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44 Le Scienze 539 luglio 2013 Le Scienze 45 Andrzej Wojcicki/Science Photo Library/Corbis Vicini, ma non troppo ASTRONOMIA I nostri (talvolta scomodi) vicini celesti, una popolazione di asteroidi, sono un rischio potenziale per la Terra, quindi vanno tenuti d’occhio di Ettore Perozzi, Fabrizio Bernardi, Andrea Milani e Giovanni Valsecchi IN BREVE Tra il 1898 e il 1998 sono stati censiti 1000 asteroidi vicini alla Terra (o Near Earth Asteroid, NEA), mentre oggi siamo a circa 10.000. Questa progressione degli ultimi dieci anni è stata possibile grazie alla costruzione di reti di telescopi di grande campo e ad alta sensitività. La maggiore conoscenza della popolazione di questi oggetti celesti potenzialmente pericolosi per la Terra è andata di pari passo con gli aspetti teorici legati alla loro origine e alla previsione delle traiettorie in modo da poter stimare probabilità di impatto realistiche. Le conseguenze degli impatti sono variabili, da globali a locali, quindi è cruciale continuare a monitorare i NEA in modo sistematico. Anche perché nel caso degli oggetti più piccoli bastano pochi giorni di anticipo per mettere in atto strategie efficaci di mitigazione del danno.

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I nostri (talvolta scomodi) vicini celesti, una popolazione di asteroidi, sono un rischio potenziale per la Terra, quindi vanno tenuti d’occhio

di Ettore Perozzi, Fabrizio Bernardi, Andrea Milani e Giovanni Valsecchi

I n b r e v e

Tra il 1898 e il 1998 sono stati censiti 1000 asteroidi vicini alla Terra (o Near Earth Asteroid, NEA), mentre oggi siamo a circa 10.000. Questa progressione degli ultimi dieci anni è stata possibile grazie alla costruzione

di reti di telescopi di grande campo e ad alta sensitività.La maggiore conoscenza della popolazione di questi oggetti celesti potenzialmente pericolosi per la Terra è andata di pari passo con gli aspetti

teorici legati alla loro origine e alla previsione delle traiettorie in modo da poter stimare probabilità di impatto realistiche.Le conseguenze degli impatti sono variabili, da globali a locali, quindi è

cruciale continuare a monitorare i NEA in modo sistematico. Anche perché nel caso degli oggetti più piccoli bastano pochi giorni di anticipo per mettere in atto strategie efficaci di mitigazione del danno.

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www.lescienze.it Le Scienze 4746 Le Scienze 539 luglio 2013

Non è andato a finire in un oceano (la destinazione più proba-bile, visto che due terzi del pianeta sono coperti di acqua) o in una delle tante regioni desertiche: è esploso praticamente sulla verti-cale di una città, Celjabinsk appunto. Una città speciale per mol-ti aspetti, abituata a convivere con il rischio, dato che si trova non lontana da un impianto nucleare, teatro di un grave incidente nel 1957. Forse per questo, e la coincidenza ha davvero dell’incredibi-le, nel 1994 aveva ospitato uno dei primi congressi internazionali dedicati alla protezione dal rischio asteroidale.

Ma Celjabinsk è soprattutto una città i cui abitanti hanno l’abi-tudine di installare sulle proprie automobili delle telecamere sem-pre accese (le dashcam, usate a fini assicurativi e di sicurezza): co-sì tutte le fasi del fenomeno sono state registrate meglio di quanto avrebbe potuto fare una rete professionale per la rilevazione dei meteoriti. Si è potuto determinare con grande precisione la tra-iettoria di quello che tecnicamente si definisce un «superbolide», giungendo alla conclusione che proveniva da una direzione mol-to vicina al Sole e che è entrato nell’atmosfera con un basso an-golo di incidenza, quasi radente. È stata una fortuna, perché l’e-splosione principale, quella che ha mandato in frantumi i vetri di mezza città provocando gran parte degli oltre 1000 feriti, è avve-nuta ad alta quota, intorno ai 23 chilometri di altezza. Se la traiet-toria fosse stata più verticale la deflagrazione si sarebbe verifica-ta a una quota più bassa, con conseguenze molto più devastanti: una potente onda d’urto accompagnata da venti di tempesta e da un’ondata di calore.

Passata l’emergenza, sono le conseguenze quelle che più inte-ressano, perché hanno cambiato il modo con cui in molti cam-

pi, dalle strategie di osservazione alle missioni spaziali e ai risvolti politici e programmatici, si guarda alla popolazione dei cosiddet-ti «asteroidi vicini alla Terra» (NEA, dall’inglese Near Earth Aste-roid, che useremo in questo articolo al posto del più comune NEO, o Near Earth Object, categoria che comprende anche le comete) e al rischio che rappresenta. Come identificare e come reagire a un evento cosmico potenzialmente catastrofico sono problematiche centrali per la catena decisionale che deve garantire un’informa-zione rapida e efficace. Altrimenti alle minacce provenienti dal-lo spazio si aggiungeranno quelle molto più «terrestri» provoca-te da una non corretta interpretazione del fenomeno, a rischio per esempio di innescare allarmi di tipo terroristico.

L’evento di Celjabinsk ha rappresentato una sfida anche sul versante della comunicazione. In effetti, chi poteva immagina-re di dover assistere contemporaneamente al maggiore even-to esplosivo dell’ultimo secolo e al passaggio più ravvicinato di un asteroide alla Terra mai avvenuto? Perché questo è accadu-to: mentre un lato del pianeta era intento a osservare tranquilla-mente l’annunciato incontro con l’asteroide 2012 DA14, un altro corpo celeste si preparava a colpire di nascosto dal lato opposto. Che si trattasse di due eventi non collegati è stato subito chiari-to, grazie anche al tam-tam di Twitter. Il nodo da sciogliere rima-ne quello di trovare risposte adeguate a domande lecite e appa-rentemente contraddittorie quali: perché di 2012 DA14 sapevamo tutto mentre del bolide di Celjabinsk niente? Perché pur avendo-ci colti di sorpresa non è stato un evento inaspettato? Perché, no-nostante lo spavento e i danni, gli astronomi sono convinti di es-sere sulla buona strada?

Conviene allora iniziare riassumendo tutto quello che sappia-mo su questi nostri vicini cosmici volte invadenti, a partire da quella notte di agosto del 1898, quando l’astronomo francese Au-guste Charlois da Nizza e il tedesco Gustav Witt da Berlino scopri-rono, indipendentemente, Eros: il primo asteroide vicino alla Ter-ra, catalogato con il numero 433.

Incontri ravvicinati di tutti i tipiIn realtà il primo corpo celeste che fu osservato mentre passava

vicino alla Terra non era un asteroide, ma una cometa. Era il 1770, e uno dei più famosi astronomi del tempo, Charles Messier, sco-prì un corpo celeste che nel giro di pochi giorni si rivelò una bril-lantissima cometa, ben visibile a occhio nudo. Ma quando si cercò di calcolarne l’orbita cominciarono i guai, e dobbiamo a un altro grande astronomo, Anders Johan Lexell, la soluzione: la come-ta (che oggi porta il suo nome) aveva incontrato sul suo cammino non solo la Terra, ma anche Giove, e aveva cominciato a «rimbal-zare» tra i due pianeti.

Un fatto del tutto inedito per la cosmologia del tempo, ma so-prattutto era la prima volta che ci si rendeva conto che la Terra era a rischio di impatti cosmici. Una conclusione che sarebbe sta-ta confermata dalla scoperta di Eros, che innescò il dibattito se si Co

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Fabrizio Bernardi, CEO di SpaceDyS e co-scopritore di Apophis, si occupa di dinamica e astrometria di asteroidi.

Ettore Perozzi lavora a Deimos Space su dinamica del sistema solare, missioni spaziali e divulgazione scientifica.

Giovanni Valsecchi si occupa di dinamica dei corpi minori del sistema solare presso l’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali-Istituto nazionale di astrofisica (IAPS-INAF) di Roma.

Andrea Milani, matematico e astronomo, è professore ordinario all’Università di Pisa e tra i fondatori dei sistemi di sorveglianza asteroidale.

Aten-Apollo-Amor Statistica scoperte asteroidi 1890-1990

Aten-Apollo-Amor Statistica scoperte asteroidi 1991 – oggi

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159 Asteroidi con perielio <= 1,3 AUtutte le dimensioni

8567 Asteroidi con perielio <= 1,3 AUtutte le dimensioni

Tra stelle cadenti e asteroidi. Le comete possono collidere con la Terra anche se con una probabilità molto più bassa rispetto agli asteroidi. Il fenomeno delle «stelle cadenti» si verifica infatti quando la Terra attraversa polveri disperse lungo l’orbita di una cometa. Questa spettacolare immagine di una stella cadente vista «dall’alto» è stata scattata dall’astronauta statunitense Ron Garan a bordo della Stazione spaziale internazionale. Qui sotto invece, parliamo di asteroidi. Riportando in un istogramma il numero di NEA scoperti nel tempo, si nota il salto di qualità seguito alla comparsa sulla scena delle nuove survey statunitensi alla fine degli anni novanta. Nel 2012 si è sfiorato il migliaio.

Q uel che è accaduto nei cieli di Celjabinsk, provincia russa vicina al confine con il

Kazakhstan, il 15 febbraio 2013 è entrato di diritto negli annali della storia dell’a-

stronomia, sia per l’eccezionalità dell’evento che per le modalità con cui è avve-

nuto. Non capita tutti i giorni al nostro pianeta di trovare sul suo cammino un

grande meteoroide roccioso (15-18 metri circa) in piena traiettoria di collisione.

Un palazzo volante ci è piombato addosso a poco meno di 20 chilometri al secondo, ovvero mach 60:

sessanta volte la velocità necessaria per infrangere il muro del suono.

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www.lescienze.it Le Scienze 4948 Le Scienze 539 luglio 2013

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trattasse di un caso anomalo oppure del primo membro di una nuova popolazione di corpi celesti, come poi le successive scoper-te avrebbero dimostrato in un crescendo che giunge fino ai no-stri giorni. Basta dare uno sguardo a come è aumentata nel tempo la popolazione dei NEA a noi noti (si veda il grafico a p. 47) per capire perché gli astronomi sono così soddisfatti: tra il 1898 e il 1998 sono stati censiti circa 1000 asteroidi vicini alla Terra, men-tre oggi siamo a quota 10.000.

Grazie all’apparizione sulla scena di reti di telescopi a grande campo e ad alta sensitività, negli ultimi dieci anni sono stati sco-perti dieci volte più oggetti potenzialmente pericolosi di quanti se ne fossero visti in tutto il secolo precedente. Una progressione in-negabile che è andata di pari passo con gli aspetti più teorici legati all’origine di questi corpi celesti e alla predizione delle loro traiet-torie in maniera sufficientemente affidabile da poter calcolare rea-listiche probabilità di impatto.

Nel primo caso bisognava trovare «canali dinamici» per colle-gare la fascia principale degli asteroidi, ovvero la regione di spa-zio compresa tra Marte e Giove dove orbita la maggior parte di es-si, alla zona dei pianeti interni. Per farlo si è dovuto ricorrere ai più recenti sviluppi della teoria del caos. Si è infatti scoperto che un frammento generato da una collisione tra asteroidi della fa-scia principale, se soggetto a un certo tipo di perturbazioni, può improvvisamente cominciare a muoversi in maniera caotica e fi-nire, nell’arco di «appena» qualche centinaio di migliaia o milione di anni, per aggirarsi nelle vicinanze della Terra. Se il frammento asteroidale è in rotta di collisione con il nostro pianeta (si chiama allora «meteoroide») e ha piccole dimensioni, terminerà la sua cor-

Dimensioni dell'asteroide

Evento ConseguenzeEnergia liberata

Frequenza Esempi noti Commenti

> 1 chilometro impatto globali (cambiamenti climatici)

> 100.000 MT > 100.000 anni Chicxulub Si ritiene che il grande (170 chilometri) cratere da impatto scoperto al largo delle coste dello Yucatán, in Messico, sia quello che rimane del grande impatto responsabile delle estinzioni di massa alla fine del Cretaceo (nell’immagine, un evento simulato, non in scala).

150 metri impatto locali (terremoti, tsunami)

100 MT 10.000 anni Iso Naakkima Zhamanshin

La formazione di crateri da impatto dell'ordine dei 10 chilometri rappresenta la transizione da conseguenze di carattere globale a locale (nell’immagine, la struttura del cratere Zhamanshin, in Kazakhstan, ottenuta da un satellite Landsat della NASA).

50 metri impatto locali (terremoti, tempeste)

1 MT 1000 anni Tunguska Meteor Crater

Le conseguenze dipendono dalle caratteristiche fisiche e orbitali dell'impattore: l'evento di Tunguska, in Siberia, non ha prodotto alcun cratere mentre il Meteor Crater (nella foto), in Arizona, è stato formato da un meteoroide metallico.

10 metri impatto / superbolide

locali (crateri, onda d'urto)

< 1 MT 100 anni Kamil Carancas Celjabinsk

Le conseguenze dipendono dalle caratteristiche fisiche e orbitali dell'impattore. Nel caso di Carancas, in Perù, si trattava di un monolite roccioso; il Kamil Crater, nel sud dell’Egitto, è stato formato da un asteroide metallico poco più grande di un metro, mentre a Celjabinsk (nella foto), il meteoroide è esploso prima di raggiungere il suolo.

1 metro bolide locali (scie luminose, meteoriti)

10 kT 1 anno Revelstoke 2008TC3

Le conseguenze dipendono dalle caratteristiche fisiche e orbitali dell'impattore. Il bolide di Revelstoke, in Canada, ha prodotto piccoli meteoriti; 2008 TC3 (nella foto) è stato il primo caso di meteoroide osservato prima che entrasse in atmosfera e che ha portato al calcolo della zona di caduta, in Sudan, del corrispondente meteorite.

1 centimetro < meteora atmosfera, spazio circumterrestre (scie luminose, danni a infrastrutture spaziali)

trascurabile 1 giorno < Perseidi, Leonidi, Geminidi

Le meteore sporadiche e le piogge di meteore (stelle cadenti) possono essere di origine sia cometaria che asteroidale. Poiché bruciano completamente nell'atmosfera, eventuali danni sono limitati alle infrastrutture orbitanti.

da l l e e s T I n z I o n I a l l e s T e l l e ca d e n T I

Conseguenze degli impatti

Ogni anno

Ogni secolo

Ogni 10.000 anni

Ogni milione di anni

Ogni 100 milioni di anni

Diametro dell’impattore

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Catastrofe globale

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In queste illustrazioni è riassunto lo stato delle conoscenze su dimensione e frequenza degli impatti (sotto) e loro conseguenze (sinistra). Chicxulub è legato all’episodio di estinzione di massa di 65 milioni di anni fa, di cui furono vittime anche i dinosauri e che determinò la transizione tra due ere geologiche. Nel valutare l’energia liberata (1 megatone, MT, equivale a un milione di tonnellate di TNT) si prende a riferimento la bomba di Hiroshima (15 chilotoni, kT) e che nel caso dei meteoroidi l’energia non è concentrata in un unico evento esplosivo. A causa delle incertezze nella distribuzione delle caratteristiche fisiche dei NEA, i numeri hanno valore indicativo.

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www.lescienze.it Le Scienze 5150 Le Scienze 539 luglio 2013

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in mano il tubo di gomma e dare una spruzzata al muro di fron-te. Se l’acqua «disegna» un segmento bagnato sul muro che tocca o attraversa il cerchio che rappresenta la Terra, vuol dire che il ri-schio di collisione va preso sul serio. Non solo: poiché non sappia-mo quali degli asteroidi virtuali è quello «reale», più lunga sarà la parte del segmento che attraversa la circonferenza, più grande la probabilità di impatto. Se tutto il segmento è incluso nella circon-ferenza si ha la certezza di una collisione, e non resta che determi-nare dove avverrà sulla superficie terrestre.

Questo è il motivo per cui non appena si scopre un asteroide potenzialmente pericoloso viene richiesto agli osservatori di tut-to il mondo, sia appartenenti a istituti di ricerca sia gestiti a livello amatoriale, di continuare a tenerlo sotto osservazione. Si consul-tano anche gli archivi astronomici per vedere se l’oggetto in que-stione era presente in immagini del cielo scattate per altri scopi ed era quindi passato inosservato. In entrambi i casi, l’obiettivo è di-minuire l’incertezza con cui conosciamo la posizione dell’asteroi-de, ovvero accorciare il «segmento» rappresentativo degli asteroi-di virtuali fino a quando non si possa o escludere o confermare definitivamente un impatto. Dato che i NEA si muovono veloce-mente nel cielo e possono diventare rapidamente non osservabili, sia perché allontanandosi dalla Terra appaiono meno luminosi sia perché si avvicinano troppo al Sole confondendosi nella luce del giorno, non è sempre possibile portare a termine questo proces-so. Così a volte bisogna accontentarsi di rimanere nell’incertezza e convivere con il rischio, confidando nella prossima occasione in cui questo o quell’oggetto tornerà a transitare in geometrie favo-revoli a un’osservazione da terra.

Grandi campi, piccoli telescopiPer districarsi in questa sorta di «tiro al bersaglio» cosmico bi-

sogna poter contare su due elementi chiave: una rete di telescopi per scandagliare continuamente il cielo notturno e un sistema ca-pace di elaborare in tempo quasi reale (cioè con frequenza almeno giornaliera) quelle osservazioni. Solo così si possono isolare tem-pestivamente gli oggetti pericolosi, che devono essere seguiti con particolare attenzione.

Per quanto riguarda i telescopi, ci sono due scuole: guardare in profondità con strumenti in grado di osservare oggetti deboli o lontani ma che hanno un campo di vista relativamente piccolo, oppure allargare il campo a scapito della «acutezza» visiva. Non si tratta di strategie opposte, bensì complementari. I primi servono a proseguire la catalogazione della popolazione dei NEA: ormai ab-

no (in genere si pone il limite a un secolo) un asteroide possa col-lidere con la Terra è abbastanza complesso sia dal punto di vista concettuale sia nella sua trattazione matematica. Tuttavia, se met-tiamo da parte gli aspetti tecnici e operiamo qualche semplifica-zione, lo stesso problema può essere paragonato a quello di rico-noscere se uno spruzzo d’acqua proveniente da un tubo di gomma in movimento colpirà o meno un cerchio dipinto su un muro. In questa analogia il cerchio dipinto sul muro rappresenta il nostro pianeta e lo spruzzo d’acqua rappresenta l’incertezza con cui co-nosciamo la posizione di un asteroide. Se infatti si potesse suddi-videre il getto in gocce distinte, ciascuna di esse sarebbe quello che tecnicamente si chiama un «asteroide virtuale».

Proprio questo bisogna fare: sostituire a un solo oggetto i tanti le cui caratteristiche orbitali sono compatibili con le osservazioni, che come tutte le misure portano con sé un inevitabile errore. L’a-nalogia funziona perché gli asteroidi virtuali si dispongono sostan-zialmente scaglionati lungo una medesima traiettoria, e quando arrivano nelle vicinanze della Terra incontrano il pianeta in suc-cessione, separati da un certo lasso di tempo tra l’uno e l’altro.

Tornando all’esempio dell’acqua, si tratta quindi di usare la meccanica celeste per compiere l’azione equivalente a prendere

sa bruciando nell’atmosfera (facendosi così «meteora» o «bolide») e cadendo a volte sulla sua superficie come meteorite. Se l’oggetto ha dimensioni maggiori di una decina di metri (ma molto dipende anche dalla composizione, per un oggetto metallico basta qualche metro), le conseguenze cominciano a farsi più serie, come nel ca-so di Celjabinsk o in quello di Tunguska (descritto più avanti), fi-no ai noti scenari apocalittici (si veda il box a p. 48). Al di là del-la nomenclatura, essere riusciti a risalire alla «sorgente» dei NEA è stato uno dei maggiori successi della meccanica celeste degli ulti-mi trent’anni.

Parallelamente si è cominciato a studiare il legame tra l’accura-tezza con cui dalle osservazioni si calcola l’orbita di un corpo ce-leste e la possibilità di predire la sua traiettoria futura, che nel ca-so delle orbite caotiche dei NEA è fondamentale per capire quanto pericoloso sia un oggetto. Il fatto che solo di recente si sia passati da notizie esageratamente allarmistiche a un’informazione più pa-cata e corretta racconta i progressi ottenuti anche in questo cam-po. Il caso più noto è quello dell’incontro con Apophis, previsto nel 2029, quando l’asteroide sfiorerà il nostro pianeta passandogli tal-mente vicino da diventare osservabile a occhio nudo.

Il problema di determinare se in un futuro non troppo lonta-

f r u T T o I Ta l I a n o

Il centro di coordinamento

europeoIl monitoraggio degli asteroidi pericolosi è nato in Italia. Alla fine del 1999 all’Università di Pisa entra in funzione il sistema NEODyS (Near Earth Objects Dynamic Site) che calcola e fornisce on line i dati più si-gnificativi su tutti i membri della popolazione dei NEO e i relativi rischi di impatto. Parallelamente viene sviluppato dall’Istituto nazionale di astro-fisica (INAF) il «nodo Spaceguard» a supporto degli osservatori che in tutto il mondo si preoccupano di inseguire gli asteroidi nel cielo.Questa primogenitura e le competenze a essa associate hanno get-tato le basi per la realizzazione del NEO Coordination Centre, ospita-to all’ESRIN di Frascati, vicino Roma, da parte dell’Agenzia spaziale eu-ropea. Il suo funzionamento è affidato a un gruppo internazionale di estrazione sia accademica sia industriale guidato da Deimos Space e da SpaceDys, una start-up del gruppo di ricerca che ha sviluppato NE-ODyS, e in collaborazione con Astos, Serco e Telespazio. Solo la NASA ha una struttura analoga, e i due centri si tengono in costante contatto per confrontare i risultati nei casi più complessi.

Se l’oggetto è più grande di una decina di metri, qualche metro per quelli metallici, le conseguenze di un impatto con la Terra sono serie

c o m e p r o T e g g e r s I

Il futuro è (anche) nello spazio

Esplorazione, deflessione e osservazione: sono i contributi che una missione spaziale può dare alla protezione dal rischio asteroidale. In-viare una sonda attorno a un asteroide e riportare a terra campioni, co-me previsto dalle missioni OSIRIS/REX (NASA) e Marco Polo (ESA) è essenziale per conoscere composizione e struttura dei possibili impat-tori. La proposta di catturarne uno non è che un caso estremo di que-sto tipo. Effettuare un esperimento di deflessione inviando una sonda-kamikaze contro un asteroide per cambiarne la traiettoria è un passo importante per valutarne l’efficacia e la missione europea Don Chi-sciotte, propone uno scenario ancora valido. Dallo spazio, poi, si può guardare anche vicino al Sole senza venire abbagliati dalla diffusione della luce che colora il cielo di azzurro, e questo permetterebbe di co-prire l’ultimo «buco» rimasto nelle reti di telescopi a Terra: l’evento di Celjabinsk insegna.

cacciatore di neo. Uno dei più recenti telescopi entrati in funzione per dare la caccia ai NEO si chiama Pan-STARRS

(acronimo di Panoramic Survey Telescope & Rapid Response System), ha uno specchio di 1,8 metri di diametro (a fronte)

e osserva dall’alto del vulcano hawaiano Haleakala (accanto).

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www.lescienze.it Le Scienze 5352 Le Scienze 539 luglio 2013

te un grande successo e una grande sfida. Il grande successo è sta-to l’aver visto con ben un anno di anticipo un asteroide davvero piccolo (50 metri) e averne calcolato la traiettoria in modo così ac-curato da prevedere che avrebbe sfiorato la Terra senza colpirla: se DA14 fosse stato in rotta di collisione l’avremmo saputo per tem-po. L’asteroide protagonista dell’esplosione in Russia invece, ol-tre a essere ancora più piccolo, proveniva da una regione del cielo così vicina al Sole che probabilmente sarebbe sfuggito a qualsia-si telescopio terrestre. Si apre così un nuovo scenario per la pro-tezione del nostro pianeta: inviare una «sentinella» nello spazio a caccia degli asteroidi più elusivi.

EpilogoLa comunità che si occupa di impatti cosmici si riunisce a con-

gresso con cadenza biennale. Quest’anno l’appuntamento era a Flagstaff, in Arizona, non lontano dal famoso Meteor Crater, te-stimone silenzioso della minaccia asteroidale. Molti i nuovi pro-getti: dai telescopi di nuova generazione ai programmi di osser-vazione sistematica del cielo, dai raffinati modelli per studiare le conseguenze di un impatto alla grande varietà di missioni spazia-li proposte o in via di realizzazione (si veda il box a p. 51). Tra esse la più immaginifica è certamente il progetto della NASA di cattu-rare un piccolo asteroide e portarlo a orbitare così vicino al no-stro pianeta da renderlo una sorta di nuova piccola luna, tutta da esplorare.

Ma c’è anche qualcuno che ci ricorda che i problemi del piane-ta sono altri. Alla domanda «perché dovremmo preoccuparci dei NEO?», un semplice diagramma «a torta» ci informa che quasi il 70

per cento degli esseri umani muore per cause di guerra (dirette o indirette), poi per le epidemie e per fame. Molto minore il «contri-buto» di vulcani e terremoti. Finora non risultano asteroidi killer (si veda il box nella pagina a fronte). Ma sappiamo bene che se ne arriva uno grande saremmo davvero nei guai, farebbe più danni di tutta la torta messa insieme. La differenza nella percezione del rischio la fa dunque il tempo, dato che la frequenza di impatti al-trettanto devastanti di una guerra (decine di migliaia di anni) non può competere con le emergenze umanitarie dell’ora e del qui.

Ma la natura stessa del concetto di probabilità non esclude che possa accadere anche domani, perciò è facile perdersi nelle moti-vazioni più disparate, incluse quelle con implicazioni economiche, etiche e morali. Prepararsi ad affrontare il rischio di un impatto si-gnifica dunque addentrarsi in un terreno in cui scienza, tecnolo-gia e protezione civile si incontrano. Ci sembra quindi appropria-to chiudere con una riflessione di Nikola Tesla (al quale dobbiamo la corrente alternata nelle nostre case): «La scienza non è che una perversione fine a se stessa, se non ha come fine ultimo il miglio-ramento dell’umanità». n

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biamo scoperto praticamente tutti quelli con dimensioni superio-ri al chilometro, mentre conosciamo solo il 10 per cento di quel-li grandi un centinaio di metri. Nel caso delle decine di metri, cioè oggetti paragonabili al superbolide di Celjabinsk, la percentuale scende molto al di sotto dell’uno per cento.

Dato che una catalogazione sufficientemente completa, so-prattutto nel caso degli oggetti più piccoli, richiederà tempi lun-ghi, la scelta di una rete di telescopi meno potenti, ma in grado di «abbracciare» quanto più cielo possibile per avvistare in tem-po eventuali pericoli provenienti da ogni direzione, risulta van-taggiosa per i sistemi di allerta. Anche solo qualche giorno di an-ticipo basterebbe infatti a mettere in pratica efficaci strategie di mitigazione del danno come l’evacuazione della zona che verrà colpita, oppure anche solo un’opera di capillare informazione del-la popolazione su come comportarsi. Ancora una volta il caso di Celjabinsk è esemplificativo: nessuno è stato ferito dalla caduta dei frammenti del meteoroide, ma unicamente dagli eventi «colla-terali», come l’esplosione delle finestre oppure le conseguenze del panico che si è diffuso all’arrivo dell’onda d’urto.

In questo scenario di telescopi costantemente in funzione, al-trettanta importanza riveste la necessità di analizzare rapidamen-te l’ininterrotto flusso di immagini da essi prodotte, alla ricerca di quei piccoli punti luminosi in movimento che potrebbero rivelarsi nuovi asteroidi pericolosi. E in questo l’Italia ha un primato, con-solidato dall’inaugurazione del NEO Coordination Centre dell’A-genzia spaziale europea (si veda il box a p. 50), vicino a Roma.

Appare dunque chiaro il motivo per cui l’incontro con 2012 DA14 e il bolide di Celjabinsk rappresentano contemporaneamen-

u n s e c o l o d I I m paT T I

Piovono pietre, dalla Siberia al SudanIl 30 giugno 1908 un piccolo asteroide roccioso delle dimensioni di qual-che decina di metri (probabilmente tra 50 e 100) esplode sopra la foresta di Tunguska, in Siberia. L’esplosione, avvenuta tra cinque e dieci chilometri dal suolo, rilascia un’energia pari a 3-5 megatoni e abbatte almeno 80 milioni di alberi in un’area di 2150 chilometri quadri, un’estensione pari a quella di una città come Roma o Londra. L’evento è caratterizzato da un forte baglio-re seguito da un’onda d’urto che atterra i malcapitati testimoni che si trovano fino a un centinaio di chilometri di distanza e provoca un’onda sismica equi-valente al quinto grado della scala Richter. Fortuna volle che tutto questo accadesse in una regione remota della Rus-sia, praticamente disabitata, ma sarebbe bastato che l’asteroide fosse giun-to al suo appuntamento con la Terra appena qualche ora più tardi e sarebbe esploso sopra la città di San Pietroburgo, che si trova alla stessa latitudine di Tunguska. Allora le conseguenze sarebbero state ben diverse.Eventi come quello di Tunguska sono abbastanza rari, e si stima che accada-no ogni 300-1000 anni. Da allora ci sono stati molti eventi minori registra-ti dalle cronache. Tra questi il meteorite di Nakhla, in Egitto, caduto nel 1911, di cui si dice abbia ucciso un cane. Nel gennaio 1913 la nave Belfast fu col-pita presumibilmente da un meteorite al largo di Sydney, in Australia, che ab-batté uno degli alberi e guastò le bussole di bordo.

Il primo essere umano ferito (non gravemente) da un meteorite di cui si abbia notizia è una bambina giapponese di cinque anni: il fatto avvenne nel 1927, nel cortile della sua casa situata nelle vicinanze della città di Aba. Nel 1954 a Sylacauga, in Alabama, Stati Uniti, un meteorite di quasi quattro chilogrammi attraversa il soggiorno della signora Elizabeth Hodges provocandole, oltre ai danni materiali, serie ustioni. Nel 1972 un piccolo asteroide sfiora pericolo-samente la Terra, penetrando per un breve periodo nell’alta atmosfera e pro-ducendo così una scia luminosa ben visibile di giorno.Negli ultimi dieci anni si segnalano: il 15 settembre 2007 un piccolo meteo-rite impatta nei pressi del villaggio di Carancas, nel sud-est del Perù, sca-vando un cratere del diametro di 13 metri e profondo 4,5. Il 7 ottobre 2008 un asteroide di circa 4 metri, pesante 80 tonnellate, esplode a 37 chilome-tri dal suolo sopra il deserto di Nubia, nel Sudan settentrionale. Non cau-sa danni, essendo la regione desertica, ma diventa subito famoso perché era stato scoperto appena 20 ore prima che cadesse, quando era ancora un asteroide vagante nello spazio ed era conosciuto con la sigla 2008 TC3. In questo caso per la prima volta è stato possibile seguire l’intero percor-so che porta alla caduta di un meteorite e prevedere dove avverrà l’impatto. Una spettacolare conferma dell’efficacia dei moderni sistemi di monitorag-gio del rischio asteroidale.

Quando i danni sono locali. Gli impatti cosmici più frequenti causano danni locali, come per esempio il famoso Meteor Crater, dal diametro di un chilometro, in Arizona, la cui formazione risale a circa 50.000 anni fa, oppure il Kamil Crater (pagina a fronte), del diametro di 40 metri, scoperto nel 2009 nell’Egitto meridionale, nel deserto del Sahara, vicino al confine con il Sudan, e risalente a un migliaio di anni fa.

L’arrivo di un grande asteroide provocherebbe più morti di quelli provocati oggi dalle guerre

Pianeti per caso. Celletti A. e Perozzi E., UTET, Torino, 2012.

Il rischio asteroidi: valutazioni scientifiche e misure preventive. Regione Piemonte (a cura), 2005.

La Terra nel mirino: asteroidi e probabilità di collisione. Manara A., Il Castello, Trezzano sul Naviglio (MI), 2003.

ESA NEO Coordination Centre: http://neo.ssa.esa.int.

NASA Near-Earth Object Program: http://neo.jpl.nasa.gov.

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