itinerari nascosti di roma antica · itinerari nascosti di roma antica n. 4 aprile 2004 € 1,50 la...

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I I I T T I I N N E E R R A A R R I I N N A A S S C C O O S S T T I I D D I I R RO O M M A A A A N N T T I I C C A A N N . . 4 4 A A p p r r i i l l e e 2 2 0 0 0 0 4 4 1 1 , , 5 5 0 0 LA STORIA DI ROMA LA STORIA DI ROMA nei luoghi e nei monumenti nei luoghi e nei monumenti Supplemento al n. 4/2004 di Forma Urbis - Spedizione in abbonamento postale 45% Art. 2 comma 20b L. 662/96 filiale di Roma - 1,50 E.S.S. EDITORIAL SERVICE SY STEM S.r.l. PARTE XV PARTE XV

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    LA STORIA DI ROMALA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumentinei luoghi e nei monumenti

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    E.S.S.EDITORIAL

    SERVICESYSTEM S.r.l.

    PARTE XVPARTE XV

  • “Collana archeologica”

    supplemento di FORMA VRBIS

    LA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumenti

    Con il nuovo anno è iniziata una collana ditascabili che intende illustrare i luoghi e imonumenti della città antica, sulle tracce delletradizioni e dei miti delle origini, spesso riva-lutati dagli studi più recenti, e della storia uffi-ciale.

    La serie sarà presentata in modo da accom-pagnare il lettore nei luoghi più significatividella città per poter offr ire i r ifer imentiarcheologici relativi agli avvenimenti descritti.

    Nella serie saranno comprese alcune parti ealcuni numeri riguardanti la vita quotidiana,gli istituti politici e religiosi necessari per ten-tare di comporre un quadro sufficientementeindicativo della storia di Roma antica.

    - Abbonamento ai «tascabili» € 15,50- Abbonamento a FORMA VRBIS € 41,30- Abbonamento a FORMA VRBIS + i «tascabili» € 50,00

    Per informazioni: Tel. 0671056.1 (10 linee r.a.) Fax 0671056230

  • Collana archeologica

    LA STORIA DI ROMA

    nei luoghi e nei monumentidi Franco Astolfi

    PARTE XV

    4Roma 2004

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  • DIREZIONE SCIENTIFICAPROF. BERNARD ANDREAEDOTT. CLAUDIO MOCCHEGIANI CARPANO

    DIRETTORE RESPONSABILESILVIA PASQUALI

    COORDINAMENTO REDAZIONALE E SEGRETERIAROBERTO LUCIGNANI, LIDIA LAMBERTUCCI,ERMETE BONARDI, LAURA SIGNANI

    GRAFICA, DOCUMENTAZIONEFOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

    DISEGNIPIETRO RICCI

    COMITATO SCIENTIFICO:MARIA ANDALORO Universi tà del laTuscia; FRANCO ASTOLF I Soprin tendenzaArcheologica di Roma; GIULIANA CALCANI Università di RomaTre; FILIPPO COARELLI Università di Perugia; PAOLA DI MANZANO SoprintendenzaArcheologica di Roma;DARIO GIORGETTI Università di Bologna; EUGENIO LA ROCCA Sovraintendente aiBeni Culturali del Comune di Roma; FEDERICO MARAZZI Università “Suor Orso-la Benincasa”, Napoli; PAOLO MORENO Università di Roma Tre; LUISA MUSSO Università di Roma; EMILIO RODRIGUEZ ALMEIDA, Ricercatore FormaUrbis marmorea.PATRIZIA SERAFIN PETRILLO II Università diRoma Tor Vergata;

    EDITORE E.S.S. Editorial Service SystemVia di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Romae-mail: [email protected] http//www.sysgraph.comPubblicazione registrata presso il Tribunaledi Roma n° 548/95 del 13/11/95

    DIREZIONE, REDAZIONE EAMMINISTRAZIONEE.S.S. Editorial Service SystemVia T. S. Anastasia, 61 - 00134 Roma

    PUBBLICITÀ E DIFFUSIONELAURA PASQUALI

    ABBONAMENTI:L’abbonamento partirà dal primo numeroraggiungibile tranne diversa indicazione.

    TASCABILIITALIA: annuale 15,50 euro FORMA VRBIS+TASCABILEITALIA: annuale 50,00 euro ESTERO: annuale 80,00 euro

    ARRETRATI: i numeri arretrati vannorichiesti al proprio edicolante oppurecon versamento anticipato sul c.c.58526005, intestato a ESS Srl Via diT.S.Anastasia, 61 - 00134 Roma, perun importo di lire 3,00 euro a copia; nel-la causale indicare la pubblicazione e ilnumero/anno desiderato. Le richiesteverranno evase sino ad esaurimento del-le copie.

    STAMPA System Graphic Srl Via di Torre Santa Anastasia, 61 -00134 Roma - Telefono 0671056.1

    DISTRIBUTORE ROMACoop. Orsetto 2000 Via Graziano, 18 - 00165 Roma

    Nessuna parte della presente pubblica-zione può essere riprodotta in alcun modosenza il consenso scritto dell’Editore

    Finito di stamparenel mese di aprile 2004© Copyright E.S.S.

    supplemento al n. 4/2004di FORMA VRBIS,

    Itinerari nascosti di Roma antica

  • LA CONQUISTA DI VEIO

    “Ristabilita dovunque la pace, continuava la guerra traRoma e Veio, e tanto era l’accanimento e l’odio reciproco che sipoteva essere certi che per i vinti sarebbe stata la fine”. Conqueste parole inizia il Libro V della Storia di Tito Livionel quale è descritto l’ultimo drammatico confronto traRoma e Veio, le due città che per tanto tempo si eranocontese il predominio dei territori della valle del Tevere.Alla vigilia della lunga guerra che avrebbe portato allaconquista e alla distruzione dell’antica rivale, Roma erauna città che stava uscendo lentamente da un’intermina-bile crisi politica e militare, iniziata già all’indomani del-la fine del regime monarchico e continuata poi a lungo.Dopo la caduta dell’ultimo re e la rottura degli equilibripolitici con i popoli vicini, era iniziata per Roma unafase di generale declino che aveva visto la popolazionedella città scendere sensibilmente fino a raggiungere ilpunto minimo attorno alla metà del V secolo a.C..Secondo le cifre fornite dalle fonti (Livio, Eutropio), rite-nute peraltro abbastanza attendibili dagli studiosi moder-ni, in questo periodo la città e il suo territorio dovevanocontare poco più di centomila abitanti. Tra le cause prin-cipali del progressivo decremento demografico possiamoconsiderare le continue guerre con i paesi confinanti, lefrequenti crisi alimentari dovute all’abbandono dei cam-pi (da qui la necessità di ricorrere alle “frumentazioni”) ele inevitabili epidemie che avevano talvolta letteralmentedecimato la popolazione. Particolarmente grave era statal’ultima pestilenza che aveva colpito la città nel 433 a.C.,forse la stessa - descritta mirabilmente da Tucidite - chequattro anni dopo avrebbe devastato Atene.

    Per quanto riguarda l’assetto della città dal punto divista urbanistico e territoriale, si può affermare che

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    durante tutto il periodo monarchico l’abitato aveva con-tinuato ad espandersi fino a raggiungere, verso la fine delVI secolo a.C., un’estensione di circa 400 ettari corri-spondente alla superficie delimitata dalle mura in “cap-pellaccio” tradizionalmente attribuite a Servio Tullio.Sotto molti punti di vista il VI secolo può essere conside-rato come uno dei periodi più fecondi nella storia edili-zia di Roma, caratterizzato dalla realizzazione di impo-nenti opere pubbliche (Cloaca Massima, bonifica delForo Romano) e dalla costruzione di importanti santua-ri (tempio di Diana sull’Aventino, della Mater Matuta alForo Boario, di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglioecc.). Con la caduta della monarchia nel 509 a.C., almutato quadro politico aveva fatto seguito un lungoperiodo di decadenza che aveva avuto inevitabili riper-cussioni anche sullo sviluppo urbanistico. Il generaleregresso economico che traspare dalla scarsità delle noti-zie riguardanti la costruzione di nuovi edifici pubblicidurante tutto il V secolo, è del resto confermato dallascarsa quantità di reperti attribuibili a questo periodorinvenuti negli scavi cittadini. Possiamo dire che le uni-che imprese edilizie di un certo rilievo attestate in questianni, sono la costruzione della Villa Publica e la fonda-zione del tempio di Apollo Medico all’estremità meri-dionale del Campo Marzio.

    Verso la fine del V secolo a.C., alla vigilia del decisivoscontro con Veio, l’aspetto della città non doveva esserecomunque molto cambiato rispetto a quello che presen-tava nell’ultima parte del periodo monarchico. Ad ecce-zione dei templi e di altri complessi pubblici di partico-lare importanza, tutti gli altri edifici dovevano essereabbastanza semplici e del tutto privi delle elaboratearchitetture e delle decorazioni che acquisteranno inseguito. Per quanto riguarda le abitazioni della gran mas-sa dei cittadini, dobbiamo purtroppo ammettere che - dalpunto di vista archeologico - la situazione è praticamen-

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    Ponte Sodo a Veio

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    te sconosciuta. Possiamo pensare ad un’edilizia certa-mente povera ed essenziale, tipica di una città di agricol-tori e soldati, con case costruite con materiali deperibili(mattoni di argilla cruda, legname ecc.) che non hannocertamente favorito la conservazione di resti archeologi-ci significativi. Per tentare di ricostruire accettabilmentel’aspetto della città di questo periodo, non è neanchepossibile ricorrere alle descrizioni fatte dagli storici di etàimperiale (Livio, Dionigi), che nei loro scritti tendonoovviamente a comporre un quadro basato su osservazio-ni di contesti relativi ai loro tempi. Si può certamente

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    Testa di guerriero etrusco in terracotta

  • affermare che la natura del terreno, caratterizzato danumerosi rilievi, nonché la mancanza di un piano rego-latore vero e proprio, dovevano aver favorito in molteparti della città lo sviluppo di un aggregato urbano ingran parte caotico, con vie tortuose e strette sulle quali siaffacciavano case modeste e di limitate dimensioni. Daquesto quadro generale, caratterizzato da un’edilizia pri-vata piuttosto povera, dovremmo escludere però le abita-zioni dei patrizi, concentrate fin dal periodo regio lungole pendici del Palatino e verso il Foro Romano, dellequali sono stati recentemente ritrovati cospicui resti. Maanche per quanto riguarda le cosiddette “domus” dei cetipiù abbienti, i costumi dell’epoca e le aspre lotte socialiche avvelenavano la vita cittadina, dovevano comunquecostituire (almeno nei confronti dei più responsabili tra iprivilegiati) fattori in grado di limitare lo spreco e l’o-stentazione del lusso. E’ in questo senso che possiamointerpretare ad esempio il famoso episodio del consoleValerio Pubblicola, il quale, in seguito alle criticheespresse da molti cittadini, decide drasticamente didemolire la propria lussuosa dimora per ricostruirla informe più modeste. Un importante passo avanti versouno sviluppo urbanistico più razionale (almeno perquanto riguarda le abitazioni delle classi più disagiate)viene compiuto nel 456 a.C. con la promulgazione dellaLex Icilia, che riservava l’Aventino alla costruzione di caseper la plebe in modo da favorire la nascita di un’ediliziache oggi potremmo definire a carattere popolare. La scel-ta del colle, relativamente lontano dai quartieri aristocra-tici e dal centro politico della città, veniva fatta in consi-derazione della sua vicinanza con il porto Tiberino e conil grande mercato del Foro Boario, luoghi questi nei qua-li gli abitanti del nuovo quartiere potevano trovare facilesbocco per i piccoli commerci e per le attività lavorativeprecarie più disparate.

    Negli ultimi anni del V secolo a.C., nonostante il lun-

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    go periodo di stagnazione economica e i numerosi pro-blemi che assillavano i suoi cittadini, Roma era comun-que una delle più grandi città d’Italia, paragonabile aimaggiori centri della Campania e della Magna Grecia. Aquesta grande città che lentamente si stava affermandosui popoli vicini recuperando la posizione occupata altempo dei re, si contrapponeva ormai la sola Veio, suaeterna rivale, situata ad appena diciassette chilometri didistanza sull’altra sponda del Tevere.

    Veio Situata su un colle scosceso di forma triangolare cir-

    condato da strapiombi e corsi d’acqua che ne facilitava-no in modo naturale la difesa, alla fine del V secolo a.C.Veio era una città ricca e popolosa, posta al centro di unterritorio - che Livio e Dionigi definiscono più ampio epiù fertile di quello della sua rivale latina - attraversato dauna fitta rete di strade che la ponevano in rapido contat-to con Roma e con le altre città etrusche. I materialiceramici di importazione (specialmente dall’Eubea) rin-venuti in tutta l’area, testimoniano dei rapporti commer-ciali che la città aveva con i naviganti Greci che approda-vano nella zona tiberina; mentre il gran numero di cuni-coli idrici ancora esistenti nella zona, dimostrano il note-vole sviluppo che Veio aveva raggiunto nel campo dell’a-gricoltura.

    Nel periodo compreso tra la fine del VI e l’inizio delV secolo a.C., la città aveva vissuto il momento di mag-giore prosperità e di massimo rigoglio artistico, comedimostrano le statue in terracotta rinvenute nel santuariodel Portonaccio, frutto di una scuola di scultori di ecce-zionale livello. Da questo tempio, dedicato probabilmen-te ad Apollo ed Ercole, provengono il famoso Apollo diVeio, il gruppo di Latona con Apollo, la testa di Hermese le antefisse con testa di Gorgone che decoravano leparti alte dell’edificio. Dai limitati rinvenimenti avvenuti

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    Apollo di Veio

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    Tempio del Portonaccio a Veio

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    all’interno dell’abitato è possibile capire che in questoperiodo le case della città dovevano presentare un aspet-to piuttosto dignitoso, caratterizzate da una pianta rettan-golare e costruite con le parti principali a blocchi di tufo.Numerosissime erano le tombe, in qualche caso ricche didecorazioni pittoriche e preziosi corredi (Tomba Cam-pana, tomba Delle Oche), disseminate tutto attorno allacollina sulla quale sorgeva la città.

    Verso la fine del V secolo, alla vigilia della guerra conRoma, alle difese naturali che rendevano quasi inaccessi-bile la città, fu aggiunta una cinta muraria che circonda-va l’intero pianoro, costituita da un terrapieno contenen-te un alto muro a blocchi di tufo, nel quale si aprivanosette porte principali e un certo numero di posterule.

    La particolare conformazione della collina sulla qualesorgeva Veio - che avrebbe suggerito poi il modernotoponimo di Isola Farnese - rendeva la città praticamente

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    Resti di murature nella zona del Portonaccio

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    Ingresso alla Tomba Campana

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    inespugnabile per gli eserciti dell’epoca, privi di vere eproprie macchine da assedio e abituati ad operazioni chesi limitavano generalmente al solo periodo estivo. Eraquindi necessario, dopo l’istituzione del “soldo” destinatoad alleviare i disagi economici dei combattenti, preparar-si ad affrontare uno sforzo bellico che non aveva prece-denti in tutte le guerre che Roma aveva sostenuto finora.

    L’antica rivalità che divideva le due città confinanti siera sviluppata attraverso una lunga serie di scontri, cheandavano dalle razzie nei rispettivi territori eseguite concadenza pressoché stagionale, fino agli episodi piùimportanti come l’occupazione di Roma da parte diPorsenna nel primo anno della Repubblica, e la stragedei Fabi al Cremera nel 477 a.C., che la città ricordavacome una delle date più funeste della sua non lunga sto-ria. Gli studiosi appassionati di statistiche hanno calcola-to che dal tempo del mitico Romolo fino alla definitivadistruzione di Veio, i Romani avevano ingaggiato con lacittà nemica non meno di quattordici importanti guer-re, praticamente una ogni generazione.

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    Interno della Tomba Campana

  • Probabilmente fin dall’epoca regia (VII secolo a.C.)Roma si era assicurata una fascia di territorio sulla spon-da destra del Tevere che consentiva il controllo dei traffi-ci fluviali e soprattutto il possesso delle saline situatepresso la foce. Da parte sua Veio - aiutata da Fidene, eter-na spina nel fianco per i Romani - non cesserà mai diinsidiare i confini e la testa di ponte del Gianicolo giun-gendo, tra il VII e il VI secolo a.C., ad estendere il propriodominio fino al Monte Mario. Qui, nella località dettadel Colle S. Agata, sono stati rinvenuti i resti di un inse-diamento fortificato che doveva rappresentare l’estremolembo territoriale dell’etrusca Veio.

    Gli Etruschi sul Monte MarioDurante i lavori eseguiti nel 1921-22 per la costruzio-

    ne dei caseggiati di una cooperativa edilizia nella partealta di Monte Mario, furono rinvenuti numerosi restiarcheologici che coprivano un arco di tempo compresotra l’età protostorica fino a tutto il periodo imperiale.Mentre i reperti di datazione più recente sono stati trova-ti nelle parti più basse del colle, a non molta distanza daiprincipali assi viari, le testimonianze più antiche eranoconcentrate quasi esclusivamente nel settore settentriona-le del monte, cioé nella parte più soggetta all’influenzaterritoriale della vicina Veio durante il primo periodorepubblicano. Di particolare interesse si sono rivelati i rin-venimenti avvenuti nella zona compresa tra le odierne viaT. Gnoli e piazza Guadalupe, consistenti in alcuni gruppidi capanne dell’età del ferro che attorno al VII secolofurono riuniti in un unico centro abitato. E’ questo ilperiodo in cui Veio, allo scopo di compensare le perditedei territori del basso corso del Tevere e forse dello stessoGianicolo, stabilisce una sua roccaforte sul Monte Mario,ad appena nove chilometri dal Foro Romano, centropolitico della città nemica. Dai rinvenimenti avvenuti nelcorso dei lavori è stato possibile riconoscere, all’interno

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    Pianta di Monte Mario. De Rossi

  • dell’area abitata, una sorta di rocca o fortilizio di formacircolare, delimitato da un muro a blocchi di tufo e da unprofondo fossato difensivo. I resti di alcune tombe, siste-mate a ridosso della cinta muraria, hanno permesso di sta-bilire che il villaggio fortificato di Colle S. Agata - ultimocaposaldo etrusco verso il territorio romano - dovetterimanere in vita fino alla definitiva sconfitta di Veio.

    Anche se mossi dall’eterno assillo di controllare le duesponde del fiume per poter svolgere liberamente i lorotraffici e mantenere il possesso del Gianicolo, i Romaninon cessarono mai comunque di considerare il Teverecome l’unico vero confine del loro territorio, il limiteoltre il quale era Veio, il nemico per definizione. Da que-sta parte potevano venire tutte le minacce, presunte oreali, tanto che per antica consuetudine quando i Comi-zi Centuriati si riunivano nel Campo Marzio - cioè fuo-ri del recinto protettivo delle mura - sul Gianicolo sta-zionava un presidio militare che segnalava la propria vigi-

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    Scavi di colle S. Agata muro in opera quadrata

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    le presenza issando una bandiera ben visibile da ognipunto della città.

    La sostanziale estraneità politica e religiosa dei territo-ri della sponda destra del Tevere - almeno per quantoriguarda il periodo più antico - è del resto testimoniata daconsuetudini e disposizioni di legge che troviamo talvoltariportate nelle fonti storiche. E’ questo il caso, ad esempio,delle compravendite di beni che avvenivano nel Trasteve-re, per molto tempo non soggette a controllo o a prelievofiscale. Altro esempio che ci mostra il carattere di zonafranca dei territori situati oltre il Tevere è quello riguar-dante i condannati per reati politici, che potevano essereesiliati in questa parte della città. Particolarmente signifi-cativo è infine il trattamento riservato in epoca arcaica aidebitori insolventi, i quali, in base ad una delle più ferocidisposizioni delle Dodici Tavole, potevano essere vendutio addirittura uccisi solo nei territori della sponda destra.

    Questo particolare carattere della regione transtiberi-na, destinata a pratiche e funzioni escluse dal territorio

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    Traccia del fossato del villaggio etrusco

  • propriamente urbano, verrà sostanzialmente mantenutoanche in seguito, quando vi verranno concentrati imestieri e le attività lavorative considerate indecorose omalsane (ad esempio i “corari” o conciapelli), o vi saran-no preferibilmente relegati i numerosi stranieri che risie-devano in città. Ancora in epoca imperiale, il ricordo del-l’antico confine che divideva un tempo il mondo Latinoda quello Etrusco, rimaneva certamente ben vivo, comedimostrano le espressioni di alcuni scrittori dell’epoca e itoponimi che ritroviamo talvolta riportati anche in testiepigrafici ufficiali.

    La Ripa VeientanaNelle opere degli scrittori vissuti tra la fine della

    repubblica e il primo periodo imperiale (Orazio, Stazio)i territori della sponda destra del fiume sono talvoltaindicati con espressioni quali Litus Etruscum e Lydia Ripa.E’ senz’altro evidente il carattere erudito di queste defi-nizioni, che se anche contengono l’eco di quando questezone erano ancora sotto il dominio etrusco, non debbo-no mai essere entrate nell’uso comune e tanto meno nel-la toponomastica ufficiale. Ma il rinvenimento di alcunicippi di delimitazione degli argini del fiume, avvenuto inun tratto di sponda compreso tra la Farnesina e ponteSisto, nei quali è contenuta l’espressione Ripa Veientana,ha fornito la prova che almeno questa parte della rivadestra del Tevere era ufficialmente denominata in talmodo. La datazione dei cippi fluviali, compresa tra il I eil II secolo d.C., ha fatto supporre ad alcuni studiosi cheil toponimo potesse essere di formazione relativamenterecente. E’ più logico pensare invece che sia nato quandoVeio rappresentava ancora un reale pericolo per Roma eche - almeno in senso storico-geografico - si sia mante-nuto per indicare l’antica appartenenza al mondo etruscodei territori situati sulla sponda destra del fiume.

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    Spirata la tregua ventennale stabilita con Veio, iRomani decisero di inviare nella città nemica degliambasciatori per lamentare offese ricevute nel frattempo.Era questo il modo normalmente seguito per aprire unacontroversia con un popolo vicino, spesso più per provo-care una guerra che per ricevere effettiva soddisfazione.Con questa iniziativa Roma si accingeva, una volta pertutte, a regolare i conti con l’antica rivale, unico ostacoloalla sua spinta espansionistica verso il nord. Il raccontotradizionale dell’ultima guerra contro Veio è arricchitoda numerosi episodi leggendari riguardanti la durata del-l’assedio (stabilita in dieci anni per evidente imitazione diquello di Troia) e i modi stessi nei quali avvenne la con-quista, che si volevano suggeriti da oracoli e preannun-ciati da prodigi. Narrano le fonti storiche che stabilitacome base delle operazioni la vicina Fidene, i Romani siaccinsero ad assediare Veio che nel frattempo aveva prov-veduto a rinforzare la propria cinta difensiva ricostruen-

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    Bassorilievo con rappresentazione di un carpentum

  • do in parte le vecchie mura di tufo. In previsione delladurata dell’assedio fu aumentato il contingente dellacavalleria romana e furono apprestati alloggiamenti perl’inverno. Mentre tutte le altre città dell’Etruria si rifiuta-rono di intervenire abbandonando di fatto Veio al suodestino, i soli abitanti di Capena e Faleri si mobilitaronoin aiuto della città assediata sicuri che, in caso di vittoria,Roma avrebbe poi minacciato anche i loro territori.

    Nelle pagine di Livio e di Dionigi il lungo raccontodella guerra procede con fasi alterne, inframmezzato da

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    La rappresentazione di un carpentum su una moneta di epoca imperiale

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    episodi riguardanti i soliti contrasti fra i tribuni checomandavano l’esercito, e da alcuni scontri con i Volscilungo il confine meridionale del territorio. Dopo circasei anni dall’inizio dell’assedio (399 a.C.) cominciarono amanifestarsi i primi “prodigi”, come accadeva di solitoquando le cose non andavano completamente per il ver-so giusto. Tra i vari avvenimenti interpretabili in tal sen-so, Livio riferisce un particolare fenomeno riguardante illago di Albano, il cui livello era cresciuto enormemente“senza che vi fosse stata pioggia o altra causa naturale chetogliesse alla cosa carattere miracoloso”. La guerra in corsocontro Veio rendeva impossibile, come si faceva in casisimili, ricorrere ad un “aruspice” etrusco; si pensò quindidi inviare un’ambasceria a Delfi per interpellare l’oraco-lo di Apollo, uno dei più importanti del mondo antico.

    Considerando però l’urgenza che richiedeva la gravitàdella situazione, in attesa del ritorno dei messi dalla Gre-cia si decise di ricorrere comunque ai sistemi tradiziona-li, catturando un vecchio sacerdote etrusco e costringen-dolo, con le buone e con le cattive, a fornire una suainterpretazione del fenomeno. Il responso del sacerdote -confermato poi dall’oracolo Delfico che come “parcella”richiederà un vaso d’oro da inviare a guerra finita - fuche i Romani non avrebbero conquistato Veio se primanon avessero provveduto, con opportuni lavori, a regola-rizzare il livello del lago. E’ di questo periodo infatti larealizzazione dell’emissario del lago di Albano, mirabileopera di ingegneria idraulica, la cui costruzione può ave-re fornito lo spunto per la leggenda del tunnel che iRomani avrebbero infine scavato sotto le mura di Veioper penetrare di sorpresa all’interno della città.

    Finalmente nel 396 a.C., dopo molte difficoltà dovu-te allo scarso accordo fra i tribuni militari e ad una gravesconfitta subita ad opera dei Falisci e dei Capenati, vieneeletto dittatore Marco Furio Camillo “il condottiero desi-gnato dal destino” come lo definisce Livio, personaggio

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  • che nella tradizione futura incarnerà le più tipiche virtùromane. Dopo aver dato ordine di iniziare lo scavo dellafamosa galleria sotto le mura di Veio Camillo, da buondemagogo, annuncia che tutti coloro che volevano parte-cipare all’imminente saccheggio dovevano recarsi alcampo romano e aiutare l’esercito nell’ultima fase del-l’assedio. Com’era prevedibile, una gran massa di follalasciò Roma per riversarsi negli accampamenti dei solda-ti, attratta dalla fama di splendore e di ricchezza che dalungo tempo aleggiava attorno alla potente città etrusca.Dopo aver mobilitato in tal modo la plebe cittadina,Camillo pensò bene di fare la stessa cosa nei confrontidelle divinità protettrici di Veio, ponendo in atto la cosid-detta pratica della “evocatio”. Era questo un singolare ritoreligioso, eseguito allo scopo di affrettare la caduta di unacittà assediata, consistente nel convincere i suoi dei pro-tettori ad abbandonare la loro sede naturale per trasferir-si idealmente nel campo avversario. In questo particolarecaso l’interessata supplica era rivolta a Giunone Regina,una delle divinità più importanti di Veio, alla quale veni-va promesso un ricco tempio sull’Aventino ed un tratta-mento migliore di quello che aveva finora ricevuto.

    Il tempio di Giunone Regina sull’AventinoVotato da Marco Furio Camillo alla vigilia della presa

    di Veio e dedicato quattro anni dopo, il tempio di Giu-none Regina sorgeva sull’Aventino in prossimità dell’o-dierna chiesa di S. Sabina. Questo di Giunone è il primocaso di evocatio riportato dagli storici antichi, che neldescrivere il trasporto del simulacro di culto si diffondo-no in aneddoti destinati a creare un clima di magia attor-no alla singolare operazione. Narrano in proposito Livioe Plutarco, che mentre i soldati romani erano intenti arimuovere la statua della dea, interrogata scherzosamenteda uno dei giovani sulla sua volontà di trasferirsi a Roma,questa avesse assentito movendo il capo e facendo addi-

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    Pianta della zona dell’Aventino, in evidenza il Tempio di Giunone Regina (da Scagnetti

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    Grande)

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    rittura udire la propria voce. A Roma il culto di Giunone Regina fu assunto dalle

    matrone della città, che si dovevano incaricare delleofferte, delle cerimonie in suo onore e dei riti espiatorida compiere in occasione di avvenimenti insoliti ritenu-ti prodigiosi. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto inparticolare, le fonti ricordano l’episodio di un corvopenetrato all’interno del tempio nel 218, e quello di unfulmine che colpì il santuario nel 207 a.C., espiatientrambi con offerte di statue e di vasi preziosi.

    Benché l’ubicazione del tempio nella parte nord-orientale dell’Aventino sia attestata con certezza da alcu-ne iscrizioni dedicatorie rinvenute nella zona, molti dub-bi permangono sulla possibilità di riconoscerne i resti inalcune strutture ancora esistenti al disotto della chiesa diS. Sabina. Si tratta delle parti superstiti di un tempiettodatabile al IV secolo a.C. caratterizzato da una fronte condue sole colonne, che verso il I secolo d.C. furono inglo-

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    Furio Camillo all’assedio di Veio

  • bate in una parete in opera reticolata appartenente aduna domus. Le ridotte dimensioni dell’edificio, nonché ilsuo precoce abbandono attestato dalla chiusura degliintercolumni, non rendono comunque certa la sua attri-buzione al santuario di Giunone Regina, e lasciano ilcampo aperto ad altre possibili interpretazioni.

    Dopo aver posto in atto la pratica della “evocatio”destinata, se non altro, a provocare un effetto psicologicodevastante nei confronti degli assediati, Camillo da ordi-ne di attaccare da ogni parte le mura di Veio per disto-gliere l’attenzione dei difensori dal punto in cui sarebbedovuto sboccare il tunnel. E’ assai probabile, come abbia-mo accennato, che la leggenda dello scavo della galleria(espediente che abbiamo visto impiegato anche in occa-sione della conquista di Fidene del 435 a.C.) sia nata inseguito all’apertura dell’emissario del lago di Albano,avvenuta probabilmente proprio in questo periodo. Nonè comunque del tutto da escludere che per penetrareall’interno della città assediata, i soldati di Camillo possa-no aver utilizzato qualcuno dei numerosissimi cunicoliidrici che attraversavano l’intera regione. Per quantoriguarda poi l’idea dello scavo sotto le mura di Veio chesarebbe venuta in mente ai Romani in seguito al prodi-gio della piena, gli storici moderni hanno giustamenteosservato che “Il cacciarsi sotto terra a cavar gallerie sembraessere stata impresa così abituale, e diremmo quasi, così graditaagli antichi Latini, che l’avervi fatto ricorso per ragioni bellichepuò sembrare cosa del tutto normale tanto da non esigere inter-venti soprannaturali (Paribeni)”

    Conquistata finalmente Veio e ripartito il bottino tra isoldati, restava da adempiere la promessa di inviare a Del-fi un vaso d’oro in ringraziamento del felice esito dell’as-sedio. A quanto riferiscono le fonti, le casse dello statodovevano essere in questo periodo completamente esau-ste a causa del lungo assedio sostenuto e certamente non

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    in grado di fornire il necessario quantitativo d’oro. L’o-stacolo fu superato grazie alla generosità delle matroneromane che decisero di consegnare i loro gioielli (proba-bilmente gli stessi predati a Veio dai loro mariti), in mododa raccogliere l’oro sufficiente per fondere il vaso votivo.In seguito a questa dimostrazione di alto senso civico alledonne fu concesso - evidentemente in deroga ai divietivigenti - di poter circolare con i carri all’interno dellacittà, cosa questa che dette poi origine ad una curiosaleggenda. Nel tentativo di spiegare il nome dei carri uti-lizzati dalle matrone (carpenta) che sarebbe derivato daquello di Carmenta - divinità protettrice delle nasciteche aveva un tempietto nel foro Olitorio - Ovidio narrache per protestare contro la sospensione del permessoconcesso dal senato con troppa facilità, le donne diRoma si dettero a praticare nascostamente l’aborto.Finalmente scoperte, furono severamente redarguite daimagistrati ma comunque reintegrate nel “permesso dicircolazione” al quale evidentemente dovevano teneremoltissimo.

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  • Anno IX • n. 4 ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA Aprile 2004

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