ilfattoquotidiano13agosto2015

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Giovedì 13 Agosto 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | » 15 Il Fatto Speciale L accusa di Asor Rosa La letteratura italiana, quella prodotta da chi è nato dopo il 1960, è in meccanico passo doppio con la società una massa indistinta di storie individuali senza capacità di presa sul presente, cioè di fare politica, costruire società? E poi: esiste ancora una società letteraria capace di imporre gusti, poetiche, visioni del mondo? È vero che la massa di scrittori o lo scrittore/massa hanno ucciso la critica consegnandosi al desiderio di profitto dellindustria editoriale? Questi sono alcuni dei temi sollevati dallo storico della letteratura Alberto Asor Rosa, che dopo 50 anni ha arricchito il suo saggio del 1965 Scrittori e popolocon la postilla Scrittori e massa . Sul Fattohanno già risposto gli scrittori Trevi, Montesano, Murgia, Buttafuoco, Lagioia, Buzzolan, Saviano e Di Paolo, il direttore editoriale Longanesi Giuseppe Strazzeri, il critico Andrea Cortellessa, il venerato maestroAlberto Arbasino e Gian Arturo Ferrari, vicepresidente di Mondadori Libri. Oggi tocca al critico e romanziere Franco Cordelli. Riflessioni impolitiche/8 L INTERVISTA È finita e il colpo di grazia l ha dato Umberto Eco Franco Cordelli La letteratura è morta, non rinascerà. Il nome della rosaè la fuga da tragedia e politica, il capostipite del nuovo prodotto di consumo S » NANNI DELBECCHI crittore, poeta, saggista, cri- tico, una produzione roman- zesca che parte da Procida (1973) e arriva a La marea u- mana (2010), Franco Cordel- li vede due mari: la società letteraria politicamente atti- va di Scrittori e popolo e lo- dierna morta gora di Scrittori e massa, secondo il vallo trac- ciato da Alberto Asor Rosa a mezzo secolo di distanza. Ho letto Scrittori e popolo quando uscì, nel 65, mentre alluniversità seguivo le le- zioni di Elémire Zolla; ascol- tarlo e capire che già allora vi- vevamo in una società di mas- sa, era tuttuno. Credo sia per questo che lanalisi di Asor Rosa mi apparve in ritardo, fondata su un popolo che già non esisteva più. Al di là di questo, Asor Rosa descriveva una dialettica tra letteratura e società che oggi, dice, si è dissolta. Ma questo è talmente sotto gli occhi di tutti! Oggi la frat- tura è totale, ed è sbalorditivo come la grande maggioranza degli scrittori non sia consa- pevole della propria inin- fluenza. Uno può vendere mille copie oppure centomila ed è assolutamente la stessa cosa, a parte lovvio vantag- gio economico. Cosa ricorda degli anni Ses- santa e Settanta? I due decenni sono molto di- versi tra loro. Negli anni Ses- santa non facevo parte di al- cuna società letteraria; eppu- re mi sembrava di farne parte. Non parteggiavo per nessuna delle due forze in campo, la tradizione incarnata da Mo- ravia e Cassola da una parte e lavanguardia del Gruppo 63 dallaltra, ma ero interessato a tutto. Gian Arturo Ferrari ha iro- nizzato sui limiti di quella società, prendendo a esem- pio le polemiche sugli amori di Metello. Mi pare un esempio tenden- zioso. Allora cerano anche le battaglie di Giorgio Bassani, direttore editoriale di Feltri- nelli, per fare solo un altro e- sempio. Cose che oggi ce le sogniamo. E gli anni Settanta? Dopo il 68, con la chiusura di Alfabeta, la rivista della neoa- vanguardia, si aprì una fase nuova, di deserto; man mano che io stesso entravo a far parte di una piccola o grande comunità letteraria avverti- vo che era in gran parte let- tera morta. Cerano ancora i cosiddetti grandi scrittori, penso in particolare a Scia- scia, Calvino e Pasolini, che però rifulgevano proprio in quanto si stava facendo il vuoto. Il mondo era già da unaltra parte. Cè un momento in cui anche questa stagione terminale viene meno? Credo di sì, e il colpo di grazia arrivò proprio da una delle persone che avevano chiuso Alfabeta , Umberto Eco. La pubblicazione del Nome del- la rosa, nel 1980, è stato il pun- to di svolta. Lidea che fosse possibile chiudere con le tra- gedie, le morti e la politica, ci si potesse volgere al passato e scrivere un romanzo storico, addirittura di storia medie- vale. Un ripristino fittizio del ruolo dell intellettuale; in realtà, lorigine di tutta la let- teratura di consumo arri- vata nei 35 anni successi- vi. Latto di nascita dello scrittore medio. Chi è lo scrittore me- dio? Ne siamo letteralmente circondati. Le faccio un paio di nomi, tra i tanti possibili: Melania Mazzucco e Valeria Parrella. Tipiche scrit- trici medie, che vanno bene per un pubblico altrettanto medio, non definibile in termini culturali, e dunque i- nesistente. Gli autori medi sono aumentati in modo e- sponenziale, ma la società letteraria è sparita. Come si spiega questo para- dosso? Questa è lunica in- tuizione che ricono- sco a me stesso. Risa- le al 74, quando pubblicai Il pubbli- co della poesia, do- ve sostenevo che il pubblico del- la poesia e- rano i poe- ti. Oggi la stessa cosa si può dire del pubblico del roman- zo. Non esiste più un pubbli- co del romanzo che non sia composto, in definitiva, dagli stessi romanzieri. Se anche i lettori della Mazzucco sono trentamila, non ce nè uno che se un romanzo non lha già scritto, comunque lo scri- verà, o potrebbe scriverlo do- mani. Per Asor Rosa, i primi a spin- gere la letteratura verso la narrativa di consumo sono gli editor. Questo suppongo sia vero, ma è anche ov- vio, dar loro la colpa ho la sensazione che sia un modo di con- fondere la causa con leffetto. Credo che in Asor Rosa ci sia un errore di pro- spettiva tipico della sua generazione; li- dea teorizzata da Hans Robert Jauss se- condo cui le opere so- no significative in quanto recepite dai lettori. Leditor ha se- guito il corso dei tempi e fa il suo mestiere: deve pub- blicare qualcosa di decen- te, e che possa essere letto. Prende un romanzo scrit- to da uno dei 30 mila lettori della Mazzucco e cerca di migliorarlo. Più significa- tivo è che oggi in Italia qua- si tutti i libri difficili, e im- portanti, sono pubblicati dalle piccole case editrici, in barba alla teoria della ri- cezione. E la scomparsa della criti- ca? Causa o effetto? Luna e laltro. È tutto un si- stema che funziona in un cer- to modo, e vede storicamente esaurita la funzione della let- teratura come ricerca, e- spressione critica. Quando mi sento rispondere che il ro- manzo non è morto, anzi, non se ne vedono tanti come oggi, mi viene da ridere: più ro- manzi ci sono e meno il ro- manzo ha valore, potenza, senso. Quanto alla poesia, si è portata avanti e riposa in pa- ce da un pezzo, è inutile strac- ciarsi le vesti sulla chiusura di questa o quella collana. In Scrittori e massasi teo- rizza anche la fine dellim- pegno con leccezione di Ro- berto Saviano. Nella letteratura di paesi che tendiamo a considerare peri- ferici, sbagliando, ad esem- pio i narratori africani, libri come G o m o rr a non sono uneccezione, non cè un loro titolo che non sia anche un li- bro di denuncia. Da qui a ve- dere in Saviano una figura in- tellettuale di riferimento, ce ne corre. Parliamo di uno scrittore lodevole, ma che ap- partiene al passato, nel solco di Malaparte. Senza dargli dellepigono, non è un caso che la riscoperta di Malapar- te sia avvenuta allindomani del successo di Gomorra. Se la morte di certa lettera- tura è un dato di fatto, le chiedo: rinascerà? Credo di no. È come chieder- si se rinasceranno i chiosato- ri dei testi sacri. Sono stati chiosati, anche troppo. Nien- te muore veramente, ma la letteratura capace di portare un frutto di novità sarà sem- pre più rara, e difficile da tro- vare. Cosa pensa dellunica vera novità di questi anni, la pa- gina dei ringraziamenti? Se non vogliamo riderci so- pra, il significato è evidente. È una mutazione del rappor- to tra il lettore e lautore. Bal- zac si accontentava di dedi- care il romanzo a un amico, oggi il minimo è una decina di nomi a romanzo. Anche que- sto indica lomogeneità con il mondo da cui è scaturito, mentre il libro dovrebbe es- sere qualcosa di disomoge- neo. Siamo arrivati agli anti- podi di Kafka, che proprio non me lo vedo a ringraziare Max Brod. Casomai gli avrà mandato qualche accidente, visto che gli aveva chiesto di bruciare tutto. © RIPRODUZIONE RISERVATA CIRCOLI VIZIOSI Ora cè lo scrittore medio : la Mazzucco, per dire, avrà 30 mila lettori e tutti hanno scritto, o potrebbero farlo, un romanzo IL DIVORZIO CON LA SOCIETÀ Sorprende, ma pochi tra gli autori sono consapevoli di essere ininfluenti: vendere mille copie o 100 mila è uguale, a parte i soldi Collezionista Franco Cordelli ha una biblioteca privata di oltre 30mila volumi Olycom Biografia FRANCO CORDELLI Nato a Roma nel 1943, scrittore e critico teatrale, tra gli altri, del Corriere della Serae di Paese Sera (avevo deciso di non lavorare e in effetti ci sono riuscito). Tra i libri: Procida (Garzanti, 1973), Un inchino a terra(Einaudi, 1999), La marea umana(Rizzoli, 2010). Nel 2009 è tornato a scrivere con la penna per motivi miei, ma non ha mai usato il computer: Pone pochi ostacoli alla mano e questo incide sulla qualità della scrittura . Tifa Lazio e il voto più a destra lha dato al Pci

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Giovedì 13 Agosto 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | » 15

Il Fatto SpecialeL’accusa di Asor RosaLa letteratura italiana, quella prodotta da chi è nato dopo il1960, è – in meccanico passo doppio con la società – unamassa indistinta di storie individuali senza capacità di presasul presente, cioè di fare politica, costruire società? E poi:esiste ancora una società letteraria capace di imporre gusti,

poetiche, visioni del mondo? È vero che la massa di scrittori olo scrittore/massa hanno ucciso la critica consegnandosi aldesiderio di profitto dell’industria editoriale? Questi sonoalcuni dei temi sollevati dallo storico della letteraturaAlberto Asor Rosa, che dopo 50 anni ha arricchito il suosaggio del 1965 “Scrittori e popolo” con la postilla “Scrittori e

m a ss a ”. Sul “Fa t to” hanno già risposto gli scrittori Trevi,Montesano, Murgia, Buttafuoco, Lagioia, Buzzolan, Saviano eDi Paolo, il direttore editoriale Longanesi Giuseppe Strazzeri,il critico Andrea Cortellessa, il “venerato maestro” Alber toArbasino e Gian Arturo Ferrari, vicepresidente di MondadoriLibri. Oggi tocca al critico e romanziere Franco Cordelli.

Rif lessionii mp ol it iche/8

L’I N T E RV I STA

“È finita e il colpo di grazial’ha dato Umberto Eco”

Franco Cordelli ”La letteratura è morta, non rinascerà. ‘Il nome della rosa’è la fuga da tragedia e politica, il capostipite del nuovo prodotto di consumo”

S » NANNI DELBECCHI

crittore, poeta, saggista, cri-tico, una produzione roman-zesca che parte da Procida(1973) e arriva a La marea u-mana (2010), Franco Cordel-li vede due mari: la societàletteraria politicamente atti-va di Scrittori e popolo e l’o-dierna morta gora di Scrittorie massa, secondo il vallo trac-ciato da Alberto Asor Rosa amezzo secolo di distanza.“Ho letto Scrittori e popoloquando uscì, nel ’65, mentreal l’università seguivo le le-zioni di Elémire Zolla; ascol-tarlo e capire che già allora vi-vevamo in una società di mas-sa, era tutt’uno. Credo sia perquesto che l’analisi di AsorRosa mi apparve in ritardo,fondata su un popolo che giànon esisteva più”.

Al di là di questo, Asor Rosadescriveva una dialetticatra letteratura e società cheoggi, dice, si è dissolta.

Ma questo è talmente sottogli occhi di tutti! Oggi la frat-tura è totale, ed è sbalorditivocome la grande maggioranzadegli scrittori non sia consa-pevole della propria inin-fluenza. Uno può venderemille copie oppure centomilaed è assolutamente la stessacosa, a parte l’ovvio vantag-gio economico.

Cosa ricorda degli anni Ses-santa e Settanta?

I due decenni sono molto di-versi tra loro. Negli anni Ses-santa non facevo parte di al-cuna società letteraria; eppu-re mi sembrava di farne parte.Non parteggiavo per nessunadelle due forze in campo, latradizione incarnata da Mo-ravia e Cassola da una parte el’avanguardia del Gruppo 63dall’altra, ma ero interessatoa tutto.

Gian Arturo Ferrari ha iro-nizzato sui limiti di quellasocietà, prendendo a esem-pio le polemiche sugli amoridi “M e te l l o”.

Mi pare un esempio tenden-zioso. Allora c’erano anche lebattaglie di Giorgio Bassani,direttore editoriale di Feltri-nelli, per fare solo un altro e-sempio. Cose che oggi ce lesogniamo.

E gli anni Settanta?Dopo il ’68, con la chiusura diAlfabeta, la rivista della neoa-vanguardia, si aprì una fasenuova, di deserto; man manoche io stesso entravo a farparte di una piccola o grandecomunità letteraria avverti-vo che era in gran parte let-tera morta. C’erano ancora icosiddetti “grandi scrittori”,penso in particolare a Scia-scia, Calvino e Pasolini, cheperò rifulgevano proprio inquanto si stava facendo ilvuoto. Il mondo era già daun’altra parte.

C’è un momento in cui anchequesta stagione terminale

viene meno?Credo di sì, e il colpo di graziaarrivò proprio da una dellepersone che avevano chiusoAl fa be ta , Umberto Eco. Lapubblicazione del Nome del-la rosa, nel 1980, è stato il pun-to di svolta. L’idea che fossepossibile chiudere con le tra-gedie, le morti e la politica, cisi potesse volgere al passato escrivere un romanzo storico,addirittura di storia medie-vale. Un ripristino fittizio delruolo dell’intellettuale; inrealtà, l’origine di tutta la let-teratura di consumo arri-vata nei 35 anni successi-vi. L’atto di nascita dello“scrittore medio”.

Chi è lo scrittore me-d i o?

Ne siamo letteralmentecircondati. Le faccio unpaio di nomi, tra i tantip o s s i b i l i : M e l a n i aMazzucco e ValeriaParrella. Tipiche scrit-trici medie, che vannobene per un pubblicoaltrettanto medio, nondefinibile in terminiculturali, e dunque i-nesistente.

Gli autori medi sonoaumentati in modo e-sponenziale, ma lasocietà letteraria ès p a r i t a . Co m e s ispiega questo para-d o ss o?

Questa è l’unica in-tuizione che ricono-sco a me stesso. Risa-le al ’74, quandopubblicai Il pubbli-co della poesia, do-ve sostenevo cheil pubblico del-la poesia e-rano i poe-

ti. Oggi la stessa cosa si puòdire del pubblico del roman-zo. Non esiste più un pubbli-co del romanzo che non siacomposto, in definitiva, daglistessi romanzieri. Se anche ilettori della Mazzucco sonotrentamila, non ce n’è unoche se un romanzo non l’hagià scritto, comunque lo scri-verà, o potrebbe scriverlo do-mani.

Per Asor Rosa, i primi a spin-gere la letteratura verso la

narrativa di consumosono gli editor.

Questo suppongo siavero, ma è anche ov-vio, dar loro la colpaho la sensazione chesia un modo di con-fondere la causa conl’effetto. Credo chein Asor Rosa ci siaun errore di pro-spettiva tipico della

sua generazione; l’i-d e a t e o r i z z a t a d aHans Robert Jauss se-condo cui le opere so-no significative inquanto recepite dailettori. L’editor ha se-

guito il corso dei tempi e fail suo mestiere: deve pub-blicare qualcosa di decen-te, e che possa essere letto.Prende un romanzo scrit-to da uno dei 30 mila lettoridella Mazzucco e cerca dimigliorarlo. Più significa-tivo è che oggi in Italia qua-si tutti i libri difficili, e im-portanti, sono pubblicatidalle piccole case editrici,in barba alla teoria della ri-cezione.

E la scomparsa della criti-ca? Causa o effetto?

L’una e l’altro. È tutto un si-stema che funziona in un cer-

to modo, e vede storicamenteesaurita la funzione della let-teratura come ricerca, e-spressione critica. Quandomi sento rispondere che il ro-manzo non è morto, anzi, nonse ne vedono tanti come oggi,mi viene da ridere: più ro-manzi ci sono e meno il ro-manzo ha valore, potenza,senso. Quanto alla poesia, si èportata avanti e riposa in pa-ce da un pezzo, è inutile strac-ciarsi le vesti sulla chiusura diquesta o quella collana.

In “Scrittori e massa”si teo-rizza anche la fine dell’i m-pegno con l’eccezione di Ro-berto Saviano.

Nella letteratura di paesi chetendiamo a considerare peri-

ferici, sbagliando, ad esem-pio i narratori africani, libricome G o m o rr a non sonoun’eccezione, non c’è un lorotitolo che non sia anche un li-bro di denuncia. Da qui a ve-dere in Saviano una figura in-tellettuale di riferimento, cene corre. Parliamo di unoscrittore lodevole, ma che ap-partiene al passato, nel solcodi Malaparte. Senza darglidell’epigono, non è un casoche la riscoperta di Malapar-te sia avvenuta all’indomanidel successo di Gomorra.

Se la morte di certa lettera-tura è un dato di fatto, lechiedo: rinascerà?

Credo di no. È come chieder-si se rinasceranno i chiosato-ri dei testi sacri. Sono statichiosati, anche troppo. Nien-te muore veramente, ma laletteratura capace di portareun frutto di novità sarà sem-pre più rara, e difficile da tro-vare.

Cosa pensa dell’unica veranovità di questi anni, la pa-gina dei ringraziamenti?

Se non vogliamo riderci so-pra, il significato è evidente.È una mutazione del rappor-to tra il lettore e l’autore. Bal-zac si accontentava di dedi-care il romanzo a un amico,oggi il minimo è una decina dinomi a romanzo. Anche que-sto indica l’omogeneità con ilmondo da cui è scaturito,mentre il libro dovrebbe es-sere qualcosa di disomoge-neo. Siamo arrivati agli anti-podi di Kafka, che proprionon me lo vedo a ringraziareMax Brod. Casomai gli avràmandato qualche accidente,visto che gli aveva chiesto dibruciare tutto.

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C I RCO L IV I Z I OS I

Ora c’è lo ‘sc rittorem ed i o’: la Mazzucco,per dire, avrà 30 milalettori e tutti hannoscritto, o potrebberofarlo, un romanzo

IL DIVORZIOCON LA SOCIETÀ

Sorprende, ma pochitra gli autori sonoconsapevoli di essereininfluenti: venderemille copie o 100 milaè uguale, a parte i soldi

C ol le z ion i st aF ra ncoC orde l l iha unabi bl iote caprivata di oltre30mila volumiO l yco m

B iog ra f i aF R A N COCO R D E L L INato a Romanel 1943,s c r i t to ree criticoteatrale, tragli altri,del “Co r r i e redella Sera” edi “Pa e s eS e ra ” (“a vevodeciso di nonlavorare e ineffetti ci sonor i u s c i to”).Tra i libri:“Pro c i d a ”(G a r za n t i ,1973), “Uninchinoa terra”(Einaudi,1999), “ Lam a re aumana”( R i zzo l i ,2 01 0 ) .Nel 2009 ètornato as c r i ve recon la penna“per motivimiei”, manon hamai usatoil computer:“Pone pochiostacoli allamano equesto incidesulla qualitàdellas c r i t t u ra ”.Tifa Lazio eil voto “più ad e s t ra ” l’hadato “al Pci”