problemi, dell'insegnamento individualizza-

to, del rispetto degli stili cognitivi degli stu-

denti, dell'apprendimento per la maestria,

dell'educazione alla creatività: se così fosse,

ciò significherebbe barattare in maniera non

onesta strumenti didattici utili per appren-

dimenti “specifici” con la complessità della

formazione logica e matematica, illudendosi

– magari, chissà - di confrontarsi addirittura

con la finalità educativa – che urge, dram-

maticamente - della “formazione della men-

te critica”.

Se così fosse, tale inappropriata, inoppor-

tuna, dannosa “assolutizzazione” del mate-

riale strutturato darebbe pienamente ragio-

ne, senza dubbio alcuno, ai critici dell'abuso

del materiale stesso.

Il “modus tollens” della logica classica

In definitiva siamo convinti che un uso

consapevole, equilibrato, “fortificato” da so-

lide competenze psicopedagogiche possa

costituire un valido antidoto a quei tipici di-

sfunzionamenti della relazione didattica, quale

ad esempio quello che Brousseau aveva

chiamato esplicitamente effetto Dienes, consi-

stente nell'eccessiva esaltazione di un meto-

do di insegnamento, nell'utilizzazione acriti-

ca del materiale strutturato, nella fideistica

attesa di risultati che il materiale possa pro-

durre negli apprendimenti degli allievi, nel-

la sottovalutazione dell'impegno che il do-

cente stesso deve impiegare in ordine alla

promozione dei processi di apprendimento.

Non va mai dimenticato, al riguardo, che

nella storia della pedagogia sono risultati

delle “costanti” gli errori compiuti nell'ap-

plicazione di un metodo: errori determinati

dai fraintendimenti dei seguaci non-critici e

che non erano assolutamente da addebitare

a chi il metodo lo aveva messo a punto.

Ci permettiamo di formulare l'ipotesi che

misconcezioni nonché effetti perversi quale

quello denunciato da Brousseau possano es-

sere il risultato – in generale – di una scarsa

formazione psicopedagogica e – nello specifi-

co - di un inadeguato approfondimento del

pensiero di Dienes, nonché di una errata

applicazione proprio di quei quattro princi-

pi della “pedagogia matematica” cui abbia-

mo già fatto riferimento e che di seguito, per

comodità, ancora una volta riproponiamo.

In particolare ci preme evidenziare ed esal-

tare la portata formativa, in questo stretto

contesto, del terzo di essi:

1) principio dinamico: la conoscenza pro-

cede dall’esperienza all’atto di ordinare

in categorie, per esperienza intendendo

non soltanto oggetti concreti “isomorfi”

a una data struttura che si vuole sia ap-

presa dal soggetto, bensì anche strutture

e giochi puramente mentali;

2) principio di costruttività: il fanciullo, per

elaborare delle strutture, parte da una

situazione intuitiva per esaminare anali-

ticamente la costruzione realizzata e de-

terminare infine rapporti e relazioni fra

gli elementi di un insieme;

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3) principio di variabilità percettiva: una

medesima struttura deve essere incon-

trata in svariate situazioni diverse, per-

ché soltanto in tal modo ci si può rende-

re conto delle sue proprietà propriamen-

te strutturali;

4) principio della variabilità matematica:

poiché in ogni concetto matematico so-

no implicite variabili essenziali, tutte

queste variabili devono venire variate se

si deve giungere alla completa generali-

tà di un qualsiasi concetto matematico

(6).

Se, dunque, una determinata “struttura” -

come dice Dienes, ma come detterebbe un

sano senso comune pedagogico - deve esse-

re incontrata in svariate situazioni diverse

perché l'allievo si possa rendere conto delle

sue proprietà strutturali, come può mai ve-

nire in mente di presumere che un unico

materiale assunto in adozione a vita possa

produrre tale risultato?

Se “a”--->”b” ^ se non “b”---> non “a”

Se “a” allora “b” e se non “b” allora non “a”

Questo recita – come amiamo, sottovoce,

molto spesso ricordare - il “modus tollens”

della logica classica, che poi è il nodo crucia-

le della ricerca scientifica.

Ossia, in questo caso “specifico”: se i

principi della pedagogia matematica di Die-

nes sono applicati correttamente nell'attività

di insegnamento, allora i risultati “specifici”

dell'apprendimento sono positivi e se i risul-

tati “specifici” dell'apprendimento non sono

positivi allora vuol dire che i principi della

pedagogia matematica di Dienes non sono

applicati correttamente.

Quella sopra riportata è un'ipotesi che,

così impostata, sarebbe da “falsificare” in

senso popperiano da qualche volenteroso i-

stituto di ricerca pedagogica.

Nel frattempo, agli interessati si segnala

che basta digitare in un qualsiasi motore di

ricerca e investigare sul web "dienes e il ma-

teriale strutturato", "d'amore e i numeri in

colore", "brousseau e l'effetto dienes", o

qualcosa di simile, per trovare immediata,

ricca traccia della problematica in discussio-

ne: l'attento esame del contenuto dei relativi

"link" aiuta ad affrontare in maniera critica e

consapevole la tematica che questo articolo

ha centrato ed a fare buon uso del materiale

strutturato nella prassi didattica.

Note

(1) Cfr. Conese, A., La didattica della matematica secondo Dienes, in “Educare.it”, Anno XI, N. 5, aprile 2011; Conese, A., Qua-le interdisciplinarità nella didattica, in “Educare.it”, Anno XII, N. 1, dicembre 2011.

(2) Circa il prezioso contributo di Dienes alla creazione e adattamento di materiale strutturato per l'insegnamento della ma-tematica, si fa ampio riferimento alla bibliografia indicata nel primo dei due articoli di cui alla precedenta nota (1).

(3) Cfr. Bruner, J. S., Verso una teoria dell'istruzione, Roma, A. Armando ed., 1973, pagg. 95 e segg.

(4) Cfr. Clouthier, M., Zoltan Dienes' Six-Stage Theory of Learning Mathematics, in http://www.zoltandienes.com/.