intervista a giorgio gaber - la repubblica 23.11.2012

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“Q ualcuno era comunista”. Partiamo da questa tua celebre canzone, diciamo canzone ma… «È un monologo in rea ltà, non c’è la musica è solo un commento, un ambiente. Il testo non nasce da un’a- nalisi vera e propria, nel senso che il più delle volte, anzi quasi sempre direi, il nostro lavoro (e dico nos tro per tutte le cose firmate Gaber e Luporini) parte da una sensazione fisica, e non tanto da un’osservazione razionale. Vedevamo finire un periodo, una serie di sfaceli in giro per il mondo cominciati tanto tempo prima, non cer- to solo quelli degli ultimi due anni, un periodo in cui effettivamente c’è stato una specie di crollo generale. Ed ecco la sensazione fisica , un in- terrogarsi anche su noi stessi, su co me hai vissuto, su come ti sei com- portato, su come hai creduto, su come ti sei mosso insomma, e senti che la domanda nasce da un disagio, un malessere che riguar- da sì in generale la perestrojka, ma anche prima, arriviamo alle Brigate rosse, e anche più indie- tro». Quindi hai usato il termine co- munista, ma per intendere tanto di più… «Sì. La parola comunista in qualche modo andava intesa e spiegata. Il malessere di cui parla- vo era dovuto se vuoi al Muro che cadeva, alla miseria nell’Unione Sovietica, alla sinistra in balìa da una parte di sensi di colpa… co- me dire: “Abbiamo sbagliato”, forse. Dall’altra parte con man- canze quasi propriamente fisi- che, c’è gente che gli è mancata la mamma, è mancata la sicurezza». … e con la scissione tra Pci e Rifondazione questa insicurez- za è diventata più evidente… «Sì, e a quel punto ecco, il ma- lessere generale cui accennavo malamente, io l’ho provato. Con la sensazione che tutto quello che era accaduto in fondo doveva succedere, non ci sono rimpianti, non si può dire: “Era meglio che tutto rimanesse uguale”. Co- munque penso che questo cam- biamento così rapido lo paghere- mo nei prossimi vent’anni, non è una cosa che ci lascerà indenni. È chiaro che una frattura del mon- do nei due grandi blocchi, dove in uno si vive in un certo modo, nel- l’altro si vive in un altro non pote- va durare, per carità. È chiaro che ci dovesse essere un cambiamen- to, anche perché le distanze si so- no accorciate, i paesi sono più vi- cini, ci sono i satelliti, e tanti fatto- ri che non potevano conservare questa sorta di “invulnerabilità”, di “intoccabilità” delle due parti, niente da obiettare. Però la sensa- zione era comunque sgradevo- le... Allora, mi sono un po’ inter- rogato, partendo da questo ma- lessere, e mi è venuta fuori l’indi- spensabilità di chiarire non tanto il presente quanto il passato, per- ché in fondo il malessere ha radi- ci nel passato e quindi andava vi- sto lì, e ho avuto la netta sensazio- ne che sulla parola “comunista” si siano creati negli anni grandissi- mi fraintendimenti. Non credo all’inizio, dove semmai i frainten- dimenti erano probabilmente le- gati a una non conoscenza, ma comunque a posizioni molto le- gate al sovietismo in genere e alla Russia, alla dittatura del proleta- riato, a Lenin… In seguito nel do- poguerra, io non c’ero ma lo im- magino, credo che il mito della Russia fosse molto presente. Poi negli anni in cui sono diventato un po’ più grande, quindi parlia- mo già dopo il ’56, questo “voto” a sinistra, questa adesione alla sini- stra, che anch’io ho dato negli an- ni Sessanta, cominciava a diven- tare un voto “in più”, imprecisato, un voto di opposizione, un voto che teneva conto di alcune spinte ideali del comunismo, ma che si allontanava sempre più non dico dalla teoria marxista, ma da quel- la leninista. L’analisi di Marx sul- la società, sul condizionamento dell’individuo alla produzione e gli altri concetti, forse essendo idee teoriche e lontane, in qual- che modo venivano considerate filosofia, mentre l’applicazione naturalmente andava nella dire- zione di Lenin e del centralismo democratico russo. Ecco, questo tipo di posizione andava via via, secondo me, trasformandosi fino a raggiungere negli anni ’68-69 una diciamo “adesione” alla sini- stra, di massa in questo caso, completamente diversa, molto confusa, molto più allargata». Come se ognuno se la facesse su misura? «Sì, diciamo che era come se ognuno in qualche modo ci met- tesse le sue spinte ideali dietro le bandiere rosse, che a quel punto già si cominciavano a distingue- re, perché c’erano quelle cinesi, quelle russe e quelle italiane, e Il brano tratto da un’intervista inedita fatta nel 1992 al celebre artista “Penso che questo cambiamento così rapido lo pagheremo nei prossimivent’anni” LAURA FRANZA G L’UTOPIA DEL SIGNOR Una breve storia della Sinistra secondo Gaber  

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7/30/2019 Intervista a Giorgio Gaber - La Repubblica 23.11.2012

http://slidepdf.com/reader/full/intervista-a-giorgio-gaber-la-repubblica-23112012 1/2

“Qualcuno era comunista”. Partiamo da questa tua celebre canzone, diciamo canzone ma…

«È un monologo in realtà, non c’è la musica è solo uncommento, un ambiente. Il testo non nasce da un’a-nalisi vera e propria, nel senso che il più delle volte,

anzi quasi sempre direi, il nostro lavoro (e dico nostro per tutte le cosefirmate Gaber e Luporini) parte da una sensazione fisica, e non tantoda un’osservazione razionale. Vedevamo finire un periodo, una seriedi sfaceli in giro per il mondo cominciati tanto tempo prima, non cer-to solo quelli degli ultimi due anni, un periodo in cui effettivamente c’èstato una specie di crollo generale. Ed ecco la sensazione fisica, un in-terrogarsi anche su noi stessi, su come hai vissuto, su come ti sei com-portato, su come hai creduto, sucome ti sei mosso insomma, esenti che la domanda nasce da undisagio, un malessere che riguar-da sì in generale la perestrojka,

ma anche prima, arriviamo alleBrigate rosse, e anche più indie-tro».

Quindi hai usato il termine co-munista, ma per intendere tantodi più…

«Sì. La parola comunista inqualche modo andava intesa espiegata. Il malessere di cui parla-vo era dovuto se vuoi al Muro checadeva, alla miseria nell’UnioneSovietica, alla sinistra in balìa dauna parte di sensi di colpa… co-me dire: “Abbiamo sbagliato”,forse. Dall’altra parte con man-

canze quasi propriamente fisi-che, c’è gente che gli è mancata lamamma, è mancata la sicurezza».

… e con la scissione tra Pci eRifondazione questa insicurez-za è diventata più evidente…

«Sì, e a quel punto ecco, il ma-lessere generale cui accennavomalamente, io l’ho provato. Conla sensazione che tutto quello cheera accaduto in fondo doveva

succedere, non ci sono rimpianti,non si può dire: “Era meglio chetutto rimanesse uguale”. Co-munque penso che questo cam-

biamento così rapido lo paghere-mo nei prossimi vent’anni, non èuna cosa che ci lascerà indenni. Èchiaro che una frattura del mon-do nei due grandi blocchi, dove inuno si vive in un certo modo, nel-l’altro si vive in un altro non pote-va durare, per carità. È chiaro checi dovesse essere un cambiamen-to, anche perché le distanze si so-

no accorciate, i paesi sono più vi-cini, ci sono i satelliti, e tanti fatto-ri che non potevano conservarequesta sorta di “invulnerabilità”,di “intoccabilità” delle due parti,niente da obiettare. Però la sensa-

zione era comunque sgradevo-le... Allora, mi sono un po’ inter-rogato, partendo da questo ma-lessere, e mi è venuta fuori l’indi-

spensabilità di chiarire non tantoil presente quanto il passato, per-ché in fondo il malessere ha radi-ci nel passato e quindi andava vi-sto lì, e ho avuto la netta sensazio-ne che sulla parola “comunista” sisiano creati negli anni grandissi-mi fraintendimenti. Non credoall’inizio, dove semmai i frainten-dimenti erano probabilmente le-gati a una non conoscenza, macomunque a posizioni molto le-gate al sovietismo in genere e allaRussia, alla dittatura del proleta-riato, a Lenin… In seguito nel do-

poguerra, io non c’ero ma lo im-magino, credo che il mito dellaRussia fosse molto presente. Poinegli anni in cui sono diventatoun po’ più grande, quindi parlia-mo già dopo il ’56, questo “voto” asinistra, questa adesione alla sini-stra, che anch’io ho dato negli an-ni Sessanta, cominciava a diven-tare un voto “in più”, imprecisato,un voto di opposizione, un voto

che teneva conto di alcune spinteideali del comunismo, ma che siallontanava sempre più non dicodalla teoria marxista, ma da quel-

la leninista. L’analisi di Marx sul-la società, sul condizionamentodell’individuo alla produzione egli altri concetti, forse essendoidee teoriche e lontane, in qual-che modo venivano consideratefilosofia, mentre l’applicazionenaturalmente andava nella dire-zione di Lenin e del centralismodemocratico russo. Ecco, questotipo di posizione andava via via,secondo me, trasformandosi finoa raggiungere negli anni ’68-69una diciamo “adesione” alla sini-stra, di massa in questo caso,

completamente diversa, moltoconfusa, molto più allargata».Come se ognuno se la facesse

su misura?«Sì, diciamo che era come se

ognuno in qualche modo ci met-tesse le sue spinte ideali dietro lebandiere rosse, che a quel puntogià si cominciavano a distingue-re, perché c’erano quelle cinesi,quelle russe e quelle italiane, e

Il brano tratto

da un’intervista

inedita fatta

nel 1992 al

celebre artista

“Penso che questocambiamento

così rapidolo pagheremo neiprossimi vent’anni”

LAURA FRANZA 

GL’UTOPIADELSIGNOR

Una breve storiadella Sinistra

secondo Gaber 

7/30/2019 Intervista a Giorgio Gaber - La Repubblica 23.11.2012

http://slidepdf.com/reader/full/intervista-a-giorgio-gaber-la-repubblica-23112012 2/2

bili proprio perché vengono

sputtanate da tutti, a cominciaredai mass-media, che se ne sonoappropriati. Ecco, secondo mequel tipo di tensione morale di si-nistra così allargata, primo non èvero che si identificava con la mi-litanza, secondo, conteneva deisegnali che sono anarcoidi, nonanarchici, anarcoidi nel senso di“contro”, in maniera un po’ im-precisa, non con un progetto po-litico preciso, buoni comunque ariempire i sogni della gente perandare alle manifestazioni... Nel’77 io sento che il movimento, che

già comincia a rimasticare stimo-li degli anni precedenti, va avantiper inerzia e faccio uno spettaco-lo che si chiama Polli di alleva-mento in cui ho anche rischiato esono stato trattato malissimoperché dico: ragazzi, è finita,quella roba lì è finita…

Ora, di quel periodo di vaghez-za, ma comunque di slancio realedentro, io sento la mancanza,perché in realtà quella cosa c’e-ra... Di fronte alla sensazione chefra cinque anni tutto quello cheabbiamo vissuto passerà come

sciocchezze, come banalità, co-me insulsaggine, ho voluto riaf-fermare questa mia sensazione,questa mia certezza, che non eracosì e che dietro a quella parola, inquegli anni, c’erano stimoli, desi-deri, voglie, tensioni “morali” cheora non esistono più. E oggi è que-sto il vuoto che abbiamo, la man-canza della parola significa lamancanza dell’utopia…».

me si dice tra virgolette “creati-va”, aveva assolutamente abban-donato. Però la riproposizione a

questo punto di una linea politicaassolutamente tradizionale dicomunismo appare molto piùevidente, molto più forte, moltopiù espansiva, e provoca la finedel movimento. È chiaro chequando cominci a sparare gli altrisono completamente spiazzati. Ilmovimento, che si chiamava al-lora Movimento di sinistra, quin-di era comunista con le bandiererosse, ma non assolutamente sol-tanto legato al Partito comunista,era molto più allargato. Quell’a-rea lì in qualche modo è ambiguo

definirla con la parola comuni-smo. Devo dire la verità, è il perio-do, e per poco tempo anche, in cuiio mi sono sentito più vicino aquest’area, in quanto sentivo alsuo interno, nella sua vaghezza,una serie di stimoli interessantis-simi, che oggi sono ancora rima-sticati e riportati fino al disgusto,sono cose dette e ridette, fatte,provate».

Ma non tradotte in azione po-

litica.«No, non tradotte in azione po-

litica. E anzi direi che per quanto

originali e interessanti nell’enun-ciazione, sono stimoli che sonostati logorati soprattutto da unuso spesso ideologico…

… «dai grigi compagni delPci»…

«… non solo loro in particolare,sono discorsi che si facevano giàallora. Il femminismo ha un mo-mento di inaridimento, oppure di

radicalizzazione inaccettabile, ildiscorso della psicoanalisi, chenasce in quel periodo, diventa unfatto da rotocalco, i discorsi sulcorpo, tutte cose che alla fine unodice: basta, per carità… non se nepuò più! E diventano insopporta-

Berlinguer che diceva, “al di là di

Jalta” e “meglio al di qua”, cioècominciava a fare dei distinguosull’essere comunisti…». (...)

 Allora potremmo chiedercicome mai non si è creato un tes-suto culturale di sinistra, tale da unire le varie posizioni, un nuo- vo progetto di sinistra. C’è stata ignoranza, scarsa sensibilità?

«Direi che essendo in atto undesiderio positivo molto forte, anessuno conveniva creare dei di-stinguo sul modo di essere comu-nista, perché comunque sia eragente “contro”. Lo stesso Partito

comunista, tanto per dirne una,allora era molto prudente sul ri-pudiare Stalin (poi l’ha fatto), co-me anche ad esempio sull’aderi-re alle istanze giovanili del perio-do (che ha ripreso poi molto piùtardi). (...)

Fuori dal partito invece c’erauna grossissima… chiamiamola“aggregazione comunista”, chepassava attraverso le donne, l’au-tocoscienza, il personale è politi-co, tutta una serie di stimoli cheallora il partito ignorava, perchéaveva paura. Questo va avanti

con grandi entusiasmi e fermen-ti, quindi grandi movimenti, finoalle Brigate rosse, quando vengo-no riproposti, in comunicati se-condo me deliranti, concetti as-solutamente legati alla vecchialogica della dittatura del proleta-riato, del partito che comanda lemasse, la classe operaia… tutti di-scorsi che noi ormai, ovvero quel-la sinistra di cui stavamo parlan-do prima, un po’ vaga, un po’ co-

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“Di quel periododi vaghezza, ma

di slancio realedentro, io sentola mancanza”

La rivista

Su “MicroMega” c’è l’intervista ineditaa Gaber qui in parte anticipata. Nella rivistainterventi di Cordero,Ingroia e Viale.C’è anche l’appello ai giovani “dei vecchidemocratici, per la realizzazionedella Costituzione repubblicana natadalla Resistenza anti-fascista”, firmatoda Camilleri, Flores d’Arcais, Hack,Manacorda, Spinelli e Prosperi

“Qualcunoera comunista” 

Qualcuno era comunistaperché era nato in Emilia/ Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà… lamamma no/ Qualcuno eracomunista perché si sentivasolo.(...)/ Qualcuno eracomunista perché il cinema loesigeva, il teatro lo esigeva, lapittura lo esigeva, la letteraturaanche… lo esigevano tutti Qualcuno era comunista perché  glielo avevano detto/Qualcunoera comunista perché non gli avevano detto tutto.(...)/ Qualcuno era comunista perché piazza Fontana, Brescia, lastazione di Bologna, l’Italicus,Ustica eccetera, eccetera,eccetera/Qualcuno eracomunista perché chi era controera comunista/Qualcunocredeva di essere comunista e  forse era qualcos’altro.

(Un estratto da “Qualcuno eracomunista” di Gaber)

La canzone