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attraverso le cronache, i talk-show, i “Porta a porta”, i “Ballarò”, gli “Anno Zero” etc…ci confezionano un’Italia divisa e conflittuale su tutto, soprattutto ostaggio perenne di una partitocrazia sempre più invadente, litigiosa e incon- cludente che alimenta in molti casi atteggiamenti di aggressività, di compe- tizione, o prese di posizione apolo- getiche senza verità oggettiva. Mancava il tormentone della malcapitata Eluana Englaro a tenerci con le orecchie tese e a farci litigare sotto le bandiere opposte di morte sì e morte no. Roba da stadio! Destra e Sinistra stanno cambian- do l’Italia in un immenso campo di calcio e gli Italiani, come pecoroni, siamo diventati tutti tifosi dei due schieramen- ti. Se uno dice: è bianco, l’altro dice: è nero. E, l’arbitro ( il Presidente!...) è sem- pre “cornuto”. Così, di fronte al dramma di Eluana, ognuno alza la propria bandiera per affermare la propria verità come fosse la verità. E, per l’occorrenza, anche i medici ( cosa aberrante!) sono diventati tifosi. Alcuni (laicisti, anticleri- cali, radicali, sinistrorsi, scientisti) dicono con sicumera: Eluana è morta 17 anni fa, dunque, togliere la spina dell’al- imentazione è un atto dovuto. Altri (destrorsi, cattolici, scienziati, umanisti ) dicono che Eluana non è morta perché respira autonomamente, ha le mestru- azioni, deglutisce, ha un fisico perfetta- mente sano, non è una malata terminale, Il tormentone d’Italia Eluana è morta, o è stata uccisa? Qualcuno, per stabilire la verità, finirà per organizzarare un sondaggio, o un referendum... Intanto prendiamo dolorosamente atto che l’Italia manca di un criterio unico, oggettivo e condiviso, di discernimento etico in grado di superare le contrapposizioni ideologiche ma, anche, i riduzionismi antropologici e i fondamentalismi razionalistici e religiosi. Non solo. Manca, forse colpevolmente, uno stato di diritto, affidabile e democraticamente definito, da parte di un governo solerte che non pretenda, risibilmente, di colmare il vuoto legislativo con decreti ammazza sentenze. Segue a pag. 2 L ’Italia,da lungo tempo, sta vivendo nella tormenta. E i tormentoni che l’angustiano sono tanti. Un piccolo elenco? Eccolo: il treno della crisi eco- nomica con tutti i suoi vagoni (disoccu- pazione, sanità, scuola, Mezzogiorno, carovita, povertà vecchie e nuove); mag- istratura e giustizia, mafie e delinquen- za; politica e partiti; laicismo e cattolices- imo; etica e bioetica; libertà e sicurezza. Tutti tormentoni grossi e lunghi come le catene alpine. Ogni giorno i mass-media di Vincenzo Filice

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attraverso le cronache, i talk-show, i“Porta a porta”, i “Ballarò”, gli “AnnoZero” etc…ci confezionano un’Italiadivisa e conflittuale su tutto, soprattuttoostaggio perenne di una partitocraziasempre più invadente, litigiosa e incon-cludente che alimenta in molti casiatteggiamenti di aggressività, di compe-tizione, o prese di posizione apolo-getiche senza verità oggettiva.Mancava il tormentone della malcapitataEluana Englaro a tenerci con le orecchietese e a farci litigare sotto le bandiereopposte di morte sì e morte no. Roba da

stadio! Destra e Sinistra stanno cambian-do l’Italia in un immenso campo di calcioe gli Italiani, come pecoroni, siamodiventati tutti tifosi dei due schieramen-ti. Se uno dice: è bianco, l’altro dice: ènero. E, l’arbitro ( il Presidente!...) è sem-pre “cornuto”. Così, di fronte al drammadi Eluana, ognuno alza la propriabandiera per affermare la propria veritàcome fosse la verità. E, per l’occorrenza,anche i medici ( cosa aberrante!) sonodiventati tifosi. Alcuni (laicisti, anticleri-cali, radicali, sinistrorsi, scientisti)dicono con sicumera: Eluana è morta 17anni fa, dunque, togliere la spina dell’al-imentazione è un atto dovuto. Altri(destrorsi, cattolici, scienziati, umanisti )dicono che Eluana non è morta perchérespira autonomamente, ha le mestru-azioni, deglutisce, ha un fisico perfetta-mente sano, non è una malata terminale,

Il tormentone d’ItaliaEluana è morta, o è stata uccisa? Qualcuno, per stabilire la verità,finirà per organizzarare un sondaggio, o un referendum... Intantoprendiamo dolorosamente atto che l’Italia manca di un criteriounico, oggettivo e condiviso, di discernimento etico in grado disuperare le contrapposizioni ideologiche ma, anche, i riduzionismiantropologici e i fondamentalismi razionalistici e religiosi. Non solo.Manca, forse colpevolmente, uno stato di diritto, affidabile edemocraticamente definito, da parte di un governo solerte che nonpretenda, risibilmente, di colmare il vuoto legislativo con decretiammazza sentenze.

Segue a pag. 2

L’Italia,da lungo tempo, sta vivendonella tormenta. E i tormentoni chel’angustiano sono tanti. Un piccolo

elenco? Eccolo: il treno della crisi eco-nomica con tutti i suoi vagoni (disoccu-pazione, sanità, scuola, Mezzogiorno,carovita, povertà vecchie e nuove); mag-istratura e giustizia, mafie e delinquen-za; politica e partiti; laicismo e cattolices-imo; etica e bioetica; libertà e sicurezza.Tutti tormentoni grossi e lunghi come lecatene alpine. Ogni giorno i mass-media

di Vincenzo Filice

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ha un aspetto florido etc, dunque conser-va alcune funzioni vitali fondamentali eper questo non va tolta la spina perchésarebbe un omicidio.I giornali e dibattiti televisivi più chefare la verità scientificamente fondata suquesti fatti decisivi per il futuro dellapace sociale, soffiano sul fuoco della ide-ologizzazione e della politicizzazionealimentando la cultura da stadio tra glischieramenti. I tifosi della Curva Nord edella Curva Sud , nei bar, nelle piazze enella case si fronteggiano, dal canto loro,non in base a dati oggettivi e al principioetico della tutela della vita ad ogni costo,ma in base al sentire soggettivo e parti-giano della “nuova pietas” del pensierodebole.E’ difficile per tutti, fermarsi, fare silen-zio, silenziare la TV, sfuggire alla trappo-la dei giornali partigiani e riflettere conla propria testa attingendo “la verità”dalla propria coscienza libera e illumina-ta, soprattutto, ancorata alla tradizioneculturale e all’ethos originario e fondati-vo della storia del nostro popolo. Siamorazionalisti, ma incapaci di ragionarecriticamente; ascoltiamo le ragioni delcuore (tese a scaricare il peso della vitache soffre con l’eutanasia), ma non ilcuore ( che batte per la vita fin dentro lasofferenza e la morte). Non solo. Siamopronti e solleciti ad ascoltare le ragionidella morte e restii ad ascoltare le ragionidella vita. Vorremmo amare Eluana senzasofferenza, perché non siamo capaci diamarla nella sofferenza.Insomma, da buoni e tragici razionalisti,parafrasando un risibile slogan del vec-chio femminismo, sragioniamo così: lavita è mia e me la gestisco io. Un temposi diceva: l’uomo è Dio di se stesso.Sappiamo dove è approdato questo sgor-bio della ragione. La vicenda di EluanaEnglaro è foriera di una tempesta ancorapiù grande che si abbatterà, nel prossimofuturo, sull’umanità con nubi mostruosecome Eutanisa, Eugenetica, Clonazione,spacciate per progresso e civiltà.In questo clima torbido forse sarebbebene riscoprire il dialogo condotto con“passione di verità” non come tattica perrabbonire l’avversario. Il dialogo, peressere valido strumento di comprensionee quindi di pace , “presuppone unaconoscenza e cultura, sia pure parzial-mente comune ed un rispetto reciprocodi ogni persona umana. Il dialogo deveessere sempre aperto e pacato (immuneda pregiudizi e da conflittualità precon-cetta di schieramento), con l’umiltàessenziale in ogni civile discorso nelrispettoso raffronto tra più soggetti, cias-cuno ispirato anche dai sentimenti dellapropria fede religiosa ed orientato dal

principio di leale collaborazione e da unospirito di servizio, nell’interesse esclusi-vo della collettività. Questo non è altroche il metodo essenziale che deve guidareogni società civile, democratica e plural-ista in senso moderno”(R.Chieppa,Relazione, “Archi di Pace”, SanGiovanni Rotondo, -31/03/2007). Il dial-ogo, così inteso, è negato dalla discus-sione dove nessuno è disposto a perderele proprie ragioni e restare aperto alleragioni dell’altro. Discutere, purtroppo,non è apprendere, ma ignorare. Lademocrazia che ne scaturisce è inciviltàche disonora l’umanità dell’uomo. Daquesta democrazia fasulla sta nascendola libertà di uccidere per sfuggire alla sof-ferenza.Mentre scriviamo, sono le ore 20:00 del 10febbraio, giunge, dalla clinica udinese“La Quiete”, la triste notizia che Eluanasi è “acquietata”. La giovane, non piùnutrita e idratata in ubbidienza allalegge, è morta. Anzi, sarebbe il caso didire: è morta da morta!. E qualcuno, com-piaciuto, ha dichiarato ai microfoni Rai:Beppino Englaro “ha vinto la suabattaglia, ha finalmente realizzato il suosogno”. La tifoseria, dal canto suo, haaccolto la notizia con l’applauso. Il cam-pione ha fatto goal e la squadra ha vinto:“brindiam nei lieti calici!”. Anche“l’oscurantismo cattolico e papalino” èstato sconfitto. L’ennesimo pannelliano-sciopero della fame e della sete, quelloimposto “democraticamente” ad Eluana,ha realizzato il miracolo.Per quanto ci riguarda come credenticristiani non possiamo condividere l’ot-tusa “congiura contro la vita” che questatarda modernità, in nome del benessere edella libertà individualisticamente intesi,sta pericolosamente architettando. Per lanostra visione del mondo, la vita non èun bene disponibile all’arbitrio dell’uo-mo. L’uomo è custode e non padronedella vita. Il cristiano, quindi, sa di nonessere libero di morire come gli pare equando gli pare. Noi pensiamo che lamorte non sia un diritto, ma la con-dizione naturale e creaturale dell’uomo.Del resto anche la vita, di per sé, non è undiritto. Essa è un dono ricevuto (da Dio,dai genitori, dall’evoluzionebiologica…ognuno la pensi come crede).La vita diventa un diritto successiva-mente al concepimento e alla nascita. Perquesto, come credenti, condividiamo latensione amorosa e servizievole delleSuore Misericordine di Lecco che hannocurato, in silenzio e senza squilli di trom-ba, Eluana per 15 anni, con l’amorevolez-za di vere madri, senza esserlo.Restiamo convinti che l’accanimento ter-apeutico, a fronte della conclamata irre-versibilità del male, sia inutile tortura. Iltestamento biologico al riguardo diventa

inevitabile per tutti in modo che ognicura resti umana e non succube dellavolontà di potenza di lobies mediche,case di cura, case farmaceutiche e di“uomini-dei”, illusi padroni della vita edella morte.La tecnologia non dovrebbe sostituirsi aiprocessi naturali proprio per non ren-dere “artificiale” né la vita, nè la morte.Curare il morente dovrebbe significareaiutarlo a morire con dignità umana(non artificiale!) nella consapevolezzache non ogni rimedio sia legittimo soloperché possibile e praticabile. Ma unavolta avviato “l’accanimento terapeuti-co” la sospensione della normale alimen-tazione diventa scelta arbitraria e di con-venienza nonostante che un giudiziotroppo discutibile, poco fondato scien-tificamente e pericoloso, si ostini a chia-mare la morte procurata, “diritto dimorire”.L’autodeterminazione terapeutica, cheaffranca da terapie coercitive e obbliga-torie, è certamente un diritto della per-sona ma non può essere, come hasostenuto la Cassazione, “un opzione divalore e di cultura”. L’opzione è sempresoggettiva e relativistica e, perciò, controla tutela della persona. Soprattutto resti-amo convinti che nessun giudice, innome della legge, gravata dal sospettodi essere stata confezionata ad usumdelfini su deduzioni, supposizioni eimpressioni soggettive non su unavolontà esplicita e documentata, possadecretare il via libera alla morte per nes-suno, neppure per un delinquente incal-lito. La morte, sia comminata come pena,sia autorizzata come liberazione da uncoma irreversibile, è un obbrobrio.

Continua da pag.1

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La famiglia ha un senso che a nessunopuò sfuggire, un senso che dà sensoalla vita. L’uomo deve domandarsi

che senso ha il mondo come ricca cornicedell’esperienza familiare. La società ha unnucleo di partenza, la famiglia. Primasocietas est in coniugio ci tramanda Cicerone.Ci sono famiglie in preda alla violenza, mache, poi, ritrovano il sorriso, il gusto distare insieme, di sentirsi uniti dalla forzache deriva dal bisogno di aiuto reciproco.Infatti, tra moglie e marito, tra genitori efigli, tra fratelli e sorelle quante occasionidi aiuto si presentano, ciò che nascedall’amalgama dei sentimenti e daun’esperienza di comunità. L’aiuto èfondamentale tra i membri della famiglia.Si riesce ad aiutare allorché si sente lanecessità di essere aiutati.La famiglia è una risorsa straordinaria; sein essa vi è fallimento, ciò dipende da chiha anche la possibilità di sanare lasituazione fallimentare. La famiglia è uncrogiuolo di pensieri, di sentimenti, diiniziative in cui ogni individuo è disposto arinunciare a tutto in favore dell’altro. Nonsi deve temere di perdere il proprio valoreper il fatto di amare l’altro. La misantropia eil narcisismo non saranno mai vincenti. Sepensiamo che la famiglia eclissi la nostraindividualità ci sbagliamo di grosso.Semmai proprio stando con gli altridefiniremo meglio noi stessi, cipercepiremo per quello che siamo e perquello che la dotazione della nostrapersonalità è in grado di fare.Ogni individuo ha, sì, le sue dotibiologiche, genetiche, ma è anchedipendente dalle sue esperienze, dal luogoin cui vive, dalle relazioni che stabilisce. Lenostre doti non sono una scatola chiusa, masono enormi potenzialità che hannobisogno di esperienze e di un ambiente incui manifestarsi. Così l’ambiente familiareè una condizione, un’occasione permostrarle, per far sì che esse siano. Noiabbiamo bisogno degli altri per essere noistessi, per dare un senso e un valore allanostra esistenza. Non possiamo pensare dichiuderci nella torre eburnea dei nostripropositi, della nostra grandezza, dellanostra creatività e tenerci lontani dagli altriper non essere contaminati. Gli stimoli acreare, le motivazioni a fare li prendiamo eli apprendiamo dagli altri, dal mondo incui viviamo. Gli altri sono l’humus su cuinoi manifestiamo le nostre doti, chediversamente rimarrebbero obnubilate esepolte. Ogni opera umana, perciò stesso,risente del tempo, è calata nel tempo,ovverosia tra gli uomini. In proposito trovoassurdo voler definire un tempo per

sposarsi e mettere su famiglia, cioè a direvoler aspettare, pensare prima alla carrierae poi realizzarsi singolarmente: così lapercezione dell’insieme familiare risultanegativa per la propria individualità.Quando si sente il bisogno dell’altro,quando nasce l’attrazione per il progettofamiglia, è tempo di realizzarla. Isentimenti devono trovare spazio e nonessere lasciati asfittici dall’attesa di undomani più propizio, quando lo stipendiosarà più elevato. Sulla pianificazioneeconomica bisogna innestare “con priorità”la logica degli affetti, perché senza affettianche l’economia diventa più difficile. E’sempre tempo per amare, è sempre tempoper prendere moglie o marito, è sempretempo per mettere al mondo un figlio.L’insieme familiare non è dissipatore deltempo. L’elemento fondamentale nellafamiglia è la procreazione, che significa peril maschio difendere la femmina ingravidanza e poi il neonato. Ma taleelemento si fonda sull’imperativo di stareinsieme e, perciò, di promuovere lasocializzazione. Successivamente ilbambino allargherà l’ambito familiare,allorché comincerà a frequentare la scuola.Il processo educativo, iniziato in famiglia,attraverso le tre fasi dell’anomia,dell’eteronomia e dell’autonomia; proseguitonella scuola, porterà il ragazzo a un livellodi maturazione. Quindi sarà bene, comevoleva Pestalozzi, mettere in mano alragazzo il filo, perché possa procedere dasolo. Ma non vogliamo spostarci dal temafamiglia e particolarmente da ciò cheintendiamo per matrimonio. La radice delmatrimonio, come abbiamo visto, èl’amore. La prospettiva è l’insiemefamiliare. Il discorso è, però, più ampio se

consideriamo i pilastri del matrimonio edella famiglia: la solidarietà, la fiducia, ilsentimento di riconoscenza, il sentimento dellacolpa, il sentimento dell’appartenenza sociale.Chi contrae matrimonio dà luogo, diciamocosì, a una piccola storia di coppia sostenutada detti pilastri. La solidarietà è il senso dicondivisione della vita con la propriamoglie o col marito, il bisogno di starevicini per scambiarsi aiuti. La fiducia, che hala stessa radice di fede, è il fidarsi, il crederea quanto si dice e si fa. Il sentimento diriconoscenza è la gratitudine per averricevuto un aiuto essenziale, la memoria digesti, di un sorriso, di una carezza, diun’emozione piacevole. La riconoscenza facoppia con la gioia. Ma la gioia non èpassione; essa è una sensazione mentale e lasi può provare anche con le lacrime agliocchi. Il sentimento della colpa di fronte altradimento(non solo a letto) si attivafortissimo. La colpa nasce dal contrasto traciò che l’individuo ha fatto e ciò cheavrebbe dovuto fare, tra l’essere e il doveressere, tra l’io attuale e l’io ideale, cheesprime il come si sarebbe dovuto agire. Ilsenso di colpa verso la famiglia è ciò che ilsoggetto interiormente sente, per cui siautorimprovera. Infine il sentimento diappartenenza sociale, che va in frantumi nelcaso di rottura del matrimonio o sisostituisce con la menzogna. Inconclusione, il matrimonio e la famiglia nonfanno parte di un contratto ordinario, comeuno scambio di cose o un acquisto diimmobili, ma costituiscono quel vincolo tradue persone che ha come prospettiva digenerare ed educare dei figli e, quindi,hanno un carattere di sacralità.Tutto ciò significa rispetto per l’uomo e perla famiglia.

La solidarietà nella famigliaNasce dall’amore non dal contratto

di Michele Filipponio

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Carissima Chiara, dal momentoche più leggo certi articoli piùresto saldamente convinto di

quanto ti scrissi nella mia prima (OggiFamiglia nn.10-11/2008), voglio inveceapprofondire quella frase di padreGustavo Gutierrez dalla quale trae ispi-razione questa mia nuova lettera. Nelvangelo di Luca, Gesù invita i suoi disce-poli a leggere i ‘segni dei tempi’, ossia leorme di Dio nella storia, per trarne lenecessarie conseguenze nella sequela enella costruzione del Regno di Dio (Lc12, 56-57).L’invito di Gesù permane nella chiesa ditutti i tempi, ma acquista particolare val-ore durante il Concilio Vaticano II e,ancor prima, con Giovanni XXIII e la suaPacem in terris (1963). La teologia dellaliberazione (TdL), che nasce in Americalatina nel ’68, fa sua creativamente ques-ta intuizione evangelica contestualizzan-dola, però, nell’ambito di un continentedevastato dalla povertà, da continuigolpe militari (Brasile, Cile, Argentina),segnato dalle rivendicazioni dei contadi-ni che pretendono la sacrosanta riformaagraria, da operai super-sfruttati nellefabbriche delle multinazionali occiden-tali, ma anche dal fallimento delle ricettesviluppiste proposte, in chiave antico-munista, dal governo statunitense di JFKennedy con la sua ‘Alleanza per il pro-gresso’. E sullo sfondo, la potenza ispira-trice della rivoluzione cubana con le fig-ure carismatiche di Fidel Castro e CheGuevara. Dopo secoli di dominio, final-mente l’America latina diventa soggettodella propria storia.La TdL intuisce che i poveri sono ilgrande segno dei tempi che si dischiude inAmerica Latina: il nuovo ‘luogo teologi-co’ dal quale ripensare, a partire dallaprassi delle comunità, tutta la teologia.Da questo luogo teologico, scaturiscenaturalmente l’opzione preferenzialedei poveri, che tuttavia si accompagna inpartenza con il rifiuto di qualsiasi dis-corso assistenzialista o puramenteriformista. Fare dei poveri i soggettidella propria liberazione e non solo puridestinatari: questa la grande novità dellaTdL! In questo senso, essa ha saputo ele-vare la ‘questione-poveri’ al rango diproblema teologico e politico insieme,liberandola da soluzioni ambigue pro-prie della dottrina sociale della chiesa laquale, mentre afferma – incalzata dallaTdL - l’opzione preferenziale dei poveri

(Sollecitudo rei socialis n. 42) propone il‘capitalismo corretto’ come via persuperare le ingiustizie strutturali gener-ate dal capitalismo stesso (Centesimusannus, n. 42)!I brani che seguono, tratti dallibro di padre Ignacio EllacuriaConversione della chiesa alRegno di Dio (1984), illustranola peculiare concezione dellaTdL: “Il fatto dei poveri inAmerica latina mostra come laconcezione classica dei poveri edella povertà toccasse appenaaspetti che oggi, invece, vedi-amo con chiarezza. Due di essimi sembrano fondamentali: ilcarattere dialettico della povertàe il suo carattere politico. In sin-tesi: nella nostra situazione conc-reta esistono poveri perché ci sonodei ricchi; c’è una maggioranza dipoveri perché c’è una minoranza diricchi. Tutto ciò sia detto senzadimenticare, neppure per un momento, ilcarattere strettamente cristiano dellapovertà, perché la povertà cristiana deve cos-tituirsi in povertà dialettica e politica perdare tutto ciò che ha, mentre, a loro volta, lapovertà dialettica e quella politica devonodiventare cristiane per essere realmenteaffermatrici e creatrici e non meramente dis-truttrici e negative”. (Ellacuria 1984, 137)“Il carattere politico dei poveri (…), povertàcoscientemente ed attivamente sopportata,rappresenta, prima e dopo la rivoluzione,una forza fondamentale di cambiamentosociale ed un referente imprescindibile per laristrutturazione della società. Sono ‘i poveridella terra’ che stanno dando slancio allalotta per la liberazione (…) Essere soggettiattivi della lotta sociale e politica, non solo iportatori e sopportatori della lotta ma orien-tatori oggettivi della medesima”.

(Ellacuria 1984, 138-139)

Brani, quelli appena letti, che riecheg-giano le Beatitudini di Gesù, il qualedisse: “beati voi poveri e guai a voi ric-chi” (Lc 6, 20-26). Oggi, la TdL ha scoper-to anche altri ‘luoghi teologici’, ossiaaltre orme di Dio nella storia: le comu-nità indigene, il problema ecologico, leculture afro-latino-americane, la teologiafemminista, il pluralismo religioso, laricerca del cristianesimo delle origini.Ma l’opzione preferenziale dei poveriresta la costante più’calda’ e profetica, ilsuo ‘filo rosso’, dal momento che apparesempre più evidente come la povertànon sia un fato ma un fatto politico. Alla

luce di questi passaggi, si capisce anchecome mai il vecchio Marx abbia esercita-to (e continua ancora oggi a esercitare)un suo fascino speciale. Non perché sene condivida tutto (L. Boff scrive spessoche Marx resta un compagno di strada,non il maestro), ma perché se ne condi-vide l’essenziale: l’amore per gli oppres-si e l’analisi del capitalismo e delle suestrutturali patologie.Scrisse infatti ne Il Capitale (1867) che ilcapitalismo vive solo per sé stesso e nonper i lavoratori e la società: “la leggendadel peccato originale teologico ci narra comel’uomo sia stato condannato a guadagnare ilpane col sudore della fronte; la storia del pec-cato originale economico ci mostra invececome mai esistano delle persone che nonhanno assolutamente una tale necessità. È lastessa cosa. Così accadde che i primi accu-mularono ricchezza e che altri ebbero infineda vendere solo la propria pelle. E da questopeccato originale inizia la povertà dellagrande massa che, malgrado tutto il suolavoro, non ha mai altro da vendere che sestessa, e la ricchezza dei pochi che cresce incontinuazione”. (Libro I, cap. 24)

Un testo che ha anticipato di oltre ven-t’anni la dottrina sociale della chiesa, lacui data di nascita è nel 1891 con laRerum Novarum. Alla prossima, Chiara.

“La teologia della liberazione è ildiritto dei poveri a pensare la loro fede”di Vincenzo Altomare

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Ci fingiamo poveri e non lo siamo

Leggendo i giornali e guardando latelevisione mi sono reso conto che lanostra cara Italia è un paese non più

abitato da santi, poeti, navigatori e commis-sari tecnici della nazionale di calcio, ma dapiagnoni. ANapoli, città del sole, direbberoche è un paese di “fotti e chiagni”.AS. PietroinAmantea,mio paese natale “allatta e chian-gi”, che poi è la stessa cosa. Due bellissimeespressioni dialettali, una a dire il vero unpo’ volgaruccia, che non hanno bisogno ditraduzione perché il significato è comprensi-bilissimo. Fai l’amore, fai figli, allattali,divertiti, goditi la vita, spendi e spandi piùche puoi, vai in villeggiatura, cambi l’auto-mobile, compri il telefonino di nuova gener-azione e la televisione a cristalli liquidi, e poilamentati pure con tutti, col vicino di casa,coi familiari, con gli amici, col datore dilavoro, con gli amministratori locali, colgoverno, con i potenti di turno. Piagnucolache stai diventando povero, che lo stipendioo la pensione è insufficiente, che a stentoriesci a sbarcare il lunario, che i soldi finis-cono presto, che non hai più soldi perandare a cinema, a teatro e allo stadio, che ladomenica sei costretto a stare in casa aguardare in televisione sgambettare lesorelle Lecciso, mentre prima uscivi con gliamici. Ti ritrovavi puntualmente ogni seracon gli amici al bar o in pizzeria. Ora nep-pure un panino riesci a rimediare. Che brut-ta situazione, amico mio! Capodanno è pas-sato e non hai neppure potuto comprare ibotti e i tric trac per festeggiare il nuovoanno. A Natale non hai potuto comprare itorroncini Condorelli e i susumelli diBagnara perché hai finito finanche latredicesima.Ma perché quest’anno è successo tuttoquesto dramma? Di chi la colpa? Dell’euro,direbbe qualcuno un po’ sprovveduto. No, èdi Berlusconi, rispondono all’unisono i rad-ical shick, quelli che la mattina li trovi al barsotto casa a sorbire un bel caffè e sotto brac-cio il giornale “la Repubblica”. E’ stato luiche ci ha impoverito. E’ stato lui, col suomalgoverno, che ci costringe a stringere lacinghia e ci ha fatto passare un bruttoNatale, il peggiore degli ultimi anni, cosìrecitava un manifesto di un noto negozio diregali che reclamizzava i suoi prodotti ribas-sati al 50% per attirare l’attenzione dei clien-ti e dei consumatori un po’ distratti. E’ uncontinuo e monotono lagnarsi, e i politiciche vengono intervistati, sempre gli stessi ealla stessa ora, dicono le stesse cose nellostesso modo: i prezzi sono saliti alle stelle,non abbiamo più soldi da spendere, colpa diBerlusconi.. Anche la gente comune cheviene intervistata per le strade ripete fino

alla noia la stessa cosa. Si lamenta di tutto edice che non ha fatto nessun regalo perCapodanno e per la Befana perché non hasoldi a sufficienza e intanto ha le mani pienezeppe di pacchi e pacchettini ben con-fezionati con dentro magari costosissimiregali. E’ un vero disastro, così non si puòdavvero andare avanti. Ci sono le bollette delgas, della luce, del telefono, della televisione,di sky, le ricariche dei telefonini, i bolli delleautomobili, le rate della spazzatura dapagare. Poco prima di Natale è financhescaduta la seconda rata dell’I.C.I., questoiniquo balzello voluto dal governoBerlusconi. Ma no, dirà qualcuno, è statoGiuliano Amato quando era Presidente delConsiglio che ha inventato questa impostasulla casa tanto amata dagli italiani.Berlusconi l’ha tolta definitivamente. No, èstato il governo dell’odiato Berlusconi che hainventato questa tassa per farci diventareancora più poveri, Amato, che è di sinistra,non avrebbe mai fatto una simile stronzata. Ecosì, per colpa sua, sono stato costretto apagare questo balzello che va a impinguare lecasse degli amministratori locali che poi lebruciano per i fuochi d’artifizio e per i comp-lessi di grido per le feste di fine d’anno. Nonposso più permettermi viaggi esotici allaMaldive o viaggi sexy, tutto compreso, inBrasile, in compagnia di bellissime fanciulleminorenni, o prenotare quella automobileche desideravo tanto avere per il nuovoanno. Poverino, è costretto a viaggiare con lavecchia Mercedes! E la consorte non ha potu-to esibire al cenone di San Silvestro quellacroce al collo con brillanti e zaffiri, perché le

gioiellerie di Cosenza hanno chiuso per falli-mento. Le figliole, poverine si sono dovuteaccontentare di andare a sciare quest’anno aLorica o a Camigliatello, gli altri anni, invece,andavano a Cortina con i boy friends. E perla Befana si sono scambiate con le amicheregali utili, magari piccoli e insignificanti:guanti di lana comprati alle bancarelle diLungo Crati, sciarpe finta sete comprate allebancarelle di Corso Mazzini, boccette di pro-fumo false comprate dai marocchini,borsette taroccate finta pelle provenientidalla Cina. E’ un disastro, un vero disastro,siamo davvero diventati poveri. A furia dilamentarci, ci stiamo diventando davvero.Dovremmo essere tutti contenti se davveroper Natale le folle spese siano diminuite,invece tutti ci lamentiamo e piangiamo. Silamenta e piange il commerciante e intantonel suo negozio gli scaffali si sono svuotati. Silamenta e piange l’albergatore e intanto nelsuo albergo i posti sono stati tutti prenotatida diversi mesi. Si lamenta e piange l’indus-triale, si lamenta e piange il produttore. Eintanto si godono la bella vita. “Chiagnano efottano” e nel frattempo i negozi, le orefi-cerie, i supermercati stracolmi di ogni ben diDio si svuotano in un batter d’occhio. Sonoaffollatissimi dalla mattina alla sera e lagente compre di tutto e di più. I carrelli dellaspesa sono stracolmi e dalle casse fuori-escono scontrini della spesa chilometrici. Leagenzie di viaggi sono affollatissime e iluoghi di villeggiatura italiani e stranierihanno avuto il tutto esaurito. Non c’è statoun posto negli alberghi per il cenone di fined’anno e le autostrade italiane sono stateintasate da giorni perché milioni di italianisono stati in viaggio.Continuate pure a fare al’amore, se ancora ve la sentite, ma non “chi-agnite” più, vi prego. Fate piangere davveroquelle persone che soffrono, che non stannobene, che vengono lasciate per ore nel salonedel pronto soccorso, che hanno lavori pre-cari, che hanno figli a casa senza lavoro, queivecchietti con la pensione al minimo, queidiseredati costretti a vivere nelle baracche,nei tuguri e sotto i ponti, quei poveri abban-donati da Dio e dagli uomini, e ce ne sonotanti in Italia e nel mondo, e che purtroppo ciricordiamo di loro soltanto in occasione dellefestività del Santo Natale. Facciamo finta dimangiare con loro, ci facciamo riprenderedalla televisione e poi, finita la festa, cidimentichiamo di tutti e di tutto. Domani èun altro giorno.Voi no, non avete il diritto dilamentarvi e di piangere. E se davvero voletepiangere perché vi siete accorti che avetefatto del male a qualcuno, fatelo in silenzio enel buio delle vostre topaie e stamberghe coilampadari di cristallo e i rubinetti dorati.Abbiate il pudore almeno di non farvi vederee farvi sentire, tanto nessuno vi crederà.

di Francesco Gagliardi

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 20096

“ La storia come insieme di fatti umani, è ilprodotto, l’effetto, dell’azione dell’uomoche li ha causati”. Nel susseguirsi di corsi ericorsi, agli inizi degli anni Cinquanta,finisce l’età del ferro, contraddistinta dadue guerre mondiali e inizia la lenta ripre-sa verso la vita.“Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue/salite dalla terra, dimenticare i padri/ leloro tombe affondano nella cenere/ gliuccelli neri, il vento, coprono il lorocuore”.La nostalgia della “normalità”, dopo tantiorrori, dà l’input a voler riprendere il cam-mino della speranza, per ritrovare il valoredella dignità umana, il grande senso dellavita.Dopo i primi anni di grande fatica, sicominciano a raggiungere i traguardi pre-fissati: coloro che oggi hanno le tempiebrizzolate, sono alla soglia della pensione,dopo aver avuto un’infanzia serena in unafamiglia senza bruschi scossoni, un’adole-scenza infuocata dal mitico ’68, ma ancheal riparo della parrocchia, fucina di inizia-tive e di aggregazione, il fidanzamentoquando si sognava ciò che poi veniva rea-lizzato, un lavoro, senza instabilità, infinel’agognato riposo.

Altro importante traguardo riguarda l’a-spetto socio-culturale delle famiglie: i primidiplomati, laureati, che ricoprono ruolilavorativi attinenti il loro titolo di studio.Ma gradualmente, ciecamente, irresponsa-bilmente, da cicale e non da formiche, ci siavvia ad una ripida discesa, che interrompeun traguardo, per il quale si è pagato ilprezzo elevato, a livello esistenziale, affer-mando una società dell’avere, dell’appari-re, piuttosto che dell’essere.Conclusa quella che possiamo definire l’etàdell’oro,stiamo vivendo l’età del bronzo enon si allude alle “facce di bronzo” che, pie-trificate in uno statico sorriso confortatore,sbandierano un ottimismo fuori posto, maalla fatica di stare in un traballante equili-brio tra illusioni e speranze, perché ritorna-re indietro non è facilmente accettabile. Sivive una forte aridità di valori, di prospetti-ve esistenziali, in tutte le sfaccettature, per-ché ad essere in crisi sono tutti i settori: daquello delle ideologie politiche a quelloeconomico. Non è risparmiata neanche lachiesa , che paga il non essere liberata datante sovrastrutture che appesantiscono ilsuo sempre più pesante impegno ad affer-mare, con voce ferma e decisa, i suoi “no”,spesso etichettati, dai “non-vedenti”, comeschieramento politico, come se l’afferma-zione della e alla vita fossero da regolamen-tare con leggi e non con una retta coscienza.La chiesa è e deve essere vangelo vivente,

testimonianza corrente di un sano rigoremorale, priva di orpelli, che l’allontananodalla semplicità degli ultimi:povera tra ipoveri.Allora, a fronte di questa situazione, cheregistra una galoppante declassazione, sicerca di ottimizzare la vita, ma si finiscecon il complicarla: globalizzazione del pen-sare, dell’agire, trappola della spontaneità,problematizzazione dei sentimenti. Il futu-ro incerto determina una continua ansia incui si vive male il presente, con un lasciarsiandare, che non è certo il presupposto pergettare solide, basi di un cambiamento.Viviamo la lezione di umiltà, dopo tantoergerci a padroni del mondo; riscopriamoche la felicità non è data dal benessere eco-nomico, ma ricchezza interiore.Allontaniamoci dal mondo vuoto delleveline, ma accostiamoci al nostro vicino dicasa, non voliamo nell’isola dei famosi, marestiamo coi piedi a terra nel nostro orticel-lo, recuperando i figli fragili, che la genera-zione del falso benessere ha creato demoti-vanti e non forgiati alla bellissima fatica delvivere.Armiamoci di una sana visione della realtà,senza voli pindarici, ma anche senza mon-tagne invalicabili, perché “malgrado tuttoavevo fame di un significato nella vita/ Eadesso so che bisogna alzare la vela/ eprendere i venti del destino,/dovunquespingano i venti”. ( E.Lee Masters)

A largo raggio

Le celebrazioni delle ricorrenze richia-mano la memoria di tappe significa-tive dell’umanità. Alcune dimostrano

come sul pianeta sia progredita la consapev-olezza che esiste una sola grande comunitàed è il caso degli eventi che quest’anno sonostati illustrati. Con la nostra Costituzione hacompiuto sessant’anni la Dichiarazione uni-versale dei diritti dell’Uomo, “il documentodella civiltà”. In essa sono affermati principiche dovrebbero essere «l’ideale comune daraggiungere da tutti i popoli». Quei principinon sono realizzati integralmente nemmenodagli stessi paesi sviluppati che furono pro-tagonisti nel deliberarli all’Assemblea gen-erale dell’Onu il 10 dicembre 1948. È il docu-mento più solenne che riconosce la dignità dipersona umana a tutti – uomini e donne –viventi. Basta riflettere su ciò per rimprover-arci. Quasi un miliardo di persone non hacibo per sopravvivere; 30 milioni di bambinimuoiono ogni anno di stenti (malattie, mal-nutrizione), senza “risultare” come persone.La non prevista inumana crisi finanziaria deipaesi più ricchi sta intaccando la dignità deicittadini e delle famiglie di quegli stessi paesi.Senza lavoro non si mangia, non si sta inbuona salute: la povertà insieme con l’abbru-timento della persona indebolisce le strutturestesse dello sviluppo. Giovanni Paolo II, cheha definito la Dichiarazione «una delle piùgrandi espressioni della coscienza umana», è

l’autore della enciclica Laborem Exercens, conla quale ammonisce che senza lavoro non c’èdignità per la persona umana. In questi giorni,anche Benedetto XVI ci ha richiamato ad unainquietante responsabilità perché le con-dizioni lavorative siano sempre dignitose pertutti, essendo acuto il timore per «l’aumentodella forma di precariato». Vale la pena soffer-marsi almeno un istante per andare col pen-siero a chi non solo non ha certezze, ma temedi trovarsi da un momento all’altro senzalavoro. Il ministro Brunetta esorta la Chiesa afare di più? Da quando la Chiesa deve sosti-tuirsi allo Stato? Comunque l’Arcivescovo diMilano ci ha pensato a spiegare: la Chiesa tes-

timonia e insegna. La sua missione cor-risponde alle esigenze esistenziali degli uomi-ni e delle donne, in ogni tempo e sotto ognicielo. Il messaggio di Benedetto XVI per laGiornata mondiale della pace (40° anniver-sario della prima voluta da Paolo VI nel 1968)è: «Combattere la povertà è costruire la pace».Nel mondo si confrontano, ricorda il papa,sottosviluppo e conseguenze negative delsupersviluppo. Il papa ci richiama una con-statazione primaria: «È la povertà spesso tra ifattori che favoriscono o aggravano i conflitti,anche armati. A loro volta, questi alimentanotragiche situazioni di povertà ». Ecco laChiesache fa di più: individua chiare responsabilità eindica la strada. I governi facciano più politicaestera di sviluppo e costruiscano la pace. Nonavremmo centinaia di disperati che appro-dano ogni giorno sulle nostre coste. Tocca atutti e a ciascuno premere sui propri gover-nanti perché sappiano proporre strategie cheguardino in alto e lontano. Il qui ed ora nonalimenta la speranza, ma paura ed egoismo.Nel centenario della nascita di Simone Weil –che cadrà all’inizio del 2009 – è importanterichiamare quanto fosse infastidita dal contin-uo anteporre i diritti ai doveri. Sosteneva conincredibile lucidità, senza la possibilità di sch-ernirci con qualche alibi, che «l’adempimentoeffettivo di un diritto non proviene da chi lopossiede, bensì dagli altri uomini che siriconoscono, nei confronti di questa persona,obbligati a qualcosa».

«Combattere la povertà è costruire la pace»

di Massimiliano D’Acri

di Lina Pecoraro

Per uscire dalla crisi bisogna smettere di anteporre i diritti ai doveri

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 20097

ale “V.Bachelet”, cogliendo il significatoprofondo della solidarietà, si impegna adorganizzare momenti e iniziative all’inseg-na della condivisione e della parteci-pazione, come la “Tombolata della solidari-età”del 5 gennaio 2009. L’intento è statoquello di raccogliere fondi da spendere inbeni di primaria necessità da distribuirealle famiglie assistite dal centro stesso.Organizzare l’evento ha avuto una grandevalenza educativa per noi volontari delServizio Civile in quanto ognuno di noi si èimpegnato in prima persona, e soprattuttoinsieme agli altri, nell’ideazione e realiz-zazione pratica della tombolata. Può sem-brare banale, ma realizzare l’evento del 5gennaio ci ha aiutato a comprendere comesolidarietà significhi “fare insieme” e comeognuno sia stato indispensabile alla buonariuscita dell’iniziativa.Cogliamo l’occasione per ringraziare tutticoloro che si sono spesi per la buona riusci-ta della serata. Non siamo scrittori di pro-fessione, e spesso abbiamo difficoltà adescrivere efficacemente le emozioni chequesta esperienza ci ha regalato, è perquesto che preferiamo lasciarvi con unafrase che ci piace e che le rispecchia:

“La solidarietà non deve essere vissuta come“regalo” ma come impegno, un impegnocomune con altri che non avranno gli stessiproblemi nostri ma che comunque vivono in unmondo da condividere fra tutti.”

I ragazzi del Servizio Civile 2008/2009Annamaria, Umberto,

Chiara, Valentina, Salvatore

Seduti davanti al PC del CentroBachelet per scrivere un articolosulla tombolata dello scorso 5 gen-

naio, in mancanza di un incipit appropria-to, sfogliamo il dizionario in cerca del sig-nificato di ‘solidarietà’. Il termine derivadalla parola francese ‘solidaire’, e sta adindicare un atteggiamento di benevolenzae comprensione, ma soprattutto di sforzoattivo e gratuito, atto a venire incontro alleesigenze e ai disagi di qualcuno che habisogno di aiuto.Ma al di là di ogni definizione riduttiva,noi pensiamo che la solidarietà abbia sig-nificati mutevoli e personali. Il suo signifi-cato più profondo si sgancia dal concettodi elemosina, che sottolinea le diversitàsociali e nasconde relazioni di potere asim-metriche, ma racchiude l’idea che siadoveroso e necessario spendersi per realiz-zare l’uguaglianza di tutti in dignità ediritti in quanto persone. In questo sensosiamo convinti che la solidarietà conferiscaparticolare risalto all’ intrinseca socialitàdella persona umana, al comune cammino

degli uomini e dei popoli verso una sem-pre più convinta unità.La solidarietà è dunque sia principiosociale che virtù morale. Principio socialein quanto ordinatore delle istituzioni evirtù morale in quanto vocazione diimpegnarsi per il bene comune. In altri ter-mini, la «solidarietà» esprime l’esigenza diriconoscere nell’insieme dei legami cheuniscono gli uomini e i gruppi sociali traloro, lo spazio offerto alla libertà umanaper provvedere alla crescita comune, con-divisa da tutti. Anche là dove prevale unalogica di spartizione e frammentazione, disupremazia dell’Avere sull’Essere, l’Uomopuò e deve spendersi per il bene dell’altroal di là di ogni individualismo e particolar-ismo.Sono anni che l’associazione socio-cultur-

Dal Centro Socio Culturale “V.Bachelet”:il dovere della solidarietá

Tutti insieme il 5 gennaio 2009

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 20098

Il Centro Italiano Femminile, associ-azione che da sessanta anni opera nelsociale per la promozione umana e la

solidarietà, tra le varie iniziative peri-odiche, ha organizzato un incontro con glianziani della 3ª Circoscrizione di Cosenza,dando modo così a tante persone ditrascorrere un pomeriggio particolare,come lo scorso dicembre per la proiezionedi un film di Totò.

Aperta a tutti, l’iniziativa ha avuto comeobiettivo quello di intrattenere gli anzianisu una tematica molto interessante,affrontata con passione e perizia da donVincenzo Filice, professore ordinario diantropologia Teologica: «La gioia divivere: dare vita agli anni». Lo scopo èstato di aiutare a conoscere e riconoscere, alivello l’intellettuale ed esperienzale,questo stato d’animo che permette diaffrontare con serenità e senso di appaga-mento, le vicissitudini della vita sia priva-ta che di relazione, specialmente in unafase della vita definita «Terza età» che èuno degli aspetti della nostra società che inquesti ultimi anni ha stimolato grandeinteresse suscitando discussioni tramedici, psicologi, esperti statistici, econo-misti e politici, con lo scopo di predisporreadeguatamente servizi e assistenza.Purtroppo accade spesso che proprio inseno alla famiglia si facciano sentireall’anziano le sue deficienze, le sue goffag-gini affinché il vecchio ceda la direzionedegli affari e si rassegni a un ruolo passivo.A volte lo si convince a entrare provvida-mente in una casa di riposo e lo si abban-dona. L’ospizio poi è visto sempre comel’ultimo rifugio delle persone anziane,dove vengono rinchiusi coloro che nonhanno più risorse, gli abbandonati, ipoveri, i rifiutati: il loro destino sembraquindi quello della più chiusa solitudine,

in attesa della morte, sentita spesso comeliberazione.Dopo il saluto della Presidente del C.I.F. diCosenza Prof.ssa Maddalena Arnoni, laconferenza di Don Vincenzo Filice, è stataaccattivante per le numerose citazioni, peril riferimento al mondo classico, alla bibbia,ad una ricca bibliografia aperta a tutti; edha teso a sfatare luoghi comuni e pregiudizisulla vecchiezza, per passare da una visione

di naufragio ad una sensazione di pienezzae completezza dell’essere.Alcuni negano alla vecchiezza la possibilitàdi attendere alla vita attiva, ed è come seuno dicesse che il pilota in navigazione nonfa nulla perché mentre altri corrono qua ela, egli se ne sta tranquillamente seduto apoppa reggendo il timone.Non fa quello che fanno i giovani, ma famolto di più e meglio.Non agisce con la forza o con la sveltezza ocon l’agilità, ma col senno, con l’autorità,con la parola. La vecchiezza non solo non èlanguida e inerte, ma permette talvolta difare e di imparare cose nuove; può inoltreconcedersi piaceri come l’amicizia e la con-vivialità. Il prestigio non nasce dalla caniziee dalle rughe, ma da una vita onoratamentevissuta.Tutte argomentazioni di ordine psicopeda-gogico, filosofico, storico che hanno positi-vamente captato l’attenzione di un foltopubblico qualificato che si è complimentatocon il preside della terza circoscrizioneAntonio Farina che da anni profonde il suoimpegno per accogliere tutti, per assecon-dare iniziative significative che incontranola gente e parlano al cuore.È seguito un vivace dibattito, molti gliinterventi: di Elvira Dodaro, AlessandroGuarascio, Sandra Buchetti, FlorindoPolillo, Luigi Speciale, Mario Intrieri.Poi si è brindato al nuovo anno 2009-02-03

C.I.F. di Cosenza e Anzianidi Maddalena Arnoni

mensile del centro socio culturale“VITTORIO BACHELET”

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Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 20099

di Giancarlo Vivone

La portata dell’attuale crisi finanziaria, piùgrande di quella del 1929; la sua dimen-sione planetaria e i suoi riflessi sull’econo-

mia reale hanno spazzato via il pensiero unicodominante fondato sul liberismo. I suoi profetisono stati costretti a massicci interventi stataliper tentare di contenerne gli effetti smentendoanni d’idolatria del libero mercato come panaceadi tutti i mali e unico orizzonte possibile. I costisociali, ancora all’inizio, riguardano non solomilioni di risparmiatori, ma cominciano adavvertirsi su interi comparti produttivi determi-nando nuova disoccupazione e sempre più inac-cettabili disparità, non solo tra Paesi ricchi ePaesi poveri su scala planetaria, ma anche all’in-terno dell’occidente sviluppato tra una ristrettacerchia di super ricchi e una crescente realtà dinuovi poveri o potenziali tali (solo in Italia laCaritas nel suo recente rapporto parla di 15 mil-ioni).E’necessario, pertanto, un vero e propriorovesciamento culturale, che muova da alcunipunti fermi:1. Sconfiggere l’idea che dei «sacrifici» possanocontribuire a risolvere un qualsiasi problema, ciòcostituirebbe la spia del trascinarsi nella moder-nità di una cultura arcaica. Il sacrificio è infattiuna rinuncia, una privazione, cioè un atto nega-tivo. Chi suggerisce di affrontare la crisi sacrifi-candosi confessa di non comprendere quello chesta accadendo, e di sperare di uscirne fuori in unaforma mistica, o, come ha fatto il segretario dellaCisl, ricorrendo a veri e propri scongiuri, per sal-varci da quella che, con grande acume analitico,ha definito la jella.2. Evitare di confondere gli effetti dei fenomenicon le loro cause. Nel nostro caso, poiché la crisiimpoverisce desumere che la crisi stessa siacausata da un impoverimento oggettivo, unvenir meno delle risorse, al quale nessuno puòsottrarsi. In questa prospettiva, però, la crisicessa di essere quel movimento contraddittoriodella società che può essere colto con chiarezza.E’ vero che, nella crisi, «la società si trova ricon-dotta a uno stato di momentanea barbarie, per-ché l’industria e il commercio sembrano distrut-ti». Ma ciò non accade, perché le risorse sonovenute meno, bensì «perché la società possiedetroppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, trop-pa industria, troppo commercio. Le forze produt-tive che sono a sua disposizione non servono piùa promuovere la civiltà borghese e i rapportiborghesi di proprietà; anzi, sono divenute troppopotenti per quei rapporti e ne vengono ostaco-late, e appena superano questo ostacolo mettonoin disordine tutta la società» (Marx, Il mani-festo).3. La sinistra ha sin qui fallito perché haindugiato nel procedere a questo rovesciamentodi prospettiva. Vale a dire che non ha saputovedere e far vedere quel fenomeno apparente-

mente paradossale: la povertà determinata dal-l’abbondanza, descritto da Keynes ben 80 anni fa.Ma per «vedere» l’arbitrarietà di una sofferenzasociale bisogna saper individuare gli elementi ditrasformazione insiti nella situazione. e prenderecoscienza, come diceva sempre Keynes, che «laspesa di un individuo è il reddito di un altro indi-viduo», cosicché senza spesa non può intervenirela creazione del lavoro che manca o la ripro-duzione del lavoro che c’è. Per questo urge un’e-segesi della crisi.La vittoria di Obama alle presidenziali degli StatiUniti non segna solo lo straordinario compimen-to del lungo cammino per i diritti civili in quelPaese, quanto anche il bisogno di una svolta pro-fonda nella gestione dell’economia e nel ruolointernazionale giocato dagli USA al tempo deineocon. L’alta partecipazione al voto, la mobili-tazione realizzata lungo tutta la campagna elet-torale, fin dalle primarie, ha rimesso in moto lasperanza di un cambiamento che va ben oltre iconfini degli Stati Uniti. Non c’è solo la destranell’orizzonte politico futuro.Paradossalmente mai come ora le ragioni dellaSinistra si sono presentate così forti su scala glob-ale. Le critiche alla globalizzazione liberistaemerse fin dall’epoca dei primi forum socialimondiali di Porto Alegre sono oggi di drammati-ca e straordinaria attualità. La finanziarizzazionedell’economia, un capitalismo aggressivo senzacontrolli e senza regole, la delocalizzazione pro-duttiva all’inseguimento del basso costo dellavoro e delle basse o nulle tutele sociali mette inluce, nella crisi attuale, tutte le sue contraddizionie i suoi altissimi costi sociali e ambientali. Nellacrisi non si è tutti sulla stessa barca. E’ tempo discelte. E queste riguardano il modello di svilup-po, i diritti collettivi e individuali, la dis-tribuzione mondiale delle risorse e della ricchez-

La sinistra nella crisi

za. Cresce l’esigenza di un governo multipolaredel mondo che ponga fine all’unilateralismoamericano, risolva i conflitti per via pacifica,affronti le cause che hanno portato al diffondersidel terrorismo e l’affacciarsi di altre minacce suscala planetaria, prima fra tutte quella del riscal-damento globale e del cambiamento climatico.La sinistra è nuovamente chiamata a cimentarsicon tutto questo.Il risultato elettorale delle ultime elezionipolitiche è di quelli che non ammettono sconti.Impone una riflessione di fondo e scelte con-seguenti. La Sinistra Arcobaleno è stata cancella-ta dalle elezioni. Il centro sinistra, diviso, hasubito la sua sconfitta più grave degli ultimi 15anni. Il centro destra ha vinto con ampio marginealle politiche ed ha conquistato per la prima voltaRoma. Questo risultato non può essere derubri-cato come un incidente di percorso: interroga lestrategie di fondo con le quali la sinistra e l’interocentro sinistra si sono mossi negli ultimi anni.Facciamo un passo indietro: solo 10 mesi fa ilcentro sinistra era al Governo, amministravaRoma e la grandissima maggioranza delleregioni e degli enti locali del Paese, il GovernoProdi aveva approvato la finanziaria in con-dizioni difficilissime, il centro destra era allosbando con la leadership di Berlusconi in discus-sione, l’insofferenza di AN rispetto agli alleati diFI e Lega, l’UDC in rotta di collisione con il pro-prio schieramento di appartenenza. In pochimesi tutto questo è stato messo in gioco e perdu-to. E la situazione si è irrimediabilmente ribalta-ta. In campagna elettorale la sinistra ha tentato diconvincere gli elettori che la responsabilità dellacaduta del governo fosse esclusivamente da

Segue a pag. 10

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200910

attribuire a Mastella, Dini e alle altre forze cen-triste che hanno messo continuamente in discus-sione il programma dell’Unione, logorato ilGoverno e fatto venire meno il loro sostegno.Maquesta era solo una faccia della verità e nondava risposta ad una domanda più di fondo:come è possibile che in 15 anni, di fronte al

pericolo Berlusconi, viene data l’opportunità

per ben due volte al centro sinistra di

Governare il Paese e per due volte, in modi e

circostanze diverse, il centro sinistra fallisce, si

dimostra non in grado di governare e di pro-

durre il cambiamento necessario? A questadomanda non c’è stata e ancora non c’è unarisposta adeguata. Alla base della sconfitta cisono molte ragioni di fondo: prima fra tutte laincontrastata “visione del mondo” Berlusconianache ha scavato negli ultimi 20 anni nella societàitaliana. Lo ha ricordato efficacemente NanniMoretti in una recente intervista a Repubblica:“Penso che le televisioni di Berlusconi nonabbiano spostato solo voti, ma l’intero Paese…”.E poi il ritrarsi da un radicamento nella societàdei partiti della sinistra (che ha fatto scoprire diconverso il radicamento della Lega), l’eccessivaframmentazione della rappresentanza politica

che ha evocato la semplificazione altrettantoeccessiva risultata dall’esito elettorale. Ma accan-to a queste questioni più di fondo ci sono statierrori gravi, all’avvio dell’ultima campagna elet-torale, che hanno determinato il “deragliamen-to”. Ne cito uno per tutti: la cosiddetta “sepa-razione consensuale”, l’idea cioè di sottoscri-

vere il certificato di morte del centro sinistra,

legittimare l’autosufficienza del PD, collocarci

strategicamente all’opposizione. Non avere

adeguatamente contrastato e sconfitto questa

idea sia tra gli alleati de La Sinistra Arcobaleno,

sia nei confronti del PD ha reso più semplice la

vampirizzazione dell’elettorato di sinistra attra-

verso l’illusione del voto utile.Da dove ripartireora? Dalla necessità di ricostruire un nuovo cen-tro sinistra, con un’adeguata cultura di governo,a partire dalle prossime elezioni amministrative,e nell’opposizione al Governo Berlusconi fin dasubito. Ad essere spazzate via dalle elezioni sonostate, sia l’illusione dell’autosufficienza del PD,sia la speranza di poter unire, tutto ciò che esistea sinistra del PD. Non penso ad un Arcobalenoridotto, ma ad una forza in grado di radicarsi nelPaese, che riesce ad avere un rapporto virtuosocon le forze sociali ed in primo luogo il sindaca-to, l’associazionismo, il volontariato, in grado dicontrastare ogni logica minoritaria ed al tempo

stesso incalzare il PD sui valori e sugli obbiettividi fondo di una moderna forza di sinistra, aven-do occhi e orecchie attente a quanto si muovenella società. E c’è urgenza e bisogno di una sin-istra in grado di leggere la realtà ed i suoi muta-menti, di indicare vie nuove per uscire dalle con-traddizioni attuali, in grado di rientrare in sinto-nia con il Paese reale, i suoi bisogni e le sueangosce.Questa sinistra in Italia oggi non c’è edè urgente costruirla.Non una sinistra arroccata eminoritaria, chiusa nei recinti delimitati dai vec-chi simboli, nostalgica e auto ghettizzata all’op-posizione così come, dopo la recente sconfittaelettorale, sembra in prevalenza connotarsi. Unasinistra moderna, capace di leggere la crisi in

atto e che si pone il duplice obiettivo di radicar-

si nella società per meglio rappresentarla e di

allargare l’area di consenso di un nuovo cen-

trosinistra in grado di candidarsi nuovamente

al governo del Paese. Una sinistra unitaria enuova nel modo di far politica perché pone lapartecipazione al primo posto e radicale nellerisposte ai problemi globali che le società mod-erne sono chiamate ad affrontare, una sinistracapace di essere presente nei movimenti, nelleassociazioni e nel sindacato, ma rispettosa dellaloro autonomia. Una sinistra grande, popolare,come merita un Paese come l’Italia.

Agli inizi degli anni ‘70 il Movimentosociale italiano (Msi), pur essendo laquarta forza politica italiana dopo

Democrazia cristiana (Dc), Partito comunistaitaliano (Pci) e Partito socialista italiano (Psi),era un partito pregiudizialmente escluso dal sis-tema democratico in ragione della sua discen-denza storica dal fascismo. Sin dalla sua nascita(26 dicembre 1946), il Msi puntò ad occuparel’intera area politica della destra. E riuscì a rap-presentarla, centrando un grande obiettivopolitico e storico, molto più rilevante di quantopossa apparire. E questo, almeno per un duplicemotivo, inspiegabilmente sfuggito alle analisidei più accreditati politologi di questo Paese.Primo motivo: riuscì a farlo, pur con tutta lazavorra del fascismo che si portava dietro, con ilgravame di una responsabilità storica immedi-atamente legata alla sconfitta bellica e conl’avversa spada costituzionale di Damocle per-manentemente luccicante del rischio di sciogli-mento nell’ipotesi accusatoria di ricostituzionedel partito mussoliniano.Secondo e più essenziale motivo: riuscì a farlo,per di più in poco tempo, sconfiggendo due

grandi e radicatissimi filonidella tradizione politica ital-iana, quello monarchico equello liberale. Riuscì a farlo, amaggior ragione in queglianni che, segnarono, da unaparte, lo spostamento al centrodel Partito liberale (Pli), parti-to che era stato di BenedettoCroce, e, dall’altra, la con-fluenza dei monarchici, rac-colti nel Partito democraticodi unità monarchica (Pdium),nello stesso movimento cosìdiventato Msi – Destra nazionale (Dn).

Le intuizioni politiche

del padre della Destra nazionale

L’operazione di attrazione delle forze di destrafu lanciata dal leader missino, GiorgioAlmirante, appena succeduto (giugno 1969) adArturo Michelini. A favorirne il disegno fu lavirata liberale, prima, concepita dal segretariodel Pli, Giovanni Malagodi, che non volle mairaccordarsi con il Msi per la nota pregiudiziale,poi, ancor di più spinta e forzata verso il cen-trosinistra dal suo successore, Valerio Zanone

(1972). In successione,Almirante ebbe l’intuizionedella “Costituente di destra”,iniziativa che finì per captarele adesioni di molti esponentidell’antifascismo (tra cui: ilfilosofo ex marxista ArmandoPlebe; il deputato cattolico dc,Agostino Greggi, e l’ex capopartigiano e già prefetto diAsti, Enzo Giacchero), liberalicompresi (Giovanni Artieri ealtri).

An si omologa al berlusconimso

e dilapida il suo patrimonio ideale e morale

Il Msi poté giungere agli inizi degli anni ’90,all’epoca di Tangentopoli, con tutto il creditomorale maturato lungo l’intero corso dellaPrima Repubblica. A quel punto, Almirantevinse la battaglia di una vita, ma lui era giàmorto da qualche anno (1988).Sarebbe facile obiettare che questo partito

riuscì a conservare una sua credibilità per il

di Luigi Michele Perri

Da Almirante a Fini, la “questione morale” a Destrafra orgogliose sconfitte e disastrosi successi

Alleanza nazionale si allinea al pragmatismo di potere. Il neoconsociativismo si esprime nei“no consenzienti”. Il “caso Napoli” accomuna centrosinistra e centrodestranell’indifferenza etico-politica. I cittadini onesti stentano a trovare punti di riferimento.

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fatto di non avere mai gestito potere e che, ingenere, è la gestione del potere ad indurre intentazione: vero, tutto vero. Però, manca laprova contraria. E non è men vero che la Destrariuscì comunque a gestire qualche fetta dipotere e, quando si trovò a farlo per picchilocali di consenso popolare, non diede maioccasioni di benché impercettibile sospetto.Anzi, le amministrazioni locali di destra,costantemente sottoposte a monitoraggio dallestrutture centrali del partito, erano in massimaparte campionature di efficienza, e questo mal-grado le immaginabili interdizioni del potereromano e periferico. Fossero emerse macchie, ilMsi sarebbe stato travolto per sempre dagliavversari-nemici e dai mezzi di informazione,che non aspettavano altro se non questo percrocifiggerne definitivamente i destini. Ne eraconsapevole il leader. Il quale era instancabilenella sua opera di controllo: inviava ispettori;pretendeva relazioni e documenti; convocavaimprovvisi “rapporti politico-organizzativi”;metteva sotto costante pressione la sua classedirigente. Chi sgarrava, era fuori.Il successo di Gianfranco Fini, allievo diAlmirante, si deve alle rendite ereditate dallavecchia classe dirigente missina. Quando tutti ipartiti della Prima Repubblica dovetterosciogliersi in ragione dei loro peccati morali eideologici, il solo Msi poté sopravvivere in unclima che gli si prospettò più che mai favorev-ole, proprio per avere dato fondatadimostrazione della sua “diversità”. Finicostruì Alleanza nazionale, portando a compi-mento il percorso almirantiano segnato lungola direttrice Msi – Destra nazionale -Costituente e, persino, esasperandolo nellosforzo di superare, nello stesso interesse delPaese, la contrapposizione fascismo – antifas-cismo, sino a passare dall’”afascismo” del suountore, alla tesi della storicizzazione del fascis-mo e, finalmente, all’antifascismo. In altra sedesi può discutere su questo. Qui, invece, vien difatto parlare, con un ossimoro, di disastrosa vit-toria finiana che, intendiamoci, non è legatatanto alle abiure che da destra (Storace ed altri)gli vengono rimproverate, quanto alla suaindifferenza sulla “questione morale”.An non solo ha cancellato la sua memoria stor-ica, ma ha perso di vista la sua stella polareetica. E lo ha fatto quando ben poteva dettare,in ragione delle lezioni del suo passato, lebuone regole sul risanamento e la riforma dellapolitica e quando ben poteva selezionare i suoiinterlocutori per la costruzione di una veraSeconda Repubblica, a coronamento del mes-saggio del suo antico leader e precursore.Invece, lo stesso processo di democristianiz-zazione che ha investito la sinistra ha finito perfagocitare la destra. Con una differenzasostanziale: mentre la sinistra ha individuato isuoi mali e ora si dibatte (ancorché vanamente)per risolverli (come nel caso di Napoli), ladestra, appiattita sull’utilitarismo berlusconi-ano, non si è nemmeno posta il problema etico,

né ora rappresenta più un punto di riferimentomorale per gli italiani. Da sinistra a destra, inun protettivo clima neoconsociativistico, è natao è rinata, proprio a Napoli, la formula del “noconsenziente”, ossia della finta opposizione,finalizzata al malaffare bipartisan.

“Magnanapoli” e “Magnaroma”:

magna tu, che magno io

An ha favorito operazioni discandaloso riciclaggio di per-sonaggi discussi della PrimaRepubblica. Ha perso, perquesto, i suoi intellettuali piùrappresentativi. Ha legitti-mato il gattopardismo. Haaperto le porte a maneggioni,desiderosi di operare alriparo di sigle onorate. Sottoaltri aspetti, emblematica è lavicenda di Italo Bocchino,“colonnello” di nuovo corso, imperterritodichiaratore radiotelevisivo, che è stato coltonella rete di amichevoli legami con quell’im-prenditore Romeo considerato il cuciniere di“Magnanapoli” e di “Magnaroma” e già notoper essere stato in galera per reati legati allacorruzione politica. In altri tempi, il disimpac-ciato deputatino sarebbe stato – minimo –sospeso dal suo partito. Bocchino, però, non è ilsolo. Superfluo fare elenchi, ricchi di parvenu edi grimpeur spregiudicati, neoforchettoni eaffaristi, novelli cittadini tangentopolitani.Retaggi almirantiani sonovenuti fuori, quando Fini,da ministro degli Esteri,ha perentoriamenterimandato nell’anonimatoil suo capoufficio stampa,un certo Sottile, la suaombra, che alla Farnesinase la faceva con veline eattricette.Uno scandalo. Il “capo”non ci ha pensato su duevolte: lo ha immediata-mente liquidato. Fini – cherisulti - è persona onesta.Il suo errore è quello diassistere, impassibile, alledubbie esposizioni dei suoi “colonnelli”.Eppure, se ha seppellito il proprio fido portav-oce per qualche rendez-vous sessuale consuma-to nell’esercizio delle sue funzioni, ben avrebbepotuto applicare il proprio rigore per sventarequelle tentazioni ben più gravi in sempre piùricorrente emersione dal suo partito. MentreSottile, che è stato assolto dalla magistratura,ha ricevuto il meritato benservito senza tenten-namenti; i personaggi più discussi e indagatidello stesso ambiente restano ai loro posti. C’èqualcosa che non funziona.

Le dimissioni di Angela

Napoli dal partito dei finiani

Altro esempio, da altro versante: il trattamentoriservato al deputato calabrese Angela Napoli,

riconosciuto simbolo della lotta alla mafia. LaNapoli è stata isolata. Non è mai stata valoriz-zata. Non ha mai avuto un partito alle spalle.Paradossalmente, ha avuto più sostegni dagliavversari, che dai propri amici. Ebbene, propriodi recente, la Napoli, che proviene da esperien-ze politiche almirantiane, si è vista costretta adimettersi da An. Chi fa, ora, la battaglia anti-

mafia in Calabria?Praticamente, nessuno. Ma ilcapolavoro dei capolavori siè consumato sul sistema elet-torale, o meglio: sul sistemadi nomina dei parlamentari.E come: voi, signori delladestra, imbattibili predicatorie fautori della veste candida,irriducibili nemici deimalversatori, carabinieri inabiti civili nelle istituzioni,primi difensori degli interessi

collettivi, voi, proprio voi, avete la possibilità diselezionare una classe dirigente sulla base dellacapacità e della onestà debitamente coniugate;avete la possibilità di eliminare presenzeinquinate ed inquinanti; avete la possibilità difare pulizia in casa dopo un abbondante decen-nio di contaminazioni e di collateralismi, e nonlo fate? Ma questa è cosa che non può nonessere collocata nel clamore di un vero scanda-lo che, per la verità, investe quasi interamente ilsistema dei partiti e che stride con la sensibilitàmaggioritaria dei cittadini. I quali rischiano,

così, di perdere ogni puntodi riferimento morale,quando questo polo diattrazione e di spinta,ossia An, figlia del Msi-Dn, poteva e doveva benrappresentarne le istanze.Berlusconi, viceversa, loingloba nel suo spregiudi-cato blocco di potere, inbella compagnia, insiemecon i baldi reduci dellaPrima Repubblica, ribaldiimpegnati a santificare gliAndreotti, i Craxi, iForlani, ossia le ragioniper cui Almirante aveva

concepito l’”alternativa al sistema” e sostenutola Seconda Repubblica, come prospettive dibonifica e di rigenerazione.Non c’erano altre proposte che potesseromirare ad una riedificazione dell’impiantopolitico.A ben riflettere, l’”alternativa” doveva rappre-sentare uno sbocco riformista, una direttricecapace di produrre un riformismo di destra.Adesso, da questa parte, la centralità delriformismo l’assume la Lega con il federalismo.E quella del richiamo etico l’assume Di Pietro,spiantando proprio la destra che ha già abban-donato il suo campo per intrupparsi – quantene combina la bulimia del potere – al centro.Ossia tra quelle schiere che della morale nonhanno mai fatto una “questione”.

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200911

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Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200912

di Francesco Gagliardi

Il Partito Democratico sta attraversandouna crisi grave e profonda. Per alcuninon è più considerato un'alternativa

all'attuale governo di centro destra. Per altrinon è neppure considerato un partito valido ein grado di poter intercettare il voto diprotesta degli elettori e i loro malcontenti.La crisi economica e finanziaria mondiale sista facendo sentire anche in Italia e i ceti piùdeboli che prima riuscivano ad arrivare allafine del mese tirando un po' la cinghia, oranon sanno più a che santo votarsi. E il Pd cheavrebbe dovuto intercettare il loro voto non èstato in grado di offrire loro una validaprospettiva.La settimana scorsa abbiamo scritto e ci siamosoffermati sulla vittoria del candidato dellaCasa delle Libertà Gianni Chiodi nelleelezioni regionali abruzzesi e abbiamosbagliato. Quella vittoria era già scontata inpartenza. In realtà è stata una sconfittaannunciata e largamente prevedibile dopol'arresto del GovernatoreOttavianoDel Turcoe lo scandalo sulla sanità. E abbiamo pureampiamente parlato dell'avanzata di DiPietro e del suo partito. Avremmo, invece,dovuto parlare e soffermarci a lungo delladebacle, del fiasco cocente e bruciante del Pd.I suoi consensi sono scesi ad un livello chedovrebbe far riflettere Veltroni e Co. E non èaffatto vero che la sconfitta del candidato delcentro sinistra sia da attribuire solo allamassiccia astensione dal voto del popolodella sinistra. L'astensione dal voto hasenz'altro contribuito alla sonora sconfitta,ma non è stata determinante. Le cause sonoaltre e molto gravi. E ne vedremo delle bellese il Partito Democratico non cambieràmarcia prima delle elezioni europee delgiugno prossimo.Gli elettori del Pd aspettano con ansia unradicale cambiamento, esigono unprogramma serio e chiaro, vogliono sentiredai loro dirigenti nazionali cosa davveropensano del federalismo, della giustizia, dellasicurezza, della mondezza napoletana, dellestorie di tangenti, della corruzione, deicorrotti del Pd e della questione morale. Nonbasta dire parliamone, ma parliamo anchedi…. Non è più sufficiente assicurare quelliche al progetto del Pd ci hanno veramentecreduto. Non basta più affermare che gliamministratori del Pd sono delle persone perbene e che i corrotti si trovano nel partito diBerlusconi e che lui non ha le carte in regola

per criticarli. Ci vuole ben altro.Questimessaggi lanciati ogni giorno e in tuttele trasmissioni non colpiscono più gli elettoridi sinistra. E non li convincono le iniziativeintraprese di andare a rimorchio di Epifani,dei piloti dell'ex Alitalia, della piazza, deigirotondini, degli studenti, e spesso evolentieri di Di Pietro.Ma se il Pd è arrivato allo sbando e allo sfasciola colpa e le responsabilità non sono solo delSegretario Veltroni. Dove erano gli altipapaveri del partito quando Veltroni prese ladecisione di correre da solo apparentandosipoi con Di Pietro alle elezioni politichelasciando isolati i socialisti?Veltroni ha sbagliato quando ha preferitoprima i radicali e poi l'Italia dei Valori. Hacommesso uno sbaglio imperdonabile, lui cheè considerato un politico di razza ed esperto.La sua decisione è stata finanche criticata dalVaticano e da Famiglia Cristiana, che non èstata mai tenera col centro destra. Unpasticciaccio Veltroniano in salsa Pannelliana,ha definito quell'alleanza la rivista cattolicamolto letta in Italia. E gli ha fatto perderetantissimi voti degli elettori cattolici. E cosìpure l'alleanza con Di Pietro gli ha fattoperdere i voti dei moderati e dei veririformisti. Certamente Veltroni e il centrosinistra avrebbero perso lo stesso le elezionidella primavera scorsa, ma oggi non sitroverebbero tra i piedi un contendenteinopportuno e molto scomodo come DiPietro, che ad ogni piè sospinto, sta mettendoloro i bastoni tra le ruote.Di Pietro è un alleato inaffidabile, pronto adire di no a tutto per poi poter intercettare ilmalcontento ed i voti nelle prossimecompetizioni elettorali, come del resto èsuccesso la scorsa settimana in Abruzzo.Piaccia o non piaccia, Di Pietro è diventato,grazie a Veltroni, come ha scritto Augusto

Minzolini su Panorama - il riferimento di unmondo che è collocato ai confini estremi delPd con cui il suo leader conta di tenere a badai suoi avversari interni -.Ora il Pd, dopo il crollo in Abruzzo, dopo gliscandali scoppiati in tantissime regioniitaliane, è in crisi profonda e il suo segretarioè alle corde. Ci vorrebbe un elettro shock e unrepulisti di tutti i corrotti che ancora siannidano nel partito.Ci sarebbe bisognodi fare qualche cosa prestoe bene. Servirebbero unpo' di immaginazionee più coraggio, cose che oggi nel Pd latitano.E ci dispiace. Per il momento e in queste oredi burrasca le cose non cambieranno nel Pd.La prova lampante l'abbiamo avuto nellaDirezione Nazionale riunita d'urgenza dopogli scandali e gli arresti della settimana scorsaoperati in Abruzzo, Basilicata e Campania edopo la morte del povero ex Assessorecampano suicidatosi per la vergogna. I variD'Alema, Marini, Rutelli, Bersani, Parisi,Bindi, aspettano l'esito delle elezioni europee.Hanno detto all'unisono:- I conti li faremodopo -. E' stato Veltroni a indicare col discorsodel Lingotto a Torino la rotta del Partito e ora,che la nave si trova nella bufera, sta andandoalla deriva e sta affondando, tanto valelasciare al suo capitano il timone.E così di rinvio in rinvio si arriverà inprimavera al redde rationem che brucerà laleadership di Veltroni e si ripeterà lo stessodestino che in precedenza colpì prima Rutellie poi Prodi. Bisognerà aspettare altri sei mesiper vedere il Pd cambiare linea politica eleader.Troppi sono, purtroppo, in politica.Quando i dirigenti del Pd scopriranno chedentro le urne gli elettori hanno depositatopoche schede in loro favore, forse alloraprenderanno le drastiche decisioni auspicate,ma sarà troppo tardi. A quel puntopotrebbero scoprire che il Pd non esiste più.

Aspettando e rinviandoil Pd rischia di sparire

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200913

di F. G.

AGenova,dal 4 febbraio p.v., chiprenderà l'autobus che collegheràVia XX Settembre a Via Roma, i

salotti commerciali del centro cittadino,certamente noterà sulle fiancate alcunescritte e si sentirà offeso.

Le scritte non sono uno scherzo di cattivogusto o una pubblicità occulta, ma unavera pubblicità atea, pagata a caro prezzoper reclamizzare le posizioni anticristianedegli atei agnostici italiani. Infatti le scrittecosì recitano: La cattiva notizia è che Dionon esiste.Quella buona, è che non ne hai bisogno. Alanciare l'iniziativa a Genova dopo Londra,Washington e Barcellona è stata l'Unionedegli atei e degli agnostici razionalisti. Ionon so come reagirà la Chiesa ufficiale e laCEI, io oggi, dopo aver letto i giornali,reagisco con un sorriso di compatimento edi rabbia.Certamente non come ha fatto il Sindaco diGenova la Sig.ra Maria Vincenzi che a unadomanda di una giornalista ha cosìrisposto:- Si può sempre salire sul bussuccessivo-. In questa battuta scialba,puerile, insignificante c'è tutta la sciatteriae l'incoscienza con la quale i nostri politiciilluminati e politicamente corretti stannoaffrontando la questione religiosa, le nostreradici cristiane cattoliche, le nostretradizioni, la nostra cultura.Dio non esiste, quindi non hai bisogno dilui. Che grande scoperta! Dopo 2000 annidalla nascita di Cristo abbiamo dovuto

leggere simili stronzate. Pagliacciate diquesto tipo ce ne sono state anche nei secoliscorsi e tutti noi sappiamo come sono finitee come sono finiti quegli stati atei e marxistiche propugnavano quella teoria. Quelsistema politico che ha cercato di estirpareil senso religioso da ogni uomo è statosconfitto dalla storia e le macerie lasciatedall'impero sovietico sono ancora lì a

dimostrare come è andata a finire.Ma se Dio non esiste perché scrivete quelnome con lettera maiuscola e vi affannatetanto a spendere un sacco di soldi per farlosapere in giro?Non esiste Dio? E allora goditi la vita,spendi e spandi, e non perdere troppotempo in affanni e privazioni perché la vitaè breve.Sei libero, amico mio, di fare quello chevuoi, tutto ti è permesso. Conosci il liberoarbitrio? Hai studiato Kant?Il vero protagonista di questa scemenza chenega la presenza di Dio è il presidentedell'Unione degli atei, quel personaggiosquallido che noi abbiamo conosciuto daglischermi televisivi, quell' Odifreddi, ilmatematico di Cuneo che studiò inseminario per diventare sacerdote e poicambiò vita e professione e ora dice chesolo un cretino può essere cristiano.Odifreddi è un uomo così esperto,competente, capace, sapiente, che quandoparla non sa quello che dice, ma è anche unmaleducato. Poveraccio, mi fa pena solo aguardarlo. Come si permette di chiamarecretini i cristiani? Si vede che è unpresuntuoso e si capisce subito l'odio che hain corpo quando affronta certi argomenti. Si

vede che il seminario a lui gli ha insegnatopoche cose e anche malissimo. Ciabattino,non oltre le scarpe! Ma contro la stupiditàanche Iddio lotta invano.Odifreddi ha tutto il diritto di esprimere emanifestare le sue posizioni e il propriopensiero come vuole e dove vuole, tantol'articolo 21 della CostituzioneRepubblicana Italiana glielo garantisce,

però non ha nessun diritto di ridicolizzare omettere in dubbio le radici cristiane dellamaggioranza del popolo italiano eoffenderla.Mi aspetto una reazione degli uominipolitici nostrani, perché continuando diquesto passo scompariranno dalle nostrescuole il Santo Natale, Pasqua e il presepe,dagli ospedali e dagli uffici pubblici ilcrocifisso e dalle chiese la croce. Al postodella croce la mezza luna, al posto dellamangiatoia la moschea e negli ufficipubblici il volto di Maometto o di BinLaden.Tanto Odifreddi e soci di Dio non avrannobisogno, come recita la pubblicità checomparirà sulle fiancate degli autobusgenovesi. Noi sì, invece. Di Dio ne avremobisogno come ne hanno avuto bisogno inostri padri e le nostre mamme.Prenderemo quegli autobus genovesi"ncazzati" perché ci sentiamo offesi eperché siamo sicuri che continuando diquesto passo quegli autobus ci porterannotanto lontano. Intraprenderemo l'ultimoviaggio sapendo che col nostro silenzio ecol nostro menefreghismo quegli autobuscon le scritte contro Dio, ci condurranno alcapolinea, ad un posto senza ritorno.

Pubblicità atea sugli autobus

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200914

di Pietro Garofalo

Da sempre nel mondo è esistito il pro-blema della violenza e del terrori-smo, che sono stati avviati da mino-

ranze agenti nei confronti dell’intera popola-zione. Basti pensare, per esempio, alle GrandiGuerre e agli altri conflitti mondiali chehanno portato all’uccisione di migliaia emigliaia di civili, tra cui molte donne e bam-bini, e diverse centinaia di migliaia di militariimpegnati nello scontro armato. Queste batta-glie, purtroppo, hanno portato gravi conse-guenze, sia sul campo sociale e umanitario,che in quello economico. Durante gli anni delfascismo in Italia, si sono dovute registrarenumerose discriminazioni nei confronti didiverse etnie razziali. Le libertà e i diritti fon-damentali dell’individuo venivano continua-mente represse con l’utilizzo della forza e l’in-tera collettività era costretta a sottostare alcomando di un’unica persona che decidevadelle sorte di tutti quanti. Finalmente, dopomolti anni di dure battaglie e aspri conflitti, leforze politiche e sociali decisero di abolire ilgoverno dittatoriale, e adottare e proclamarela democrazia. Con essa fu proclamata anchela Costituzione italiana, che ancora oggi è lalegge fondamentale della Repubblica Italianae manifesta a distanza di circa sessant’annitutta la sua reale efficacia. Finalmente venne-ro ripristinate tutte le libertà e i diritti fonda-mentali del cittadino e, inoltre, vennero sanci-te la libertà di espressione, di professare libe-ramente la propria religione e altro ancora. Il10 dicembre del 1948, l’assemblea generaledelle nazioni unite creò la dichiarazione uni-versale dei diritti umani. Questo fu un ulte-riore grande passo in avanti verso la demo-crazia, la libertà e l’unione dei popoli.Insomma l’intero schieramento politico etutta la civiltà si sono impegnate per far si chenon si venissero acreare più quelle condizionidi violenza e atti terroristici. Tuttavia, nono-stante abbiamo fatto numerosi passi in avantiverso la democrazia, e verso una civiltà all’in-segna della pace e della serenità, purtroppo,ancora oggi esistono episodi di violenza e attiterroristiciche conculcano la libertà di ogniessere vivente in ogni sua forma.Nelle societàmoderne si sente parlare sempre più spessodi fenomeni di terrorismo e atti sovversivi neiconfronti di intere popolazioni. Diverse orga-nizzazioni criminali e non solo, attuano que-sti segni di ribellione per risolvere i propriproblemi. Esistono delle realtà in cui imper-versano dei seri problemi sociali ed economi-ci. Si tratta, soprattutto, di quei Paesi MedioOrientali che, da sempre, vivono in condizio-ni di arretratezza non solo economica, maspecialmente sociale ed umanitaria. Questepersone, definite per l’appunto terroristi,appartengono a correnti ideologiche diverse,e per risolvere i propri problemi sociali, ricor-rono a sanguinose guerre e ad attentati cruen-ti nei confronti di tutta l’umanità ma, soprat-tutto, nei confronti di quei Paesi più evolutied industrializzati. L’esempio più eclatanteche ciascuno di noi porta con sgomento e ter-

rore nella mente, sono gli attentati terroristicisubiti dagli Stati Uniti d’America l’undici set-tembre del 2001. Le Twin towers e il pentago-no, sede dell’intelligence americana, sonostati abbattuti da diversi aerei dirottati daimandanti diAl Queada, considerato il princi-pale artefice dei numerosi attentati in tutto ilmondo e molte persone, purtroppo, hannoperso la vita in questi tragici eventi. Da allorail terrorismo ha dilagato in tutto il mondo,fino adassumere caratteri esorbitanti, i qualihanno richiamato l’attenzione di molti Paesinel tentativo di fronteggiare tali problemi.Recentemente, si stanno alimentando nuoviventi di guerre in Medio Oriente tra dueregioni da tempo in conflitto, cioè traPalestina e Israele. Le premesse di tale scontrosi erano create già molto tempo fa e, ancoraoggi, queste due regioni confinanti sono tea-tro di guerra, in cui numerosi civili stannoperdendo la vita inutilmente. Le vittime che sipossono contare dall’inizio di questo scontroad oggi sono circa 700, e tra questi circa 220sono bambini. Le immagini agghiaccianti checi giungono tramite i telegiornali ritraggonodiversi missili “Quassam e Katyusha” che sischiantano contro edifici e per le strade dovele persone svolgono la loro vita quotidiana.Leggendo il corriere della sera, qualche gior-no fa, mi sono imbattuto in una notizia dav-vero sconvolgente, cioè che dei missili hannocolpito una scuola ONU nella striscia di Gazaprovocando la morte di circa 30 bambini chestavano sostenendo le normali lezioni.Nell’apprendere questa notizia mi è venutoun forte senso di sgomento e di sconcerto e,ancora adesso, non riesco a capire come èpotuto accadere ciò. Non è ammissibile che inquesti atti di guerra ci vadano coinvolti le per-sone civili esoprattutto i bambini. Si è riacce-sa, insomma, in quella terra una tragica spira-le di violenza e di terrore chedeve essere asso-lutamente fermata ad ogni costo.Ultimamente, si stanno riunendo i maggiorivertici istituzionali dei Paesi più evoluti pertentare di trovare insieme delle soluzioniimmediate e concrete per fronteggiare talecontroversia.Tra questi Paesi vi è anche l’Italia, che tramitei nostriministri, offre il proprio contributo e siaffianca alle altre Nazioni.Vengono rivoltequotidianamente, verso il Medio Oriente,numerosi messaggi di “cessate il fuoco” adoperasia di organismi sovrannazionali, comel’Unione Europea e le Nazioni Unite, sia datutti quanti gli altriPaesi.Anche il Santo Padrepiù volte, durante l’Angelus domenicale hainvitato, specialmente i Paesi Orientali, adaprire le porte del dialogo e della Pace. IlPapa ha aggiunto, inoltre, che bisogna ridaresperanza e fiducia adunapopolazionemarto-riata da così lungo tempo, e che le guerre, laviolenza e l’odio nonpossono essere usate perrisolvere le controversie, ma devono esseresemplicemente combattute con ogni mezzolecito. Tutti quanti noi sentiamo oggi che, ria-prire la strada della Pace internazionale, deldialogo e della solidarietà,in una regioneassai tormentata da così lungo tempo, è il

nostro principale dovere. La nostra nazionepartecipa damolti anni amissioni umanitariein tutto il mondo, nel tentativo di ripristinarela pace e la tranquillità, e di sradicare il terro-rismo nelle regioni più critiche. Accanto agliuomini dell’esercito, dell’aeronautica e dellamarina militare ultimamente, si è affiancataanche l’Arma dei Carabinieri, divenuta direcente quarta forza armata. I nostri militari,non solo reprimono con la forza le ingiustizie,ma educano anche la popolazione nella lega-lità e nella giustizia, in modo da assicurare lagiusta tutela e salvaguardia dell’intera collet-tività. In siffatto modo, si vengono a crearequei presupposti di fiducia e di benesserequotidiano, necessari per far nascere quel giu-sto senso civico e un corretto vivere civile,all’insegna della democrazia e della giustaconvivenza pacifica tra i popoli. Sarebbeopportuno risolvere i problemi che ci portia-mo dietro da tanto tempo, mettendo in prati-ca dei seri econcreti provvedimenti, e nonsemplicemente i alleviare i problemi, con deipalliativi, cercando delle treguetemporanee.Solo perseguendo tali obbiettivi, si possonocreare tutti i presupposti necessari per abbat-tere tutte quelle barriere ideologiche che sonola causa principale dellamancanza di dialogoe del rispetto reciproco.Bisognerebbe, altresì, uscire da quella spicca-ta forma di presunzione egoistica di averesempre e in ogni casola verità, porgendo l’al-tra guancia con altruismo. Occorrerebbesaper ascoltare e capire i punti di vista diognuno, senza invadere la sfera personale delprossimo usando la violenza. La contamina-zione ideologicà è un ottimo strumento su cuipuntare per capire i problemi e farsi traspor-tare dai pensieri degli altri in modo del tuttopacifico e rispettoso.La distensione e la continua ricerca del dialo-go restano, comunque, le forme più impor-tanti su cui puntare per evitare di entrare inconflitto con chi ci sta accanto. Un esempio didialogo ben riuscito è stato circatrent’anni fa,tra il Cile e l’Argentina, di cui la Santa Sede fula principale promotrice. Amio avviso sareb-be opportuno che tra i popoli esista unacomunicazione più pacifica basata sulla tolle-ranza e sulla continua ricerca non della veritàassoluta, ma di un confronto più aperto, neltentativo di trovare insieme le soluzioni piùadatte, senza dover far per forza un uso spre-giudicato della violenza. Le controversie tra ipopoli sono sempre esistite e continuerannoad esistere in futuro.Proprio per questo motivo che tutta la popo-lazione dovrebbe tenere in considerazione lesoluzioni precedentemente esposte, in mododa realizzare un futuro più prospero basatosulla una coesione mondiale, in modo da evi-tare queste disumane battaglie che sonolaprincipale macchina di violenza che inde-bolisce la democrazia e uccide migliaia emigliaia di vite innocenti.Sono molto fiducioso affmché ciò avvenga,perché siamo usciti a testa alta dopo i tragicieventi delle Grandi Guerre, abbiamo sconfit-to o almeno ridotto il terrorismo, abbiamopartecipato a numerose missione di PaceinLibano, nell’ex Jugoslavia, nel Congo nelGolfo Persico e altro ancora e sono convintoche, anche stavolta, riusciremo tutti insieme afronteggiare tale situazione e ad arrivare aquel giusto benessere collettivo e alla tran-quillità.

L’azione decisa diminoranze agenti

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200915

di Vincenzo Napolillo

Il volume «Il frate, l’ordine, lo scudo»,di Daniele Salerno è una nuova e per-vicace sperimentazione narrativa, che

combina il valore sussidiario della tradi-zione con quello della verità storica. Èdichiaratamente «un romanzo storico»,rivolto alla serena riflessione religiosa ealla biografia di S. Francesco di Paola,personaggio eminente non solo inCalabria ma nel mondo, calato nella suaepoca di passaggio dal Basso Medioevoal Rinascimento , con intenti non agiogra-fici, ma di ricostruzione critica.Il titolo è affascinante, al pari dell’elegan-te edizione curata da Michele Falco, e lanarrazione, illuminata da schietto vigore,chiama a raccolta umili personaggi, privid’ambiguità, per trovare un’uscita disicurezza da un mondo corrotto e rapace,contro il quale si leva alto lo scudo dellacarità, emblema dell’Ordine dei FratiMinimi.I tantissimi personaggi sono realmenteesistiti, tranne alcuni quali mons.Antonio Alberighi, il suo servitore dome-nicano, il barone cosentino Enrico Oliena.Daniele Salerno si concede un po’ d’in-venzione per non perdere l’effettoromanzesco, ma si sente soprattuttoobbligato a far corrispondere il camminodella spiritualità di Francesco di Paolaalla realtà umana, i principi morali e reli-giosi alla società civile. Daniele Salerno èuno scrittore vivo e disegnatore preciso enitido di caratteri e personaggi, propensoalla rievocazione del passato, mescolataalle considerazioni politico-morali prived’oratoria.Il romanzo comincia con una scenaambientata a Paola, dove le onde delTirreno, con il loro rumore ritmico eincessante, permettono ai pensieri «divagare liberi sulla superficie dell’acquacolorata di un azzurro intenso, così forteda virare al verde».Don Roberto, il parroco di Paola, è consa-pevole che i figli sono il regalo più belloche Dio può darci. E se non arrivano?Bisogna rimettersi alla Provvidenza, pre-gare e fare un voto, chiedere l’aiuto di unSanto. Giacomo Martolilla e Vienna diFuscaldo, dopo 12 anni di matrimonio,ebbero un figlio, il 27 marzo 1416, e lochiamarono Francesco.In letizia volavano i suoi anni, come lacarrozza trainata dal cavallo, sobbalzantelungo la strada polverosa, verso SanMarco. Qui cominciava la nuova vita diFrancesco Martolilla. Spesso il vescovo diSan Marco, Ludovico Imbriaco, nobiluo-mo della famiglia Brancacci, andava adincontrare quel ragazzo, che aveva ildono dell’ubiquità e strabilianti virtù.L’avventura del pellegrinaggio ad Assisi,la sosta all’eremo sul monte Taleo pressoSubiaco, la scandalosa mondanità roma-na, il ritorno in Calabria furono decisivi

nella scelta di una pacifica esistenza nellagrotta, dove Francesco di Paola cercava laverità e la trovava nella preghiera e nellanaturalezza del vivere quotidiano.Arrivarono i primi discepoli e bisognòuscire dal deserto, che simboleggia illuogo incontaminato, e costruire unromitorio, col permesso dell’arcivescovodi Cosenza Pirro Caracciolo.Un altro romitorio sorse a Paterno, dovetutti indistintamente lavoravano, special-mente Francesco e il suo discepolo PaoloRendace.L’illetterato Francesco di Paola era unrivoluzionario? Probabilmente no, ma lasua predicazione, come quella delSavonarola, cominciava a ledere anche ildomino regio. A Ferdinando I d’Aragonaerano portate le solite notizie: pezzentiguariti, nobili castigati e la fama del frateche si espandeva ovunque. Francesco eraamato da tutti, ma odiato dal baroneOliena, che lo invitò a recarsi nel suopalazzo di Cosenza. «Quanta ricchezzainutile», osservò Francesco, mentre mon-signor Alberighi si manteneva a distanzadal nuovo ospite.Alla presenza di gente altolocataFrancesco ascoltò tanti discorsi e persinoil problema del tesoro di Alarico, sepoltonel Busento, alla confluenza col Crati.Devo dire con lo storico bizantinoOlimpiodoro che il tesoro del re dei Gotifu portato da Ataulfo a Narbonne, inFrancia, e donato a Galla Placidia nelgiorno nuziale.Francesco di Paola a Cosenza osò affer-mare che la ricchezza era una catena, unaschiavitù, e che si doveva cambiare vita,convertirsi, dare aiuto ai poveri. Oliena eAlberighi scrissero, perciò, al papa che ilfrate paolano cercava di sovvertire l’ordi-

ne costituito, creando false speranzenegli animi e nella gente più semplice. Fumandato in Calabria il legato pontificio,che si presentò all’arcivescovo diCosenza, Pirro Caracciolo, e s’incontròcon Francesco, al quale riconobbe la virtùdell’umiltà e lo spirito di profezia.Baldassarre De Gutrossis diventò eremitapenitente e, con il nuovo nome diBaldassarre di Spigno, si prodigò poi perla stesura degli statuti dellaCongregazione, che ruotavano intorno aicardini dell’obbedienza, castità e povertàe della penitenza quaresimale. Eranoquesti, in un secolo di lotte e intemperan-ze, di congiure dei baroni contro il sovra-no, gli strumenti efficaci per riparareanche alla tiepidezza di tanti cristiani.L’attraversamento dello stretto diMessina sul mantello è un prodigio notoa tutti. Fu affrescato finanche al MuseoVaticano nella stanza delle carte geografi-che. La predicazione di Francesco diPaola, dice Daniele Salerno, trovava unanuova strada in Sicilia, con la costruzionedel convento di Milazzo. Ne seguironoaltri in Calabria. Beati immaculati in via,qui ambulant in lege Domini. Francesco diPaola, su ordine di Sisto IV, promotore divita artistica, salutò la Calabria e partìcon il bastone di pellegrino o del fonda-tore di una comunità che doveva compie-re ancora un passo: la creazione di unvero e proprio Ordine religioso, quellodei Minimi. Sappiamo che ciò avvennenel 1493.Dal Pollino Francesco Martolilla benedis-se la sua amata terra e s’avviò versoNapoli. A Porta Capuana migliaia di per-sone lo attendevano. Al palazzo realeFrancesco rimproverò Ferdinandod’Aragona di non dare ascolto allacoscienza, di governare con crudeltà etirannia, di opprimere, con un’eccessivapolitica fiscale (niente di nuovo sotto ilsole!), i sudditi coniando monete con illoro sangue innocente. A Roma il papaapprezzò la modestia del frate e la suaansia di unità nell’ambito religioso.Giunto in Francia, attraverso le città col-pite dalla peste, Francesco s’incontrò conil re Luigi XI, che da Ragno si trasformòlentamente in Sovrano Cristianissimo«non soltanto di nome ma di fatto». Spiròserenamente fra le braccia di Francesco diPaola. Il buon Frate aveva ottenuto ilmiracolo più complesso; non la guarigio-ne del corpo, ma quella dell’anima diLuigi XI.Il 2 aprile 1507, Francesco di Paola volò alcielo. Tutti volevano inginocchiarsi difronte al frate calabrese «destinato adessere ricordato come un perfetto esem-pio di virtù».È il messaggio d’amore fraterno cheDaniele Salerno vuole trasmettere consicurezza di linee narrative sottratte allaretorica e aperte pienamente alla gioia divivere.

Il romanzo storico di San Francesco di Paola

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200916

Cetraro è un centro abitato molto anti-co e probabilmente di origini breti-che. La sua parte antica si trova su

uno sperone roccioso a ridosso della costa,mentre quella recente, la marina, si trova avalle e sul Tirreno. Circa la sua denominazio-ne, dovrebbe derivare da”Citra” e “Aron”:di qua dell’Aron, vista la presenza, a Sud,del torrenteAron (“Aron” o “Aaron” signifi-ca: Aronne, gran sacerdote degli Ebrei).La presenza dei “Brettii” lungo la costa delMare Tirreno è attestata da testimonianzerinvenute nel territorio di Cetraro e in centrivicini, quali: Bonifati, Acquappesa e SanLucido; testimonianze archeologiche che ciriportano a nuclei insediativi e relativenecropoli risalenti ai secoli IV e III a.C. (eprecisamente dalla seconda metà del IVsecolo a.C. alla metà del III secolo a.C.) e nonsolo.Inoltre, la presenza di due monete bronzeeprovenienti da Thurii e rinvenute in unatomba, in località Traselle di Cetraro, cifanno pensare a collegamenti con Thurii, lavalle del Crati e gli insediamenti che si trova-vano lungo la costa tirrenica.Lungo la Strada Statale 18 c’è un bivio eduna strada (Via Lungo Aron) porta al centrostorico di Cetraro; percorrendo per qualcheminuto quest’ultima ad una decina di metridall’abitato e appena al di fuori dell’anticacinta muraria, al di sotto della strada, si ergeuna chiesetta (originariamente dedicataall’Anunziata, poi all’Addolorata, e ancoradopo a Sant’Antonio Abate) raggiungibileda una stradina; essa è abbandonata aldegrado da oltre cinqu’antanni e usata occa-sionalmente a latrina e ad altro; viene a tro-varsi in un luogo che nel passato remoto erafrequentatissimo, poiché a pochi metri didistanza da una delle tre antiche porte dellacittà: Porta di Mare.Ancora oggi esiste la stradina che dalla valle(ovvero: dallamarina) sale e passa davanti alsuo ingresso, stradina che servivava untempo anche i mulini (già in funzione nell’XIsecolo), ora diroccati.Il documento più antico dell’esistenza dellachiesetta risale al periodo rinascimentale:1461, ma già funzionante in età medievale.Sichelgaita nel 1086 donava, con il consensodel duca Ruggero Borsa suo figlio, Cetraro(“Citrarium”), il suo porto e le sue pertinen-ze all’Abbazia di S. Benedetto diMontecassino (i cui monaci ne ebbero la giu-risdizione, sia ecclesiastica, sia civile). Ella liaveva ricevuti in dono nel 1058 da suo mari-to, Roberto d’Altavilla detto: “il Guiscardo”.Alla fine del XVI secolo essa era associata achiese di campagna; mentre nel 1665 vennedefinita, per il suo stato, una chiesa “diruta”.Nel 1734 (dal Catasto Onciario) la chiesafigura sotto il titolo di Sant’Antonio Abate.

Dunque, nel periodo che va dal 1665 al 1734vi fu una ristrutturazione del luogo di cultoe un cambio di titolo. La chiesa venneampliata e vicino venne costruita l’edicolavotiva del Calvario.Agli inizi della primametà del XX secolo l’e-dificio sacro subì una nuova ristrutturazio-ne, mentre l’edicola votiva del Calvario subìun restauro a cura di Giovanni Picarelli nel1906.La chiesa, per le sue dimensioni piccole, saràstata ritenuta insignificante e nel tempo èstata completamente abbandonata.Le sue pareti interne sono state violate dadisegni immorali, così tutto il suo interno èstato violato da manomissioni dannose eincontrollate.È una chiesetta importante, abbandonata,degradata, violata, ma che è presente, sottogli occhi di tutti, ma nessuno fa niente persalvare il salvabile, per salvare un importan-te testo storico e artistico del passato.Recandomi al centro storico di Cetraro hoavuto modo di vedere un portale, lineare,recentissimo rispetto alla chiesetta in que-stione, che è stato “salvato” non demolendo-lo, perché ritenuto importante manufattostorico-artistico, mentre la chiesetta, piccoladi dimensioni, ma importante documentoarchitettonico è lasciato alle violazioni quoti-diane dei “vandali” di turno.La chiesa originaria doveva avere un’altezzadi m. 3,50 circa (e presentava una volte abotte ribassata), con un’unica navata largam. 2,30, mentre la lunghezza totale (com-prentende anche la zona absidale) era di m.5,00; la sola zona presbiteriale ha una lun-ghezza di m. 1,40.L’ingresso principale misura m. 1, 20 di lar-ghezza ed è alto m. 2,40.Una sorta di protiro (o piccolo atrio, o anco-ra una sorta di esonartece o avancorpocoperto) con volta a padiglione che si svilup-pa su una base quadrata di m. 2,70, poggiasu quattro pilastri, due dei quali addossatialla facciata principale; esso è apero su tre

parti e contiene il portale che si apre sullastrada.La chiesa è orientata a Nord-Est.All’originaria chiesa è stata aggiunta tutta laparte laterale destra, la quale presenta diver-sa struttura e contiene, sia l’ambiente cheospita un altare con formella, sia il localedella sagrestia.Entrando nella navata centrale si nota subitoche è stata rialzata in modo da stravolgernelo stile e la bellezza originaria; sulla suadestra è stata praticata un’apertura ad arcoribassato per l’accesso alla navata secondariacostruita molto successivamente e in alli-neamento con l’accesso secondario che sitrova sulla parte destra della chiesa; nellanavata secondaria c’è un altare con soprauna formella ora non più leggibile.Le pareti della zona presbiteriale della chie-sa originaria presentano ancora frammentidi pittura che richiamano all’Arte Bizantina.Entrando in chiesa, dall’ingresso principale,subito a destra si trova un’ antica e piccolaacquasantiera in pietra, con sulla pareteframmenti di colore. Prima di entrare dall’in-gresso principale, guardando a sinistra sulpilastro vicino all’ingresso, risalta la raffigu-razione pittorica di una Madonna deturpatada segni vandalici, pittura murale che, aquanto sembra, ne copre uno già esistente.Naturalmente la pittura murale dovevacoprire tutta la superficie parietale internadel protiro, probabilmente ad imitazionedella pittura bizantina che si trovava all’in-terno della chiesa.Il “protiro”, se costruito contemporanea-mente alla chiesa originaria, doveva esseremolto più piccolo e più basso; successiva-mente ristrutturandolo in modo maldestro(a dir poco!) venne ingrandito di molto e,ancora dopo, riparato alla buona (vedicopertura); oggi semicopre la finestra amodo di rosone che sovrasta l’ingresso prin-cipale.Il lato destro della chiesa è provvisto diun’entrata secondaria, ricavata quasi certa-mente durante la prima ristrutturazioneavvenuta fra il 1665 ed il 1734.Nei secoli ha subìto ristrutturazioni dannoseche ne hanno cancellato quasi totalmente lasua originaria identità, come ad esempio:l’innalzamento dei muri perimetrali, il tim-pano, il campanile, il tetto, l’arco di trionfo.Pur tuttavia non c’è dubbio che si tratta diuna chiesetta medievale con elementi cherichiamano all’Arte Bizantina.Alla zona presbiteriale, dell’altare maggiore,si accede salendo due antichi, bassi e agevo-li gradini in pietra arenaria. Per chi si accin-ge a salire i due gradini suddetti, viene a tro-varsi al di sotto dell’arco trionfale (a tuttosesto) e di fronte all’altare (o meglio a quel-lo che di esso rimane); mentre alla sua sini-stra può osservare la parete con una nicchia;inoltre, sulla destra c’è un ingresso cheimmette in un vano piccolo: la sagrestia.Una caratteristica e piccola nicchia è statacostruita sulla parete di fondo al di sopradell’’altare; essa trova svolgimento sullaparete esterna a forma di minuscola abside.La suddetta nicchia custodiva una statuinaraffigurante l’Addolorata che nel decennio1959-1969 è stata rubata.

AA cceettrraarroo:: uunn’’ iimmppoorrttaannttee cchhiieessaaaabbbbaannddoonnaattaa aall ddeeggrraaddoo.. DDaa lluuooggoo ddiiccuullttoo aa llaattrriinnaa ooccccaassiioonnaallee eedd aallttrroo..

di Giovanni Cimino

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200917

Molto utile per la cultura della pre-venzione è stata la campagnainternazionale per sensibilizzare

l’opinione pubblica sulla possibilità di scon-figgere il tumore al seno promossa da “SaluteDonna” con l’adesione di Regione, Provincia,Comune di Cosenza ed ASP. La manifesta-zione, presentata nel corso di una conferenzastampa coordinata dalla collega giornalistaGiusy Cuceli, Capo Ufficio Stampa dellaProvincia, è consistita nella mostra fotograficain Piazza Kennedy e nella raccolta di firmesul manifesto “Breast Friends per la life”.Gliorganizzatori hanno inteso ricordare che ditumore al seno soffrono in Calabria nove miladonne, con mille casi ogni anno. Ma oggi lamalattia si può sconfiggere grazie agli scree-ning e ai farmaci innovativi.“Salute Donna”-dunque - ha chiesto una firma per dare nuovoslancio all’informazione, all’assistenza e allaricerca su questa patologia che registra ognianno 40 mila nuovi casi in Italia.Ribadiamoche l’iniziativa di Salute Donna contribuiscecertamente a diffondere la cultura dellaPrevenzione, indirizzando la popolazionefemminile (specialmente al di sopra dei 50anni d’età) a sottoporsi all’esame mammogra-fico.Allo stato attuale in Calabria è in corsouna campagna di screening promossa dallaRegione e affidata alle ASP; la Provincia diCosenza ha acquistato un Camper attrezzatodonandolo all’ASP per le indagini precoci sulterritorio; la stessa AmministrazioneProvinciale di Cosenza ha promosso, in colla-borazione con la LILT (Lega italiana per lalotta contro i tumori, che dispone di due cam-per dotati di mammografo ed ecografo digita-li) una campagna di screening in favore didonne immigrate presenti sul territorio.Sitratta, a nostro avviso, di proseguire in questadirezione, razionalizzando la spesa per evita-re spreco di risorse. Assicurando, quindi, ilcoordinamento delle iniziative per la preven-zione dei tumori in generale e di quelli fem-minili in particolare. In proposito si puòanche tener conto della Legge regionale n. 9del 12 aprile 1999, che prevede il coinvolgi-mento della LILT in fatto di programmazione,ricerca, informazione, educazione alla salute,attività di prevenzione oncologica e diagnosiprecoce.-Giova ricordare che la LILT, in colla-borazione con le Aziende sanitarie territoriali,ha già realizzato diverse campagne di scree-ning per la prevenzione del tumore al seno, inquasi tutti i comuni del tirreno cosentino, nelcastrovillarese, nella zona del Savuto e dellaSila, e nel Lamentino.

Con spese contenute perché riferite ai costiminimi degli accertamenti mammografici edecografici. Sinora la LILT è riuscita ad effettua-re, coi suoi Camper, migliaia di mammogra-fie, scoprendo un limitato numero di tumoririsolti felicemente.-Va ricordato, inoltre, che laLILT svolge istituzionalmente attività di ricer-ca, d’educazione alla cultura della prevenzio-ne, diagnosi precoce e cure in collegamentocon gli ospedali del territorio, utilizzando la

professionalità dei propri collaboratori e ladisponibilità di numerosi soci e volontari, chevi fanno capo. Le visite e le indagini precoci sisvolgono sia sul territorio con i Camper primaricordati, sia negli ambulatori sanitari dellastessa LILT, dove operano in un turnovergiornaliero e settimanale, specialisti dellebranche di oncologia, dermatologia, ginecolo-gia, urologia, radiologia, ecografia, senologia,radioterapia, ecc.

Utile la campagna salute donna contro il tumore al senodi Sante Casella

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200918

…ho cominciato a leggere di Nazismo e diII^ Guerra Mondiale all’età di 15 anni, piùo meno, quando mio nonno, il FilosofoEligio Russo, mi raccontava della storia suae degli altri “italienish” internati nel campodi concentramento di Wietzendorf, a metàstrada fra Hannover e Amburgo. Il campodi concentramento di Wietzendorf era inorigine abitato da prigionieri russi. Dellavita che vi hanno condotto questi e del lorotrattamento, testimonia il cimitero russosito nei pressi del campo nel quale si trova-no sepolte oltre 16.000 salme. Sgombratodai russi, probabilmente per le condizionidi inabitabilità, servì nell’autunno dell’an-no 1943 allo smistamento dei prigionieriitaliani che vi passarono in numero di moltedecine di migliaia. In seguito allo sgombero dei campi diPolonia, il campo fu destinato, dapprimacon la denominazione di Stalag X–D(Stammlager X-D), subito cambiata inStalag 329, agli ufficiali italiani con il nomedi Oflag 83 (Offizierlager 83).Un episodio su tutti per “entrare” aWietzendorf, accaduto l’8 agosto 1944.Il deportato Vincenzo Romeo, per lavarsi lafaccia, aveva portato il bacile al sole (il 1°Luglio ’44 gli Italiani sono passati in rigaper l’appello col cappotto) e, per non spor-care l’asciugamano, l’aveva appoggiato sulfilo del reticolato. Nel momento in cui aveva allungato lamano per riprendere la salvietta, probabil-mente aveva invaso di qualche centimetrola linea di demarcazione, così la guardiaaveva sparato uccidendolo sul colpo. Lasentinella – un omuncolo con gli occhialirotondi e l’elmo di foggia vecchia, coi duerisalti d’acciaio ai lati – ha “curato” il suouomo: l’ha visto posare per terra il bacile ecol fucile in pugno, ha seguito ogni suomovimento. E quando il prigioniero – giàcurvo sul catino – ha allungato la mano perappoggiare l’asciugamani al filo, ha spara-to. La mano non ha toccato il filo, ma ilcolpo è andato a segno. È morto subito lì, a quattro metri dalla tor-retta: la sabbia asciutta ha bevuto il suo san-gue, e l’uomo di lassù, quando ha visto cheil corpo era stecchito, ha staccato il ricevito-re e ha telefonato al corpo di guardia: “Houcciso un italiano”. Avrà il premio. Se lasentinella spara e sbaglia, ci sono gli arresti,se colpisce c’è la licenza. Il regolamento èinesorabile. La pioggia ha lavato la macchia di sanguesulla sabbia…E siamo al Natale del 1944: secondo desola-

to inverno di prigionia. Moltitudine di uomini addossati, quasiininterrottamente giorno e notte, in barac-che sporche, fredde, buie, fumose, umidissi-me; inermi di fronte alla crudeltà inutile masadicamente quotidiana dei nazisti. Umiliati, minacciati dalla morte, all’oscurodegli avvenimenti.

Malattie, mucchi di stracci umidi e freddi,fango dappertutto dentro e fuori le barac-che, fame, inedia. Ma un presepe, nel 1944,illuminò la notte di Natale di un campo diconcentramento dove, in quelle ore più chemai, il respiro aveva il sapore della tristezzae della nostalgia. …l’ordine del colonnello Pietro Testa: «Unpresepe in ogni stube». Gli altri sfruttano lacreta, il sottotenente Tullio Battaglia, per lasua grande baracca, pensa a qualcosa di ori-ginale, che coinvolga tutti con un piccolodono. Ogni ufficiale aveva, nella sua cassetta diordinanza, qualche ricordo della famiglia,dell’amata, della sua vita prima diWietzendorf. Gesù è vestito con un fazzolet-to di seta del tenente Bianchi, i pantaloni diun magio sono la calza della Befana che ifigli avevano inviato al capitano Gamberini,il pizzo del manto della Madonna era delfazzoletto del tenente Zimaglia, il mantorosso di un magio è il pezzo di una bandie-ra italiana, tagliata dai prigionieri per sot-trarla alle perquisizioni dei nazisti. Tutto viene offerto per rendere preziosaun’opera realizzata con un coltellino scout,un paio di forbici, alcuni aghi, il cardine diuna porta trasformato in martello. Le assi-celle dei letti a castello diventano le “anime”dei personaggi.

Ci si può lavorare solo di sera, ma alle 15.30è già buio e allora ecco il miracolo.Ciascuno rinuncia a un po’ della minuscolarazione quotidiana di 15 grammi di marga-rina per realizzare candele che illumineran-no il lavoro. «Per ore e ore, chiusi nel buio, la baracca èstata raccolta in contemplazione dellanascita del presepio: assorte figure scarne,pallide, raggomitolate, silenziose. AllaVigilia di Natale il presepe è finito, vivo,“splendente” nel nerume tutto intorno;nere le baracche, neri gli animi senza sole…Simbolo potente di fede indistruttibile, di

speranza, ha portato in mezzo ai nostri cariun’ondata vivificatrice di gioia. Nessuno dimenticherà la messa della nottedi Natale del 1944, celebrata ai piedi delpresepe. Una grande bandiera tricolore, gelosamen-te custodita da un eroico cappellano, donCosta, faceva da tovaglia all’altare». Oggi quel presepe è custodito nel tesorodella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano,forse il bene più prezioso, plasmato non conl’oro ma con la vita e la speranza. Così ilpresepio di Wietzendorf continua a raccon-tare la storia di umili e fieri soldati d’Italiache non accettarono compromessi. Manca il bue nel presepio, perché è rimastonel lager come segno povero, ma prezioso,a tenere compagnia a quelli che lo hannovisto nascere e non sono più tornati.”

Ai morti di Wietzendorf…e a mio nonno Eligio.

Giornata della Memoria 2009Il Presepe per non dimenticare!

di Andrea Campolongo

Foto: il presepe di Wietzendorf

“[…] la loro Fede è stata grande comequella dei martiri cristiani; Essa li ha guidati […] nel lento procederedi mesi e di anni, oltre il peso del corpo,nel cielo incorruttibile dello spirito. Cosìoggi vivono nel ricordo dei compagni:ammaestramento e monito.

(Col. Pietro Testa)

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200919

Il prof. Carlo De Rose, docente diSociologia dell’Università dellaCalabria, durante una sua conferen-

za ha parlato di esperienza avute intreno quando doveva andare spesso daCosenza a Milano e di persone scono-sciute che con molta facilità e piacereraccontavano la loro vita, cosa che maga-

ri non avrebbero fatto con gente cono-sciuta.Da questo ne ha dedotto che abbiamobisogno di parlare di noi stessi e riuscia-mo a farlo più con le persone estraneeche con i propri parenti e amici, perchègli estranei non ci conoscono ed a loroabbiamo il coraggio di raccontare anchecose non dette agli altri. Con l’andare degli anni questo bisognosi fa più forte e tra le persone anzianeintervistate ed anche tra quelle nonanziane nella maggioranza dei casi ledonne raccontano meglio degli uomini.C’è comunque una differenza del raccon-

tarsi tra uomo e donna. Perchè? Perchè ladonna racconta meglio dell’uomo? Nonha niente a che fare con la genetica macon la cultura ed il ruolo. Il ruolo femmi-nile della donna ha sempre più sviluppa-to la capacità di osservazione ed inter-pretazione dell’altro, per cui interpretaanche il non detto. Si pensi al ruolo di donna-madre, peresempio, e a come lei deve osservare il

suo bambino sin dalla nascita per poterlocapire. La donna ha inoltre l’abitudine di parla-re delle proprie emozioni e di sé, mentregli uomini in genere preferiscono parlaredi argomenti generici come la politica, losport, ecc. ecc. Ebbene, questo bisogno diparlare di sé si dovrebbe sempre soddi-sfare, perchè raccontare sé stessi è tera-peutico per lo spirito. È sempre una rie-laborazione raccontarsi perchè bisognaripensarlo e soprattutto è un contributoper conoscere sé stessi e per conoscere glialtri. Raccontarsi è liberatorio e dà ener-gia ma in genere alle persone che fre-

quentiamo raccontiamo fatti e non è maiun racconto lungo, perchè pensiamo checi conoscano già, invece non è così, per-chè chi si racconta deve dare un signifi-cato diverso della sua vita e far conosce-re meglio sé stesso. Come si fa a raccon-tarsi? Bisogna iniziare dai nostri genitori, poibisogna scavare nella nostra infanzia ericostruire cronologicamente. Hanno

valore anche i dettagli e si devono segna-lare le scelte fatte, le occasioni perdute:bisogna quindi avere una capacità d’in-trospezione. A meno che non si abbiano problemi seri,non abbiamo bisogno di andarci a sten-dere sul lettino dello psicanalista e parla-re con lui per guarire, tutti, però, abbia-mo bisogno di “Raccontarci”, comeabbiamo visto. E allora? Parliamo un po’ di più di noistessi con la gente e senza paura, tenia-mo un diario, a qualsiasi età su cui scri-vere la nostra vita, le nostre emozionipassate e presenti... Ci sentiremo meglio.

“Raccontarsi: per riconoscersi e per riconoscere” di Sandra Cucchetti

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200920

Eccoci tutti davanti alla T.V. pervedere in diretta da Washingtonl’America che esulta per il suo 44º

presidente, Barack Obama. E’ una impo-nente partecipazione nazionale non solomolto pittoresca ma anche profonda-mente e individualmente emotiva. Osserviamo americani di ogni razza chepiangono commossi, Obama che prega…Il suo lungo discorso ha colpito il mondointero per il coraggio, l’orgoglio e lafiducia nel futuro che quest’uomo hasaputo infondere in così breve tempo nelsuo popolo. “SIAMO QUI PERCHE’ ABBIAMOSCELTO LA SPERANZA INVECEDELLA PAURA,,. Il nuovo presidente ha parlato della paceche l’America desidera avere con ilmondo ed ha condannato il terrorismo,una delle cause di violenza e di guerre;ha programmato poi, per la sua patria,un futuro economico migliore per tutti,una giustizia sociale che ora non c’è.L’America sta attraversando, come tuttoil mondo del resto, un periodo di fortecrisi economica e molti sono scettici suimiglioramenti così prossimi in questocampo, tanto più che oggi, purtroppo,questo bel discorso non ha avuto inci-denza nel mondo per ciò che riguardal’economia, tutt’altro. Obama dovrà veramente lottare perchél’America migliori in questo senso, ma èmolto importante il fine di questo discor-so, questo forte appello. Ed è importante

pure, per chi ha sempre pensato che nelmondo non esistono razze superiori erazze inferiori, veder salire i gradinidella Casa Bianca un giovane uomo dallapelle nera, un uomo di origine africana,

quei poveri africani che furono strappatidalla loro terra dai bianchi per essereridotti in schiavitù. E’ passato il tempo in cui Rosa Parksvenne arrestata perché in autobus avevaosato sedersi nel posto riservato ai bian-chi! Ora finalmente i neri d’America, diven-tati a diritto cittadini americani, non sisentiranno più cittadini di serie b o c,perché uno di loro è diventato presiden-te di questa grande nazione. E pure i neridi tutto il mondo saranno orgogliosi diappartenere a questa razza, dai poveriragazzi che nelle varie piazze di tutte lecittà europee stendono a terra la loromercanzia a quelli più fortunati che stu-diano nelle varie Università e che ancoranon sono accettati da tutti. RingraziamoObama non fosse altro che per questo ecredo che ognuno di noi si renda contoche oggi, mercoledì 24 gennaio 2009, èun giorno della Storia molto importante,da ricordare. Speriamo che il grande desiderio di pacedi Obama contagi non solo tutte le nazio-ni del mondo ma anche ogni singoloindividuo.

In diretta da Washingtondi Sandra Cucchetti

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200921

Viviamo in una società in cuil’unica cosa solida è il dena-ro, l’unica realtà è l’opulenza,

il piacere è l’unica cosa desiderabile,mentre la stima, la reputazione, laprobità sono chimere.Tutta l’antropologia materialistaruota intorno all’asse dell’amore disé, centro gravitazionale dell’indivi-duo che si esprime come tendenza aconservarsi e a perseverare nellostato di godimento.Il denaro e il potere sono il simbolodella possibilità di procurarsi ognitipo di bene.Il soddisfacimento dei desideriimmediati, l’edonismo inteso comericerca del piacere sfrenato, (InEpicureo il termine edonismo ha

significato del tutto diverso, anzi,opposto), non aiutano la formazionedel vero uomo, utile a se stesso e allasocietà. Il susseguirsi degli ultimiscandali sono il frutto di un eccesso

di pragmatismo senza principi, dicarenza diffusa di ideale alti. E’ trop-po debole la civiltà delle libertà edelle responsabilità, del rigore mora-le in tutte le attività economiche,oltre che nell’impegno civile, nellavita pubblica e privata e nello sportche dovrebbe essere una casa divetro di valori morali vissuti semprenello spirito Olimpico. Si sono perdute quelle qualità mora-li che fanno l’uomo saggio e ligio aidoveri e accade che l’egoismo, lasuperbia, l’invidia, la smodata avi-dità del denaro e del potere rendonol’uomo <<homo homini lupus>> edegli ruba, tradisce, si corrompe ecorrompe., rinnega amicizie e senti-menti. Purtroppo il suo vero nemicoè dentro di sé ed ha ucciso il suoessere uomo.

La <<questione morale>> torna adoccupare le cronache quotidiane dopola devastante stagione di tangentopolidi Franco Pulitano

di Giacomo Guglielmelli

La sottile linea grigia è quella cheattraversiamo ogni mattinaquando rinunciamo ai nostri

sogni e ci lasciamo prendere dalle abi-tudini, dal piacere senza entusiasmo,rinunciando alla felicità. E intorno nonriusciamo più a distinguere i colori, apercepire il movimento, a guardareoltre l’apparenza. La nostra vita si tra-sforma in un lago piatto, nella ripeti-zione ossessiva di gesti e comporta-menti, nello scorrere monotono di untempo anagrafico che ci conduce invicoli ciechi.Nonostante ciò, abbiamo la presun-zione di dirci uomini liberi, creativi,proiettati verso il futuro, nonostanteil nostro progresso si basi su stru-menti e macchine che fannotutto alposto nostro, perfino pensare, perfi-no decidere. Anche l’amore si è trasformato inunoggetto, in una cosa da program-mare, da fare in fretta, possibilmentein sicurezza. L’uomo-macchina e la macchina-uomo stanno diventando una cosasola e fra breve nessuno, nemmeno

noi, si accorgerà della differenza.Come siamo arrivati a questo? Siamoin una fase evolutiva o, piuttosto, in uninesorabile processo involutivo? Cosasi può o si deve fare? Come possiamouscirne?Non c’è una formula sicura né un siste-ma sperimentato. Forse dovremmoaffidarci semplicemente all’istinto, matroppe luci e odori artificiali ci confon-dono. Mai l’uomo e la donna sono statitanto distanti, così estranei, così con-correnti. Anchei bambini hanno persol’innocenza, la meraviglia nei loroocchi. Forse perché li abbiamo voluti anostra immagine e somiglianza, cari-candoli delle nostre frustrazioni, delnostro disagio esistenziale. Abbiamocreato una società che non riconosce leidentità, che omologala ricchezza dellediverse culture, che crea nuovi inutilibisogni sulle ceneri dei valori tradizio-nali, che inibisce la fantasia. Viviamodi numeri, di statistiche, di consumicontrabbandati per bisogni, di desideriche non nascono da dentro. Non abbia-mo più padriné madri, neanche fratel-li. I nostri interlocutori sono gli esper-ti, i consulenti, gli allenatori,gli imbo-nitori, i nuovi santoni che ci impongo-

no scelte, che ci somministrano tera-pie, medicine, integratori alimentari,prodotti che rallentano il decadimentofisico, dando l’illusione di allontanarelo spettro della vecchiaia.Eppure noi non siamo soltanto ilnostro corpo. Siamo di più, siamomeglio, anche sein questa confusione,in questa babele, lo abbiamo dimenti-cato. Per fortuna al centro, nel profon-do del nostro essere c’è qualcosa chenon può esseremanipolato, mercifica-to, corrotto. Solo, lo dobbiamo risco-prire, dissotterrare, liberare dalfango.Un tesoro che abbiamo tenuto troppoa lungo sepolto ed è arrivato ilmomento di farlo ritornare alla luce. Sipuò tornare a essere persone vere,respirare ancora aria pulita, guardareal mondo con la speranza di farne unaterra dove vivere in pienezza, in armo-nia, con dividendo, partecipando,costruendo solide dimore e rapportiduraturi. E poterci infine risvegliarein un nuovo mattino con la sensazio-ne di essere persone più libere, piùcoscienti, più vitali, riattraversandoquella linea grigia che ci separa daunadimensione piena, variopinta,entusiasmante.

La sottile linea grigia

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200922

Associazione Pedagogisti ed Educatori Italianisede legale: via Linea Ferrata, 57/2 - 90046 Monreale - http://www.apei.it - e-mail [email protected]

Presidenza Nazionale: dr. Alessandro Prisciandaro via Linea Ferrata, 57/2 – 90046 Monreale (PA)mail: [email protected]

COMUNICATO STAMPA

del 09/01/2009

Adesso basta. Non possiamo più far finta di non vedere e non sentire. Ciò che sta accadendo nei nostri confronti è un fattogravissimo. Abbiamo l’obbligo morale di rendere pubblico l’ennesimo sopruso nei confronti degli Educatori Professionaliprovenienti dalla Facoltà di Scienze della Formazione.

In tutte le Regioni d’Italia si verifica da tempo una situazione incresciosa ed insostenibile. Nei Concorsi delle ASL gliEducatori Professionali provenienti dalla Facoltà di Scienze della Formazione vengono scartati perchè ritenuti non in pos-sesso del titolo utile a svolgere la professione dell’ Educatore. In Puglia nel 2006 l’ASL di Bari estromise gli Educatori pro-venienti dalla Facoltà di Scienze della Formazione da una graduatoria da cui attingere per incarichi a tempo determinato,lo stesso è avvenuto all’ASL di Brindisi nel Novembre 2008 ed oggi l’ASL di Taranto indice un avviso pubblico (BURPuglia n° 3 del 08-01-2009) per incarichi provvisori per Educatori preannunciando già da subito l’impossibilità dipartecipazione per tutti gli Educatori Professionali che provengono dalle Facoltà di Scienze della Formazione.

Questo accade per via del D.M. 520/98 il quale riconosce come titolo utile per la professione di Educatore solo il Diplomadi Laurea conseguito presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Inoltre, a peggiorare la situazione è il paradossale D.M.27 Luglio del 2000 il quale, equipara al Diploma Universitario di Educatore Professionale conseguito alla Facoltà diMedicina e Chirurgia i seguenti titoli:

Educatore professionale - corsi regionali triennali di formazione specifica, purché siano iniziati in data antecedente a quel-la di attuazione del decreto 10 febbraio 1984 del Ministro della sanità - corsi regionali triennali di formazione specifica exdecreto 10 febbraio 1984 del Ministro della sanità - corsi triennali di formazione specifica, legge n. 845/1978 - corsi di for-mazione specifica, legge 30 marzo 1971, n. 118;

Educatore di comunità - decreto 30 novembre 1990, n. 444 del Ministro della sanità;

Educatore professionale - decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162 - legge 11 novembre 1990, n. 341;

Educatore di comunità - decreto del Presidente della Repubblica, n. 162 del 10 marzo 1982 - legge 11 novembre 1990, n. 341.

Quindi, chi ha conseguito un titolo di Educatore tramite corsi regionali triennali prima del 1984 può partecipare aiconcorsi delle ASL mentre chi si è laureato con una Laurea quadriennale sostenendo più di 40 Esami Universitarinon può nemmeno partecipare al bando.

A tal proposito ed a sostegno di tutta la categoria, ritengo utile rammentare che la stessa 328/2000 e finanche la L.R.19/2006 (ed altre leggi regionali che recepiscono gli indirizzi della Legge Quadro) prevedono la Figura dell’EducatoreProfessionale in moltissime strutture socio –sanitarie non specificandone la provenienza formativa ed inoltre le ricordo chegli Educatori provenienti dalla facoltà di Scienze della Formazione operano in queste strutture per conto delle CooperativeSociali da ormai diverso tempo. Per questi motivi riteniamo doveroso nei confronti di migliaia di professionisti un immedia-to provvedimento Ministeriale che sani una volta per tutte questa scandalosa ed annosa questione.

PRESIDENZA NAZIONALE APEI(associazione pedagogisti ed educatori italiani)

Oggi Famiglia Gennaio - Febbraio 200923

Atermine del mio presedente articolosu François Mauriac, ho fatto cennoa Davide Maria Turoldo. Per tentare

di capirlo prendo le mosse dall’ultima suaopera intitolata IL DRAMMA E’ DIO, scrittapochi mesi prima che una neoplasia al pan-creas lo staccasse dalla vita terrena. Lamorte è viva nella sua coscienza, dove è pre-sente anche la percezione di un Dio biso-gnoso del costante rapporto con la sua crea-tura, di cui non può fare a meno una voltache, nel progetto della creazione, l’uomoinfinitamente piccolo eppure infinitamentelibero è posto al centro. IL DRAMMA E’ DIOè un libro di poesia e di preghiera. Vi èanche un accenno alla tesi teologica di unDio in pena per la sofferenza della sua crea-tura. L’autore, vigile a attento, s’interrogasul bene e sul male, sulla vita e sulla mortee sul cammino dell’uomo combattuto tra lasofferenza e la speranza di uscirne Ho seguito sul televisore una sua messa: èstata un’esperienza straordinaria perché hoavuto la consapevolezza che egli vivesseintensamente il colloquio e l’ascolto conCristo, quasi oltrepassando le umane possi-bilità. La chiesa era spoglia, tinteggiata concalce. Ricordo il suo viso scarnificato dallamalattia, il naso imperioso sottile, taglientesulla cui punta erano scivolati gli occhiali dapresbite, il mento appuntito, la voce barito-nale appena sussurrata, i gesti ieratici e queldono particolare di commuovere e di indur-re a condividere il mistero, posseduto soloda chi è animato da una fede inconcussa. Miaspettavo che quel corpo smagrito sul qualei paramenti sacri scivolavano in cerca di unappoggio che non c’era si sollevasse e s’in-volasse in cielo per unirsi con Dio.Il tema del libro è il colloquio confidenzialecon l’Amico, tenuto in continuazione, gior-no e notte, teneramente accanto: Tu che mistavi sempre di fronte/a guardarmi/specialmentequando peccavo/anche tu sei un Dio in pena/enoi /il tuo dramma di essere Dio./Neanche Diopuò star solo/anche Dio è infelice. Questo ami-chevole entrare negli ascosi sentieri di Diopotrebbe apparire come antropomorfismoin virtù del quale siamo tentati di dare a Diopensieri e reazioni umani, con ciò scostan-doci dalla concezione di Dio supremasapienza dove non è possibile supporre unacorrezione all’opera perfetta dellaCreazione perché è metafisicamente irrealiz-zabile una condizionata onnipotenza riferibileall’Onnipotente. Padre Turoldo, biblista diacuta sensibilità, trova nel vecchio e nelnuovo testamento la ragione della sua diffi-cile e insidiosa scoperta, partendo dallaGenesi, là dove si narra di Adamo colto inflagranza di peccato che riversa la colpa suEva. Proprio qui il teologo coglie l’attimodella discontinuità della Creazione, peraltroinclusa nel progetto divino, perché quel pec-cato, nel quale sarebbe stata solidale tuttal’umanità, sarebbe stato – nella pienezza dei

tempi – cancellato da un atto riparatore diDio stesso mediante la sua incarnazione e lamorte in croce. Ascoltiamo il poeta: Eppuretuo figlio/il divino tuo figlio uguale anessuno/anche lui/ha gridato alto nelmondo:/perché? E tu non puoi rispondere./Non ipuoi./Condizionata Onnipotenza sei! Si nota inquesta amara conclusione, probabilmenteeterodossa, un erotema, un argomentare perdomande, e un incommensurabile tenerezzaverso il Signore, il quale, motore che tuttogoverna, ha dato all’uomo un dono che nonpotrà mai togliergli: la libertà delle sue scel-te. E’ – come dice Padre Turoldo – la ragione-volezza della cause seconde della creazione,rispettate da Dio, altrimenti la medesimacreazione non avrebbe senso. Nel giardinodell’Eden, l’uomo libero, per propria auto-determinazione senza vincoli, assoluta ecompleta, ha rotto lo schema di Dio che loaveva posto nell’Eden perché vi rimanessefelice e innocente per l’eternità. Ma l’uomo,usando la sua libertà, ha interrotto il pro-gramma divino, coinvolgendo nella rotturatutta la sua discendenza e spingendo Dio ariparare alla sua disobbedienza mediante loscandalo della Croce. Causa seconda deltutto libera, con un atto libero che nemmenoDio può impedire, Adamo interrompe il pro-getto scrivendo così la storia della salvezza,la quale, nel tempo stabilito, si realizzeràsulle strade della Palestina. La presenza delserpente tentatore è una metafora. Il teologosi misura con la Causa prima, creatrice del-l’universo e della vita, in quanto egli stessoè causa seconda. Iddio è messo dall’uomonella condizione di procedere all’atto ripara-tore del peccato d’origine con il Golgota. Laconclusione trattane è che Dio non si consen-te di star solo, non si consegna alla sua soli-tudine, bensì si pone in relazione con l’uo-mo, per il cui riscatto, ha dato se stesso, si èofferto vittima di sé a sé. Il dramma dunqueè Dio. Ecco che padre Turoldo ha intuito ilnodo del rapporto del Creatore con l’uomo e

il dramma nel quale si articola. Ne resta sgo-mento, è assalito da un timore metafisico equasi fugge davanti alla sua intuizione. Mavi ritorna purificato, affermando che la Deitàè là, oltre. A lei si può pervenire per fede eragione in quanto Dio e l’uomo sono reci-procamente solidali. Un altro elemento importante nella gnoseo-logia elaborata da Don Turoldo è quellodella complementarietà e della parallelità difede e ragione, talchè fede e ragione posso-no dirsi rosminianamente le due ali dellospirito umano, il quale, sostenuto da esse, aimitazione dello Spirito divino, si libra sugliabissi dell’insensibile, senza perdervisi. Intal modo lo spirito umano non può agirealtrimenti che verso la continua ricerca ingrazia della quale Dio, pur irraggiungibile,è perennemente oggetto di scoperta. Se perla ragione è difficile pensare a qualcosa fuoridi se stessa, tutte le volte che in simbiosi conla fede scopre Dio, lo scopre nel suo perime-tro di ricerca. Dio perciò non è fuori dellaragione, vi è dentro in un circolo in cui laragione è alimentata dalla fede, divenendo-le parallela e complementare. Fede e ragio-ne non sono un ossimoro, ma due funzioniilluminanti dello spirito, veicoli che portanoa Dio in attesa. Anche noi viviamo nell’atte-sa, motore della storia, in cui è inclusa findal primo moto del mondo, fin dal fluiredegli enti dell’Essere, fin da quando ildispiegarsi dei fini è tutto dentro il principiodella Creazione, luogo delle meravigliedivine, dimora di Dio, il quale è sempreaccanto all’uomo, sua icona vivente, per ilquale si è fatto egli stesso uomo, nonostantela fuga dell’uomo da lui. Ma egli lo insegueaffinchè non si perda e, inseguendolo, losalva. Il cerchio si chiude nella ricostruzionedell’amicizia fra Dio e l’uomo. L’uomo habisogno di Dio, ma anche Dio ha bisognodell’uomo. Altrimenti non avrebbe avutosenso l’Incarnazione. E così si spiega l’affer-mazione che Dio è Condizionata Onnipotenza.

Padre Davide Maria Turoldo: il dramma è Dio di Gerardo Gallo

Padre Davide Maria Turoldo

Oggi Famiglia

di Luigi Michele Perri

Gennaio - Febbraio 200924

Da un’infanzia infelice ad un’adole-scenza drammatica. Dalle primetrasgressioni alla droga, sino al

tentato suicidio. Dalla disperazione allasperanza. Dal buio della solitudine piùaffranta al chiarore dell’autoconciliazionesorridente, sino all’altruismo evangelizza-tore, quello più arduo e appagante.Veronica Lucchini, venticinque anni, diGrimaldi, domiciliata a Lamezia Terme,sposata, madre di quattro figli, tutti intenera età, ha percorso le tappe dolorosedelle avversità più laceranti, che l’avevanofagocitata nell’indocilità e nel disadatta-mento per portarla sino alle soglie del pre-cipizio e della morte. Si era persa, si è ritro-vata. Miracolosamente, è giunta agliapprodi salvifici dell’equilibrio interiore edella sensibilità solidaristica. Lei e il mari-to, Giuseppe Ferrari, di un anno più giova-ne di lei, se ne andranno in EstremoOriente: tra un paio di settimane sbarche-ranno nell’isola di Taiwan per fare, entram-bi contenti come una pasqua, i missionarilaici. La prole sarà con loro. La famigliola,in perfetta comunione, ha scelto: resterà lìper tutta la vita. Veronica, figlia di genitoriseparati, non ha mai conosciuto il padre.Non sa chi sia. La sua storia tocca. Toccanel profondo. Lei la scandisce, con distaccosecolare.

La madre, risposata, ebbe un figlio.Abbandonata dal nuovo compagno e privadi reddito, si vide costretta a mandare labambina in un collegio di suore, in paese, aGrimaldi. “Stentavo – confessa Veronica – asubìre quella situazione. Ero insofferente.Ribelle. Non avevo, né accettavo regole. Lerespingevo. Uscivo di notte e tornavo digiorno”. Ben presto, la ragazzina fu trasfe-rita a Cosenza, in un altro collegio di mona-che. La madre si stabilì a Mantova, in casadi una sorella. Contatti? “Praticamente,zero”, dice Veronica. “A Cosenza, la miasituazione – rammenta – peggiorò. Furonoanni di conflitti, con me stessa e con lesuore. Continuavo ad uscire di notte e arientrare all’alba. Frequentavo compagniepoco raccomandabili. Mi misi a fumare spi-nelli. Non mi rendevo conto di nulla.Pensavo di avere sempre ragione io e glialtri torto”. A sedici anni, la ragazza fu affi-data ad un gruppo appartamento diLamezia. “Qui – ricorda – mi trattavanobene. Ma mi torturavo del mio passato. Mimaceravo per il futuro che vedevo tetro edeprimente. Pensai di suicidarmi. Mi but-tai dal secondo piano. Non morii. Fui rico-

verata in ospedale. Ebbi una frattura allaspina dorsale”. In ospedale Veronica incon-trò le persone giuste. “Vennero da me – rac-conta – alcuni catechisti di “Cammino neo-catecumenale”. Il primo impatto non fugradevole. Dopo quello che avevo passato,figurarsi che concetto potessi avere dellagente religiosa. Ciononostante, quei signo-ri, con santa pazienza, mi aprirono il cuore.Piano piano, cominciai ad interessarmi ailoro discorsi. Conobbi uno dei figli di que-ste persone, Giuseppe, mio coetaneo. Conlui entrai subito in sintonìa. Giuseppe miaiutò a capire, ad avere fede, a credere nellamisericordia del Signore”. I due ragazziseguitarono a frequentarsi. Iniziò così lastoria della loro vita. Nacque un bambino.I genitori di lui, cristianamente, accettaro-no la situazione. “Fui accolta con grandeamore – sottolinea Veronica -. Mi resi contoallora di cosa fosse veramente una fami-glia. Trovai due suoceri splendidi. Macchésuoceri, genitori, genitori veri, pronti adindirizzarmi verso il bene. Decidemmotutti di aspettare che Giuseppe compisse idiciotto anni per il matrimonio. Ci sposam-mo. Oggi siamo davvero in gioia, con quat-tro bambini”. Il passato è sempre più remo-to, oramai lontano, evanescente.Da qui si è delineata la svolta di Veronica.Giuseppe si è trovato disoccupato, dopoaver lavorato a Vibo Valentia in una con-cessionaria d’auto. Ha presentato tantedomande per entrare nell’esercito. Tutte avuoto. L’anno scorso ne ha presentatoun’altra. Ha fatto il concorso. “Subito dopo– narra Veronica – abbiamo partecipato, aPorto San Giorgio, in provincia di AscoliPiceno, ad un ritiro spirituale, un incontro

tra famiglie, organizzato da “Camminocatecumenale”. Come la maggior parte deipartecipanti, abbiamo dato la nostra dispo-nibilità ad affrontare una missione.Nessuno se l’è sentita di fare una selezione.Si è proceduto per sorteggio. Ed è stato sor-teggiato il nostro nome. Nel frattempo, ci ègiunta la notizia del concorso di Giuseppe:esito favorevole, con assunzione a tempoindeterminato”. A quel punto, i due hannodovuto scegliere: quale strada imboccare?“Non abbiamo avuto esitazioni – esclamaVeronica -. Giuseppe ha rinunciato. E, sem-pre d’accordo, abbiamo deciso di abbrac-ciare la missione. Iddio ci ha graziato,abbiamo detto. Ha avuto misericordia neinostri confronti. La Sua chiamata è statapiù forte. Irresistibile, sì!”. La famigliaFerraro partirà per Taiwan. Senza più tor-nare indietro.

GRIMALDI : Una famiglia in missione a Taiwan