in questo numero: la competenza in risposta alla...

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Quadrimestrale edito dal Collegio Provinciale IPASVI di Trento. Registrazione Tribunale di Trento n. 1062 del 17.10.2000. Indirizzo redazionale: Via Calepina 75 - 38100 Trento. Direttore responsabile: Massimo Dalledonne. Stampa: Centro Stampa Gaiardo O. snc - Borgo Valsugana (TN). Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento in questo numero: La competenza in risposta alla crisi CONTIENE I.R.

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Quadrimestrale edito dal Collegio Provinciale IPASVI di Trento. Registrazione Tribunale di Trento n. 1062 del 17.10.2000. Indirizzo redazionale: Via Calepina 75 - 38100 Trento.Direttore responsabile: Massimo Dalledonne. Stampa: Centro Stampa Gaiardo O. snc - Borgo Valsugana (TN).Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento

in questo numero:

La competenza in risposta alla crisi

CONTIENE I.R.

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Le dinamiche sociali, economiche edistituzionali, in questo momento sto-rico, sono più che mai vivaci e com-plesse e possono produrre processievolutivi fortemente impattanti sugliattuali assetti del sistema sanitario esocio – sanitario.In questa “turbolenza”, è necessarioidentificare e selezionare quelli chesono i “punti fermi”, i riferimentiessenziali su cui far convergere leistanze di tutti gli stakeholders.In questa fase delicata, come pro-fessionisti, è indispensabile esserepresenti e presidiare le diverse dina-miche al fine di essere pronti edattenti a cogliere le opportunità maanche le sfide, raccogliere i bisognied essere in grado di proporre alter-native e/o risposte e/o soluzioni, do-ve la guida di tutto questo è e deverimanere sempre la persona, siaessa cittadino, utente o paziente!Per noi infermieri, il Codice Deonto-logico, ancora una volta, rappresentail punto di unione e riferimento, qualevalore e certezza per il cittadino.Tutti i codici deontologici dei profes-sionisti della salute sono la guida el’orientamento per garantire la mi-gliore assistenza ai cittadini, dove ilproblema di “confini” viene superatodalla competenza e quindi, chi fa e chiè in grado – competente – per fare!Questo valore aggiunto per tutti, daicittadini (la migliore qualità assisten-ziale ricevuta) ai professionisti con lacreazione/riconoscimento di ruoliinnovativi e tarati sulle esigenze con-crete e vere sia del territorio (risorse)sia dei bisogni degli utenti (caratteri-stiche della domanda): è la vera sfidaalla quale gli infermieri, unitamente atutti gli altri professionisti, sanitari enon, sono chiamati a rispondere.In un modello c’è chi ci crede e chidubita, non è la verità assoluta ma ècomunque un riferimento conosciutoda tutti ed a disposizione di tutti e,pertanto, forte e su cui si può e sideve lavorare per progredire emigliorare.

Per dare sostenibilità a quanto detto,mi permetto di riportare parte deldiscorso fatto dal Ministro della salu-te, Renato Balduzzi, durante la pre-sentazione della “Relazione sullostato sanitario del Paese 2009-2010” perchè, nelle sue affermazionisi conferma la titolarità riconosciutadi dover agire in questa direzione. È un passaggio della lunga Relazionesullo stato sanitario del Paese 2009-2010, presentata martedì 12 dicem-bre nella sede del ministero dellaSalute a Roma dallo stesso ministro,Renato Balduzzi: «Il progressivo pas-saggio dalle Scuole Universitarie perDirigente dell’Assistenza Infermieristi-ca e per Infermiere Insegnante Diri-gente ai corsi di laurea, la “cultura”del Nursing e del Midwifery delle Sci-enze infermieristiche e ostetriche de-lineano il percorso verso la definitivatitolarità accademica. L’infermieristi-ca, ormai, possiede una dimensionedisciplinare espressa nelle sue teorie,nella propria produzione scientificaindipendente e nella capacità digoverno della propria prassi pro-fessionale. Questo sviluppo discipli-nare può, pertanto, trovare adeguatosbocco nelle forme proprie del siste-ma universitario, tale per cui l’Italiapuò essere inserita a pieno titolonell’Europa e nel resto del mondo».In conclusione, oggi più che mai, ab-biamo il dovere di impegnarci perfornire o contribuire a fornire rispo-ste, in un confronto continuo, multied interdisciplinare, con l’umiltà di di-chiarare la competenza di cui siamoportatori. Dichiarazione sostenutadalla capacità di dare misura e valo-re alla “competenza” per superareautoreferenzialità o chiusure anacro-nistiche che possono solo dareseguito a risposte parziali ai bisognidi salute, oggi sempre più articolati,diversi e complessi.

La Presidente Luisa ZappiniN

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EDITORIALE 2

LA COMPETENZA PROFESSIONALE DEGLI INFERMIERI COME VALORE PER IL CITTADINO / UTENTE:ESPERIENZE 3

IL PAZIENTE ESPERTO IN DIALISI PERITONEALE: UN FUTUROPOSSIBILE 3

L’ “OSPEDALE AMICO DEL BAMBINO”(BFHI BABY FRIENDLY HOSPITALINIZIATIVE), IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE PER LA EVIDENCE BREASTFEEDING CARE NELLA STRUT-TURE SANITARIE: L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE S.CHIARA DI TRENTO 5

COSTRUIRE UN’IPOTESI DI MODELLOORGANIZZATIVO PER L’ASSISTENZA E IL CONTROLLO ANCHE A DISTANZA IN TELEMEDICINA DEI PAZIENTI PORTATORI DI ELETTROSTIMOLATORI-DEFIBRILLATORICARDIACI: AMBULATORI DEDICATI ED INTEGRATI 8

INFERMIERE CASE MANAGERIL CENTRO DI VALUTAZIONEPREOPERATORIA U.O. ANESTESIA E RIANIMAZIONE 9

LA COMPETENZA RELAZIONALE:LAVORI IN CORSO 11

NEWS 13

IL NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO ED IL COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI: CHI SIAMO 16

Editoriale

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Le dinamiche sociali, economiche edistituzionali, in questo momento sto-rico, sono più che mai vivaci e com-plesse e possono produrre processievolutivi fortemente impattanti sugliattuali assetti del sistema sanitario esocio – sanitario.In questa “turbolenza”, è necessarioidentificare e selezionare quelli chesono i “punti fermi”, i riferimentiessenziali su cui far convergere leistanze di tutti gli stakeholders.In questa fase delicata, come pro-fessionisti, è indispensabile esserepresenti e presidiare le diverse dina-miche al fine di essere pronti edattenti a cogliere le opportunità maanche le sfide, raccogliere i bisognied essere in grado di proporre alter-native e/o risposte e/o soluzioni, do-ve la guida di tutto questo è e deverimanere sempre la persona, siaessa cittadino, utente o paziente!Per noi infermieri, il Codice Deonto-logico, ancora una volta, rappresentail punto di unione e riferimento, qualevalore e certezza per il cittadino.Tutti i codici deontologici dei profes-sionisti della salute sono la guida el’orientamento per garantire la mi-gliore assistenza ai cittadini, dove ilproblema di “confini” viene superatodalla competenza e quindi, chi fa e chiè in grado – competente – per fare!Questo valore aggiunto per tutti, daicittadini (la migliore qualità assisten-ziale ricevuta) ai professionisti con lacreazione/riconoscimento di ruoliinnovativi e tarati sulle esigenze con-crete e vere sia del territorio (risorse)sia dei bisogni degli utenti (caratteri-stiche della domanda): è la vera sfidaalla quale gli infermieri, unitamente atutti gli altri professionisti, sanitari enon, sono chiamati a rispondere.In un modello c’è chi ci crede e chidubita, non è la verità assoluta ma ècomunque un riferimento conosciutoda tutti ed a disposizione di tutti e,pertanto, forte e su cui si può e sideve lavorare per progredire emigliorare.

Per dare sostenibilità a quanto detto,mi permetto di riportare parte deldiscorso fatto dal Ministro della salu-te, Renato Balduzzi, durante la pre-sentazione della “Relazione sullostato sanitario del Paese 2009-2010” perchè, nelle sue affermazionisi conferma la titolarità riconosciutadi dover agire in questa direzione. È un passaggio della lunga Relazionesullo stato sanitario del Paese 2009-2010, presentata martedì 12 dicem-bre nella sede del ministero dellaSalute a Roma dallo stesso ministro,Renato Balduzzi: «Il progressivo pas-saggio dalle Scuole Universitarie perDirigente dell’Assistenza Infermieristi-ca e per Infermiere Insegnante Diri-gente ai corsi di laurea, la “cultura”del Nursing e del Midwifery delle Sci-enze infermieristiche e ostetriche de-lineano il percorso verso la definitivatitolarità accademica. L’infermieristi-ca, ormai, possiede una dimensionedisciplinare espressa nelle sue teorie,nella propria produzione scientificaindipendente e nella capacità digoverno della propria prassi pro-fessionale. Questo sviluppo discipli-nare può, pertanto, trovare adeguatosbocco nelle forme proprie del siste-ma universitario, tale per cui l’Italiapuò essere inserita a pieno titolonell’Europa e nel resto del mondo».In conclusione, oggi più che mai, ab-biamo il dovere di impegnarci perfornire o contribuire a fornire rispo-ste, in un confronto continuo, multied interdisciplinare, con l’umiltà di di-chiarare la competenza di cui siamoportatori. Dichiarazione sostenutadalla capacità di dare misura e valo-re alla “competenza” per superareautoreferenzialità o chiusure anacro-nistiche che possono solo dareseguito a risposte parziali ai bisognidi salute, oggi sempre più articolati,diversi e complessi.

La Presidente Luisa ZappiniN

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LA COMPETENZA PROFESSIONALE DEGLI INFERMIERI COME VALORE PER IL CITTADINO / UTENTE:ESPERIENZE 3

IL PAZIENTE ESPERTO IN DIALISI PERITONEALE: UN FUTUROPOSSIBILE 3

L’ “OSPEDALE AMICO DEL BAMBINO”(BFHI BABY FRIENDLY HOSPITALINIZIATIVE), IL GOLD STANDARD INTERNAZIONALE PER LA EVIDENCE BREASTFEEDING CARE NELLA STRUT-TURE SANITARIE: L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE S.CHIARA DI TRENTO 5

COSTRUIRE UN’IPOTESI DI MODELLOORGANIZZATIVO PER L’ASSISTENZA E IL CONTROLLO ANCHE A DISTANZA IN TELEMEDICINA DEI PAZIENTI PORTATORI DI ELETTROSTIMOLATORI-DEFIBRILLATORICARDIACI: AMBULATORI DEDICATI ED INTEGRATI 8

INFERMIERE CASE MANAGERIL CENTRO DI VALUTAZIONEPREOPERATORIA U.O. ANESTESIA E RIANIMAZIONE 9

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IL NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO ED IL COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI: CHI SIAMO 16

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La competenza professionaledegli infermieri come valore per il cittadino/utente: esperienze

Il paziente esperto in dialisi peritoneale:un futuro possibile

Gli interventi educativi rappresentanouna componente fondamentale nellapresa in carico delle malattie croni-che e di miglioramento della qualitàdella assistenza attraverso la promo-zione della autogestione della condi-zione clinica e la maturazione dellapiena consapevolezza sulle conse-guenze di salute determinate dallescelte effettuate. La massimizzazio-ne dell’efficacia di tali interventi entrotutti i percorsi clinico-assistenzialirichiede di diffonderli, differenziarli,

valorizzarli e renderli routinariamenteattuati e valutati nella pratica assi-stenziale.Il paziente cronico, focus della nostraeducazione, deve intraprendere unviaggio nel quale si confronta ognigiorno con la sua malattia i cui snodisono nelle sue stesse mani. Quandodecide di fare questo viaggio, noidobbiamo essere competenti al suoorientamento.Dichiarare, facilitare, documentareidentificare queste sono le azioni che

bisogna intraprendere con il pazientecronico tramite l’educazione tera-peutica, processo che passa attra-verso il vissuto della persona, ecome la definiva J. Assal:”arte diseguire il percorso del paziente cro-nico che va dalla diagnosi all’accet-tazione della terapia”.L’insufficienza renale è una malattiacronica che porta ad un sostanzialecambiamento nella vita del paziente,che egli stesso può conoscere eimparare a gestire in autonomia.

A. Dalprà, C. Bridi, M. Chini, V. Ress, F, Crosina, N. Pergher

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L’insufficienza renale cronica è unapatologia più frequente di quanto sipossa pensare, interessa infatti il 5%della popolazione trentina, lo 0,1%dei quali si trova a dover scegliere iltrattamento sostitutivo tra emodialisie dialisi peritoneale. Dal 2002 al 2011 si è assistito ad unnotevole aumento dei pazienti chehanno scelto la dialisi peritoneale,metodica che si effettua a domiciliodopo che il paziente è stato sottopo-sto ad un addestramento mirato especifico portato avanti da persona-le esperto, formato e dedicato. Adoggi (25/11/2011) i pazienti in dialisiperitoneale nella nostra realtà sono39.Visto questo aumento sensibile ilgruppo infermieristico del’ U.O.nefrologia e dialisi peritoneale del-l’ospedale Santa Chiara di Trento havoluto fare una revisione bibliograficadella letteratura per analizzare la figu-ra, le potenzialità ed il ruolo delpaziente esperto.Dalla revisione effettuata è emersa lamancanza di studi nell’ambito delladialisi peritoneale mentre sono pre-senti studi relativi al paziente affettoda diabete, ictus, malattie cardiache(fibrillazione atriale), asma bronchialeed epilessia.Il percorso di educazione terapeuticaper il paziente inizia in “ambulatoriouremici”, qui la persona si trova afare i conti con lo shock di una dia-gnosi infausta che stravolge la suavita quotidiana e quella della suafamiglia; continua poi nel reparto di

nefrologia, dove egli continua il suopercorso diagnostico-terapeuticoche, con l’aiuto ed il supporto emoti-vo dell’equipe multidisciplinare, loconduce alla progressiva accettazio-ne della sua condizione clinica e allalibera e consapevole scelta del trat-tamento sostitutivo.

Il paziente viene guidato nel il suopercorso clinico assistenziale attra-verso una serie di colloqui individua-li focalizzati all’ascolto empatico,dove l’infermiere valuta lo step diaccettazione della malattia, le poten-zialità di auto-cura, le barriere cultu-rali ed organizzative.Il risultato di questo percorso diconoscenza / educazione delpaziente ci permetterà di avere difronte una persona che conosca(sapere) ciò che occorre della suamalattia, i benefici, i rischi e le corret-te modalità o procedure per esegui-re in maniera corretta il trattamentosostitutivo domiciliare; una personache metta in pratica (saper fare)ragionamenti e gesti corretti di autosorveglianza e cura e che adottacomportamenti congrui rispetto a ciòche sta vivendo (saper essere). Si definisce esperto un paziente cheabbia accettato, interiorizzato e fattoproprio con comportamenti, creden-ze ed azioni la sua diagnosi e la rela-tiva cura. Il paziente esperto, tenen-do conto dei suoi limiti e potenzialità,può diventare una risorsa anche perchi se ne prende cura e carico e puòrivestire inoltre un importante ruolo

nel supportare emotivamente “capi-sco come ti senti…”, educativamen-te “ti insegno a fare…” e a livellosociale, altre persone che si trovanoa dover affrontare il suo stesso per-corso.Percorsi condivisi tra “ambulatoriouremici”, reparto di nefrologia, dialisiperitoneale, paziente esperto,pazienti in dialisi peritoneale e territo-rio, diventano un “fare assieme”, unafilosofia, una pratica ed una risorsache valorizza la responsabilità perso-nale.

Abstract del lavoro presentato aldiciannovesimo congresso HPHHelth Promotion Hospital tenutosi aLevico i giorni 1-2 dicembre 2011.

relatrice: Anna Dalpràinfermiere U.O. dialisi peritoneale,Ospedale S. Chiara, Trentocorrelatori:Camilla Bridiinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoMaura Chiniinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoVeronica Ressinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoFabiola Crosinainfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoNadia Perghercoordinatore inf. U.O. nefrologiaOspedale S. Chiara, Trento

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L’insufficienza renale cronica è unapatologia più frequente di quanto sipossa pensare, interessa infatti il 5%della popolazione trentina, lo 0,1%dei quali si trova a dover scegliere iltrattamento sostitutivo tra emodialisie dialisi peritoneale. Dal 2002 al 2011 si è assistito ad unnotevole aumento dei pazienti chehanno scelto la dialisi peritoneale,metodica che si effettua a domiciliodopo che il paziente è stato sottopo-sto ad un addestramento mirato especifico portato avanti da persona-le esperto, formato e dedicato. Adoggi (25/11/2011) i pazienti in dialisiperitoneale nella nostra realtà sono39.Visto questo aumento sensibile ilgruppo infermieristico del’ U.O.nefrologia e dialisi peritoneale del-l’ospedale Santa Chiara di Trento havoluto fare una revisione bibliograficadella letteratura per analizzare la figu-ra, le potenzialità ed il ruolo delpaziente esperto.Dalla revisione effettuata è emersa lamancanza di studi nell’ambito delladialisi peritoneale mentre sono pre-senti studi relativi al paziente affettoda diabete, ictus, malattie cardiache(fibrillazione atriale), asma bronchialeed epilessia.Il percorso di educazione terapeuticaper il paziente inizia in “ambulatoriouremici”, qui la persona si trova afare i conti con lo shock di una dia-gnosi infausta che stravolge la suavita quotidiana e quella della suafamiglia; continua poi nel reparto di

nefrologia, dove egli continua il suopercorso diagnostico-terapeuticoche, con l’aiuto ed il supporto emoti-vo dell’equipe multidisciplinare, loconduce alla progressiva accettazio-ne della sua condizione clinica e allalibera e consapevole scelta del trat-tamento sostitutivo.

Il paziente viene guidato nel il suopercorso clinico assistenziale attra-verso una serie di colloqui individua-li focalizzati all’ascolto empatico,dove l’infermiere valuta lo step diaccettazione della malattia, le poten-zialità di auto-cura, le barriere cultu-rali ed organizzative.Il risultato di questo percorso diconoscenza / educazione delpaziente ci permetterà di avere difronte una persona che conosca(sapere) ciò che occorre della suamalattia, i benefici, i rischi e le corret-te modalità o procedure per esegui-re in maniera corretta il trattamentosostitutivo domiciliare; una personache metta in pratica (saper fare)ragionamenti e gesti corretti di autosorveglianza e cura e che adottacomportamenti congrui rispetto a ciòche sta vivendo (saper essere). Si definisce esperto un paziente cheabbia accettato, interiorizzato e fattoproprio con comportamenti, creden-ze ed azioni la sua diagnosi e la rela-tiva cura. Il paziente esperto, tenen-do conto dei suoi limiti e potenzialità,può diventare una risorsa anche perchi se ne prende cura e carico e puòrivestire inoltre un importante ruolo

nel supportare emotivamente “capi-sco come ti senti…”, educativamen-te “ti insegno a fare…” e a livellosociale, altre persone che si trovanoa dover affrontare il suo stesso per-corso.Percorsi condivisi tra “ambulatoriouremici”, reparto di nefrologia, dialisiperitoneale, paziente esperto,pazienti in dialisi peritoneale e territo-rio, diventano un “fare assieme”, unafilosofia, una pratica ed una risorsache valorizza la responsabilità perso-nale.

Abstract del lavoro presentato aldiciannovesimo congresso HPHHelth Promotion Hospital tenutosi aLevico i giorni 1-2 dicembre 2011.

relatrice: Anna Dalpràinfermiere U.O. dialisi peritoneale,Ospedale S. Chiara, Trentocorrelatori:Camilla Bridiinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoMaura Chiniinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoVeronica Ressinfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoFabiola Crosinainfermiere U.O. nefrologia Ospedale S. Chiara, TrentoNadia Perghercoordinatore inf. U.O. nefrologiaOspedale S. Chiara, Trento

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L’iniziativa Internazionale“Ospedale Amico del Bambino”(BFHI Baby Friendly Hospital Iniziative), il gold standard internazionaleper la evidence breastfeeding care nella strutture sanitarie: l’esperienza dell’ospedale S. Chiara di Trento

L’iniziativa internazionale “OspedaleAmico del Bambino” (BFHI dallaBaby Friendly Hospital Iniziative), lan-ciata dall’UNICEF e dall’OMS nel1992, incoraggia le buone praticheper la promozione dell’allattamentomaterno, con l’obiettivo che tutti glioperatori si prendano cura nelmigliore modo possibile dei neonati eche proteggano, promuovano esostengano l’allattamento materno.Le strutture sanitarie interessate adottenere questo riconoscimentodevono seguire i Dieci Passi indicatidalla Dichiarazione congiuntaOMS/UNICEF L’allattamento al seno:promozione, protezione e sostegno.L’importanza del ruolo dei servizi perla maternità - Ginevra 1989, checostituisce il contenuto principalidelle azioni promosse con laDichiarazione degli Innocenti –Firenze 1990. Si tratta di 10 azionispecifiche, integrate e di provata effi-cacia che le maternità devono met-tere in atto per promuovere l’avvio eil mantenimento dell’allattamentomaterno esclusivo. La strutturaSanitaria deve inoltre garantire ilrispetto del Codice Internazionalesulla Commercializzazione deiSostituti del latte materno, del 1981e le successive pertinenti risoluzionidella Assemblea Mondiale della

Sanità, che in particolare non con-sente di accettare forniture gratuite oa basso costo di latte artificiale, bibe-ron e tettarelle. I principi di riferimen-to dell’iniziativa si possono riassume-re in:

unicità e superiorità dell’allattamento maternonella promozione della salute materno-infantile,con dimostrate ricadute sul benessere fisico, psicologico, sociale, economico per il singolo, le famiglie, le comunità, siaa breve che a lungo termine (come priorità di salute pubblica)

ruolo determinante dellepratiche assistenziali e delle

competenze degli operatorisanitari dei reparti di maternità e dei servizi delterritorio per promuovere e sostenere il naturale avvioe il successivo mantenimento dell’allattamento materno.

Il Comitato Italiano per l’UNICEFattraverso la Task Force apposita-mente istituita accompagna tutti ipassaggi che vanno dalla promozio-ne alla valutazione e al sostegnodella BFHI, mettendo a disposizionedelle strutture interessate diretta-mente o indirettamente, gli strumen-ti e le competenze necessari al rag-giungimento dell’obiettivo. Il percor-so per diventare Ospedale Amico deiBambini consiste in un percorso cheinizia con un’autovalutazione fattadal punto nascita. Questa autovalu-tazione iniziale porterà ad un’analisidelle pratiche che incoraggiano o

M.L. Zattoni, R. Clementi, A. Pedrotti

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ostacolano l’allattamento, e succes-sivamente alle azioni necessarie pereffettuare questi cambiamenti.Segue quindi la sequenza AAA(autovalutazione, Analisi, Azione).Quando una struttura ritiene di averraggiunto uno standard alto, questirisultato viene confermato da ungruppo di valutatori esterni chedeterminano se una struttura ha rag-giunto totalmente, o in parte, gliStandard richiesti e quindi se puòessere conferito il riconoscimento di“Ospedale amico dei Bambini”.

I dieci passi per proteggere, promuovere, e sostenere l’allattamentoal seno

Ogni punto nascita e di assistenzaneonatale dovrebbe:

Definire una politica aziendale e deiprotocolli scritti per l’allattamento al seno e farla conoscere a tutto il personale sanitario

Preparare tutto il personale sanitario per attuare compiutamente questo protocollo

Informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e dei metodi di realizzazione dell’allattamento al seno

Aiutare le madri perché comincinoad allattare al seno entro mezz’ora dopo il partoMostrare alle madri come allattaree come mantenere la secrezionelattea anche nel casoin cui vengano separate dai neonati

Non somministrare ai neonatialimenti o liquidi diversi dal lattematerno, tranne che su prescrizionemedica

Sistemare il neonato nella stessastanza della madre (rooming-in), in modo che trascorrano insiemeventiquattr’ore su ventiquattro durante la permanenzain ospedale

Incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta tutte le volte che il neonato sollecita nutrimento

Non dare tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati duranteil periodo dell’allattamento

Favorire la creazione di gruppidi sostegno alla pratica dell’allattamento al seno, in modo che le madri vi si possano rivolgere dopo essere state dimesse dall’ospedale o dalla clinica.

Esistono prove misurabili dell’impat-to della BFHI: dal lancio dell’iniziati-va BFHI fino al 2007, quasi 20.000strutture in più di 150 paesi industria-lizzati e non, sono state valutate ericonosciute ufficialmente “Amici deibambini”. In Europa la situazione èmolto diversificata, con le punte dellaSvezia )70% e della Norvegia 64%.In Italia sono 22 gli Ospedali Amicidei bambini pari a circa il 2% di tutti ipunti nascita nazionali; nella regioneTrentino Alto Adige, sono 3, tutti col-locati in alto Adige (Merano, Vipiteno,Bressanone).Il raggiungimento di questo traguar-do importante contribuisce all’au-mento dell’allattamento al seno e aduna diminuzione della morbilità (ridu-

zione dell’otite media,la gastroenteri-te, enterocolite necrotizzante) e dellamortalità in ogni regione, oltre che icosti. Rappresenta la prima iniziativamondiale importante a favore dell’al-lattamento per abbassare tutte lebarriere regionali, linguistiche, eco-nomiche e politiche. Ogni donna chepartorisce ha la risorsa potenziale dellatte materno per suo figlio. Ricca opovera, di alto o basso livello di istru-zione, ogni madre dentro di sé, all’in-terno della propria abitazione, ha ilcibo migliore per il suo neonato.Tramite la BFHI, sono stati trovatimezzi per far sì che le donne possa-no sfruttare questa risorsa, garan-tendo loro il diritto di allattare per laloro salute e quella dei loro figli.Pochi altri interventi hanno un ritornocosì alto in termine di salute, autosufficienza, e sviluppo del bambino,e quasi nessun intervento ad uncosto così basso. La strategiaGlobale per l’alimentazione dei neo-nati e dei bambini (strategia globale)redatta dall’OMS e dall’UNICEF del2002 richiama ad un sostegno rin-novato – e urgente- per l’allattamen-to esclusivo al seno fin dalla nascitae per tutti i primi 6 mesi, e per un

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ostacolano l’allattamento, e succes-sivamente alle azioni necessarie pereffettuare questi cambiamenti.Segue quindi la sequenza AAA(autovalutazione, Analisi, Azione).Quando una struttura ritiene di averraggiunto uno standard alto, questirisultato viene confermato da ungruppo di valutatori esterni chedeterminano se una struttura ha rag-giunto totalmente, o in parte, gliStandard richiesti e quindi se puòessere conferito il riconoscimento di“Ospedale amico dei Bambini”.

I dieci passi per proteggere, promuovere, e sostenere l’allattamentoal seno

Ogni punto nascita e di assistenzaneonatale dovrebbe:

Definire una politica aziendale e deiprotocolli scritti per l’allattamento al seno e farla conoscere a tutto il personale sanitario

Preparare tutto il personale sanitario per attuare compiutamente questo protocollo

Informare tutte le donne in gravidanza dei vantaggi e dei metodi di realizzazione dell’allattamento al seno

Aiutare le madri perché comincinoad allattare al seno entro mezz’ora dopo il partoMostrare alle madri come allattaree come mantenere la secrezionelattea anche nel casoin cui vengano separate dai neonati

Non somministrare ai neonatialimenti o liquidi diversi dal lattematerno, tranne che su prescrizionemedica

Sistemare il neonato nella stessastanza della madre (rooming-in), in modo che trascorrano insiemeventiquattr’ore su ventiquattro durante la permanenzain ospedale

Incoraggiare l’allattamento al seno a richiesta tutte le volte che il neonato sollecita nutrimento

Non dare tettarelle artificiali o succhiotti ai neonati duranteil periodo dell’allattamento

Favorire la creazione di gruppidi sostegno alla pratica dell’allattamento al seno, in modo che le madri vi si possano rivolgere dopo essere state dimesse dall’ospedale o dalla clinica.

Esistono prove misurabili dell’impat-to della BFHI: dal lancio dell’iniziati-va BFHI fino al 2007, quasi 20.000strutture in più di 150 paesi industria-lizzati e non, sono state valutate ericonosciute ufficialmente “Amici deibambini”. In Europa la situazione èmolto diversificata, con le punte dellaSvezia )70% e della Norvegia 64%.In Italia sono 22 gli Ospedali Amicidei bambini pari a circa il 2% di tutti ipunti nascita nazionali; nella regioneTrentino Alto Adige, sono 3, tutti col-locati in alto Adige (Merano, Vipiteno,Bressanone).Il raggiungimento di questo traguar-do importante contribuisce all’au-mento dell’allattamento al seno e aduna diminuzione della morbilità (ridu-

zione dell’otite media,la gastroenteri-te, enterocolite necrotizzante) e dellamortalità in ogni regione, oltre che icosti. Rappresenta la prima iniziativamondiale importante a favore dell’al-lattamento per abbassare tutte lebarriere regionali, linguistiche, eco-nomiche e politiche. Ogni donna chepartorisce ha la risorsa potenziale dellatte materno per suo figlio. Ricca opovera, di alto o basso livello di istru-zione, ogni madre dentro di sé, all’in-terno della propria abitazione, ha ilcibo migliore per il suo neonato.Tramite la BFHI, sono stati trovatimezzi per far sì che le donne possa-no sfruttare questa risorsa, garan-tendo loro il diritto di allattare per laloro salute e quella dei loro figli.Pochi altri interventi hanno un ritornocosì alto in termine di salute, autosufficienza, e sviluppo del bambino,e quasi nessun intervento ad uncosto così basso. La strategiaGlobale per l’alimentazione dei neo-nati e dei bambini (strategia globale)redatta dall’OMS e dall’UNICEF del2002 richiama ad un sostegno rin-novato – e urgente- per l’allattamen-to esclusivo al seno fin dalla nascitae per tutti i primi 6 mesi, e per un

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proseguimento dell’allattamentomaterno per due anni ed oltresecondo il desiderio del bambino edella madre , con l’introduzione tem-pestiva di cibi complementari appro-priati. Allo stesso tempo, le pratiche“amiche dei bambini” garantisconoanche alle donne che non allatta-mento il contatto continuo immedia-to con il bambino che promuove unlegame ottimale e il sostegno per lascelta delle opzioni alimentari attra-verso informazioni complete edesaurienti, libere da influenze com-merciali. Il raggiungimento e il man-tenimento dei comportamenti e dellepratiche necessarie per permetteread ogni madre e ogni famiglia di offri-re il migliore avvio alla vita ad ognibambino, possono esistere sola-mente all’interno di uno sforzo com-plessivo, multisettoriale e su più livelliper la protezione, la promozione ed ilsostegno dell’allattamento maternoe dell’alimentazione ottimale dei neo-nati e dei bambini. In ottobre 2009, con Delibera delDirettore Generale, anche l’OspedaleS. Chiara di Trento, formalizza l‘ade-sione al percorso BFHI, con costitu-zione di un gruppo di progetto multi-professionale, coordinato dalla Dot-toressa Anna Pedrotti (neonatologapresso u.o. di Neonatologia). Il grup-po di lavoro definisce fin da subito ilmodello teorico di riferimento:

mamma e bambino protagonisti, insieme, fin dalla nascita, posti al centro dell’assistenza;

operatori sanitari competenti, posti al fianco delle mamme, capaci di ascoltare, fornire informazioni adeguate e coerenti, sostegno ed aiuto pratico

linee di condotta per l’allattamento materno rispettose della fisiologia, aggiornate e condivise

reparti ospedalieri accoglienti, rispettosi dei bisogni delle mamme e dei bambini

politiche sanitarie nazionali e aziendali coerenti

con le raccomandazioni scientifiche sull’alimentazione infantile.

L’Ospedale S.Chiara sta quindi intra-prendendo questo progetto di cam-biamento e miglioramento dell’assi-stenza offerta ai neonati fisiologici ealle loro mamme degenti pressol’Ospedale S. Chiara, non solo perricevete questa ambiziosa certifica-zione dell’UNICEF, ma come occa-sione per transitare verso un cam-biamento, una trasformazione primadi tutto culturale nella nostra praticaclinica. Infatti al progetto BFH afflui-scono una serie di strategie formati-ve, di organizzazione degli spazi, dimodelli di cura ed assistenza avan-zati,… che andranno di pari passoperché molto legati fra loro ed orien-tati tutti a intraprendere il cambia-mento e soprattutto a mantenerlo. Illavoro di trasformazione vede impe-gnati tutti gli operatori che a diversotitolo e ambito di responsabilità sioccupano di mamma e neonato inospedale e sul territorio prima epopola nascita: per l’infermiere nello

specifico costituisce quindi unaoccasione importante per coagularecompetenze avanzata quali la revi-sione delle pratiche cliniche secondomodelli evidence based, il saper dia-logare con più saperi e diversi pro-fessionisti, rivedere i modelli organiz-zativi e progettare il cambiamento apartire dai bisogni di salute dell’uten-za, con un grande fuoco di attenzio-ne sul benessere generale dimamma e neonato, in un contesto dinotevole complessità organizzativacome l’Ospedale S.Chiara (per ilnumero assoluto di parti e la concen-trazione delle gravidanze patologicheda tutta la provincia)…Attualmente l’ospedale S. Chiara hasuperato la fase di autovalutazioneed analisi e sta realizzando delleazioni di implementazione del cam-biamento nella pratica clinica (poten-ziamento del rooming-in continuati-

vo, estensione del pelle/pelle nelcaso di taglio cesareo,……). Il per-corso di accreditamento con il con-seguente, studio, approfondimento,modifica di alcune pratiche quotidia-ne ha prodotto ad oggi un migliora-mento dei tassi di allattamentomaterno esclusivo durante tutta ladegenza (dal 70% circa del 2008 al72,7% nel primo semestre 2010 e al76,3% nel secondo semestre 2010ed è migliorato il livello di integrazio-ne e di soddisfazione del personale edelle mamme). I risultati raggiunti e il grado di soddi-sfazione delle mamme e del perso-nale confermano l’importanza diconoscere le buone pratiche asostegno del benessere della coppiamadre-neonato e di trovare modalitàinnovative ed integrate per declinarlenell’agire professionale quotidiano, apartire dai diritti di ogni neonato digoder di buona salute, avere vicinosempre la sua mamma, essere nutri-to con il suo latte.

Maria Luisa ZattoniCoordinatore infermieristico

Rosanna ClementiInfermiera IBCLC

Anna PedrottiMedico neonatologoU.O. NeonatologiaOspedale S. Chiara Trento

B i b l i o g r a f i a e s s e n z i a l e

Materiale ad uso della rete Italiana degliOspedali Amici dei Bambini e dei valuta-tori BFHI – Comitato Italiano per l’UNICEFOnlus, 2009, 2010 www.unicef .it

Weimwr J. The economic benefit of brea-stfeeding: a review and analysis. Foodand Rural Economics Division, EconomicResearch Service, US Dept of Agricol-ture. Food and Nutrition Research Reportn. 13, Washington DC, 2001

Ball TM, Wright AL. Health care costs offormula-feeding in the first year of life.Pediatrics. 1999; 103 (4pt 2):870 – 876

Cattaneo A, Ronfani L, Burmaz T,Quintero-Romero S, Macaluso A, DiMario S. Infant feeling and cost of healthcare: a cohort study. Acta Paediatr.2006; 95 (5): 540-546

Department of Health and HumanServices. Breastfeeding among US chil-dren born 1999 – 2006, CDC NationalImmunization Survey.CDC Atlanta, 2008

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Costruire un’ipotesi di modello organizzativo per l’assistenzae il controllo anche a distanza in telemedicina dei pazienti portatori di elettrostimolatori-defibrillatori cardiaci:ambulatori dedicati ed integrati

ABSTRACT

Cronicità e qualità della vita, sono gliassunti su cui poggia il presente pro-getto, dedicato ai soggetti portatoridi PMK/ICD e con il quale s’intenderiportare la centralità della personaaffetta da patologia cardiologicanella definizione e strutturazione deipercorsi clinico assistenziali dedicati.

In particolare, i crescenti fabbisognidi elettrostimolazione cardiaca nellanostra Provincia, l’elevata specificitàe complessità clinico assistenzialedei pazienti unitamente all’innovazio-ne tecnologica correlata, obbligano aripensare ai modelli organizzativi concui si garantiscono le cure e ad èqui-pe medico infermieristiche specifica-tamente preparate e dedicate. In particolare, l’introduzione dellatelemedicina, con il monitoraggio deiPM a distanza, la necessità di riorga-nizzare l’ambulatorio dei pace maker(attualmente di conduzione medica),sono i temi centrali di questo testo,già affrontati nelle Tesi da noi redatte: “Riorganizzazione dell’Ambulatoriodi follow-up dei pazienti portatori dielettrostimolatori cardiaci e defibrilla-tori impiantabili” “Proposta di un modello organizza-

tivo per la gestione dei pazienti por-tatori di dispositivi cardiaci, ruolo delcoordinatore infermierisitico in sala dielettrofisiologia ed in un ambulatorioinfermieristico dedicato. Il modello organizzativo propostomira a garantire un pieno coinvolgi-mento del Paziente e della sua fami-glia – care giver, nella gestione dellapropria patologia e del proprio PMK.

I pazienti portatori di PM/ICD sonopazienti cronici che necessitano diterapia elettrica da monitorare e otti-mizzare nel tempo, in base alle con-dizioni generali e al loro stile di vitagarantendo la massima autonomia.L’innovazione tecnologia della tele-medicina permette controlli efficaci adistanza, ma necessita di una orga-nizzazione specifica che vede comepunto cardine la figura di un infermie-re esperto nella gestione del control-lo ordinario dei dispositivi e in gradodi filtrare le eventuali anomalie clini-che segnalate dagli stessi. L’ambulatorio medico/infermieristicoe/o infermieristico dedicato potràrappresentare così il riferimento nelpercorso clinico/assistenziale delpaziente quale garanzia della conti-nuità assistenziale ed integrazionetra l’ospedale, il MMG, il territorio e lafamiglia.

Gli obiettivi/finalità che si attribuisco-no ad un Ambulatorio Medico-Infermieristico dedicato sono clini-co/assistenziali e tecnico/relazionali.L’ambulatorio dedicato ha il compitodi collegare, supportare, integrare ivari attori operanti all’internodell’Ospedale e sul territorio, questoper contribuire a mantenere attivo ilprocesso di continuità assistenziale,che si ottiene anche attraverso l’au-silio tecnologico del web, consen-tendo così all’organizzazione sanita-ria di accompagnare il paziente nelsuo progetto di cura.Per accompagnare il paziente croni-co nel suo percorso clinico-assisten-ziale abbiamo costruito:Una tabella per calcolare la comples-sità clinico/assistenziale, suddivisa

in: dati clinici, aree dell’autonomia,logistico/familiare e cognitivo/relazio-nale.Uno strumento di valutazione con unsistema di pesatura, che permette dicategorizzare la complessità rilevatain quattro livelli: Bassa, Medio –Bassa, Medio – Alta e Alta, che siriferiscono alle diverse dimensionidell’assistenza infermieristica espres-se in termini di intensità di impegnoqualità e quantità di lavoro dell’ infer-miere. I vari percorsi clinico assisten-ziali saranno quindi personalizzati inbase al punteggio ottenuto e in riferi-mento all’area interessata. Uno schema con i criteri di arruola-mento dei pazienti nei tre ambulatori(medico elettrofisiologo/infermiere,infermiere, medico cardiologo/infer-miere) e l’eleggibilità degli stessi allatelemedicina.Definito le responsabilità di tutti gliattori coinvolti nel processoclinico/assistenziale.Considerato l’utilizzo di un sistemainformativo ed informatico dedicati,ed in base alla legislazione vigente lavalutazione della privacy.Materiale per lezione/audit al perso-nale del dipartimento di cardiologia.

Tutor dott.ssa Luisa Zappini

Responsabile scientificodott.ssa Lorena Gramegna

Responsabile/Coordinatore progettoinfermiera Claudia Tomasi

Partecipantiinfermiere Claudio Vogldott.ssa Luisa Visonà

L. Gramegna, C. Tomasi, C.Vogl, L. Visonà, L. Zappini

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Costruire un’ipotesi di modello organizzativo per l’assistenzae il controllo anche a distanza in telemedicina dei pazienti portatori di elettrostimolatori-defibrillatori cardiaci:ambulatori dedicati ed integrati

ABSTRACT

Cronicità e qualità della vita, sono gliassunti su cui poggia il presente pro-getto, dedicato ai soggetti portatoridi PMK/ICD e con il quale s’intenderiportare la centralità della personaaffetta da patologia cardiologicanella definizione e strutturazione deipercorsi clinico assistenziali dedicati.

In particolare, i crescenti fabbisognidi elettrostimolazione cardiaca nellanostra Provincia, l’elevata specificitàe complessità clinico assistenzialedei pazienti unitamente all’innovazio-ne tecnologica correlata, obbligano aripensare ai modelli organizzativi concui si garantiscono le cure e ad èqui-pe medico infermieristiche specifica-tamente preparate e dedicate. In particolare, l’introduzione dellatelemedicina, con il monitoraggio deiPM a distanza, la necessità di riorga-nizzare l’ambulatorio dei pace maker(attualmente di conduzione medica),sono i temi centrali di questo testo,già affrontati nelle Tesi da noi redatte: “Riorganizzazione dell’Ambulatoriodi follow-up dei pazienti portatori dielettrostimolatori cardiaci e defibrilla-tori impiantabili” “Proposta di un modello organizza-

tivo per la gestione dei pazienti por-tatori di dispositivi cardiaci, ruolo delcoordinatore infermierisitico in sala dielettrofisiologia ed in un ambulatorioinfermieristico dedicato. Il modello organizzativo propostomira a garantire un pieno coinvolgi-mento del Paziente e della sua fami-glia – care giver, nella gestione dellapropria patologia e del proprio PMK.

I pazienti portatori di PM/ICD sonopazienti cronici che necessitano diterapia elettrica da monitorare e otti-mizzare nel tempo, in base alle con-dizioni generali e al loro stile di vitagarantendo la massima autonomia.L’innovazione tecnologia della tele-medicina permette controlli efficaci adistanza, ma necessita di una orga-nizzazione specifica che vede comepunto cardine la figura di un infermie-re esperto nella gestione del control-lo ordinario dei dispositivi e in gradodi filtrare le eventuali anomalie clini-che segnalate dagli stessi. L’ambulatorio medico/infermieristicoe/o infermieristico dedicato potràrappresentare così il riferimento nelpercorso clinico/assistenziale delpaziente quale garanzia della conti-nuità assistenziale ed integrazionetra l’ospedale, il MMG, il territorio e lafamiglia.

Gli obiettivi/finalità che si attribuisco-no ad un Ambulatorio Medico-Infermieristico dedicato sono clini-co/assistenziali e tecnico/relazionali.L’ambulatorio dedicato ha il compitodi collegare, supportare, integrare ivari attori operanti all’internodell’Ospedale e sul territorio, questoper contribuire a mantenere attivo ilprocesso di continuità assistenziale,che si ottiene anche attraverso l’au-silio tecnologico del web, consen-tendo così all’organizzazione sanita-ria di accompagnare il paziente nelsuo progetto di cura.Per accompagnare il paziente croni-co nel suo percorso clinico-assisten-ziale abbiamo costruito:Una tabella per calcolare la comples-sità clinico/assistenziale, suddivisa

in: dati clinici, aree dell’autonomia,logistico/familiare e cognitivo/relazio-nale.Uno strumento di valutazione con unsistema di pesatura, che permette dicategorizzare la complessità rilevatain quattro livelli: Bassa, Medio –Bassa, Medio – Alta e Alta, che siriferiscono alle diverse dimensionidell’assistenza infermieristica espres-se in termini di intensità di impegnoqualità e quantità di lavoro dell’ infer-miere. I vari percorsi clinico assisten-ziali saranno quindi personalizzati inbase al punteggio ottenuto e in riferi-mento all’area interessata. Uno schema con i criteri di arruola-mento dei pazienti nei tre ambulatori(medico elettrofisiologo/infermiere,infermiere, medico cardiologo/infer-miere) e l’eleggibilità degli stessi allatelemedicina.Definito le responsabilità di tutti gliattori coinvolti nel processoclinico/assistenziale.Considerato l’utilizzo di un sistemainformativo ed informatico dedicati,ed in base alla legislazione vigente lavalutazione della privacy.Materiale per lezione/audit al perso-nale del dipartimento di cardiologia.

Tutor dott.ssa Luisa Zappini

Responsabile scientificodott.ssa Lorena Gramegna

Responsabile/Coordinatore progettoinfermiera Claudia Tomasi

Partecipantiinfermiere Claudio Vogldott.ssa Luisa Visonà

L. Gramegna, C. Tomasi, C.Vogl, L. Visonà, L. Zappini

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Il Case Management:quale significato e valore per il cittadinoe per i professionisti

I termini di Managed Care, CaseManagement e percorsi diagnostici-terapeutici sono di provenienza sta-tunitense, quindi nati ed utilizzati inun contesto sanitario diverso daquello europeo.1

Il Managed Care può essere intesocome “sistema composto da struttu-re e metodologie di funzionamentodell’organizzazione che ha lo scopoistituzionale di erogare servizi sanita-ri in modo efficiente (contenimentodei costi) ed efficace (qualità dellaprestazione sanitaria e del servizioerogato) e come “logica/filosofia diapproccio del sistema sanitario chesi è sviluppata in risposta alle neces-sità di contenere i costi sanitari, diricomporre la frammentazione di ero-gazione dei servizi e di rispondere aibisogni sanitari del cittadino con ser-vizi di qualità”. 2

Secondo questo tipo di approccioorganizzativo, i professionisti sanitaridecidono le necessarie prestazionida erogare per l’utente/paziente conproblemi di salute in un’ottica di con-tenimento dei costi e miglioramentodella qualità.Quindi, uno dei principali orienta-menti assunti dai sistemi di ManagedCare è stato quello di modificare ilcomportamento clinico, indirizzan-doli verso processi decisionali ingrado di eliminare i trattamenti inap-propriati e di autorizzare i trattamentinecessari, opportuni ed efficaci.3

Il Case Management è una metodo-logia di Managed Care ed un modoper migliorare l’efficacia e l’efficienzadell’assistenza sanitaria, seguendola logica del coordinamento dellerisorse necessarie per affrontare una

specifica patologia del cliente attra-verso le diverse strutture ed organiz-zazioni del sistema sanitario coinvol-te.4

L’approccio è quello di considerare ilpaziente come entità che sta vivendoun percorso di malattia e si allontanadalla concezione di vedere i pazientiattraverso le cure previste ed eroga-te in modo frammentario ed episodi-co.Il motivo per cui il Case Managementè diffuso in tutto il mondo risiede nelfatto che esso fornisce un insieme distrumenti logici su come collegareassetti organizzativi diversi, risorse emodalità operative, in funzione delraggiungimento degli obiettivi perse-guiti dalle politiche sociosanitarie.5

E’ un processo basato sulla collabo-razione di professionisti afferenti adaree diverse, teso alla valutazione,pianificazione, implementazione,coordinamento, monitoraggio e sele-zione delle opzioni e dei servizi chepossano soddisfare i bisogni indivi-duali.Non vanno tralasciati alcuni studi sul-l’efficacia dei modelli organizzativi, inparticolare quelli centrati sui profes-sionisti; una revisione valuta che ilcase management evidenzia l’au-mento della soddisfazione negli infer-mieri, nei medici e nei pazienti, non-ché la riduzione delle giornate didegenza e, di conseguenza, deicosti.6

Secondo Battistello et al. , la gestio-ne per processi permette di favorire ilcambiamento organizzativo, in unalogica di sviluppo organizzativo,superando pertanto la settorialitàdelle singole parti dell’organizzazionedel nursing, sostenendo i processidecisionali collettivi, valorizzando larisorsa professionale e superando lecriticità organizzative e le resistenze.La gestione dei processi, utilizzandostrategie di trasformazione organiz-zativa, favorisce l’evoluzione dal

modello di assistenza per compiti amodelli in grado di garantire la perso-nalizzazione delle cure, permettendoinoltre, lo sviluppo professionale el’acquisizione di nuove competenze.7

Il Case Management:infermieristico al servizio della persona destinata a chirurgia elettiva

2.1 PremessaIl Case Management è fondato sulprincipio della presa in carico dellapersona, al fine di garantire continuitàe qualità delle cure, ove presa in cari-co significa assicurare che una perso-na riceva le cure giuste nel momentogiusto, superando la frammentarietàdelle risposte assistenziali.Il Case Management è un processobasato sulla collaborazione di pro-fessionisti afferenti da diverse aree,teso alla valutazione, pianificazione,implementazione, coordinamento,monitoraggio e selezione delle ope-razioni e dei servizi che possonosoddisfare i bisogni individuali, di un

F. Valduga

CASE MANAGEMENT: COSA E’?

MODELLO ORGANIZZATIVO ASSISTENZIALE

CHE HA LO SCOPO DI:

PROVVEDERE ALLA QUALITA’ DELLE CURE

MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA VITA

DIMINUIRE LA FRAMMENTAZIONECONTENERE I COSTI

DELL’ASSISTENZA

American Nurses Association

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Infermiere Case ManagerIl Centro di Valutazione Preoperatoria U.O. Anestesia e RianimazioneEsperienza dell’ospedale S. M. del Carmine di Rovereto

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target predefinito, in campo sanitarioe sociale. Il concetto rispecchia ciòche viene sottolineato essere neces-sario nella preparazione della perso-na ad intervento chirurgico di elezio-ne, allo scopo di ottimizzare tempi emezzi e di garantire professionalità equalità di cure, che negli studi diWhite, di Kerridge et al., e nel lavorodi Shearer et al. viene definito: il teamapproach. Per ottimizzare i risultati dal punto divista del paziente è essenziale un’as-sistenza fondata sul “team appro-ach”, che coinvolga quindi il cliente,la sua famiglia, lo staff infermieristico,il chirurgo e l’anestesista. La realizzazione degli obiettivi disalute e l’ottimizzazione dei risultatidal punto di vista dell’utente richie-dono una visione complessiva delmalato e delle sue eventuali proble-matiche cliniche, tradotta nella reda-zione e nell’applicazione di un pianopersonalizzato, unitamente ad unforte impegno interdisciplinare attra-verso il “team approach” che coin-volga quindi l’utente, la sua famiglia,lo staff infermieristico, il chirurgo el’anestesista. La collaborazione tra infermieri emedici è una delle modalità per lavo-rare in forma multiprofessionale; gliattuali approcci assistenziali ricono-scono la multidisciplinarietà comeuna strategia per la gestione di pro-blemi di salute complessi. La man-canza di collaborazione è individuatacome causa di problemi per la quali-tà, la sicurezza e l’efficienza dell’assi-stenza e come causa di insoddisfa-zione professionale e di demotivazio-ne per la carriera infermieristica. Diconseguenza, gli interventi che favo-

riscono la collaborazione medico-infermiere, hanno un impatto positivosulla qualità dell’assistenza e sullasoddisfazione di pazienti e persona-le.8

2.2 Il ruolo dell’infermiereAnalizzando un articolo di Patter-son,9 in cui si afferma come un’am-pia varietà di procedure chirurgichevengano attualmente condotte inday surgery e come il coinvolgimen-to della figura infermieristica siaimportante, si evince la possibilità diritagliare un ambito professionalespecifico per l’infermiere. Questo èdovuto al fatto che gli infermieri gio-cano un ruolo principale durante ilpercorso dei pazienti all’interno del-l’ospedale, quindi si trovano in unaposizione ideale atta a portare deicambiamenti. Patterson richiama il fatto che inalcuni ospedali i centri di valutazionepreoperatoria sono gestiti dagli infer-mieri in stretta collaborazione con imedici anestesisti. Il loro lavoro èbasato sull’uso di protocolli cheassicurano l’esecuzione solo diesami diagnostici necessari e checonsentono il trattamento di even-tuali problemi prima dell’intervento.Gli infermieri si occupano dell’infor-mazione preoperatoria, in cui spie-gano all’utente le diverse fasi del per-corso di cura, sia attraverso colloquiche con il supporto di strumentiscritti. Nell’articolo vengono riportatealcune abilità che sono indicateessere necessarie per l’infermiere,poiché è essenziale che il paziente sisenta preso in carico e che sappiache l’infermiere avrà tempo da dedi-cargli. Dovendo tutto ciò avvenire in

un breve lasso di tempo,l’infermiere deve averecapacità di presa di decisio-ni e di attuazione immediatadelle stesse.Anche l’infermiere dedicatoal Ce.Va.P. adottando ilmodello della presa in cari-co, mediante un contrattospecifico aderente alle esi-genze del singolo utente,collabora alla gestione delprocesso di preparazionedei pazienti selezionati perintervento chirurgico pro-grammato (sia in regime diDay Surgery che di ricoveroordinario) applicando proto-colli, procedure e percorsiclinico-assistenziali condivisida tutti gli operatori delle

Unità Operative coinvolte.Egli coordina i trattamenti, le attivitàassistenziali e gli interventi eseguitidai membri del team valutando ibisogni della persona, facilitando ipercorsi diagnostici, garantendo unatempestiva valutazione e ponendosicome intermediario tra i diversi servi-zi sanitari e tra l’utente ed i servizistessi.

Fabio ValdugaInfermiere Case ManagerCentro di Valutazione PreoperatoriaU.O. Anestesia e RianimazioneDirettore Manfred PfaenderOspedale “S. Maria del Carmine”Rovereto-APSS TN

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1 Taddia P. (1997) Managed Care e CaseManagement: origini, principi, implicazioni.IPASVI, Foglio Notizie n 52 Chiari P, Santullo A. (2001) L’infermierecase manager. McGraw-Hill, Milano 3 Taddia P. (1997) Managed Care e CaseManagement: origini, principi, implicazioni.IPASVI, Foglio Notizie n 54 Chiari P, Santullo A. (2001) L’infermierecase manager. McGraw-Hill, Milano 20015 Albinelli P, Gelati L. (2005) L’infermiere casemanager nei servizi di pronto soccorso: unaproposta per migliorare la qualità e l’efficien-za delle prestazioni sanitarie. L’infermiere n 86 Seago J.A., (2003) Nurse staffing, modelsof care delivery, and interventions in: ClinicalInformation/EPCevidencereports/ArchivedReports/-Making health care safer: a criticalanalysisi of patient safety pratices. Chap-ter 39. USA: AHRQ Publication disponibileda http:www.ahrq.gov 7 Battistello et al. (2004) La gestione per pro-cessi nel governo del servizio infermieristico.Management Infermieristico n.1 13

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target predefinito, in campo sanitarioe sociale. Il concetto rispecchia ciòche viene sottolineato essere neces-sario nella preparazione della perso-na ad intervento chirurgico di elezio-ne, allo scopo di ottimizzare tempi emezzi e di garantire professionalità equalità di cure, che negli studi diWhite, di Kerridge et al., e nel lavorodi Shearer et al. viene definito: il teamapproach. Per ottimizzare i risultati dal punto divista del paziente è essenziale un’as-sistenza fondata sul “team appro-ach”, che coinvolga quindi il cliente,la sua famiglia, lo staff infermieristico,il chirurgo e l’anestesista. La realizzazione degli obiettivi disalute e l’ottimizzazione dei risultatidal punto di vista dell’utente richie-dono una visione complessiva delmalato e delle sue eventuali proble-matiche cliniche, tradotta nella reda-zione e nell’applicazione di un pianopersonalizzato, unitamente ad unforte impegno interdisciplinare attra-verso il “team approach” che coin-volga quindi l’utente, la sua famiglia,lo staff infermieristico, il chirurgo el’anestesista. La collaborazione tra infermieri emedici è una delle modalità per lavo-rare in forma multiprofessionale; gliattuali approcci assistenziali ricono-scono la multidisciplinarietà comeuna strategia per la gestione di pro-blemi di salute complessi. La man-canza di collaborazione è individuatacome causa di problemi per la quali-tà, la sicurezza e l’efficienza dell’assi-stenza e come causa di insoddisfa-zione professionale e di demotivazio-ne per la carriera infermieristica. Diconseguenza, gli interventi che favo-

riscono la collaborazione medico-infermiere, hanno un impatto positivosulla qualità dell’assistenza e sullasoddisfazione di pazienti e persona-le.8

2.2 Il ruolo dell’infermiereAnalizzando un articolo di Patter-son,9 in cui si afferma come un’am-pia varietà di procedure chirurgichevengano attualmente condotte inday surgery e come il coinvolgimen-to della figura infermieristica siaimportante, si evince la possibilità diritagliare un ambito professionalespecifico per l’infermiere. Questo èdovuto al fatto che gli infermieri gio-cano un ruolo principale durante ilpercorso dei pazienti all’interno del-l’ospedale, quindi si trovano in unaposizione ideale atta a portare deicambiamenti. Patterson richiama il fatto che inalcuni ospedali i centri di valutazionepreoperatoria sono gestiti dagli infer-mieri in stretta collaborazione con imedici anestesisti. Il loro lavoro èbasato sull’uso di protocolli cheassicurano l’esecuzione solo diesami diagnostici necessari e checonsentono il trattamento di even-tuali problemi prima dell’intervento.Gli infermieri si occupano dell’infor-mazione preoperatoria, in cui spie-gano all’utente le diverse fasi del per-corso di cura, sia attraverso colloquiche con il supporto di strumentiscritti. Nell’articolo vengono riportatealcune abilità che sono indicateessere necessarie per l’infermiere,poiché è essenziale che il paziente sisenta preso in carico e che sappiache l’infermiere avrà tempo da dedi-cargli. Dovendo tutto ciò avvenire in

un breve lasso di tempo,l’infermiere deve averecapacità di presa di decisio-ni e di attuazione immediatadelle stesse.Anche l’infermiere dedicatoal Ce.Va.P. adottando ilmodello della presa in cari-co, mediante un contrattospecifico aderente alle esi-genze del singolo utente,collabora alla gestione delprocesso di preparazionedei pazienti selezionati perintervento chirurgico pro-grammato (sia in regime diDay Surgery che di ricoveroordinario) applicando proto-colli, procedure e percorsiclinico-assistenziali condivisida tutti gli operatori delle

Unità Operative coinvolte.Egli coordina i trattamenti, le attivitàassistenziali e gli interventi eseguitidai membri del team valutando ibisogni della persona, facilitando ipercorsi diagnostici, garantendo unatempestiva valutazione e ponendosicome intermediario tra i diversi servi-zi sanitari e tra l’utente ed i servizistessi.

Fabio ValdugaInfermiere Case ManagerCentro di Valutazione PreoperatoriaU.O. Anestesia e RianimazioneDirettore Manfred PfaenderOspedale “S. Maria del Carmine”Rovereto-APSS TN

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1 Taddia P. (1997) Managed Care e CaseManagement: origini, principi, implicazioni.IPASVI, Foglio Notizie n 52 Chiari P, Santullo A. (2001) L’infermierecase manager. McGraw-Hill, Milano 3 Taddia P. (1997) Managed Care e CaseManagement: origini, principi, implicazioni.IPASVI, Foglio Notizie n 54 Chiari P, Santullo A. (2001) L’infermierecase manager. McGraw-Hill, Milano 20015 Albinelli P, Gelati L. (2005) L’infermiere casemanager nei servizi di pronto soccorso: unaproposta per migliorare la qualità e l’efficien-za delle prestazioni sanitarie. L’infermiere n 86 Seago J.A., (2003) Nurse staffing, modelsof care delivery, and interventions in: ClinicalInformation/EPCevidencereports/ArchivedReports/-Making health care safer: a criticalanalysisi of patient safety pratices. Chap-ter 39. USA: AHRQ Publication disponibileda http:www.ahrq.gov 7 Battistello et al. (2004) La gestione per pro-cessi nel governo del servizio infermieristico.Management Infermieristico n.1 13

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La competenza relazionale: lavori in corso

Premessa

Per i professionisti sanitari affrontarele tematiche inerenti il problema dellacompetenza professionale, e nellospecifico il campo della comunica-zione interpersonale, non è cosafacile.La richiesta di uno specifico percor-so di formazione sul campo orienta-to all’acquisizione di competenzerelazionali è nata da una situazioneproblematica riconosciuta da tutte lefigure professionali operanti pressol’Unità Operativa di Ginecologia edOstetricia dell’Ospedale San Camillodi Trento, che riportavano generica-mente “una diffusa difficoltà a rela-zionarsi tra le persone ed i ruoli pro-fessionali coinvolti”, a seguito delleindicazioni giunte al Servizio Forma-zione dalla raccolta dei bisogni for-mati espressi dagli operatori.Partendo dall’assunto che le relazio-

ni professionali e le relative proble-matiche, sono permeate da dimen-sioni personali e comunicative, il pro-getto di formazione “lavoro d’equipee le sue dinamiche”, si poneva comestrumento d’indagine e di possibilecambiamento nelle relazioni all’inter-no di una Unita Operativa, che pre-sentava criticità riconoscibili cheandavano a compromettere l’effica-cia professionale. Il percorso attuato è stato caratte-rizzato da una continua ricerca di

coerenze formative e interazioni pro-gressive fra i diversi ambiti di svilup-po della didattica, considerandol’apprendimento della tematica dellavoro d’equipe un elemento trasver-sale e che ha visto il suo sviluppoattraverso tre tipologie di opportunitàformative:la conoscenza teorica (formazioneindividuale con materiale indicato daidocenti), laboratori (momenti di spe-rimentazione e simulazione) e l’attivi-tà assistenziale con il percorso diformazione sul campo.Il processo di acquisizione dellecompetenze relazionali è stato intesocome ampliamento delle conoscen-ze e delle capacità apprese dalla for-mazione individuale (competenzegrammaticali) ma anche come svi-luppo personale e professionaleattraverso la formazione sul campo(competenze pragmatiche) e soprat-tutto come capacità di riflettere su di

sé e sul proprio modo di entrare inrelazione con l’equipe attraverso illavoro della simulazione (metacom-petenze).Su questi proposti si è attuato unpercorso graduale che partendo dauna iniziale sensibilizzazione dei temilegati alla comunicazione ed al lavo-ro d’equipe ha portato ad una pro-gressiva consapevolezza del propriostile relazionale e all’acquisizione diabilità comunicative.Il primo obiettivo era finalizzato alla

definizione di equipe, cercando diindividuare variabili misurabili riferibi-li alla competenza relazionale specifi-ca dei singoli professionisti.Il secondo obiettivo riguardava l’ipo-tesi che la competenza relazionale sistrutturi a partire dalla capacità digovernare il proprio stile di comuni-cazione e che quest’ultima pur coin-volgendo elementi affettivi profondi,possa essere facilitata dall’acquisi-zione di alcuni elementi tecnici, dialcune abilità di base connesseall’ascolto, al prestare attenzione e alrispondere.Le abilità di minima (competenzegrammaticali) venivano ad esserel’ancora formativa che mantenevacome riferimento forte, il lavoro diriflessione su di sé e sul propriomodo di comunicare e la relazioneprofessionale con i colleghi.Il percorso ha affidato alle parteci-panti un ruolo attivo attraverso meto-dologie didattiche che prevedevanoincontri, tecniche attive, interazioni econfronti di gruppo, analisi ed elabo-razioni esperienziali nel concreto delproprio operare.La quasi totalità del gruppo haaccettato in maniera positiva edentusiasta la modalità del corso,riconosciuta come innovativa ed haevidenziato un miglioramento delclima professionale ed umano all’in-terno del reparto.Ho ritenuto importante coinvolgerenella stesura di questo breve sintesidel percorso uno dei docenti/tutor(esterni alla struttura) il dott. PaoloAzzolini, Psicologo Clinico che assie-me alla Dott.ssa Michela Dell’Olio,Psicologa Clinica hanno reso fattibilee concreto questo progetto e con iquali ho avuto la fortuna di collabora-re e di imparare durante il mio per-corso professionale.

Marco Maines

M. Maines - P. Azzolini

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Comunicazione in ambito sanitario: lavori in corso

La comunicazione è oggi uno degliambiti su cui, nonostante si faccia ungran parlare, ancora è presente unaforte ambiguità e labilità di confini.Chi s’interessa all’argomento e vo-lesse inoltrarsi in un dedalo di possi-bilità, altro non ha da fare che sbiz-zarrirsi con un qualsiasi motore diricerca in rete: le voci diventano cosìnumerose e talvolta contraddittorieda far rimpiangere l’idea. L’intentodel presente articolo non è certo disciogliere i nodi o rivelare verità cela-te ai più, quanto piuttosto quello diproporre un punto di vista che siauno dei possibili punti cardinali concui orientarsi. La comunicazione è uno spazio pro-cessuale che si muove a cavallo tralinguistica, psicologia, cibernetica euna lunga lista di discipline di ricercala cui compilazione renderebbe inac-cessibile per tecnicismo un panequotidiano di cui inevitabilmente cinutriamo tutti. Occorre chiarire alloracosa sia uno spazio processuale: losi intenda come vanno intesi i simbolimatematici tra due cifre, ovvero illegame funzionale che permetteottenere un risultato, altresì di mani-polare un concetto attraverso un’in-terazione tra più parti. La stratifica-zione dell’evento comunicativo èun’operazione arbitraria cui si ricorreper sezionare in vivo una dimensioneche, in apparenza, vive di vita pro-pria. La comunicazione solitamenteviene rilevata a posteriori come con-clusione a partita giocata: è possibi-le invece, padroneggiandone i pro-cessi fondamentali, configurarla peruna migliore efficacia.Attraverso un’ulteriore metafora, benconsci che la metafora in sé è già unevento comunicativo, è possibilepensare la comunicazione come latela su cui dipingere gli eventi, losfondo che un pittore sceglie permeglio valorizzare il tipo di colore cheintenderà usare e il soggetto dadipingere: se tal scelta è fondamen-tale per l’artista, non v’è motivo dipensare che per chi opera in ambitosanitario lo sia in misura minore,tanto più che la soddisfazione del-l’assistito e l’efficacia della terapiadipendono strettamente dalla validitàdella comunicazione, per non parlaredella soddisfazione personale del-l’operatore stesso.

Le competenze relazionali (qui consi-derabili come un precipitato dell’ap-plicazione delle competenze comuni-cative) sono un passaggio dal qualenon è possibile esimersi, e la cui con-quista si configura come una sorta dinecessità etica e professionale.Durante il percorso di studi e dellaformazione professionale, la comuni-cazione è ancora un ambito troppopoco presente nei piani di studioministeriali. Non assente, certo, maancora sottostimato nell’importanzae nella considerazione della ricadutaoperativa. Le scuole di formazioneper insegnanti scolastici, così come ipercorsi per i sanitari o i corsi univer-sitari di psicologia si affidano più altalento individuale che ad una impo-stazione metodica. Nascono così,quasi fossero una presa di coscienzadel problema da parte dei ministeri diriferimento e con un’ottica a trattiriparativa, i corsi di comunicazioneche appartengono per decreto allaformazione a professione già avviata. L’ambito sanitario, come detto, è ter-ritorio d’elezione per parlare dicomunicazione. È improbabile pen-sare ad un operatore in ambito sani-tario che non abbia mai sperimenta-to nella propria esperienza lavorativala frustrazione di un’inefficace comu-nicazione innanzi tutto con l’assistitoe le rispettive famiglie: un terrenotanto sdrucciolevole quanto impor-tante; e, qualora la comunicazioneinefficace non sia stata riconosciutacome tale, basti pensare allo scon-forto di un contrasto con un collega,in reparto, o, ancor più facilmente darichiamare alla memoria, lo scorag-giamento professionale nei rapporticon superiori e subalterni. Poco conta, in questi casi, la cono-scenza teorica degli assiomi dellacomunicazione o dei modelli comu-nicativi su base linguistica, nellostesso modo in cui conoscere allaperfezione la legge formalizzata delgalleggiamento non preserva dall’an-negare. Uscire dall’empasse di unacomunicazione inefficace è un’ope-razione che necessita a monte diuna preparazione personale acquisi-ta durante gli studi o durante la for-mazione continua obbligatoria, e avalle di un intervento focalizzato sulproblema.Nel novembre 2009, l’Ospedale SanCamillo di Trento ha promosso unprogetto di formazione finalizzato allarisoluzione di una situazione in appa-renza poco scorrevole all’interno delreparto di ostetricia e ginecologia.

Tale intervento è stato la prima speri-mentazione sul campo in regione; lediscriminanti fondamentali rispettoagli altri corsi di formazione sonostate le modalità ed i destinatari. Seigiornate a intervalli ravvicinati di duesettimane, in un luogo riservato all’in-terno della struttura, in cui sono staticoinvolti esclusivamente gli operatoriall’interno del reparto. Parimenti èstata effettuata da parte dei docentiformatori un’osservazione in repartoe la raccolta in via individuale dellecriticità presenti. L’operazione che si è impostata èstato un riassetto dei processi rela-zionali, personali, comunicativi e psi-cologici, a prescindere da qualefosse l’argomento contingente deivari episodi riportati di volta in volta.Operare sulla comunicazione hasignificato anche, in senso banalema di cui si legga l’immediato riscon-tro, reimpostare la gestione di unariunione d’equipe, oppure, più sem-plicemente ridefinire le modalità di unsemplice passaggio di consegne traun turno e l’altro, laddove questi sifossero rivelati inefficaci. Al di là del-l’immediata reimpostazione del pro-blema, mutuata inevitabilmente neilimiti realizzativi dall’assetto organiz-zativo sovraordinato, una semplicepresa di conoscenza e coscienzadelle proprie modalità di funziona-mento ha permesso ai partecipantidi ridefinire e riordinare se stessiall’interno delle trame relazionali –einevitabilmente comunicative- per unmaggior senso di autoefficacia e perun miglior funzionamento al serviziodell’assistito.Improprio trarre da tale esperienzauna conclusione: piuttosto è preferi-bile parlare di una rinnovata confer-ma dell’importanza della comunica-zione, accogliendo i riscontri dei par-tecipanti, all’interno di un più fluidoscorrere delle professionalità.La comunicazione non può mai, perdefinizione, togliere il cartello “lavoriin corso”: non solo perché non èpossibile non comunicare, comerecita il primo e più noto assioma,ma soprattutto perché ciò è validoanche per la comunicazione stessa,la cui presenza all’interno delle pro-poste formative di un istituto sia daintendersi a livello psicologico, indivi-duale, organizzativo o etico comeProcesso dei Processi.

Dott. Paolo AzzoliniPsicologo Clinico, formatore, esperto in educazione sessuale

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Comunicazione in ambito sanitario: lavori in corso

La comunicazione è oggi uno degliambiti su cui, nonostante si faccia ungran parlare, ancora è presente unaforte ambiguità e labilità di confini.Chi s’interessa all’argomento e vo-lesse inoltrarsi in un dedalo di possi-bilità, altro non ha da fare che sbiz-zarrirsi con un qualsiasi motore diricerca in rete: le voci diventano cosìnumerose e talvolta contraddittorieda far rimpiangere l’idea. L’intentodel presente articolo non è certo disciogliere i nodi o rivelare verità cela-te ai più, quanto piuttosto quello diproporre un punto di vista che siauno dei possibili punti cardinali concui orientarsi. La comunicazione è uno spazio pro-cessuale che si muove a cavallo tralinguistica, psicologia, cibernetica euna lunga lista di discipline di ricercala cui compilazione renderebbe inac-cessibile per tecnicismo un panequotidiano di cui inevitabilmente cinutriamo tutti. Occorre chiarire alloracosa sia uno spazio processuale: losi intenda come vanno intesi i simbolimatematici tra due cifre, ovvero illegame funzionale che permetteottenere un risultato, altresì di mani-polare un concetto attraverso un’in-terazione tra più parti. La stratifica-zione dell’evento comunicativo èun’operazione arbitraria cui si ricorreper sezionare in vivo una dimensioneche, in apparenza, vive di vita pro-pria. La comunicazione solitamenteviene rilevata a posteriori come con-clusione a partita giocata: è possibi-le invece, padroneggiandone i pro-cessi fondamentali, configurarla peruna migliore efficacia.Attraverso un’ulteriore metafora, benconsci che la metafora in sé è già unevento comunicativo, è possibilepensare la comunicazione come latela su cui dipingere gli eventi, losfondo che un pittore sceglie permeglio valorizzare il tipo di colore cheintenderà usare e il soggetto dadipingere: se tal scelta è fondamen-tale per l’artista, non v’è motivo dipensare che per chi opera in ambitosanitario lo sia in misura minore,tanto più che la soddisfazione del-l’assistito e l’efficacia della terapiadipendono strettamente dalla validitàdella comunicazione, per non parlaredella soddisfazione personale del-l’operatore stesso.

Le competenze relazionali (qui consi-derabili come un precipitato dell’ap-plicazione delle competenze comuni-cative) sono un passaggio dal qualenon è possibile esimersi, e la cui con-quista si configura come una sorta dinecessità etica e professionale.Durante il percorso di studi e dellaformazione professionale, la comuni-cazione è ancora un ambito troppopoco presente nei piani di studioministeriali. Non assente, certo, maancora sottostimato nell’importanzae nella considerazione della ricadutaoperativa. Le scuole di formazioneper insegnanti scolastici, così come ipercorsi per i sanitari o i corsi univer-sitari di psicologia si affidano più altalento individuale che ad una impo-stazione metodica. Nascono così,quasi fossero una presa di coscienzadel problema da parte dei ministeri diriferimento e con un’ottica a trattiriparativa, i corsi di comunicazioneche appartengono per decreto allaformazione a professione già avviata. L’ambito sanitario, come detto, è ter-ritorio d’elezione per parlare dicomunicazione. È improbabile pen-sare ad un operatore in ambito sani-tario che non abbia mai sperimenta-to nella propria esperienza lavorativala frustrazione di un’inefficace comu-nicazione innanzi tutto con l’assistitoe le rispettive famiglie: un terrenotanto sdrucciolevole quanto impor-tante; e, qualora la comunicazioneinefficace non sia stata riconosciutacome tale, basti pensare allo scon-forto di un contrasto con un collega,in reparto, o, ancor più facilmente darichiamare alla memoria, lo scorag-giamento professionale nei rapporticon superiori e subalterni. Poco conta, in questi casi, la cono-scenza teorica degli assiomi dellacomunicazione o dei modelli comu-nicativi su base linguistica, nellostesso modo in cui conoscere allaperfezione la legge formalizzata delgalleggiamento non preserva dall’an-negare. Uscire dall’empasse di unacomunicazione inefficace è un’ope-razione che necessita a monte diuna preparazione personale acquisi-ta durante gli studi o durante la for-mazione continua obbligatoria, e avalle di un intervento focalizzato sulproblema.Nel novembre 2009, l’Ospedale SanCamillo di Trento ha promosso unprogetto di formazione finalizzato allarisoluzione di una situazione in appa-renza poco scorrevole all’interno delreparto di ostetricia e ginecologia.

Tale intervento è stato la prima speri-mentazione sul campo in regione; lediscriminanti fondamentali rispettoagli altri corsi di formazione sonostate le modalità ed i destinatari. Seigiornate a intervalli ravvicinati di duesettimane, in un luogo riservato all’in-terno della struttura, in cui sono staticoinvolti esclusivamente gli operatoriall’interno del reparto. Parimenti èstata effettuata da parte dei docentiformatori un’osservazione in repartoe la raccolta in via individuale dellecriticità presenti. L’operazione che si è impostata èstato un riassetto dei processi rela-zionali, personali, comunicativi e psi-cologici, a prescindere da qualefosse l’argomento contingente deivari episodi riportati di volta in volta.Operare sulla comunicazione hasignificato anche, in senso banalema di cui si legga l’immediato riscon-tro, reimpostare la gestione di unariunione d’equipe, oppure, più sem-plicemente ridefinire le modalità di unsemplice passaggio di consegne traun turno e l’altro, laddove questi sifossero rivelati inefficaci. Al di là del-l’immediata reimpostazione del pro-blema, mutuata inevitabilmente neilimiti realizzativi dall’assetto organiz-zativo sovraordinato, una semplicepresa di conoscenza e coscienzadelle proprie modalità di funziona-mento ha permesso ai partecipantidi ridefinire e riordinare se stessiall’interno delle trame relazionali –einevitabilmente comunicative- per unmaggior senso di autoefficacia e perun miglior funzionamento al serviziodell’assistito.Improprio trarre da tale esperienzauna conclusione: piuttosto è preferi-bile parlare di una rinnovata confer-ma dell’importanza della comunica-zione, accogliendo i riscontri dei par-tecipanti, all’interno di un più fluidoscorrere delle professionalità.La comunicazione non può mai, perdefinizione, togliere il cartello “lavoriin corso”: non solo perché non èpossibile non comunicare, comerecita il primo e più noto assioma,ma soprattutto perché ciò è validoanche per la comunicazione stessa,la cui presenza all’interno delle pro-poste formative di un istituto sia daintendersi a livello psicologico, indivi-duale, organizzativo o etico comeProcesso dei Processi.

Dott. Paolo AzzoliniPsicologo Clinico, formatore, esperto in educazione sessuale

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Eventi sentinella, pubblicato il nuovo Rapporto08/12/2011 - Raccoglie i dati dal 2005 al 2010: l’evento con il maggior numero di segnalazio-ni è “suicidio o tentato suicidio di paziente in ospedale”.Presentato dal ministero della Salute il terzo Rapporto di monitoraggio degli eventi senti-

nella, che considera tutti gli eventi segnalati dalle strutture sanitarie da settembre 2005 a dicembre 2010 e validati daitre livelli (Azienda, Regioni e Pa e ministero della Salute). In tutto, sono pervenute 1.047 segnalazioni, di cui 873 valideai fini della produzione della reportistica. (Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Eventi Avversi – Sims. L’analisipermette un’importante azione di sanità pubblica, rappresentando uno strumento indispensabile per la prevenzione ditali evenienze e per la promozione della sicurezza dei pazienti.)Si definisce evento sentinella: “un evento avverso, particolarmente grave, potenzialmente evitabile, che può comportaremorte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. Ilverificarsi di un solo caso è condizione sufficiente per dare luogo ad un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se viabbiano contribuito fattori eliminabili o riducibili e per attuare le adeguate misure correttive da parte dell’organizzazione”.La segnalazione degli eventi sentinella è di tipo volontario e garantisce la confidenzialità dei dati trattati. Dai dati raccolti, emerge che l’evento con il maggior numero di segnalazioni è “suicidio o tentato suicidio di paziente inospedale” con 166 segnalazioni pari al 19%. La seconda categoria per numerosità di segnalazioni (147 eventi, corri-spondenti al 16,8% del totale) è rappresentata dall’evento “morte o grave danno per caduta di paziente”. L’evento “ognialtro evento avverso che causa morte o grave danno al paziente” rappresenta la terza categoria segnalata (15,4%).I reparti maggiormente interessati sono: Ostetricia e ginecologia, Medicina generale, Chirurgia generale, Ortopedia eTraumatologia.(Ministero azioni di formazione svolte in partnership con gli Ordini, Collegi professionali e Società scientifiche - corsoSICURE con Fnomceo e Ipasvi, disponibilità sito web istituzionale del manuale metodologico per la Rca, Audit clinico,dedicati al miglioramento dell’analisi degli eventi avversi e la proposta di Linee guida per gestire e comunicare gli even-ti avversi in sanità, che è oggetto di libera consultazione sul portale del ministero della Salute).

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Liberalizzazione dei farmaci, il Governo ci ripensa21/12/2011 - Coinvolti ministero della Salute e Aifa per l'individuazione delle sostanze ogget-to del provvedimento.Marcia indietro del nuovo Governo sulla liberalizzazione dei farmaci di fascia C: potranno esse-

re venduti nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati solo se non ci sarà l'obbligo di ricetta. A stilare la lista di talisostanze sarà il ministero della Salute, sentita l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Non sarà consentita, dunque come previsto inizialmente, la vendita libera negli esercizi commerciali. Inoltre, precisa lamodifica alla manovra, "la facoltà delle farmacie, delle parafarmacie e dei corner della grande distribuzione di praticaresconti sui prezzi al pubblico opera non già su tutti i prodotti venduti, come previsto dal testo vigente, bensì sui medici-nali di cui al comma 1", ovvero quelli senza ricetta.Si abbassa, infine, la soglia per l'applicazione delle norme che passa da 15mila a 12.500 abitanti.Una vittoria, dunque, per le associazioni che rappresentano i farmacisti italiani, preoccupati dalla perdita di importantiquote di mercato e dal conseguente minor giro di affari, che avrebbe potuto determinare il ridimensionamento globaledei servizi offerti, non ultima la presenza dell'infermiere in farmacia. Dal punto di vista del cittadino, però, qualcosa cambia: un più marcato processo di liberalizzazione nella vendita deifarmaci di fascia C avrebbe senz'altro determinato un clima di concorrenza maggiore e, alla lunga, un contenimento deiprezzi di vendita al pubblico. L'Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori) ha stilato un confronto traquanto viene sborsato per lo stesso farmaco in Italia e negli Stati Uniti. Ne è risultato che un prodotto di largo usocome l'aspirina in pasticche può arrivare a costare fino a 28 volte di più in Italia.

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L’Italia invecchia: uno su cinque ha più di 65 anni14/12/2011 - Presentata dal ministro della Salute la Relazione sullo stato sanitario del Paese2009-2010. Oltre 311 mila gli infermieri che operano nel Ssn.«Il progressivo passaggio dalle Scuole Universitarie per Dirigente dell’Assistenza Infermieristica

e per Infermiere Insegnante Dirigente ai corsi di laurea, la “cultura” del Nursing e del Midwifery delle Scienze infermieri-stiche e ostetriche delineano il percorso verso la definitiva titolarità accademica. L’infermieristica, ormai, possiede unadimensione disciplinare espressa nelle sue teorie, nella propria produzione scientifica indipendente e nella capacità digoverno della propria prassi professionale. Questo sviluppo disciplinare può, pertanto, trovare adeguato sbocco nelleforme proprie del sistema universitario, tale per cui l’Italia può essere inserita a pieno titolo nell’Europa e nel resto delmondo».È un passaggio della lunga Relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-2010, presentata martedì 12 dicembre nellasede del ministero della Salute a Roma dallo stesso ministro, Renato Balduzzi: un volume di oltre mille pagine (compre-sa una sintesi in italiano e un’altra, di 120 pagine, in inglese), nel quale sono raccolte le informazioni – provenienti da piùfonti – sullo stato di salute del nostro Paese, dei suoi abitanti e del suo Servizio sanitario.

Le risorse del sistemaI primi dati disponibili al quarto trimestre del 2010 indicano che la spesa del Ssn dovrebbe attestarsi su 111,168 miliar-di, dice la Relazione, con un aumento dello 0,9% rispetto ai 110,219 miliardi dell’anno precedente e una percentualesul Pil che però scende al 7,1% dal 7,2% nel 2009.Nelle strutture pubbliche italiane, rileva poi il documento, lavorano complessivamente 812.263 unità di personale (dato

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2009), di cui 311.188 infermieri, con un rapporto di circa 2,2 infermieri per ciascun medico.Per quanto riguarda la qualità, la Relazione ricorda tra l’altro il corso Rca rivolto a infermieri e medici (realizzato dal mini-stero in collaborazione con la Federazione Ipasvi e la Fnomceo), che al 10 giugno scorso registrava oltre 40 mila iscrit-ti, con un rapporto di 1 a 4 tra medici e infermieri. Alla stessa data, ricorda il documento, in media più del 50% deglioperatori aveva già concluso il corso ed erano stati erogati oltre 280 mila crediti Ecm.La Relazione, inoltre, sottolinea in particolare come, rispetto al biennio precedente, si sia registrata una diminuzione deiricoveri ospedalieri degli anziani ultrasessantacinquenni e un ulteriore incremento dell’Assistenza domiciliare integrata,con una percentuale di anziani trattati in Adi che è passata dal 3,3% del biennio 2007-2008 al 4,1% del 2010.

Ancora malattie cardiocircolatorie e tumori le principali cause di morteAl personale del sistema sanitario, d’altronde, è affidato il compito di prendersi cura degli ormai 60 milioni di abitanti checonta il nostro Paese, un quinto (20,3%) dei quali ha ormai più di 65 anni, mentre quasi sei su cento hanno superato gli85 (e si stima che nel 2030 arriveranno al 9%).La tendenza all’invecchiamento della popolazione italiana è ormai consolidata. Da una parte, infatti, siamo ai primi postiin Europa per speranza di vita (78,8 anni per gli uomini e 84,1 anni per le donne), mentre, dall’altra parte, si è progres-sivamente ridotta la mortalità, sia generale (quasi dimezzata dal 1980) sia infantile (ridotta del 22% per i maschi e del24% per le femmine).La principali cause di morbilità e mortalità restano ancora le patologie dell’apparato circolatorio e i tumori, anche se negliultimi decenni sono in sensibile diminuzione grazie non solo ai migliorati tratta menti terapeutici ma anche a stili di vitapiù salutari. Il risultato è che la mortalità per malattie del sistema circolatorio si è ridotta dal 1980 di circa il 60%, sia pergli uomini sia per le donne, mentre quella per tumori (il cui calo ha avuto inizio più recentemente, a partire dagli anniNovanta) è diminuita del 20% circa tra gli uomini e del 10% tra le donne.Tra gli ultrasessantacinquenni, le malattie più diffuse restano l’artrosi e l’artrite, seguite dall’ipertensione e, solo per ledonne, l’osteoporosi.

La Relazione, «è una fotografia – ha chiosato il ministro Balduzzi – ma non una foto-ricordo. È anzi una fonte di impe-gni, dalla riorganizzazione dei nodi critici e da ciò che si è effettivamente praticato a ciò che deve ancora essere prati-cato e rivalutato».

La salute? In un momento di crisi conta ancora di più14/12/2011 - Secondo l’Istat, il 79% delle persone che risiedono nel nostro paese dichiaranoche essere in buona salute è in assoluto la condizione più importante per il benessere indivi-duale.

Lo ha stabilito un sondaggio che ha interessato 45 mila persone, interpellate sulle dimensioni del benessere. La saluteimpatta in effetti su tutte le dimensioni della vita, condizionando i comportamenti individuali, le relazioni sociali, le oppor-tunità e le prospettive dei singoli, così come, spesso, anche delle famiglie. I dati presentati dall’Istat nello scorso novem-bre derivano da una consultazione dei cittadini svoltasi nello scorso febbraio 2011 quale parte di un percorso per misu-rare il “benessere equo e sostenibile” (Bes), integrando indicatori economici, sociali e ambientali con misure di disegua-glianza e sostenibilità.

Il fatto che diverse dimensioni abbiano riportato valutazioni alte non deve ingannare: piuttosto questo deve indicare chele dimensioni sono percepite tutte come rilevanti e che gli intervistati vorrebbero vivere in una società dove queste con-dizioni del benessere fossero tutte presenti.

Una buona svolta nella nostra realtà italiana, dove sono molto diffuse alcune pratiche di salute, ma la percezione di que-sta come valore individuale non è stata prima così tangibile.

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La contenzione: percorsi guidatiA partire dagli anni ’80 la contenzione del paziente (vedi sotto la definizione) è stata messa indiscussione sia in termini di efficacia sia sul piano etico. Ancora oggi è acceso il dibattito perdefinire se è opportuno e quando ricorrere a mezzi di contenzione. Codice penale e Codice

deontologico dell’Infermiere indicano che la contenzione deve essere limitata solo a eventi straordinari e deve esseresostenuta da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali (codice deontologico dell’Infermiere).L’abuso dei mezzi di contenzione è punibile in base all’articolo 571 del Codice Penale. Altrettanto punibile è la manca-ta segnalazione, da parte degli operatori sanitari, all’autorità competente di maltrattamenti o privazioni a carico dell’as-sistito (articolo 33 codice deontologico dell’Infermiere).La contenzione può essere definita come un particolare atto sanitario-assistenziale effettuato attraverso mezzi chimici-fisici-ambientali utilizzati direttamente sull’individuo o applicati al suo spazio circostante per limitarne i movimenti. Sipossono distinguere quattro tipi di contenzione: fisica, chimica, ambientale, psicologica/relazionale/emotiva.

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2009), di cui 311.188 infermieri, con un rapporto di circa 2,2 infermieri per ciascun medico.Per quanto riguarda la qualità, la Relazione ricorda tra l’altro il corso Rca rivolto a infermieri e medici (realizzato dal mini-stero in collaborazione con la Federazione Ipasvi e la Fnomceo), che al 10 giugno scorso registrava oltre 40 mila iscrit-ti, con un rapporto di 1 a 4 tra medici e infermieri. Alla stessa data, ricorda il documento, in media più del 50% deglioperatori aveva già concluso il corso ed erano stati erogati oltre 280 mila crediti Ecm.La Relazione, inoltre, sottolinea in particolare come, rispetto al biennio precedente, si sia registrata una diminuzione deiricoveri ospedalieri degli anziani ultrasessantacinquenni e un ulteriore incremento dell’Assistenza domiciliare integrata,con una percentuale di anziani trattati in Adi che è passata dal 3,3% del biennio 2007-2008 al 4,1% del 2010.

Ancora malattie cardiocircolatorie e tumori le principali cause di morteAl personale del sistema sanitario, d’altronde, è affidato il compito di prendersi cura degli ormai 60 milioni di abitanti checonta il nostro Paese, un quinto (20,3%) dei quali ha ormai più di 65 anni, mentre quasi sei su cento hanno superato gli85 (e si stima che nel 2030 arriveranno al 9%).La tendenza all’invecchiamento della popolazione italiana è ormai consolidata. Da una parte, infatti, siamo ai primi postiin Europa per speranza di vita (78,8 anni per gli uomini e 84,1 anni per le donne), mentre, dall’altra parte, si è progres-sivamente ridotta la mortalità, sia generale (quasi dimezzata dal 1980) sia infantile (ridotta del 22% per i maschi e del24% per le femmine).La principali cause di morbilità e mortalità restano ancora le patologie dell’apparato circolatorio e i tumori, anche se negliultimi decenni sono in sensibile diminuzione grazie non solo ai migliorati tratta menti terapeutici ma anche a stili di vitapiù salutari. Il risultato è che la mortalità per malattie del sistema circolatorio si è ridotta dal 1980 di circa il 60%, sia pergli uomini sia per le donne, mentre quella per tumori (il cui calo ha avuto inizio più recentemente, a partire dagli anniNovanta) è diminuita del 20% circa tra gli uomini e del 10% tra le donne.Tra gli ultrasessantacinquenni, le malattie più diffuse restano l’artrosi e l’artrite, seguite dall’ipertensione e, solo per ledonne, l’osteoporosi.

La Relazione, «è una fotografia – ha chiosato il ministro Balduzzi – ma non una foto-ricordo. È anzi una fonte di impe-gni, dalla riorganizzazione dei nodi critici e da ciò che si è effettivamente praticato a ciò che deve ancora essere prati-cato e rivalutato».

La salute? In un momento di crisi conta ancora di più14/12/2011 - Secondo l’Istat, il 79% delle persone che risiedono nel nostro paese dichiaranoche essere in buona salute è in assoluto la condizione più importante per il benessere indivi-duale.

Lo ha stabilito un sondaggio che ha interessato 45 mila persone, interpellate sulle dimensioni del benessere. La saluteimpatta in effetti su tutte le dimensioni della vita, condizionando i comportamenti individuali, le relazioni sociali, le oppor-tunità e le prospettive dei singoli, così come, spesso, anche delle famiglie. I dati presentati dall’Istat nello scorso novem-bre derivano da una consultazione dei cittadini svoltasi nello scorso febbraio 2011 quale parte di un percorso per misu-rare il “benessere equo e sostenibile” (Bes), integrando indicatori economici, sociali e ambientali con misure di disegua-glianza e sostenibilità.

Il fatto che diverse dimensioni abbiano riportato valutazioni alte non deve ingannare: piuttosto questo deve indicare chele dimensioni sono percepite tutte come rilevanti e che gli intervistati vorrebbero vivere in una società dove queste con-dizioni del benessere fossero tutte presenti.

Una buona svolta nella nostra realtà italiana, dove sono molto diffuse alcune pratiche di salute, ma la percezione di que-sta come valore individuale non è stata prima così tangibile.

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La contenzione: percorsi guidatiA partire dagli anni ’80 la contenzione del paziente (vedi sotto la definizione) è stata messa indiscussione sia in termini di efficacia sia sul piano etico. Ancora oggi è acceso il dibattito perdefinire se è opportuno e quando ricorrere a mezzi di contenzione. Codice penale e Codice

deontologico dell’Infermiere indicano che la contenzione deve essere limitata solo a eventi straordinari e deve esseresostenuta da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali (codice deontologico dell’Infermiere).L’abuso dei mezzi di contenzione è punibile in base all’articolo 571 del Codice Penale. Altrettanto punibile è la manca-ta segnalazione, da parte degli operatori sanitari, all’autorità competente di maltrattamenti o privazioni a carico dell’as-sistito (articolo 33 codice deontologico dell’Infermiere).La contenzione può essere definita come un particolare atto sanitario-assistenziale effettuato attraverso mezzi chimici-fisici-ambientali utilizzati direttamente sull’individuo o applicati al suo spazio circostante per limitarne i movimenti. Sipossono distinguere quattro tipi di contenzione: fisica, chimica, ambientale, psicologica/relazionale/emotiva.

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Ordini, il Comitato Unitario delle Professioni chiede una riforma celere ma concordata06/12/2011 - Comunicato ufficiale della presidente del Cup Marina Calderone: “Minare ades-so il sistema ordinistico sarebbe un danno per le tutele al cittadino”. Serve procedere con celerità alla riforma degli Ordini professionali.

La richiesta è che le innovazioni non minino le basi del sistema ordinistico, che ha un grande valore sociale e che è pro-duttivo di sviluppo e di occupazione nel nostro Paese.Minare in questo momento il sistema ordinistico nelle sue fondamenta creerebbe un irrisolvibile vulnus nel delicato equi-librio di triangolazione tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino. La tutela della fede pubblica insita nell'esercizio delleprofessioni è la garanzia che i cittadini meritano di avere sapendo di essere al cospetto di un soggetto dalle caratteristi-che ben determinate e riconosciute. La tutela del diritto alla salute, alla difesa, al lavoro e di tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti è principio gene-

rale posto a base della nostra società -. Per questo motivo è indispensabile che ci sia un'azione di coordinamento trale varie normative emanate negli ultimi mesi, onde evitare che si possano creare conflitti legislativi molto pericolosi.

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SitografiaAspetti clinici ed etici - E’ il link a un articolo pubblicato sul Journal of Medical Ethics nel2006. L’articolo è centrato sugli aspetti etici che l’operatore sanitario non dovrebbe mai dimen-ticare quando utilizza sistemi di contenzione. In particolare: il rispetto dell’autonomia del sog-

getto e il benessere dell’anziano. Prima di ricorrere alla contenzione è necessario fare una valutazione di rischi e bene-fici e delle possibili alternative: solo in questo modo è possibile utilizzare la contenzione con responsabilità. L’articolo èin inglese.Aspetti legislativi - L’Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi ha pubblicato undocumento nel quale sono messi in luce gli articoli della Costituzione e del Codice penale che regolamentano l’utilizzodella contenzione fisica.Aspetti legislativi - Il sito è centrato sugli aspetti normativi e regolatori dell’attività infermieristica. In particolare unasezione è dedicata al problema della contenzione. In questa sezione sono riportati gli articoli del codice deontologico,della costituzione e del codice penale che regolamentano l’uso della contenzione, inoltre sono presentati e commenta-ti casi reali nei quali operatori sanitari sono stati accusati di utilizzare i mezzi di contenzione in modo inappropriato.Best Practice - E’ la traduzione italiana, a cura di infermieri dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna PoliclinicoS. Orsola-Malpighi, dei due Best Practice, centrati sulla contenzione, del Joanna Briggs Institute Canadese (centro diricerca di evidence based nursing). I documenti, aggiornati al 2002 mettono in luce i rischi diretti e indiretti associati allacontenzione e i metodi alternativi da mettere in atto per limitare l’uso della contenzione.College of Nurses of Ontario - Obiettivo di questo documento è aiutare l’infermiere a comprendere quali sono le sueresponsabilità riguardo all’uso della contenzione. Nel documento sono forniti diversi casi pratici con relativa discussio-ne; utili per comprendere le problematiche della contenzione e quindi migliorare la propria pratica lavorativa. Il documen-to è in inglese.Federazione IPASVI - La Federazione nazionale Collegi IPASVI ha dedicato un numero de “I Quaderni” al tema dellacontenzione. Il documento fornisce dati della letteratura (aggiornata al 2009) sui rischi associati all’uso della contenzio-ne e riporta una serie di interventi che le strutture sanitarie dovrebbero applicare per ridurne l’uso.IPASVI Perugia - Il Collegio IPASVI di Perugia ha pubblicato nel 2007 un documento intitolato “Prevenire gli errori,imparare dagli errori: la contenzione del paziente”. L’articolo oltre a definire e quantificare la contenzione, mostrando irischi a essa associati, getta luce sul problema dell’informazione del paziente e sulla necessità del suo consenso. Perpoter attuare un piano di contenzione occorre infatti oltre alla prescrizione medica o una documentata valutazione assi-stenziale, anche il consenso del paziente o di chi lo rappresenta. A tale scopo è necessario spiegare con la dovuta sem-plicità e chiarezza i rischi e i benefici del programma di contenzione che si intende mettere in atto.Linee guida del Presidio Ospedaliero Cremonese - Nel 2001 la Prima Divisione di Medicina Generale del PresidioOspedaliero Cremonese ha avviato un processo di revisione della metodologia infermieristica e si è dedicato all’elabo-razione di specifiche linee guida. Tali linee guida mettono in luce: i rischi associati alla contenzione, i metodi alternativi aessa e le accortezze da mettere in atto qualora sia necessario ricorrere alla contenzione. L’infermiere deve operare inmodo che la contenzione, fisica e farmacologica, sia un evento straordinario e motivato.Linee guida dell’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda - Il documento è aggiornato al 2008. Dopo aver defi-nito i mezzi di contenzione affronta gli aspetti normativi, i metodi per ridurne il ricorso e l’utilizzo di soluzioni alternative.Inoltre le linee guida affrontano i problemi cui ci si trova di fronte quando si deve assistere un soggetto violento.

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Silvestro: Manovra necessaria, ma preoccupa l’innalzamento dell’età della pensione07/12/2011 - La prima valutazione della presidente Ipasvi sul decreto “salva Italia” del GovernoMonti.«Credo non ci possano essere dubbi sul fatto che la manovra fosse necessaria. Ora, però,

bisognerà valutare attentamente i contenuti di un testo che si presenta molto complesso». È questa la prima conside-razione della presidente Silvestro sul decreto varato dal Governo di Mario Monti, ora sulla strada delle aule parlamenta-ri per la sua conversione in legge.Per Silvestro, nel provvedimento si possono ravvedere alcuni aspetti positivi. Per esempio, «è apprezzabile – dice – chenon contenga misure che penalizzano ulteriormente la sanità, l’università e l’area della ricerca». Tuttavia «bisogneràaspettare – prosegue – per vedere come le Regioni applicheranno le misure previste e per valutare le conseguenze chequeste avranno a livello locale».Detto questo, però, Silvestro non nasconde «qualche preoccupazione» per le norme che riguardano la previdenza. «Unproblema importante – sottolinea – è quello dell’età lavorativa, che impatta in maniera critica sul lavoro infermieristicoche, come sappiamo, è esercitato in gran parte da donne. Bisognerà dunque tenere in debito conto – conclude Silvestro- la necessità di coniugare l’elevata professionalità con l’innalzamento dell’età di coloro a cui viene richiesta».

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niIl nuovo Consiglio Direttivo ed il Collegio dei Revisori dei conti:chi siamo

Gentilissime/i Colleghe/i, sono Federica Bresciani. Dall’anno 2000 lavoro comeInfermiera, nell’U.O. Cure primarie - Servizio di Cure palliative – Distretto Centro Nord.In questi anni ho avuto anche l’opportunità di conseguire il Diploma di Master in NursingGeriatrico e la Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Il mandatoche porterò avanti nei prossimi tre anni, è per me, il secondo non consecutivo. La volon-tà è quella di cercare di essere con tutto il gruppo, sostegno e supporto ai Colleghi, nelpoter esercitare al meglio, nella tutela e nel rispetto della persona assistita, laProfessione. Professione che negli ultimi anni, anche grazie alla formazione universitaria,ha subito molti cambiamenti e sta meritatamente conquistando sempre più riconosci-mento a livello sociale. Vi ringrazio ed auguro a tutti noi un proficuo lavoro.

Federica Bresciani

Mi chiamo Lorenzo Denart, mi sono diplomato nel 1986 e dal 1997 lavoro nel centro diemodialisi di Borgo Valsugana. Dal 2011 svolgo funzioni di coordinamento.Nelle legislature precedenti sono già stato membro del collegio per due mandati, primacome consigliere e successivamente come tesoriere.Le motivazioni che mi hanno spinto a una nuova candidatura sono riconducibili a uncredo personale, quale mantener attivo un filo diretto di dialogo fra consiglio del colle-gio e infermieri dislocati in periferia, con lo scopo di continuare a far crescere questa pro-fessione sotto un’insegna di supporto, per un corretto esercizio della stessa ,e la tuteladel cittadino. Sono certo che, come per i precedenti mandati, saranno maggiori le cono-scenze e imput che avrò l’opportunità di conseguire. Confido che ciò riuscirò a portaresia adeguato per ricambiare tutti i colleghi che mi hanno accordato la loro fiducia.

Lorenzo Denart

Romina Gionta, infermiera presso l’U.O. Nefrologia dell’Ospedale S. Chiara; Master in“L’infermiere Case Manager” conseguito presso l’Università degli Studi di Padova (2010).Perché nel Consiglio Direttivo del Collegio Ipasvi?Le motivazioni che sostengono la scelta di far parte del Consiglio Direttivo del CollegioIpasvi sono soprattutto legate alla consapevolezza dell’importanza del ruolo dell’infer-miere -sia all’interno del Sistema Sanitario che nel percorso di cura della persona- e allanecessità di tutelare la professione e garantire il giusto riconoscimento e visibilità, sem-pre in relazione alle proprie competenze.Il mio impegno pertanto si focalizzerà in particolar modo sull’ “essere professionistainfermiere”, anche nel rapporto con gli altri operatori sanitari e con le figure di supporto(OSS) e sul miglioramento della qualità dell’assistenza nella nostra realtà favorendo laconoscenza e l’implementazione di nuovi modelli organizzativi (es.: Primary Nursing,Case Management Infermieristico).

Romina Gionta

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Il nuovo Consiglio Direttivo ed il Collegio dei Revisori dei conti:chi siamo

Gentilissime/i Colleghe/i, sono Federica Bresciani. Dall’anno 2000 lavoro comeInfermiera, nell’U.O. Cure primarie - Servizio di Cure palliative – Distretto Centro Nord.In questi anni ho avuto anche l’opportunità di conseguire il Diploma di Master in NursingGeriatrico e la Laurea Specialistica in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Il mandatoche porterò avanti nei prossimi tre anni, è per me, il secondo non consecutivo. La volon-tà è quella di cercare di essere con tutto il gruppo, sostegno e supporto ai Colleghi, nelpoter esercitare al meglio, nella tutela e nel rispetto della persona assistita, laProfessione. Professione che negli ultimi anni, anche grazie alla formazione universitaria,ha subito molti cambiamenti e sta meritatamente conquistando sempre più riconosci-mento a livello sociale. Vi ringrazio ed auguro a tutti noi un proficuo lavoro.

Federica Bresciani

Mi chiamo Lorenzo Denart, mi sono diplomato nel 1986 e dal 1997 lavoro nel centro diemodialisi di Borgo Valsugana. Dal 2011 svolgo funzioni di coordinamento.Nelle legislature precedenti sono già stato membro del collegio per due mandati, primacome consigliere e successivamente come tesoriere.Le motivazioni che mi hanno spinto a una nuova candidatura sono riconducibili a uncredo personale, quale mantener attivo un filo diretto di dialogo fra consiglio del colle-gio e infermieri dislocati in periferia, con lo scopo di continuare a far crescere questa pro-fessione sotto un’insegna di supporto, per un corretto esercizio della stessa ,e la tuteladel cittadino. Sono certo che, come per i precedenti mandati, saranno maggiori le cono-scenze e imput che avrò l’opportunità di conseguire. Confido che ciò riuscirò a portaresia adeguato per ricambiare tutti i colleghi che mi hanno accordato la loro fiducia.

Lorenzo Denart

Romina Gionta, infermiera presso l’U.O. Nefrologia dell’Ospedale S. Chiara; Master in“L’infermiere Case Manager” conseguito presso l’Università degli Studi di Padova (2010).Perché nel Consiglio Direttivo del Collegio Ipasvi?Le motivazioni che sostengono la scelta di far parte del Consiglio Direttivo del CollegioIpasvi sono soprattutto legate alla consapevolezza dell’importanza del ruolo dell’infer-miere -sia all’interno del Sistema Sanitario che nel percorso di cura della persona- e allanecessità di tutelare la professione e garantire il giusto riconoscimento e visibilità, sem-pre in relazione alle proprie competenze.Il mio impegno pertanto si focalizzerà in particolar modo sull’ “essere professionistainfermiere”, anche nel rapporto con gli altri operatori sanitari e con le figure di supporto(OSS) e sul miglioramento della qualità dell’assistenza nella nostra realtà favorendo laconoscenza e l’implementazione di nuovi modelli organizzativi (es.: Primary Nursing,Case Management Infermieristico).

Romina Gionta

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Lavoro presso l’Ospedale S.Chiara da circa sei anni, prima nell’ U.O. di Urologia edattualmente nell’Unità di Terapia Intensiva.Ho voluto far parte di questo Consiglio Direttivo perché condivido pienamente i principie gli ideali sui quali si fonda questo ente e facendone parte ho la possibilità di dare il miocontributo nel rappresentare la professione infermieristica e nel garantire ai nostri colle-ghi un servizio di supporto per un corretto esercizio professionale.Inoltre mi viene data l’opportunità di tutelare il cittadino da comportamenti scorretti oabusi professionali, poiché egli ha il diritto costituzionale di ricevere prestazioni sanitarieda personale qualificato e preparato.Personalmente questa si presenta anche come un’occasione di crescita culturale, di matu-razione e responsabilizzazione su problematiche di diritto pubblico in ambito sanitario.Così come nel mio lavoro desidero collaborare per garantire una presa in carico otti-male; allo stesso modo, come cittadino ed utente, pretendo che siano preparazione ecompetenza a caratterizzare l’assistenza.Ritengo dunque che l’ essere Professionisti Sanitari non possa prescindere dal rispettodei diritti fondamentali dell’uomo e dai principi etici della professione.

Manuela Lenzi

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Sono nata a Cles il 10 aprile 1986.Dal gennaio 2011 lavoro come infermiera presso l'Ospedale Valli del Noce di Clesnell'U.O. di Pronto Soccorso. Frequento il quarto anno della Laurea Magistrale inScienze Infermieristiche e Ostetriche presso la Facoltà di Medicina e Chirurgiadell'Università degli Studi di Verona.La mia candidatura alle elezioni del Collegio IPASVI di Trento è stata mossa dall'impe-gno che sento voler dedicare non solo nel quotidiano lavoro, ma anche nel confrontopiù ampio nel seguire lo sviluppo della professione infermieristica.

Gloria Longhi

Sono un marito ed un papà felice: innanzi tutto questo! Mi ritengo uno “storico” delCollegio perché sono al sesto mandato ma sono sempre più convinto della ricchezzache riserva l’esperienza di lavorare con i colleghi in un contesto di vera riflessione e con-divisione professionale. Per completezza, lavoro in U.O. di Chirurgia presso l’Ospedale“S. Camillo”.

Marco Maines

Sono infermiera da vent’anni con esperienza in ambito ospedaliero, libera professioneed ora stò affrontando una nuova sfida come Coordinatore dei Servizi all’Apsp Anauniadi Taio. Una delle mie passioni è la medicina complementare, intesa come conoscenzanon solo del corpo ma anche della correlazione mente-corpo. Reputo che far parte delCollegio sia una grande opportunità di crescita sia professionale che umana e sono feli-ce di essere al secondo mandato.

Katia Molinari

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Sono un infermiere ed esercito la professione in regime libero professionale. Mi sonolaureato nel 2004, sono contento di essere ciò che sono e non cambierei il mio lavorocon null’altro proprio per il valore aggiunto che attribuisce al mio essere. Questo è il miosecondo mandato, sono felice di aver avuto l’opportunità di continuare in questo per-corso di crescita professionale.

Mirko Prada

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Sono Andrea Rizzoli e sono al mio primo mandato come Consigliere del Collegio. SonoInfermiere dal 1993. Dopo una breve esperienza in Chirurgia presso l’Ospedale S.Camillo, ho lavorato un paio d’anni in Geriatria al S.Chiara e poi la mia grande passio-ne, il Servizio di Rianimazione ed Anestesia nel quale ho lavorato per quasi quattordicianni. Oltre a poter coltivare la mia passione per l’Area Critica, durante gli anni in TerapiaIntensiva sono entrato in contatto con il mondo della formazione: di base seguendo inqualità di supervisore gli studenti in tirocinio e post base collaborando soprattutto con ilServizio Formazione Aziendale. Ho inoltre avuto l’opportunità di effettuare un percorsodi Master in Tutorato Clinico che da una parte mi ha aiutato a perfezionarmi come super-visore e che ora è la base del ruolo di Tutor Clinico che da un paio d’anni ricopro pres-so il Polo Universitario di Trento, al Corso di Laurea in Infermieristica.Gli elementi e le motivazioni che mi hanno spinto a volermi provare in questa esperien-za all’interno del Collegio sono principalmente due: anzitutto la curiosità di comprende-re la struttura del Collegio e della Federazione e le reti che tali organismi hanno con glialtri enti socio-sanitari come l’APSS, l’UPIPA ma anche con la stessa ProvinciaIl secondo elemento è l’entusiasmo per la professione ed il desiderio di acquisire unaprospettiva ed una visione della professione più allargata ed ampia.La prima sfida che mi sono posto è quella di declinare le capacità e le competenze cheho avuto l’opportunità di sviluppare in ambito clinico e negli ultimi anni nella formazione,all’interno di Commissioni e progetti che nasceranno all’interno del Consiglio.Adesso ho ancora qualche difficoltà a pormi altri obiettivi oltre questo proprio in quanto sonoancora in fase di osservazione e conoscenza; tuttavia l’altro proposito che mi sono posto èquello di creare, attraverso il ruolo di Consigliere ed assieme agli altri colleghi del Consiglio,ulteriori relazioni con gli Infermieri dei vari contesti (Ospedale, Territorio, RSA, APSP, LiberoProfessionisti…) al fine di potermi fare portavoce di attese e promotore di progetti.

Andrea Rizzoli

Nadia Rovro 47 anni, sposata, con tre figli, da 30 anni infermiera presso l'ospedale S.M.Del Carmine di Rovereto, la maggior parte dei quali trascorsi nel ruolo di coordinatore.Il mio orientamento è sempre stato quello di centralizzare l'utente/paziente e coordina-re il reparto affinchè la risoluzione dei suoi bisogni fossero garantiti. Nel tempo però purmantenendo quale obiettivo la presa in carico dell'utente ho dovuto scostarmi dall'atti-vità diretta e quotidiana dell'assistenza per divenire sempre più coordinatore nel verosenso della parola ossia “ responsabile sia delle risorse materiali che umane che gesti-sce e coordina al fine di raggiungere gli obiettivi organizzativi “. Poche parole ma che neltempo mi hanno “schiacciata” e talvolta fatta sentire sola nel cercare di creare valore neiprocessi assistenziali erogati. L'elezione nel nuovo direttivo del collegio IPASVI mi hadato quello stimolo, quella energia per mettermi in gioco, ampliare le conoscenze, perun confronto che sono sicura mi aiuterà a crescere come persona, ma spero mi per-metterà attraverso le esperienze maturate in decenni di lavoro sul campo di poter con-tribuire alla crescita e valorizzazione della nostra professione .

Nadia Rovro

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Sono infermiera da quattro anni e lavoro in U.O. di Unità Coronarica. Subito dopo la lau-rea mi sono messa in gioco con il Collegio perché penso che per essere infermieri, nonbasta la quotidianità ma serve un impegno che vada oltre per continuare a crescerecome professionista a 360°.

Sara Pellizzari

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Sono Andrea Rizzoli e sono al mio primo mandato come Consigliere del Collegio. SonoInfermiere dal 1993. Dopo una breve esperienza in Chirurgia presso l’Ospedale S.Camillo, ho lavorato un paio d’anni in Geriatria al S.Chiara e poi la mia grande passio-ne, il Servizio di Rianimazione ed Anestesia nel quale ho lavorato per quasi quattordicianni. Oltre a poter coltivare la mia passione per l’Area Critica, durante gli anni in TerapiaIntensiva sono entrato in contatto con il mondo della formazione: di base seguendo inqualità di supervisore gli studenti in tirocinio e post base collaborando soprattutto con ilServizio Formazione Aziendale. Ho inoltre avuto l’opportunità di effettuare un percorsodi Master in Tutorato Clinico che da una parte mi ha aiutato a perfezionarmi come super-visore e che ora è la base del ruolo di Tutor Clinico che da un paio d’anni ricopro pres-so il Polo Universitario di Trento, al Corso di Laurea in Infermieristica.Gli elementi e le motivazioni che mi hanno spinto a volermi provare in questa esperien-za all’interno del Collegio sono principalmente due: anzitutto la curiosità di comprende-re la struttura del Collegio e della Federazione e le reti che tali organismi hanno con glialtri enti socio-sanitari come l’APSS, l’UPIPA ma anche con la stessa ProvinciaIl secondo elemento è l’entusiasmo per la professione ed il desiderio di acquisire unaprospettiva ed una visione della professione più allargata ed ampia.La prima sfida che mi sono posto è quella di declinare le capacità e le competenze cheho avuto l’opportunità di sviluppare in ambito clinico e negli ultimi anni nella formazione,all’interno di Commissioni e progetti che nasceranno all’interno del Consiglio.Adesso ho ancora qualche difficoltà a pormi altri obiettivi oltre questo proprio in quanto sonoancora in fase di osservazione e conoscenza; tuttavia l’altro proposito che mi sono posto èquello di creare, attraverso il ruolo di Consigliere ed assieme agli altri colleghi del Consiglio,ulteriori relazioni con gli Infermieri dei vari contesti (Ospedale, Territorio, RSA, APSP, LiberoProfessionisti…) al fine di potermi fare portavoce di attese e promotore di progetti.

Andrea Rizzoli

Nadia Rovro 47 anni, sposata, con tre figli, da 30 anni infermiera presso l'ospedale S.M.Del Carmine di Rovereto, la maggior parte dei quali trascorsi nel ruolo di coordinatore.Il mio orientamento è sempre stato quello di centralizzare l'utente/paziente e coordina-re il reparto affinchè la risoluzione dei suoi bisogni fossero garantiti. Nel tempo però purmantenendo quale obiettivo la presa in carico dell'utente ho dovuto scostarmi dall'atti-vità diretta e quotidiana dell'assistenza per divenire sempre più coordinatore nel verosenso della parola ossia “ responsabile sia delle risorse materiali che umane che gesti-sce e coordina al fine di raggiungere gli obiettivi organizzativi “. Poche parole ma che neltempo mi hanno “schiacciata” e talvolta fatta sentire sola nel cercare di creare valore neiprocessi assistenziali erogati. L'elezione nel nuovo direttivo del collegio IPASVI mi hadato quello stimolo, quella energia per mettermi in gioco, ampliare le conoscenze, perun confronto che sono sicura mi aiuterà a crescere come persona, ma spero mi per-metterà attraverso le esperienze maturate in decenni di lavoro sul campo di poter con-tribuire alla crescita e valorizzazione della nostra professione .

Nadia Rovro

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Sono infermiera da quattro anni e lavoro in U.O. di Unità Coronarica. Subito dopo la lau-rea mi sono messa in gioco con il Collegio perché penso che per essere infermieri, nonbasta la quotidianità ma serve un impegno che vada oltre per continuare a crescerecome professionista a 360°.

Sara Pellizzari

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Infermiera presso l’Ambulatorio di Cardiologia Ospedale S. Chiara di Trento.Percorso formativo: sono iscritta al Corso di Perfezionamento “Formazione per forma-tori eLearning” attivato presso la Facoltà di Scienze Cognitive nell’anno accademico2011/2012. Master di primo livello presso l'università di Firenze in Management per lefunzioni di Coordinamento nell'area Infermieristica, Ostetrica e Pediatrica; Maturità tec-nica; Scuola per Infermiere Professionale ora equiparata alla laurea triennale. Ho candidato perché ritengo importante partecipare alla vita del collegio e vorrei porta-re questa mia esperienza ai colleghi in ospedale ed essere un loro punto di riferimento.Inoltre mi permette di avere dei contatti con esperienze lavorative territoriali che mi sonosconosciute.Cosa posso portare al collegio IPASVI: posso portare il mio entusiasmo e la mia lungaesperienza lavorativa.

Claudia Tomasi

Sono Isabella Vanzo Dellagiacoma sono nata a Cavalese il 09 gennaio 1976. Dopo averconseguito la maturità linguistica, ho frequentato il Diploma Universitario in ScienzeInfermieristiche a Trento. Ho conseguito successivamente il titolo di Master perCoordinatore infermieristico presso l'Università di Verona (con sede a Trento).Attualmente sono iscritta al terzo anno della Facoltà di Psicologia dell'Università diPadova.Lavoro come infermiera dal 1998, la mia prima esperienza di tre anni circa è stata pres-so una RSA, a Predazzo, successivamente mi sono spostata in ospedale a Cavalesedove ho lavorato presso l'Unità Operativa di Medicina ed in Pronto Soccorso. Da quat-tro anni sono Coordinatore Infermieristico presso l’Unità Operativa di Ostetricia Gine-cologia e Pediatria all’Ospedale di Cavalese.Amo il mio lavoro ed ho sempre cercato di impegnarmi al meglio e con passione. Credomolto nella forza della nostra professione e nello spessore che essa può dare all'assi-stenza. Se tornassi indietro?... rifarei l'infermiera, non ho dubbi.Mi piacciono tanto gli animali e adoro cucinare.

Isabella Vanzo Dallagiacoma

Credo nella mia professione e sono sempre più convinta che “non c’è carenza infermie-ristica” ma “è aumentato il bisogno di infermieri”! Questo significa che c’è tanto bisognosì di lavorare vicino al paziente, malato, utente, cittadino ma anche con e per la profes-sione! Perché siamo sempre stati una professione impegnata, che molto è cresciuta edha investito ma, ancora di più oggi, c’è questa esigenza e bisogno di essere gruppo pro-fessionale, coeso e coerente.

Luisa Zappini

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Sono infermiera da più di trent’anni, lavoro in U.O. Cure Primarie - ambito Alto Garda eLedro del Distretto Centro Sud, sono al mio secondo mandato nel Consiglio Direttivo delCollegio.Mi ritengo fortunata poiché ho la possibilità di esercitare una professione sicuramenteinteressante ed in continuo cambiamento quale è quella dell’infermiere. Nel mio percorso formativo mi sono avvicinata a varie discipline di terapie complemen-tari che possono essere ulteriori possibilità di aiuto per il benessere del paziente.

Edda Valduga

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Fin da sempre ho dedicato il mio tempo libero ad attività di volontariato nell'ambito delmio paese quali coro, attività all'oratorio, raccolta fondi e materiali per missionari trenti-ni in Ciad e Camerum.L'esperienza lavorativa mi ha aiutato a crescere; a piccole tappe ho percorso un tragit-to personale che si può completare anche con quest'esperienza avvicinandomi agliaspetti più tecnici della professione. Attualmente desidero dedicarmi alla professioneinfermieristica che amo ed in cui credo!Grazie per la fiducia dimostratami, Silvia.

Silvia Romani

Il Collegio dei Revisori dei Conti

Mi chiamo Corina Valentina Neacsu, lavoro presso la Civica di Trento come infermiera,daotto anni,prima come libera professionista e da due anni come infermiera referente delApsp Angeli Custodi. Sto collaborando con L'Universita di infermieristica di Trento comesupervisore e nella gestione dei laboratori pratici. Mi sono candidata come revisore deiconti per la seconda volta presso l'Ipasvi diTrento per dare un mio piccolo contributo per laprofessione infermieristica .

Corina Valentina Neascu

Nata a Borgo Valsugana il 4 novembre 1959 eresidente a Trento. Laurea in Infermieristicaconseguita il 30 aprile 2003 presso la Facoltà diMedicina e Chirurgia dell’Università degli studidi Verona. Master universitario di I liv. in NursingGeriatrico (2003-05) conseguito in data 20 set-tembre 2006 presso la Facoltà di Medicina eChirurgia dell’Università degli studi di Verona.Infermiera presso l’Ospedale di Trento.Ho presentato la candidatura all’incarico direvisore per dare il mio contributo al buonandamento dell’Ente che rappresenta la nostracategoria e tutela gli interessi della professioneinfermieristica.

Claudia Ropelato

Infermiere dipendente presso l'APSP di BorgoValsugana. Ho scelto di ricandidarmi per poter dare anco-ra una volta il mio contributo.

Tiziano Poletti

COLLEGIOPROVINCIALE IPASVI

DI TRENTO

Via Calepina, 7538122 Trento

tel. 0461 239 989fax 0461 984 790www.ipasvi.tn.it

e-mail: [email protected]

Orario di segreteria:lunedì e venerdì

dalle 14.30 alle 18.00mercoledì

dalle 9.00 alle 14.00

Per collaborazioni, articoli, suggerimenti a “Notizie & Informazioni”

telefonare al numero 0461 239 989

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