insulino resistenza copia - omeoweb – [omeo]web...
TRANSCRIPT
Insulino-resistenzaMimetismo molecolare
Insu
linem
ia (
µU/m
l)
20
60
80
160
Glicemia (mg/dl)
L’insulino resistenza si sviluppa senza sintomi
particolari nel corso degli anni
126
Sempre più insulina
serve per mantenere i
normali livelli di glucosio
ematico
Sviluppo del Diabete di tipo II
SINDROME
METABOLICA
INSULINO
RESISTENZA
OBESITA’
PATOLOGIE
CARDIOVASCOLARI
CANCRO
DISTURBI ERETTILI
DEPRESSIONE
INFIAMMAZIONEDIABETE DI
TIPO II
4
Regolazione della glicemia
Glicemia = concentrazione plasmatica di glucosio
Variazioni fisiologiche della glicemiaAumento post-prandialeDiminuzione con lo sforzo fisico e il digiuno
1 solo ormone ipoglicemizzante: l’INSULINA• Secreta dalle cellule β-pancreatiche• Una secrezione basale continua consente l’utilizzo periferico del glucosio • Picchi di secrezione post-prandiali
Numerosi ormoni iperglicemizzanti• Consentono di evitare o compensare l’ipoglicemia • Esempi: glucagone, catecolamine, GH, cortisolo..• Il glucagone favorisce in particolare il rilascio epatico di glucosio durante il
digiuno
Effetti metabolici dell’insulina
L’insulina è IPOGLICEMIZZANTE e ANABOLIZZANTE Metabolismo glicidico:
favorisce ingresso cellulare del glucosio (non nel sistema nervoso)favorisce glicogenogenesi epatica e trasformazione di glucosio in acidi grassi inibisce glicogenolisi
Metabolismo lipidico: favorisce sintesi epatica di trigliceridia livello del tessuto adiposo sintesi e accumulo di acidi grassi, effetto anti-chetogeno e anti-lipolitico
Metabolismo proteico: favorisce ingresso cellulare di aminoacidi e sintesi proteicainibisce il catabolismo proteico
I markers del metabolismo glicidico
GlicemiaVariazioni fisologiche (a digiuno 70-110 mg/dl; aumento post-prandiale, generalmente < 140 mg/dl; diminuzione con l’esercizio fisico)
GlicosuriaDefinizione: presenza di glucosio nelle urine
Generalmente patologica, si verifica quando viene superata la soglia di riassorbimento renale del glucosio (circa 180 mg/dl)
Se abbondante determina aumento del volume urinario � poliuria (diuresi > 2500 cc/24h circa )
Emoglobina glicosilata (HbA1c)
Frazione dell’emoglobina capace di legare il glucosio, utilizzata come marker dei valori medi di glicemia nelle ultime settimane
I corpi chetonici
Gli acidi grassi rappresentano una forma di energia alternativa al glucosio; il glucagone favorisce la beta-ossidazione degli acidi grassi a livello epatico
� produzione di corpi chetonici (aceto-acetato� acetone, acido β-idrossibutirico) che vengono liberati nella circolazione sanguigna (chetosi) e eliminati nelle urine (chetonuria)
La formazione di corpi chetonici si può verificare in 2 tipi di situazioni, totalmente diverse
Digiuno prolungato o ipoglicemia � nelle urine presenza di chetonuria isolata
Carenza insulinica profonda � nelle urine presenza di glicosuria abbondante + chetonuria
Definizione del diabete mellito
Il diabete mellito è definito dalla presenza di una iperglicemia cronica, secondaria a un difetto di produzione e/o di azione dell’insulina.
L’iperglicemia cronica induce una serie di complicanze sistemiche che interessano in particolare occhi, reni, sistema cardiovascolare e sistema nervoso.
Altre definizioni (ADA, 1997)
Normale tolleranza ai carboidrati (NT)Glicemia a digiuno < 100 mg/dlOGTT: glicemia 2 ore dopo carico orale < 140 mg/dl
Intolleranza ai carboidrati (IGT)OGTT: glicemia 2 ore dopo carico orale >140 mg/dl e < 200 mg/dl
Alterata glicemia a digiuno (IFG)Glicemia a digiuno < 100 mg/dl
100126
Glicemia
a digiuno
Glicemia
2 ore post-
carico orale
140
200
(mg/dl) (mg/dl)
DM
N
IFG
DM
IGT
NT
Classificazione del diabete mellito
� Diabete di tipo 1� una malattia tipicamente AUTO-IMMUNE, anche se
esistono forme “idiopatiche”� il meccanismo principale è la profonda carenza insulinica� interessa essenzialmente bambini e adolescenti
� Diabete di tipo 2� iperglicemia legata a insulino-resistenza (= difetto di
azione dell’insulina) + carenza insulinica relativa e progressiva.
� interessa essenzialmente l’adulto e rappresenta la forma di diabete PIU’ FREQUENTE
� comune associazione con obesità e altre malattie metaboliche
Altre forme di diabete mellito
Diabete secondarioMalattie endocrine,patologie pancreatiche, farmaci
Alcune forme sono reversibili
Malattie geneticheDifetti genetici della secrezione o dell’azione dell’insulina
Sindrome genetiche complesse con diabete
Diabete gestazionale> 30 % sviluppano diabete di tipo 2 nel corso della vita
Insulino-resistenza: inadeguata utilizzazione del glucosio da parte delle cellule, che non rispondono alla stimolazione insulinica; il difetto può essere di tipo pre-recettoriale, recettoriale o post-recettoriale.
Difetto della β-cellula: anche se inizialmente relativo (la secrezione insulinica è a lungo conservata), è ormai ammesso che l’insorgenza del diabete di tipo 2 è legata a una produzione di insulina insufficiente a compensare la resistenza insulinica
Fisiopatologia
Il diabete di tipo 2 è il più frequente (> 90 % dei casi di diabete)
Tipicamente caratteristico dell’ età matura (> 40 anni), interessa pazienti sempre più giovani
Fattori di rischio Familiarità ++ (ereditarietà multigenica)EtàObesitàStile di vita: alimentazione e sedentarietà
Patologie associate (frequenti)Dislipidemia, sindrome metabolica
Fattori di rischio
Obesità e diabete
L’obesità viscerale è particolarmente dannosa da un punto di vista metabolico, perché resistente all’effetto anti-lipolitico dell’insulina � aumentata produzione di acidi grassi liberi (NEFA) � insulino-resistenza a livello di muscolo e fegato
Il tessuto adiposo non è una semplice riserva di grassi ma un vero organo endocrino � le cellule adipose producono varie molecole capaci di indurre insulino-resistenza, in particolare leptina, TNF-α, IL-6
Ciò spiega come l’obesità rappresenta un fattore di rischio per il diabete di tipo 2 e perché la riduzione ponderale migliora la glicemia dell’obeso.
MECCANISMI NEUROUMORALI
adipociti centri della sazietà ipotalamiciormone
polipeptidico, denominato leptina Regolazione da parte dei
depositi di grasso (aumenta con l’aumentare della
quota grassa)Recettori specifici situati
nell’ipotalamo
LEPTINA RECETTORE
Diminuzione NPY(forte stimolatore dell’appetito)
Diminuzione ghrelin(forte stimolatore dell’appetito)
•stimolazione del dispendio energetico
•stimolazione dell’attività fisica
•stimolazione della produzione di calore
LEPTINA RECETTORE
Rilascio di norepinefrina
gli adipociti esprimono recettori beta-3 adrenergici, i quali:
•provocano idrolisi degli acidi grassi;
•combustione di questi;
•dissipazione sotto forma di calore
MUTAZIONE DEL GENE
Obesità massiva nei topi (proteina ob) per
disaccoppiamento del sistema leptina-recettore
OBESITÀ
LIVELLI DI LEPTINA
ELEVATI
IL RECETTORE NON RISPONDE AGLI STIMOLI ORMONALI
aumenta il rischio di diabete (resistenza all’insulina), ipertensione, ipertrigliceridemia, diminuzione HDL
Segnali periferici Segnali periferici
afferenti afferenti
al SNC al fine di al SNC al fine di
regolare regolare
il consumo di ciboil consumo di cibo
GRELINA
NPY
Svuotamentogastrico
CitokineIL 1-ß
(Cachetizzanti)Fame
+
+
+
+
- -
- -
GRELINAGRELINADIGIUNOGlicemiaIRILeptina
PASTOLeptinaIRIGlicemiaDistensione gastrica
FAME
ANORESSIANERVOSA
ETA’
OBESITA’BMIleptina
+
+
The described effects of H. pylori on leptin and ghrelin, and postulated subsequent effects on satiety, energy expenditure, weight, and height. Although leptin and ghrelin have other important paracrine, autocrine, and endocrine effects, here we concentrate on actions that affect body habitus. The observed effects of H. pylori on leptin and ghrelin are based on observational and interventional (H. pylori eradication) human studies. Other observational human studies support the portrayed effects of H. pylori on weight and height.
I peptidi che rilasciano l’ormone della crescita sono conosciuti come
ormoni secretagoghi, la cui azione è mediata dal recettore della grelina
La grelina è uno di questi peptidi secretagoghi
è una piccola molecola di 28 aminoacidi, prodotta dallo stomaco, la quale agisce legandosi a uno specifico recettore (GHS-R1a, ossia il recettore secretagogo dell’ormone della crescita) ed è distribuito in numerosi tessuti
La sua azione è mediata da uno specifico recettore dei GHS sintetici, il CD36
AZIONI DELLA GRELINA
controlla l’attività meccanica dello stomaco (ad alte dosi stimola la secrezione acida e la motilità, mentre a piccole dosi la inibisce)
mostra, inoltre, un’azione gastroprotettiva, in caso di ulcera indotta da etanolo o da stress
Le azioni principali di questa molecola consistono nella induzione della ricerca di cibo (stimolo oressigenico) e nel rilascio dell’ormone della crescita
Dove è prodotta la grelina
La sua produzione non è limitata alla mucosa gastrica, ma è stata ben documentata nella ipofisi nell’ipotalamo, ipofisi, tiroide, polmoni, pancreas, surreni e intestino
Cellule produttrici di grelina sono state identificate nelle prime fasi della vita fetale, nella placenta e nelle gonadi
Basse concentrazioni si trovano anche nei reni e nelle cellule del sistema immunitario
Sono stati riportati casi di tumore endocrino secernente grelina
HP e grelina
In un affascinante studio controllato è stata dimostrata l’azione negativa del batterio sulla produzione dell’ormone gastrico. In particolare, si è visto che le alterazioni infiammatorie atrofiche della mucosa sono associate a bassi livelli circolantidi grelina
Si è dimostrato, inoltre, che la somministrazione di tale ormone, a livello centrale (intracerebroventricolare), comporta un’azione oressigena, mediata dal neuropeptide Y (NPY)
L’azione oressigena è anche accompagnata a un effetto adipogenico marcato, per il quale l’aumento dell’assunzione di cibo è correlato all’aumento del peso corporeo.
CD36 e grelina
recettore della grelina è il CD36, il quale èespresso dalla ghiandola pituitaria, contribuendo, in tal modo, alla formazione di un asse
Tale asse è il cervello-intestino, che regola l’accrescimento, la fame e il metabolismo in generale
Alterazioni biochimiche dei tessuti secondarie all’iperglicemia cronica
Glicosilazione di numerosi proteine cellulari e extra-cellulariEmoglobina glicosilata e fruttosamina circolanti (markers di equilibrio glicemico)
Glicosilazione di collagene e proteine a lunga vita con formazione di complessi che alterano la matrice vascolare � contribuiscono a microangiopatia /glomerulopatia.
Stress ossidativo
Aumentata produzione di ione superossido (0.
) a livello della catena respiratoria mitocondriale, di radicali liberi, con diminuzione di NO
� disfuzione endoteliale che favorisce l’ateroma e le sue complicanze.
Aumentata produzione di sorbitolo (via dei polioli)Glucosio � sorbitolo poco diffusibile � rigonfiamento cellulare osmotico � es: cataratta
Le complicanze del diabete
La microangiopatia diabeticaAlterazioni specifiche del microcircolo
� retinopatia, nefropatia e neuropatia diabetiche
La macroangiopatia diabeticaAteromatosi precoce e diffusa � complicanze cardiovascolari
Altre complicanzeAumentata sensibilità alle infezioni
Cataratta
Piede diabetico
La microangiopatia diabetica
1. La RETINOPATIA diabetica• Retinopatia semplice � proliferativa• Altre complicanze visive: glaucoma, cataratta� “oftalmopatia diabetica” complessa con calo del visus
2. La NEFROPATIA diabetica• Glomerulopatia diabetica � IRC progressiva• Fattori aggravanti: macroangiopatia e ipertensione
3. La NEUROPATIA diabetica• Patogenesi mista: microangiopatia + danni metabolici diretti
(polioli, alterazioni della mielina)
Insulino-resistenza e macroangiopatia
Obesità viscerale
INSULINO-RESISTENZA
DIABETE di tipo
2
Dislipidemia
LDL; HDL; TG
ATEROMATOSI ACCELERATA
Ipertensionearteriosa
Infiammazione
stato protrombotico
Stress ossidativo
HSV e VSV
Le infezioni virali possono produrre anomalie nel metabolismo dei carboidrati in soggetti normali e anche dei profondi cambiamenti nella omeostasi del glucosio nei diabetici insulino-dipendenti.
Usando prove in vitro, è stato osservato che il virus dell’herpes simplex (HSV) e il virus della stomatite vescicolare riducono il legame dell’insulina al proprio recettore del 50%.
A una analisi quantitativa, si è notato che tale riduzione consiste in una diminuita espressione del recettore stesso, piuttosto che nella affinità di legame.
Studio statistico
Per chiarire questo fenomeno, è stato studiato il legame dell’insulina ai monociti di 7 soggetti, altrimenti in buona salute, durante infezioni acute, virali o batteriche, di gravità moderata.
La valutazione è stata messa a confronto con i dati ottenuti su 5 pazienti in fase di convalescenza e su 24 soggetti normali.
I dati confermano il ruolo delle infezioni nella genesi della insulino-resistenza.
HCV
Anche nel caso di HCV è stato osservato un processo analogo.
Un aumento dei livelli di insulina è associato alla presenza del core virale nel siero.
Tale fenomeno coincide con una maggiore gravità della fibrosi epatica e con una riduzione dei substrati del recettore insulinico.
Infezioni varie
È stato ipotizzato, che il peso di una infezione potrebbe essere associato a una infiammazione cronica di basso grado, la quale si esprime anche con una insulino-resistenza.
In uno studio su 124 soggetti di media età, si èstudiato l’effetto della esposizione a 4 infezioni sulla sensibilità della insulina.
Tra i criteri di inclusione si considerava la sieronegatività per HCV.
Chlamydia e coxsackie
In ogni individuo sono stati titolati gli anticorpi IgGper HSV 1 e 2, enterovirus e chlamydia pneumoniae.
È stato dimostrato che esiste una forte associazione tra la risposta anti-chlamydia pneumoniae e anti-enterovirus (coxsackie B4) con la sensibilità delle cellule all’insulina.
È stato ipotizzato, che l’esposizione a diversi patogeni comporta una infiammazione cronica di basso grado, la cui conseguenza è l’insulino-resistenza e, successivamente il processo aterosclerotico.
Rischi
Numerosi studi epidemiologici indicano che i pazienti con malattia coronarica risentono di precedenti infezioni.
In più, l’insulino-resistenza, ossia il processo fisiopatologico centrale della sindrome metabolica, è considerato un fattore di rischio molto importante per la malattia aterosclerotica coronarica.
Ipertensione e i-r
Le componenti fondamentali della sindrome metabolica, quali l’ipertensione e il diabete di tipo II, sono stati associati a sieropositività per HSV 1-2, CMV, enterovirus e chlamydia pneumoniae.
Alcuni autori hanno proposto un modello di studio interessante, nel quale la insulino-resistenzacostituirebbe il nesso causale del processo aterosclerotico e della conseguente ipertensione, in relazione alle diverse positività sierologiche per i suddetti agenti patogeni.
Chlamydia pneumoniae
Sia la sieropositività per chlamydia pneumoniae, sia la sindrome metabolica sono state identificate come fattori di rischio per l’aterosclerosi e la malattia cardiovascolare.
In uno studio condotto su una popolazione adulta di Taiwan, è stato osservato che il 45,5% dei 3633 partecipanti risultava positivo alle IgG della chlamydiapneumoniae, con metodica ELISA e un valore di riferimento di 20 RU/ml.
La prevalenza dei sieropositivi, tra i partecipanti con sindrome metabolica era piuttosto elevata.
Modelli sperimentali
I modelli sperimentali contribuiscono a chiarire tali osservazioni.
Esaminando la progressione della insulino-resistenza, sotto l’influenza della risposta alla chlamydia, nei topi, è stato dimostrato che la fase acuta della infezione, accelera lo sviluppo della sindrome metabolica.
Pur essendo ancora indeterminate le cause della insulino-resistenza, tuttavia questi modelli suggeriscono un ruolo potenziale della chlamydia nelle forme metaboliche umane, anche considerando la diffusione di ambedue i fenomeni.
Diabete IIB
Alcuni rari casi di diabete sono caratterizzati da una tenace resistenza alla terapia insulinica, in assenza di una compromissione delle β-cellule pancreatiche.
Tale fenomeno, denominato diabete di tipo IIB, si può verificare per una forma di autoimmunità verso il recettore dell’insulina, la cui curva risulta alterata da 10 a 100 volte, dopo un carico di glucosio.
HPV
Sebbene il fattore scatenante di questo diabete non sia conosciuto, sono state riportate importanti omologie di sequenza tra la regione extra-citoplasmatica del recettore insulinico (catena α, in posizione 66-74) e alcune proteine virali, tra cui la E2 di HPV (in posizione 76-84).
L’immunizzazione su ratti di questi peptidi stimola la formazione di anticorpi, che riconoscono ambedue gli epitopi.
Modello di studio
Questa osservazione apre scenari interessanti anche per la più frequente forma di insulino-resistenza, nel diabete IIA.
La quale non riconosce, come avviene nel tipo B, un quadro più complesso di autoimmunità, ma si inserisce, probabilmente, in un analogo modello di studio.