koiné - febbraio/marzo 2013

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Rita Levi- Montalcini pag. 6 Febbraio/Marzo 2013 Anno XXVII, Numero 3 Periodico degli studenti del Liceo Classico “Maurolico” di Messina L’Editoriale di Federica Bucolo Dopo mille peripezie possiamo dire di essere tornati e in gran forma con un altro attesissimo (si spera) numero di Koiné. Ci scusiamo ancora per le ri- duzioni fatte al numero di Di- cembre, ma, cari miei, la crisi ha colpito anche noi! Sembra che oramai questa pa- rola sia la chiave di lettura de- gli anni trascorsi e del nuovo anno appena iniziato, ma la domanda sorge spontanea: «'Sta benedetta crisi quando finisce?» Purtroppo questo non ci è dato saperlo e, se lo sapessi, sarebbe un piacere per me condividere rivelazioni del genere con voi. In ogni caso il clima dell'ulti- mo periodo non è certo dei migliori. Tra propaganda, ele- zioni e il Papa che si dimette, la speranza, la preoccupazio- ne, la rassegnazione sono di- ventati i sentimenti più diffusi tra gli italiani. …continua a pag. 3 L’Italia e gli aerei da guerra pag. 5 Maurolico Carnival Party - pag. 22 Intervista a Paolo Fresu pag. 11 La moda al Maurolico pag. 20 L’altro volto della città: il Maurolico dona parte del fondo cassa in beneficenza pag. 19

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Giornale libero e democratico degli studenti del Liceo Classico “Maurolico” di Messina.

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Page 1: Koiné - Febbraio/Marzo 2013

Rita Levi-Montalcinipag. 6

Febbraio/Marzo 2013 Anno XXVII, Numero 3

Periodico degli studenti del Liceo Classico “Maurolico” di Messina

L’Editorialedi Federica Bucolo

Dopo mille peripezie possiamo dire di essere tornati e in gran forma con un altro attesissimo (si spera) numero di Koiné. Ci scusiamo ancora per le ri-duzioni fatte al numero di Di-cembre, ma, cari miei, la crisi ha colpito anche noi!Sembra che oramai questa pa-rola sia la chiave di lettura de-gli anni trascorsi e del nuovo anno appena iniziato, ma la domanda sorge spontanea: «'Sta benedetta crisi quando finisce?»Purtroppo questo non ci è dato saperlo e, se lo sapessi, sarebbe un piacere per me condividere rivelazioni del genere con voi.In ogni caso il clima dell'ulti-mo periodo non è certo dei migliori. Tra propaganda, ele-zioni e il Papa che si dimette, la speranza, la preoccupazio-ne, la rassegnazione sono di-ventati i sentimenti più diffusi tra gli italiani.

…continua a pag. 3

L’Italia e gli aerei da guerrapag. 5

Maurolico Carnival Party - pag. 22

Intervista a Paolo Fresupag. 11

La moda al Maurolicopag. 20

L’altro volto della città: il Maurolico dona parte del fondo cassa in beneficenzapag. 19

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SommarioFondo cassa studentesco pag. 3

Politically (s)correct1367, la tela strappata pag. 4“L’Italia ripudia la guerra” pag. 5

Agri-culturaRita Levi-Montalcini pag. 6Storia magistra vitae non est pag. 7I Giovani e la tecnologia pag. 8Sogno di una notte pag. 9

Un’amicizia “antilogica” pag. 10Intervista a Paolo Fresu pag. 11Il valore della fatica pag. 12One Direction pag. 13Annotazioni critiche

sulla Divina Commedia pag. 14

L’Angolo della PoesiaA billizza un po’ addivintari cundanna pag. 16

Non è un monologo pag. 17L’aereo di carta pag. 17

ΚοινήIl giornale libero e democratico degli studenti del Liceo Classico “F. Maurolico”, dal 1986

Voci di CorridoioI pro e i contro della settimana corta pag. 18

L'altro volto della città pag. 19La moda Mauroliciana pag. 20Carnevale Glam “F. Maurolico” 2013 pag. 22A tu per tu con le bretelle pag. 22Torneo di calcio a 5 del Maurolico pag. 23

La Signora in Giallo e RossoI Nebrodi: questi sconosciuti pag. 24

Ipse Dixit e Discipulus Dixit pag. 26Koinografia pag. 28

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Κοινή

…In attesa di un cambiamento e di un governo (sarebbe pure ora), i problemi nel nostro piccolo e nel nostro quotidiano rimangono.Infatti noi studenti Mauroliciani da mesi lottiamo tra alti e bassi contro il gelo dell'inverno, armati di maglioni, felpe e stivali imbotti-ti, poiché la nostra scuola si trova spesso sprovvista del gasolio ne-cessario per alimentare i riscal-damenti.Per non parlare dei difficili giorni passati a scuola dopo il guasto cittadino all'acquedotto che han-no visto come protagonisti centi-naia e centinaia di Mauroliciani vagare stralunati in giro per l'isti-tuto, un po' arrabbiati e un po' bisognosi di un bagno.E infine il problema più spinoso e discusso del periodo: LE GITE D(')ISTRUZIONE (?).

Marzo è iniziato da un po' e an-cora non vi sono certezze riguar-do preventivi o idee ben precise su mete, programmi e itinerari. Per i maturandi si vocifera di una possibile gita in Spagna. Ora, un'altra domanda sorge sponta-nea: Cara sig.ra Preside, lo sa che la crisi c'è anche per noi, vero? E proprio per questo motivo e per la grande vitalità che contraddi-stingue noi Mauroliciani, come ci consiglia il prof. Macrìs, potrem-mo anche accontentarci di una bella scampagnata sui colli con annessa una bella "rustuta" che non fa male a nessuno.Come potete ben vedere il Mau-roliciano-tipo incarna al meglio lo spirito del detto: "BARCOLLO MA NON MOLLO", e noi della redazione di Koiné non smette-remo mai di esortarvi a non mol-

lare, e a dire la vostra attraverso questo prezioso strumento, alle volte un po' bistrattato e poco apprezzato, che è il VOSTRO giornale d'istituto.E per finire, a tal proposito, siamo lieti di comunicarvi che Koiné ha vinto il diploma di gran merito dell'Associazione Nazionale di giornalismo scolastico "Alboscuo-le".È senza dubbio un gran traguar-do per noi, ma ringraziamo in-nanzitutto voi per i contributi o per avere avuto semplicemente il desiderio e l'interesse di leggere.Sperando che queste pagine rea-lizzate con impegno e finanziate con un impegno ancora più gran-de, non vadano sprecate, vi la-sciamo alla lettura del NOSTRO, VOSTRO, COMUNE, KOINÉ.

Fondo cassa studentesco

Bilancio della festa d'istituto del 26/12/12

Proventi- ricavati dalla vendita delle prevendite e dei tavoli = 875 € (totale)

Spese- tipografia = -100 €- vocalist (Yanez) = -200 €- dj (tutti) = -150€ - 80€ = -230 €- fotografo = -120 €

- spesa totale = -100€ -200€ -230€ -120€ = -650 €

Partecipazioni- partecipazione del locale Flexus (il locale si prende a carico le spese del primo dj) = 150 €

Bilancio della festa- ricavato della festa d'istituto = 875 € + 150 € -650 € = 375 €

Fondo cassa studentesco-situazione fondo cassa il 18/10/12 = 297€- proventi occupazione (rimanenze del fondo spese) = 10 €- Donazione in favore di una famiglia disagiata = -80 €- Acquisto fascette per i tutor della Protezione Civile = −15 €- Bilancio fondo cassa studentesco 25/01/13 = 375€ + 297€ +10€ -80€ −15€= 587€

I RappresentantiLuigi Genovese 4ª CPierbasilio Currò 5ª HAndrea Capobianco 5ª CAlessandro Denaro 4ª A

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Politically (s)correct

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Eugenia Di Giorgi 5ª E

Il nostro è uno Stato democratico. È uno Stato che dovrebbe essere basato sulla volontà del popolo, sulla consapevolezza del popolo di quello che gli organi rappresenta-tivi fanno e di come essi agiscono. Ma lo sappiamo bene, non è così quasi mai. La politica non è quella pura e perfetta espressione della polis, dello Stato. Non c’è mai nulla di chiaro, nulla di perfettamente neutrale e trasparente. E non credo che nella storia sia mai mancata la contestazione; quel sentimento di pro-fondo disagio e soffoca-mento nei confronti di una classe dirigente che non ci rappresenta quasi completamente.

Il periodo di crisi che la nostra politica sta passando non è nuovo, anzi è quasi un retaggio, una con-seguenza di tutto ciò che di peggio è stato fatto negli anni passati. Personalità importanti di uomini grandi ci sono state, ma le loro voci oggi sono spente, rimangono solo negli echi della memoria.

C’è stato chi, come Paolo Borsel-lino ha lavorato tanto per rendere migliore il paese, ha scoperto tan-to e di sicuro troppo. E questa lunga storia che “si conclude” poi con l’uccisione di questo grande uomo è stata raccontata nel do-cumentario di Giancarlo Licata (1367, La tela strappata), giornali-sta siciliano che ha a lungo lavora-to per la televisione di stato Rai e che ha vissuto in prima linea que-ste terribili stragi mafiose. Una macchia nella nostra storia inde-lebile che, anche se qualcuno ci prova e si rompe le mani per ri-uscirci, nessuno riuscirà mai a cancellare.

Il periodo che si era aperto con l’uccisione di Salvo Lima, primo deputato ucciso in un omicidio di

mafia, è uno dei più bui della no-stra storia. Si seguitarono stragi di uomini che avevano fatto qualcosa di importante, ma anche di uomi-ni che svolgevano semplicemente il loro lavoro.

Il 23 Maggio del 1992 l’esplosione di una bomba non solo uccise un

uomo con sua moglie e la sua scorta, ma squarciò l’intero paese, ferendolo dall’interno. Fece bar-collare uno Stato allo sbando, privo di una qualche forma di governo; senza presidente del con-siglio, senza capo dello Stato. Giovanni Falcone aveva lottato contro la mafia, ma aveva dovuto fare i conti anche con uno Stato e una magistratura che non lo ap-poggiava, anzi lo ostacolava, met-tendo infiniti ostacoli tra lui e la malavita. Borsellino disse, dopo la sua morte: “Quando Giovanni Falcone solo, per continuare il suo lavoro, propose la sua aspirazione a succedere ad Antonino Capon-netto, il  CSM, con motivazioni risibili, gli preferì il consiglie-re  Antonino Meli. Falcone con-corse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il CSM ci fece questo regalo. Gli preferì Antonino Meli”.

Il documentario di Licata parte dall’uccisione di Falcone per arri-vare, attraverso il conto di 1367 giorni, all’assassinio di un altro grande dell’antimafia, Paolo Bor-sellino, magistrato italiano ucciso

il 19 Luglio del 1992, a Palermo, in via d’Amelio. Lo sapevano, i suoi assassini, che sarebbe stato lì, lo sapevano che ogni settimana andava a trovare la madre, era un bersaglio fin troppo facile forse. Dopo la sua uccisione poi chi vo-leva fare luce sulla sua morte ri-compose i pezzi, li sistemò quel

tanto da cercare di capire. Perché, si chiedono, non vollero che fosse posta la zona rimozione in via d’Amelio? Forse perché se l’avessero fatto, Borsellino non avrebbe potuto par-cheggiare lì l’auto? E chi era il responsabile che respinse la richiesta del magistrato di rimuovere tutte le auto da quella strada?

Così come Falcone, che uomini coraggiosi come Agostino e Piazza (agenti dei servizi segreti uccisi dopo l’avvenimento) salvarono da un primo attentato, Borsellino sapeva che il filo della sua vita era già da tempo pronto per essere tagliato. Si rendeva conto che era inevitabile, che il suo destino era irrimediabilmente legato a quello del collega ed amico. Il conto alla rovescia ebbe probabilmente un inizio ufficiale il 28 giugno del 1992, quando Borsellino venne a conoscenza della trattativa in cor-so tra Stato e mafia; da lì proba-bilmente qualcuno si rese conto che era diventato troppo pericolo-so, aveva scoperto troppo e non aveva intenzione di fermarsi. C’era chi, tra le cariche alte dello Stato, sapeva o se non sapeva, aveva presentimento di quello che

1367, la tela strappataUn documentario che racconta i giorni più bui della nostra storia

“Indigniamoci e a r r a b b i a m o c i perché chi li ha u c c i s i c i h a distrutto il futuro”

Κοινή

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Politically (s)correct

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sarebbe accaduto, ma non ci fu nessuno che si preoccupò al punto di agire. Sarebbe cambiato qual-cosa? Probabilmente non lo sa-premo mai, così come non sapre-mo mai chi prese i floppy disk di Falcone o l’agenda rossa di Borsel-lino, misteriosamente scomparsi al momento opportuno. E, ritor-nando a quello che dicevo in apertura, lo Stato ha avuto una parte importante nelle vicende delle stragi mafiose, una parte da attore protagonista quasi. E la rabbia, l’indignazione vengono dalla consapevolezza che succes-sero cose in quei due mesi, che non solo non sarebbero dovute

accadere, ma che potevano essere evitate da persone che avrebbero dovuto sentire il bisogno di non farle avvenire. E queste stesse per-sone poi hanno urlato, hanno pianto e si sono disperate, sono entrate a testa bassa in chiesa du-rante i funerali, indignandosi e proclamando ad alta voce che cose del genere non accadessero più.

Non dimentichiamo chi ha voluto un futuro migliore per noi, indi-gniamoci e arrabbiamoci perché chi li ha uccisi ce lo ha distrutto quel futuro. E soprattutto lascia-mo che questi esempi entrino den-

tro di noi, cambino la nostra mentalità e ci insegnino ad ascol-tare le voci di coloro che ci vo-gliono aprire gli occhi, di coloro che nuotano contro corrente e ci vogliono mettere in guardia, senza che gli interessi personali li condi-zionino. Facciamo si che “le loro idee camminino sulle nostre gam-be” e che nasca in noi il bisogno di cambiare noi stessi e la società. Io mi vanto di essere siciliana, perché come me lo sono stati Gio-vanni Falcone e Paolo Borsellino e perché io posso sentire questo bisogno di cambiare come altri miei coetanei non possono. E allo-ra cambiamo.

Κοινή

Dario Morgante 2ª D

"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie in-ternazionali." Undicesimo artico-lo della Costituzione italia-na. Chiaro. Puntuale. Diret-to. Strabiliante. Bisogne-rebbe attaccarlo in ogni via delle città, bisognerebbe scriverlo sui muri, urlarlo al mondo. "L'Italia RIPUDIA la guerra", ripudia... Un verbo senza mezze misure, che non permette altre in-terpretazioni: noi, Stato italiano, ripudiamo la guerra. Eppure... Eppure sono stati stan-ziati dallo Stato, quello Stato che deve ripudiare la guerra, tredici miliardi di euro per novanta F-35. E per chi non sa cosa siano gli F-35, basterebbe cliccare anche sul banalissimo Wikipedia per cono-scere la definizione di F-35: stru-mento utilizzato per supporto aereo ravvicinato, bombardamen-to tattico e missioni di superiorità aerea. E la domanda sorge spon-tanea: perché lo stesso Stato che ripudia la guerra deve buttare tredici miliardi per uno strumento

di bombardamento? Difesa, pura difesa (dicono). E per quali strane leggi della metafisica spaziale, della geometria analitica, della fisica quantistica noi dobbiamo credere che sia una mossa intelli-gente spendere una dozzina di

miliardi per degli aerei bombar-dieri? Per difenderci? E da cosa? Dalle forze oscure? Dal mostro di Loch Ness? Neanche i "bravi" conduttori di Mistero potranno rispondere a questi quesiti.

Le uniche persone che possono soddisfare queste nostre curiosità sono quei politici che hanno ap-provato l'acquisto di questi stru-menti di guerra. Gli stessi politici che oggi dicono che gli F-35 non servono a nulla. Ma dopotutto siamo in campagna elettorale: basta dire belle parole e clap clap,

giù con gli applausi. Perché ormai sono le belle parole che convinco-no, non i fatti: vincono i maestri della retorica, non chi lotta contro la mafia. Si vince in televisione, non in piazza. Ed è proprio in questo periodo che si vede il lato

oscuro della politica, quello lurido che fa venire il vomi-to. Sempre più parole false, persone che si arrampicano sugli specchi e che si az-zannano in tv, dimentican-do che i protagonisti non sono loro, ma coloro che li devono votare. E con le belle parole ci fanno crede-re che gli F-35 ci servono,

che spendere tredici miliardi è giusto. Che è giusto investire sulla guerra, è giusto che chi non arriva a fine mese debba dormire sotto un ponte, è giusto che nelle scuole pubbliche non ci sia la carta igie-nica, è giusto avere 1000 deputati che guadagnano 30.000 euro al mese. Se lo dicono loro...

P.s.: se avete voglia di provare un F-35 non vi avvicinate troppo alle nuvole, che, come stilato da un rapporto del Pentagono, possono scoppiare in aria!

“L’Italia ripudia la guerra”

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Agri-cultura

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Valentina Foti 3ª F

Alla “bellezza” di 103 anni, si è serenamente spenta, nella sua villa di Roma, una delle donne di maggior rilievo nella storia del nostro paese e forse del mondo: la neurologa e senatrice italiana a vita Rita Levi-Montalcini. Nata a Torino da una famiglia ebrea, nel 1930 si iscrisse alla facoltà di Me-dicina di Torino e a vent’anni fu ammessa nella scuola medica del-l’istologo Giuseppe Levi, dove intraprese i suoi studi sul sistema nervoso insieme a due futuri Premi Nobel, Salvador Luria e Rena-to Dulbecco, studi che l’avrebbero poi talmen-te affascinata da spin-gerla a proseguirli per t u t t a l a v i t a . Nel 1936  il  rettore del-l'Università di Torino, Silvio Pivano, le conferì la laurea in  Medici-na e Chirurgia con 110 e lode; successivamente si specializzò in  neuro-logia  e  psichiatria. Nel 1938, i blocchi da parte di Mussolini delle car-riere accademiche per i non-ariani costrinsero la donna a trasferirsi in Belgio, ospite dell’uni-versità di Bruxelles, dove continuò i suoi studi fino al 1940, quando decise di allestire una sorta di laboratorio privato, spostandosi spesso per evitare la deportazione, dove po-ter proseguire le sue ricerche in-sieme a Giuseppe Levi. Nel 1944 entrò anche a far parte del Partito d’Azione partigiano come medico, ma la sua passione per la neurolo-gia e la sua incapacità di “distac-carsi professionalmente” dalle vicende dei malati la indussero a ritornare ai suoi studi. Dal 1947 per i successivi trent’anni visse in

America, fu professoressa di zoo-logia nella Washington University di St Louis fino al suo pensiona-mento, nel 1977. Non sospese mai la sua attività di ricerca e proprio qui in America finalmente la sua perseveranza diede i suoi frutti: scoprì il Nerve Growth Factor (NGF), una proteina   attiva sul differenziamento, il trofismo e il tropismo di determinati neuroni del sistema nervoso periferico e del cervello. Non sto qui a dirvi in quanti ambiti medici e scientifici

questa scoperta abbia fatto da chiave. Nel 1986 ricevette il Pre-mio Nobel per la medicina per aver “estratto ipotesi valide da un apparente caos”; donò parte del premio per la fondazione di una sinagoga a Roma. Nel 1987 rice-vette inoltre il National Medal of Science (uno dei più alti ricono-scimenti statunitensi in ambito scientifico) dal Presidente Ronald Reagan. È stata nominata senatri-ce a vita dal presidente della Re-pubblica,  Carlo Azeglio Ciampi, nel 2001 ed è cittadina onoraria

di diverse città italiane. È stata membro delle maggiori accade-mie scientifiche internazionali ed ha collaborato con l'Istituto Euro-peo di Ricerca sul Cervello  (Fon-dazione EBRI) da lei fondato nel 2001 e presso il quale ha prosegui-to, fino a poco tempo prima di morire, la sua attività di ricerca, affiancata da un costante impegno in campo sociale e politico e so-stanziata dalla profonda riflessione etica che ne ha animato l'intero percorso di vita.

Cosa dire di questa donna? Il suo “cursus honorum”, troppo lun-go per essere riportato integralmente, dice tut-to. Ma personalmente, ciò che mi colpisce di questa scienziata, oltre alla sua straordinaria longevità ed al rag-giungimento, attraverso i suoi studi, di risultati a dir poco straordinari, è il suo essere semplice-mente “donna”, donna libera, in un “umanità fatta di uomini e donne che hanno uguale dirit-to di rappresentarla, uguali possibilità e dif-ferente approccio”. Ha rinunciato per scelta ad un marito e ad una fa-miglia per dedicarsi

interamente al suo lavoro, nel quale dice che i rapporti coi col-laboratori e studiosi sono sempre stati amichevoli e paritari, soste-nendo che le donne costituiscono al pari degli uomini un immenso serbatoio di potenzialità, sebbene ancora lontane dal raggiungimen-to di una piena parità sociale. Ha lottato per gli ebrei, per le donne, per la scienza, mostrando in ogni circostanza una personalità forte ed estremamente affascinante, modello seguito e da seguire. Mol-

Rita Levi-Montalcini, esempio di coraggio e determinazione

Perché il sapere non è mai troppo

Κοινή

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Agri-cultura

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to seria nei suoi ruoli pubblici, umile, ritratto di dignità e fermez-za, non ha vissuto nemmeno per un istante la sua vita per se stessa, è un orgoglio per la nostra nazio-ne e la sua morte ha mosso anche i cuori di quelle persone che a stento l’avevano conosciuta. Infat-ti numerosi messaggi di cordoglio sono giunti da personalità civili e politiche di entrambi gli schiera-menti ed alle solenni esequie pub-bliche, svoltesi a Roma, hanno partecipato le più alte cariche del-lo Stato come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Presidente del Senato Renato Schifani e il leader Israeliano Si-

mon Peres (che ha avuto per lei parole di stima e ammirazione), per citarne alcuni, per non parlare poi del gran numero di persone che, semplicemente spinte dal bisogno di rendere omaggio alla donna, sono accorse anche dalla provincia; tutti accomunati da un sentimento di profondo sconforto per l’improvvisa scomparsa della scienziata.

Per sua espressa volontà la salma è stata cremata e le sue ceneri ripo-sano accanto alla tomba della sorella gemella Paola, nella cap-pella di famiglia, nel campo israe-

litico del cimitero monumentale di Torino.

Riporto qui di seguito una cita-zione, tra le tante che si trovano su Internet, che mi è sembrata davvero significativa:

“Tutti dicono che il cervello sia l'organo più complesso del corpo umano, da medi-co potrei anche acconsentire. Ma come donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore, ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi. Nei ragionamenti del cervello c'è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emo-zioni.”

Κοινή

Francesco Ravesi 4ª E

Ti è mai capitato di sentirti impo-tente, incapace di reagire, immo-bile di fronte al sistema? Spesso pensi: «Ma perché la società fun-ziona in un certo modo, perché tutto va come vogliono gli espo-nenti del governo?» Ed è allora che ti rendi conto che io e te non siamo altro che piccole pedine sulla chilometrica scacchiera della nostra nazione in rovina. Ma cer-chiamo di andare un po' oltre. Ci siamo mai chiesti il vero perché di ciò che ci affligge?

Bene, prima pensavo che la storia fosse una materia con poco senso. Sì, belle le date, le bat-taglie, gli avvenimenti, e tutto quello che è venu-to prima di noi ed ha contribuito a formarci, ma il più grande inse-gnamento dei libri di storia non è altro che questo: «La storia ci insegna che non c'è fine all'orrore». Tutti gli eventi storici, tutti i grandi intenti partono con più che nobili pro-

positi, con grande fervore e pas-sione patriottica, ma ogni singolo popolo finisce per diventare la causa del proprio male. Non si sono per caso gli stessi rivoluzio-nari francesi ghigliottinati l'un l'altro, una volta conquistato il potere?

La storia ci insegna che l'uomo è cattivo, la storia ci insegna che non c'è via di fuga dai nostri mali, la storia ci insegna che non c'è via di fuga da noi stessi.

Se vogliamo che la nostra piccola, personale rivoluzione vada a buon fine, dobbiamo mozzare qualche testa, dobbiamo creare un regime, delle istituzioni, un governo di cui noi stessi ci facciamo schiavi.

Ma dopo tutto si sa: per fare una frittata, bisogna rompere non po-che uova, bisogna che il pensiero sia comune e comunitario, biso-gna rende fare delle vittime di un sistema che non vorremmo nem-meno imporre. Ed è proprio que-sto che ci affligge, il sistema. Un

sistema inaccettabile ma necessario, un sistema cattivo, spietato e cinico con noi, ma è pur sem-pre un sistema che dob-biamo subire nostro malgrado, per far sì che le cose funzionino.

Voglio dimenticare la storia come maestra di vita, ma voglio sempre tenerla in mente come il rovescio dei nostri valo-ri, una società “attraver-so lo specchio”, uno specchio rotto, rovinato, distrutto dalla nostra intrinseca malignità.

Historia magistra vitae non est

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Agri-cultura

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Eleonora Giacoppo 2ª C

Da diversi anni, sono stati intro-dotti nella vita dell’uomo, delle nuove “attrezzature”, dei nuovi modi di comunicazione semplici e alla portata di tutti; cosa che però presenta sicuramente anche degli aspetti negativi.L’innovazione, infatti, non porta sempre dei vantaggi. Per quanto la tecnologia da una parte possa essere comoda e veloce, dall’altra parte rappresenta un sistema che danneggia gravemente l’uomo socialmente e psicologicamente. I primi ad essere stati travolti da questa nuova “moda” sono i stati i giovani, i quali trascorrono la maggior parte del loro tempo li-bero navigando su Internet o mandando sms.Diciamo che oggi, spesso, la tec-nologia rappresenta per un ragaz-zo una specie di “rifugio”, qualco-sa che gli permette di distrarsi e di allontanarsi da quelli che sono i problemi quotidiani. Ci si dedica ai social network, dove si ha la possibilità di comunicare con gen-te di diversa provenienza, ma con i tuoi stessi problemi. Gente con la quale hai la possibilità di dialogare per far emergere il tuo punto di vista. Gente che in un certo senso ti fa sentire a tuo agio e riesce a far emergere quel lato di te di cui magari neanche tu eri a conoscenza! Bisogna però stare molto attenti; ultimamente infatti si so-no verificati diversi casi in c’è gente che si spaccia per chi non è, ingannan-do così giovani adolescen-ti per attirarli nella pro-pria “trappola”. Sono del parere, però, che lo stare sempre in contatto con persone solo tramite un pc o un telefono limiti l’accrescere della socializ-zazione, induca a essere

introversi in presenza di qualcuno e soprattutto riduca la voglia di stare a contatto con persone che non siano utenti, followers e così via. Questi possono, inoltre, essere la causa della riduzione dello stu-dio da parte dei giovani e quindi possono determinare anche una riduzione della capacità di con-centrazione. Non determinano però sicuramente un arricchimen-to della lingua italiana! Anzi, sono la principale causa, per cui oggi i giovani tendono ad abbreviare ogni tipo di parola in circostanza e in momenti anche non opportu-ni determinando ignoranza e in-capacità di scrittura. Cionono-stante le nuove tecnologie sono utili e straordinarie per l’appren-dimento, la comunicazione e per sviluppare anche la creatività; quindi, se da una parte aiutano l’uomo ad affrontare i propri pro-blemi, dall’altra distruggono quasi totalmente i rapporti umani.Credo che spesso questa tecnolo-gia ci induca ad affrontare quelli che sono i veri problemi di oggi in modo superficiale, evitandoci di maturare e crescere dentro. Credo

anche che molti siano ossessionati dalla navigazione e che ne faccia-no uso in modo esagerato. Credo, però, che sia sbagliato giudicare negativamente qualcuno quando dice di aver trovato un amico “vir-tuale”. Personalmente posso af-fermare che è difficile, ma non impossibile in quanto proprio alla sottoscritta è successo. Si dice “chi cerca trova”, no? Bisognerebbe semplicemente non fidarsi troppo. Sarà un po’ difficile da credere, sarà forse un po’ stupido, ma a volte gli amici lontani sono più presenti di quelli vicini. Non cre-do che bisogni sempre pensar ma-le degli altri, non credo che un pc possa dividere due persone. Credo invece che la lontananza sia la causa che determina l’intasamen-to delle linee telefoniche!!!!!A parte gli scherzi, l’unico consi-glio che posso dare a tutti voi è quello di limitare un po’ la voglia di usufruire della tecnologia! Per-ché essa poi determina una forte dipendenza; lo dico per esperien-za personale.

I Giovani e la tecnologiaIl paradosso dei tempi che cambiano

Κοινή

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Agri-cultura

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Κοινή

Salvatore Varrica 1ª C

Lasciate che vi racconti di una storia, una storia che fa ghiacciare le ossa e pietrificare il cuore. Di una cosa che vidi una macabra notte. Quella notte, il cuore anco-ra batteva, il vento scostava i miei capelli dal bianco viso, stavo er-rando per terreni paludosi. Mi ero fatto un drink, ma niente di spe-ciale. Ma si sa, la giovinezza ti porta a cercare sempre di più. Stavo vagando, godendo della luce del chiaro di luna. Quella luna che bianca mi guardava, co-me ad implorarmi di seguirla fuo-ri da quel triste luogo. Ammiran-do in alto le stelle, ignaro di una presenza così vicina a me, che spiava ogni mia mossa. Senten-domi impaurito, caddi in ginoc-chio. Così qualcosa mi trascinò dagli alberi. Sentii il suo caldo respiro sul collo, era caldo,ma mi ghiacciò fino alla schiena. Mi por-tò in un posto spaventoso. Fu lì che caddi. Dopo mi proposero di unirmi a loro, in quell'orribile ballo. Alla danza della morte. Li

seguii nel cerchio di fuoco, dove fui condotto nel mezzo, come la preda più ambita,il trofeo più de-siderato. Come se il tempo si fosse fermato, ero stordito e impaurito. Ma volevo comunque andare, nonostante il fuoco ardesse intor-no a me, sciogliendo i miei senti-menti, freddi come il ghiaccio. Ma le fiamme del fuoco non mi feri-vano, quando camminai sui car-boni. E mi sentivo come se fossi in trance, quando il mio spirito fu separato da me. Se solo qualcuno avesse avuto la possibilità di testi-moniare cosa mi successe. Ma la danza continua, ti sfianca fino alla morte. E danzai e mi rallegrai e cantai con loro. Tutto era morto nei loro occhi, così orribile senza vita. Figure senza vita, tutti loro erano non morti. Erano ascesi dall'inferno quando danzai con i morti, il mio spirito libero rideva e urlava verso di me, incurante della vita che sfuggiva dalle mie dita peccatrici. Sotto, il mio corpo non morto danzava nel cerchio dei defunti, fino a che il tempo non viene per riunirci tutti, ammassati

nel gruppo senza ritorno. Il mio spirito tornò giù da me e non sa-pevo se fossi vivo o morto. Come gli altri che si erano uniti a me, continuavo ad invocare aiuto. Ma come in una bolla di vetro nessu-no sentì il mio lamento. Per fortu-na cominciò una scaramuccia e attirò l'attenzione lontana da me. Quando riportarono lo sguardo su di me, quello fu il momento per scappare. Corsi veloce come il vento, tra le fiamme divampanti. Ma non mi guardai dietro, una cosa che non osai. Guardai solo davanti a me. Quando sai che il tuo tempo è arrivato, sai che do-vrai essere preparato per ciò. Fai gli ultimi saluti a tutti. Bevi e dì una preghiera per quello. Quando giaci nel sonno, quando giaci nel tuo letto e ti svegli dai tuoi sogni per andare al ballo con i morti, sembra tutto paradisiaco. Sembri il re dell'universo, per poi venir schiacciato nel baratro. Fino a oggi suppongo di non sapere an-cora perché mi lasciarono andare. Ma non andrò mai più a ballare. Finché non ballerò con i morti.

Sogno di una notte…e ballai con la morte

Amo il bar della mia scuola perché…

Offre asilo per S.Valentino a coppie di squattrinati. Fornisce idee per il travestimento di carnevale.

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Francesco Abbadessa 3ª C

DISCORSO A

L’etimo della parola amico (Ami-cus) è strettamente legato al verbo di egual radice (Amare); deduzio-ne immediata ci porta a pensare che gli amici sono coloro i quali noi amiamo. Spesso tuttavia, a motivo delle connotazioni appa-rentemente non complementari o talora conside-rate disdicevoli dell ’assimila-zione tra amo-re e amicizia si considerano le due cose to-talmente diffe-renti sempli-cemente per un vizio, una sovrastruttura mentale della quale s iamo prigionieri e a l l o s t e s s o tempo carce-rieri e che ci impone note-voli limitazioni al solo fine di mantenerci in un ordine di idee stabile e regolare ma fisso precosti-tuito e privo di fl e s s i b i l i t à . Amore e ami-cizia sono molto più vicini di quanto si possa pensare, tuttavia non sempre secondo la definizione che diamo di amore, ma sempli-cemente di cura, attenzione nei confronti di qualcosa o ancor più di qualcuno. A prescindere dai cliché, avere un buon amico rap-presenta l’assicurazione di soste-gno che mai verrà meno. Un so-stegno reciproco, costruttivo, con-creto, basato sulla condivisione di gioie e dolori in ogni momento della propria vita, spendendo se

stessi totalmente, senza aspettarsi nulla in cambio, donandosi, per-ché la felicità dell’amico è la mia felicità, perché la tristezza del-l’amico è la mia tristezza, perché la disperazione dell’amico è la mia disperazione, perché il diverti-mento dell’amico è il mio diverti-mento. L’amicizia è un’anima sola che vive in due corpi. (Aristotele).

 

DISCORSO B

Ormai le richieste di amicizia che si risolvono in un nulla di fatto informatico mirato al solo aumen-to del numero di amici su Fb per farsene vanto con il/la compare/comare (perché tutti a Messina sono compare e comare) sono divenute effettivamente troppe. Troppi “Amici” la cui attenzione verso di te scade nella tipica di-scussione oziosa: “ciao, che fai?

XD” per poi terminare sovente con un sonoro ultimo aggiorna-mento 17/02/2010 dopo una carrellata di (ehi! Ohi! rispondimi! perché non risp?). Questo nei casi meno turpi; in alcuni casi la ri-chiesta di amicizia è corredata da espressioni tipiche quali: “senti, sai che in questo periodo sono candidato all’istituto, ti assicuro che omiss. omiss.” e dopo due

mesi in corri-d o i o “ E h i ciao!” “Ma che vuole sto quar-tino” o manife-stazioni queste della completa a s s e n z a d i educazione o minima coe-renza in talune persone. Nel peggiore dei casi, il secondo fi n e r i m a n e n a s c o s t o e , mentre la tua vita procede attraverso una idi l l iaca es i-stenza, dopo circa qualche mese (o qual-che anno a s e c o n d a ) d i frequentazio-ne, ti scopri o g g e t t o d e i pet tegolezz i altrui. Avere

“molte amicizie” significa non sapere bene su chi contare, ri-schiare di esporsi, e di farsi del male con le proprie mani, per-dendo tempo per un altro indivi-duo il cui unico fine è il conse-guimento di un obiettivo persona-le per il cui raggiungimento il fine giustifica i mezzi.  L’amicizia è un fragile arbusto di rovere, in una foresta ve ne sono a migliaia, ma solo pochi divengono degli splen-didi alberi.

Un’amicizia “antilogica” Antilogie sofistiche o la mera realtà?

Due lati di quella splendida e alle volte terribile realtà che è l’amicizia.

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Claudia Sonia Farina 3ª G

Ciao, amici del Maurolico,

quando ho dato l’adesione per partecipare ai concerti di musica classica, rock e jazz non pensavo che mi coinvolgessero ed entusia-smassero così tanto. Domenica pomeriggio, 9 dicembre, ho assi-stito al concerto jazz tenuto dalla Brass Bang composta dal trombet-tista Paolo Fresu, Steven Bern-stein, Gianluca Petrella e Oren Marshall.

Paolo Fresu, nato a Berchidda il 10 febbraio 1961, è un composito-re, trombettista e flicornista italia-no. È vincitore di una lunga lista di premi, docente e direttore di numerose istituzioni italiane e internazionali. Il suono unico del-la sua tromba è riconosciuto come uno dei più caratteristici nella scena jazz contemporanea. È fon-datore di “Time in Jazz”, festival che si tiene ogni anno a Berchid-da. Steven Bernstein, trombettista, compositore e arrangiatore, rap-presenta dagli anni ’80 una delle personalità musicali più creative della scena downtown. È leader dei Sex Mob e della Millenial Territory Orche-stra, tra i migliori gruppi del new jazz contempora-neo. Gianluca Petrella è consi-derato fra i più dotati trombonisti jazz del momen-to. Ha vinto nel 2006 e nel 2007 la classifica per i migliori artist i em ergen t i d e l jazz mondiale stilata dal giorna-le statunitense “Down Beat” . Oren Marshall, musicista britan-nico, è un pioniere

capace di usare il particolare strumento, la tuba, sia nella sua classica versione acustica che in quella filtrata da mezzi elettronici.

Essi si sono esibiti in alcuni pezzi di musica jazz: uno di questi è una composizione del trombettista Paolo Fresu, che, dopo il concerto, ho avuto il piacere di intervistare insieme ad alcuni compagni del Maurolico.

A che età ha sentito la pas-sione per la musica?

Avevo forse cinque, sei anni. Ho iniziato a suonare nella banda quando avevo dieci anni e poi sono diventato un musicista.

Qual è stato l’evento che le ha fatto capire di avere interesse per la musica?

Quando passava la banda nel mio paese, io la seguivo da quando ero piccolissimo e da lì ho capito la mia passione per la musica.

Perché preferisce il genere jazz?

Perché è quello che mi piace di più, mi fa sentire più libero e mi fa divertire di più.

Che cosa ha provato al suo primo debutto?

Mi tremavano le gambe!

Questa passione per la musi-ca l’ha ereditata da qualcuno o l’ha coltivata da se?

Non l’ho ereditata da nessuno, nella mia famiglia non c’erano musicisti, però mio papà e mia mamma amavano la musica.

Cosa si prova a essere un musicista e a girare il mon-do?

Si è contenti!

Come è nata la Brass Bang?

Per puro caso io, Steven e Gianlu-ca ci siamo incontrati a Bolzano, davanti ad una Wienerschnitzel e a qualche birra è nata così l’idea di montare un nuovo progetto “tutti fiati” coinvolgendo un bel suono basso: il mitico Oren Marshall alla tuba. Ed ecco la Brass Bang!

Che consiglio si sente di dare a un giovane che oggi si ap-proccia alla musica?

Bisogna avere passione, costanza e molta voglia di fare, perché è di ffic i l e impe-gnarsi totalmente in questo mo-mento, e soprat-tutto si deve fare senza aspettarsi nulla in cambio, ma solo perché ci si crede. Se si ottengono risulta-ti bene, se non si ottiene ciò che si spera , non fa niente, l’impor-tante è che si sia fatto tutto ciò che era possibile, con coraggio e amo-re.

Intervista a Paolo Fresu

Da sinistra: Paolo Fresu, Claudia Sonia Farina, Lelio Crupi

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Marco Riccardo 3ª F

Caro Marco,

non abbatterti così. La fatica, ca-ro, sì, il senso della fatica, questo ti manca.

Smettila.

«Di fare cosa?».

Di non voler avere pesi sulle spal-le, di non volere soffrire neanche un minimo.

«Ma è scuola, studio: ozio, amore, lo dici sempre!».

E quale storia d’amo-re non ha mai porta-to sofferenze?

Dimmelo tu, perché, io, non lo so proprio.

L’ozio, poi, bello quello, quando alla fine ti stendi sul tuo letto, chiudi gli occhi e pensi: “Ho perso un altro giorno della mia vita”.

«Ma cosa stai dicen-do? Sei diventato pazzo, stai rinnegando te stesso e tutto ciò di cui parli sempre!».

Marco, Marco, quante cose ti so-no ancora oscure. Non sto rinne-gando niente: l’ozio e l’amore ci sono nella scuola vera, sempre, fidati.

«Eppure stai dicendo il contra-rio!».

No, Marco, no, per nulla.

Quale momento di riposo è più bello di quello che segue una giornata ricca di fatiche?

Esiste forse un amore più grande di quello che ha dovuto essere vittima di innumerevoli tempeste prima di diventare tale?

Marco, tu vivi nell’epoca del tutto e subito, della fatica zero.

«Perché, tu no?».

Sì, hai ragione, anche io vivo in quest’era. Ma non voglio, ho il desiderio il cambiare.

Sono stanco di non avere la forza per rialzarmi.

Sono stanco di dover cancellare ciò che mi fa stare male senza provare a ricomporlo.

«Certo, parli tu, cui va tutto bene, la casa, la famiglia; la scuola, poi,

meglio non parlarne, guarda».

La fatica, Marco, la fatica.

Non è tutto dovuto, le cose si con-quistano e la lotta è dura.

«Sì, lo so, tranquillo. Ma mi spie-ghi perché prima parlavi di amo-re? Lo inserisci sempre in qualsiasi discorso».

Come fai a non capirlo?

Studium = amore, passione. Ci sei fin qui?

«Sì, ci sono».

Quante coppie, prima sposate, vedi ora divorziate?

«Ma cosa c’entra adesso?»

Non lamentarti, rispondi.

«Tante, ma mi spieghi dove vuoi arrivare?»

Ascoltami e capirai. Ti sei mai chiesto perché?

«Perché non si amano più e capi-scono che è meglio chiudere, stop. Cosa dovrebbero fare altrimenti?»

Ecco, è lo stesso motivo per cui tu, adesso, non sopporti questa fatica, questo cerchio infuocato fatto di insufficienze e fatiche non ripaga-te.

«Ma cosa c’entra?»

Facile rompere un vaso e lasciarlo lì, rotto, scap-pando. Facile, eh?

«Mi spieghi dove vuoi arrivare?»

Sei scappato.

«Io? Da cosa?».

Dalla fatica di cercare di ricostruire quel vaso e di subire il rimprovero dei tuoi genitori.

«Ma mi dici dov’è il nes-so tra ciò, la scuola e il divorzio?»

Preferisci cambiare clas-se o accusare il professo-re di un tuo insuccesso,

anziché te stesso.

Preferisci distruggere il tuo ma-trimonio anziché ripartire da zero, cercando di comprendere i tuoi errori.

«Io non vedo tutta questa ‘corri-spondenza’».

Non la vedi perché non vuoi.

Non la vedi perché non puoi.

Perché la società odierna non te lo permette.

Caro Marco, non abbatterti così.

Non farti distruggere da un mon-do che ti vuole solo debole, inca-pace di resistere alle difficoltà.

Caro Marco, alza la testa, ora che puoi.

Il valore della faticaLettera a me stesso

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Eleonora Samarelli 2ª E

Giunti nel gennaio del duemila e tredici, l’uomo comune si pone un paio di interrogativi: chi sono gli One Direction? E perché sono così tanto popolari?Cinque componenti con storie completamente diverse che per puro caso sono stati assemblati in un’unica band, con sempre mag-gior numero di fan, gli One Direc-tion nascono in situazioni singola-ri e stravaganti: nel momento in cui quattro giovincelli devono es-sere mandati a casa e uno soprav-vivere al successo, si decide che essi avranno una fama all toget-her, e che formeranno un gruppo come concorrente unico a X-Fac-tor UK edizione duemiladieci. Arriveranno tuttavia secondi o terzi (non si capisce molto bene dalle testimonianze), ma realizze-ranno CD, libri, bambole gonfia-bili, pannolini, penne, portachiavi, spille, magliette, cassette degli attrezzi e creme per la notte, il tutto con un unico e solo logo che si porteranno dietro fino alla fine dei loro giorni: 1D, ovvero One Direction.Quota secondo CD, successo pla-netario e tutto il resto, due intervi-stati del tutto anonimi cercheran-no di farmi capire il loro pensiero al riguardo: G., fan sfegatata della band, e M., fan sfegatato di tutti coloro che li odiano.Allora, G., spiegaci meglio il discorso “One Direction”: com’è nata questa tua pas-sione?Questa passione è iniziata esatta-mente il 25 Dicembre duemila e undici, ero a casa di mia nonna ed ero al computer. Tra gli invitati al cenone di Natale c’era una fan dei ragazzi, che successivamente mi ha fatto vedere il primo video de-gli One Direction “What makes you beautiful”. Da lì è incomin-ciato tutto.

Per te cosa rappresentano gli One Direction?È difficile da spiegare. Penso che per me rappresentino degli idoli, in quanto sono delle persone da cui apprendere un insegnamento: avevano un sogno e, facendo dei sacrifici, sono giunti all’attuale successo.Sai dirci se ci sarai “fore-ver”?Non posso dirlo con certezza, ma lo spero vivamente.

Un’ultima domanda: cosa vorresti dire a tutti quelli che li odiano e che non li suppor-tano?A tutti loro vorrei dire che gli uan di sono ragazzi normalissimi che hanno realizzato il loro sogno: non penso che quest’odio possa condizionare tutto l’amore che io provo per loro, né il loro attuale successo che va sempre più a espandersi.Ecco, buon M., esponici adesso il tuo punto di vista: cosa ti fa odiare codesti fan-ciulli?Carissima Eleonora, inizio col dirti che gli One Direction, pur essendo comunque dei ragazzi di talento, non sono sfruttati per produrre buona musica, ma solo per fare soldi; ecco, il problema

non sono loro: il problema sono le troppe pubblicità e, soprattutto, le troppe fan fuori controllo.Quindi, insomma, sarebbe tutta colpa di queste fans “tutte direzioni e niente ar-rosto”?Si, esatto. Secondo me le fan degli uan di sono assolutamente fuori di senno, li idolatrano fino all’esage-razione e attaccano tutti coloro i quali non hanno il loro stesso pen-siero.

Per te cosa rappresenta la vera musica?Per me chitarra e plettro rappre-sentano la vera musica. Il resto vien da sé.Anche per te, un’ultima do-manda: cosa vuoi dire a tutti coloro che odiano coloro che amano gli One Direction?A tutti coloro che odiano coloro che amano gli One Direction non voglio dire niente. Piuttosto, vorrei lanciare un appello a tutti coloro che sono ossessionati dalla uan dairection infection: SO GIÀ DI ESSERE BELLO, GRAZIE.Grazie mille a entrambi, spero di riuscire a trovare le risposte che cercavo dalle vostre parole!

One Directionil boom che scandalizza sempre più esseri umani nel mondo

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Prof. Raffaele Talotta

La lingua adoperata in letteratura presenta due aspetti, che si fondo-no strettamente: il significato e il significante. Parte della critica, rifacendosi al significante, si sof-ferma, in poesia, sugli aspetti for-mali come il suono, il ritmo, l’arsi, le cesure, gli enjambements , le allitterazioni ed assonanze, men-tre, nella narrativa, esamina i momenti dell’azione, l’intreccio e anche gli elementi ideologici, che incidono sull’arte. Questa critica si affermò in Russia, fra il 1915 e il 1930, nel Circolo linguistico di Mosca e nella Società per lo stu-dio del linguaggio poetico di Pie-trogrado (si possono ricordare nomi importanti, come Roman Jakobson, Lev Jakubinskij. Il mo-vimento venne meno nel 1930 per gli attacchi della cultura egemone marxista, che rilevava il disinteres-se per i temi sociali). Essa è de-nominata Formalismo, confluita in seguito, in parte, nel Circolo di Praga. C’è, comunque, da preci-sare che questa rifiuta la tradizio-nale distinzione tra contenuto e forma, perché il contenuto ricon-duce alla forma. I formalisti russi intendono rivedere tutti gli ele-menti artistici, sia formali che contenutistici, considerati come materiali che assumono caratteri-stiche estetiche nell’ambito di una struttura. Questa distinzione tra “materiali” e “struttura” verrà, poi, ripresa dal New-criticism americano. Tale metodo ha avuto una vasta incidenza in Francia e in Italia negli anni Sessanta, quando era fiorente lo Strutturali-smo. (vedi Koiné, Febbraio, 2011, n.3).

La metodologia critica che, al contrario, si attiene al contenuto dei termini poetici, è detta seman-tica, perché esamina in una espressione il significato preciso, in cui confluiscono due aspetti : la rilevanza individuale e quella col-lettiva, il modo di esprimersi del-l’autore e quello del tempo in cui

egli vive. In un testo bisogna cer-care il significato preciso, e dove vi è oscurità si deve insistere di più; là, infatti, vi è pregnanza poetica, perché l’autore si allontana dal linguaggio immediato, pratico. Nei punti oscuri ferve la fantasia del poeta e perciò meglio si esprimono l’estro, il sentimento e il pensiero. E’ possibile, inoltre, cogliere lì la visione d’insieme, in quanto ogni opera è organica.

Esaminiamo alcune sezioni del canto V dell’Inferno (vedi Anto-nino Pagliaro - Mistretta – Me,1898 – Roma,1973 - Saggi di critica semantica e Ricerche se-mantiche sulla Divina Comme-dia).

La critica semantica considera non solo il significato dei versi, ma anche il modello letterario che richiama un’immagine. Per es., la figura di Minosse, all’inizio del canto, richiama il c. VI virgiliano (vv.432-33), ma essa lì assume un aspetto esornativo; Dante, al con-trario, rifacendosi alla dottrina cristiana, inserisce i demoni in un contesto drammatico, in cui do-mina lo spirito del male. Segue, nel canto, una successione di no-mi di personaggi leggendari e sto-rici, che, reinterpretati, secondo la morale cristiana, accentuano il pathos della loro vicenda: (Semi-ramìs… Cleopatràs… Elena… Achi l le… Parìs… Tristano, vv.58-67).

Soffermiamoci sulle due similitu-dini:

E come gli stornei ne portan l’alinel freddo tempo a schiera larga e pienacosì quel fiato gli spiriti mali.(vv.40-42)

E come i gru van cantando lor lai,faccendo in aere di sé lunga riga,così vidi venir, traendo guai,ombre portate da la detta bri-ga (vv.46-49)

Alcuni commentatori interpreta-no: le anime dei lussuriosi costitui-scono una sola schiera, che, in balia della bufera infernale, si spo-sta, nelle quattro direzioni, come gli storni nella stagione invernale, e si lamenta come le gru, quando si dispongono in lunga fila nel volo. Questa similitudine ha pure ascendenza letteraria (si trova nel-l’Eneide, X, 264-66). La critica semantica intende diversamente. Ci sono due schiere: una dei lus-suriosi, che si muove in modo compatto, come gli storni, e l’altra di coloro che furono uccisi a causa d’amore, che procede in fila in-diana, come le gru. In tal modo si spiegherebbe perché Dante, al v.49, usi il partitivo( “ombre por-tare da la detta briga”); mentre, se avesse voluto intendere tutte le “ombre”, avrebbe premesso l’arti-colo determinativo “le”. Si chiari-rebbe, inoltre, perché Virgilio pos-sa indicare a Dante ad una ad una tali anime.

Passiamo, ora, alle due celebri terzine, racchiuse nei versi 100-105:

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,prese costui de la bella perso-nache mi fu tolta, e’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,mi prese del costui piacer sì forte,che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Annotazioni critiche sulla Divina Commedia

Κοινή

“In un testo biso-gna cercare il signi-ficato preciso, e do-ve vi è oscurità si deve insistere di più; là, infatti, vi è pregnanza poetica”

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Κοινή

Esse sono considerate da alcuni, come Momigliano, ripetizione del formulario stilnovistico, e, perciò, un ricalco insignificante. La critica semantica, invece, rileva in esse la grande drammaticità che coinvol-ge i due personaggi, uniti ancora in maniera inscindibile. Anche se Francesca apre il colloquio con un enunciato stilnovistico, che stabili-sce un rapporto strettissimo fra il cuore nobile e l’amore (vedi G.Guinizelli), tuttavia, le terzine nascondono la tensione del dramma che persiste ancora nel contesto dell’eternità. Pertanto, “e ‘l modo ancor m’offende” (v. 102) non va riferito alla parte prece-dente, “che mi fu tolta”, come intendono parecchi critici, che sottolineano ‘il modo’ crudele ed immediato, che Gianciotto Mala-testa adoperò nell’uccisione dei due amanti, senza dare loro la possibilità del ravvedimento, che avrebbe evitato la dannazione eterna. Secondo la critica seman-tica, il parallelismo tra le due ter-zine e, in particolare, tra “e ‘l modo ancor m’offende” e “ancor non m’abbandona”, indicherebbe che l’ inciso della prima terzina

debba riferirsi alla proposizione reggente, non alla relativa. Il si-gnificato dei due termini allora sarebbe: “modo” come “intensità” , “offende” come “danneggia” ( “offendere” con il significato di “danneggiare” si trova in altri passi della Commedia; confronta Inf. II, 45; VII, 71; Purg., XXXI,12). Quindi, si dovrebbe interpretare: l’intensità del nostro amore fu tale che ancora essa mi danneggia, a causa della danna-zione eterna. Francesca non si offende per il modo in cui venne uccisa, quando venne infranta la sua sensibilità femminile; non vuole, dal punto di vista morale, giustificarsi per l’amore incestuo-so; fu l’intensità della passione, che, abbattendo ogni freno inibi-torio della sua pudicizia, la fece cedere. Se intendiamo così, l’amo-re, non più stilnovistico, si tra-sforma in forza prorompente. I due personaggi sono inseriti in uno stato di ininterrotta passiona-lità drammatica che induce Dante non alla condanna morale, ma alla pietà, da intendere non come compassione, secondo la lezione romantica desanctisiana, ma, se-

guendo la convincente interpreta-zione del Sapegno, nel significato di profondo turbamento, che sconvolge tutta la concezione cor-tese-cavalleresca sull’amore e po-ne una tormentoso dubbio: come possa accadere che dal sentimento umano più nobile, se non bene ordinato, si possa, addirittura, arrivare alla perdizione eterna. Il poeta insiste, infatti, sul termine ‘pietà, che compare al v.72, quan-do Virgilio indica “le donne anti-che e’ cavalieri”, successivamente, al v.93 “poi c’hai pietà del nostro mal perverso”, ed infine al v. 140. Egli, indotto a rivedere la proble-maticità delle sue posizioni dot-trinali sull’amore, preso da im-mensa inquietudine e sofferenza interiore, per le parole di France-sca e il pianto di Paolo, viene me-no come se morisse. Lo svenimen-to del pellegrino Dante si risolve, però, in una conquista interiore, che allontana da lui la perplessità e il turbamento e gli consente di riprendere l’impervio cammino attraverso i gironi che racchiudo-no il male.

Le Anime di Paolo e Francesca, Gustave Doré

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Angolo della Poesia

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L’Angolo della PoesiaA billizza un po’ addivintari cundanna A chi servunuDì sermoniSi poi i masculiSu giustificatiPicchì hannuL’ormoni?QuannuI lassa a zitaL’assicutanoPi tutta a vitaE si sìantunuAutorizzatiA struprarleE a scannarleA cutiddati.Ma picchìCrirunuI putilli pigghiare

Κοινή

A tumpulatiE a ziminnarleComu giocattoliAccattati?Si sìantunuSuperioriE scafazzanuA dignitàE i sentimentiRi i fimminiComu fussiruPumaruariE s’addifennunu“ma s’era misaA maglietta attilata!”Picchì un suLibereI vestirisiComu si sentunuDà junnata !?U fattu allucinantiÈ ca i cristianiSu cummintiCa è nà cosaPimmissaE si sfidanuTra d’iddiPuru facennuA scummissa.Sta societàAv’a canciariCu nà ranBottaI lavatriciCa arriminassiÀ coscienz’i tuttiE scummigghiassiTutta sta veinnici.  

Andrea Santoro 4ªF

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Angolo della Poesia

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Non è un monologo

Fossi in grado,o fossi ingrato,il sistema ti ha ignorato.Non ti capita di rado,di sentirti calpestato e nell'onore sfigurato?Cambia!La rabbiafuori dalla gabbia!Va tutto male?Sorridi.Può migliorare?Solo se ci credi.Nessuno ti può toglierequello che qualcuno potrà cogliere.Tocca a te scegliere.Soffrire o vivere?Non è un monologo,solo un epilogo.Smettila, dunque, di star male, tanto alla gente che gliene può fregare,sei tu che hai deciso di cambiare.Agisci, secondo ciò che per te davvero vale!

Giuseppe Genovese 4ªE

Κοινή

L’Aereo di carta.

Azzurro,bianco,verde,è un sogno o lo vedo?Portami viafra le nuvole rosee,fammi volaretra terra e cielo.Gli occhinon voglio più aprireperché nulla finisca.Dalla realtàvoglio fuggire,che il resto sparisca.Solo.Su aerei di cartaviaggio nel sogno.Ma le parolescorrono lentee si fermanoquando lo stuporesupera il pensiero.Finzioneo apparente realtà?

Forse è soloquesta seriedi note e coloriche mi fa viaggiaresu aerei di carta,in un cielodi limpido azzurroacquerello.Mi fermo.La meta è vicinao forse lontana,perché una meta reale non c’è,e voglio viaggiareall’infinito.Su nebbie e ghiacciai,su mari e pianure,in spazi eterei.Sul mio aereo di carta,tra il volaree il cadere.

Gregorio Scrima 1ªC

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Voci di corridoio

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Cristina Trinchera 1ªD

Fare la settimana corta a scuola è da tempo il sogno di molti studen-ti. Poter aver la possibilità di an-dare a scuola per 5 giorni a setti-mana invece di sei, come del resto fanno i docenti, potrebbe realiz-zarsi a partire dal prossimo anno scolastico anche per gli studenti del Maurolico. L'orario scolastico settimanale deve, però, essere in media di 30 ore dal lunedì al ve-nerdì e per poter attuare la setti-mana corta sarà quindi necessario rimanere a scuola sei ore. Ed è proprio questo che frena molti dirigenti scolastici dall'approvare la settimana corta nei propri isti-tuti.

La settimana corta di certo non è una novità. Se n’è già parlato du-rante l’attuazione della riforma Gelmini con la riduzione delle ore scolastiche settimanali ed ora il ministro Profumo torna a parlare di questa possibilità auspicando una scuola a 5 giorni in cui i ra-gazzi possano vivere di più, esten-dendo, quindi, anche alle scuole superiori quello che già da anni avviene nelle scuole dell'infanzia, nelle scuole primarie ed in alcune scuole secondarie di primo grado, dove le ore di lezione variano dal-le 36 alle 40 settimanali. Tuttavia per le scuole medie di secondo grado il discorso è diverso. Non per tutte le varie tipologie di scuo-le superiori sarà possibile riuscire a terminare le lezioni il venerdì. Nei nuovi licei artistici e negli isti-tuti tecnici, infatti, si prevedono 32 ore settimanali, che sarebbero difficili da suddividere in 5 giorni, senza rendere la giornata di scuo-la troppo pesante per gli studenti.

Alcuni presidi si dicono intenzio-nati a cercare di organizzare l'ora-rio scolastico per lasciare il sabato libero agli studenti, anche perché darebbero ragione al ministro sul fatto che, in tempi di crisi, sarebbe un bel risparmio per gli enti pub-blici: meno spese di luce, riscal-damento e trasporti. Ma, soprat-

tutto, noi ragazzi avremmo l'occa-sione per imparare a gestire il no-stro tempo. In generale, comun-que, la maggior parte dei Dirigen-ti Scolastici è favorevole alla set-timana corta nella convinzione che possa giovare alla didattica e che farebbe cessare le diatribe tra i docenti che spesso si contendono il sabato come giorno libero. Compattare le ore di lezioni in 5 giorni settimanali, soprattutto, eviterebbe l’assenteismo del saba-to, spesso, sostenuto dai genitori nel tentativo di ricomporre le fa-miglie.

Bisogna però precisare che l’even-tuale divisione della famiglia, og-gi, non nasce dal fatto che i figli vanno a scuola il sabato, ma piut-tosto, da cause strutturali che de-rivano dall’organizzazione eco-nomica e produttiva della società nella quale viviamo. I lunghi orari di lavoro aggravati anche dall’esi-genza del doppio lavoro e anche di quello nero, i tempi di sposta-mento in un traffico caotico, i molti beni di consumo offerti e la scarsa disponibilità economica, la disaffezione al lavoro perché eco-nomicamente non remunerativo, l'insoddisfazione complessiva della gran parte della popolazione per la profonda ingiustizia sociale che, ad esempio, vede quelli che gua-dagnano meno pagare le tasse anche per coloro che guadagnano molto di più e infine per l'insicu-rezza della vecchiaia, per la sem-pre più evanescente assistenza sociale e sanitaria e per l’elevato numero di disoccupati. Tutto ciò ha l'effetto di una bomba all'in-terno delle famiglie, che, per estrema consolazione, il poco tempo che trascorrono in casa lo dedicano alla grande varietà di programmi televisivi e ai social network che limitano l'opportuni-tà di dialogare.

Ed è proprio con il dialogo tra genitori e figli che si ricompone la famiglia, non di certo non man-dando il proprio figlio a scuola il sabato.

La scuola deve venire incontro alle esigenze del territorio e questa è una scelta che piace alle famiglie e piace a quegli studenti che pen-sano che con una pausa più lunga si stressano di meno in classe e rendono di più. Ma è davvero cosi? Restare in classe dalle 8.00 alle 14.00 è un’esagerazione, me-glio diluire le lezioni su una setti-mana intera dal momento che agli studenti sarebbe richiesto, per poter avere il sabato libero, un maggiore impegno durante la settimana.

È un fatto riconosciuto da tutti che la scuola italiana non funzio-na. E le cause sono diverse ma tutte riconducibili all'immobilismo ed all'incompetenza di chi gover-na ed ha sempre governato la scuola. Avere il sabato libero, per restare a dormire qualche ora in più, per alcuni studenti è un'idea allettante! Ma quali sarebbero le conseguenze di un orario distri-buito in 5 giorni? Significherebbe un disagio enorme per gli alunni pendolari, significherebbe una o due materie in più da studiare per il giorno dopo e tempo in meno per farlo ed assimilare bene con-cetti e contenuti e, di conseguen-za, per molti di noi significhereb-be anche rinunciare  ai progetti pomeridiani, alle proprie passioni, allo sport, alla palestra, alla musi-ca, alla danza etc…. perché il tempo non lo consente.

Svolgere un programma su un arco settimanale di sei giorni è certamente più proficuo che non farlo su un arco di cinque giorni. A parte la perdita di concentra-zione che due giorni di seguito di vacanza comporta, è senz'altro

I pro e i contro della settimana corta

Κοινή

“Quali sarebbero le conseguenze di u n o r a r i o distribuito in 5 giorni?”

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Voci di corridoio

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vero che le cose, a piccole dosi, sono meglio digerite. E poi le seste ore (anche se tutte le ore diventa-no di 50 minuti) sono troppo pe-santi per svolgere un'esercitazione scritta, una verifica di italiano, di latino o di greco. In una giornata di sei ore possono capitare mate-rie come italiano, latino, greco, matematica, storia e inglese, con il conseguente carico di compiti per il giorno dopo. La soluzione che gli accorti pedagoghi ci forniran-no è quella che tutti voi già avete

pensato: alle seste ore facciamo, religione ed educazione fisica. È allora questo ciò che il potere sco-lastico intende per armonica for-mazione del ragazzo ? Materie di serie A e materie di serie B. Ma, a parte la religione, che così come è pensata e fatta in alcune scuole, potrebbe stare anche all'intervallo, rimane sempre la considerazione che quelli che si sono sbracciati per volerla nella scuola, nella pra-tica, poi, la vanno a relegare in soffitta a discapito dell’interdisci-

plinarietà come forma di collabo-razione tra le discipline che tende a un sapere unitario.

È evidente che la scuola italiana va via via dequalificandosi sempre più, quindi ha buon gioco chi so-stiene che andarci un giorno in più o un giorno in meno non cambia nulla. Se invece partiamo dall'ipotesi che la scuola potrebbe funzionare bene e che l’istruzione è un valore, allora le cose cambia-no.

Alessandra Giliberto 3ªFAlessandra Verzera 4ªC

Da un anno e mezzo ormai una coppia di coniugi, Massimo e De-borah Dolfin, abitano in un’auto rossa parcheggiata nelle zone più nascoste della città, così da non attirare gli sguardi curiosi dei pas-santi. In seguito alla chiusura della loro attività commerciale e alla morte dei genitori, i coniugi Dol-fin hanno perso la casa e si sono adeguati ad una sistemazione mobile, che ancora persiste, nono-

stante le molteplici e continue richieste per un alloggio. Così, venuti a conoscenza del loro caso, gli studenti del Liceo Classico Maurolico hanno deciso di agire per quanto possibile. Come ogni anno, in occasione dell'open-day, gli studenti allestiscono un banco dei dolci, il cui ricavato viene de-voluto in beneficenza. Aggiun-gendo una piccola somma dal fondo di istituto (120euro ricavati dal banco dei dolci e 80 euro ag-giunti dal fondo cassa), gli studenti

hanno donato il ricavato, fruibile in buoni spesa. I coniugi Dolfin sono uno dei massimi esempi della crisi messinese, ma la città non si ferma e l'aiuto parte proprio dalla scuola. Non a caso infatti si è deci-so di agire sul territorio piuttosto che verso progetti già avviati pun-tando a realtà dimenticate dalle istituzioni e prese poco in conside-razione. A breve, si spera, i coniu-gi Dolfin otterranno un alloggio non pretenzioso, ma che garanti-sca loro il minimo indispensabile.

L'altro volto della cittàdrammi sociali e familiari

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Valentina Foti 3ªF

Carissimi colleghi Mauroliciani!

Benvenuti! Oggi la qui presente inaugura quella che si spera di-venti la nuova rubrica di moda del Ciccio Mauro!! Mi era stata sug-gerita qualche tempo fa in reda-zione, e già latitava nella mia te-sta, questa idea di mettere su carta quella che sembra stia diventando una vera e propria tendenza allo “chic” nella nostra scuola. Così ho colto la palla al balzo e ho accu-mulato dati sufficienti per mettere in piedi una sorta di avatar, anzi due, uno maschile e uno femmini-le, abbigliati solo di puro e sempli-ce buon gusto alla Mauroliciana. Ma partiamo dall’inizio, dal First Step: analisi del fenomeno.

Questo è il passaggio più sempli-ce, basta fermarsi 5 minuti, ma-

gari accoccolati accanto ad un termosifone, dato il gelo di questi giorni, e osservare il via vai nei corridoi del nostro Regio Liceo. Siamo tutti molto fashion, sorri-denti e curati in ogni dettaglio quando usciamo sollevati dalle nostre classi, destinazione cortile, vuoi per una “zizza” (chi non sa cosa sia, affari suoi), vuoi per una fumante piadina da 1,30€, con il cellulare in mano pronti a manda-re un messaggio alla commare dell’altra classe con scritto “non sai che mi è successo, dobbiamo parlare!”. Tutto molto carino e interessante, c’è solo un piccolo particolare, non so poi quanto piccolo, forse quanto un campo di calcio, che nessuno sembra pren-dere in considerazione: paremu tutti i stissi! Ma dai! È possibile!? Manco a mettersi d’accordo, san-to cielo! Vabbè, tralasciando i

commenti, Second Step: esposi-zione dei dati raccolti. Che fac-ciamo, cominciamo? E comin-ciamo allora. Proverò a darmi quel tono, spero che tra le righe lo si riesca a carpire, tipico dei do-cumentari sulla riproduzione dei mammiferi (immaginate la musi-chetta di Super Quark ma, per i musicisti classici, Aria sulla quarta corda 2° movimento dalla Suite per orchestra di Bach). Quale prima, maschio o femmina? Me-glio maschio, più sbrigativo e me-no accessoriato:

“Il maschio della specie ama di-stinguersi per fare colpo sulla femmina, possedendo in linea generale due tenute: sportiva e casual. La sportiva si compone di pantaloni di tuta in jearsy elasti-cizzato accompagnati da felpa e sneakers. I colori prevalenti sono grigio per i pantaloni e bianco per

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La moda MaurolicianaCosa ci caratterizza e ci distingue dai ragazzi degli altri Licei

Una scena del film “Pink Floyd The Wall” del 1982

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le sneakers, multicolor le felpe. Quella casual si serve invece di comodi jeans stretti sino al blocco del circolo sanguigno, possibil-mente raccolti da un trita-rifiuti e col cavallo alle ginocchia, di ma-glioncini attilati e di Hogan; meri-tano particolare citazione le in-numerevoli varietà di mutande facenti capolino da sotto i jeans; alle volte completano in maniera decisiva quell’outfit che altrimenti non attirerebbe l’occhietto indi-screto delle femminucce. I capelli si presentano alle volte lunghi con delle folte frange lisce, alle volte rasati, alle volte tenuti dritti da chissà quanti barattoli di gel, ma dipende dai casi.”

Ok, più o meno ci siamo. Ma ora è il turno dell’avatar femminile (se siete in piedi, sedetevi, ne avremo per un po’):

“Se il compito del maschio è quel-lo di attirare l’attenzione su di sé, la femmina senz’altro sa farlo me-glio, come ogni cosa d’altronde. Ella non ha degli outfit ben deli-neati, ma, al contrario, ama mi-schiarli fra loro creando abbina-menti dalla parvenza originale, che in realtà non lo sono per nul-la. Per comodità suddividiamo quindi la vestizione dell’avatar in 3 fasi generali: scarpe, parte infe-riore e parte superiore. Per quanto concerne le scarpe, prevalgono senza dubbio le Hogan, di vari modelli, scamosciate o con la “H” decorata dagli strass, varie le colo-razioni. A queste si alternano le classiche sneakers bianche o peg-gio ancora quegli orrendi stivaloni imbottiti il cui nome, mio malgra-do, mi sfugge. Passiamo alla parte inferiore. Che dire, pare che gli intramontabili jeans stiano lenta-mente lasciando posto ai cosiddet-ti “leggings”. Essi consistono in una sorta di collant, però dello stesso tessuto della tuta, di diversi colori e adattabili a qualsiasi tipo di look

(che gioia infatti per le ragazze poter dire addio alle tutone aceta-te della Legea per l’ora di ginna-stica!). L’unico aspetto negativo è che purtroppo non tutte le ragaz-ze possono permetterseli, data la sottigliezza e l’aderenza del tessu-to, e, come ci sono ragazze che si ostinano ad indossarli, ci sono ragazze che con giudizio restano fedeli ai jeans. Parte superiore. Ambito leggermente più variegato seppur comune a molte ragazze. Anche qui si nota la presenza di felpe e di maglioncini aderenti, che però non hanno alcuno stile se non accompagnati da una bella sciarpa (inutile stare qui a dirvi quanti tipi ce ne sono) arrotolata con almeno venti giri al collo a mo’ di cappio. Poi si utilizzano anche magliette extra large, ca-nottierine con giacchetta di coto-ne sopra, camicie con la cintura in vita… insomma, non fatevi ingannare dai numeri, siamo sempre lì! I capelli sono rigorosa-mente sciolti, lunghi fino alla vita, da lisci a leggermente mossi; rare possibili variazioni.”

Ciò che possiamo dire invece per quanto riguarda l’attrezzatura scolastica, è che vige il classico zaino Eastpak, di ogni fantasia possibile, anche se le ragazze ul-timamente tendono a sostituirlo con una borsa e i ragazzi con una sacca (chissà perché sono tutti convinti che al Maurolico servano i libri! Bastano le sigarette e i trucchi!).

Third Step: conclusioni. Che ve ne pare, eh? Non siamo troppo belli? Chi meglio di noi può essere leader della moda nella nostra città? Siamo esempi eclatanti di ragazzi perfetti a 360°, poiché, nonostante ci credano dei sec-chioni asociali che, invece di cori-carsi con l’orsacchiotto, si corica-no con il vocabolario di greco, abbiamo dimostrato di essere an-che fashion! Poiché noi siamo in-sieme cultura e moda (con una buona dose di snobismo da figli di papà)! Se poi dobbiamo parlare dei nostri motorini e delle nostre “macchinette” (badate bene che

non sono quelle che distribuiscono merendine) che occupano il mar-ciapiede di Corso Cavour e il par-cheggio di Piazza Duomo, siamo proprio a cavallo (che però la-sciamo nel giardino delle nostre villette perché vicino scuola non c’è una scuderia)!

Elencate tutte le nostre innumere-voli qualità tutte degne di nota, posso dire di aver finito… credo di non aver dimenticato nulla. Ah no! Aspettate! Non posso non par-lare del topos per eccellenza che accomuna il 99,99% dei Mauroli-ciani! È ciò che tutti possiedono! È ciò che senza dubbio deve esse-re considerato il vero oggetto di tendenza nel nostro istituto! Quel-lo stramaledetto iPhone! Un con-centrato di “chiccheria”! MA PERCHÉ? È questo che mio chiedo! Perché ha iMessage? O CamWow? O il display retina? Baggianate! 700€ di pura e sem-plice omologazione! E poi dopo nemmeno un anno che ce l’avete vi sento dire che vi siete scocciati, o che non lo sapete nemmeno usare! Mah… secondo me ve lo comprate tutti per un solo motivo: metterci la cover colorata!!! E ov-viamente per passarvi il tempo, mentre 4 martiri sono alla catte-dra interrogati, con una partita a Ruzzle di gruppo. Poi, in caso il display retina non vi rendesse la vista dello schermo abbastanza limpida, compratevi un paio di occhiali come quelli di Patty, è sicuro che non li ha nessuno nella nostra scuola!

Ora sì che posso ritenere l’articolo veramente concluso. Spero di aver ispirato qualcun altro affinché porti avanti questa rubrica della moda Mauroliciana che io ho inaugurato in questo numero!

(Non fraintendete le mie intenzio-ni, fatevi due risate, e siate fieri e orgogliosi di voi stessi e della vo-stra scuola! Solo, vi prego, basta con questi iPhone, invece di butta-re 700€ per quello, fatevi una bel-la vacanza!)

“Paremu tutti i stissi! Ma dai! È possibile!?”

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Giuseppe Genovese “il fighetto” 4ªEEleonora Samarelli “Nicki Minaj” 2ªE

Venerdì 8 Febbraio, dopo due anni di “Flexus”, la pazza e atte-sissima festa di Carnevale targata “Ciccio Mauro” è tornata presso la discoteca Glam, rinomata dopo più di un anno di assenza dalla movida messinese.

Piccola parentesi sul Carnevale. La parola Carnevale deriva dal latino “Carnem levare”, cioè to-gliere la carne, perché consiste nel banchetto tenuto il giorno prima dell’inizio della Quaresima, pe-riodo di digiuno antecedente la Pasqua.

Tornando alla nostra festa, sono state tante le maschere, altrettanto innovativi alcuni travestimenti: si passa dai tifosi del Messina al grande J-Ax, al wrestler John Ce-na, ai personaggi dei videogames

“Super Mario” (versione maschile e femminile!), le ragazze “Brio Blù”, The Sims, le Totally Spies, Cappuccetto Rosso e Babba Nata-le, certi fighetti con i capelli bion-di (riferimenti puramente casuali) e certe imitazioni “verosimili” di cantanti famosi (per chi non l’avesse capito, si parla di Nicki Minaj).

Da ricordare anche le nanette di Biancaneve, la Sirenetta, gran-chietti e alghe qua e la, motocicli-sti, BATMAN, Miss Italia 2013, lo spartano, cowboy e cowgirl, Ma-rines, militari, interisti, juventini, rapper, Blues Brothers, tirolesi e carcerati!

Le maschere vincitrici dei consue-ti premi sono state: Marco Palme-ri (IV D) travestitosi da “Ragazza del Bar” e Marta Amato (IV A) che ha indossato un costume da WC (non ricordavo travestimenti

simili negli ultimi anni, compli-menti!). Come Migliore Maschera di Gruppo, si affermano i “Pom-pieri” (alcuni alunni della V C), e infine, come Peggiore Maschera, Francesco Ravesi (IV E) e il suo super travestimento da Pierbasilio Currò!

Infine vorremmo dire quali sono state per noi le maschere più inte-ressanti: il grandissimo Ezio Audi-tore (complimenti ad Andrea Franzini di V D), Francesco Za-vettieri (V A) travestito da donna, Crudelia Demon, interpretata da Federica Fusco (IV E) e i 4 Ele-menti (alcune ragazze della V A).

Anche stavolta hanno trionfato l’originalità e il senso del (dis)gu-sto. Più disgusto, devo ammettere.

Al prossimo anno, speriamo in tante nuove idee e tante nuove maschere!

Κοινή

Carnevale Glam “F. Maurolico” 2013

Giorgio Cardile 1ªCSalvatore Varrica 1ªC

Signore e signori, a gentile richie-sta la Redazione vi offre un artico-lo senza precedenti, l'intervista al nostro carissimo rappresentante, Pierbasilio Currò, e alle sue sensa-zionali bretelle. Vi proponiamo una serie di domande rivolte a lui e al suo fantastico accessorio. Ini-ziamo subito:

Iniziamo da te, Pierba, sei il nostro rappresentante, pensi che le bretelle siano il tuo vero successo?R: Credo non siano il mio vero successo, ma penso rispecchino una parte importante di me. Quella più rivoluzionaria.

Che rapporto hai con le tue bretelle?R: Diciamo che è un rapporto di amore e amicizia, ma allo stesso tempo con alcune incomprensio-ni, anche se le uso solo per occa-sioni importanti.

Hai passato delle belle espe-rienze con loro?R: Certo, soprattutto l'occupazio-ne di quando ero al terzo anno, e quella di quest’anno.

Ti capita mai di litigarci?R: Sì, a volte. In particolare quando non riesco ad allacciarle.

Le bretelle che importanza hanno per te?R: Non le uso sempre, sono il mio supporto per le grandi occasioni, solitamente usate per le occasioni di protesta. Sono il mio supporto morale.

Adesso passiamo a voi, illustre signore, voi siete l'accessorio del-l'anno, che dico, del secolo!

Cosa si prova ad essere in-dossate dal nostro caro Pier-ba?R: Siamo orgogliose di essere in-dossate da un rappresentante che si cura e occupa della scuola.

Avete mai pensato di scrivere un'autobiografia?

R: No, ancora no. Anche perché siamo ancora giovani e abbiamo una vita davanti, ma é nei nostri progetti futuri.

Il vostro è un incarico pieno di responsabilità. Quali pressioni si aggirano su di voi?R: Dobbiamo essere sempre pron-te a essere utilizzate anche se per poco, siamo sempre pronte a dare il nostro supporto.

Quali sono le vostre aspetta-tive di vita?R: Le nostre aspettative sono quelle di essere indossate da Pier-ba anche per occasioni più impor-tanti.

Qual è il segreto del vostro successo? R: Il nostro vero successo è il co-lore rosso fuoco... solo a guardarci abbiamo già vinto!

A tu per tu con le bretelle

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Alessio Micalizzi 5ªG

Cari amici Mauroliciani, come ogni anno ci ritroviamo ad affron-tare, commentare, assistere e gio-care il nostro torneo scolastico di calcio a 5.Quest’anno si sentiva aria di cambiamento e così è stato, il nostro torneo ha avuto una rivo-luzione radicale a partire dagli organizzatori: spodestato il mitico CHIMACHI composto da Ferdi-nando Chimenz, Massimiliano Stagno D’Alcontres, Francesco Mobilie e il grafic designer Calo-gero Leanza che l’anno scorso hanno garantito un ottimale non-ché trasparente svolgimento della competizione, al suo posto è su-bentrato il duo Giuseppe Agnello-Claudio Orlando che già sta lavo-rando per un torneo altrettanto ottimale e trasparente, con l’ag-giunta speciale delle telecronache delle partite di Massimiliano Sta-gno D’Alcontres e Giampaolo Finocchiaro, con la collaborazione di Alessandro Denaro.Altro cambiamento decisivo pen-sato dai due nuovi organizzatori è stata l’idea dapprima di fare il torneo per classi, e nel caso di qualche classe con insufficienza di giocatori di unire due o più classi, tutto ciò al fine di garantire un torneo più aperto e competitivo, ricco di squadre equilibrate. Andiamo ora a considerare le quattordici squadre che si daran-no battaglia in questi mesi, i capi-tani, i giocatori fondamentali e le sorprese.ATLETICO MADRID: La seconda squadra di Madrid capi-tanata da Andrea Latteri conta in rosa un fuoriclasse apprezzato ormai in tutti i tornei degli ultimi anni come Samir Lanni e giocato-ri di spessore e grande talento come Roberto Bellomo, Simone Luxi, Simone Messina, Stelio Ver-zera, Simone Greco ed Alberto di Fresco.CELTIC: Gli scozzesi squadra nuova tra le soprese assolute del torneo è capitanata da Alberto

Giannetto e consta delle presta-zioni di Francesco Romeo, Pierco-simo Gazzara, Carlo De Leo, Alessandro Celi, Fabio Caravella, Gaetano Freni ed Enrico Piccione.CHELSEA: I blues possono fare affidamento sul capitano Luca Paleologo e sull’apporto del cam-pione Luca Vento, da segnalare anche la presenza di Andrea Dat-tola, Filippo Nicosia, Gioele Fer-rara, Antonio Palmisciano e Fran-cesco Crescenti.JUVENTUS: Non più esordienti i bianconeri si fanno avanti con il capitano Francesco Catalano, la stella Giovanni Barbera (già l’an-no scorso richiesto da molti club dei piani alti) e l’apporto di Fran-cesco La Galia, Sergio di Prima, Giuseppe Antillo e Antonio Pavo-ne.MANCHESTER UNITED: i Red Devils sono capitanati da Gianmaria Pulitanò, contano sulla presenza di Federico Fiumara, Filippo Burzomati, Bruno Itri, Egidio Blandina, Luigi Crisafulli, Vincenzo Calderonio, Massimili-ano Tripodo e Dario Morgante.FC PORTO: I portoghesi hanno come capitano Vittorio Silvestro e fanno affidamento in Nino Baro-ne, Leo Pollicino, Marco Broccio, Alberto Jaci, Giorgio Carmignani, Italo Giacoppo e Sharvin Menabi.BORUSSIA DORTMUND: I tedeschi capitanati dal campione Giuseppe Maisano trovano validi giocatori in Giuseppe Panta, Da-rio Pollicino, Emanuele Paleologo, Alessandro Valentini, Fabio Bo-surgi e Giampaolo Finocchiaro.SHAKTAR DONETSK: Gli ucraini capitanati da Giuseppe Agnello trovano il proprio fuori-classe in Vittorio Galletti, i cui validi compagni sono Simone Messina, Alessandro Denaro, Ste-fano Rizzo, Fabrizio Previti, Fran-cesco Laface ed Andrea Scimone.AJAX: Gli olandesi capitanati da Alessio Capone trovano validi elementi in Matteo Tramaglino, Salvatore Pidalà, Francesco D’Ur-so, Michele Cardia, Claudio Cer-niglia e Giuseppe Arigò.

LAZIO: I biancocelesti d’Italia sono capitanati da Gabriele Gul-letta e trovano la propria stella in Giovanni Piraino, elementi pre-ziosi della squadra sono Giovanni Villari, Ferdinando Santonocito, Gaetano De Leo, Gabriele Nico-sia ed Andrea Santoro.PARIS SAINT GERMAIN: I parigini che constano di molti ex “A.S. ZIZZA” campioni in carica del torneo 2011/12 sono capita-nati da Claudio Orlando e posso-no fare affidamento sulle presta-zioni del fuoriclasse Alessandro Maniaci e degli altrettanto impor-tanti compagni Luigi Asmundo, Pierbasilio Currò, Lorenzo Gallet-ti, Andrea De Luca e Federico Pagliara.RUBIN KAZAN: Tra le favorite del torneo troviamo senza dubbio i russi del Rubin il cui capitano è Daniele Pollicino che può fare affidamento su giocatori del cali-bro di Ferdinando Chimenz, Francesco Zavettieri, Francesco Mobilia, Amedeo Leone e Corra-do Jaci.REAL MADRID: I Galacticos trovano il proprio capitano in Emanuele Sindona, e la guida nell’ormai veterano Alessio Mica-lizzi, nella squadra ci sono molti talenti tra cui Francesco Minutoli, Leo Currò, Alessio D’Anna, Giorgio Ferrari, Emanuele Mi-gliardo e Giulio Siracusano.BAYERN MONACO: Ultima ma non meno importante trovia-mo la squadra bavarese il cui ca-pitano è Benedetto Gazzara e il cui fenomeno possiamo riscontra-re in Cesare Corvaja, forse il ta-lento migliore della nostra scuola, la squadra dispone anche del con-tributo di Vincenzo Tripodo, Lui-gi Maceli, Marco Zappia, Andrea Franzini e Gianluca Ruggeri.Dopo questo excursus sulle rose che si daranno battaglia in questo torneo auguriamo a tutti un buon proseguimento di torneo e vinca il migliore, e sempre nel segno della sportività.

Torneo di calcio a 5 del Maurolico

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La signora in giallo e rosso

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Giovanni Altadonna 2ªC

Famose e conosciute sono le mete predilette da turista medio; quasi sempre prevale il dogma: “più è lontana la località più interessante sarà”. Questa diffusa mentalità induce spesso a svalutare luoghi vicini a noi di cui il più delle volte ignoriamo l’importanza o persino l’esistenza. Ovviamente, ben ven-gano viaggi intorno al mondo con visione grandangolare delle locali-tà più disparate, ma personalmen-te ritengo ridicolo che uno studen-te messinese che visita regolar-mente città d’Italia e d’Europa prorompa in un discorso con pro-posizioni interrogative dirette (“domande” è più semplice, ma siamo al Maurolico) come: “Cosa sono i Nebrodi? Dove si trova Ca-ronia?” in risposta a qualcuno che ne parla. Donde il mio umile pro-posito di scrivere qualche appunto su questa meta “sconosciuta” e spesso snobbata, degna di essere conosciuta da noi tutti non solo perché parte integrante della no-stra Isola (e Provincia), ma anche perché ricca di storia e cultura classica.

Sto parlando dei Monti Nebrodi (o Caronìe), facenti parte del co-siddetto Appennino Siculo, che comprende anche Madonie e Pe-loritani; queste ultime catene montuose delimitano il territorio nebrodense rispettivamente a oc-cidente e a oriente, mente il con-fine settentrionale è delimitato dal mar Tirreno meridionale e quello meridionale dall’alto corso del Simeto e dall’Etna. L’etimologia del nome è ovviamente greca: νεβρός significa “cerbiatto, ca-priolo”; il che dà l’idea di quale fauna abitasse queste montagne: cervi, caprioli, gufi reali; tutti animali estinti in Sicilia da pochi decenni che avevano nei Nebrodi le popolazioni più congrue della nostra Isola. Malgrado ciò, oggi come un tempo, l’immenso terri-torio dei “monti dei cerbiatti”, nel

1993 divenuto Riserva Naturale Regionale con il nome di “Parco dei Nebrodi”, rappresenta una delle aree della Sicilia più ricche di biodiversità, tappa preferita da naturalisti e scienziati di tutta Eu-ropa, con ambienti unici su scala regionale. Basta portare qualche esempio: la Sicilia è tradizional-mente considerata “la terra del Sole”, governata da Ήλιος, arida e con brulli paesaggi siccitosi: eb-bene, i Nebrodi comprendono oltre ¼ delle foreste della Sicilia, numerosi corsi d’acqua (comprese le sorgenti dei fiumi Simeto e Al-cantara) e non pochi bacini lacu-stri piccoli e grandi, dai laghetti Cartolari, Zilio, Quattrocchi, Maulazzo all’enorme lago d’An-cipa, al bellissimo Biviere di Cesa-rò (il più vasto lago naturale dei Nebrodi e il più alto della Sicilia). Le cime sono imponenti: per in-tenderci, monte Soro, la vetta massima, sovrasta Dinnammare di oltre 700 m, e molte sono le vette che superano i 1500 m. Sot-to il profilo geologico, prevalgono i terreni argillosi e arenacei, per questo i profili orografici sono dolci, anche se non mancano ter-reni calcarei con aspetti dolomiti-ci, rarissimi in Italia Meridionale e presenti in Sicilia solo qui e nelle Madonie di Palermo: non lontano dall’abitato di San Fratello sorge il monte omonimo, mentre i paesi di Longi, Militello Rosmarino, Galati Mamertino, San Marco d’Alunzio e Alcara Li Fusi circon-dano le imponenti Rocche del Crasto, una parete di roccia aspra e fessurata sui cui inaccessibili contrafforti nidificano l’aquila reale (Aquila chrysaetos) e l’avvol-toio grifone (Gyps fulvus), reintro-dotto recentemente nei Nebrodi e nelle Madonie dopo la sua estin-zione in Sicilia negli anni ’60 del secolo scorso.

In tutto questo, cosa c’entra la classicità? C’entra eccome. Quasi tutti i paesi dei Nebrodi hanno

origini antiche così come la loro fondazione, che si perde fra storia e mito. In un nome di paese pos-sono trovarsi persino due riferi-menti classici: Galati è nome di matrice ellenica, Mamertino… 264 a.C. …Messina… Roma… Cartagine… cosa vi ricorda? Per i novizi, aprite il libro di storia al capitolo sulle Guerre Puniche. Caronia, uno dei centri più im-portanti sotto molteplici aspetti, sorge sull’antico abitato di Calacte (da Καλή Άκτή= Bella Costa), fondato, secondo Diodoro Siculo, nel 446 a.C. dal condottiero Du-cezio, re dei Siculi, insieme a un gruppo di coloni Corinzi. Per se-coli anfore con olio e pesce di Ca-lacte arrivarono sui triclini degli aristocratici Romani, ma a Roma, a partire dal 241 a. C., giungeva anche legname da costruzione dalle selve di Floresta. Volendo proseguire in questo excursus non possiamo non citare Cesarò, il cui nome deriva probabilmente dai termini greci κίσσαρος, edera o κερασός, ciliegia (Prof. D. Macris, op. cit.), nomi che alludono al verde dei rigogliosi boschi nebro-densi; o ancora Tusa, che sorge non lontano dall’antica cittadella siculo-greca di Halaesa Arconi-dea, fondata nel 403.

Sperando di non essere stato te-dante, congedo questo mio primo articolo su Κοινή invitandovi, quando ne avete la possibilità, a visitare, magari in occasione di una bella giornata estiva o una ridente gita invernale, il paesi dei Nebrodi, perle di tradizione con-tadina e cultura classica.

Κοινή

I Nebrodi: questi sconosciutiUn viaggio alla scoperta delle Alpi della Sicilia

“In tutto questo, cosa c’entra la classicità? C ’ e n t r a e c c o m e . Quasi tutti i paesi dei N e b r o d i h a n n o origini antiche”

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Κοινή

Il lago Biviere di Cesarò Il paese di Cesarò, sullo sfondo il cono vulcanico dell’Etna

Complesso boschivo nel territorio di Caronia Il Lago d’Ancipa

Le Rocche del Crasto L’abitato di Caronia

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Discipulus Dixit

5ª AProf.: Z. Sei attento? Che cosa vuol

dire en plein air?Alunno F.: anpliato!

5ª AAlunna S.: Prof., può ridarmi il libro che mi ha

sequestrato?Prof.: Te lo restituirò quando vedrò tua madre.

Alunna S.: Ma è una scusa per vedere mia madre?

5ª AProf.: L’ambrosia che cos’è? Il nettare

degli dei.Alunno F.: Eh no, quello è il gran soleil!

5ª DPrimo principio dell'interrogato : un interrogato po-sto al suo posto riceve un stimolo dal banco verso la cattedra direttamente proporzionale alla voglia del

professore di interrogarlo e inversamente proporzio-nale alla preparazione dello studente.

5ª D(davanti alla professoressa di matematica)Alunna B.: Ma dovrebbero abolirla la ma-

tematica… Se divento Presidente della Repubblica io la abolisco!

Κοινή

Ipse Dixit Prof.ssa Pistorino: (una ragazza, chiamata fuori dal bidello, rientra in classe) Era tua madre allora! Meno male che viviamo in un paese tran-quillo, sennò assisteremmo a scene del tipo “può uscire?” “chi la cerca?” “jack lo squartatore…”

Prof. Caleca:Cos'è la guerra fredda? Una guerra nel mio frigorifero tra il mio tonno e la mia

maionese

Prof.ssa Manuli:(con tono suadente)

Sì tesoro, ti impallo fra poco, stai zitto!

Prof. Sciajno:Se non ti stai zitto, finisci castrato come Urano!

Solo che mentre per lui era servita una falce, con te basteranno le forbicine!

Prof.ssa Fucà:(il libro scrive prop. concessiva al posto di conse-

cutiva) No! Tagliatelo! Spero sia un errore si stampa, non di ignoranza!

Prof.ssa Cucinotta: Come siamo arrivati a parlare di Avignone?

Alunna: Stavo parlando di Clementino V! Ah no scusi, era Celestino V!

Prof.ssa Cucinotta: Vabbè tranquilla, al massimo ce lo sbucciamo e ce lo mangiamo!

Prof. Genovese: Che fai vieni ? Hai un 5 e un impreparato!

Alunno: Impreparato? Ma quando?Prof. Genovese: Oggi!

Prof.ssa Trimarchi: La prostituta è colei che ha fatto del mercimonio la

quintessenza dell'essere.

Alunna: parlo un po’ della parabola?Prof. Venuto: sì, facemu u vangelu

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La RedazioneIl DirettivoFederica Bucolo 5ª AGiulia De Luca 5ª AFrancesco Ravesi 4ª EMario Restuccia 4ª FSimone Salvo 5ª F

I Redattori

Giorgio Cardile 1ª CGregorio Scrima 1ª CSalvatore Varrica 1ª CGiovanni Altadonna 2ª CEleonora Giacoppo 2ª CFrancesco Abbadessa 3ª CAlessandra Verzera 4ª CCristina Trinchera 1ª DDario Morgante 2ª D

Eleonora Samarelli 2ª EGiuseppe Genovese 4ª EEugenia Di Giorgi 5ª EValentina Foti 3ª FAlessandra Giliberto 3ª FMarco Riccardo 3ª FAndrea Santoro 4ª FClaudia Sonia Farina 1ª GAlessio Micalizzi 5ª G

Ha collaborato:il Prof. Raffaele Talotta

Vignettisti e fotografiGregorio Scrima 1ª CAntonella Genovese 3ª EValentina Foti 3ª F

La testata dell’a.s. 2012/2013 è stata realizzata da Francesco Sorrenti 4ª F

Stampato presso Società Cooperativa Spignolo a.r.l. - Via Maffei 8, Messina ME - Tel. 090 717340 - Fax 090 6415659

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Gregorio Scrima 1ª C

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Antonella Genovese 3ª E

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Valentina Foti 3ª F