john lerma - visioni dell'aldilà

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Visioni Dell'Aldilà

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  • JOHN LERMA

    VISIONI DELL'

    ALDIL

    ARMENIA

  • Vorrei dedicare questo libro a mio padre, John Lerma Sr.,

    e alla mia prozia Eladia, Zia Lata Rodriguez, per la sua gentilezza e il suo amore incondizionato

    in passato sulla terra e ora nel regno celeste. * * *

    Dedico questo libro anche a mia madre, Carmen Lerma

    e ai miei figli: Daniella Lerma,

    Mark Lerma e Ariana Lerma.

    Quattro meravigliosi esempi dell'amore di Dio.

  • Il nostro amore sta in tutto e per tutto; la nostra separazione -solo paura;

    la nostra nascita, la nostra morte, la nostra nascita; cos questa esilarante commedia di Dio.

    Dottor John Lerma

  • Prefazione

    Spesso mi descrivono come un tipo pieno di energia e quasi tutti vogliono sapere perch mi sono specializzato in medicina palliativa. Persino i miei familiari all'inizio non riuscivano a capirlo. Dicevano: Ma come, hai passato tutto quel tempo a imparare a far guarire le persone, e adesso vuoi aiutarle a morire?. Oppure: Perch ci tieni tanto a stare con gente che sta per morire? Non deprimente?. Alcuni possono pensare che i medici degli hospice debbano essere seri e parlare a bassa voce; ma i pazienti che stanno morendo non lo vogliono affatto. Vogliono essere trattati come gli altri, perch sono come gli altri. Vogliono che si scherzi con loro e che si rida, quasi che ci si improvvisi clown per farli divertire e sentire ancora vivi. I malati terminali desiderano con tutto il cuore questi atteggia-menti gioiosi, perch proprio alla fine della malattia colgono il significato della vita e della morte, e arrivano a capire che quel momento dovrebbe essere celebrato e onorato come l'inizio di un viaggio emozionante: il viaggio che ci porta fra le braccia del nostro benevolo Creatore.

    Durante il tirocinio alla facolt di medicina dovetti affronta-re l'insorgere dell'epidemia di AIDS, che fu devastante. I prono-stici per la popolazione infetta erano spaventosi. Di conseguen-za iniziai a nutrire un gran rispetto per il processo di morte; avrei tanto voluto aiutare quelle anime a completare la loro vita con serenit, anzich aiutarle solo a sopravvivere. A volte fu straziante dover rianimare pazienti che, lo sapevo, volevano

  • essere lasciati andare, ma erano del tutto impossibilitati ad esprimere i loro desideri. Doveva pur esserci un modo migliore per affrontare l'ineluttabilit di quella malattia. Battersi con le unghie e con i denti, costringendo i malati a sopportare un gran dolore... per cosa poi? Solo per posticipare l'inevitabile. Era di-sumano. In fondo chi stavamo cercando di servire: noi stessi o i pazienti?

    Di l a pochi mesi fui testimone di un evento eccezionale, che in seguito avrebbe non solo indirizzato la mia carriera nell'am-bito della medicina palliativa, ma anche dato una risposta deci-siva sulla irrilevanza delle cure mediche in fin di vita. Ero anco-ra tirocinante in un ospedale di San Antonio quando, in una notte di luna piena, uno scontro frontale mortale mand cinque persone dritte al nostro pronto soccorso. Le vittime furono smi-state secondo la gravit delle loro condizioni, e i pazienti pi giovani con maggiori probabilit di sopravvivenza impegnarono i medici con pi esperienza. Nel frattempo avrei dovuto occu-parmi io dei pazienti con problemi meno gravi o con probabili-t di sopravvivenza minime. E proprio allora i paramedici mi portarono Ricardo, un anziano di 82 anni che aveva avuto un collasso mentre cenava a casa sua. Ci precipitammo in sala emergenze, dove iniziai subito la rianimazione cardiopolmona-re. Alla prima scarica il ritmo cardiaco torn alla normalit. Poi Ricardo si svegli lentamente, borbottando qualcosa su la luce e sull'essersi ritrovato fuori dal corpo. Mentre cercavo di stabilizzare il suo ritmo cardiaco, Ricardo ripeteva di continuo: Era come un giro sull'ottovolante; era proprio come l'ottovo-lante. Tornato in s, fu in grado di dirmi i suoi sintomi, in par-ticolare che gli faceva male il torace. Lo tranquillizzai dicendo che gli avevo somministrato dei farmaci per il dolore e di non preoccuparsi. Per distrarlo, gli chiesi di dirmi di pi del suo giro sull'ottovolante. Non so cosa mi successo, rispose Ricardo, tranne che volavo sopra al mio corpo e gli angeli mi mostrava-no delle cose che feci in passato. Mi guard e con un sorriso entusiasta disse: Era cos bello. Dio e gli angeli mi dissero che sarei sopravvissuto anche a questo. Subito dopo, il tracciato

  • sul monitor si appiatt; impiegai ancora il defibrillatore, ma le scariche non sortirono alcun effetto. Riuscii a ripristinare il bat-tito cardiaco solo iniettando epinefrina direttamente nel cuore. Poi Ricardo fu portato in fretta e furia all'unit di terapia inten-siva cardiologica, dove i cardiologi gli somministrarono farma-ci antiaritmici per via endovenosa, nel tentativo di stabilizzare la frequenza e il ritmo cardiaco. Alla fine risult che Ricardo aveva avuto un forte infarto che per aveva risposto bene agli antiaritmici, agli anticoagulanti e all'angioplastica.

    Mi apprestavo a fare il giro dei pazienti che avevo fatto rico-verare la notte precedente, quando vidi Ricardo agitare una mano e farmi segno di visitarlo per primo. Non riuscivo a cre-dere che quell'uomo fosse sveglio e cos pieno di energia. Grazie per avermi aiutato, disse con un sorriso radioso che gli illumin il viso. Ribattei che ero molto contento del suo notevo-le recupero. Devo tutto a Dio, ammise Ricardo. Dottor Lerma, ricorda quando le raccontai della luce e di essere uscito dal mio corpo?.

    Certo che s, risposi. Be', in quell'intervallo di tempo capii molto. Immagino di

    poter dire che negoziai con gli angeli e con Dio per mettere a posto le cose con la mia famiglia. Sa, dottor Lerma, li avevo trat-tati male, i miei familiari e i miei amici, ma Dio mi ha dato l'op-portunit di rimediare almeno con mia moglie. Affascinato da ci che diceva, mi domandai se le storie di esperienze di pre-morte che avevo sentito raccontare da altri medici fossero vere o soltanto una reazione del cervello a improvvise alterazioni chi-miche e gassose. Nel caso di Ricardo ero sicuro che fosse acca-duto qualcosa di miracoloso, ma non c'era modo di verificarlo. In balia delle sue parole, speravo mi dicesse qualcosa che pro-vasse la sua esperienza.

    Dottor Lerma, ho bisogno del suo aiuto. So che dubita della mia storia, e in un certo senso anch'io. Per questo devo sapere se quell'evento spirituale fu reale o meno. Prima che gli chie-dessi come fare, Ricardo continu: Quando ero fuori dal mio corpo e mi libravo in alto nella sala emergenze, vidi una rivista

  • trimestrale del 1985 sopra quel monitor cardiaco alto pi di due metri, di preciso nell'angolo sulla destra. Era in mezzo alla pol-vere, come se fosse stata messa l apposta perch oggi avessi la mia conferma. Dottor Lerma, potrebbe controllare? Significhe-rebbe molto per me.

    Ero incuriosito e scettico abbastanza da fargli quella corte-sia, cos andai al pronto soccorso con una scala. Salii, con le infermiere che aspettavano di sotto con il naso all'ins. Anche loro erano curiose di sapere se un paziente aveva veramente visto qualcosa mentre lo riportavamo in vita. Di storie come quella ne sentivamo in continuazione, ma di solito non c'era modo di provare se il malato aveva detto il vero o se si era immaginato tutto. Eppure, con nostra grande sorpresa, il trime-strale c'era, proprio dove l'aveva visto Ricardo, ed era giusto anche l'anno: 1985. Senz'ombra di dubbio, l'unico modo in cui avrebbe potuto sapere che era l era o mettercelo lui stesso, o averlo visto mentre si librava rasente al soffitto come ci aveva raccontato. Ma io ero ancora scettico; perci feci altri controlli, da cui risult effettivamente che Ricardo non poteva saperne nulla. Infatti, ormai erano passati anni da che era stato in grado di salire una scala a pioli, e non aveva mai lavorato in ambito edilizio. Inoltre, non riuscii a trovare nessuna relazione fra lui e qualcuno che avesse approntato le sale emergenze pi recenti del pronto soccorso. Si trattava dunque di una conferma che non esistiamo solo con il corpo? Comunque fosse, il caso di Ricardo suscit in me un vivo interesse per il processo di morte, che alla fine mi port a intraprendere una carriera in cui storie del genere sono una regola pi che un'eccezione.

    Questo libro parla di alcune persone comuni in situazioni straordinarie che con grande altruismo vollero condividere i loro ultimi giorni di vita con me, ben sapendo che le loro espe-rienze di un Dio giusto e pieno di amore avrebbero portato pace e conforto a chi, direttamente o indirettamente, ne avesse udito parlare. Le storie dell'amore di Dio vissute e narrate da un bam-bino di 9 anni, da un assassino, da una tossicodipendente, da un predicatore cristiano, da un ateo e da un nazista tedesco non

  • nono soltanto mistiche, ma anche curative ed edificanti. Tutte parlano dell'Unico Dio che crea con amore totale, e ci ricordano che ogni uomo su questo pianeta dedito a uno scopo e fa parte di un tutt'uno, un'unit che, a tempo debito, creer amore e pace eterni e universali.

    In particolare, un paziente rivela che l'amore incondizionato c gli atti di gentilezza gratuiti innalzano il livello dell'umanit, contribuendo alla crescita spirituale del nostro pianeta e dell'u-niverso. Un altro spiega che, una volta unite, scienza e spiritua-lit porteranno a molte scoperte, fra cui una sequenza proteica nel DNA che, quando verr attivata, accelerer il nostro evolve-re a entit pacifiche. Molte visioni e molti messaggi sono incen-trati sulla necessit di amarsi e perdonarsi per poter avere un buon rapporto con la terra ed effettuare un passaggio sereno nell'aldil. Alcuni protagonisti delle storie ebbero un trapasso pacifico, altri difficile; ciononostante, il loro denominatore comune fu il desiderio di darci uno scorcio del misterioso lega-me tra la vita e la morte.

    * * *

    Quando iniziai a parlare diffusamente di queste storie e a condurre i miei studi personali sulla validit delle visioni pre-morte, dovetti affrontare critiche e indagini sul mio lavoro da parte della comunit medica. Ma anche se mettevo a rischio la mia carriera, mi sentivo obbligato ad andare avanti, convinto che i messaggi dei racconti potessero servire ad alleviare il dolo-re interpersonale, spirituale ed emotivo sia dei pazienti sia dei loro familiari. I risultati furono a dir poco stupefacenti. Da l ini-zi il mio progetto di ricerca sulle esperienze di premorte. Al tempo in cui finii di scrivere Illuminati avevo condotto pi di duemila interviste a malati terminali valide ai fini dello studio; fra di esse, cinquecento e passa erano registrazioni di racconti di esperienze di premorte.

    Di base, io sono uno scienziato, e non fu facile accettare l'i-dea degli angeli e delle entit incorporee. Credendo che la scien-

  • za non avesse fatto abbastanza per definire la vita in senso stret-to, iniziai a considerare, seppur con scetticismo, il numero apparentemente elevato di eventi soprannaturali che precedeva-no la morte. Ogni volta che mi fu possibile trovai una spiegazio-ne razionale, e molto spesso finii per attribuire le visioni dei pazienti allo stadio avanzato della loro malattia, ai farmaci, oppure a un blocco completo del loro metabolismo. Ma la somi-glianza e la mera quantit delle storie, unitamente ad alcuni fenomeni inspiegabili, iniziarono ad avere un peso non indiffe-rente in favore di qualcos'altro. Non voglio cercare di spiegare cos' questo qualcos'altro, ma solo raccontare le avvincenti storie dei malati terminali di cui mi occupai.

    Gli aspetti religiosi delle storie si devono ai loro protagonisti e non riflettono necessariamente le mie convinzioni; infatti, nel considerare tutte le possibilit, rispetto e mantengo un punto di vista scientifico e scettico. Invece, con profonda compassione che spero queste sentite esperienze spirituali possano essere d'i-spirazione e incoraggiamento sia per i moribondi sia per i sopravvissuti alla perdita, vale a dire per tutti noi. Il mio inten-to di offrire al mondo ci che osservai e imparai dagli innume-revoli pazienti cui ebbi l'onore di dare sollievo, ossia che alla fine del nostro viaggio terrestre ci attendono speranza, reden-zione e amore incondizionato. Spero anche che l'industria medica accolga queste informazioni e arrivi a considerare diver-samente il processo di morte, tanto da rivolgere maggiori atten-zioni ai bisogni spirituali dei pazienti che stanno lasciando que-sto mondo.

    I racconti di questo libro sono di pazienti ricoverati in hospi-ce nelle loro ultime ore o nei loro ultimi giorni di vita, poco prima di intraprendere il loro viaggio finale e pi solenne. (N.b.: anche se in tutto il libro uso le virgolette per indicare i dialoghi fra i malati, i loro familiari e me, in realt si tratta di un misto fra citazioni dai miei appunti presi durante le interviste e i miei ricordi). La maggior parte delle storie esplorano i regni miste-riosi delle visioni, le sincronicit, le profezie e il campo quanti-co delle infinite possibilit. Data la natura strettamente confi-

  • deliziale dei racconti, ho cambiato i nomi e i dati personali. Spero che gli straordinari messaggi degli angeli vi piacciano e siano edificanti per voi come lo furono per me.

  • Introduzione Gli ultimi giorni di vita

    Negli ultimi giorni di vita il malato terminale si ritrae in se stesso, quasi volesse prepararsi a liberare la propria anima. Tende a rivivere le vicende di un lontano passa-to con sentimenti diversi e spesso ha bisogno di aiuto per affran-carsi da questo mondo. Ci importante affinch l'anima possa essere resa al momento dovuto.

    In questo periodo il paziente pu fissare intensamente alcuni angoli della stanza, oppure sostenere brevi conversazioni con spi-riti invisibili di familiari deceduti o con angeli luminosi. Sono que-sti esseri spirituali a recargli pace e conforto e ad aiutarlo a risol-vere le sue questioni emotive, interpersonali e spirituali rimaste in sospeso; il loro fine ultimo che il loro assistito possa effettuare il passaggio alla vita ultraterrena in pace con se stesso e con gli altri.

    A volte chi osserva dall'esterno pu formulare giudizi affret-tati e parlare apertamente di comportamenti allucinatoli e deli-ranti del paziente; ma cos facendo non si rende conto che tali asserzioni negative dissuadono il malato dal parlare liberamen-te delle sue esperienze spirituali (cosa che, ironicamente, finisce con il prolungare la sua sofferenza). Al contrario, per favorire un trapasso sereno, la famiglia e gli amici dovrebbero sforzarsi di creare un'atmosfera in cui il paziente si senta al sicuro, amato, per nulla esposto a critiche. Un atteggiamento simile lo invoglia a descrivere le sue visioni confortanti e le sue esperien-ze di redenzione; l'effetto finale lo sfogo del suo dolore emoti-vo, interpersonale e spirituale.

  • Anche se si trova fra le mura domestiche, il paziente manife-sta un forte desiderio di tornare a casa. Insiste che deve pren-dere il treno, prendere l'autobus o prendere l'aereo per casa. Queste espressioni sono metafore dell'ultimo viaggio, il pi sacro di tutti: il viaggio in paradiso. D malato pu tendere le braccia verso l'alto, quasi cercasse di sfiorare l'intangibile. Molti pazienti descrivono questo protendersi come lo sforzo di tenere per mano i loro cari defunti o di accarezzare le ali di un ange-lo. il momento in cui gli esseri spirituali invitano i pazienti a camminare verso di loro, a inoltrarsi nella luce fino a essere del tutto illuminati.

    Quando la fine vicina, affiora il delirio. Il paziente pu but-tare da parte le lenzuola e strapparsi di dosso i vestiti o i catete-ri venoso e vescicale. Questo comportamento noto come deli-rio ed causato da una moltitudine di fattori tra i quali (ma non solo) il dolore, l'incapacit di svuotare del tutto la vescica, la sti-tichezza, la disidratazione, l'insufficienza epatica e renale, la febbre, le infezioni, un basso contenuto di ossigeno nel sangue e, da ultimo ma non meno importante, lo stadio avanzato della malattia. Il trattamento del delirio comprende varie misure fra cui gli oppiacei (come la morfina) contro il dolore e la dispnea, un catetere per ovviare alla ritenzione di urina, lassativi per la stitichezza, liquidi per via endovenosa o sottocutanea per la di-sidratazione, ossigeno somministrato con cannula o maschera nasale, farmaci sedativi quali l'aloperidolo, la clorpromazina o (meno spesso) il lorazepam per conseguire un sollievo immedia-to e durevole.

    A quel punto l'impiego di oppiacei, di neurolettici e di ansio-litici, il cui effetto indesiderato principale la sedazione, di soli-to diventa necessario per far rilassare e proteggere il paziente. L'equilibrio tra sollievo dal dolore e mantenimento della consa-pevolezza cognitiva negli ultimi giorni di vita subisce un drasti-co tracollo, che per inevitabile. Dato l'aumento esponenziale delle tossine in circolazione in prossimit della morte, ci com-promette ancor pi la capacit del paziente di rimanere vigile. Va ricordato che si tratta di una reazione naturale del corpo, il

  • quale rimuove la consapevolezza di morire per proteggere il iniziente dagli effetti traumatici dell'agonia. La famiglia e gli

    amici vorrebbero tanto che la persona amata rimanesse sempre vigile fino alla fine, ma sta di fatto che per il malato sarebbe

    trppo doloroso. In quest'ultima fase indispensabile che amici e parenti lascino dormire il paziente quando e quanto desidera. Dato che

    Il nervo stato-acustico sopravvive pi di tutti al processo causti-co di agonia, si potr constatare che accarezzare piano la perso-lui amata sulla testa, umettarle le labbra secche e la bocca

    asciutta e sussurrarle che tutta la famiglia e gli amici sono rumi-ti in amore e in preghiera, le porter un senso di liberazione e

    di pace. Un continuo incoraggiamento a seguire gli angeli di Dio e i cari defunti le assicurer inoltre un passaggio sereno nel

    regno celeste. Con una diminuzione del livello di coscienza, la congestione

    polmonare, la mancata percezione del polso distale e le estremi-t cianotiche, quasi sicuramente la morte avverr nel giro di

    poche ore. Nel frattempo il paziente di solito riesce ad affrancar-si da questo mondo con la mente, il corpo e lo spirito e resta in

    attesa della fine pervaso da un'inebriante sensazione di euforia. A pochi minuti dalla dipartita, sul suo viso si possono scorgere un'ultima lacrima e un sorriso. Quest'ultima lacrimazione viene spesso chiamata epifora. Dopo la morte, la famiglia e gli amici

    che sono stati intimamente coinvolti nell'alleviare il gran dolore fisico del paziente trovano conforto in un travolgente senso di

    sicurezza che la persona amata sia stata portata sulle ali degli angeli nel regno celeste di Dio.

  • Negoziare con gli angeli

    Era uno di quei giorni di luglio grondanti umidit, afosi e pieni di luce, quando varcai il cancello del Medicai Center Hospice con la mia solita fretta. Lungo la via che portava all'ingresso mi concessi un momento per apprezzare la tranquillit dei giardini e riprendere fiato in quella bellezza ver-deggiante, che emanava pace e amore quasi palpabili. Ral-lentando il passo, gustai appieno la sensazione di essere avvol-to dalla grazia, dalla gentilezza e dal perfetto amore. Era una sensazione familiare in prossimit dell'hospice; ma cos intensa non era mai stata. Stavo per incontrare la saggezza e il sapere sotto le spoglie di un bambino di 9 anni con un cancro in fase terminale.

    Matthew non era un mio paziente, ma la sua dottoressa era fuori sede, perci mi aveva chiesto se potevo occuparmi io del suo ricovero all'hospice, l'ultima fermata per la maggior parte dei malati terminali. Ero stato felice di accettare. Avevo sentito che quello era un bambino molto speciale. Aveva chiesto lui di passare dall'hospice domiciliare all'hospice residenziale per sgravare di un peso la sua famiglia. Ero curioso di vedere che lipo era. Avviandomi verso la sua stanza, diedi una scorsa alle centinaia di pagine tra rapporti medici e chirurgici e registrazio-ni delle terapie invasive e aggressive che gli erano state sommi-nistrate in quegli ultimi due anni. Era gi tanto per chiunque sopravvivere, figuriamoci per un bambino della sua et.

    Inalai un profondo respiro ed entrai nella stanza. Appena

  • notai i danni provocati dalla sua malattia provai una gran pena. E avvertii anche qualcos'altro, qualcosa di invisibile ma palpa-bile che assorb gran parte della mia attenzione. Una sensazio-ne? Energia? Saggezza? Coraggio? Era qualcosa di familiare, ma non riuscivo ad afferrarlo. Mi fermai un istante nel tentati-vo di capire che cos'era, ma Matthew ud o percep il mio ingres-so, perci dovetti scrollarmi di dosso quella sensazione e pre-sentarmi per non mettere la famiglia a disagio. Sono il dottor Lerma. Benvenuto. Tu devi essere Matthew, dissi rivolgendomi per alla sua sorellina, seduta proprio davanti a lui.

    La bambina scoppi a ridere, ma Matthew protest a gran voce: No, scema che non sei altro! Matthew sono io!. Considerando che era cieco da pi di un anno, rimasi sorpreso che avesse colto in pieno il mio scherzo. Mi fece un magico sor-riso birichino e si produsse in un vivace tentativo di farmi ride-re anche lui: Dottor Lerma, voglio presentarti Regina, il mio tumore. I dottori la chiamano retinoblastoma e mi dicono che un tumore cattivo. Io per la considero un'amica. Devi sapere, dottor Lerma, che Regina aiuter la mia famiglia e anche gli altri bambini ammalati.

    E come?, domandai. Be', Dio l'unico a saperlo! Io devo solo accettarla. Dissi a Matthew che gli faceva onore voler aiutare gli altri.

    Pensai che fosse una strategia di coping [cio, di risposta alla malattia - N.d.R.], anche se non avrei mai creduto che un bam-bino di soli nove anni con un cancro incurabile e aggressivo a entrambi gli occhi fosse in grado di elaborarne una. Com'era possibile che quel bambino, cui la diagnosi era stata fatta ben tre anni prima, seguita da rimozione chirurgica degli occhi, sottopo-sto a vari e concomitanti cicli di chemio e radioterapia, fosse tanto altruista e, almeno all'apparenza, non provasse ansia o paura? La sua miracolosa sopravvivenza era forse dovuta alla sua spiritualit? Allllora, interloqu Matthew, quasi fosse un dottor Freud, tu non sei uno di quei dottori serissssimi, vero?. Non appena gli risposi di no, Matthew esclam tutto entusiasta: Lo sapevo! Sei quello che aspettavo. Quello di cui mi hanno par-

  • lato loro!. In quell'istante colsi un movimento ai margini del mio campo visivo e mi girai di scatto, pensando che fosse entra-lo qualcuno nella stanza. Invece non c'era nessuno. Strano. Respinsi anche quella sensazione e chiesi a Matthew che cosa voleva dire. Te lo dir un'altra volta. Adesso non il momento. un segreto, fu la sua enigmatica risposta, pronunciata con calma.

    Quel bambino aveva carattere e irradiava una straordinaria carica di energia e di allegria, tanto che, in quanto medico, mi domandai se avesse le carte in regola per rimanere all'hospice. Mon sembrava tanto prossimo alla morte quanto la maggior parte dei pazienti che arrivavano da noi. Domandai a sua madre perch ce l'avesse portato. Con le lacrime agli occhi e la voce tre-mante, la signora conferm quello che avevo sentito dire. Ha insistito lui a voler venire qui per non morire a casa. Dottor Lerma, gli ho ripetuto pi volte che Dio l'avrebbe guarito e che era presto per andare in cielo, ma non c' stato verso di fargli cambiare idea. La sua ora era vicina, diceva sempre, e non vole-va gravare le sue sorelle e me del compito di assisterlo in punto di morte. un bambino meraviglioso, sempre in pensiero per noi, sempre cos attento. Una volta mi ha detto che, se avesse potuto diventare grande, sarebbe stato il tipo di uomo che pro-tegge la sua famiglia. Non so come fa. Io non avrei la sua stessa forza di rimanere in vita. Sa, dottor Lerma, io non credo vera-mente in Dio. Per sto iniziando a pensare che il mio Matthew ci sia stato inviato da un'entit superiore. Dio stesso, magari? Vuole pregare con me, dottor Lerma?.

    Ormai piangeva senza ritegno. Asciugandomi anch'io una lacrima, le misi un braccio intorno alle spalle e, con voce som-messa ma con fervore, recitai l'unica preghiera che sapevo: il Padre Nostro. A spizzichi la signora mi venne dietro, poi mi guard dritto negli occhi e disse: Non la sente, dottor Lerma? Non serlte una presenza meravigliosa e piena di amore?.

    Certamente, risposi. Certamente. Mi stup che anche la madre di Matthew avvertisse qualcosa di insolito nell'aria.

    Il coraggio e la forza di Matthew, la sua capacit di trovare

  • gioia nelle avversit erano stupefacenti. Non era un'impressione solo mia. Anche i medici e le infermiere dell'Istituto tumori dice-vano che quel bambino irradiava amore e gioia, che nonostante le terapie dolorose aveva sempre avuto un sorriso, parole sagge e abbracci spontanei per tutti. In compagnia di Matthew ci si sen-tiva amati. Dal punto di vista clinico, quell'esserino fragile, con un tumore grande quanto una palla da softball sporgente sul lato destro del cuoio capelluto, avrebbe dovuto essere morto da mesi, o sprofondato in uno stato di incoscienza, o almeno in preda a dolori atroci. Invece era andato oltre ogni aspettativa. Anzich un bambino intollerante e pieno di risentimento, avevamo una per-soncina di nove anni che sosteneva brillanti conversazioni senza problemi e aveva una capacit fuori dal comune di rallegrare i suoi interlocutori. Bastarono poche visite per constatare che non ero l'unico a essere ammaliato dal suo sorriso contagioso. Per tutti era un piacere conoscerlo, e tutti lo definivano maturo, divertente, affettuoso, comprensivo e saggio nonostante la sua giovanissima et. Sentendo parlare di lui, molti familiari dei malati nelle stanze vicine venivano a trovarlo, per poi andarsene immancabilmente commossi. La sua accettazione ottimista della vita che Dio gli aveva assegnato era davvero incredibile. Per dirla con le parole di Matthew: La mia malattia riporter la mia mamma da Ges Cristo, perci ne vale la pena!.

    Anche dopo il rientro in servizio della sua dottoressa, non smisi di andare a trovarlo. L'avvertivo come una necessit. Ogni volta che passavo davanti alla sua porta, mi sentivo risucchiare nella stanza come per magia. Un giorno chiesi a Matthew come aveva fatto a sopportare tutto quello che aveva passato ed essere ancora tanto vibrante di energia. Rimase assorto un momento, come per decidere se darmi o meno quell'informazione. Chin la testa, quasi ascoltasse qualcuno, poi disse con fare spiccio: OK, OK, adesso glielo dico. Doc, un regalo degli angeli di Dio. Confesso che quella rivelazione mi meravigli un poco, anche se mi era gi capitato di sentire altri pazienti riferirsi agli angeli. Di solito, mi limitavo a far finta di niente, pensando che fosse solo un effetto indesiderato delle terapie o un'allucinazione di una

  • imminente prossima alla morte. Ma con Matthew era diverso. Matthew era lucido e dal suo ricovero aveva rifiutato la sommi-nistrazione di un qualsiasi farmaco. Siccome non volevo com-promettere il bel rapporto che si era instaurato fra noi due mani-festando dei dubbi, gli chiesi con interesse che cosa intendeva

    dire con un regalo degli angeli di Dio. Matthew rispose: Adesso te lo posso anche dire, il mio segreto. Gli angeli mi hanno appena dato il permesso di parlarti. Sono ancora vivo per-ch ho chiesto loro se potevo restare qui un po' di pi, finch la mamma e le mie sorelle non accettano la mia malattia e la mia morte e, soprattutto, non tornano a credere in Dio.

    Perch pensi che abbiano bisogno del tuo aiuto? gli doman-dai.

    Dottor Lerma, quando pap se ne and, la mamm si arrab-bi con Dio. Era senza lavoro e lui non ci aiut mai con i soldi. Mamma rimase arrabbiata con Dio. Quando poi mi trovarono il cancro, perse del tutto la fede. Si chiedeva sempre perch, per-ch Dio le portava via le persone che amava e per di pi nei momenti peggiori della sua vita. Smise di andare in chiesa, e le mie sorelle lo stesso. Io voglio aiutare mamma e le mie sorelle. Dio mi ha permesso di rimanere finch non saranno guarite.

    E tu non vuoi guarire, Matthew?. All'inizio s. Ma adesso so che, se guarisco, mamma non

    ritrover pi Dio, e questo non va bene. Io voglio la mamma per sempre. Quindi devo morire per aiutarla a ritrovare Dio. Solo cos potr stare con me per sempre. Lo capisci questo, dottor Lerma?.

    Oh, Matthew, s che capisco. Non so che dire. Vorrei che tu guarissi e anche che tua mamma ritrovasse Dio. Perch gli angeli e Dio non possono far succedere entrambe le cose?.

    Dottor Lerma, se avessi visto anche tu l'aldil, non mi fare-sti questa domanda. Vedrai. Andr tutto perfettamente bene.

    Le sue insolite rivelazioni mi colpirono. Come potevano esse-re generate dal delirio? Ragionava con una chiarezza e una luci-dit eccezionali per le sue condizioni. Molto incuriosito, decisi di indagare pi a fondo sulle sue visioni.

  • Gli angeli mi hanno assicurato che la mia famiglia trover la pace in Cristo come risultato della mia fede e del mio amore incondizionato per loro, continu Matthew. Di nuovo: a soli nove anni, come poteva essere tanto saggio? Disse di aver sem-pre creduto negli angeli di Dio e di aver iniziato a conversare con loro ogni venerd da quando aveva iniziato la chemiotera-pia. Allora aveva capito che la sua malattia aveva uno scopo, lo scopo di aiutare la sua famiglia e il mondo. Gli chiesi in che modo avrebbe aiutato il mondo. Oh, lo vedrai anche tu, come funziona, mi rispose. Gli angeli hanno piani anche per te, ma per adesso devono restare segreti. Ma per quante domande gli facessi, non riuscii a cavargli nessun'altra informazione. Mai conosciuto un bambino che sapesse mantenere tanto bene un segreto! Gli angeli avevano scelto un valido messaggero.

    Chi era quel bambino per parlare della morte con tanta sere-nit ed essere pi in ansia per gli altri che per se stesso? Perch aveva chiesto di essere ricoverato al nostro centro per malati terminali? Che cosa l'aveva indotto a pensare che stava per morire? Come mai non soffriva dolori atroci, con quel tumore intracranico aggressivo che si ritrovava? Erano domande che mi frullavano per la testa tutto il santo giorno.

    Quella sera gli chiesi perch aveva voluto venire da noi. So che la mia ora vicina e non voglio morire a casa, mi rispose. Mamma e le mie sorelle diventerebbero troppo tristi.

    Come lo sai?. Me l'hanno detto i miei angeli, rispose Matthew lanciando

    uno sguardo a sua madre. Non me l'hai mai detto, che vedevi gli angeli. Perch? chie-

    se la signora con aria assai perplessa. Era la prima volta che Matthew parlava di loro in sua presenza.

    Non ero tenuto a dirvelo prima. Ma adesso s, rispose come se fosse la cosa pi normale del mondo.

    Dai, allora raccontaci qualcosa di loro! esclamai, fingendo di essere un bambino curioso.

    Ti dir tante cose, ma prima, disse Matthew con un sorri-so birichino, devi leggermi una storia. Mi pass un libretto

  • per bambini e me lo fece aprire a pagina 24. Mi accorsi subito che erano storie semplicissime, e mi sentii sciocco all'idea di dovergliene leggere una. Faticavo a vedere Matthew come un bambino. Tuttavia pensai fosse meglio compiacerlo e mi misi a leggere la storia con un tono allegro. Matthew aveva un vero talento per indurre gli altri a fare quello che lui voleva; sembra-va renderli ansiosi di accondiscendere alle sue richieste. La let-tura non dur pi di cinque minuti. Era la storia di una bambi-na che serbava un fantastico segreto. Gliel'aveva confidato una l ata, dicendole anche che avrebbe dovuto rivelarlo solo e soltan-to in un momento speciale. Il messaggio della storia era velato eppure evidente. Sia la madre di Matthew sia io ci rendemmo conto che il momento speciale era la sua morte, e che ormai era prossima.

    Dottor Lerma, risponder alle tue domande sugli angeli fin-ch loro me ne daranno il permesso, dichiar Matthew quan-do richiusi il libro. Accantonai la mia mentalit scientifica e aprii di buon grado il mio cuore a quel fragile, piccolo messo angelico. Curiosissimo e impaziente, presi a fargli domande sulla vita e su Dio. Dal canto suo, Matthew era pi che entusia-sta di condividere le sue conoscenze sulla malattia e le sue visio-ni angeliche. Finalmente posso parlarne con qualcuno. Roba che scotta! Cavoli, sapeste quante stato difficile non poter dire mai niente a nessuno! Adesso per ho un po' di sonno. Perch non lo facciamo domani?.

    Come vuoi, fu la mia pronta risposta. Appena ti va di par-lare, basta che dici alle infermiere di chiamarmi con il cercaperso-ne. Non importa a che ora. Sono qui per te, Matthew. Ricorda: ti voglio bene.

    Sorrise, mi diede un caldo abbraccio e un bacio sulla guan-cia. Dormi con gli angeli, dottor Lerma. Anch'io ti voglio bene.

    Ricevetti una chiamata il mattino seguente. Cosa assai stra-na, in quelle ore ci furono meno ricoveri del solito; il che mi per-mise di rimanere con lui fino a pranzo. Il giorno dopo fu anco-ra meno movimentato, anzi, l'intera settimana fu tra le pi tran-

  • quille degli ultimi anni. Fu solo una coincidenza? In ogni caso, tutta quella disponibilit di tempo extra non avrebbe potuto verificarsi in un momento migliore. Appena entrai in camera sua, Matthew, n sofferente n ansioso, volle giocare con il Lego. Bello il Lego! Mi sarebbe piaciuto averlo anch'io quando ero pic-colo! esclamai.

    Be', eccolo qui. Giochiamo, dai! fece Matthew. A un certo punto, sollev la testa come se potesse vedermi e disse: OK, ades-so ne parliamo. Fammi qualche domanda, dottor Lerma. Sento il tuo cuore, sento che trabocca di domande, quindi spara pure.

    Ci sono qui degli angeli adesso?. Oh, s che ci sono!. Mi guardai intorno, ma non vidi nulla. Quanti ne vedi?. Tre. Di che colore sono?. Dorati e luminosi. Quanto sono alti?. Un po' pi del mio giocatore di pallacanestro preferito,

    David Robinson. Arrivano mentre dormi o li vedi comparire quando ti svegli?. Tutte e due. Entrano nei miei sogni, e tutti insieme andiamo

    a nuotare con i delfini, le foche e i pinguini. Ci divertiamo un sacco. Quando invece sono sveglio, mi insegnano cose sulla terra e sulle persone.

    E cio? Puoi dirmi che cosa ti insegnano?. S. Mi dicono che anche la terra ammalata come me, e che

    le persone devono imparare a farla stare meglio per poter esse-re tutti sani e felici. Certe volte, mentre nuoto con i delfini e gioco con Gabri, sento la terra piangere perch sta male e per-ch triste. Allora diventiamo tristi anche noi. Ma poi Gabri mi fa vedere che cosa pu far ridere la terra.

    Ah s? E che cosa pu far rdere la terra, Matthew?. Ride se nuoti con i delfini, le foche, i pinguini, i pesci e tanti

    altri animali, e se ringrazi Dio per l'acqua, le piante e tutto il resto. Capisci, dottor Lerma?.

  • Accidenti se capisco! Grazie, Matthew! Grazie per avermi ricordato quello che spesso dimentichiamo: il rispetto del nostro pianeta e degli animali che Dio cre per la nostra sopravvivenza e jwr tenerci compagnia. Ma tornando agli angeli, i tuoi ce l'hanno un nome?.

    S. Il pi grande Gabri, poi ci sono Noe e Raffi. Ci voglio-no tanto bene, dottor Lerma.

    Erano nomi assai strani per degli angeli. Eppure... non erano forse nomignoli per Gabriele, Noel e Raffaele? Era possibile che

    due angeli di Matthew fossero gli arcangeli della Bibbia? Proprio allora una bella ragazza entr nella stanza. Ciao signora Smith! grid Matthew tutto contento. Lei e io ci scambiammo uno sguar-

    do incredulo, condividendo una muta domanda sulle percezioni extrasensoriali di Matthew. Fra me e me, pensai subito di sfrutta-re quell'incontro inatteso per sapere com'era stato Matthew quan-do non era in fase terminale. Ma ancora una volta Matthew mi precedette. Senza alcuna esortazione da parte mia, chiese alla sua Insegnante di raccontarmi un aneddoto risalente ad alcuni mesi prima. Quella breve storia mi diede un ritratto preciso di chi era sempre stato. La signora Smith raccont:

    Matthew ci preg di lasciarlo venire a scuola il giorno del mostra e racconta. Anche se non stava gi bene, la scuola diede il via libera e lo agevol in ogni modo possibile. Tutti i bambini si presentarono con qualcosa di speciale che li distin-gueva dagli altri. La vivace Susan port il suo pesce rosso, il pic-colo Jeff il camion dei pompieri e Xavier persino la sua cara mamma. Alla fine, i giocattoli, gli animali e i genitori furono le cose pi esibite (almeno fino a quando Matthew non fu spinto in classe sulla sedia a rotelle). Matthew mi aveva detto che voleva far vedere il suo tumore e par-lare degli esseri dorati. Ero un po' turbata per la sua malattia e molto protettiva nei suoi confronti, ma lui aveva insistito che era una cosa da fare. Voleva aiutare i bambini a capire che non biso-gna avere paura o escludere una persona solo perch malata o ha un aspetto fuori dal comune. Dopotutto, erano solo bambini, aveva

  • detto. Non ce l'avevo fatta a dirgli di no. Con mia sorpresa, appe-na entr in aula mise di buonumore tutta la classe. I bambini pre-sero a fargli domande sulle sue sensazioni da malato, se il tumore gli faceva male, come si trovava in ospedale. Ci incant tutti con le sue risposte dirette, la sua risata contagiosa e alcuni aneddoti divertenti sulla gente che aveva incontrato all'ospedale. Poi raccont che quando sta davvero male va in un paese dei sogni con un grande oceano, dove nuota con i delfini, reggendosi alle loro pinne, li cavalca e si diverte un mondo quando saltano fuori dall'acqua. Semmai si fossero ammalati, disse ai bambini, non dovevano preoccuparsi, perch Dio avrebbe inviato degli angeli speciali in loro aiuto. Gli angeli sono sempre con noi per aiutarci: basta credere e chiedere. Fu un momento particolarmente sentito per tutti. Da allora, sento di dover passare a trovarlo quando posso. In sua presenza avverto sempre pace e amore a profusione.

    Al ricordo di quell'episodio la maestra si era commossa. Mentre si asciugava le lacrime, pensai per l'ennesima volta che Matthew fosse un ragazzino straordinario. Il suo amore e la sua sollecitudi-ne verso chiunque gli permettevano di fare del gran bene. Tornando agli angeli, chiesi alla signora Smith e alla madre di Matthew se conoscevano bambini o qualcun altro che si chiamas-se Gabri, Noe o Raffi. Ero ancora un tantino scettico. Ma per quanto si sforzassero, nessuna delle due si ricord di amici, com-pagni di scuola, pazienti pediatrici, infermieri o medici con quei nomi. Erano perplesse quanto me. Matthew non dava segni di classico delirio, n di indebolimento cognitivo come effetto indesi-derato delle cure mediche o conseguente al cancro. Le sue visioni e i suoi angeli erano solo una strategia di coping? E in tal caso, come faceva un bambino senza occhi a indovinare il nome di chi andava a trovarlo e a distinguere i colori? Aveva una qualche per-cezione extrasensoriale o c'erano davvero delle entit invisibili che gli davano informazioni? Per me era molto difficile conciliare ci che vedevo con ci che avevo studiato in medicina. Ma comunque fosse, ci tenevo a dare pace e conforto al mio piccolo paziente.

    Un paio di giorni dopo parlammo ancora di angeli.

  • Gli angeli vengono a trovarti spesso? E con quale frequenza?. Da una volta all'altra non passano tanti giorni. Vengono

    litiasi sempre al venerd, credo. Come fai a dirlo?. Perch era il giorno della chemioterapia e loro venivano ad

    niutarmi a stare meglio. Ti parlano?. A volte. Cosa dicono?. Mi chiedono se sto bene. E tu cosa rispondi?. La verit. Quando succede, che sto male. Loro mi dicono di

    non preoccuparmi, e mi fanno sentire subito meglio. Ecco per-ch non ho i dolori che pensate dovrei avere.

    Come fanno a farti stare meglio?. Mi mostrano l'acqua blu e mi fanno andare a cavallo dei dei-

    lini. Poi sto sempre meglio di prima. Matthew stava ripetendo quello che aveva detto ai suoi com-

    pagni di classe, con la sola differenza che stava attribuendo lutto agli angeli. Sembrava un'esperienza fantastica. Gli confes-sai che sarebbe piaciuto farla anche a me. Mi disse che avrei potuto, se l'avessi voluto davvero. Bastava credere e chiedere. Avessi avuto la sua stessa fede!

    Com' cavalcare i delfini?. bellisssssimo! Rido, e i delfini mi parlano, e anche l'acqua

    c la luce del sole parlano fra loro. Gli angeli mi hanno spiegato che cos perch hanno tutti l'unico spirito di Dio.

    Accidenti. Mi piacerebbe sentirli parlare. Oh, ma puoi se vuoi! Lo farai anche tu!. Che altro succede quando sei l?. Ci sono anche tutti i miei amici. Quali amici?. I bambini dell'ospedale ammalati come me. Sono gi morti?. La maggior parte s, ma alcuni vengono solo durante la che-

    mioterapia .

  • Cosa ti dicono questi bambini?. Che sono tanto fieri di me e che torneranno presto. Quanto presto?. Prestissimo. Ci sono bambini qui con noi?. No, vengono solo al venerd. li capita di voler stare meglio?. S, a volte. Gli angeli non possono farti star bene?. Potrebbero, s. Ma mi ricordano sempre il motivo per cui ho

    scelto di essere malato. Io sto cercando di aiutare la mia fami-glia. quella la cosa pi importante. Quando ci si offre di stare male per gli altri, questo cambia la loro vita. Dal mio letto, senza muovermi, posso aiutare tantissime persone.

    Lo so. Adesso per esempio stai aiutando me. Matthew percep la mia commozione. Mi mise una mano sul

    braccio e disse: Non essere triste. Se potessi vedere quel che vedo io - e lo vedrai un giorno - saresti davvero felice per me.

    Eccolo di nuovo: quel linguaggio enigmatico. Mi schiarii la voce, mi ricomposi, feci un respiro profondo e gli domandai: Cosa devo dire ai miei pazienti che stanno morendo?.

    Di' loro di dire "Mi dispiace" a chi hanno ferito, e "Mi dispia-ce" a Dio. Dio vuole che crediamo nel suo unico Figlio che mor per i nostri peccati. Vuole che siamo buoni. Vuole che quando sba-gliamo, cerchiamo di rimettere a posto le cose. Vuole che teniamo sempre a mente che Lui ci ama tanto. Vuole che ciascuno ami se stesso come Lui ama noi. Se ci si vuole bene, si pu voler bene anche agli altri, e il mondo pu essere felice. Gli angeli mi hanno detto che non manca molto perch ci diventi realt.

    Quello fu un gran consiglio. Pensai a come sarebbe stato utile nella mia vita, a che differenza avrebbe fatto se l'avessi seguito. In s, era un messaggio semplicissimo, ma spesso accade che passi inosservato. S, quel bambino mi stava dando una lezione che non avevo mai imparato alla facolt di medicina.

    Erano circa le quattro di pomeriggio di un venerd, quando passai da Matthew a vedere se aveva ricevuto altri messaggi

  • fingclici. Era un piacere discorrere con lui; perci, anche se tivtrvo la giornata piena, mi sentivo sempre in obbligo di recupe-ri! re del tempo per ascoltare quel piccolo saggio in un corpo il Istrutto. Appena entrai Matthew sorrise. Ancora una volta mi il ve va riconosciuto ancor prima che lo salutassi.

    Ti spiace se ti faccio altre domande sugli angeli, Matthew?. No. Sai che oggi venerd?. Sicuro. Gli angeli sono venuti stamattina. Sono stati loro a

    H vegliarmi. Che ti hanno detto?. Mi hanno chiesto come stavo. E tu cosa hai risposto?. Che avevo sonno e che ero molto felice. Perch eri tanto felice?. Perch nuotavo con Ges, gli angeli, i delfini e i miei amici.

    ( ies venuto a giocare con tutti noi e ha detto a noi bambini ammalati che non saremmo pi stati male o tristi. Presto man-der i suoi angeli a prelevarci dai nostri letti d'ospedale per por-I arci a giocare con i delfini, i miei amici e con chiunque voglia-mo per sempre.

    la prima volta che Ges gioca con te e i tuoi amici?. Ma no! Certo che no! Non capisci che LUI era i delfini, l'ac-

    qua, il cielo e tutto il resto? LUI che ci faceva ridere e che ci lia dato l'opportunit di aiutare me, la mia famiglia e gli altri.

    Non sapendo cosa rispondere, proseguii: Cos'altro ti hanno detto Ges e gli angeli?.

    Be', Ges ha detto che il mio tempo qui sta per scadere, e che esaudir il mio desiderio. E Raffi che mamma e le mie sorel-le saranno felici di sapere dove andr e che Ges, il nostro Dio, tutti gli angeli e anch'io veglieremo su di loro per sempre.

    Dunque sei davvero convinto che ti sei ammalato di cancro per aiutare la tua famiglia e le altre persone?.

    S. Penso proprio di s. Allora, un giorno conoscer anch'io i segreti degli angeli?. S. Verranno da te quando ti ammalerai anche tu.

  • Mi verr il cancro?. No, ti ammalerai soltanto. E verr a trovarti anch'io per

    rimanerti accanto. Allora mi venne da piangere. Abbracciai quello speciale figlio

    di Dio, perch dentro di me sapevo che mi aveva detto il vero. Grazie per essere un paziente e un amico tanto sincero, gentile e meraviglioso. Matthew non sapeva che in quel periodo avevo problemi di salute, ma gli angeli evidentemente s. Fu quello a spazzare via tutti i dubbi che mi erano rimasti. Gli angeli ver-ranno a prendermi luned. Ti rivedr prima? mi sussurr Matthew all'orecchio mentre ricambiava il mio abbraccio.

    Naturalmente, gli assicurai. Non mancher per niente al mondo. Voglio mettere tutto in un libro per far conoscere a tutti la tua storia. Ti dispiace?.

    No. proprio per quello che gli angeli volevano che ti par-lassi.

    Cos'altro ti hanno detto di riferirmi?. Che gli angeli esistono veramente, che si prendono cura di

    noi e che vogliono aiutarci. Che non dobbiamo essere spaventa-ti, ma pregare sempre Dio perch ci aiuti, proprio come suc-cesso a me. Questo lo devi dire a tutti.

    E tu? Vuoi dire qualcosa al mondo?. Chi crede in Dio non deve avere paura di morire. In fondo,

    abbastanza divertente, con tutti gli amici, i delfni e gli angeli che ti fanno ridere. Dissi ai delfini che doveva essere bello esse-re dei delfini. Sai cosa risposero? Che doveva essere bello anche essere un bambino. Non strano? Tutti vogliono sempre essere quel che non sono.

    Luned andai da Matthew intorno alle sette del mattino, per-ch era a quell'ora che gli angeli sarebbero arrivati. Me l'aveva detto lui. Lo trovai che giocava al karaoke con le sue sorelle. Come al solito, appena entrai Matthew esclam: Ri-ciao!, quasi potesse vedermi. Buongiorno a tuttiiii! Come sta il nostro Matthew oggi? intonai ostentando un piglio da DJ, per essere in tema con le loro canzoni.

    Benone! Ho dormito bene e non sento male da nessuna

  • purte. Stavo per chiedergli se gli angeli erano gi arrivati, quando Matthew esclam: Dottor Lerma, lo sai che ci sono qui ili meno venti angeli?.

    Davvero? E poi chi altro?. Tutti i miei amici della spiaggia. come una grande festa,

    con i cappellini e i palloncini colorati e il resto. Si ride, si scher-zi!, e gli angeli sono talmente luminosi e dorati da far sembrare d'oro anche noi e la stanza. Questa luce mi fa sentire come in prima elementare, quando potevo ancora correre e giocare dalla mattina alla sera e vedere la luce del sole. Quelle parole riem-pirono sua madre e le sue sorelle di immensa gioia e tristezza. Sua madre prese il microfono del karaoke e preg: Dio mio, lira sono pronta a restituirtelo. Non voglio pi che soffra. Ti voglio bene, Ges. Ti ringrazio per tutto l'amore che abbiamo ricevuto da mio.figlio. Ma ti prego, non farlo pi soffrire per noi.

    fatta! esclam Matthew al settimo cielo. Cosa " fatta?" chiesi. Il mio desiderio stato esaudito. Mamma e le mie sorelle

    hanno riaperto il cuore a Ges. Poi, le sue ultime parole furo-no per me: Ci vediamo!. Lo disse con aria ammiccante, come per condividere un segreto speciale che soltanto io avrei potuto capire. Intendeva dire che sarebbe stato al mio fianco alla mia morte.

    Erano circa le quattro del pomeriggio quando Matthew si addorment ed entr in coma. Mor sereno e tranquillo alle sei

    ili sera, con sua madre e le sue sorelle al suo capezzale. Sono certo che gli angeli e i suoi amici lo portarono a casa. La sua famiglia rimase a lungo a guardare per un'ultima volta quel suo sorriso contagioso da birichino. Sentivo il suo spirito librarsi l intorno, non pi prigioniero di quel suo corpicino martoriato. Anche sua madre pareva aver finalmente ritrovato la pace. Matthew aveva reso questo mondo un posto migliore, anche se solo per pochi anni.

    Tutto era accaduto proprio come aveva detto lui. L'ultima volta che uscii dalla sua stanza, potrei giurare di aver udito richiami di

  • delfni e risatine di bambini su un sottofondo di risacca marina; da medico per, non ci metterei mai la firma. Posso soltanto ono-rare la memoria di un bambino che mi parl degli angeli mentre stava morendo. Ma anche vero che da allora faccio regolarmen-te sogni in cui nuoto con i delfni. E qualche volta vedo anche Matthew, pi felice e radioso che mai.

    N O T E DEL DOTTORE

    E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON M A T T H E W

    Dopo la morte di Matthew continuai a ripensare alle nostre conversazioni. Essendo un medico, nella fattispecie uno specia-lista in terapia del dolore, fu una sfida vera e propria capire e accettare l'idea che la sofferenza abbia uno scopo che interessa il mondo intero. Nel corso degli anni ho sentito molti pazienti dire che l'accettazione del dolore fa parte di un processo di apprendimento che coinvolge sia loro sia altre persone. Quel che faccio ora ascoltare i miei malati terminali fino al loro ulti-mo respiro per imparare dalle loro visioni, e raccogliere e dif-fondere sempre pi conoscenze sul processo di morte. Seguono altri stralci di dialogo con Matthew contenenti importanti infor-mazioni in risposta ad altre mie domande sugli angeli.

    Cos ' il paradiso ? . Be', come se fosse il tuo compleanno tutto il tempo, solo

    che i regali sono di gran lunga migliori. Basta che prendi la mano di Ges, e Lui ti porta a casa.

    Lo vedono tutti?. S, ma solo quando credono nell'amore. E l'amore Dio. Ilparadiso come la terra?. S, ma perfetto. L si vive senza preoccupazioni e si pu

    avere tutto quello che si vuole. Ma una volta che hai tutti i gio-cattoli del mondo e le altre cose materiali, capisci che non sono nulla, e passi oltre. Gli angeli dicono che ci muoviamo verso il pensiero. Ma non so dirti cosa vuol dire.

    E perch il paradiso dovrebbe essere come la terra?. Perch no? una meravigliosa creazione di Dio e Lui vuole

  • chi: l'amiamo. L c' molto di pi che da noi, dottor Lerma. Quanto a me, adoro nuotare con i delfni perch ci parliamo. Io

    dico loro che bella la vita da delfino; loro a me che bella la vita da bambino. Ci scambiamo pareri. Anche gli alberi parlano, e l'acqua. Tutto comunica e ti fa sentire tanto felice.

    Perch hai tre angeli d'oro?. Si inizia con uno solo, poi peggio stai, pi ne arrivano. Gli

    ultimi tre o quattro giorni ne puoi avere trenta-quaranta, tutti tinelli che occorrono per affrancarti dalla tua famiglia e andare (,h Dio.

    Sono tutti dorati?. No, ne esistono di tanti tipi diversi. Alcuni sono pi lumino-

    si e pi grandi, altri pi piccoli. Perch?. Hanno pi o meno potere e possono fare cose diverse.

    Ridendo disse: come il nostro presidente, i senatori, e poi mia mamma.

    Cosa succede quando moriamo?. Quando lasciamo il nostro corpo e andiamo da Ges faccia-

    mo quell'unica grande cosa che avevamo sempre voluto fare ma non potevamo perch non ne eravamo capaci. Sulla terra impa-riamo molte cose sull'amore; la lezione poi continua in paradi-so con Dio. In pratica ci spostiamo a un livello superiore e continuiamo

    dove eravamo rimasti. Dio ha tantissimi piani per i suoi figli. Pare che lass tutto sia meglio che quaggi. Sulla

    Terra non possiamo fare tante cose perch la maggior parte di noi non ci crede, non crede che siamo in grado di farle. Basta saperlo. fondamentale: se credessimo abbastanza, potremmo lare tutto anche qui. come la storia di Peter Pan, mi hanno detto gli angeli. molto semplice, dottor Lerma.

    Che mi dici del male? Esiste?. Nel mondo s, esistono cose cattive. Ma visto che ne siamo

    tutti responsabili, possiamo cambiarle. il fine di Dio, e anche il nostro: cambiare. Ges mi ha detto che bastava credere in lui e in noi stessi. Quando ci riusciremo tutti, la tenebra diverr una luce gioiosa. Ho visto una parte del disegno di Dio, ed

  • meraviglioso. Dottor Lerma, tutte le cose orribili che ci accado-no sono colpa del nostro corpo e della nostra mente. Sta a noi, specialmente a chi conduce una vita sana, usare la mente e il cuore per insegnare l'amore di Ges e lasciarsi guidare da Dio nella ricerca delle cure per le malattie mondiali della mente e del corpo. Sar sempre pi facile man mano che verranno gene-rate persone sane aventi in s le risposte ai nostri problemi e l'a-more per Dio. Chi ferisce e uccide molto malato. Non bisogna giudicarlo, ma aiutarlo, soprattutto con la preghiera. Dio vuole che dipendiamo da Lui e che lavoriamo insieme per realizzare il suo disegno. Per favore, dottor Lerma, dillo a tutti quelli che incontri. Parla della buona novella di Ges che mor per tutte le nostre cattiverie passate, presenti e future, di' che Lui ad avere la risposta ai problemi del mondo. Credendo in Lui troveremo la salute, la pace e l'amore. Dovremmo sempre pregare per la pace e l'amore e poi cercare di fare quel che ci rende felici, lavo-ro incluso. Solo cos saremo tutti contenti, sereni e pieni di amore. Con la pace e l'amore, un giorno la tristezza, la malattia, la fame e le guerre non ci saranno pi.

    .Quindi tutto sta nel pregare e credere in Ges Cristo?. S, basta credere in Ges Cristo, ascoltarlo. Lui e i suoi ange-

    li parlano sempre con noi e cercano di farci felici e di protegger-ci. Prima ascolta ci che dice il tuo cuore. Non la mente. Senza la guida del cuore, la mente pericolosa. Impara ad ascoltare Dio. Lui vuole aiutarci, non controllarci!.

  • Il sorriso

    Jacob era un bel bambino dai capelli neri ricci tutti arruffa-ti e la carnagione chiara. La prima volta che lo vidi mi sem-br un pupazzetto di stoffa. Era incapace di muovere o di aprire gli occhi. Non riusciva pi a piangere, deglutire e nemme-no a sorridere. Quando aveva perso il sorriso, per i suoi genito-ri era stato come se avesse perduto l'anima. Il giorno prima ride-va ed era bellissimo; poi, durante la notte, la malattia gli aveva preso il nervo facciale, paralizzandogli i muscoli del viso e quel-li respiratori. Al ricordo di quel terribile risveglio, sua madre si mise a piangere. Avevano dovuto tenerlo in vita con un autore-spiratore. Jacob si era sviluppato come tutti gli altri bambini per il primo anno di vita. I primi segni di distrofia muscolare si erano manifestati poco prima che compisse due anni. Dopodich, era degenerato velocemente. La malattia gli aveva ridotto i muscoli in gelatina, lasciandolo flaccido e incapace di esprimere il suo dolore.

    Era straziante vedere i suoi familiari adoperarsi per fargli passare i suoi ultimi giorni di vita circondato da pace e amore. La madre lo cullava, cantava per lui e gli massaggiava il corpicino. Lo

    baciava in fronte con estrema dolcezza ogni volta che entrava e usciva dalla stanza. Suo fratello maggiore, Michael, che aveva solo quattro anni e scoppiava di energia, sembrava non capire perch Jacob dormisse tutto il tempo e non potesse giocare con lui. Gli sedeva accanto per ore e ore a leggergli i libri (o almeno, cos diceva lui). Erano quasi tutti libri illustrati; ma

  • Michael raccontava storie bellissime su quelle figure, e non si stancava mai di parlare a Jacob, neanche mentre giocava sul pavimento vicino al letto.

    Dopo quattro mesi di autorespiratore, i genitori di Jacob non erano pi riusciti a guardarlo giacere l a deperire lentamente. I medici avevano detto loro che non c'era possibilit di recupero e avevano consigliato Yhospice. Davanti a ulteriori pareri nega-tivi da parte di altri neurologi pediatri e genetisti, i genitori di Jacob alla fine avevano acconsentito a'hospice domiciliare. Volevano che il loro bambino fosse circondato da tutti i suoi animaletti di pezza e che si sentisse a casa sua. Le successive settimane furono difficili per tutta la famiglia; tuttavia, con le istruzioni e il sostegno quotidiano dell'infermiera del'hospice pediatrico e del cappellano, la famiglia riusc a cavarsela.

    Durante una delle mie visite, la madre di Jacob mi chiese se credevo nel paradiso.

    S. Perch me lo chiede, Sarah?. Be', riflettevo sul credo tradizionale ebraico per cui le anime

    vanno in un posto chiamato Sheol, una sorta di mondo sotterra-neo in cui tutti i defunti aspettano che il loro Messia li faccia risorgere. Oggi gli ebrei nutrono in proposito diverse credenze, I messianisti sostengono il principio celeste cristiano. Io amo la mia religione, ma voglio che Jacob vada in paradiso, cos potr correre, giocare e compiere tutto quello che non ha potuto fare qui sulla terra. Se lo merita. solo un bambino piccolo e inno-cente. Ne ho parlato con il rabbino. Mi ha detto che posso pre-gare per Jacob. Che ne pensa, dottor Lerma?.

    Comprendo il suo dolore e i suoi desideri per il suo piccolo e sono d'accordo con il rabbino che la preghiera uno strumento potente. Ricordai cosa diceva Matthew in proposito e la sua raccomandazione di raccontare la sua storia. Parlai a Sarah di lui e di sua madre, delle loro esperienze spirituali. Strano ma vero, Sarah ne trasse un grande conforto e preg Dio di darle un segno che il suo piccolo Jacob sarebbe stato con Lui e con gli angeli.

    L'indomani raccontai altri aneddoti di Matthew a tutta la

  • fu miglia. Ad ascoltarmi c'erano Sarah, il piccolo Michael, Jacob e Michael senior. Parlai di Raffi, Noe e Gabri, e dei delfini; di nuovo, quei racconti parvero dar loro pace e conforto. Anch'io sentii un meraviglioso senso di tranquillit e fui grato al mio

    amico dal sorriso birichino. Non era passato che qualche minuto dalla fine della storia,

    che Jacob apr gli occhi, fece un enorme sorriso e alz le brac-cia, come se si protendesse verso qualcuno sopra di lui. Ero sba-lordito. Era impossibile che riuscisse a fare uno sforzo musco-lare del genere. Sorrise, allung le braccia ancora un poco, poi mor. La madre, seduta sul bordo del letto, era anche lei troppo sconvolta per piangere o proferir parola.

    Michael stava giocando per terra e quando Jacob mor, balz in piedi e corse dalla madre. Stava per sedersi accanto a lei, quando si ferm di botto, gir intorno al letto, e si sedette dal-l'altro lato. Incuriosita, Sarah gli chiese perch si fosse allonta-nato. C' un angelo vicino a te. Ecco perch. Non lo vedi, mamma? disse Michael. Sarah era allibita, ma prov conforto nelle parole del figlio. Poi Michael tocc il corpo del fratello e corse fuori urlando. Prima che potessimo andargli dietro, stava gi tornando con calma da noi con le lacrime agli occhi. Si arrampic sul letto vicino al suo fratellino e gli sollev un brac-cio. la madre gli chiese cosa stesse facendo. Hanno ragione, lu la risposta.

    Chi ha ragione, tesoro? domand sua madre. Gli angeli. Sono nel corridoio con Jacob e mi hanno detto

    che il suo corpo solo un guscio. Mi hanno detto di andare a vedere per conto mio. Hanno ragione. Sollev di nuovo il brac-cio di Jacob e lo lasci cadere. solo un guscio. Jacob con gli angeli. Michael ci disse che Jacob stava sorridendo, ridendo e facendo capriole in corridoio. Sarah e Michael senior mi guar-darono, entrambi con muti sguardi di speranza.

    Avete pregato per un segno e ve ne stato dato pi di uno. Jacob che ride e alza le braccia atrofizzate era di per s un miraco-lo. I bambini di quattro anni non hanno ancora un concetto di morte; ma Michael vi ha detto quello che gli hanno rivelato gli

  • angeli. Credo che questo sia un grande segno. Sarah e Michael senior scoppiarono a piangere, mi ringraziarono e abbracciaro-no il piccolo Michael. Fu un momento davvero toccante.

    N O T E DEL DOTTORE

    Sarah raccont la storia al rabbino, che gliela fece ripetere davanti alla congregazione. Quell'esperienza le aveva donato tranquillit. Grazie a essa, sapeva che suo figlio era davvero con gli angeli, e non a dormire da qualche parte in attesa di essere risvegliato. Era felice di avere quella sicurezza. Il piccolo Michael continu a raccontare storie di Jacob che veniva a gio-care con lui per circa un anno, e diceva che gli angeli lo face-vano volare dentro e fuori. Ci fu di ulteriore incoraggiamento per la loro madre, e le consent di manifestare il suo profondo amore anche per Michael.

  • Un cambiamento d'animo

    Leon, un pastore battista di 78 anni affetto da un cancro al colon allo stadio terminale, arriv al nostro centro di ricovero con un bisogno urgente di terapia del dolore e di idratazione. Pi il suo stato funzionale peggiorava, pi perdeva la capacit di mangiare e di bere. Eppure, nonostante gli venis-sero meno le forze, il suo spirito acquisiva vigore, tanto da con-sentirgli di esternare messaggi religiosi e spirituali diversi da ci che aveva sempre predicato.

    A due giorni dal ricovero notai che focalizzava lo sguardo su un angolo della stanza dove in precedenza altri pazienti aveva-no affermato di vedere degli angeli. Incuriosito, gli chiesi su cosa si stesse concentrando. Mi squadr con diffidenza, poi disse: Cosa vuole sapere?. Gli domandai se vedeva qualcosa di insolito. Tipo degli angeli? replic.

    Si, risposi. cos. Vuole saperne di pi?. Assolutamente s. Be', bisogna vedere se rimarr nei paraggi abbastanza da

    raccontarle quello che vedo e che sto imparando. Quanto alle visite familiari, non credo saranno un problema.

    Scusi, ma non capisco. Sa, si spieg Leon con le lacrime agli occhi, i miei fami-

    liari hanno molto da fare, non vengono a trovarmi di frequente, e quando vengono, sono visite lampo. Perch non torna quando ha finito il giro dei suoi pazienti? Allora le dir di pi. Suppongo

  • che questa possa essere un'occasione di crescita per entrambi. Ci scambiammo un sorriso e un caldo abbraccio. In quel momento mi parve evidente che Leon mi aveva aperto il suo cuore e sapeva che non l'avrei abbandonato.

    Tornai pi tardi nel pomeriggio come avevo promesso, e Leon inizi a condividere con me le sue esperienze. Aveva vissu-to una vita da fondamentalista cristiano intransigente con molti pregiudizi, sempre pronto a sputare sentenze su quelli che sole-va definire fuorviati e pagani. Era stato attivo nell'organizzare proteste per tutta la nazione contro i matrimoni gay, e aveva fatto di tutto per convincere gli omosessuali che erano posseduti e che avevano bisogno di un esorcismo. Credendo di agire veramente per conto di Dio, aveva perseguito i propri fini a oltranza.

    Ogniqualvolta gli era capitato di dubitare, aveva messo a tacere le sue perplessit trovando nella Bibbia dei versetti ad hoc che ravvivassero la fiducia nelle sue azioni. Era stato un pre-dicatore di vecchio stampo sempre pronto a prospettare le fiam-me dell'inferno a chicchessia. Spesso e volentieri sbottava con gli altri pastori: Altro che le stronzate buoniste, all'acqua di rose che blaterano i giovani predicatori di oggi! La verit la verit, e fa male. Aveva passato la maggior parte della sua vita all'in-segna di questa convinzione. Ormai giunto alla fine, non sapeva spiegarsi cosa gli stesse accadendo, ma sentiva che stava cam-biando profondamente.

    Sebbene fosse un cristiano devoto, di quelli che si rifanno alla Bibbia, e ricordasse di avere letto storie di visite angeliche, non aveva mai creduto sul serio che gli angeli apparissero alla gente, visti i tempi. Pensava si trattasse di soggetti deliranti di cui il nemico si era preso gioco inducendoli a credere nel falso. Aveva sminuito le esperienze di premorte bollandole come allu-cinazioni indotte da Satana, e non aveva mai creduto possibile avere un'esperienza extracorporea. Durante tutto il suo ministe-ro sacerdotale, afferm Leon, aveva scacciato il demonio da sen-sitivi, medium e astrologi convincendoli che operavano per il maligno. Disponendo di una grande forza persuasiva, per cin-

  • quant'anni aveva instillato il timor di Dio in diverse generazioni di fedeli.

    Quando era arrivato il primo angelo, Leon aveva pensato che fosse Satana venuto a tentarlo. Ma via via che le visite angeliche erano continuate, era giunto a riconoscere e ad accettare la pre-senza dell'amore divino in tutto ci che gli stava accadendo. Mi fu consentito di parlare con gli angeli e con altre persone che conoscono la vita e la vita dopo la morte, e mi fu consentito di parlare con Dio, disse Leon. Ero sbigottito. Di storie ne avevo ascoltate tante, ma non avevo udito molte persone dire che era stato permesso loro di parlare direttamente con Dio. Gli chiesi della sua conversazione con l'Altissimo. Tutto a suo tempo, rispose. Voglio raccontare la mia storia con ordine. Ero incan-tato e volevo saperne di pi, perci mi cucii la bocca e lo lasciai continuare.

    Una delle mie prime conversazioni con gli angeli riguard le donne e il ruolo della Vergine Maria. Nella teologia battista il ruolo di Maria non viene enfatizzato, e le donne vengono esor-tate a sottomettersi ai mariti.

    questo che pensavo delle donne, prosegu, ed cos che trattavo mia moglie: lei era un mio possesso. Non l'ho mai amata fino in fondo. La sposai perch era una buona cristiana e sarebbe stata una buona moglie per un pastore. In realt mi ero innamorato di un'altra giovane, prima di sposarmi. Lei per non era della mia religione. Pensavo che non avremmo mai potuto sposarci perch non condividevamo la stessa fede. Gli angeli invece gli avevano dimostrato che Maria era stata una donna incredibile, piena d'amore, e che, come Ges, anche lei era ascesa al cielo. L'avevano ammonito che avrebbe dovuto amare e onorare la moglie come fosse stata Maria, la madre di Ges. Gli avevano detto: Ogni donna e ogni madre importan-te e sacra tanto quanto Maria.

    Provai rimorso per la freddezza che mia moglie aveva dovu-to soffrire da parte mia, prosegu Leon scuotendo la testa, e capii perch viene di rado a trovarmi. Dopodich, gli angeli mi mostrarono come sarebbe stata la mia vita se avessi sposato la

  • donna che amavo davvero. Mi vidi insieme a lei, giocare felici con i nostri figli, andare in campeggio, a pescare e in gita a Disneyland. Poi Leon riconsider altre decisioni prese in passa-to, avvilendosi sempre di pi. Non mi sono mai divertito tanto con i miei figli perch erano un costante ricordo del fatto che mi ero sposato per un senso del dovere verso la mia chiesa, e non per il vero amore che mi aveva offerto Dio. Li crebbi con disci-plina e senza tanto affetto. Gli angeli mi mostrarono le volte in cui i miei figli avevano elemosinato un po' del mio amore; io per mi ero sempre allontanato e buttato a capofitto nella mia chiesa. Presto mi resi conto di quanto si fosse indurito il mio cuore a causa delle mie scelte sbagliate. Avevo sottovalutato il valore del-l'amore, anche se la Bibbia dice che l'amore il nostro pi gran-de dono di Dio. Fingevo che non fosse importante. Era troppo doloroso affrontare la realt. Quando permisi agli angeli di gui-darmi nella rassegna della mia vita, piansi inconsolabilmente. Seppi che avrei potuto essere felice, se solo avessi ascoltato il mio cuore e lasciato perdere le mie idee errate su quello che Dio voleva da me. La mia vita sarebbe stata molto pi appagante.

    Si interruppe un momento per lanciarmi uno sguardo, ma siccome rimasi in silenzio continu. Mi mostrarono che gran ministero avrebbe potuto essere il mio, se solo avessi aperto il mio cuore e riversato sulla mia congregazione l'amore, anzich la condanna. Mi ricordarono che Dio amore e che il suo amore trascende ogni limite. Mi sentii un fallito, ma loro mi assicura-rono che non lo ero. I messaggeri angelici mi svelarono che era stata la mia famiglia ad inculcarmi il concetto dell'amore come dovere, specialmente mio padre, che me l'aveva trasmesso con il suo comportamento. Di nuovo, scosse la testa con tristezza. Ricordo benissimo quanto avrei voluto che mio padre giocasse con me; ma lui era troppo indaffarato con il lavoro. Aveva sem-pre troppo da fare per darmi retta. Quando ricordai questo mio desiderio a lungo represso, il bambino che c' in me url dal dolore. Allora gli angeli mi presero fra le loro braccia, e mi lasciarono piangere finch non fui in grado di capire il messag-gio. Fu come se mi avessero abbracciato per tutta una vita. Una

  • volta tornato lucido, mi carezzarono la testa sussurrandomi dolci melodie finch non mi calmai. L'intensit del loro amore lu soverchiante.

    Poi Leon pass ad altri messaggi angelici: Tutti noi sulla ( erra abbiamo raggiunto la nostra ultima illuminazione intellet-tuale pi di cinquantanni fa, il che ha avuto come esito la nostra vita attuale all'insegna della scienza e della tecnologia. Questa massa critica - come gi accaduto in passato e come succede-r in futuro - ci ha fornito e ci fornir il bagaglio di conoscenze necessario per liberarci dei nostri bisogni primari ed espanderci verso la pace e l'amore. In questo momento, Dio ci sta onorando con un ulteriore periodo di illuminazione che per stavolta coin-volger l'amore e la spiritualit, dal momento che l'uomo non riuscito a capitalizzare in senso spirituale le conoscenze scienti-fiche e tecnologiche che ha ricevuto nel periodo precedente. Si tratter di una lotta impari per arrestare la distruzione dell'uma-nit e del sapere ad opera del potere brutale della scienza e della tecnologia, che l'uomo stesso irresponsabilmente ha scatenato. La capacit di superare le nostre avversit la si pu ottenere in primo luogo solo invocando la grazia di Dio e credendo nel pote-re della preghiera, poi attraverso l'azione. Solo cos potremo con-tinuare a crescere e a sopravvivere come figli di Dio.

    Sentendo in me un forte eco delle sue parole, gli chiesi di dirmi di pi sulle preghiere e sulle azioni da intraprendere per sottrarci alla distruzione. Di per s semplice, rispose, ma non facile arrivarci con i tempi che corrono. Possiamo sfuggi-re ad essa tramite la gioia, la preghiera e la conoscenza. Basta gioire e amare chiunque entri nella nostra vita. E ricordare che Dio continuer a concederci occasioni infinite di rimediare ai nostri sbagli, affinch tutte le anime abbiano l'opportunit di apprendere gli insegnamenti di suo Figlio sull'amore incondi-zionato e sulla pace.

    Il pomeriggio seguente Leon era ansioso di parlarmi della differenza tra le esperienze di premorte e le sue personali visio-ni. Cominciamo, disse non appena mi sedetti ai piedi del suo letto. Quel che sappiamo di Dio e della vita dopo la morte viene

  • da persone (dai loro resoconti di esperienze extracorporee e di pre-morte) e dagli scritti della chiesa. In un'esperienza di pre-morte gli angeli, Dio o i cari defunti parlano alla persona che uscita dal suo corpo. Quel che sto facendo io adesso legger-mente diverso. Sono sveglio e sto parlando con lei, ma sono anche in grado di conversare con gli angeli. Sono in pieno con-tatto con entrambe le parti allo stesso tempo.

    Uhm, dissi, quindi si potrebbe dire che come un'esperien-za. di premorte o un'esperienza sul letto di morte.

    Immagino di s, disse ridacchiando. Comunque, un'e-sperienza talmente reale che, a un certo punto, mi sono chiesto se stavo sognando o se avevo le allucinazioni, se deliravo. Lo rassicurai che non presentava i classici segni del delirio. Gli spiegai che i pazienti deliranti hanno allucinazioni di oggetti, dell'ambiente e di persone che sono ancora vive; inoltre non sono in grado di sostenere delle conversazioni sensate, n di ricordare le loro esperienze in un secondo momento. Fu solo nel momento in cui si avverarono gli avvenimenti che le creatu-re spirituali mi avevano mostrato che mi convinsi che stavo spe-rimentando qualcosa di reale e che mi avevano detto la verit. Ed ebbi la conferma definitiva quando lei, dottore, mi raccont tutte quelle storie sulle esperienze spirituali di altri pazienti, esperienze che furono quasi esattamente come la mia. Fu a quel punto che riuscii a fidarmi ancora di me stesso. Grazie di tutto. Sorrisi e annuii mentre gli stringevo la mano. Leon non arriv mai a descrivere il paradiso, n l'aldil, e sono quasi sicuro che non fosse neanche sua intenzione parlarmene.

    Ci fu un'altra importante lezione che Leon volle condividere con me. Gli insegnanti angelici l'avevano inondato dell'infinita sapienza del vero potere della Bibbia, e Leon si era reso conto per la prima volta di quante lezioni di vita e di quanto sapere ci perdiamo a causa delle nostre vedute ostinate e ristrette sulla creazione. Disse che le informazioni estrapolate dalla Bibbia fino a oggi sono solo la punta dell'iceberg. La quantit di lezio-ni, di conoscenza e di profezie che contiene la Bibbia simile alle informazioni latenti nel DNA.

  • Quando la collettivit umana aprir la mente agli infiniti Insegnamenti della Bibbia, ci sar la Seconda Venuta di Dio, comment Leon.

    Questo gliel'hanno detto gli angeli? domandai. Certamente. Rimasi affascinato da quelle dichiarazioni.

    Poteva essere vero? Se esistevano ancora tanti messaggi da trar-re dalla Bibbia, quali potevano essere? Leon disse che non gli era permesso rivelare nessuno di quegli insegnamenti perch ci avrebbe potuto ripercuotersi sulle nostre lezioni e influire sul desiderio dell'uomo di cercare l'unica verit, cio Dio.

    Leon volle ricordarmi che ogni studio biblico va trasmesso con cuore e mente aperti, e con qualche indulgenza riguardo all'interpretazione. La mia responsabilit in quanto predicato-re era di insegnare la Parola di Dio; ma nel corso degli anni, e a seconda del mio umore, arrivai a usare il pulpito per i miei fini. Manipolai la Parola di Dio per predicare il mio sistema di credo, e ora me ne dolgo. La societ di oggi pensa che gli studiosi e i teologi abbiano decifrato la Bibbia in tutti i suoi significati, ma

    non affatto vero. Quando l'umanit sar desta nello spirito, solo allora tutto il sapere e le implicazioni della Parola di Dio verranno rivelate. La chiave nella spiritualit, non solamente nella religiosit.

    Sospir e scosse la testa. Investiamo troppo sui nostri credo e troviamo vari modi di rafforzarli con la Parola. Tuttavia non possediamo un sapere e una capacit di discernimento abba-stanza vasti da capire cosa ci dice veramente Dio. Per esempio, io ero molto prevenuto verso i gay, convintissimo che Dio li avrebbe condannati; ma gli angeli mi hanno mostrato un modo diverso di considerare la questione. Gli angeli dissero che Dio non sbaglia mai. Ogni essere umano desidera l'amore, e non sta a noi stabilire chi amer chi. Se un sentimento di amore viene ricambiato con pari intensit, ecco, quella la perfezione. Leon l'aveva capito solo allora, e quella era stata una questione che gli era sempre pesata parecchio. Leon infatti aveva tenuto i suoi sermoni vicino a Montrose, un quartiere di Houston dove vive una comunit a predominanza gay. Aveva scelto di predicare l

  • per protestare contro uno stile di vita che credeva contrario agli insegnamenti cristiani. Aveva protestato ripetutamente contro i gay.

    Quando seppi che stavo morendo, fui assalito da una paura terribile; ma gli angeli mi fecero stare meglio colmandomi del

    loro amore. Ce n'erano alcuni che sembravano uomini, e io ricambiai anche il loro affetto. Fu incredibile; l'amore perfezione.

    Chi di noi lo giudica, nega l'incredibile verit di Dio. Quando gli angeli misero a nudo il mio lato oscuro e i miei timori, mi resi conto che ho sempre avuto paura di amare. Non sposai il mio vero amore, e ho sempre portato quel vuoto dentro di me.

    Dottor Lerma, fu il mio desiderio represso di amare che mi port a giudicare l'amore in tutte le sue forme. Incredibile quanto siano intricate le nostre menti!.

    Trasse un respiro profondo, rauco, poi continu a parlare. Gli angeli mi mostrarono che anche nelle relazioni gay ci sono un maschio e un femmina che si mettono insieme. Una persona manterr sempre il ruolo maschile e l'altra il femminile. Assentii e gli dissi che, dal punto di vista medico, solo adesso iniziamo a capire la vera funzione dei cromosomi in merito agli attributi femminili e maschili. Il fenotipo non determina la per-sona per intero. all'incirca quello che gli angeli cercavano di dirmi. Ampliando il nostro sapere scientifico, e integrando tale sapere con il discernimento, arriveremo a una nuova compren-sione della Parola di Dio. La Parola sempre stata l, solo che noi non capivamo ogni suo significato.

    Parl anche dei pericoli insiti nella mentalit del o tutto o niente, quando si tratta di interpretare i principi insegnati nella Bibbia, nel Corano e nella Torah. Prendiamo ad esempio la para-bola che dice che se hai la fede di un granellino di senape puoi ordinare a un monte di muoversi, ed esso si muover. Alcuni pos-sono intendere che se non succede niente vuol dire che non abbiamo abbastanza fede. Ecco, era questo il mio modo di agire: tramite il senso di colpa. Dicevo: "Voi potete guarire. Se non ci riuscite, state facendo qualcosa di sbagliato. Oppure Dio vi sta punendo, o cerca di impartirvi una lezione". Gli angeli mi hanno mostrato quanto possano fare male queste parole, quanto possa

  • essere distruttivo il senso di colpa. E mi hanno fatto capire anche quanto possa fare bene un incoraggiamento. La parabola del gra-nellino di senape in realt sulla fisica, sulla matematica, sul pen-siero profondo e sulla facolt creatrice del granellino. Si pu let-teralmente smuovere un monte, ma bisogna capire che si pu l'urlo solo con l'amore. Chi non ama non capisce i significati pi reconditi dell'amore. Lo so per esperienza personale.

    Fece una pausa, come per ascoltare l'aldil, poi ricominci. Si immagini se usassimo il dieci per cento del nostro cervello. Sarebbe tre volte l'utilizzo che ne fa la maggior parte della gente. Persino Einstein ne usava meno del dieci per cento. Dunque, noi interpretiamo la Bibbia usando circa il tre per cento del nostro cervello. Ma ci pensa?. Rise. Come possiamo interpretare la Parola di Dio con un filtro tanto piccolo? Si deve pur mettere lo Spirito Santo nelle condizioni di aiutarci a com-prendere!.

    Il suo sentimento era cos intenso da essere quasi palpabile. Per la prima volta aveva trovato in s il vero amore, e io non potevo che condividere la sua gioia. Fu cos che Leon continu Il suo ultimo e gloriosissimo sermone in totale estasi mentre io l'ascoltavo volentieri e assimilavo tutto quello che diceva. Andando avanti, capiamo sempre pi quello che ci comunica Dio tramite la Bibbia. Guardi Joel Osteen [Noto pastore prote-stante della Lakewood Church di Houston, Texas, di impronta aconfes-

    sionale, fondata nel 1959 dai suoi genitori John e Dodie, che la edificarono ristrutturando un vecchio magazzi-no di alimentari abbandonato. I coniugi Osteen diedero poi vita a trasmissioni televisive settimanali captate in un centi-naio di paesi di tutto il mondo. La Lakewood Church, fre-quentata settimanalmente da oltre 40.000 devoti, ancora nel 2007, era la chiesa pi grande degli Stati Uniti. Joel successe

    al padre dopo la morte di quest'ultimo nel 1999 - N.d.R.]. I suoi sermoni non mi sono mai piaciuti. Per i miei gusti era trop-po ottimista, troppo incoraggiante. Immagino fosse perch vole-vo essere anch'io ottimista come lui. Io per conosco il suo segreto. Joel innamorato di sua moglie Victoria! Accidenti se

  • lo ! Guardi cosa gli ha portato il suo vero amore: doni del cielo a non finire. Joel ha la fede di un granellino di senape e in nome di Cristo ha smosso montagne! Cos come esiste la maledizione generazionale, esistono anche benedizioni generazionali stabili-te. Dottor Lerma, non vede anche lei che il vero amore di Cristo pu essere tramandato per sanare e creare? La madre di Joel fu guarita dal cancro, e Joel cre un ministero su scala mondiale.

    S, Leon. S. Joel parla del potere creativo delle parole, continu Leon,

    e riesce ad arrivare a moltissime persone. Si rif alla Bibbia, ma usa solo uno o due versetti per un intero sermone. tutto ci che gli occorre. Vede, dottore, ci stiamo muovendo tutti nella direzione tracciata da Joel Osteen. Niente pi giorni del giudizio. Oggi ci sono molte pi persone a questo mondo che vogliono perdonare e vivere in pace, purtroppo finora sono stati coloro che giudicano a possedere il denaro, il potere e la forza d'animo per far s che succedessero determinati fatti. Ma ora le cose stanno cambiando. Ormai fatta. Dio non permetter che tutto questo continui. Entro i prossimi cinquecento-mille anni la Parola di Dio verr interpretata in modo molto diverso. Poi Leon disse: Mi guardi, sono obsoleto. Ecco perch per me giunta l'ora di andare. Improvvisamente si volt a guardare l'o-rologio. Le voglio bene, dottor Lerma, mi disse con un gran sorriso, ed vero amore. Sar sempre con lei, amico mio. Alla fine, gli angeli mi daranno quello che ho chiesto: il tempo per scusarmi con mia moglie e con i miei figli e per mostrare loro l'amore incondizionato che avrei dovuto nutrire nei loro con-fronti gi in passato. Gli angeli mi hanno detto che grazie alla mia sofferenza e al mio desiderio di apprendere l'amore di Dio, mia moglie e i miei figli avranno un'eredit di benedizioni gene-razionali.

    Nei tre giorni seguenti la moglie e i figli di Leon passarono ore e ore ad ascoltare le sue storie angeliche. Dopo aver dato. prova anche il quarto giorno del suo amore immortale per loro, Leon si addorment per l'ultima volta, lasciando questo mondo sommessamente.

  • N O T E DEL DOTTORE E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON L E O N

    Trovai interessante che gli angeli avessero rivelato tante Informazioni scientifiche a un uomo che non aveva una forma-zione scientifica. Ciononostante, molte cose di cui aveva parla-lo Leon erano all'avanguardia. In merito ai suoi commenti sul-l'omosessualit, attualmente i neuroscienziati stanno esaminan-ti l'epifisi e la sua funzione sull'attrazione sessuale. Esistono possibilit che tale ghiandola possa persino dirci di che sesso siamo al di l del livello cromosomico. Il fatto che questi studi siano in corso, e che non tutti ne siano a parte, pu dare credi-lo alle rivelazioni del pastore. Inoltre, a prescindere dalle ano-malie genetiche riguardo alle preferenze sessuali, ha senso che l'unico fattore intoccabile sia la fondamentale attrazione fra l'e-lemento maschile e quello femminile. Forse questo che inten-deva Dio quando parl dell'uomo e della donna.

    Rimasi impressionato dall'idea che quando l'umanit intera uvr il desiderio di conoscere il tutto e sar in grado di farlo, la sapienza nascosta della Bibbia verr rivelata, e il suo dipanarsi non avr mai fine perch l'uomo non arriver mai a sapere tutto ci che sa Dio. Leon mi disse che Dio aveva previsto la nostra progressione mentale, emotiva e spirituale verso un forte desi-derio di conoscenza della sua Parola e del suo Piano Universale; ecco perch aveva messo in codice un'infinita quantit di sape-re e di insegnamenti di vita, incluse le scienze complesse e le risposte tecnologiche. Fu una rivelazione davvero strabiliante, clie per aveva perfettamente senso. Tutto ancora cifrato, ma pi andiamo avanti, pi riusciamo a capire. Livelli inesauribili

    di sapere si rivelano di continuo via via che apriamo le nostre menti alle infinite possibilit che cadono fra i parametri dell'a-

    more creato da Dio. Disse Leon: Il segreto avere una mente tanto aperta da permettere alla grandezza divina di dispiegarsi.

    Non potremo mai mettere Dio in una scatola e dire: "Ecco, tutto qui".

    Mi colp anche il suo commento sulla mancanza di amore che genera il giudizio sugli altri. Il pastore si era sentito vera-

  • mente in pace solo dopo che gli angeli l'avevano portato a capi-re la vera natura dell'amore, del perdono e dell'accettazione. Disse Leon: L'amore la verit fondamentale di Dio e la pace arriver per tutti alla fine. Sono parole di grande conforto sia per i moribondi sia per i vvi.

    Un'altra rivelazione di Leon fu che prima impariamo ad amare e a perdonare gli altri e noi stessi, pi sar facile passare all'altro mondo. I nostri angeli sono sempre presenti, ansiosi di guidarci in paradiso e di proteggerci lungo il cammino; tuttavia, la maggior parte dei nostri giudizi e delle nostre paure blocca la connessione fra noi e loro. L'intensit della nostra sofferenza fisica, emotiva, sociale e spirituale una volta giunti in fin di vita ci permette di liberarci dei nostri giudizi. a quel punto che crollano le nostre paure primordiali, consentendoci di vedere cosa c' sempre stato dall'altra parte: l'amore incondizionato.

    Quest'ultimo consiglio di Leon parlava dell'importanza di abbattere le mura metaforiche che ci impediscono di amare gli altri e noi stessi. Se cerchiamo di farlo subito anzich doma-ni possiamo assicurarci almeno il doppio dell'amore, della pace e della felicit in questo mondo e nel prossimo. Ed a quel punto che giungeranno a noi doni del cielo a non finire.

  • Il sognatore

    Alcuni membri del mio staff avevano conosciuto l'infer-miera Susan prima della sua disgrazia. Il suo caso ci mise un bel po' di tempo per arrivare all'hospice. A soli 39 anni, Susan era in stato vegetativo da tre e si trovava al centro di una disputa tra la sua famiglia e suo marito. Familiari e amici sapevano che avrebbe voluto tutelarsi con un testamento biolo-gico che vietasse di mettere in atto misure eccessive per tenerla in vita, inclusa l'alimentazione artificiale. Ma quel testamento non era mai stato firmato. Dunque, la sua procura medica spet-tava a William, suo marito, che per - i familiari di Susan ne erano certi - aveva dato istruzioni di continuare un trattamento di sostentamento vitale invasivo solo per tenere testa ai propri sensi di colpa. Per chi lo conosceva, era ovvio che i sensi di colpa di William fossero dovuti agli eventi che avevano portato Susan a stare come stava. La decisione di William era stata estremamente difficile da accettare per i familiari e gli amici intimi di Susan, cui non era rimasto altro che farsi da parte e restare a guardare impotenti una bella donna soccombere allo stato vegetativo.

    Susan era sempre stata altruista, estroversa, felice di stare al mondo e comprensiva. Dopo esserci presentati, i suoi genitori mi raccontarono la sua tragica storia. Susan aveva ricevuto un'educazione cristiana, ma ancora giovanissima aveva fatto un sogno in cui un angelo bello, bianco e luminoso le aveva predet-to che avrebbe preso parte a una missione umanitaria in Tibet.

  • Da allora aveva sempre ricordato ai genitori il piano degli ange-li, insistendo che quello sarebbe stato il percorso della sua vita. Data l'instabilit politica in Tibet, padre e madre si erano preoc-cupati per la sua sicurezza; ma la figlia era rimasta talmente salda nella sua decisione che alla fine erano stati costretti ad appoggiarla.

    Susan aveva preso il diploma di infermiera alla University of Texas di Austin, dove aveva frequentato anche un corso di teo-logia e filosofia orientale in vista della sua missione. Nel frat-tempo aveva continuato a sognare gli angeli, anche se erano stati sogni pi incentrati sul suo lavoro di infermiera. Poi final-mente era partita per il Nepal e il Tibet con un incarico umani-tario di cinque anni. Durante quel periodo aveva conosciuto William, un ragazzo cinese meraviglioso e spirituale che si era spinto fin l per combattere le atrocit inflitte dal suo paese ai pacifici buddhisti. Accomunati dal desiderio di aiutare i tibeta-ni e dal loro amore per il buddhismo, Susan e William si erano innamorati e sposati. A sei settimane dal matrimonio, i cinesi avevano intensificato i loro attacchi alla regione, arrestando e decapitando molti simpatizzanti dei tibetani. In ansia per la propria vita, William e Susan avevano deciso di lasciare il paese. William aveva seguito Susan a Houston, dove avevano messo su casa e continuato a impegnarsi a favore della pace nel Tibet. Susan aveva ripreso il suo posto da infermiera, e ancora una volta gli angeli erano stati la sua guida. Per William invece, senza un titolo di studio e senza la cittadinanza statunitense, era stato pressocch impossibile trovare un lavoro soddisfacente. Se a Susan quella situazione non era pesata affatto, William invece l'aveva sentita come un grave fardello.

    Avevano avuto tre figli, ma dopo la prima gravidanza a Susan era stato diagnosticato il diabete di Tipo 2. Per stabilizzare la glicemia aveva provato con antidiabetici orali e con vari regimi di iniezione di insulina. Tutto inutile. A circa tre anni dalla dia-gnosi, era stata la prima beneficiaria di una pompa di insulina impiantabile. Una volta impiantato il congegno, i dottori aveva-no rilevato un notevole miglioramento dei suoi livelli glicemici.

  • Sfortunatamente William, che all'epoca e