ottica adattativa - katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1994...stronomi, non...

4
L a turbolenza atmosferica, il feno- meno che fa sfavillare le stelle e tremolare gli oggetti lontani, af- fligge gli astronomi fin dall'invenzio- ne del telescopio. «L'unico rimedio è un'aria assai serena e tranquilla - scri- veva Sir Isaac Newton nel 1704 - quale si trova forse sulle vette delle montagne più alte, sopra le nubi più dense.» Gli astronomi hanno sempre seguito questo consiglio che Newton fornì nella sua Ottica, ma anche sulle vette più alte la turbolenza atmosferica riduce in misura significativa le prestazioni dei grandi telescopi, come il telescopio Hale da 200 pollici di Mount Palomar in Ca- lifornia. La costruzione dello Hubble Space Telescope dimostra fin dove gli astronomi siano disposti a spingersi per aggirarne gli effetti. I miei colleghi e io della Litton Itek Optical Systems di Lexington, nel Mas- sachusetts, come pure vari ricercatori di altre istituzioni, stiamo perseguendo da qualche tempo una soluzione diversa al problema della turbolenza atmosferica, soluzione che sia applicabile ai telesco- pi a terra. La nostra impostazione, che prende il nome di ottica adattativa, trae origine anch'essa dagli sviluppi della tecnologia spaziale ed è quasi per uno scherzo del destino che oggi trova ap- plicazione nei telescopi con base a ter- ra. L'ottica adattativa sfrutta specchi deformabili o altri dispositivi analoghi per compensare la distorsione della luce dovuta alla turbolenza atmosferica; gra- zie a questa tecnologia la prossima ge- nerazione di telescopi a terra potrà ave- re una maggiore capacità di risolvere particolari minuti e di rilevare oggetti celesti estremamente deboli. Quando si costruiscono telescopi a- stronomici la difficoltà sta nell'ottenere l'immagine più chiara possibile delle stelle lontane, che dovrebbero risultare puntiformi; gli oggetti estesi, come ga- lassie e pianeti, si possono considerare insiemi di punti. Una stella lontana pro- duce un'onda luminosa sferica che si 46 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994 propaga a lungo nello spazio prima di raggiungere la Terra, dove la turbolenza atmosferica la distorce. Le variazioni di temperatura legate alla turbolenza dan- no origine a variazioni di densità del- l'atmosfera, che rallentano regioni di- verse del fronte d'onda in misura diffe- rente, distorcendo l'immagine. Un tele- scopio a ottica adattativa cerca di porre rimedio a questo effetto ricostituendo la forma sferica del fronte d'onda. Il primo passo consiste nello stabilire di quanto ogni componente del fronte d'onda sia fuori fase rispetto alle altre. A questo scopo si suddivide lo specchio del telescopio in tante piccole regioni e poi si misura l'inclinazione del fronte d'onda per ognuna di esse. Queste in- formazioni, dopo essere state adeguata- mente elaborate da una serie di circuiti elettronici ad alta velocità, servono a controllare attuatori che modificano la posizione di ciascuna piccola area della superficie dello specchio. Quest'ultimo viene allora deformato in maniera tale che le componenti dell'onda che arriva- no più tardi percorrano in realtà un tra- gitto più breve delle altre per raggiun- gere il fuoco, recuperando in questo modo il ritardo accumulato. Questo processo di misurazione e re- golazione - un classico sistema a retroa- zione - si compie varie centinaia di vol- te al secondo. Quando un sistema a ot- tica adattativa funziona in modo cor- retto, tutte le componenti dell'onda de- vono arrivare al fuoco in fase, creando un'immagine perfettamente nitida. I progettisti di radar furono i primi a elaborare l'idea di suddividere un fron- te d'onda e riportarne in fase le varie parti. I princìpi matematici su cui ci si basa per compensare la distorsione di un fronte d'onda sono più o meno gli stessi sia per le immagini ottiche sia per quelle radar. Già all'inizio degli anni cinquanta si cominciò a suddividere le antenne radar in segmenti, in modo da poter regolare indipendentemente la fa- se del segnale raccolto da ciascuno di essi. Alterando in questo modo la fase delle componenti dell'onda si riuscì a seguire con un'antenna fissa oggetti in movimento o a mettere a fuoco il fascio su oggetti posti a distanze diverse. Il primo a proporre l'idea di applica- re questi princìpi a sistemi ottici fu Ho- race W. Babcock, che nel 1953 suggerì di usare un fascio di elettroni per con- trollare lo spessore di una pellicola di liquido su uno specchio rigido, in modo da compensare gli errori di fase del fronte d'onda incidente. Le componenti del fronte d'onda in anticipo di fase ri- spetto alle altre sarebbero state ritardate facendo loro attraversare uno strato di liquido più spesso. L'idea ingegnosa di Babcock richie- deva però un'impegnativa messa a pun- to e quindi, dal momento che il proble- ma interessava solo un manipolo di a- stronomi, non trovò seguito. La solu- zione più semplice, stabilizzare le im- magini impiegando una lastra piana orientabile fu adottata nel 1956 in uno spettrografo del telescopio Hale. In un articolo pubblicato su «Scientific A- merican» del giugno 1956 Robert B. Leighton descrisse l'impiego di uno specchio orientabile per ottenere foto- grafie di alta qualità dei pianeti. u na correzione completa degli effet- ti della turbolenza atmosferica ri- mase però un obiettivo irraggiungibile fino agli anni settanta, quando scesero in campo le forze armate statunitensi. Il problema li interessava per due motivi. Da una parte gli scienziati del Pentago- Robert Q. Fugate del Phillips Labora- tory dell'US Air Force lavora su un te- lescopio dotato di ottica adattativa. I si- stemi basati su questa tecnologia posso- no rendere più nitide le immagini rac- colte dai telescopi a terra cancellan- do quasi perfettamente gli effetti di sfo- camento dovuti all'atmosfera terrestre. no impegnati nella realizzazione di un sistema di difesa antimissili balistici avevano bisogno di un meccanismo per mettere a fuoco un raggio laser su un obiettivo lontano evitando che si dete- riorasse nel passaggio attraverso l'at- mosfera. Dall'altra, e in quegli anni questo secondo motivo appariva ancora più urgente, l'Unione Sovietica stava lanciando un gran numero di satelli- ti militari, e la Defense Advanced Re- search Projects Agency (oggi ARPA) stava cercando un modo migliore per identificare questi veicoli spaziali. Le fotografie ottenute con i telescopi per il controllo dei satelliti installati a terra erano troppo confuse - anche se sotto- poste a elaborazione digitale - a causa della turbolenza atmosferica. Nel 1972 facevo parte di un gruppo della Litton Itek Optical Systems che ottenne una commessa dall'ARPA per individuare un modo migliore di affron- tare il problema. Decidemmo di ricorre- re all'ottica adattativa per neutralizzare la distorsione prima di registrare l'im- magine, realizzando cioè un sistema di compensazione atmosferica in tempo reale (RTAC, dall'inglese Real Time Atmospheric Compensation). I principi di base del nostro lavoro erano già stati collaudati nelle applica- zioni radar, ma i componenti necessari per realizzare un sistema adattativo otti- co erano ancora tutti da costruire. Oc- correva soprattutto sciogliere un nodo cruciale: fino a che punto bisognava spingersi nel suddividere il fronte d'on- da incidente perché la ricostruzione del- l'immagine originale fosse soddisfa- cente? Dalla risposta a questa domanda dipendeva il numero di attuatori a con- trollo indipendente che sarebbero stati necessari per lo specchio deformabile, e di conseguenza la complessità e il costo del sistema. Per fortuna nel 1966 David L. Fried, che allora lavorava alla North American Aviation, Inc., aveva elabo- rato un metodo per trovare una risposta a questa domanda. Fried aveva scoperto che gli effetti ottici della turbolenza at- mosferica, a prima vista complessi e ca- suali, possono essere descritti in termini di proprietà semplici del fronte d'onda, come l'angolo di incidenza, lo sfoca- mento e l'astigmatismo (curvatura sfe- rica e cilindrica), ben note a chiunque si occupi di ottica. Inoltre l'intensità della turbolenza si può rappresentare tramite un solo parametro, r0 . Per i telescopi convenzionali r, corrisponde al valore dell'apertura massima utilizzabile senza che la turbolenza inizi a degradare la qualità delle immagini; ovviamente il valore di questo parametro diminuisce all'aumentare della turbolenza. Nel ca- so di telescopi a terra r, è compreso di solito tra 5 e 15 centimetri alle lunghez- ze d'onda del visibile, con un valore medio di 10 centimetri. Per lo più quindi i grandi telescopi non riescono a risolvere oggetti come una stella doppia meglio di quanto fac- ciano i piccoli strumenti amatoriali. (I grandi telescopi servono soprattutto per raccogliere più luce e rilevare quindi oggetti molto deboli. Inoltre, in certi momenti, quando la turbolenza atmo- sferica è particolarmente bassa, gli stru- menti più grandi riescono a fornire una buona risoluzione.) In ottica adattativa r, definisce la di- mensione di ciascuna delle regioni che vanno regolate in maniera indipenden- te per ricostruire l'immagine originale. Per ottenere un buon livello di compen- sazione alle lunghezze d'onda del visi- bile, un telescopio da quattro metri ri- chiede uno specchio deformabile con- trollato da circa 500 attuatori. Inoltre, il valore di r, dipende anche dalla lun- ghezza d'onda della luce incidente. Nell'infrarosso, a due micrometri, il va- lore medio di r, è circa 50 centimetri, e quindi il numero di attuatori necessario per uno specchio da quattro metri scen- de a circa 60. Volevamo realizzare un prototipo dotato di un numero di attua- tori sufficiente a verificarne il funziona- mento senza che il compito diventasse troppo complesso; decidemmo quindi, con una scelta piuttosto arbitraria, di usare 21 attuatori. Gli unici strumenti di correzione dei fronti d'onda di cui si poteva disporre Ottica adattativa Questa tecnologia messa a punto per le cosiddette guerre stellari può essere applicata ai telescopi astronomici con base a terra per eliminare le distorsioni delle immagini provocate dalla turbolenza atmosferica di John W. Hardy

Upload: others

Post on 23-Jan-2021

6 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Ottica adattativa - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1994...stronomi, non trovò seguito. La solu-zione più semplice, stabilizzare le im-magini impiegando

L

a turbolenza atmosferica, il feno-meno che fa sfavillare le stelle etremolare gli oggetti lontani, af-

fligge gli astronomi fin dall'invenzio-ne del telescopio. «L'unico rimedio èun'aria assai serena e tranquilla - scri-veva Sir Isaac Newton nel 1704 - qualesi trova forse sulle vette delle montagnepiù alte, sopra le nubi più dense.» Gliastronomi hanno sempre seguito questoconsiglio che Newton fornì nella suaOttica, ma anche sulle vette più alte laturbolenza atmosferica riduce in misurasignificativa le prestazioni dei granditelescopi, come il telescopio Hale da200 pollici di Mount Palomar in Ca-lifornia. La costruzione dello HubbleSpace Telescope dimostra fin dove gliastronomi siano disposti a spingersi peraggirarne gli effetti.

I miei colleghi e io della Litton ItekOptical Systems di Lexington, nel Mas-sachusetts, come pure vari ricercatori dialtre istituzioni, stiamo perseguendo daqualche tempo una soluzione diversa alproblema della turbolenza atmosferica,soluzione che sia applicabile ai telesco-pi a terra. La nostra impostazione, cheprende il nome di ottica adattativa, traeorigine anch'essa dagli sviluppi dellatecnologia spaziale ed è quasi per unoscherzo del destino che oggi trova ap-plicazione nei telescopi con base a ter-ra. L'ottica adattativa sfrutta specchideformabili o altri dispositivi analoghiper compensare la distorsione della lucedovuta alla turbolenza atmosferica; gra-zie a questa tecnologia la prossima ge-nerazione di telescopi a terra potrà ave-re una maggiore capacità di risolvereparticolari minuti e di rilevare oggetticelesti estremamente deboli.

Quando si costruiscono telescopi a-stronomici la difficoltà sta nell'ottenerel'immagine più chiara possibile dellestelle lontane, che dovrebbero risultarepuntiformi; gli oggetti estesi, come ga-lassie e pianeti, si possono considerareinsiemi di punti. Una stella lontana pro-duce un'onda luminosa sferica che si

46 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994

propaga a lungo nello spazio prima diraggiungere la Terra, dove la turbolenzaatmosferica la distorce. Le variazioni ditemperatura legate alla turbolenza dan-no origine a variazioni di densità del-l'atmosfera, che rallentano regioni di-verse del fronte d'onda in misura diffe-rente, distorcendo l'immagine. Un tele-scopio a ottica adattativa cerca di porrerimedio a questo effetto ricostituendo laforma sferica del fronte d'onda.

Il primo passo consiste nello stabiliredi quanto ogni componente del fronted'onda sia fuori fase rispetto alle altre.A questo scopo si suddivide lo specchiodel telescopio in tante piccole regioni epoi si misura l'inclinazione del fronted'onda per ognuna di esse. Queste in-formazioni, dopo essere state adeguata-mente elaborate da una serie di circuitielettronici ad alta velocità, servono acontrollare attuatori che modificano laposizione di ciascuna piccola area dellasuperficie dello specchio. Quest'ultimoviene allora deformato in maniera taleche le componenti dell'onda che arriva-no più tardi percorrano in realtà un tra-gitto più breve delle altre per raggiun-gere il fuoco, recuperando in questomodo il ritardo accumulato.

Questo processo di misurazione e re-golazione - un classico sistema a retroa-zione - si compie varie centinaia di vol-te al secondo. Quando un sistema a ot-tica adattativa funziona in modo cor-retto, tutte le componenti dell'onda de-vono arrivare al fuoco in fase, creandoun'immagine perfettamente nitida.

I progettisti di radar furono i primi aelaborare l'idea di suddividere un fron-te d'onda e riportarne in fase le varieparti. I princìpi matematici su cui ci sibasa per compensare la distorsione diun fronte d'onda sono più o meno glistessi sia per le immagini ottiche sia perquelle radar. Già all'inizio degli annicinquanta si cominciò a suddividere leantenne radar in segmenti, in modo dapoter regolare indipendentemente la fa-se del segnale raccolto da ciascuno di

essi. Alterando in questo modo la fasedelle componenti dell'onda si riuscì aseguire con un'antenna fissa oggetti inmovimento o a mettere a fuoco il fasciosu oggetti posti a distanze diverse.

Il primo a proporre l'idea di applica-re questi princìpi a sistemi ottici fu Ho-race W. Babcock, che nel 1953 suggerìdi usare un fascio di elettroni per con-trollare lo spessore di una pellicola diliquido su uno specchio rigido, in mododa compensare gli errori di fase delfronte d'onda incidente. Le componentidel fronte d'onda in anticipo di fase ri-spetto alle altre sarebbero state ritardatefacendo loro attraversare uno strato diliquido più spesso.

L'idea ingegnosa di Babcock richie-deva però un'impegnativa messa a pun-to e quindi, dal momento che il proble-ma interessava solo un manipolo di a-stronomi, non trovò seguito. La solu-zione più semplice, stabilizzare le im-magini impiegando una lastra pianaorientabile fu adottata nel 1956 in unospettrografo del telescopio Hale. In unarticolo pubblicato su «Scientific A-merican» del giugno 1956 Robert B.Leighton descrisse l'impiego di unospecchio orientabile per ottenere foto-grafie di alta qualità dei pianeti.

una correzione completa degli effet-ti della turbolenza atmosferica ri-

mase però un obiettivo irraggiungibilefino agli anni settanta, quando sceseroin campo le forze armate statunitensi. Ilproblema li interessava per due motivi.Da una parte gli scienziati del Pentago-

Robert Q. Fugate del Phillips Labora-tory dell'US Air Force lavora su un te-lescopio dotato di ottica adattativa. I si-stemi basati su questa tecnologia posso-no rendere più nitide le immagini rac-colte dai telescopi a terra cancellan-do quasi perfettamente gli effetti di sfo-camento dovuti all'atmosfera terrestre.

no impegnati nella realizzazione di unsistema di difesa antimissili balisticiavevano bisogno di un meccanismo permettere a fuoco un raggio laser su unobiettivo lontano evitando che si dete-riorasse nel passaggio attraverso l'at-mosfera. Dall'altra, e in quegli anniquesto secondo motivo appariva ancorapiù urgente, l'Unione Sovietica stavalanciando un gran numero di satelli-ti militari, e la Defense Advanced Re-search Projects Agency (oggi ARPA)stava cercando un modo migliore peridentificare questi veicoli spaziali. Lefotografie ottenute con i telescopi per ilcontrollo dei satelliti installati a terraerano troppo confuse - anche se sotto-poste a elaborazione digitale - a causadella turbolenza atmosferica.

Nel 1972 facevo parte di un gruppodella Litton Itek Optical Systems cheottenne una commessa dall'ARPA perindividuare un modo migliore di affron-tare il problema. Decidemmo di ricorre-re all'ottica adattativa per neutralizzarela distorsione prima di registrare l'im-magine, realizzando cioè un sistema dicompensazione atmosferica in temporeale (RTAC, dall'inglese Real TimeAtmospheric Compensation).

I principi di base del nostro lavoroerano già stati collaudati nelle applica-zioni radar, ma i componenti necessariper realizzare un sistema adattativo otti-co erano ancora tutti da costruire. Oc-

correva soprattutto sciogliere un nodocruciale: fino a che punto bisognavaspingersi nel suddividere il fronte d'on-da incidente perché la ricostruzione del-l'immagine originale fosse soddisfa-cente? Dalla risposta a questa domandadipendeva il numero di attuatori a con-trollo indipendente che sarebbero statinecessari per lo specchio deformabile, edi conseguenza la complessità e il costodel sistema. Per fortuna nel 1966 DavidL. Fried, che allora lavorava alla NorthAmerican Aviation, Inc., aveva elabo-rato un metodo per trovare una rispostaa questa domanda. Fried aveva scopertoche gli effetti ottici della turbolenza at-mosferica, a prima vista complessi e ca-suali, possono essere descritti in terminidi proprietà semplici del fronte d'onda,come l'angolo di incidenza, lo sfoca-mento e l'astigmatismo (curvatura sfe-rica e cilindrica), ben note a chiunque sioccupi di ottica. Inoltre l'intensità dellaturbolenza si può rappresentare tramiteun solo parametro, r0 . Per i telescopiconvenzionali r, corrisponde al valoredell'apertura massima utilizzabile senzache la turbolenza inizi a degradare laqualità delle immagini; ovviamente ilvalore di questo parametro diminuisceall'aumentare della turbolenza. Nel ca-so di telescopi a terra r, è compreso disolito tra 5 e 15 centimetri alle lunghez-ze d'onda del visibile, con un valoremedio di 10 centimetri.

Per lo più quindi i grandi telescopinon riescono a risolvere oggetti comeuna stella doppia meglio di quanto fac-ciano i piccoli strumenti amatoriali. (Igrandi telescopi servono soprattutto perraccogliere più luce e rilevare quindioggetti molto deboli. Inoltre, in certimomenti, quando la turbolenza atmo-sferica è particolarmente bassa, gli stru-menti più grandi riescono a fornire unabuona risoluzione.)

In ottica adattativa r, definisce la di-mensione di ciascuna delle regioni chevanno regolate in maniera indipenden-te per ricostruire l'immagine originale.Per ottenere un buon livello di compen-sazione alle lunghezze d'onda del visi-bile, un telescopio da quattro metri ri-chiede uno specchio deformabile con-trollato da circa 500 attuatori. Inoltre, ilvalore di r, dipende anche dalla lun-ghezza d'onda della luce incidente.Nell'infrarosso, a due micrometri, il va-lore medio di r, è circa 50 centimetri, equindi il numero di attuatori necessarioper uno specchio da quattro metri scen-de a circa 60. Volevamo realizzare unprototipo dotato di un numero di attua-tori sufficiente a verificarne il funziona-mento senza che il compito diventassetroppo complesso; decidemmo quindi,con una scelta piuttosto arbitraria, diusare 21 attuatori.

Gli unici strumenti di correzione deifronti d'onda di cui si poteva disporre

Ottica adattativaQuesta tecnologia messa a punto per le cosiddette guerre stellari puòessere applicata ai telescopi astronomici con base a terra per eliminarele distorsioni delle immagini provocate dalla turbolenza atmosferica

di John W. Hardy

Page 2: Ottica adattativa - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1994...stronomi, non trovò seguito. La solu-zione più semplice, stabilizzare le im-magini impiegando

TELESCOPIOASTRONOMICO

IMMAGINEPERFETTA

IMMAGINEDISTORTA

FRONTE D'ONDA DISTORTO

L'aspetto di una stella situata a grande distanza dipende dall'integrità del fronted'onda luminoso sferico che essa emette. Se si mettono a fuoco tutte le componentidel fronte la stella appare come una sorgente luminosa puntiforme (a sinistra). Laturbolenza atmosferica, però, modifica in maniera casuale la forma del fronte d'on-da, cosicché le sue componenti arrivano fuori fase al fuoco del telescopio (a destra).

Un percorso attraversofisica, fisiologia e psicologiaalla scoperta dei segreti de

IL COLOREil nuovo quaderno di

«Le Scienze»a cura di Andrea Frova.

In questo numero:

Colore: inesauribile attrazione di A. FrovaL'interazione della luce con la materia di V. F. WeisskopfL'origine dei colori di K. NassauL'arcobaleno di M. H. NussenzweigLa visione dei colori a tre pigmenti di E. F. MacNichol, Jr.I geni per la visione dei colori di J. NathansCome i fotorecettori rispondono alla luce di J. L. Schnapf e D. A. BaylorUna nuova teoria della visione dei colori di E. H. LandIl colore come costruzione mentale di P. CamizLa percezione del colore delle superfici di J. BeckSintesi dei colori e colorimetria di A. FrovaLe prime fotografie a colori di G. B. Romer e J. Delamoir

Sei numeri all'annoPrezzo di copertina L. 11.000.

nel 1972 erano specchi particolari cheerano stati progettati per eliminare ladistorsione nei fasci laser infrarossi;questi dispositivi erano però troppo len-ti e imprecisi per i nostri fini. In un pri-mo momento parve che i cristalli di os-sido di bismuto e silicio rappresentasse-ro un'alternativa promettente; scoprim-mo infatti che l'applicazione di una ten-sione elettrica poteva far variare la fasedella luce che li attraversava. In segui-to, però, risultò evidente che i cristallinon trasmettevano una quantità di lu-ce sufficiente e che la loro capacità dicorrezione di fase era troppo scarsa per

compensare la turbolenza atmosferica.Valutammo allora la possibilità di

realizzare uno specchio deformabile co-stituito da una lastra sottile ricoperta dialluminio e trovammo che l'efficienzadi riflessione e la flessibilità erano buo-ne, ma la stabilità dava problemi. La su-perficie di uno specchio deformabile simuove di meno di 10 micrometri, ma lospostamento va controllato con grandeprecisione, entro un margine di un cin-quantesimo di micrometro appena. Imiei collaboratori Julius Feinleib, Ste-ven G. Lipson e Peter F. Cone, che allo-ra lavoravano alla Litton Itek Optical

Systems, scoprirono che, installandouno specchio di vetro sottile su un bloc-co di materiale piezoelettrico equipag-giato con elettrodi, si riusciva a control-lare la deformazione in centinaia di zo-ne dello specchio con la precisione e laprontezza necessarie. A questo disposi-tivo demmo il nome di «specchio pie-zoelettrico monolitico».

Affrontammo quindi il problema dimisurare la distorsione del fronte d'on-da. A quell'epoca la tecnica abituale permisurare con precisione le caratteristi-che di un fronte d'onda ottico era unprocedimento assai lento, che consiste-va nello scandire e digitalizzare ma-nualmente fotografie ottenute da un in-terferometro laser. Con un po' di fortu-na le informazioni sul fronte d'ondaerano pronte il giorno successivo, untempo lunghissimo considerando che iltempo di risposta che serviva ai nostriscopi era di un millisecondo.

Fortunatamente proprio in quel pe-riodo si stava sviluppando un nuovometodo di «interferometria a gradiente»(shearing interferometry) per la misura-zione dei fronti d'onda. Gli interfero-metri sono usati comunemente in otticaper misurare la fase di un fronte d'ondacombinandolo con un altro di caratteri-stiche conosciute e dando così origine auna figura di interferenza. Per l'otticaadattativa basta conoscere la fase relati-va di ciascuna regione dello specchiorispetto alle vicine per stabilire in chemisura la turbolenza atmosferica hamodificato la forma del fronte d'onda.Gli interferometri a gradiente determi-nano la fase relativa spostando, appun-to, di una distanza nota due copie dellostesso fronte d'onda e poi combinando-le. L'intensità della figura di interferen-za che ne risulta è proporzionale al gra-diente del fronte d'onda, ovvero a quan-to la sua fase varia da punto a punto.

Gli interferometri a gradiente con-venzionali funzionavano però solo conluce monocromatica, producendo unafigura di interferenza fissa. Per i nostriscopi avevamo invece bisogno di com-piere misurazioni rapide delle caratteri-stiche di un fronte d'onda usando lucebianca ad ampia banda riflessa da satel-liti illuminati dal Sole. Il mio collegaJames Wyant riuscì a costruire un inter-ferometro a gradiente a luce bianca im-piegando un reticolo di diffrazione mo-bile che produceva una figura di inter-ferenza nella quale l'intensità variavacon andamento sinusoidale. Il segnaleera raccolto da una schiera di fotorive-latori. Lo spostamento di fase di questosegnale elettrico rispetto a una sorgentefissa di riferimento era esattamente pro-porzionale alla pendenza del fronted'onda ottico nella zona corrispondentedello specchio del telescopio. Questo ti-po di interferometro è affidabile e stabi-le dal punto di vista ottico e richiedepoche calibrazioni. Miglioramenti suc-cessivi permisero di aumentare la velo-cità del dispositivo cosicché divenne in

grado di misurare fino a 10 000 frontid'onda completi al secondo, una velo-cità sufficiente per compensare i peg-giori casi di turbolenza atmosferica.

Per completare il sistema era neces-sario ancora un elemento: un metodorapido per sintetizzare le singole misu-razioni della distorsione del fronted'onda in ciascuna zona, in modo da ot-tenere una mappa dell'andamento delfronte d'onda continuo su tutta l'apertu-ra del telescopio. Questo processo di ri-costruzione del fronte d'onda è essen-ziale per stabilire l'entità dell'adatta-mento di ciascun attuatore.

La soluzione più immediata a noi ac-cessibile, vale a dire il calcolo numericoseriale, risultava di difficile impiego da-ta la potenza limitata dei calcolatoridell'epoca, e quindi decidemmo di farericorso a tecniche analogiche. Il nostrogruppo costruì una semplice rete elettri-ca avente la stessa configurazione degliattuatori posti dietro lo specchio defor-mabile. A ciascun nodo della rete si ap-plicava una corrente elettrica che rap-presentava il valore della distorsionedel fronte d'onda, e la rete generava gliesatti valori di tensione necessari perregolare i corrispondenti attuatori. Que-sta rete parallela era estremamente rapi-da e poteva essere ampliata in modo dagestire un gran numero di attuatori sen-za perdere velocità, il che rappresentavaun vantaggio notevole rispetto alle tec-niche di calcolo seriale.

Via via che si avvicinava la data delprimo collaudo del sistema di compen-sazione in tempo reale della turbolenzaatmosferica, previsto per il dicembre1973, le nostre preoccupazioni sullastabilità di funzionamento del meccani-smo crescevano. Ciascuno dei 21 attua-tori era dotato di un anello di retroazio-ne indipendente, ma vi erano inevitabilieffetti di interazione spuria tra un anelloe l'altro su tutto lo specchio deformabi-le; in altre parole la correzione del fron-te d'onda applicata a una zona esercita-va un piccolo effetto su tutte le altre. Inostri calcoli indicavano che il nuovosistema avrebbe dovuto essere stabile,ma c'era sempre la possibilità che simanifestassero problemi imprevisti. Te-mevamo che se il meccanismo di com-pensazione si fosse messo improvvisa-mente a oscillare, come può succederecon sistemi a retroazione complessi, lospecchio piezoelettrico monolitico cheavevamo progettato con tanta cura sisarebbe potuto rompere. Per questo ti-rammo un sospiro di sollievo quandoscoprimmo che il sistema funzionavaperfettamente ed era del tutto stabile.

Il sistema RTAC dimostrò per la pri-ma volta che l'ottica adattativa potevacompensare il degrado dovuto alla tur-bolenza atmosferica anche in immaginidi grandi dimensioni; la sua architetturadi base è stata ripresa in numerosi siste-mi successivi. In realtà però era dotatodi un numero troppo troppo esiguo diattuatori per poterlo impiegare su un

48 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994 49

Page 3: Ottica adattativa - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1994...stronomi, non trovò seguito. La solu-zione più semplice, stabilizzare le im-magini impiegando

HUBBLEHUBBLE

Come funzional'ottica adattativa

ELABORATOREDI DATI

SISTEMA OTTICO ADATTATI VO

SENSORE

NON COMPENSATO COMPENSATOSTELLA 4968 STELLA 4968

NON COMPENSATA COMPENSATA

TELESCOPIOASTRONOMICO

CORRETTOREDELLOSPOSTAMENTODELL'IMMAGINE

SPECCHIODEFORMABILE

FRONTE D'ONDADISTORTO

DIVISOREDI FASCIO

'ottica adattativa riesce a com-Lo pensare le distorsioni del fron-te d'onda della luce emessa daun oggetto celeste. Innanzitutto laluce che entra nel telescopio vie-ne concentrata in un fascio sottilesuccessivamente riflesso da unospecchio deformabile e da un se-condo specchio che corregge i di-fetti dovuti allo spostamento del-l'immagine. Inoltre il fascio vienescisso per consentire a un senso-re di misurare di quanto risulta di-storta ciascuna componente delfronte; questa informazione serveper regolare i movimenti compen-satori dello specchio. Infine il fa-scio compensato è messo a fuo-co in una fotocamera che registral'immagine corretta. Le illustrazio-ni in basso presentano sia l'imma-gine corretta sia quella non corret-ta di una stella e dello HubbleSpace Telescope visti da terra.

FRONTE D'ONDACORRETTO

FOTOCAMERA

IMMAGINECOMPENSATA

grande telescopio. Nel 1976, quindi, an-cora questa volta con il sostegno del-l'ARPA, iniziammo la realizzazione diun dispositivo molto più grande, il si-stema a immagini compensate (CIS,dall'inglese Compensated Image Sy-stem), che usava 168 attuatori. I mieicolleghi J. Kent Bowker, Richard A.Hutchin ed Edward P. Wallner ebberoun ruolo decisivo nella progettazione diquesto sistema pionieristico, che instal-

lammo nel 1980 sul telescopio da 1,6metri gestito dall'ARPA sul monte Ha-leakala nell'isola di Maui (Hawaii). An-cora una volta eravamo preoccupati perla stabilità: alcuni membri del gruppoerano convinti che grandi sezioni dellospecchio si sarebbero bloccate renden-do inutilizzabile tutto il sistema. Ma alprimo collaudo, che fu condotto nellaprimavera del 1982 su alcune stellebrillanti, il CIS si dimostrò perfetta-

mente stabile; da allora sono stati rea-lizzati sistemi adattativi ancora piùgrandi senza che si siano presentati pro-blemi di stabilità.

Il CIS ci diede la prima dimostrazio-ne dei miglioramenti stupefacenti chel'ottica adattativa può indurre nelle pre-stazioni dei telescopi installati a terra. Irisultati erano straordinari, soprattuttoper le stelle doppie. Prima della corre-zione era facile vedere la più luminosadelle due componenti - sulla quale ilsensore di distorsione del fronte d'ondamisurava la turbolenza - ma la compa-gna era solo una macchiolina debole econfusa. Tutte e due le stelle tremolava-no spostando la propria posizione appa-rente di vari secondi d'arco. Appena fuattivato l'anello di compensazione, pe-rò, entrambe si portarono immediata-mente a fuoco e rimasero immobili sul-lo schermo. L'aumento di luminositàdelle immagini era ancora più notevoledell'aumento di nitidezza.

Dopo questi primi tentativi sono statirealizzati nuovi tipi di specchi deforma-bili con più di 1000 attuatori. Alcuni so-no composti, ossia costituiti da numero-se lastre piatte, ognuna delle quali mon-tata su tre attuatori piezoelettrici a piùstrati. Questi specchi hanno la capacitàdi compensare anche una turbolenzamolto intensa, in quanto ciascuna lastraè materialmente separata dalle altre equindi ha una libertà di movimento no-tevole. Purtroppo questa configurazionerichiede calibrazioni frequenti, e data ladiscontinuità esistente tra le lastre, que-sto tipo di specchio tende a provocare ladiffrazione di parte della luce incidente,riducendo la chiarezza dell'immagine.Per questo motivo di solito si preferi-scono specchi continui, costituiti da u-na lastra di vetro alluminato montata suattuatori composti da vari strati di ma-teriale piezoelettrico o elettrostrittivo(che si espande o si contrae per effettodi una tensione elettrica di controllo).Gli attuatori sono montati su una piastradi base rigida. Uno specchio continuodi solito ha una stabilità dimensionalemigliore, richiede meno manutenzionee permette una correzione più uniformesu tutta l'apertura del telescopio.

Un altro tipo di specchio deforma-bile in corso di studio è quello bimor-fo, costituito da elementi piezoelettricipiatti fissati sul retro di una lastra sottileche si flette quando viene applicata una,tensione. Un sistema ottico adattativo aspecchio bimorfo è in via di realizza-zione all'Università di Hawaii; esso im-piega un sensore che misura diretta-mente la curvatura del fronte d'onda,semplificando i calcoli necessari per re-golare gli attuatori.

Nell'infrarosso, dove gli effetti dellaturbolenza atmosferica sono meno gra-vi, esiste un'altra soluzione prometten-te: i «correttori modali» che potrebberocompensare le distorsioni del fronted'onda in maniera particolarmente ele-gante. Questi dispositivi sono efficaci

50 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994

Page 4: Ottica adattativa - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1994...stronomi, non trovò seguito. La solu-zione più semplice, stabilizzare le im-magini impiegando

OpP."7,- ----~uomoT~

REGIONIDI TURBOLENZADIVERSE

STRATOTURBOLENTO

\REGIONEDI TURBOLENZA

- COMUNE

FASCILASERMULTIPLI

FASCIOLASER

STELLAARTIFICIALE

Per osservare oggetti celesti di scarsaluminosità si devono utilizzare stelleguida brillanti allo scopo di compensa-re la turbolenza atmosferica (a). Questatecnica però va a buon fine solo se lastella più luminosa si trova nella stessazona di cielo dell'oggetto osservato, al-trimenti la luce proveniente dai due og-getti viene distorta in misura diversadalla turbolenza atmosferica (b). Datoche le stelle abbastanza brillanti da po-ter servire come riferimento sono rela-tivamente poche, questa tecnica è utilesolo per una piccola porzione di cielo.Una soluzione consiste nell'impiegareun fascio laser fatto passare attraversol'atmosfera come stella di riferimentoartificiale (c). Con una schiera di questifari laser è possibile illuminare tutto ilcampo visivo di uno strumento (d); inogni caso occorre però sempre una stel-la vicina per poter puntare il telescopio.

nella correzione dell'angolo di inciden-za, dello sfocamento, dell'astigmatismoe di altre distorsioni più sistematichedei fronti d'onda.

Un altro filone di ricerca che vieneperseguito attualmente è l'uso di retineurali per l'interpretazione dei segnaliprovenienti dai sensori ottici e per la re-golazione dello specchio deformabile.Alcuni esperti ritengono che una reteneurale formata da molte cellule concapacità decisionali possa essere adde-strata a interpretare questi segnali me-glio di quanto facciano le reti a base al-goritmica in uso oggi.

Le prime applicazioni dell'ottica a-dattativa hanno avuto un notevole suc-cesso, ma due problemi fondamentaline ostacolano la diffusione. Innanzitut-to con questa tecnica si possono osser-vare oggetti deboli (e quasi tutti gli og-getti astronomici interessanti lo sono)solo se si trovano vicini a una stellabrillante. È la necessità di misurare laturbolenza in tempo reale con una velo-cità almeno pari a quella con cui l'at-mosfera varia a determinare la lumino-sità necessaria: deve essere possibileraccogliere, in ciascuna areola del-l'apertura del telescopio, abbastanza fo-toni da permettere una misurazione pre-cisa della distorsione del fronte d'onda.Per un sistema a ottica adattativa chefunzioni alle lunghezze d'onda del visi-bile in condizioni medie, questo equiva-le a richiedere l'arrivo di almeno 100fotoni ogni centesimo di secondo in cia-scuna area quadrata di 10 centimetri dilato. Per soddisfare questo requisito unastella guida deve avere una luminositàpari almeno alla magnitudine visuale10, e di stelle così luminose se ne trova-no, in media, solo tre per ogni gradoquadrato di cielo.

Questa limitazione sarebbe anche ac-cettabile se non fosse per un secondoproblema fondamentale: la compensa-zione adattativa è efficace solo su un

angolo di cielo molto piccolo, l'angoloisoplanare, che per le lunghezze d'ondadel visibile è di solito inferiore a cinquesecondi d'arco. Su regioni più estese laturbolenza varia troppo ampiamente ri-spetto al valore misurato dal sensoreper ottenere un'immagine costantemen-te chiara. Si riesce quindi a compensaresolo il centro dell'immagine, mentre viavia che si procede verso il bordo la defi-nizione diminuisce. Dato che è possibi-le compensare solo un'area molto pic-cola intorno alla stella guida, la mag-gior parte del cielo è inaccessibile al-l'osservazione con sistemi a ottica adat-tativa tramite stelle guida naturali.

per aggirare questi vincoli si sta la-vorando attualmente in due dire-

zioni. La prima è l'impiego di lunghez-ze d'onda maggiori (cioè di luce infra-rossa) per le quali gli effetti ottici dellaturbolenza sono molto meno gravi. Da-to che a queste lunghezze d'onda r, è da5 a 12 volte maggiore che nel visibile,si può ingrandire del medesimo fattoreciascuna zona di correzione. Inoltre,poiché le perturbazioni del fronte d'on-da variano più lentamente in un'areagrande, c'è più tempo per raccogliereluce prima di ogni regolazione e quindisi possono usare stelle guida più deboli.Per di più, a lunghezze d'onda maggioril'angolo isoplanare è più ampio, e diconseguenza aumenta l'area sulla qualerisulta efficace la compensazione adat-tativa. L'effetto combinato di questi fat-tori permette di impiegare stelle guidaper rendere più nitide le immagini nel-l'infrarosso in un'area della volta cele-ste molto più estesa di quella accessibi-le nel visibile.

Il primo sistema adattativo per l'in-frarosso, chiamato Come-On, è statosviluppato congiuntamente dai ricerca-tori dell'European Southern Observa-tory e da alcuni studiosi francesi nellaseconda metà degli anni ottanta, ed è

stato collaudato sul telescopio da 3,6metri dell'ESO a La Silla, in Cile, conottimi risultati.

La seconda strada che si sta esploran-do è quella di usare il laser per generarestelle guida artificiali. Alcuni studiosidel Lincoln Laboratory del Massachu-setts Institute of Technology e del Phil-lips Laboratory della US Air Force han-no scoperto questo nuovo strumento digrande potenza per la misurazione dellaturbolenza atmosferica in maniera asso-lutamente fortuita, mentre lavoravanoalla Strategie Defense Initiative (il pro-getto di un sistema di difesa antimissilibalistici avviato dalla presidenza Rea--gan e divenuto celebre con il nome di«guerre stellari»). Negli anni ottantaquesti gruppi stavano studiando comefar funzionare un'arma laser in modoche riuscisse a inviare la massima quan-tità possibile di energia su un bersaglioal di sopra dell'atmosfera. Dato che ifasci laser alle lunghezze d'onda del vi-sibile subiscono lo stesso tipo di distor-sioni a cui è soggetta la luce di una stel-la lontana, si potevano applicare al pro-blema i princìpi dell'ottica adattativa.Nel 1982 gli studiosi del MIT iniziaro-no a usare una versione a 69 attuatoridel CIS, l'Atmospheric CompensationExperiment o ACE, per correggere ladistorsione in un fascio laser puntato daterra verso lo spazio. In uno degli espe-rimenti la navetta spaziale Discoveryportava a bordo un riflettore per riman-dare il fascio verso terra, dove venivaimpiegato per misurare la distorsioneatmosferica. Nel corso di prove succes-sive si riuscirono a inviare riflettori in-stallati su razzi fino a 600 chilometri diquota. Inserendo le informazioni cosìottenute in uno specchio deformabile siriusciva a «predistorcere» un secondofascio laser in modo che, attraversatal'atmosfera, si concentrasse su un pic-colo bersaglio montato sul razzo. Da al-lora il dispositivo ACE è stato adibito

con successo a impieghi astronomicisul telescopio da 60 pollici dell'osser-vatorio di Mount Wilson.

D er gli impieghi astronomici, un la-ser crea una stella guida artificiale

nell'alta atmosfera o per retrodiffusionedella luce (un effetto denominato diffu-sione Rayleigh) sulle molecole dell'ariaa quote comprese tra 10 e 40 chilometri,oppure stimolando la fluorescenza inuno strato di vapore di sodio che si tro-va naturalmente a una quota di circa 90chilometri. Dato che un faro laser èmolto più vicino al telescopio di unavera stella, quello che viene generato èun fascio di forma conica, anziché unfascio più o meno cilindrico, che attra-versa solo parte dello strato atmosfericoturbolento prima di arrivare al telesco-pio. Questo problema diventa partico-larmente serio quando si è alle presecon un faro basato sull'effetto Raylei-gh, e di conseguenza situato a quote in-feriori; in questi casi è necessario farericorso a più di un faro laser.

Robert Q. Fugate del Phillips Labo-ratory dimostrò nel 1983 che era possi-bile usare stelle guida artificiali per mi-surare le caratteristiche dei fronti d'on-da, e gli studiosi del Lincoln Laboratorydel Massachusetts Institute of Techno-logy furono i primi a realizzare un siste-ma ottico adattativo completo basato suquesta tecnica, lo SWAT (Short Wave-length Adaptive Techniques). Tra il1988 e il 1990, presso il Maui OpticalSite della US Air Force sull'Haleakala,sono stati utilizzati laser a colorante im-pulsati che funzionavano a una lun-ghezza d'onda di 0,512 micrometri perprodurre fari laser a quote comprese traquattro e otto chilometri. La compensa-zione della turbolenza era valutata con-frontando immagini di stelle ottenutecon e senza correzione; l'esperimentoha indicato come due fari laser desserorisultati migliori di un faro solo.

Di solito con questa tecnica si usa untipo diverso di sensore delle caratteristi-che del fronte d'onda, il sensore Shack--Hartmann, che funziona con sorgentiluminose sia continue sia intermittenti.Questo dispositivo, introdotto nel 1971da Roland V. Shack dell'Università del-l'Arizona, impiega una schiera di pic-cole lenti per coprire tutto il fascio otti-co; ogni lente produce un'immaginedella stella guida. Per determinare ilgradiente del fronte d'onda si misura lospostamento dell'immagine in ciascunazona.

In linea di principio i fari laser do-vrebbero permettere l'impiego dellacompensazione adattativa su qualunqueoggetto celeste, per quanto debole, aqualsiasi lunghezza d'onda capace diattraversare l'atmosfera. La loro effica-cia è però limitata dalla necessità di im-piegare una stella vera per puntare il te-lescopio. Non è possibile usare il farostesso per il puntamento perché l'im-magine da esso prodotta non è fissa nelcielo, ma si sposta a seconda dell'effet-to della turbolenza sul fascio. A causadi questo vincolo, impiegando l'otticaadattativa si riesce a coprire soltanto il30 per cento circa del cielo alle lun-ghezze d'onda del visibile, mentre nel-l'infrarosso si arriva quasi al 100 percento. Numerose istituzioni, tra la qualiil Phillips Laboratory, l'Università diChicago e il Lawrence Livermore Na-tional Laboratory, stanno lavorando a-lacremente al miglioramento dei siste-mi a ottica adattativa che impiegano fa-ri laser.

Uno dei problemi irrisolti dell'otticaadattativa è come creare immagini niti-de su un campo visivo esteso: per esem-pio, non si è ancora riusciti a ottenereun'immagine perfettamente compensa-ta di tutto il disco di Giove. L'inconve-niente è dovuto al fatto che l'immaginedel pianeta ha un diametro di circa 40secondi d'arco e quindi copre una cin-

quantina di zone isoplanari, cioè di re-gioni in cui la turbolenza atmosfericapuò essere decisamente diversa. Unastrategia che viene spesso proposta con-siste nell'impiego di specchi deforma-bili multipli combinati con una schieradi stelle guida artificiali; ciascuno spec-chio fungerebbe da correttore tridimen-sionale compensando la turbolenza re-lativa a un certo intervallo di quote nel-l'atmosfera. Le stelle guida permette-rebbero di effettuare un numero di mi-surazioni del fronte d'onda sufficiente acoprire tutto il campo visivo.

Dopo 25 anni di sviluppi prevalente-mente a fini militari, l'ottica adattativava oggi trovando impieghi scientificisempre più vasti, soprattutto nell'astro-nomia con base a terra. Quasi tutti igrandi telescopi astronomici oggi in fa-se di progettazione o di realizzazioneprevedono l'installazione di sistemi aottica adattativa.

Una domanda che viene posta fre-quentemente è perché si continuino acostruire grandi telescopi a terra quan-do è possibile eliminare completamentele limitazioni dovute all'atmosfera spo-standosi nello spazio. La risposta è che itelescopi spaziali hanno costi di realiz-zazione e di manutenzione molto piùelevati di quelli a terra, anche tenendoconto del costo aggiuntivo dell'otticaadattativa.

L'astronomia con base nello spazio equella con base a terra dovrebbero esse-re considerate come discipline comple-mentari, anziché in competizione. I tele-scopi spaziali hanno il vantaggio di po-ter funzionare anche a lunghezze d'ondaassorbite dall'atmosfera, come l'ultra-violetto e i raggi X, ma i telescopi a ter-ra, che attualmente hanno un'aperturamolto più grande, sono adatti a un im-piego a lunghezze d'onda maggiori, do-ve è più facile compensare gli effettidella turbolenza. Se a ciascuna delle duetecnologie verranno assegnati i compitiche sa svolgere meglio, l'immagine cheavremo dell'universo diventerà semprepiù chiara.

BIBLIOGRAFIA

HARDY J. W., Active Optics: A NewTechnology for the Control of Light in«Proceedings of the IEEE», 66, n. 6,giugno 1978.

BABCOCK HORACE W., Adaptive Op-tics Revisited in «Science», 249, 20 lu-glio 1990.

TYSON ROBERT K., Principles ofAdaptive Optics, Academic Press,

19 Adaptive Optics forB9E1 C. KERS J. M.,Astronomy: Principles, Performanceand Applications in «Annual Review ofAstronomy and Astrophysics», 31, pp.13-62, 1993.

52 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994 LE SCIENZE n. 312, agosto 1994 53