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LA MALAVITA POLITICO-BANCARIA Contro LO STATO FASCISTA PARTE PRIMA Il problema bancario in Italia è annoso e penetrato ormai nella coscienza di tutti : epperò se noi, modesti, ci accingiamo a sollevarne il più compiutamente possibile i veli che ancora lo adombrano, non abbiamo la pretesa di scoprire cose nuove, ma soltanto la fiducia di ricordare a chi può provvedervi l'esistenza di tale problema, quanto finora intorno ad esso è stato detto o taciuto, e sopratutto prospettare le soluzioni più appropriate a risolverlo. Fino a qualche mese addietro agitare un tale problema era assurdo ed inutile, poiché chi avrebbe dovuto provvedervi non aveva orecchie per sentire ed occhi per vedere: ora la situazione è cambiata, e chi può provvedervi ha libertà di azione, che deriva oltre che dal consenso di tutta la Nazione, dalla mancanza di interessi, di precedenti e di dipendenza verso gli Enti interessati nel problema stesso. Ora si può essere certi che il seme va a cadere su terreno fertile, pronto ad assorbirlo ed a farlo generare e prosperare, epperò tale fi- ducia e l'interesse supremo della Nazione e della Patria ci inducono a trattare questo argomento, non perché sentiamo in noi la necessaria autorità per farlo, ma perché ci sentiamo animati dalla fiducia nei

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Page 1: Il problema bancario in Italia è annoso e penetrato … on line/Lamalavita.doc · Web viewPOLITICO-BANCARIA Contro LO STATO FASCISTA PARTE PRIMA Il problema bancario in Italia è

LA MALAVITAPOLITICO-BANCARIA

ControLO STATO FASCISTA

PARTE PRIMAIl problema bancario in Italia è annoso e penetrato ormai nella coscienza di tutti : epperò se noi, modesti, ci accingiamo a sollevarne il più compiutamente possibile i veli che ancora lo adombrano, non abbiamo la pretesa di scoprire cose nuove, ma soltanto la fiducia di ricordare a chi può provvedervi l'esistenza di tale problema, quanto finora intorno ad esso è stato detto o taciuto, e sopratutto prospettare le soluzioni più appropriate a risolverlo.Fino a qualche mese addietro agitare un tale problema era assurdo ed inutile, poiché chi avrebbe dovuto provvedervi non aveva orecchie per sentire ed occhi per vedere: ora la situazione è cambiata, e chi può provvedervi ha libertà di azione, che deriva oltre che dal consenso di tutta la Nazione, dalla mancanza di interessi, di precedenti e di dipendenza verso gli Enti interessati nel problema stesso.Ora si può essere certi che il seme va a cadere su terreno fertile, pronto ad assorbirlo ed a farlo generare e prosperare, epperò tale fiducia e l'interesse supremo della Nazione e della Patria ci inducono a trattare questo argomento, non perché sentiamo in noi la necessaria autorità per farlo, ma perché ci sentiamo animati dalla fiducia nei destini della Patria affidati ora a mano forte, esperta e libera, ed anche perché dopo le esplicite e franche e forti dichiarazioni programmatiche dell'On. Mussolini crediamo che ogni cittadino, anche umile e modesto, deva in qualche modo offrire la sua collaborazione a tanta e sì forte e sana opera di governo, se pure i suoi consigli non siano autorevoli.

I.

La Banca, intesa in tale termine la banca a grandi linee e di rimarchevole importanza, è sì un organo finanziario, ma non è soltanto tale. Essa è insieme organo economico, organo sociale, organo politico, e però sotto questi vari aspetti deve essere considerata. La sua attività si esplica in tutti i campi, e tutte le attività singole e collettive cadono sotto il controllo della banca, e possono essere da questa alimentate o soffocate a seconda che le finalità di quelle attività collimino o contrastino con quelle della banca.

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Che l'attività bancaria penetri da pertutto ed influisca in bene od in male sulla vita e sulla prosperità della Nazione, sul presente e sull'avvenire di essa e sulle sue fortune all'interno ed all'estero, è tale una verità assiomatica che basta enunciarla soltanto perché tutti ne siano persuasi e convinti.I^a funzione storica della banca è quella di commerciare il denaro, nel senso di farsi mediatrice fra chi ne ha disponibile e non sa come utilizzarlo, e chi potendo utilizzarlo non ne ha disponibile : essa perciò raccoglie il denaro dai primi e lo distribuisce ai secondi. Da questa elementare sua funzione derivano poi di conseguenza tutte le attività della banca in tutti i campi: infatti essa deve necessariamente interessarsi delle industrie nazionali e dei commerci, in virtù appunto della sua principale e prima funzione; delle condizioni economiche e politiche del lavoro ; della politica interna ed estera della Nazione per orizzontare il proprio programma di attività all'interno ed all'estero.La Banca non raccoglie soltanto i depositi : interviene in vario modo nel commercio nazionale interno ed estero ; interviene nelle industrie e ne regola l'andamento ; interviene nelle contese fra capitale e lavoro ; controlla la situazione economico-finanziaria della Nazione e quindi la politica interna, estera e sociale dei governi, determinando con la sua varia attività la valorizzazione o lo svilimento della Nazione stessa.Con azione diretta o indiretta, mascherata o meno, in ogni momento ed in ogni campo la Banca può contribuire all'elevazione politica ed economica della Nazione o può al contrario minarne la stessa indipendenza politica ed economica. Epperò il grido « Occhio alle Banche ! » è abbastanza giustificato : e soltanto esaminando attentamente e senza preconcetti di sorta l'attività delle Banche si possono spiegare taluni fatti politici e sociali di apparente insolubilità, e si può provvedere ad eliminare i colpi mancini che la Banca può portare alla compagine, all'ordine, alla prosperità ed alla sicurezza della Nazione.Il Governo che ciò non facesse dovrebbe necessariamente essere o complice o insufficiente, ma per le fortune vere dell'Italia sono finiti per sempre né più torneranno i governanti complici o insufficienti, e si può ancora riparare egregiamente agli errori del passato.Riandando per un momento ai più importanti avvenimenti del periodo bellico e postbellico di carattere politico, sociale ed economico, ed esaminando altresì come si riverbera l'attività bancaria sui diversi aspetti della vita nazionale, individueremo con la maggiore possibile precisione quale è stato e quale è il problema bancario in Italia, e attraverso questi due diversi momenti di esso giungeremo facilmente a dedurre la soluzione o le soluzioni più pratiche per il prossimo divenire del più importante fattore della vita nazionale.Ci proponiamo quindi di indicare, come corollario, il modo di risolvere nazionalmente e fascisticamente il problema bancario, attraverso :1) Una sintesi degli avvenimenti politici, sociali ed economici del periodo bellico e postbellico in dipendenza dell'attività bancaria ;2) II profilo rapido dell'attività bancaria e della sua influenza sulla vita della Nazione.Ciò premesso, e dopo le considerazioni di ordine, diremo, generale esposte nelle prime pagine, entriamo senz'altro nel vivo della materia. Riporteremo in Appendice alcuni accenni più appropriati della stampa italiana sul problema di cui ci occupiamo, allo scopo precipuo :a) di vedere confortato del consenso di altri il nostro punto di vista e la nostra tesi ;b) di mettere in evidenza, insieme raggruppato, quanto può sfuggire all'esame ed alla considerazione della maggioranza perché frammentariamente e saltuariamente apparso nelle colonne della stampa italiana.

II.

Prendendo le mosse dalla prima guerra sostenuta dall'Italia fatta Nazione, la guerra abissina per mantenere l'unica colonia italiana, l'Eritrea, possiamo constatare le deficienze, l'incertezza e la disorganicità della politica militare svolta dall'Italia nella preparazione e nell'impiego dell'Esercito, dello strumento cioè più sensibile e più geloso per la pace e per la guerra.Contro le innumeri schiere di scioiani, l'Italia mandava in Colonia a pezzi e bocconi piccoli contingenti, prescindendo sempre e sistematicamente dall'invio di reparti o unità organiche, e quindi senza affiatamento e senza preparazione, sforniti di materiali, ignari assolutamente del compito loro affidato, senza l'ombra di una preparazione morale ! Talché gli eroismi brillanti dei singoli non erano sufficienti ad arginare l'impeto delle orde barbariche che venivano contro le nostre truppe impiegate in numero tanto sproporzionato ; e conse-guentemente quella campagna, durata oltre il necessario, costata per sacrificio di vite e di mezzi più di quanto era legittimo prevedere, se pure si risolse con una inonorevole transazione che ci permise di conservare in stretti limiti la Colonia, finì col produrre necessariamente malumori e disordini in paese che si riflettevano senz'altro sul prestigio della Nazione all'estero, poiché alla prima prova del fuoco dava segni di disorganizzazione all'interno e di rovesci nella competizione guerreggiata.

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Certamente il Governo del tempo era responsabile della condotta della campagna e dell'impreparazione all'impresa: ma chi più di tutti ed al disopra della Nazione aveva interesse a che quella prima prova avesse esito infelice, e dismostrasse all'Europa ed al mondo l'immaturità del popolo italiano a condurre di simili imprese e l'impotenza dell'Esercito italiano a condurle a compimento ? E quanto vedremo in seguito, interessandoci ora di fare delle constatazioni.Non è a dire che tale ammaestramento sia giovato in seguito : che gli stessi errori e le stesse deficienze si sono dovute purtroppo registrare nelle altre occasioni.

Dopo la guerra etiopica l'Esercito restò demoralizzato, e sopratutto non fu curata la sua preparazione, la sua compagine, il suo attrezzamento, elementi tanto più importanti in quanto l'Esercito italiano non aveva una sufficiente tradizione militare, se si eccettua la tradizione dell'esercito piemontese, piccola parte dell'Esercito italiano.

E non soltanto non fu curato l'Esercito come elemento indispensabile ed unico per la difesa della Patria, non soltanto fu trascurato materialmente e moralmente, ma fu ancora gravissimo errore l'impiego costante dell'Esercito nelle competizioni interne di parte, costringendolo ad agire col fuoco contro i propri fratelli, come nel 1898, la qual cosa generò la demoralizzazione dell'Esercito e l'avversione della popolazione verso un'istituzione che emana dal popolo stesso e che è parte di se stesso !

E nel 1911, per la conquista della Colonia Libica, si ripetono gli stessi errori, della prima volta ! Non sono unità organiche, affiatate e tatticamente preparate, che vengono inviate in Libia : sono invece formazioni occasionali del momento : il materiale e l'equipaggiamento viene provveduto all'ultimo momento ; senza possibilità di scelta, di selezione e di collaudo, e la guerra di Libia costa all'Italia molto, molto più di quanto sarebbe stato sufficiente in denaro e uomini. E nonostante la pace di Ouchy ancora oggi occorre conquistare e riconquistare la Colonia che, per l'impreparazione ed il difettoso im-piego dell'Esercito da parte del potere politico, è tuttora in tutt'al tro che pacifico nostro possesso !

Quali interessi venivano a giovarsi dalla cattiva condotta della campagna, dal cattivo impiego e dall'impreparazione del nostro strumento di guerra, e sopratutto dall'abbandono, dopo la sanguinosa conquista, di quasi tutta la Colonia ? Senza dubbio interessi internazionali, di ogni ordine e categoria, che perché internazionali devono intuitivamente essere antinazionali : maggior vergogna per gli uomini nostri che tali interessi hanno servito coscientemente o incoscientemente, sempre in mala fede !

E dopo la guerra libica, quale è stata la politica militare dei vari governi liberali succedutisi al potere, nonostante il grigiore dell'ora ed il balenare di cozzi tragici nel cielo di Europa, attorno e vicino all'Italia ?Quel poco materiale, che faticosamente e attraverso lunghi anni era stato dato all'Esercito, fu tutto impiegato e assorbito nell'impresa libica, né mai alcun governo pensò a ricostituire le scorte, e ciò sia per il materiale bellico che per l'equipaggiamento, i mezzi logistici, ecc.Questa incuria così manifesta, che sembra sia stata cosciente, è durata fino alla preparazione della guerra europea, fino allo scoppio delle ostilità, fino ed oltre l'entrata in guerra della Nazione !Superate faticosamente le insidie e le manovre della neutralità voluta a tutti i costi dalle varie internazionali, patrocinate dall'immancabile ed ineffabile Giolitti in combutta con esse, ed affermato il diritto ed il dovere dell'Italia di scendere in campo, per gli ideali di umanità e di giustizia e per il raggiungimento dei suoi fini nazionali ed ideali insieme, per opera e virtù sopratutto del VATE ITALIANO, del Condottiero di anime Gabriele D'Annunzio, che si ritrovava nel maggio 1915 all'unisono con quanti italiani nel sangue e nel sentimento erano invasi dallo stesso suo lancinante amore per la Patria, e dall'unica parte dove insieme la chiamavano gli interessi e gli ideali, come dovette iniziare la dura lotta l'Esercito Italiano ?Questa è storia di ieri, e basta interrogare tutti i combattenti della prima ora. L'impreparazione dell'Esercito era constatabile fino dal più umile fantaccino nella sua trincea, ed i governi che con la loro politica militare avevano così leggermente voluta quell'impreparazione furono anche immuni o quasi da censure, certamente non furono convenientemente chiamati a rispondere del loro operato !Il fante, l'umile ed eroico fante, l'ingenuo e tenace fante, chiamato improvvisamente a ridurre la sua vita e la sua fatica e la sua opera alla funzione di talpa, stretto e costretto nella trincea angusta e soffocante, constatava con la sua più elementare osservazione a quale alto grado era stata mantenuta l'impreparazione dell'Esercito che pur era chiamato a difendere l'onore e la vita stessa di tutta la Nazione !Difetto di equipaggiamento, difetto dei mezzi di offesa e di difesa, difetto dei mezzi protettivi contro l'impiego inumano di gas asfissianti e velenosi da parte del nemico ; difetto di mezzi logistici, difetto di mezzi sanitari, difetto di mezzi protettivi contro il clima ed il gelo di alta montagna, e sopratutto difetto quasi assoluto di materiale bellico !

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E tutto ciò agiva naturalmente come deprimente sull'animo del fante, e la demoralizzazione era al colmo.- A ciò aggiungasi la improvvisazione delle unità organiche, la improvvisazione dei quadri, la improvvisazione di tutto.Quali gli effetti ?Noi combattenti della prima ora dobbiamo ricordare a noi stessi ed al popolo italiano che seguiva ansiosamente le nostre sorti che si confondevano con le sue, che mentre alla Fronte fin l'ultimo fante aveva compreso che la guerra che si combatteva era guerra di materiale, in patria, gli uomini di governo continuavano ad ignorare tale elementare verità, anche dopo gli ammaestramenti del primo anno della guerra europea, e si facevano complici dell'inutile e vano sacrifizio degli uomini e sopratutto dell'esito della dura impresa.Noi partimmo in guerra senza cannoni !Durante i bombardamenti tambureggianti, persistenti, sfibranti e logoranti del nemico, durati a volte fino a dodici ore continuamente e senza interruzione, e fatti con batterie fitte di tutti i calibri, si rispondeva da parte nostra con timidi e paurosi miagolii dei 75 intervallati a distanza di chilometri l'uno dall’altro, e con colpi a distanza di ore uno dall'altro ! Tutti i cannoni fabbricati da ditte straniere o pseudoitaliane (Armstrong e Vickers Terni) dipendenti dalla Comit, scoppiavano al primo impiego. E senza parlare dei danni materiali arrecati dal nemico alle nostre linee, dello scompiglio arrecato nei nostri movimenti, delle perdite a cui noi eravamo sottoposti, mentre esso nemico era sicuro della sua incolumità, il fante si sentiva solo ed abbandonato alle sole sue forze, non protetto dall'artiglieria che rappresenta per il fante la voce del Paese che alle sue spalle deve produrre, e procurargli i mezzi bellici, e perciò era demoralizzato e sfiduciato.Quei pochi pezzi che l'Esercito aveva disponibili, insufficienti alla bisogna, erano stati concentrati dal Comando Supremo in territorio italiano, molto distanti dalla prima linea, in territorio italiano dove il Comando voleva attirare il nemico per meglio batterlo : il potere politico si sovrappose al potere militare, ledendone e menomandone l'autonomia, more solito, e, per ragioni morali, come si disse, fu vietata tale accorta manovra.Partimmo in guerra senza mitragliatrici !

Ed alle raffiche rabbiose ed efficaci del nemico, ogni reggimento di linea nostro opponeva appena due mitragliatrici, in media, di cui normalmente una non funzionava.

Partimmo sprovvisti di tutto !Per rompere i ben muniti reticolati avversari si mandavano pattuglie o uomini isolati, provvisti soltanto di cesoie da giardiniere e non affilate, a farsi miseramente maciullare senza raggiungere l'intento, che i reticolati nemici oltre che formati di robusto ferro spinato erano quasi ovunque provvisti di fulminatori elettrici.Per resistere al freddo ed ai geli di alta montagna nessuna difesa, ed i congelamenti non si contarono più !Come mezzi logistici una rete ferroviaria insufficiente e poi. . . a piedi !E di queste deficienze ne potremmo enumerare all'infinito.Giova soltanto ricordare ora che tutto fu messo in opera dai governi dell'epoca perché noi soccombessimo, e se ciò non fu lo si deve soltanto all'ignorato stoicismo ed all'eroico spirito di sacrifizio degli uomini, talché noi avemmo perdite proporzionalmente superiori a quelle degli altri eserciti combattenti, allo stellone d'Italia e ad un altro fattore : all'iniziativa privata che si sostituì al Governo.Occorse infatti l'audace iniziativa di una società privata, dell'Ansaldo, coadiuvata efficacemente da un Istituto finanziario italiano di nome e di opere, ad intuire e comprendere che la guerra che si combatteva era soltanto di materiale e che avrebbe vinto il belligerante che avesse soverchiato l'avversario in potenza ed efficienza di mezzi bellici, ed a tradurre in atto il suo concepimento. Essa si provvide direttamente di materie prime, acquistò e costruì la flotta occorrente al trasporto di esse, e costruì senza posa e ininterrottamente bocche da fuoco ed altro materiale bellico, talché esso fu pronto prima ancora che fosse richiesto, quando finalmente il potere militare riuscì a svincolarsi dalla tutela del potere politico e poter richiedere quanto gli occorreva.E difatti quando alla battaglia del Piave le proporzioni di armamento e di materiale furono rovesciate, quando noi potemmo finalmente avere il predominio di materiale, riuscimmo ad incutere il terrore nel nemico, a tenerlo in rispetto, a vincerlo e sgominarlo e soverchiarlo successivamente a Vittorio Veneto !Iva più assoluta impreparazione militare, voluta dai Governi responsabili, presiedette alla nostra entrata in guerra, e di questo tradimento che poteva avere, e doveva avere nell'animo degli istigatori risultati e conseguenze tragiche e forse irreparabili, ancora nessuno dei molti responsabili è stato chiamato a darne conto.

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Ciò che abbiamo detto per i cannoni, le mitragliatrici, ecc, potremmo ripetere per ogni sorta di materiali, dagli indumenti personali del soldato ai mezzi di trasporto, al materiale sanitario, agli aeroplani, ecc.Gli aeroplani ? Come ? E non ci fu l'esilarante Signor Gianni Caproni, finanziato dalla Commerciale, che doveva provvedere ad intascare milioni dallo Stato per consegnare a tempo perso qualche apparecchio che non funzionava, che non prendeva quota, che si sbandava, che era il terrore degli aviatori ed il sollazzo del nemico, che costava al fornitore un migliaio di lire e veniva pagato dallo Stato fino ad 80.000 lire ?Gli aeroplani Fiat, le cui ali si spezzavano in volo, facevano disertare l'aviazione dai piloti che preferivano andare in trincea.I magnifici caccia Ansaldo non furono ritenuti buoni, perché costavano meno ed erano rispondenti alla bisogna : fu preferito il tipo, sopra descritto, del trentino Comm. Gianni Caproni, il quale faceva il produttore di aeroplani per conto dello Stato e per mandato della Banca Commerciale Italiana !Sull'affare Caproni si potrebbe scrivere un intero volume, ma il fatto è talmente di dominio pubblico, e fa talmente nausea che facciamo grazia al Signor Caproni del seguito delle vicende sue e dei suoi apparecchi, augurandogli soltanto che le benedizioni a lui dirette dagli ufficiali costretti brutalmente a montare i suoi apparecchi possano in un giorno non lontano far rendergli, unitamente alla sua mandante Banca Commerciale Italiana, quel redde rationem al quale sono sfuggiti entrambi in virtù dell'onnipotenza giolittiana.E come se tutta la impreparazione materiale non bastasse, si sopportò che una propaganda sovversiva e disgregatrice fosse compiuta fra le truppe, propaganda che produsse gli effetti più deleterii perché riuscì a disgregare la compagine dello strumento di guerra, ad allentare la disciplina, a distruggere la coesione e lo spirito di sacrifizio, ad alimentare il senso di stanchezza e di abbandono.E si ebbe Caporetto !Caporetto, episodio ad arte ingrandito ed ingigantito da coloro stessi che avevano tenacemente concorso a produrlo, fu appunto il prodotto della impreparazione materiale, della imprevidenza, della deleteria politica militare dei poteri responsabili, della disgregazione operata dalla propaganda sovversiva e pacifista. Gli stessi elementi che avevano interesse alla neutralità dell'Italia ad ogni costo, furono quelli che ispirarono la politica militare e la condotta della guerra tendenti ambedue a rendere vano lo sforzo bellico dell'Italia, gli stessi che finanziarono ed alimentarono la propaganda pacifista e disgregatrice, gli stessi che riuscirono a neutralizzare l'opera del Comando Supremo a mezzo del potere politico a loro asservito ed a mezzo, incredibile dictu !, di loro rappresentante nello stesso Comando Supremo. A chi obbedivano i governi del tempo, a chi ubbidiva il Sottocapo di Stato Maggiore del Generale Cadorna, da chi era finanziata e condotta la propaganda pacifista in piena guerra guerreggiata ?Nel dicembre 1917 il Signor Kulmann, ministro degli Esteri tedesco, celebrando la vittoria di Caporetto, disse : « Esiste tuttavia più di un Italiano al quale, in quest'ora di completo disfacimento, non si può rifiutare completamente la simpatia ».È quanto vedremo in seguito.La politica militare dei governi liberali è stata sempre eguale, costante e coerente fino a ieri.Finita la guerra con una vittoria strepitosa, superiore ad ogni aspettativa, tale che mai la storia ne registrò l'uguale, nonostante le mene e le opere dei formidabili nemici interni, per opera sopratutto della parte sana ed incorrotta del paese, che cosa fecero i governi del dopoguerra per conservare quello strumento di guerra, l'Esercito, che era giunto dopo inaudite sofferenze e sforzi tenaci e sacrifizi immani ad attrezzarsi e forgiarsi idoneamente per la vittoria ?Unica loro direttiva fu la distruzione di così meraviglioso e glorioso strumento !Si corse con una fretta inaudita a raggiungere tale scopo, temendo di non esserne poi più in tempo, ed in ciò soltanto furono forse veggenti.Si ridusse subito l'Esercito al livello di un qualsiasi esercito balcanico, e, quello che più importa, si distrassero ed alienarono con una furia disordinata tutte le scorte di meraviglioso materiale che il paese aveva saputo costruire, tutte le riserve, tutto l'attrezzamento : i famosi Caproni pagati fino ad 80.000 lire furono venduti per 700 ed 800 lire, e ci fu chi in quell'immediato dopoguerra seppe approfittare e corse all'arrembaggio ed alla speculazione.Quale la condizione dell'Esercito nel 1922 ?Tutti i provvedimenti adottati in materia militare non produssero che l'esaurimento, la disgregazione, lo scompaginamento dell'Esercito ; fu alienato tutto : equipaggiamento, armamento, attrezzamento.L'Italia fu l'unica nazione a disperdere il suo Esercito subito dopo la guerra ed a sacrificare volontariamente e precipitosamente anche l'aeronautica, il campo nel quale erasi conquistato il primato.

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Il Governo Fascista ha trovato anche in questo campo, come negli altri, lo sfacelo e la distruzione più completa, e tutto deve rifare ab imis !L'Italia che ebbe in guerra ali potentissime che conobbero tutti gli ardimenti e tutti gli eroismi, non ne aveva più per le sue affermazioni e per la sua espansione di pace per volontà dei suoi governanti corrotti e asserviti allo straniero, all'internazionale antinazionale.

III. Politica interna.

Nel 1892, il tradimento a Crispi da parte del suo collaboratore Giolitti, le prime elezioni politiche fatte da Giolitti Ministro dell'Interno, lo scioglimento sanguinoso dei fasci siciliani che avevano carattere esclusivamente economico e non politico, iniziano l'èra, che doveva poi durare esattamente trent'anni, della dominazione e della soggezione dell'Italia allo straniero ed agli interessi antinazionali per opera e virtù di un partito politico, forse di un uomo soltanto, che poneva la legge e la costituzione ed il potere al servizio dei suoi occulti padroni.Quello stesso partito di governo, che poi nel 1898, facendo scorrere deliberatamente il sangue cittadino per le vie dei principali centri d'Italia ed ordinando la caccia all'uomo, contribuì a fare degli invo-lontari martiri ed a far assumere fisionomia di partito politico a quello che era solamente un movimento economico.Da quel tempo dilagò in tutta Italia, e specialmente nelle zone più propizie, la più sfacciata e la più bassa corruzione elettorale ad opera sopratutto e principalmente dei governi, i quali impiegarono allo scopo e denaro, e forza pubblica, e delinquenza al soldo ed alla dipendenza della forza pubblica, e ricatti, e minaccie e persecuzioni e lusinghe : con ciò essi conseguivano il peggiore avvilimento della coscienza nazionale, alimentavano i più bassi istinti degli irresponsabili e della plebe, avvilirono sopratutto e snaturarono l'Istituto Parlamentare e la sua funzione, conseguendo una Camera elettiva composta di valori medii non solo, a volte nulli, ma supini, senza volontà e senza programma, dediti completamente al volere tirannico ed assoluto di chi con le male arti e col delitto li aveva fatti eleggere.Alla corruzione elettorale seguì necessariamente quella di tutti i poteri pubblici, che furono asserviti completamente al potere politico, anche quelli più sensibili e più gelosi, con la inflazione in essi di gente amorfa, dedita completamente al potere politico : tutte le funzioni statali e di governo furono ridotte a basse questioni di clientela politico-elettorale, a stalli di corruzione, a botteghini elettorali. Tutto lo sforzo e tutta l'attività delle coscienze si esauriva nello sforzo di arrivare a conquistare con tutti i mezzi, corruzione e dedizione comprese, uno stallo in Parlamento per andare ivi non a legiferare o ad agitare gli importanti problemi che incombevano sulla Nazione, ma soltanto per andare ivi ad obbedire al Capo del Governo, al Dittatore, e per impiegare tutta la loro attività nel consolidamento della propria base elettorale con raccomandazioni, questue, querimonie, piati, corruzione di tutti i pubblici poteri, che l'esempio veniva dall'alto.E perché la macchina statale rispondesse meglio e più compiutamente al fine di dominio, d'infeudamento e di corruzione, si creò per piccoli bisogni una burocrazia elefantiaca, tutta asservita al Governo e pronta ai suoi ordini. Con ciò si alimentavano le clientele personali, si faceva splendere il miraggio della carriera burocratica a tutto detrimento delle iniziative personali e delle maggiori e più proficue attività nel campo sociale così vasto ; si addormentavano le coscienze, si soddisfacevano gli appetiti più bassi, e titolo per i migliori posti nella vita burocratica erano, salvo le debite eccezioni, il nullismo, la raccomandazione, la dedizione completa : la burocrazia doveva servire il governo ed il partito dominante, non lo Stato e la Nazione.I nemici della Patria, coloro che servivano interessi internazionali contro gli interessi nazionali, non paghi di avere assoldati e corrotti gli uomini di governo, con la complicità necessaria di questi, conquistarono insensibilmente ed alla chetichella i migliori posti di comando nella burocrazia e nei pubblici poteri, nelle funzioni pubbliche le più delicate, a mezzo di propri esponenti, talché al momento del risveglio dobbiamo accorgerci che non soltanto il Governo, ma le funzioni più delicate della macchina statale, dall'Esercito alla magistratura, dall'amministrazione finanziaria a quella politica, erano e sono in mano di rappresentanti delle internazionali, operanti per i loro fini contro la Nazione.E per raggiungere meglio l'intento, perché i dominatori ed i corruttori della vita pubblica mantenessero integro il potere raggiunto ed incontrastata la funzione di arbitri delle situazioni ebbero cura costante di innalzare e di valorizzare le nullità, le incoscienze, gli inconsapevoli, gli inetti, dappertutto : nella burocrazia, nel Parlamento, al Governo, e perseguitando necessariamente tutti i valori intellettuali e.reali, tutti i consapevoli ed i caratteri, quando con la violenza, quando con l'inganno e l'agguato ! Così si deformarono

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tutte le funzioni pubbliche, tutte le funzioni statali, tutte le funzioni politiche. Questi furono i sistemi elevati a metodi dai Governi cosiddetti democratici, al servizio dello straniero contro la Patria e contro la Nazione che essi si arrogavano soli il diritto di poter e dover governare.

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Di deformazione in deformazione, quei cosiddetti liberali di sinistra che furono reazionarii e settari non per preservare le istituzioni, ma per conservare il potere e comprìmere i bisogni e le aspirazioni del popolo e della Nazione, giunsero alla tresca ed all'adescamento del socialismo, divenuto forte partito politico, divenuto sinonimo di internazionalismo e perciò alleato degli altri internazionalismi che guidavano ed imponevano l'azione e l'opera di governo, e si finì con l'appropriarsi parte del programma socialista, con l'attuarlo, fino all'assurdo di farsi a loro volta prigionieri dei ricatti socialisti.In virtù di questo nuovo atteggiamento assunto dal poliedrico conduttore della zavorra demo-liberale, e che ai più parve sano opportunismo o addirittura saggio metodo di governo, il Signor Giolitti, l'eterno padrone di tutte le situazioni e di tutte le camere elettive, l'eterno corruttore, si fece banditore e propugnatore del suffragio universale, fortemente lo volle e raggiunse l'intento, nonostante lo sgomento dei suoi affiliati che vedevano ingigantire così i loro sforzi per mantenersi le clientele elettorali ed ai quali fu imposto dal PADRONE il voto in favore della legge, mediato ed immediato. Strinse con quella legge i vincoli di incipiente amoreggiamento e patteggiamento con il socialismo, ed assicurò così a breve scadenza la conquista del Parlamento da parte degli internazionalisti, epperò antinazionalisti, affiliati a loro volta e guidati e finanziati e sussidiati dalla più forte internazionale, quella finanziaria, padrona in un tempo dei socialisti e della mercenaria masnada giolittiana.Messi su questa direttiva i vari governi liberali più non si arrestarono ; e di gradino in gradino scesero fino in basso, portarono il sistema alle sue ultime conseguenze.A guerra felicemente conchiusasi, non furono i combattenti a godere il frutto della vittoria, e tanto meno gli italiani che avevano accompagnato lo sforzo guerresco con l'opera e con i voti : i profittatori della vittoria furono, per la debolezza dei governanti, tutti i disfattisti e gli internazionalisti che avendo sperato fino all'ultimo in una irreparabile disfatta dell'Italia ebbero la disinvoltura di speculare sulla vittoria quanto avevano fatto conto di speculare sulla rovina !Con Nitti al Governo la internazionale finanziaria mangiava di magro : infatti Nitti, pur debolissimo costituzionalmente e nella compagine dei suoi Gabinetti, poiché doveva necessariamente avere al suo fianco rappresentanti della troupe giolittiana senza del cui beneplacito non si poteva governare in Italia, pur debole di fronte alla marea social-comunista anche per le precedenti e vergognose concessioni ad essa fatte nel campo politico, si accinse a procurare qualche vantaggio alla nazione nel campo economico e nella politica estera.L'ordine ed il riassetto economico della Nazione non conveniva alla internazionale finanziaria che fino allora aveva incontrastatamente imperato, in quanto le sue manovre bancarie e borsistiche non sarebbero state più possibili ed i lauti guadagni altrettanto impossibili ; una politica estera più rettilinea e meno rinunciataria altrettanto non conveniva, in quanto la funzione politica della internazionale finanziaria in Italia era appunto l'asservimento della Nazione e la riduzione del suo prestigio in uno con la sua indipendenza. E perciò urgeva assolutamente che Nitti fosse compromesso e liquidato definitivamente di fronte all'opinione pubblica, essendosi egli dimostrato capace di riassestare l'Italia, tetragono alla corruzione ed alla dedizione alle forze bancarie dominanti, ambizioso e capace di fare da sé ed insofferente della tutela giolittiana.E si fanno entrare in funzione allora i ruffiani giolittiani-comitiani in veste di consiglieri di Nitti, e lo si suggestiona, e lo si induce a compiere l'errore più madornale, l'offesa e l'ingiuria più atroce e più lesiva dell'onore d'Italia : gli si fanno amnistiare i disertori, previo il concertato ed assicurato parere favorevole ed entusiasta dell'ebreo Mortara !Era stato preveduto e calcolato quale immenso disgusto doveva necessariamente produrre nel popolo sano d'Italia, nella falange dei combattenti e degli onesti, tale provvedimento : l'ondata del giusto risentimento doveva travolgere l'autore immediato della legge funesta, senza che la riflessione avesse il tempo di far comprendere nel giusto sdegno i mandanti, gli ispiratori, i manovratori occulti di tale enormità.Lo scopo fu raggiunto in pieno, e sgomberato il terreno da un ostacolo che minacciava di consolidarsi, ecco riapparire sulla scena il vegliardo RICOSTRUTTORE, l'unico capace nocchiero d'Italia, aiutato dalle trombe prezzolate della Commerciale, messo sugli scudi da quella stessa stampa venduta che pochi anni prima lo aveva scagliato nella polvere. La combutta e l'associazione Giolitti-Commerciale trionfa in merito anche

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della ingenuità del popolo italiano, generoso e pronto a dimenticare i trascorsi errori, e siamo così all'ultimo e più importante periodo di dominazione di questi associati, all'ultimo servaggio della Nazione, al maggiore disfacimento ed impoverimento della Nazione.Siamo ora in piena demagogia per merito appunto di quel Giolitti, reazionario in principio della sua triste carriera politica, il quale non fa più mistero del suo programma che anderà sistematicamente e freddamente compiendo, il programma cioè della distruzione, dello sfacelo, del tradimento.Demagogico da ora il suo atteggiamento, demagogia tutti i suoi atti di governo, demagogica tutta la sbrigliata e distruttrice legislazione che porta alla ribalta del supino parlamento dopo che la di lui mandante, la Banca Commerciale (sezione politico-finanziaria), gliene aveva messi in tasca, belli e preparati, i relativi progetti.Si accentuò col Governo Giolitti l'amoreggiamento con gli estremisti socialisti, e ci fu momento in cui l'avvento del socialismo al potere, e cioè dell'internazionalismo al Governo nazionale, stava per divenire un fatto compiuto in grazia alla via spianatagli dallo stesso governo. E se il socialismo non governò la nazione di nome, la governò di fatto con i ricatti continui e giornalieri esercitati contro il governo che li subiva fuosofìcamente e scientemente.E si assistette a quanto di più inaudito si fosse mai potuto immaginare : all'occupazione delle fabbriche e degli opifici industriali da parte delle maestranze. E la baldanza degli occupanti crebbe a dismisura : che da una parte il Governo Giolittiano assisteva completamente inerte e passivo, se pure non l'incoraggiava, allo strazio che si compiva dei più elementari principi di diritto, di ordine, di costituzione, di economia ; e dall'altra parte la Banca Commerciale, alleata e mandante del Governo nell'opera di sovvertimento e di di-struzione, finanziava il movimento ed offeriva pure ufficialmente di finanziare l'esperimento della gestione operaia delle industrie.Non voler vedere le intime relazioni ed il concerto criminoso esistente tra governo giolittiano demo-liberale e potere bancario finanziario per la valorizzazione del bolscevismo, epperò del disordine e della distruzione, vuoi dire voler avere assolutamente e deliberatamente gli occhi bendati. Né qui si fermano le attività distruttive della politica interna della reincarnazione Giolitti.Poiché quanto maggiore è il disordine, l'indisciplina e l'anarchia, tanto maggior utile ne ricava e finanziariamente e politicamente la Banca Internazionale, eccoci ai sapienti e preordinati scioperi politici a getto continuo, per ogni stormir di foglia, senza una causale legittima e proporzionata ; ed eccoci ai continui, perenni scioperi dei pubblici servizi messi in atto a scopo di ricatto immediato sui poteri pubblici, i quali subivano pazientemente senza mai minacciare, senza mai protestare, senza preoccuparsi di provvedimenti atti a lenire, se non ad annullare, gli effetti deleterii di tali atti di ribellione, di sabotaggio, di svilimento della Nazione, di rovina economica che si aggiungeva e si sovrapponeva alle precedenti. E triplice era lo scopo perseguito e raggiunto : impoverimento della nazione e precipitoso svilio dei valori ; la sovrapposizione metodica del disordine all'ordine, del sovversivismo allo stato costituzionale, di forze irresponsabili ai poteri responsabili ; la diminuzione dell'Italia nei consessi internazionali. Cui prodest ?Coerentemente ed in esplicazione del programma distruttivo che aveva l'alleanza politico-bancaria, tutto fu messo in opera per ridurre i due più importanti servizi pubblici, rappresentati dalle aziende statali ferroviaria e postelegrafonica, nel più completo abbandono, al più stupefacente sfacelo, alla più spudorata anarchia.Tutti ricordano ancora vivi nella memoria gli episodi di tracotanza dei ferrovieri e dei postelegrafonici, l'indisciplina, i vandalismi, il sabotaggio, lo sperpero, la disorganizzazione, fino al punto che ogni ferroviere si era formata una speciale mentalità in base alla quale era si abituato a pensare che egli era indispensabile e che le ferrovie appartenevano ai ferrovieri, e non allo Stato e tanto meno ai contribuenti ed alla Nazione !I/anarchia in queste due aziende raggiunse un tale diapason da autorizzare e ferrovieri e postelegrafonici a chiedere ufficialmente l'abbandono delle aziende nelle loro mani perché avessero potuto meglio funzionare ! B nonostante ciò, in coerenza al programma dema-gogico, si statizza furiosamente tutto ciò che era possibile statizzare, quasi la statizzazione di ogni attività, attuando così il socialismo di Stato, fosse la panacea di tutti i mali, anziché l'atrofizzazione di ogni iniziativa ed attività privata col conseguente maggiore disagio eco-nomico.E si sopportò ancora supinamente che il lavoro e la mano d'opera venissero monopolizzati da un solo partito politico, dal partito sovversivo social-comunista, talché ogni operaio non aveva alcuna difesa da parte dell'ordine costituito di fronte alla dura alternativa dei monopolizzatori : o tesserarsi o restare senza lavoro ! Quale azione ha mai spiegato il Governo, complice di tali perturbamenti e deformazioni dell'ordine pubblico, di fronte al dilagare di un sistema obbrobrioso che, nonché menomare, annullava del tutto la libertà di lavoro ? Nessun'altra opera ha mai spiegato che l'assistere impassibile ed inattivo alle offese continue e sistematiche all'ordine, alla sicurezza stessa dello Stato e della Nazione. Infine la tirannia rossa, finanziata da chi vi aveva interesse, e sopportata passivamente dal governo giolittiano, si impose sovrana in tutte le

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manifestazioni delle attività sociali e nazionali, fino a costituire uno stato nello Stato, un potere che si sovrapponeva a quello istituzionale e lo soverchiava e lo annullava.Questa nei suoi tratti essenziali la politica interna dei governi liberali, culminante nel disastro dell'ui/riMO governo giolittiano, il quale adottò a sistema l'abbandono giorno per giorno di nuove posizioni in mano ai nemici dichiarati dello Stato, ai nemici della Nazione e della Patria, sicuri tutti, e Governo e internazionalismi di ogni specie e qualità, che le verità sui loro rapporti apparenti e reconditi non sarebbe mai emersa, e che mai sarebbero sorti i veri figli d'Italia che nella loro gran passione per la Gran Madre avessero potuto ricacciar nel fango il loro putridume ed accingersi alla ricostruzione vera ed efficace, non a quella del nefasto uomo di Dronero !

IV. Politica estera.Crispi volle la Triplice Alleanza con giusto senso di opportunità ; con essa perseguiva contemporaneamente, date le condizioni d'Italia in quell'epoca, un duplice fine : allontanava dall'Italia la probabilità di prossimi conflitti che l'avrebbero trovata impreparata, e valorizzava l'Italia nel concerto europeo, facendola pesare come elemento di equilibrio. La sua visione d'assieme, netta, precisa e rettilinea, importava però per l'Italia una politica estera dignitosa, se pure non aggressiva, ferma e senza debolezze o remissività, per ottenere il rispetto e la considerazione degli alleati e la giusta valutazione delle altre potenze europee.Disgrazia volle che i successori di Lui, i governi demo-liberali, facenti sempre capo a Giolitti fosse o non fosse egli nel Gabinetto, vuoi che non avessero avuta la esatta comprensione del valore contingente della Triplice Alleanza e della sua funzione dinamica nel tempo, come era stato nella mente del suo autore, vuoi che ciò non volessero comprendere per adattare la politica ed il potere politico ai fini propri e dei loro ispiratori, deformarono talmente la linea della politica estera italiana dal ritmo impressole dal Crispi, che gli errori si seguirono agli errori con danno enorme della Nazione. Certa cosa è che sotto tutti i governi liberali dal 1892 al 1915 la politica estera italiana non ebbe mai una linea precisa, non fu mai coerente, fu spesso contradittoria ed involuta, fu incerta e perplessa sia verso gli alleati che verso gli amici, fu tentennante e mai attiva e valorizzatrice. In dipendenza di tale linea di politica estera, l'Italia fu sempre considerata dagli stessi suoi alleati come quantità trascurabile, come l'ancella delle due sue più potenti alleate, come la cenerentola dell'Alleanza : non fu mai consultata, fu soltanto degnata di graziose comunicazioni a concerto avvenuto fra le altre due ; i suoi diritti non furono mai riconosciuti e rispettati ; l'italianità delle terre irredente ancora sotto l'Austria mai fu così atrocemente e palesemente calpestata come durante l'Alleanza, né il Governo Italiano seppe mai avere un istante solo di fierezza e di vigore nel richiamare l'alleata ad una più giusta comprensione dei doveri di Alleanza ; e quando contro le inumane e sanguinose persecuzioni dei nostri fratelli irredenti da parte della birraglia croata-asburgica, il generoso popolo italiano insorgeva con la forma più innocua e più dignitosa di protesta — con dimostrazioni degli elementi intellettuali contro lo stemma austriaco — la potente alleata, esimendosi dal dare i più generici affidamenti di un maggior rispetto verso gli elementi italiani a lei soggetti, pretendeva riparazioni solenni ! Ed i nostri governi pavidi e inetti, seguivano cieca-mente gli ordini e le pretese della Cancelleria Alleata, paghi di infierire contro il generoso sentimento italiano e di prostrarsi ai piedi della tutrice alleata, che l'Italia fu sempre considerata minorenne e sotto tutela.

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E questa linea di politica estera, cosi come l'abbiamo ora concisamente tratteggiata, non fu mai abbandonata da tutti i governi liberali, prigionieri e schiavi della forza finanziaria.E colla stessa mentalità, fatta ormai abito, l'Italia liberale si preparò ed arrivò al famoso e tanto discusso « Patto di Londra ». L'Italia, poverissima di materie prime, povera di capitali, povera di mezzi di trasporto, povera di industrie, si concede il lusso di basare tutta la sua politica estera, tutta la sua ragione di partecipazione alla grande guerra, soltanto su motivi ideali ristretti quasi all'immediato confine ; tratta poeticamente ed ideologicamente il suo concorso nel conflitto, tralasciando nel modo più assoluto le realtà pratiche e le sue necessità economiche. Nessuno può negare la importanza morale del sentimento italiano nel decidere la sua entrata in guerra e conse-guentemente nel richiedere il consenso dei nuovi alleati al suo pro-gramma di redenzione alpina ed adriatica.Ma fare di questo soltanto il suo programma massimo, restringere il suo sforzo all'Adriatico, lasciato poi tutto o quasi in mani altrui e non certamente amiche, e dimenticare che c'era ancora il Mediterraneo, c'era ancora l'Oceano dove tanti interessi peculiari vi erano da difendere e da conservare, e tante posizioni da conquistare, è sicuramente fare della politica miope ed inconsapevole.

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Nel momento in cui l'Italia diveniva il fattore determinante della vittoria, nel momento in cui il suo gesto e la sua decisione facevano aumentare le probabilità di resistenza e quindi di vittoria, pure facendo omaggio ai motivi ideali della nostra guerra, decisa per virtù di popolo e non di governo, e mettendoli nel primo piano delle nostre rivendicazioni, fu balordaggine somma, insipienza o tradimento il non ponderare il fattore economico. Magra scusa quella degli autori di quel trattato, che se porta il nome di Sonnino non a lui solo devonsi certamente le clausole in esso accettate per l'Italia, che l'Italia, scesa in campo per motivi altamente ideali e nazionali, non poteva trafficare e misurare a suon di sterline il suo intervento. Sonnino era ebreo-egiziano. Al principio della sua carriera politica fu sempre contrario all'irredentismo.Magra scusa, abbiamo detto, poiché la guerra, anche se pensata di breve durata per la incomprensione della sua forma, della sua intensità e dei suoi fini, non si può condurre soltanto con lo spirito, ma si deve condurre con i mezzi e con i materiali.Si sono mai preoccupati i negoziatori di quel Trattato di spingere l'Italia nel baratro economico, quando decidevano l'entrata in guerra senza aver assicurato e garantito alla Nazione quello di cui difettava ? O pensavano che la guerra si dovesse fare soltanto con l'elemento uomo ? Napoleone lasciò detto : « l'argent fait la guerre ». Nel trattato di Londra non fu inclusa alcuna clausola per la stabilizzazione della nostra moneta. Mentre facevamo la guerra per loro, gl'inglesi ci strozzavano con i noli ed i cambi e guadagnavano miliardi alle nostre spalle.L'Italia aveva bisogno di ferro e di carbone per le officine di guerra e per le ferrovie ; aveva bisogno di navi per il trasporto di queste materie ; aveva bisogno di grano e di vettovaglie ; aveva bisogno di tutto : nessuno ha mai pensato che l'Italia doveva chiedere il pagamento del servizio inestimabile che andava a rendere all'Intesa, ma a chiunque sarebbe parso giusto e previdente che si fosse chiesto che le fosse fornito quello di cui mancava. Anche nel momento in cui l'Italia con i suoi propri destini correva animosamente e cavalierescamente a decidere col proprio peso i destini d'Europa ed i diritti della civiltà e della giustizia, i suoi governanti non ebbero la percezione della grandiosità del gesto, non percepirono l'importanza che in quel momento veniva ad assumere il fattore Italia, non ponderarono la somma dei sacrifizi e l'immensità dello sforzo a cui sarebbe stata sottoposta la Nazione, non ebbero la visione della realtà o non vollero averla, e con la stessa mentalità miope e traditrice chiesero quasi il permesso che l'Italia si sacrificasse e si dissanguasse per la salvezza degli altri.Una enormità di questo genere sembra pensata da stranieri, da nemici, da rivali, non da italiani !L'ammaestramento di un lustro di durissima guerra, la conoscenza del dissanguamento e del depauperamento della Nazione durante la guerra, la coscienza della vittoria ottenuta brillante e grandiosa con i soli nostri mezzi, la coscienza di avere Noi determinato la vittoria di tutta l'Intesa e conchiusa la lunga ed asprissima guerra, non valsero ancora a rendere meno miopi, meno poetici, meno ingenui, meno traditori i rappresentanti del governo italiano che si recavano al convito di Versailles.Era nella coscienza di ogni italiano : che l'Italia aveva deciso la guerra per sé e per tutti gli alleati, che l'Italia per servire la causa comune si era imposto sacrifizi tali da uscirne immensamente impoverita e dissestata. I soli governanti d'Italia non ebbero tale coscienza o non vollero averla !Mentre tutti i belligeranti si accinsero e si prepararono a valorizzare al massimo grado ed a proprio profitto gli effetti della vittoria conseguita in comune e determinata proprio dall'Italia, e si predisposero a prendere le parti più opime delle spoglie dei vinti, l'Italia mandò al convito i suoi rappresentanti che si caratterizzarono e si distinsero uno per il suo mutismo deliberato e l'altro per il pianto inesauribile, in veste di gente che andava a chiedere mercé agli alleati di aver fatta decidere la vittoria dall'Esercito e dal popolo italiano, quasi ciò fosse stato fatto contro ogni volontà della Nazione che rappresentavano, e per la quale chiedevano ed imploravano, uno piangente ed uno muto, le briciole che potessero per caso essere superflue ai ben satolli commensali.Non fu difeso neanche quell'aborto del Patto di Londra, le cui clausole non erano sufficienti né ai fini ideali della nostra guerra e tanto meno alle nostre necessità economiche e mentre gli altri si attribuivano la parte del leone, i nostri rappresentanti non ebbero neanche la capacità di pretendere almeno la parte dell'agnello. Il nostro irredentismo non fu tutelato e soddisfatto che soltanto in parte, mentre i nostri bisogni economici furono totalmente assenti dal programma dei nostri negoziatori : e mentre gli altri beneficiavano del nostro sforzo e mangiavano la carne del vinto, noi non ci preoccupavamo neanche della pelle.Ai vinti tutto fu tolto, e ben tolto.Colonie fiorenti, marina mercantile e da guerra, armamento, carbone, ferro, fosfati, denaro sotto forma di indennità di guerra, ecc. Attorno ad un tale desco i negoziatori italiani non seppero beneficiare di niente, non seppero valorizzare lo sforzo italiano e chiederne il riconoscimento, non seppero assicurare all'Italia la vita economica, quando gli altri si assicuravano l'impero economico.

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Di fronte alla rovina economica d'Italia per la guerra sostenuta, i nostri negoziatori restarono freddi, insensibili ed indifferenti come non si trattasse della loro patria, e, privi della visione esatta del loro compito e della loro responsabilità di fronte alla Nazione ed alla Storia, si fecero rimorchiare dagli altri più abili concorrenti, e senza negoziare la loro firma ed il loro consenso all'atto di spoliazione del vinto, limitarono la loro opera all'accettazione di quello che gli alleati si degnarono compiacentemente di concedere, dopo il loro esuberante pasto, ed al di sotto di quanto preventivamente l'Italia si era assicurato, e che pur era così poco e così insufficiente.Ogni paragone riesce odioso, epperò se pure tralasciamo di esaminare» il bottino fatto dagli alleati a Versailles, non possiamo esimerci di fare, per quanto postuma, la constatazione delle condizioni in cui l'Italia uscì da quel grande banchetto, e che possiamo raffigurare col « Divino Poeta »e dopo il pasto ha più fame che- pria,tanto magra fu la sua parte per la incomprensione deliberata degli alleati ed amici, e sopratutto per la incapacità dei nostri negoziatori che divennero ridicoli di fronte agli altri compagni di desco. Quale fu il banchetto della pace per l'Italia ?Buona parte del Veneto devastato ; mezzo milione di morti, un milione di inabili e mutilati ; ottanta e più miliardi di debiti fatti per la guerra ; la sua condizione finanziaria disastrosa ; la sua vita economica compromessa ; e di contro : niente altro che la parziale concessione di quanto ci perveniva in base al « Patto di Londra » ; una miserabile percentuale sulla opima indennità di guerra imposta alla Germania ; nessuna concessione e nessuna facilitazione di rifornimento delle materie prime di cui noi avevamo bisogno come del pane per vivere economicamente indipendenti, e delle quali siamo perfettamente o quasi privi.

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Pendant all'accademia di Versailles fa la conferenza economica di Parigi, dove i nostri tecnici o cosiddetti esperti, seguendo in ciò perfettamente le orme impresse in tutta la nostra politica estera dai governi anche quando si trattava di ottenere il rispetto ed il riconoscimento dovuto ad una nazione di oltre quaranta milioni di vite che col suo peso, col suo ardimento romano e con i suoi sacrifìzi aveva deciso le sorti dell'immane duello, abbandonarono completamente in mano ai più rapaci alleati la spartizione di tutte le fonti conosciute di materie prime, base di ogni risorsa economica.L’Allora opera fu tutta di rinunzie e di deficienze, e non poteva essere diversamente quando a rappresentanti economici italiani il Governo del tempo non seppe trovare altri elementi che persone appartenenti alla Banca Commerciale. Crespi, divenuto poi Presidente della Banca Commerciale per giusta e meritata ricompensa alla sua opera devota agli interessi della internazionale finanziaria spiegata alla Conferenza economica di Parigi quale delegato italiano ; Volpi, già appartenente alla Commerciale, e ricompensato quindi a tempo debito col laticlavio e con il vice-reame di Tripoli, dove urgeva alla Commerciale portare la lotta contro il Banco di Roma, che pure aveva trovato nella Libia una prima fossa da lupo, appositamente ivi preparatagli.La svalutazione della Vittoria Italiana fu opera della Delegazione Italiana a Parigi, composta di coloro che durante la guerra si erano adoperati per portare la Nazione alla sconfìtta.La Delegazione Italiana, per la sua composizione, fece perdere la pace all'Italia.E così tutta la politica estera italiana non seppe tutelare i propri più vitali e contingenti interessi e nei problemi di indole internazionale non ebbe mai iniziative, non ebbe mai considerazione, fu anzi dileggiata, poiché si esaurì nel mediocre ufficio di mediatrice tra gli appetiti, le rivalità ed i punti di vista anglo-francesi — quando non riuscivano a mettersi d'accordo fra di loro Inghilterra e Francia ed all'infuori ed all'insaputa dell'Italia, la quale aveva la sola funzione di accettare e ratificare prò forma — dimostrando così di aver cambiato soltanto padrone, passando dalla Triplice Alleanza alla Intesa, senza aver perduta la sua funzione di ancella tutelata.Esempio unico nella storia dei rapporti internazionali e dei rapporti tra alleati che hanno corso lo stesso rischio ed hanno sopportata la stessa fatica : Francia ed Inghilterra si accordavano tra loro, in casa nostra, sotto i nostri occhi, a S. Remo, senza di noi ed all'infuori di noi, e con la nostra completa esclusione, sulla spartizione delle fonti di rifornimento delle materie prime, delle quali già le loro industrie e la loro economia ne avevano a sufficienza, e delle quali l'Italia era perfettamente priva e loro tributaria. Dopo aver lasciato 600.000 morti sul campo noi non abbiamo avuto nulla, non soltanto le Colonie, ma neanche la Terra del Giuba. Fummo truffati !L’Italia ebbe ribadite le catene di sudditanza economica, e ciò avveniva quando essa aveva la veste di padrona di casa.

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A completare il quadro della nostra disgraziata e lacrimevole politica estera sopravviene l'opera diretta di Giolitti il Ricostruttore, il quale col Trattato di Rapallo, con lo sgombero dell'Albania e con la cruenta azione fratricida di Fiume corona la sua infame carriera politica in uno alle serie dei suoi tradimenti agli interessi, al prestigio ed al benessere materiale e morale della Nazione !A Rapallo fu compiuto l'ultimo fratricidio, fu gettato l'ultimo residuo della dignità e del prestigio nazionale ; ad un piccolo stato balcanico e mosaico, formato da nemici che avevano combattuto fino all'ultimo istante della guerra contro i nostri soldati e con accanimento e da un popolo già distrutto e soggiogato, di cui salvammo unicamente noi gli ultimi avanzi dell'esercito disperso, e che noi rielevammo a dignità di popolo libero e di Nazione indipendente, si fece la cessione fedifraga dèi nostri fratelli dalmati, doloranti di passione italica.In Albania noi eravamo andati per la tutela contemporanea dell'indipendenza di essa e della sicurezza e del prestigio italiano sull'altra sponda, ed avevamo anche funzione internazionale, l'unica funzione affidata all'Italia perché la più onerosa. Andammo per stabilire un nostro privilegio ed un nostro diritto che ci perveniva dal mandato internazionale e dalla necessità di preservare lo stato balcanico dagli appetiti dei vicini, e, come sempre, facemmo le cose da gran signori, pur avendo la miseria in casa. Sacrificammo tante vite nelle inospitali zone malariche occupate ; portammo ivi la nostra superiore civiltà e la nostra attività ; spendemmo tesori nella costruzione di strade che non esistevano e di edifici e di opere di ogni specie, opere che si evitava di compiere in zone italiane alle quali sarebbero state tanto utili nonché necessarie : a quale scopo ?Un movimento sedizioso alimentato contro di noi da chi vi aveva interesse, compiuto da una minoranza irresponsabile e disorganizzata : una tardiva protesta di uno staterello balcanico ; un consiglio . . . interessato dei potenti alleati. . . bastarono a far decidere il nostro bene amato Governo ad effettuare lo sgombero completo dell'Albania, regalando per sopramercato tutte le costose ed utili opere ivi compiute e facendo disinvoltamente gettito di ogni nostro più elementare prestigio, di ogni nostro diritto acquisito per virtù di sacrifìzio. E l'Italia era così, nelle sue opere, una grande Potenza !E siamo all'ultimo atto della tragedia italiana : Fiume.Fiume, la città olocausto di martirologio senza nome, la città dolorante di passione italica, la città sentinella avanzata del sentimento unitario, la città martire barattata ed abbandonata a Londra e riconquistata soltanto a metà col prezzo doloroso di tutti i fratelli dalmati abbandonati in mano dei secolari loro oppressori, era dal governo nazionale abbandonata alla sua sorte ed esposta ai colpi di mano preparati dal rapace e ringalluzzito croato, preparati di concerto e per consiglio degli stessi nostri alleati che volevano fare di Fiume l'ultimo strazio ed il pomo della discordia del popolo italiano, il quale aveva il torto di aver vinta la guerra.Un Uomo votato a tutti gli ardimenti e gli eroismi, l'uomo che rappresentava il simbolo più vero, più tenace e più autorevole di nostra razza, l'uomo che non conosceva patteggiamenti e mezzi termini, salvò, con ardire insuperato e con la piena coscienza di compiere un dovere sacro a cui Egli solo era predestinato, l'italianità della città doppiamente sacra, doppiamente martire, doppiamente a noi cara, e che era oggetto di tutti i raggiri delle diplomazie europee.La gesta di Ronchi vivrà imperitura nella storia degli accorti ardimenti umani : la passione italica che animava l'animo del poeta soldato e della città da esso riconquistata e conservata all'Italia ed all'italianità non bastò a preservare e l'uno e l'altra dalla ingiuria e dalla violenza più atroce che la storia dell'umanità ricordi da Caino in poi : i fratelli hanno ucciso i fratelli ! Orrore ! Obbrobrio ! Il Governo di Giovanni Giolitti, che era assente dai più gravi interessi internazionali d'Italia, che non seppe ottenere per l'Italia la considerazione che le spettava per la parte di primo rango avuta nella guerra e nella vittoria, non seppe neanche farsi riconoscere la libertà di azione almeno in casa sua, e trattò come problema internazionale quello che era soltanto un problema squisitamente nazionale, e ferì in un tempo il sentimento e l'interesse dell'Italia al di qua ed al di là del conteso Adriatico. I nemici d'Italia ed i falsi amici gioirono : Fiume cadde in mano al croato Zanella, l'italianità fu offesa e prostrata.Gloriosa impresa del reazionario, del demagogico, del neutralista, del disfattista, del. . . Ricostruttore !

V. Politica finanziaria, economica, industriale.La stessa mentalità miope, incerta e tentennante che guidò tutta l'attività dei governi liberali in politica estera, ritroviamo nella politica finanziaria, economica ed industriale ; la stessa mentalità sediziosa, corruttrice e corrotta, dannosa più che utile, che abbiamo visto guidare tutta la politica interna dei governi liberali,

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ritroviamo nell'attività, più spesso nella passività e nella complicità della politica finanziaria, economica ed industriale.L'incomprensione dei più vitali interessi d'Italia, l'inerzia e molto spesso la complicità, come vedremo, con le forze antinazionali, hanno guidato l'opera governativa in questa importante attività statale, talché l'opera di governo fu spesso anziché moderatrice dei danni e valorizzatrice delle energie produttive del paese, distruttrice di tutte le fonti di produzione e di valorizzazione, e fu opera spesa, in questo campo più apertamente che negli altri, a totale beneficio delle forze antinazionali, talché è legittimo il dubbio che quell'opera fu non soltanto ispirata, ma pensata ed imposta dai nemici dell'economia nazionale, e dei quali i governi furono sempre prigionieri e vassalli.

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In linea generale possiamo senz'altro affermare che l'azione governativa non fu mai compresa della sua stessa importanza e delicatezza nei riguardi della prosperità del paese, epperò non fu mai efficace nella doverosa tutela del mercato italiano dalla irrompente invasione straniera : il mercato italiano agricolo, industriale, commerciale, finanziario fu sempre preda dello straniero, quando in veste di amico o di alleato, quando in veste di finto italiano, ma sempre straniero, perché mancò al mercato ed ai produttori italiani quella efficace e doverosa tutela politica che ogni governo deve esercitare.Un solo prodotto l'Italia poteva esportare in quantità, non per compensare lo sbilancio commerciale della Nazione, ma per valorizzare la più grande industria agricola e la più grande risorsa dell'isola generosa, della Sicilia : il prodotto agrumario che per qualità si imponeva su tutti i mercati. Scorrete per un momento tutta la legislazione in materia dei governi liberali, tutta l'azione da essi spiegata in questo campo, e vi vien fatto di domandare : quale fine si sono mai proposto i governi, quello di valorizzare, aiutare e far prosperare quella che era l'unica risorsa della Sicilia ; oppure quello di costringere a perdizione il commercio agrumario e le industrie derivative, sì da consigliare l'abbandono anziché la cura di tale prodotto ? E risalite su su fino alle ultime disposizioni legislative dei Gabinetti Giolitti — Bonomi — Facta del 1921-22, addentratevi nella selva dei decreti contradittori sulle esenzioni e sulla tassabilità dei prodotti della Camera agrumaria dì Palermo, e vi troverete di fronte a questa dura constatazione : il Governo ha ignobilmente traditi e compromessi gli interessi in un tempo della Nazione, dell'Erario e dei produttori di agrumi, a favore esclusivo di chi ? Del trust dei derivati agrumari, di proprietà assoluta ed incontrastata della Banca Commerciale Italiana.E non è stato soltanto il prodotto agrumario colpito in Sicilia. Che dire dell'industria estrattiva degli zolfi e del trattamento di tale minerale ?I fatti sono più eloquenti di qualunque argomento : c'è stato momento, il 1921, in cui per i provvedimenti Giolitti sulla industria zolfifera, questa, che era un privilegio quasi mondiale dell'isola, venne a trovarsi nell'assoluta impossibilità di continuare il lavoro, non potendo sostenere la concorrenza americana a causa della forte pressione fiscale giolittiana, vide chiusi per lei e perduti i mercati già da lungo tempo conquistati, fu piegata, strozzata, prostrata, impossibilitata a più vivere e prosperare, perché così comandavano i padroni di Giolitti che non avevano potuto impadronirsi dell'industria, nonostante le lusinghe e le minaccie. Era una buona preda, si ribellò, ed alla ingenuità della ribellione occorreva rispondere con esemplare punizione, con l'arma assassina rivestita ed ammantata di legalità. E la vecchia consuetudine del burocratico, è il sistema prediletto della volpe : rivestire di legalità gli atti più bassi e più turpi di persecuzione individuale e collettiva, salvare la forma, e passare magari sul corpo della intera nazione per raggiungere un solo nemico, suo o dei suoi padroni, gli internazionalisti dell'alta finanza.Analoga sorte toccò alla viticultura italiana, quando la peronospera ne minacciò intieramente la esistenza ; pur trattandosi di una cultura e di una industria che costituiva la ricchezza del paese e specialmente di certe regioni d'Italia, pur trattandosi di prodotto (vino) che era largamente esportato, nella legislazione e nei provvedimenti adottati dal governo dell'epoca noi dobbiamo amaramente constatare che invece di tutelarsi l'interesse collettivo di una regione e di tutta la Nazione, interesse che investiva la proprietà terriera, il sistema di cultura, l'industria manifatturiera del vino, l'esportazione del prodotto, si calpestò freddamente ed impunemente tutta questa somma di interessi a favore di pochi interessati.Possiamo sicuramente affermare che tutta la politica economica dei governi dal 1892 fino alla conflagrazione europea fu complice volontaria della distruzione degli elementi produttivi nazionali, mise anzi tali elementi in balìa di chi aveva interesse ad impadronirsene, poiché l'Italia fu facilmente terra di conquista economica, preda della voracità dei vicini più attrezzati e più agguerriti, attraverso la quale doveva necessariamente avvenire anche la conquista politica. Può infatti avere una politica assolutamente libera ed indipendente

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quella nazione che economicamente è in istato di soggezione ? E per vincolare la politica italiana, se ne curò in ogni tempo ed in tutti i modi la soggezione economica, ed a ciò si prestarono, complici e coscienti, tutti i governi liberali che furono insipienti, ciechi ed inconsapevoli degli effetti deleterii della loro politica economica, a solo vantaggio dello straniero. Ci accingiamo a dimostrare alla stregua di fatti completi la convivenza dei governi con l'alta finanza internazionale, e la loro dipendenza da questa. campo. Ma poiché la logica, non è mai andata di accordo con la politica, che è una scienza che ama più volentieri accoppiarsi con l'assurdo, non è a meravigliarsi se la politica italiana per le materie prime è stata sempre precisamente l'opposto di quello che la logica più elementare suggeriva. Ci occuperemo nel prosieguo di quanto si riferisce all'unico minerale che possieda l'Italia e che è monopolio, in casa nostra, di stranieri : ora ci preme fissare bene quale fu la politica italiana in ogni occasione per avvicinare le materie prime all'Italia, per procurare alla Nazione in condizioni le meno sfavorevoli possibili quello di cui ha bisogno assoluto per vivere. Non bastò ai nostri governanti la esperienza di mezzo secolo, da quando cioè l'Italia assurse a nazione, la quale esperienza ci aveva insegnato che noi dipendevamo completamente dall'Estero per far camminare le nostre ferrovie, per alimentare le nostre industrie di pace e di guerra di ogni specie, ed a condizioni quanto mai onerose e rovinose.Si arrivò alla conflagrazione europea, si arrivò alla nostra grande guerra in queste condizioni : non avevamo minerali di ferro e carbone per fabbricare gli strumenti bellici di offesa e di difesa, non avevamo materie prime di alcuna specie, e per procurarcele dovemmo depauperarci senza misura a beneficio degli stessi alleati che ce le fornivano ed ai quali noi avevamo portato il contributo più efficace per l'equilibrio delle forze e per la definizione vittoriosa della guerra.E la nostra resistenza e la nostra condotta di guerra dipendeva unicamente dalla più o meno regolare fornitura che ci veniva elargita e dalla nostra potenzialità di acquisto di quanto ci mancava : e non di materie prime soltanto eravamo e siamo tuttora tributarii.Anche questa dura angosciosa prova non fu sufficiente a far aprire gli occhi ai nostri governanti ed ai nostri negoziatori alla tavola rotonda della pace, che la mentalità irretita, vieta e prigioniera di chi aveva nel pugno i nostri poteri pubblici ed i nostri governi, non si smentì neanche quando bastava soltanto allungare la mano sulla somma delle materie prime sparse per il mondo, ed a disposizione dei vincitori, e noi fummo dei vincitori e di primissimo rango !Poteva del resto essere diversamente, quando mandammo a trattare tale argomento in veste di negoziatori persone che furono imposte al governo proprio perché appartenenti a quella banca internazionale che aveva ed ha nel suo programma la distruzione della economia italiana ? E si può allora dubitare della connivenza e della dipendenza assoluta del governo del tempo alle forze antinazionali ? Quale risultato infatti ottenne l'opera dei nostri negoziatori economici ? Nulla possedeva l'Italia prima della guerra, prima della vittoria, nulla ebbe dopo la pace, ed oggi ancora, per merito della politica delle materie prime assolutamente negativa dei passati governi, come ieri, siamo privi di fonti di rifornimento e di produzione, e, per vivere in pace ed attrezzare la nostra difesa militare, siamo ancora come eravamo, completamente in mano altrui, tributarii di tutti gli elementi necessari alla produzione, dal ferro al carbone.

VII. Industrie nazionali.Parte della stampa italiana, la più prezzolata e venduta, non ha mancato in parecchie occasioni di intervenire sul dibattito circa la necessità e la convenienza della esistenza e conservazione di industrie italiane, e non ha esitato a sostenere che in Italia alcune industrie e specialmente l'industria pesante, erano perfettamente inutili se non perniciose, scoprendo così, anche per le puerili ragioni che ponevano a fondamento di tale tesi assurda e che dimostrano per lo meno l'assoluta incomprensione del grave problema, il giuoco e gli interessi di chi paga i gazzettieri per far capovolgere i problemi fondamentali della vita e della indipendenza economica italiana.E soltanto puerile pensare e sostenere che non vi può essere industria metallurgica, contro la quale si appuntano più specialmente i disfattisti economici, quando non si abbia sul posto la disponibilità degli elementi indispensabili : ferro e carbone. E del pari esagerata la tesi opposta, che, pur non avendo materie prime, l'Italia debba avere una grande industria metallurgica. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Infatti, e la grande guerra è stata anche in questo campo la grande ammaestratrice, il paese deve avere una industria confacente alle sue peculiari necessità di pace e di guerra se vuole la indipendenza economica : in ischiavitù economica non vi può essere indipendenza politica.L'Italia non poteva certamente e non può aspirare ad avere una grande industria, concorrente sui mercati mondiali delle più potenti e più forti, perché si sviluppano ed operano in condizioni favorevolissime, di oltre

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Alpi : ciò sarebbe follia. Ma una industria che servisse alle necessità del paese e completasse sui mercati esteri quelle delle altre nazioni, non soltanto è opportuna, ma è necessaria.Per fare la guerra noi abbiamo dovuto impoverirci fino all'osso per avere dagli stessi alleati le materie prime occorrenti a fabbricare i nostri mezzi bellici, senza dei quali non poteva, nonché essere vinta, condotta la guerra. Non per virtù di governo, ma in grazia di iniziative private l'Italia fu in grado di sopportare tutti i sacrifici finanziari occorrenti per ottenere a caro prezzo le materie prime indispensabili, e sopratutto vide sorgere quasi ex novo quell'industria, naturale premessa ed indispensabile efficace coefficiente della guerra, che prima non aveva. Sorsero così nuclei di produzione, prodotti dalla guerra, che lo Stato doveva gelosamente conservare ed utilizzare per le sue necessità di pace e di guerra, e di cui doveva altresì agevolare lo sviluppo e la perfezione mediante l'opera politica di facilitazione nelle forniture di materie prime ; tutto invece fu messo in opera per eludere questa peculiare necessità dell'industria nazionale, tutto fu compiuto per spezzare e polverizzare quello che era e doveva essere oltre che un acquisto, un vanto ed una vittoria dell'attività italiana anche nel campo economico produttivo.Infinite sono le conseguenze benefiche della vitalità di industrie nazionali : l'assorbimento di capitale e di risparmio e sua destinazione alla riproduzione ; impiego di mano d'opera ed elevazione intellettuale e spirituale delle masse operaie ; economie della Nazione per l'acquisto di manufatti industriali all'Interno anziché all'Estero ; influenza favorevole sui cambi ; indipendenza industriale ed economica, e quindi politica ; ed altro ancora.No, questi fini legittimi non dovevano essere raggiunti dall'Italia, entità economica di sfruttamento e *ion di produzione a disposizione della internazionale finanziaria, ed i governi liberali da questa forza, che si vanta invincibile e ultra possente, soggiogati e dipendenti, hanno assecondato il giuoco fino all'ultimo momento della loro vita e del loro sgoverno del Paese, come meglio analizzeremo, con dati di fatto precisi, nelle pagine seguenti.

VIII. Mercurio.Unico minerale di cui la Natura ha fornito l'Italia è il cinabro. Di questa unica ricchezza non sono però gli italiani a goderne.Tutti i geologi ed i mineralogici che hanno visitata o studiata la regione del Monte Amiata, vasto altipiano a quasi mille metri di altitudine, elevantesi nella Toscana meridionale, quasi a confine con la campagna maremmana romana, hanno concordemente giudicato èssere il sistema montagnoso del Monte Amiata un sistema vulcanico di molti millenni addietro, spiegando in tal modo la esistenza di immensi tesori racchiusi nelle sue viscere, e fra tutti primeggia il cinabro, per il suo tenore, cioè per la proporzione di mercurio (minerale puro) sul minerale grezzo (cinabro). Tutto il sottosuolo amiatino è una vasta ed inesauribile riserva di tale minerale, che appunto per il suo tenore si presta mirabilmente e vantaggiosamente allo sfruttamento : sfruttamento che viene ad essere facilitato dagli altri elementi necessari alla epurazione e selezione, cioè al trattamento, che si trovano anche sul posto, a portata di mano : acqua, energia idroelettrica, legname. Esistevano in questa regione, nel 1912, parecchie miniere per la estrazione e trattamento del cinabro ; le più importanti fra tutte per estensione ed intensità di coltivazione e quindi di produzione, quelle della Gheverschaff Mercur, Società interamente tedesca, con capitali tedeschi, personale tecnico ed amministrativo tedesco, e della quale era forte azionista lo stesso Kaiser. Questa Società, che dava annual-mente fino al 70 % di utili netti agli azionisti, era rappresentata e gestita per conto degli azionisti tedeschi dalla Banca Commerciale, che allora non aveva ancora assunto mefistofelicamente e loiolescamente l'appellativo di italiana. Seguivano da presso per importanza, ma in proporzioni molto inferiori, altre miniere esercitate da una ditta ebraica, per quanto di nome italiano. Altre di minore importanza e con scarsa produzione pullulavano nella stessa regione. Che la parte migliore e più estesa del sottosuolo cinabrifero amiatino fosse in mano alla Comit, per conto dei tedeschi, non bastava a questi rapinatori delle fonti economiche d'Italia ; occorreva loro il monopolio incontrastato anche in questo campo, ed ecco come raggiunsero lo scopo.Ad immediato contatto con la concessione della Gheverschaff vi sono altri terreni cinabriferi di grande ed importante estensione ed importanza, di proprietà privata alcuni, di demanio comunale altri. Omettiamo di narrare le vicende attraverso le quali i proprietari privati dei terreni cinabriferi furono, e non una sola volta, ingannati nella loro buona fede dagli agenti della Commerciale e messi nella condizione di non valorizzare né allora né per moltissimo tempo ancora la ricchezza che essi possedevano, e ciò perché non conveniva alla Società dominante la produzione ed il mercato, quella tedesca, che altre coltivazioni concorrenti si stabilissero vicino a lei, né conveniva ad essa stessa assumersi l'obbligo dì estendere lo sfruttamento ad altre concessioni, per quanto finitime, per non alterare il proprio programma di sfruttamento graduale, mediante il

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quale mantenere incontrastato attraverso il tempo il dominio del mercato. Tracceremo soltanto brevemente le peripezie e le vicende della concessione di demanio comunale. Cento volte la Gheverschaff avanza a mezzo di un suo tirapiede proposte per ottenere la concessione demaniale, e facendo esemplificare condizioni, che verbalmente si dicono autorizzate, accettabili ; ed ogni volta, al momento di essere confermate per iscritto quelle proposte, sono capovolte e diventano inaccettabili. Non basta : tutto viene messo in opera per svalorizzare la concessione in parola a che altri non la conseguiscano. Un'amministrazione comunale, dopo anni ed anni di travaglio e di trattative inconcludenti, riesce a spezzare la rete di interessi da cui è circuita, ed arriva a concludere a condizioni oneste la concessione ad italiani. Ciò non pertanto le cose restano quasi come prima : i concessionari dopo aver eseguite le esplorazioni hanno bisogno di capitali per la messa in valore della concessione e per giungere alla coltivazione, e lo stesso lavorio che dai tedeschi era stato compiuto verso il Comune, si compie verso i concessionari. E quando questi erano finalmente, eravamo già al 1915, a guerra iniziata, giunti a poter formare una società con capitali italiani sufficienti alla bisogna, all'ultimo momento un missus della Gheverschaff avanzava, verbalmente, proposte più vantaggiose, ma non impegnative, ai concessionari, i quali, abboccando all'amo, lasciando il certo per l'incerto, ruppero le trattative già giunte in porto e si disposero ad accettare le proposte avanzate dal missus : tableau ! Queste proposte svanirono, ed i concessionari restarono con un pugno di mosche in mano, e le hanno tuttora ! Lo scopo era stato raggiunto : una nuova coltivazione cinabrifera importante non doveva sorgere ai confini immediati della potente e monopolistica Gheverschaff.Compiuta questa fatica, poiché eravamo in tempo di guerra, ed il mercurio occorreva a molti usi guerreschi e chi ne aveva bisogno lo pagava bene, la Banca Commerciale così come si aggiunse l'appellativo di italiana, trasformò il nome della Gheverschaff in Società Anonima Miniere Monte Andata, non senza avere prima acquistate tutte le altre miniere esistenti in attività nella zona, conseguendo così il monopolio assoluto.Omettiamo di parlare del mercurio arrivato dal Monte Amiata in Germania anche durante la guerra e col divieto di esportazione — un farmacista austriaco in veste di irredento si prestava ad eseguire le spedizioni sotto forma di medicinali ! — ed omettiamo altresì di parlare dei provvedimenti inefficaci e quanto mai tardivi adottati dal governo democratico del tempo contro il monopolio altrui in casa nostra e contro l'esportazione clandestina del prodotto : per arrivare alla requisizione del prodotto ce ne volle ! ed il prodotto fu requisito sì, ma soltanto in parte, ed a condizioni tali da non turbare il buon appetito degli affamatori del popolo amiatino.Dobbiamo sì gradire il capitale estero in funzione economica nel nostro Paese, ma come collaboratore e non come padrone assoluto in casa nostra, specie quando si tratti di fonti di produzione e dell'unica che il nostro Paese possegga ed in quantità tale da tenere il secondo posto nella produzione mondiale.A guerra finita l'Italia, cor« la conquista del bacino di Idria, veniva a conquistare il primo posto nella produzione mercurifera, sorpassando la Spagna. Così come per tutte le materie prime esiste una intesa fra i paesi produttori per mantenere il mercato il più elevato che sia possibile, anche l'Italia cercava un'intesa su questo campo conia Spagna, e si disse in un certo momento che si stava per concludere il trust italo-spagnolo per il mercurio, poi non se ne fece più niente. Perché ? che avvenne ? Niente : la cosa più semplice e più naturale di questo mondo. La Commerciale cosiddetta Italiana, poiché era padrona assoluta e monopolistica della produzione mercurifera italiana e poiché non corrispondeva perfettamente alle sue vedute il progettato trust, mise in movimento le sue macchine, i suoi ambasciatori speciali, le sue manovre di ogni specie e si ebbe questo risultato : le miniere di Idria sfuggirono alla statizzazione ed allo sfruttamento con capitale italiano, il trust progettato restò al solo stadio di progetto e dalle gazzette prezzolate della penisola fu dimostrato che il trust non era conveniente !Se noi ci siamo fatti spogliare dell'unica risorsa mineraria esistente in casa nostra dalle arpie e dalle sanguisughe straniere, come potevamo sperare che ci fosse riconosciuta la necessità di avere in diretto potere fonti di rifornimento all'Estero ?Noi abbiamo dato una veste corretta a questa breve storia del mercurio : se si interrogassero tutti i sassi della regione del Monte Amiata, essi direbbero lo scempio e lo strazio che dagli sfruttatori avidi e capaci viene compiuto dei diritti materiali ed ideali spettanti ai legittimi e spossessati padroni di tanta ricchezza.

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Poiché l'Italia é considerata dagli internazionalisti della finanza soltanto una unità di consumo e non di produzione, la rappresentante in Italia di questa internazionale, la Banca Commerciale, eseguendo con fedeltà e con successo il programma impostole, si impadronisce direttamente o per interposte persone, di tutti i gangli economici che la Nazione possiede o potrebbe possedere, per indi disporne contro i legittimi

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interessi della Nazione nella quale opera, contro l'economia e la produttività nostra. Questo è il sistema messo sempre in opera : evitare che fonti di riproduzione siano conquistate dall'Italia, e disperdere quelle che per avventura avesse conquistate.I negoziatori italiani alla Conferenza di Parigi, rappresentanti non dell'Italia né della finanza nazionale d'Italia, ma rappresentanti ed esponenti genuini della finanza neutralista, sabotatrice della guerra e della pace, si preparano alla fatica ingloriosa : dovendo andare a sostenere gli interessi dell'Italia al mandato dell'Anatolia ed allo sfruttamento dei bacini carboniferi di Eraclea, da dove il carbone poteva giungere in Italia a condizioni più vantaggiose che non dall'Inghilterra, la Commerciale, loro padrona e mandante che era riuscita ad impadronirsi della metà delle azioni della Società Mineraria di Eraclea, vende, proprio alla vigilia della Conferenza di Parigi, queste azioni ai possessori dell'altra metà delle azioni, alla Francia ! E così l'Italia, mentre doveva sostenere che aveva già interessi cospicui da salvaguardare in quella regione, si spoglia di quegli stessi interessi a mezzo di un suo Istituto finanziario.Sistema su per giù analogo fu tenuto dalla Commerciale per evitare che il ferro delle Alpine Montane Gè pervenisse all'Italia ed all'industria italiana : furono esercitate pressioni ed imposizioni al Governo italiano perché rinunciasse alla pretesa di considerare di proprietà del demanio austriaco le miniere di ferro onde potersele attribuire in conto riparazioni, ed ottenuto che esse restassero semplicemente azienda privata, ne acquistò le azioni per cederle un bel giorno ad Ugo Stinnes, privando così irrimediabilmente l'industria, italiana di una fonte di rifornimento vicina ed economica.E tutto questo è avvenuto sempre sotto gli occhi dei governi democratici d'Italia, sì che legittima appare l'ipotesi che dei governi ne ha sempre disposto la finanza antinazionale ; non si potrebbe diversamente concepire l'assenza dei governi e la mancanza di ogni tutela contro i distruttori sistematici della economia na-zionale.

IX. Marina mercantile.L’ Italia ha il suo respiro e la sua vita sul mare : ciò è stato unanimemente riconosciuto da tutti gli economisti. Quindi uno dei suoi principali fattori economici, fattore di vita, di espansione, di traffico, di rifornimenti, è costituito dalla flotta mercantile.Anche in questo campo si è esercitata deleteria l'azione della finanza internazionale, sempre in agguato ai danni dell'Italia.Insensibilmente, ma sistematicamente, la Banca Commerciale è riuscita a porre sotto il suo diretto controllo e dominio i cantieri di costruzioni navali e le compagnie di navigazione ; quindi ha mosso guerra a quelle imprese, di costruzione e di navigazione, che hanno voluto serbare la propria indipendenza, in modo da eliminarle.Non è azzardato affermare che la flotta mercantile rappresenta per l'Italia l'attività più sensibile e più gelosa : lasciare che essa cada in potere di forze antinazionali, e sia da esse monopolizzata, equivale a dare loro le chiavi di casa nostra, renderle padrone della nostra vita o della nostra paralisi. E paralisi difatti avemmo proprio durante la guerra ; i cantieri ebbero ordine di non costruire o per lo meno di costruire meno del bisogno ; gli armatori, tutti alla mercé della Commerciale, ebbero ordine di disarmare la flotta, dì limitarne il più che fosse possibile l'efficienza; contemporaneamente forze oscure, al servizio dello stesso padrone degli armatori, avevano assegnato il compito di creare malumori fra la gente di mare onde arrivare alla paralisi completa dei rifornimenti. Di conseguenza l'Italia non potette certamente utilizzare intensivamente tutta la insufficiente flotta mercantile che possedeva, per il sabotaggio sistematico adoperato in tutti i modi, e dovette ricorrere largamente alla già limitata disponibilità di bandiera estera alleata, pagando conseguentemente noli in valuta oro e depauperandosi nello stesso tempo che viveva in ansia per i suoi rifornimenti occorrenti al Paese ed all'Esercito ! E tutto ciò nonostante le esortazioni ed il concorso finanziario dello Stato allo sviluppo ed all'utilizzo della flotta indigena, talché si dovette giungere alla requisizione, se pur limitata, e perciò ancora inefficace. Sono induzioni queste ? No, sono deduzioni tratte dai fatti recenti, appena di ieri, vissuti e reali : fra tutti i Cantieri italiani e fra tutti gli armatori italiani chi furono quelli che affrontarono italianamente e sforzi e rischi ed utilizzarono intensamente la produzione ed il traffico con i mezzi a loro disposizione ? Furono soltanto i cantieri dell'Ansaldo a costruire, soltanto la gloriosa Società Ansaldo ad acquistare piroscafi di altra bandiera, fu soltanto la Cooperativa Garibaldi ad utilizzare senza calcolo e senza titubanza tutte le sue forze, tutta la sua disponibilità. Furono questi soli enti italianissimi, puramente italiani, puniti, a dovere compiuto, dalla guerra subdola e maligna di chi aveva visto attraversare i propri piani di sabotaggio dalla loro attività, egregiamente e degnamente aiutato a raggiungere la punizione di questi ribelli dall'asservito Governo democratico post-bellico.

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Tutto è stato messo in opera dalla finanza internazionale in combutta con la banda giolittiana al governo della cosa pubblica, come vedremo meglio nelle pagine seguenti, per distruggere ed eliminare i focolai di costruzioni navali e di navigazione, rimasti italiani nonostante le lusinghe, la tentata corruzione, le minaccie, rei soltanto di aver servito fedelmente gli interessi nazionali e di aver contribuito potentemente alla salvezza della Patria ed alla vittoria ; fu messo in opera tutto : dalla persecuzione personale alla calunnia, dall'accer-chiamento alle minacce, dalla tentata confìsca alla tentata spoliazione, alla truffa della pubblica opinione, pur di raggiungere lo scopo prefisso, l'annientamento di entità produttive italiane.E per completare, negli ultimissimi tempi, si inscena una inesistente lotta tra la minuscola industria metallurgica italiana e la industria navale italiana, completamente l'una e l'altra in mano alla finanza antinazionale, per carpire ai poteri responsabili la esenzione di dazi doganali alle materie occorrenti all'industria navale, tendente apparentemente a liberare questa dalla ingordigia della industria metallurgica italiana ed a stabilire quindi un mercato di concorrenza e più favorevole, tendente invece in realtà a mettere completamente fuori lizza i Cantieri rimasti ancora al capitale italiano e non disposti a farsi aggiogare al carro del dominatore, mediante il giuoco dei prezzi apparenti e degli abbuoni sotto mano già prestabiliti che l'industria metallurgica straniera, affiliata alla finanza internazionale, userebbe verso i cantieri italiani.Le vittorie conseguite nell'asservimento della industria e della economia nazionale danno audacia allo straniero dominatore, ed egli non è disposto a fermarsi fino a quando il programma non sia completamente esaurito, fino a quando lo scopo non sia completamente raggiunta.I rapinatori di mestiere sono pronti a piombare sulla preda : essi vogliono tutta la marina mercantile in loro mani, cantieri e armatori, perché vogliono controllare e regolare, e strozzare all'oc-correnza, lo sviluppo e l'impiego dello strumento più indispensabile alla vita ed al progresso economico e commerciale dell'Italia. Occhio dunque alla Marina Mercantile, che occorre gelosamente custodire e tutelare dalla cupidigia traditriee dei padroni della finanza italiana.

X. Legislazione Fiscale Giolittiana-Comitiana.Quando con tutte le manovre, gli inganni e le male arti possibili, come abbiamo indicato in altra parte, l'Alta Banca riuscì nel 1920 ad allontanare dalla scena della vita politica italiana l'On. Nitti, non tanto malleabile e tutt'altro che disposto a farsi asservire da essa, ecco entrare immediatamente in campo la stampa asservita allo straniero per sostenere di punto in bianco, dalla mattina alla sera, la reincarnazione Giolitti. I/Alta Banca che vide fallire il suo programma neutralista prima, e disfattista a tutti i costi poi, che si vide sospettata fortemente durante la guerra e che dovette coprire la sua azione politica e procedere sempre guardinga, alla prima vittoria politica riportata col rovesciamento clamoroso di un nemico irriducibile, dopo la vittoria economica riportata a Parigi per merito dei suoi esponenti, si fa più gagliarda e più audace, e, dovendo provvedere a rifarsi del tempo perduto e ad inghiottire quanto era ancora fuori il raggio della sua azione, fa dare fiato alle sue trombe, con in testa Mala. . . godi e Bergamini e Naldi, per far innalzare al soglio il Sozio sulla cui opera si può contare.Ed ecco che giornali che amano chiamarsi autorevoli e che amano affermare di disporre e di formare l'opinione pubblica, giornali che, ........................erano stati i più accaniti nemici di Giolitti ed i primi a predicare il di lui linciaggio, prendere ordini dai loro padroni — Alta Banca — ed innalzare ipso facto grandi laudi alle benemerenze ed alle alte qualità politiche dell'uomo di Dronero, che presentano al pubblico camuffato da RICOSTRUTTORE ! Del programma dell'Alta Banca però, non delle sorti della Nazione.Questi gazzettieri con una faccia tosta tutta loro speciale, dimenticano il recente passato ed inneggiano al... Salvatore . . . dei bilanci' delle loro aziende, e, con una incomprensione ed una idiozia stupefacente, fidando sopratutto nella labile memoria del popolo italiano, nella buona fede di esso e nella sua peculiare suggestionabilità, elevano in coro inni al grandioso programma ricostruttivo del vecchio e sempre abile nocchiero, programma che tutto induce a ritenere essere stato fucinato non a Cavour, ma in Piazza della Scala, ed al... Vecchio presentato bello e preparato, con . . . ordine di esecuzione.L’intento viene raggiunto, e la feconda coppia Giolitti-Toeplitz, feconda di rovine all'Italia, riagguantato il potere politico della Nazione, si ripromette di frantumarla sotto i suoi colpi già predisposti ; da questo momento incomincia veramente l'ultimissimo periodo di attività della coppia facinorosa, la quale affrettando la distruzione e la dispersione dei fattori economici della Nazione e quindi la caduta irrimediabile di essa nel baratro già predisposto, affretta insieme la risurrezione dei valori più puri della stirpe che la trarranno a salvamento.E scendendo all'esame di tutta la legislazione fiscale dell'ultimo periodo Giolittiano ci vien fatto di domandare a noi stessi se egli, il Ricostruttore, abbia mai capito niente,in materia economica e finanziaria ;

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se quel programma fu potuto concepire da mente italiana o da nemici giurati dell'Italia che quel programma ebbero l'abilità di preparare per la perdizione nostra.Ed ecco messer Giolitti all'opera ; via via che l'Alta Banca gli passava gli ordini, egli fedelmente ed alacremente ad eseguirli, sicuro della approvazione del suo branco di pecoroni, abituati a vedere nel Parlamento italiano nessun altro Dio avanti di loro che Giolitti, adusati per la lunga consuetudine ad ubbidirlo senza discussione, abituati a considerarlo l'arbirto della loro sorte elettorale !La grande arte politica di Giolitti è stata sempre quella di raggiungere i propri fini, o quelli dei suoi padroni che fa lo stesso, attraverso la creazione di apposita legislazione (quand'anche si fosse trattato di raggiungere o perseguitare un solo uomo egli trovava sempre modo di fare una legge ad hoc), per rivestire di legalità la propria azione e mascherare col polverino del bene pubblico i propri fini ignobili ; mentalità di antico burocrata : salvare la pratica.L’Italia aveva vinta la guerra perché troppi ribelli vi furono all'accerchiamento dell'Alta Banca, troppe iniziative indipendenti dall'azione di governo si svilupparono e concorsero efficacemente a salvare la Nazione, compromettendo però il programma della finanza internazionale ; questi ribelli bisognava punire, queste iniziative occorreva far scomparire dalla circolazione, il dominio assoluto ed incontrastato dell'Alta Banca doveva essere ristabilito a prezzo della servitù economica d'Italia ; l'uomo adatto c'era, ed allora subito all'opera.

XI Nominatività dei titoliPer l'ingenuo popolo italiano, per il più ingenuo Parlamento italiano, il grandioso provvedimento escogitato dalla inesauribile e previdente scienza economica e finanziaria del padrone d'Italia, di Toeplitz, pardon, di Giolitti, doveva rappresentare niente più che la rete dalla quale più non potessero sfuggire i contribuenti italiani, che, secondo Giolitti, frodavano il fisco . . . investendo in titoli i loro capitali ed i loro risparmi. E perciò la legge era presentata in veste patriottica, in quanto tendeva a raggiungere quelli che disertavano il loro dovere di contribuente, e perciò doveva contribuire al risanamento ed al pareggio del bilancio, poiché unico sistema per bilanciare . . . i bilanci era ritenuto quello di aumentare le entrate ; aveva quindi la legge un profondo contenuto demagogico, in quanto attraverso essa si poteva compiere il rastrellamento dei recalcitranti che, fiduciosi nelle promesse dei governi precedenti, avevano versato allo Stato i propri risparmi avendone in cambio titoli su cui era garantita la esenzione da qualsiasi contributo. E poiché, così ragionava Giolitti o chi per lui per il pubblico, quelli che hanno comprato titoli sono proprio quelli che dovevano nascondere il proprio patrimonio e volevano sfuggire al loro dovere di contribuenti a danno degli altri cittadini tutti, ecco la legge adatta a scovare questi ignoti ricchi e costringerli a dare anch'essi il loro contributo per sanare il bilancio statale ; e giù gli applausi della platea che beveva grosso e digeriva meglio.Questo è quanto è stato detto a suo tempo, approssimativamente, da quei famosi gazzettieri che innegiarono al programma ricostruttivo dell'onnipotente e sempre vegeto buon diavolo di Giolitti.Costoro ritenevano in buona fede che gli effetti deleterii non dovessero mai constatarsi, e che una volta constatati non si sarebbe mai fatta l'analisi, in base ai risultati visibili della legge imposta al supino servidorame in abito di... parlamentari, dei motivi che fecero concepire una tale legge . . . ricostruttiva e degli interessi che con essa se ne sarebbero avvantaggiati.Armati di questa legge, come fosse la lanterna di Diogene, partirono i compari, quelli del Governo e quelli dell'Alta Finanza, alla ricerca delle ricchezze nascoste, ed effettivamente trovarono quel che cercavano.Vogliamo ricordare un po' quello che trovarono questi signori, in contraddizione al fine espresso, ma in corrispondenza al fine recondito ? I titoli pubblici falcidiati nelle loro quotazioni ; il risparmio ed il capitale, completamente sfiduciati ed ingannati nella fede prestata ai poteri governativi, disertarono il mercato dei titoli che si appesantirono perché crescevano le offerte senza trovare copertura ; fuggi-fuggi di capitali esteri dall'investimento in titoli italiani di qual-siasi specie ; evasione di capitali italiani all'Estero ; tracollo dei cambi e svilìo della moneta nazionale ; rarefazione di circolante ; te-tesaurizzazione ; diminuizione dei depositi alle banche ; conseguente diminuzione di sovvenzionamenti alle industrie e riluttanza assoluta agli investimenti industriali ; riduzione del credito e conseguente arresto del commercio.Che più ? La messe delle conseguenze e degli effetti fu copiosa, e corrispose esattamente agli intendimenti di chi suggerì la legge.Panico, disordine, recisione dei tendini alla economia nazionale. Chi beneficiava di tale stato di cose ? La Banca disonesta ed antinazionale. Tutte le più avventate e rischiose speculazioni finanziarie possono compiersi a colpo sicuro in un ambiente finanziariamente disorientato e disordinato ; speculazioni al ribasso sui titoli, speculazione sui cambi, agiotaggio sui titoli industriali, acquisto a vile prezzo ed incameramento di aziende pericolanti e svalorizzate per effetto del panico e disordinate — e pur aventi un valore intrinseco di

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impianti, di avviamento, ecc. — ; e ciò che per non parlare delle operazioni più importanti e più appariscenti, omettendo di parlare degli speciali ricatti che in tali condizioni l'Ente finanziario, la Banca può esercitare e contro aziende industriali e contro lo Stato medesimo. Da questo quadro sintetico dei benefici. . . effetti che la ... geniale trovata giolittiana per pareggiare il bilancio statale produsse alla economia nazionale, e di cui se ne risentono ancora oggi i danni, risulta evidente che, senza aver apportato alcun apprezzabile beneficio allo Stato ed al suo bilancio, la legge, appena annunziata, stroncò e polverizzò il credito del paese all'Interno ed all'Estero, paralizzò industrie e commercio, svilì i nostri valori, arrestò la produzione, disorientò il capitale dalla sua funzione produttiva facendolo ricorrere alla te-saurizzazione ! Se noi potessimo mettere gli occhi nei bilanci della Banca Internazionale degli anni 1920-21, certamente riusciremmo ad individuare i benefici che essa ricavò mentre tutto il Paese era danneggiato ed i suoi elementi vitali di produzione erano compromessi. Poiché l'Alta Banca si proponeva di compromettere la economia nazionale, ed aveva a sua disposizione un governo asservito che ne eseguiva gli ordini, lo scopo fu pienamente raggiunto, mentre le ricchezze nascoste non furono trovate. L’esito negativo dello scopo apparente ci autorizza a dedurre lo scopo recondito che fu raggiunto secondo l'aspettativa, e questa deduzione è tanto più giustificata quando si consideri la qualità delle persone che agivano, quelle alla ribalta e quelle dietro le quinte, e la intima relazione che fra di loro correva, di vassallaggio delle prime alle seconde, come ne daremo più esauriente dimostrazione.

XII. Sopraprofitti di guerra.Con la legge sulla nominatività dei titoli si perseguirono e si raggiunsero fini di indole generale ; la svalutazione della economia del Paese, il disorientamento ed il deprezzamento del mercato, lo svilio dei valori nazionali.Con la seconda geniale trovata, la legge sui sopraprofitti di guerra, si perseguirono scopi particolari ed individuati in precedenza ; la persecuzione e la distruzione delle industrie di guerra, che dovevano essere punite per aver contribuito, senza essere invitate, alla resistenza ed alla vittoria ; e quindi la svalorizzazione e la diminuzione della vittoria attraverso i suoi fattori principali.E logico infatti che non poteva essere sopportato pacificamente dall'Alta Banca, già imperante, che industrie nazionali si fossero completamente sottratte al suo giogo, ed, agendo di propria iniziativa, avessero attraversato il suo programma disfattista fino a neutralizzarlo, fino a fornire all'esercito combattente, ed in gran copia, i mezzi bellici di difesa e di offesa contribuendo così tanto potentemente, come fattore principale, a quella vittoria che l'Alta Banca deprecava. Riacciuffato il potere politico da parte dei suoi agenti politici, era logico ed umano che questa grande potenza pensasse a trame profitto ed a punire gli autori di tanto misfatto. Ed eccoci quindi logicamente alla legge sui sopraprofitti di guerra, mediante la quale agevole diventava la caccia alle singole aziende da colpire.Sempre per il pubblico ingenuo si presentò ammantata di onestà e moralità una tale legge, poiché, si disse dagli autorizzati interpreti, non era onesto che mentre i nostri soldati giuocavano la pelle per la difesa della Patria, chi era restato a casa a lavorare si fosse ingiustamente arricchito a danno della Nazione, approfittando delle favorevoli ed eccezionali circostanze. Ed il pubblico grosso ed ingenuo applaudì alla onesta trovata, contento e soddisfatto di aver trovato finalmente il difensore dei suoi interessi traditi. O santa ingenuità di popolo generoso ! O perfido gesuitismo che su tale ingenuità faceva affidamento !Le aziende e le industrie che si trasformarono per la guerra, che alla guerra dettero e dedicarono tutte le loro possibilità e le loro energie (e fra queste non ve ne fu una dipendente dalla Banca Commerciale), dovettero mettersi all'unisono con lo sviluppo dell'incendio guerresco e seguire le sempre più crescenti esigenze dell'Esercito combattente : e per mettersi quindi in condizione di produrre sempre di più, dovettero necessariamente sviluppare gli impianti preesistenti, provvedersi di nuovi impianti e di nuove installazioni, ed investire quindi tutti i capitali disponibili, quelli che potettero procurarsi col credito e quelli che guadagnavano, operando quindi trasformazioni di capitali in modo idoneo alla produzione che necessitava.Tutto questo era necessariamente a conoscenza di chi ideò la infame persecutrice legge, sovvertitrice insieme della logica e della economia individuale ed industriale, e di chi se ne fece araldo per la promulgazione e l'applicazione ; ed appunto perché tale stato di cose era a loro conoscenza, la legge fu ideata onde mettere in istato di forzato fallimento le industrie generose di guerra. Come potevano queste aziende già falcidiate nelle loro attività e nella loro potenzialità dalla legge sulla nominatività dei titoli (alcune videro i loro titoli scendere ad una quotazione quasi pari ad un ventesimo del loro valore di emissione !), restituire in denaro sonante quello che avevano investito per lo sviluppo indispensabile degli impianti ? E ciò proprio quando il credito diminuiva, e tante altre cause determinate e create dalla politica interna demagogica del Governo contribuivano potentemente a paralizzarle ed a svilirle ? Il brigante, in veste di governante, sapeva tutto ciò,

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e proprio per questo, armato della legge — che assumeva la forma di coltello assassino — puntava l'arma alla gola della vittima per ispogliarla legalmente e poi gettarla esausta nelle capaci fauci del mandante, pronto ad accogliere le vittime della propria persecuzione sotto la sua alta protezione, protezione che equivale a padronanza.Dei Mefistofele redivivi non sarebbero stati così acuti e così perspicaci nell'inventare lo strumento di tortura per le vittime designate !E così una ad una le vittime predestinate furono raggiunte e caddero sotto la mannaia dei carnefici ; le industrie e le aziende indipendenti furono prostrate al suolo, che si agiva in forza di una legge ! la economia produttiva nazionale fu spezzata, e gli assorbimenti e le eliminazioni, a seconda della convenienza, seguirono ininterrottamente da parte della finanza dominatrice, pronta ad accogliere le vittime del sicario da essa armato.E mentre tutte le nazioni belligeranti, vincitrici e vinte, attendevano febbrilmente al consolidamento ed allo sviluppo delle proprie industrie, e, con mirabile concordia di governi e di popolo, procacciavano nuove fonti di rifornimento e nuovi mercati alle loro attività economiche produttive, l'Italia sola fra tutte, che pur era tra le nazioni baciate dal sole della vittoria, con accanimento degno di miglior causa da parte dei suoi governanti, veniva gettata nel baratro economico, correva folle alla distruzione di tutti i siioi gangli economici in una insana voluttà di sommersione e di distruzione ; tanto potè l'onnipotente dominio della finanza internazionale operante ai danni dell'Italia, tanto potè la forza corruttrice della sua rappresentante nel Regno, della Banca Commerciale Italiana, che vide così realizzato integro il suo programma di distruzione economica e di servaggio finanziario e politico della Nazione nella quale è stata posta dall'Alta Finanza ad operare, a cospirare, a trafficare, a corrompere !

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Parallelamente a questa speciale legislazione tendente alla svalorizzazione dei fattori della vittoria e della economia, veniva messa in atto una pressione fiscale che completava l'opera di distruzione ; nuovi balzelli vennero creati ed applicati, inaspriti fino all'esasperazione ed all'inverosimile quelli preesistenti, talché si mirò — ed in ciò concorreva naturalmente anche la politica interna a base demago-gica in armonia con la politica economica e finanziaria — alla distruzione dei più elementari principi di ordine, alla eliminazione ed all'annullamento della proprietà e di tutte le attività produttive, al sovvertimento dei valori, alla disperazione.Un piano infernale mefistofelicamente concepito, e mirabilmente attuato in tutti i suoi dettagli, con esatta percezione degli effetti deleterii, deprimenti e distruttivi che si ripromettevano e gli autori e gli esecutori, i primi al servizio degli interessi internazionali contro la Nazione, ed i secondi al servizio dei primi ! Ed il buon pubblico italiano, ubriacato dalle parole dei corrotti gazzettieri, applaudiva alle trovate della troupe politica-bancaria, insieme congiurante ed operante ai danni del Paese. Il risveglio venne, e fu amaro ; e fu ventura che in limine precipita l'Italia trovò il forte e sereno nocchiero che le occorreva perché le ferite prodottele dai suoi sicarii non la traessero a morte definitiva.

XIII Commissioni d’inchiesta sulle spese di guerraSe con la legge sulla nominatività dei titoli si picchiava furiosamente sull’economia generale del Paese, se con la legge sui sopraprofitti si perseguitavano aziende ed industrie che avevano fedelmente servito il Paese, con la istituzione della Commissione d’Inchiesta cominciò la selvaggia caccia all’uomo.Questa trovata superò tutte le altre per efferatezza, per mostruosità, per infamia per camorra!Una campagna abilmente condotta per preparare il terreno alla favorevole accoglienza del pubblico, e solleticante la velleità e la morbosa curiosità degli scandali, compiuta dai soliti agenti e manovratori dell'Alta Banca, cominciò a sussurrare di abusi commessi dai fornitori dello Stato durante la guerra, riuscendo a gettare il discredito, la diffidenza e peggio verso enti industriali, aziende e persone che erano e dovevano essere vanto ed orgoglio della Nazione.Preparato il terreno si buttò il seme, in veste di commissione di inchiesta materiata di moralità e con mandato di epurazione e di recuperi fantastici quanto inesistenti, che doveva generare e fruttare largo e dovizioso bottino a chi ne aveva ispirata ed imposta la creazione.È storia di ieri, ed è presente alla memoria di tutti la composizione di questo mostro, come sono presenti e ben vive le nefandezze compiute e le deleterie conseguenze.La Commissione, che nessun appellativo sarebbe sufficiente a definire, fu composta di cospicui rappresentanti del Giolittismo e di emeriti affiliati e dipendenti della Banca Commerciale.

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La sola sua composizione dice tutto il programma che era affidato al mostro. A favore dei particolari fini della Banca Commerciale rappresentante autorevole della distruzione economica italiana, furono compiuti i più bassi servizi dal servidorame annidato nella Commissione ; dalla calunnia alla spoliazione, dall'aggressione al ricatto, quando direttamente, quando a mezzo di prezzolati sicarii in veste di bene informati ; e questi servizi fruttarono pingue bottino alla Banca Ebraica.Come assolse infatti il suo compito la Commissione ? Quale fu il suo programma ?A simiglianza degli agenti delle imposte la Commissione, invasata di fiscalismo a tutti i costi, tassò con cifre fantastiche le vittime designate.I Tribunali d'Inquisizione agivano contro i denunziati dagli anonimi o dalle spie e pur condannandoli in fiectove prima che fosse celebrato il giudizio, assolvevano almeno la parvenza delle formalità, consentivano una difesa, sia pure limitata se pure usavano la tortura per ottenere che la vittima predestinata si dichiarasse colpevole anche se innocente !La Commissione d'Inchiesta, composta di novelli Torquemada, era superiore a tutte le formalità, e per le vittime non erano previste e consentite formalità di sorta.Indicata alla Commissione la nuova vittima dal binomio Giolitti-Toeplitz, la procedura era semplice e sommaria. Nessuna indagine, nessuna contestazione, nessun elemento di fatto, niente diritto alla difesa, non occorreva neanche sentire l'interessato ; o si fissava ex abrupto in una cifra insensata il presunto indebito arricchimento da recuperare ; o si minacciavano a danno del prevenuto rivelazioni insussistenti e calunniose ; o i bene informati, poliziotti al servizio privato in un tempo della Commissione, di Giolitti e di Toeplitz o Fenoglio, in veste di emeriti. . . giornalisti, ricattavano i prevenuti ; o si additavano alla opinione pubblica come ladri del denaro pubblico persone ed aziende che meritavano invece la riconoscenza nazionale.Duplice fu lo scopo raggiunto dalla Commissione, ignobile strumento di tortura, di danno e di distruzione in mano della camorra politica imperante e della finanza traditrice dominante, alleate ai danni del Paese.Non si poteva dal binomio disfattista compiere impunemente opera di oltraggio verso i morti per la salvezza d'Italia, per non urtare contro il sentimento umano più comune e più naturale ; il rispetto versoi morti ; ma si infierì verso i vivi che pure avevano ben meritato della Patria !Esaminando i risultati dell'opera della Commissione non mai abbastanza lodata, troviamo la giustificazione del nostro asserto e possiamo individuare e precisare i fini perseguiti.Chi furono i colpiti dall'opera della ignominiosa Commissione ? ' In due anni di vita la Commissione non ebbe tempo che di occuparsi di tutte le persone, le aziende, le industrie a capitale e carattere nazionale, indipendenti, di quegli enti che non avevano e non volevano avere rapporti con la finanza dominante, di quelle industrie che avevano saputo trasformarsi con audace iniziativa e diventare con la loro produzione il principale fattore della vittoria e quindi della salvezza della patria ; in una parola la Commissione perseguitò solamente, in un forsennato e cieco furore di bottino e di distruzione, tutti i valori economici che appartenevano e facevano capo al gruppo finanziario opposto alla Banca Commerciale.Non furono menomamente disturbati i Signori Caproni, Agnelli e simile gente, i quali erano salvaguardati dalla potente protezione della Commerciale, che governava l'Italia ; i Governi democratici dipendevano da lei, e da Piazza della Scala si prendevano gli ordini !L’opera della Commissione infine completò, come il legislatore si era proposto, la distruzione e la dissoluzione che era cominciata con gli altri provvedimenti fiscali e finanziari e col demagogismo ; i valori economici e produttivi della Nazione, che erano un prodotto della guerra e che l'economia del Paese aveva acquistati, furono dispersi, annientati, annullati ; uomini che meritavano la riconoscenza nazionale per il loro concorso potente ed efficace al conseguimento della resistenza e della vittoria furono liquidati ; aziende furono svalorizzate e poi inghiottite ; industrie che dovevano costituire i nuclei della produzione economica, e che l'Italia aveva l'obbligo di custodire e di tutelare per i grandi servigi da esse resi, furono paralizzate, svilite, stroncate, oppresse, distrutte moralmente e materialmente.I ladri veri, i traditori, i disfattisti e peggio restarono impuniti ed irraggiungibili ; su di essi vigilava potente il braccio che arrivava dappertutto, quello della Banca Internazionale.E la Commissione chiuse la sua brillante e gloriosa carriera quando i valori economici nazionali, individuali e collettivi, furono sovvertiti, quando la parte sana del Paese fu sommersa e la parte marcia restava padrona delle rovine, che rappresentavano però ancora opime spoglie per l'insaziata voglia dei feroci coccodrilli !Le gesta della banda politico-bancaria sarebbero continuate per un pezzo ancora, se non fosse stata disturbata dall'avanzata dell'ondata purificatrice, dall'assalto delle forze più pure e più sane della Nazione. La banda politica fu sbalzata di sella, quella bancaria è rimasta in forze, è in agguato : sbalzeremo anche quella e neutralizzeremo la sua caparbia e nefasta opera di distruzione economica.

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XIV. Il waltzer bancario in Italia.Come quasi tutti gli altri ritrovati della perfezione umana nel campo della scienza pura e sperimentale, nel campo delle lettere e delle speculazioni filosofiche, anche la scienza bancaria nacque in Italia.I banchieri genovesi e sopratutto i fiorentini iniziarono il lavoro bancario, e furono apprezzati maestri agli altri popoli. Nell'epoca contemporanea l'attitudine e l'abilità bancaria è restata soltanto agli stranieri, almeno così si pretende, e gli italiani sono divenuti i discepoli in una scienza eh e è pura loro emanazione : i maestri attuali però sono degeneri dei loro precursori : i banchieri italiani erano caratterizzati dalla loro onestà ed erano apprezzati universalmente per la loro correttezza : i banchieri che l'internazionale finanziaria ci manda per deliziarci si distinguono per la disonestà, l'arrembaggio, la corruzione, per la deformazione dell'attività e della funzione bancaria.

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L'internazionale finanziar a sa adattare la sua azione agli ambienti che si propone di coltivare e di sfruttare a proprio profitto, e sa utilizzare le risorse del Paese in cui va a svolgere la sua attività, risorse materiali e morali, collettive ed individuali.In base a tale sapiente adattamento all'ambiente noi troviamo : in Germania l'opera d'invasione, di asservimento e di concentrazione è affidata alla industria, la quale, solleticando e favorendo la velleità di dominio e supremazia industriale del popolo tedesco, favorita ivi anche dalla disponibilità delle materie prime e quindi dalle possibilità del maggiore sviluppo industriale, si impadronisce delle banche, della stampa e dei poteri pubblici, e domina e controlla l'azione politica : in Italia, povera e priva affatto di materia prime, povera altresì di capitali, e di energie produttive limitate, l'opera è affidata invece alla Banca. Da noi è la Banca che, solleticando le velleità politiche degli uomini mediocri, inconsapevoli ed inclini a delinquere ed aiutandoli a conquistare il potere politico, si impadronisce delle industrie, del commercio nazionale, della stampa, assolda al suo servizio uomini politici e governi, e compie la penetrazione, e consegue l'asservimento economico e politico ai fini internazionali.In un paese come l'Italia, dove lo industrie sono forzatamente limitate per il difetto di materie prime, il commercio estero segna uno sbilancio della importazione sulla esportazione per la deficiente produzione agricola, la principale ricchezza è costituita dalla valuta estera mandata dagli emigranti e portata dagli stranieri, il debito pubblico sempre in aumento, la valuta nazionale difficilmente difendibile, le passioni politiche ristrette a personalismi : dove manca una visione d'assieme dei grandi problemi politici interessanti la Nazione, dove la legislazione bancaria consente alle banche la più sfrenata libertà di azione, all'attività della Banca si presenta una ricca e promettente messe di risultati economici e politici.La Banca in grande stile organizza anzitutto la raccolta di depositi, e per fare ciò penetra dappertutto con l'opera di propaganda e di gran cassa, convogliando nelle sue mani il risparmio nazionale ; in un paese a forte emigrazione, come l'Italia, cerca di raccogliere nelle proprie mani il lucroso servizio delle rimesse degli emigranti (per il quale servizio consegue un doppio utile : valuta e differenza di cambio) ; può liberamente lavorare sui titoli di Stato ; lavora egregiamente sui cambi; si organizza e sviluppa in tutto il paese, in modo da conoscere tutti i bisogni locali delle varie regioni: con le sue operazioni attive si mette in grado di regolare lo sviluppo delle industrie e dei commerci, cointeressandosi o prendendone addirittura la padronanza : in definitivo la Banca, la grande Banca per la sua multiforme attività è in grado di controllare tutta la economia nazionale, e quindi di agevolarla o danneggiarla, ed attraverso il dominio dei fattori economici giungere facilmente al controllo dell'attività politica, che può secondare o paralizzare, a seconda che la Banca abbia o no lo stesso programma politico dei governi, a seconda che domini o sia dominata da essi, a seconda che sia amica o nemica di essi.Questa è una verità incontrovertibile, poiché la Banca è l'organismo finanziario, che, secondo i nostri ordinamenti, si impossessa della economia nazionale e si pone in grado di affiancare o combattere l'azione governativa in tutti i campi : il potere finanziario è il logico e giusto completamento del potere politico, fino a quando quest'ultimo non si fa soverchiare ed asservire, come è avvenuto in Italia durante la dominazione cosidetta democratica o liberale di sinistra.E la grande Banca non può prescindere dal considerare e valutare l'azione politica del Governo, così come il Governo, qualunque esso sia, non può prescindere dalla collaborazione indispensabile degli enti finanziari.E difatti : la Banca deve orientare la sua attività a seconda del programma del Governo in politica interna, estera ed economica, salvo che, servendo interessi antinazionali, debba orientarsi contro la politica dei governi nazionali ; d'altra parte qualsiasi governo ha bisogno della collaborazione degli enti finanziari per la esecuzione della sua politica. Sia che il Governo debba promuovere accordi diplomatici e commerciali

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all'Estero, sia che debba difendere la valuta del Paese, sia che debba procedere ad operazioni finanziarie nell'interno del Paese ed all'Estero (emissione di prestiti, debito fluttuante, ecc), sia che debba promuovere la intensificazione della produzione, sia che debba provvedere alla tutela ed alla difesa delle industrie nazionali, sia che debba emanare provvedimenti fiscali e provvedimenti relativi al credito, sia che debba promuovere nuove vie di penetrazione economica, sia che debba promuovere la messa in valore delle Colonie, in ogni caso e sempre non può e non deve prescindere dalla collaborazione finanziaria degli enti bancari, nei quali è concentrato il movimento finanziario ed economico. Quando tale collaborazione manca si verificano le situazioni anormali : o il Governo è asservito al potere finanziario e non si possono allora tutelare e perseguire gli interessi nazionali ma soltanto interessi particolari della finanza dominante ; o la finanza è in istato di contrasto col Governo, ed allora il programma e l'opera governativa saranno insidiati e neutralizzati dall'azione negativa e contraria che eserciterà la finanza.Premesse queste considerazioni di indole generale, e che serviranno a darci la spiegazione dei fatti svoltisi in Italia in questi ultimi tempi di dissoluzione, passiamo in rassegna gli avvenimenti ed i fasti bancari che ci hanno deliziati.°°°°°Con lo scandalo della Banca Romana, e con la fuga del messia Giolitti a Berlino, comincia la cosidetta èra bancaria italiana.Verosimilmente Giolitti a Berlino viene avvicinato dai rappresentanti dell'Alta Finanza Internazionale, e Giolitti mette al corrente costoro della situazione bancaria, finanziaria e politica italiana. Giolitti riesce a dimostrare di essere soltanto un perseguitato ingiustamente, di essere un galantuomo, di essere un potent'uomo, di godere un grande prestigio ed una grande autorità politica e manifesta propositi di rivincita e di vendetta contro coloro che lo hanno disconosciuto e lo hanno costretto a cercare rifugio a Berlino. Gli altri mangiano la foglia, comprendono di avere sotto mano l'uomo che fa per loro, ed il patto è stretto : l'Alta Finanza aiuterà Giolitti a dominare politicamente l'Italia ; Giolitti si presterà, sempre nei limiti della legalità s'intende, a favorire il dominio economico dell'Alta Finanza Internazionale in Italia.Per il Signor Giolitti dominio economico e politico sono due termini indipendenti : oh genio del grande uomo di Stato, che non è mai arrivato a comprendere che chi possiede il dominio economico possiede anche quello politico, e che non si può essere politicamente indipendenti se non si è economicamente indipendenti. Ma non c'è da meravigliarsi: il grande statista è capace di questo e di ben altro.Udite !Dopo breve tempo, ecco sorgere in Italia una Banca Commerciale, una grande banca formata con capitali quasi esclusivamente tedeschi, nel cuore economico d'Italia, a Milano, dove sono concentrate le maggiori attività industriali e commerciali italiane. Per quanto la Germania fosse alleata dell'Italia, pure questa invasione improvvisa avrebbe potuto suscitare una poco gradevole impressione : il fine apparente è subito trovato per mascherare quello recondito ed effettivo.In quei giorni non correvano buoni rapporti, come spesso accade fra congiunti stretti, tra le due sorelle latine, e si diceva pure che il Credito Italiano fosse alla dipendenza della finanza francese per dominare l'Italia e quindi strapparla alla Triplice. Epperò la potente alleata Germania, per solo generoso sentimento di altruismo e di alleanza, allo scopo di neutralizzare la influenza francese sul mercato italiano ed allo scopo altresì di aiutare il movimento economico e finanziario italiano, si privava di alquanti suoi capitali e li metteva al servizio dell'Italia per ristabilire l'equilibrio e per affrancare l'Italia dalla soggezione finanziaria straniera. Ben trovato : gli italiani bevvero grosso, e tutte le loro simpatie andarono alla nuova istituzione, così promettente di benefizi alla economia ed alla prosperità nazionale. Vedremo subito in che si. concretarono i benefizi promessi e sperati.La Germania alleata veniva a risollevare le sorti economiche d'Italia ; la finanza internazionale, col passaporto tedesco, veniva ad incatenare economicamente l'Italia ed a prostituirla politicamente.Fornita di mezzi finanziari potenti, provenienti dalla Internazionale Finanziaria, la nuova Banca si mise subito all'opera. Comprese subito la psicologia del popolo italiano e dispose gli specchietti per le allodole. Installatasi superbamente nella capitale lombarda, fu subito larga di credito, che se la Banca di nuova istituzione non da la dimostrazione di disporre di disponibilità non riscuote la fiducia dell'ambiente per la raccolta dei depositi fiduciarii, e provvide quasi fulmineamente al suo sviluppo nei principali centri di produzione della penisola : una buona campagna di stampa accompagnava la nascita dell'Istituto e ne favoriva lo sviluppo. Quindi la Banca Commerciale cominciò la sua opera di invasione in tutto il movimento industriale e commerciale.Quando già regolava essa sola buona parte del commercio nazionale, controllava alcune industrie, altre tutte sue ne istituiva, volse la sua attenzione alle altre banche.

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Non le fu difficile accordarsi subito col Credito Italiano, che aveva etichetta francese e capitali provenienti anch'essi dalla finanza Ebraica Internazionale, e stretto con esso un patto di alleanza se lo assicurò al suo seguito : da quel momento la collaborazione fra le due banche ebraiche fu completa, la Commerciale al posto di comando, il Credito Italiano buon secondo nella esecuzione del programma affidato loro dalla finanza Internazionale.Non vi fu più campo o attività che loro sfuggisse. Si impadronirono dell'unica ricchezza mineraria esistente in Italia, il mercurio e la monopolizzarono ; cantieri navali, compagnie di navigazione, compagnie di assicurazioni, industrie elettriche ed idroelettriche, industrie tessili, case editrici, stampa, nessuna attività economica, nessun fattore economico o politico sfuggì più all'accerchiamento, alla corruzione, all'asservimento.Teneva il campo però anche il Banco di Roma, forte di 200 milioni di capitale, forte di tradizione, ben sostenuto, e con programma perfettamente volto ai bene intesi interessi nazionali, sebbene la finanza avversaria, buon'alleata della Massoneria (altro bubbone italico), a corto di altri argomenti, lo facesse dipingere come un Istituto settario, emanazione del clero, del Cattolicismo intransigente, del Papato !Questa balorda campagna di svalutazione non bastò a distogliere l'affezionata e fedele clientela dell'Istituto preso di mira, non bastò a scuotere la sua potenzialità come fattore finanziario del Paese, come non bastò a far decampare il Banco di Roma dal suo programma e dalla sua azione italianamente intesa. Rappresentava perciò per la Banca Ebraica un concorrente indesiderato sul mercato finanziario italiano che essa voleva tutto per sé, e questa, simulando il suo contrattempo, era all'agguato in attesa del momento e dell'occasione favorevole per eliminarlo.L’occasione propizia si presentò, ed il factotum Giolitti, col quale esisteva il Patto di alleanza e mutua assicurazione stipulato a Berlino, entra in iscena al servizio della Commerciale e recita la sua commedia. Ed ecco come.Eravamo alla guerra libica, nel 1911, e l'Esercito Italiano avanzava ed estendeva l'occupazione della Colonia, se pure lasciava dietro di sé popolazioni indigene ribelli e non dome, e via di ritirata non assicurata. L'Alta Finanza Internazionale aiutava la resistenza beduina e senussita contro l'Italia, e sapeva che la conquista italiana non era destinata ad essere stabile, almeno in un primo tempo e per un lungo periodo di anni : del resto tutta la storia, da Roma in poi, c'insegna che le conquiste coloniali non si compiono di colpo, ma molto lentamente e dopo una lunga teoria di anni, con alternative di avanzate e di arretramenti, di conquista e di abbandono. Ciò era a conoscenza intuitiva della Banca Commerciale ed a conoscenza diretta per la sua comunione e dipendenza dall'Alta Banca Internazionale che alimentava l'opposizione e la resistenza alla conquista italiana : ciò doveva anche sapere un uomo di governo, l'esimio sig. Giolitti, che ha sempre ostentate delle virtù e della sapienza politica mai possedute. Ma i due compari si vestono di ingenuità e di buona fede, e così armati partono in campagna contro il Banco di Roma, inconsapevole del tranello che gli si tendeva.Quando ancora le truppe stentatamente procedevano alla contrastata occupazione, quando questa non era ancora non stabilizzata, ma neanche assicurata, il Governo di Giolitti rivolge invito a tutti gli Istituti Finanziari del Paese, e specialmente alle banche di depositi, di accompagnare l'avanzata e l'occupazione militare con la penetrazione economica per la valorizzazione della Colonia, desiderando che, come ritenevasi politicamente opportuno, l'azione economica si sviluppasse di pari passo con l'azione militare per la più pronta sottomissione degli indigeni, i quali avrebbero apprezzato il beneficio che a loro arrecava l'occupazione italiana. Come sempre, la giustificazione all'inganno che si compiva era trovata ed appropriata e convincente. Ed il Banco di Roma cascò nella trappola che gli era stata tesa con arte gesuitesca.Tutte le tre banche di deposito approvarono la profonda politica governativa, e dichiararono di aderire al desiderio del Governo.Armiamoci ed andate !L'invito fu loioloscamente rivolto a tutte le banche : fu simulata la calorosa adesione della Banca Commerciale e del suo satellite Credito Italiano. Soltanto il Banco di Roma sinceramente accolse l'invito e poiché già da un anno si trovava a Tripoli, indottovi dallo stesso Governo, iniziò l'espansione nell'interno, seguendo l'occupazione militare.Quivi impiegò milioni e milioni, e fu imprenditore edilizio e di opere di pubblica utilità, e fece impianti, ed esercitò il credito agli indigeni, e portò, per invito e per incarico del Governo di Roma, il denaro alla popolazione indigena che era tutt'altro che entusiasta del nuovo padrone, e profuse, sempre per conto del Governo di Roma, capitali e capitali per ricompensare il popolo conquistato dei tradimenti e degli agguati tesi giorno per giorno all'esercito conquistatore, onde giungere attraverso i benefizi economici elargiti alla più pronta sottomissione. Questi capitali sarebbero stati fruttiferi in seguito. Ma il Banco di Roma si accorse

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subito di essere solo : gli altri amici erano restati a casa. Che importava ? Egli aveva sempre perseguito finalità italiane nella sua attività finanziaria, ed aveva accolto patriotticamente l'invito governativo e sinceramente operava.Che avvenne ?Null'altro che quello che dai sozii era stato previsto e calcolato.L’Esercito Italiano dovette un bel momento abbandonare quasi tutta la Colonia e ridursi al possesso effettivo della sola città di Tripoli : quindi tutti i capitali impiegati dal Banco di Roma nella Colonia restarono in mano. . . degli indigeni, non erano più recuperabili, dovevano essere segnati al conto. . . . perdite ! Era il disastro !Il Banco di Roma vede il baratro sotto i suoi piedi, vede compromessi anni ed anni di onesto lavoro e compromesso tutto il suo prestigio, compromessa la sua stessa esistenza, e si rivolge al Governo.Voi — dice al Governo — mi avete incitato ad andare a. . . conquistare finanziariamente la Tripolitania, e mi avete assicurato che la conquista militare era già stabile, e che nessun rischio straordinario si correva. Io soltanto ho aderito al vostro incitamento : sono andato solo in Colonia, mentre le. . . altre hanno applaudito e sono restate a casa, e vi ho impiegato tanto capitale : poiché, contrariamente alla vostra assicurazione, l'occupazione non è stata stabile, con l'abbandono della Colonia da parte dell'Esercito io ho perduto, dico perduto, irrimediabilmente tutto il capitale colà impiegatovi, e ciò mi mette in serio imbarazzo e compromette la mia stessa esistenza. Voi — signor Governo — dovete indennizzarmi perché ne avete l'obbligo : io, Banco di Roma, non sarei andato così precipitosamente a. . . conquistare la Tripolitania senza il vostro categorico invito e le assicurazioni vostre !Il Governo. . . tace, e fa soltanto segni di diniego.Come — replica il Banco di Roma — non avete invitato voi le banche a recarsi in Tripolitania, e non avete assicurato anche che nessuna alea straordinaria si affrontava perché l'occupazione militare era già definitiva e sicura ?Il Governo ammette.Ed allora ? Ansiosamente il Banco di Roma.Scrollata di spalle da parte del Governo.Sicché io — dice il Banco di Roma — devo essere sacrificato per aver spiegata opera patriottica, per aver accolto. . . solo, il vostro invito ?Il Governo dichiara che nel caso in esame si tratta soltanto. . . di un affare privato, che lo Stato non può intervenire, deve disinteressarsene !Il Banco di Roma vacilla, comprende finalmente il complotto tramato ai suoi danni, e constata che la sua buona fede lo ha tratto a rovina !Doveva completamente scomparire, questo era il fine perseguito dal Governo e dalla Banca Internazionale, mandandolo in Libia.Il Banco di Roma raccolse tutte le sue energie, misurò la voragine, si autoamputò coraggiosamente, pur di vivere mutilato anziché morire definitivamente.Riuscì il Banco di Roma per puro miracolo a mantenere il campo, ma dovette svalutare il proprio capitale, e da 200 milioni si ridusse a soli 75 milioni di capitale ! Restava un grande organismo con mezzi esigui, non poteva più contare nelle competizioni finanziarie, lo scopo era raggiunto ! Il Governo mefistofelicamente sogghignava, la Banca Commerciale gongolava : l'indesiderato ed incomodo Istituto Finanziario, prettamente italiano, era ridotto quasi cadavere, tutto il più importante movimento finanziario restava soltanto in mano della Banca Ebraica, che vedeva anche accresciuta la fiducia del pubblico in lei che aveva avuta l'accortezza di sfuggire il pericolo che la Banca caduta aveva- così. . . ingenuamente affrontato !°°°°°E per parecchio tèmpo quindi il campo finanziario fu tenuto incontrastato dalla Banca Commerciale, la quale, debellato il concorrente che non aveva voluto cadere sotto il di lei dominio, si dette a completare la sua opera di conquista economica della Nazione : aumentò i propri capitali, si irrobustì, si ingigantì, nuove industrie caddero sotto il suo diretto controllo, tutta l'Italia era invasa dei prodotti tedeschi, gli affari andavano bene e la Borsa Ebraica si riempiva tranquillamente ed incontrastatamente a spese del popolo italiano.Nel 1915 ha inizio il secondo atto della vita bancaria italiana.Alcuni uomini politici non appartenenti al servìdorame giolittiano, alcuni uomini della finanza e dell'industria italiana non asserviti alla finanza internazionale attraverso la Banca Commerciale, quando già si delineava all'orizzonte europeo la grande conflagrazione armata e sul cielo d'Italia la parte che la Nazione avrebbe dovuto prendervi, constatarono melanconicamente che la finanza italiana era tutta accentrata in una

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sola banca e non italiana né di sangue né di sentimento né di programma, e che tutto il movimento economico nazionale dipendeva da essa.Fatta tale constatazione, viene decisa rapida l'azione.Si tendeva ad un fine altamente nazionale, e non se ne fece mistero : si lavorò apertamente, non all'ombra : si voleva affrancare il movimento finanziario, e quindi economico, italiano dalle banche straniere.E sorse modesta, ma pronta e veloce alla corsa verso i maggiori destini, la Banca Italiana di Sconto.Questa è soltanto storia recentissima, e non occorre indugiarci.I migliori uomini della scienza, dell'aristocrazia, della finanza, dell'industria, della politica, tutti uomini liberi ed italiani, si misero alla testa del movimento, ed il nuovo Ente si ingigantì così rapidamente da dare l'impressione di essere nato già adulto e possente. Portò il suo capitale da quindici a 315 milioni di capitale, procedendo per tappe, in breve tempo : seppe organizzarsi tecnicamente svelto e poderoso, si sviluppò rapidamente all'interno del Paese e all'Estero, accentrò nelle sue mani più di cinque miliardi di depositi, si interessò a tutte le forme dell'attività economica italiana e ne curò lo sviluppo e l'affermazione, seppe imporsi all'attenzione ed alla considerazione nei mercati finanziari all'Estero, seppe riscuotere la fiducia, le speranze e l'ammirazione del mercato italiano, si mise risolutamente alla testa del movimento finanziario di emancipazione dallo straniero, manifestò apertamente tale programma, si fece araldo della bandiera puramente e prettamente italiana e si affermò superbamente.Dall'altra parte si guardò e si osservò attentamente ogni passo : si vide diventare gigante il pigmeo, valanga la molecola, si constatò il suo diretto controllo, tutta l'Italia era invasa dei prodotti tedeschi, gli affari andavano bene e la Borsa Ebraica si riempiva tranquillamente ed incontrastatamente a spese del popolo italiano.Ricaduto malauguratamente il potere nelle mani dirette degli associati Giolitti-Commerciale, più apertamente si disfrena l'azione disfattista della pace della Banca Ebraica, in più stridente contrasto con l'opera tenace, per quanto sfortunata, della Banca Nazionale per valorizzare i frutti della vittoria : e in fondo a tale contrasto si profila già l'aggressione della finanza straniera e del Governo alla finanza nazionale, aggressione mascherata e coperta da abile manovra gesuitica, come altra volta e con lo stesso sistema.Nel periodo post-bellico : la Banca Internazionale fa occupare le fabbriche dalla massa operaia, finanzia tale movimento e si offre di finanziare la gestione operaia delle fabbriche occupate ; finanzia il movimento bolscevico ed il movimento collaborazionista socialista ; specula sui titoli, anche propri ; fa man bassa sui cambi svalorizzando la lira che vende in profusione sui mercati esteri contro acquisto di valuta inglese ed americana ; aggredisce industrie ancora indipendenti e le inghiotte a buon mercato; perturba il mercato borsistico con manovre oblique ; paralizza il commercio e la produzione industriale restringendo il credito oltre ogni misura di precauzione prudenziale ; finanzia gli scioperi politici ; incoraggia gli scioperi dei pubblici servizi-; sabota le rivendicazioni economiche dell'Italia ; in ultimo cracca la banca nemica e compromette il credito nazionale, il tutto con l'aiuto e la complicità del potere politico asservito.Nello stesso periodo : la finanza nazionale cerca di neutralizzare e contrastare l'azione deleteria e traditrice della parte avversaria ; spiega azione moderatrice nei cambi ; difende le industrie aggredite ; aiuta il commercio ; incoraggia la trasformazione delle industrie di guerra in industrie di pace ; finanzia le attività produttive per alleviare e stornare il grave pericolo di una estesa disoccupazione ; viene in aiuto dello Stato, subdolamente richiestane, onde riuscire a vincere la crisi che pure legittima, fu inasprita e condotta alle sue ultime conseguenze dall'azione combinata del governo e della finanza internazionale.Tutta l'attività della Banca Italiana di Sconto contrastava ed ostacolava petulantemente la invadenza ed il dominio della Banca antinazionale, e non, come certi gazzettieri osarono affermare, per la sete di predominio particolaristico, ma per la difesa dell'autonomia e della indipendenza economica della Nazione.del Governo, in riconoscimento dei grandi servigi resi al Governo stesso oltre che al Paese. Oh santa ingenuità ! che la trasse al suicidio !E mentre la Banca di Sconto impiegava tutte le sue ultime disponibilità, fino ad esaurirsi, per un fine nazionale e dietro invito dello stesso Governo, entrava in azione la duplice manovra avvolgente da parte del Governo e della Commerciale.Infatti : il Governo continuava a procrastinare caviliosamente la liquidazione delle ingenti somme da esso dovute alle industrie finanziate dalla Sconto durante e dopo la guerra, le quali non potevano smobilizzare la esposizione della Sconto verso di loro se non con la riscossione dei loro crediti verso lo Stato ; inoltre premeva su di esse con i provvedimenti fiscali e finanziari, e metteva in forse la liquidità dei loro crediti avanzando una presunzione di indebito lucro a danno dello Stato, sequestrando quindi in sue mani quegli stessi crediti che dovevano servire a smobilizzare la banca finanziatrice ; si colpivano così in un tempo con le industrie nazionali, la finanza nazionale.

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La Banca Commerciale affiancava l'azione governativa ; a mezzo della Stampa a lei venduta, a mezzo degli agenti spie, degli agenti politici, faceva breccia sulla opinione pubblica circa la consistenza e la serietà della Banca di Sconto. Faceva spargere voci sulla precaria situazione della Sconto, in dipendenza della insensata ed imprevidente sua azione nel campo puramente finanziario, in quanto aveva concorso a finanziare ingenuamente ogni specie di industria, attinente o non alla guerra, senza alcuna garanzia, sperperando paz-zamente il denaro proveniente dai depositi ed incontrando quindi inevitabili sensibili perdite che ne mettevano in forse la stessa sua esistenza. Agli sportelli della Banca Commerciale si mostrava titubanza e riluttanza ad accettare titoli della Sconto (assegni) dichiarando che era incerta la loro realizzazione, e si arrivò a far parlare di caduta della Sconto prima che il desiderato avvenimento si verificasse.Contemporaneamente la Commerciale assalì frontalmente l'avversaria aggredendo le azioni di questa simultaneamente in tutte le Borse del Regno, talché la Sconto, già stremata dallo sforzo guerresco e post-bellico, dovette riunire tutte le sue forze per compiere l'ultimo sforzo ; difendersi dall'aggressione, questa volta aperta e manifesta, evitando fino all'ultimo lo svilio ed il precipitare dei suoi titoli, e ciò per rendere possibile il giusto intervento governativo, sul quale ancóra ingenuamente fidava.E siamo all'epilogo del conflitto di uno contro due.La Banca di Sconto, esaurita nel duro sforzo di difendere in un tempo sé stessa ed il Paese, si rivolge al Governo, al quale dice press'a poco così:« Ho assolto da sola il compito di mantenere in vita le industrie, secondo il vostro desiderio, pur avendo già dei forti immobilizzi verso le industrie di guerra : ora sono attaccata dall'altra finanza che è stata inerte, e mi difettano le disponibilità liquide. O voi venite in mio aiuto, smobilizzando le mie esposizioni verso le industrie che sono creditrici dello Stato, o sono costretta a fallire, trascinando a rovina il Paese per tutelare il quale sono arrivata a questa stasi ».Il Governo finge di interessarsi, e, tra infinite vie semplici e dritte a sua disposizione per evitare tanta jattura al paese, sceglie la via più trasversa, più inconcludente e più inefficace.Il Governo e la Commerciale, della quale il primo è esponente, sanno quello che vogliono, sanno di aver vinto la battaglia e di avere raggiunto lo scopo, mascherano la propria soddisfazione e si combinano sul modo più idoneo, ora che la vittima è in loro mani, per turlupinare in un tempo e la vittima diretta (Banca Sconto) e le vittime indirette (industrie depositanti, tutto il paese) e rivestire, come è loro sistema, di apparente legalità il grave misfatto, da lunga pezza e sotto mano preparato, che si accingono a compiere.I/uomo della Commerciale, il Belotti, convoca gli istituti di emissione e le altre Banche di Credito ed invita tutti ad assumersi parte degli immobilizzi della Sconto verso le industrie, onde smobilizzare questa e salvarla da sicura catastrofe.Il Banco di Roma, che ha minor potenzialità delle altre banche, aderisce con la consueta sua sincerità e si quota in misura proporzionalmente molto superiore a quella degli altri Istituti più robusti ; gli altri, Stringher e Toeplitz alla testa, manifestano ampollosamente a parole la loro solidarietà, ed ai fatti lesinano il loro concorso riducendolo in misura non proporzionata né alla loro potenzialità né alla necessità contingente.La crisi si prolunga così tra trattative ed incertezze, naturalmente aggravandosi di ora in ora, mentre la stampa compiacente e prezzolata diramava comunicati imprudenti e rivelatori, e gli stabilimenti della Comit rifiutavano gli assegni della Banca Sconto.La Banca Sconto si riduce così agli ultimi aneliti, sforzandosi di velare il più che fosse possibile la crisi ed il suo stato di stasi e di arresto, mentre le altre banche comodamente continuavano a consulcatezza ed informò il Governo che era costretta a chiudere gli sportelli ed a dichiarare il fallimento !L’On. Bonomi, ebreo, Presidente del Consiglio dei Ministri, si getta in modo speciale contro la Banca di Sconto e l'Ansaldo.Il Governo dette ordine di aspettare ancora 24 ore, ed invece di far fallire la banca, si preparò il provvedimento straordinario col quale, sacrificando interamente ed arbitrariamente gli interessi sacrosanti di 500 mila risparmiatori italiani, si riusciva a conseguire meglio il fine, che era quello di consegnare la vittima anziché al becchino per il seppellimento, nelle mani dei suoi avversari per l'ulteriore scempio.E venne fuori la riesumazione Belotti dell'Istituto della moratoria, in odio agli interessi di tutti i creditori della banca, e mediante il quale la Banca perseguitata poteva agevolmente cadere, come cadde, nelle mani pronte dell'avversaria ; fu infatti consegnata nelle mani di un funzionario della Commerciale, chiamato appositamente ed urgentemente dall'America.Si volle recare l'estremo oltraggio al risparmio ed al pubblico italiano, si volle mascherare meglio il delitto compiuto. E, togliendo ai creditori tutti i loro diritti e le loro ragioni, si volle mostrare all'opinione pubblica di voler conservare in vita l'Istituto, avendone prima impedita la morte definitiva, e costruendo poi sulla base del colosso un'ombra di banca, con l'attrezzatura colossale e senza mezzi, che deve perpetuare la sua grama

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esistenza sotto la vigile tutela della forte e potente Commerciale, della quale non potrà mai più scrollarne il giogo, ma costituirne soltanto un'appendice amorfa.Quali le conseguenze e gli effetti di tutta questa tragedia ?Il credito crollò all'Interno ed all'Estero, con evidente ripercussione sui cambi e sulla circolazione monetaria, poiché i regnicoli tesaurizzarono ed all'Estero veniva venduta precipitosamente la lira ; di riflesso, oltre il sacrifìzio della miglior parte del risparmio italiano, la maggiore spesa (e non è esagerato calcolarla ad un paio di miliardi almeno) che lo Stato ed il paese dovettero affrontare per il servizio importazioni in seguito alla svalutazione della moneta nazionale ; la sfiducia dell'estero e di tutti i mercati esteri verso la finanza italiana, danno non calcolabile e non valutabile, e certamente superiore ad ogni più largo calcolo.Però ... si ristabilì V equilibrio che dalla Banca di Sconto e dal suo sistema industriale era stato imprudentemente rotto in Italia, si ristabilì cioè il monopolio bancario ed industriale che per oltre venti anni aveva indisturbato gravata la vita nazionale, monopolio cui contrastava inopinatamente e indesiderato l'Istituto finanziario italianissimo ed il suo sistema industriale puramente italiano, e del quale si congiurò quindi la morte e la eliminazione, monopolio che permetteva alla finanza straniera il dominio politico dell'Italia, qualunque fosse il governo che presiederebbe ai suoi destini.Poteva salvarsi invece la Banca di Sconto?Non esitiamo ad affermare di sì pur senza essere uomini politici e di governo, ma semplici cittadini che vediamo le cose senza un fine preconcetto e determinato e senza la guida di interessi particolaristici e settarii.Un governo che veramente avesse voluto evitare tanta jattura al paese, aveva infiniti i mezzi a sua disposizione per dare un corso più normale, più logico, più legale, più . . . onesto alla crisi bancaria, di lunga mano preparata, provocata e consapevolmente aggravata.Sarebbe bastato che il Governo anziché fermare i pagamenti dei crediti dell'Ansaldo, ne avesse regolata la liquidazione ed il pagamento, poiché sapeva che il credito dell'Ansaldo verso lo Stato rappresentava l'immobilizzo della Sconto verso l'Ansaldo.Sarebbe stato sufficiente che il Governo avesse consentito ad aumentare l'esposizione degli Istituti di emissione verso la Sconto, esposizione che poteva essere garantita da accettazioni cambiarle di tutti gli amministratori in proprio, e mentre questi non si sarebbero rifiutati a fornire la loro personale garanzia, avevano tutti singolarmente e complessivamente tale posizione patrimoniale da garantire qualsiasi esposizione.Sarebbe bastato che il Governo avesse costituito sollecitamente e silenziosamente il famoso Consorzio per lo smobilizzo, e che avesse imposto, e poteva e doveva, l'immediato e riservato versamento del capitale destinato allo smobilizzo senza ricatti e senza strozzinaggio, ed imposta altresì la cessazione della campagna diffamatrice ed allarmistica.E ciò che per non accennare che ai mezzi più semplici, più immediati e più idonei, che non avevano bisogno invero di grandi doti politiche e di grande studio per adottarli.Luigi Luzzatti ha detto, a proposito della manovra contro la Sconto : « Un grossolano e gravissimo errore » aggiungendo « che molti altri errori si sono in seguito commessi per coprire il primo, che poteva e doveva essere evitato » ; ed infine : « la colpa commessa a danno dell'economia nazionale è stata colpa di lesa Patria ».Ma di che andiamo noi divagando ?Il Governo Bonomi non era che la continuazione e l'appendice del Governo Giolitti : Bonomi governava col permesso di Giolitti, sotto la di lui tutela ; la composizione del Gabinetto si fondava sulla larga partecipazione dei giolittiani e di uomini della Commerciale ; Bortolo Belotti, giolittiano-comitiano, aveva il mandato di condurre a compimento l'opera così felicemente iniziata dal precedente Gabinetto tanto che a questo signore venivano affidati anche incarichi non attinenti al suo dicastero, ma in relazione al programma della distruzione economica (valga per tutti l'incarico dei provvedimenti relativi alla Marina Mercantile, con i quali il Ministro valorizzava i cantieri in mano alla Commerciale, e danneggiava i cantieri dell'Ansaldo e quindi in mano alla Sconto) ; e tutta la politica economica industriale di questo Gabinetto non era che la naturale e logica continuazione dello stesso programma.Se con l'occupazione delle fabbriche, la nominatività dei titoli l'avocazione dei sopraprofitti, la pressione fiscale, la Commissione d'inchiesta (di giolittiana costruzione) erasi raggiunto in larga misura lo sfacelo della economia nazionale, tutta l'opera del Gabinetto Bonomi persegui, valendosi delle armi messe in sue mani da Giolitti, la completa distruzione dei nuclei di attività economica, industriale e finanziaria italiana, e la conseguente consegna di essi e del paese alla finanza straniera ; la dispersione dell'Ansaldo e la craccazione della Sconto non sono che episodi attraverso i quali si doveva arrivare al conseguimento del fine.

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Ogni difesa od autodifesa, per quanto involuta e spontanea, non costituisce che apologià del grave delitto, apologià fatta al duplice scopo di evitare la resa dei conti e di sfuggire alla restituzione dell'indebito bottino.Iva Banca italianissima fu portata a morte perché la Banca antinazionale potesse impadronirsi della industria italianissima.

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II monopolio dunque fu cosi ristabilito : le industrie nemiche disorganizzate, distrutte, consegnate in mano all'avversario ; la finanza nazionale dispersa al vento dalle sue fondamenta ed i ruderi impotenti costituiti in succursale di quella avversaria ... ; ma no, il campo nemico non era scomparso interamente . . . viveva ancora un organismo vitale ... il Banco di Roma.Il Banco di Roma non era certamente la Banca di Sconto, non aveva un sistema industriale che a lui facesse capo, ma, nell'ambito della sua potenzialità, aveva sempre seguita la Sconto, aveva spiegata sempre azione nazionale, aveva sempre mostrata la nerezza dell'indipendenza che difendeva contro tutte le insidie e gli allettamenti.Rappresentava anch'egli un nemico incomodo, se non pericoloso, una macchia che inficiava la completezza del monopolio : occorreva eliminare anche lui perché non rappresentasse una forza potenziale, attorno alla quale si polarizzassero logicamente le simpatie dell'opinione pubblica e le attività produttive restate ancora fuori dell'orbita monopolistica.Consule un luogotenente giolittiano, che governana in nome e per conto di Giolitti, si iniziarono le manovre più oscure di aggiramento del Banco di Roma ; era stata già decretata la sua morte, e lo scopo era stato raggiunto anche più celermente e più facilmente. Fu graziato il condannato perché questi, ammaestrato dai precedenti ed impotente a sostenere da solo, con probabilità di successo, la lotta che gli si imponeva, piegò le ginocchia e si arrese ! Il Banco di Roma portava ancora le cicatrici delle gravi ferite libiche, aveva sotto gli occhi la fine della consorella Banca Sconto, e, pur di vivere, si abbandonò nelle rapaci mani del nemico.Oramai il campo era stato spazzato completamente da nemici e da attività temibili : il monopolio divenne così assoluto ed incontrastato, tutta l'Italia economica, finanziaria e industriale era stata consegnata in ceppi in mano allo straniero, alla mercé della finanza internazionale !A quale prezzo ? a prezzo, indiscutibilmente, della indipendenza economica del Paese, a cui seguiva necessariamente la perdita della indipendenza politica.

XV. Il potere politico al servizio del potere finanziarioL’INCUBO DI CUNEO.L’Italia ebbe un solo uomo di Stato, dopo Cavour, e ne disconobbe i meriti reali ed i servigi resi al Paese, e ne amareggiò anche la vita movendogli aspre ed ingiuste critiche : quell'unico uomo di Stato fu Crispi.E Crispi si vendicò mirabilmente della ingiustizia dei suoi contemporanei : aveva compiuto un solo errore durante la sua vita politica, aveva cioè valorizzato una incoscienza ed un immeritevole oltre ed al di là di ogni valore reale, alimentando un serpe autentico nel suo seno, e lo lasciò in eredità a sollazzo ed a punizione agli italiani. Abbiamo nominato Giovanni Giolitti.Per trent'anni precisi ha pesato enormemente sui destini d'Italia l'incubo di Cuneo ; ed è stata sempre convinzione della maggioranza dell'opinione pubblica che all'infuori di Giolitti non vi fosse altro uomo politico capace di governare la Nazione, e questa convinzione contribuì a formare quella tale stampa italiana, sempre pronta a servire il più forte e chi paga meglio !Ed in effetti questa convinzione non era errata, non per le qualità reali e i meriti sostanziali dell'uomo, ma per la sua grande attitudine a trar profitto dalle situazioni a proprio vantaggio. Quest'uomo che iniziò la sua carriera politica col tradire il suo benefattore, Crispi, e con lo scandalo della Banca Romana, fu fatale alla Nazione ed ebbe la sola abilità di mascherare i suoi tradimenti.Fu tratto dalla burocrazia, e ne conservò sempre la mentalità : mentalità di bassa lega, di corta vista, mentalità da capo ufficio . . . non da uomo di governo. Egli si è creduto sempre, o almeno si è fatto dipingere dai suoi gazzettieri, un uomo di alta statura morale, e mai come nel suo caso la statura morale è stata perfettamente agli antipodi con la statura fisica. L'unica abilità che possiamo sinceramente riconoscergli è stata quella di saper far eleggere la Camera dei Deputati che più gli tornasse agevole dominare, e di essere maestro nelle manovre di corridoio. I meriti di questo emerito statista si possono fissare nei seguenti termini.Giunto a carpire il potere in un momento di smarrimento della vita pubblica italiana, che in quel tempo si pensava non potesse essere governato il Paese che dalla sinistra liberale, abbastanza furbo e matricolato, approfittò subito del potere stesso per consolidarlo e mantenerlo il più a lungo, vita durante. Ad ottenere

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l'intento compì molte lodevoli opere ; fece elezioni con le baionette, con la mala vita assoldata e con la corruzione ; elevò e valorizzò dappertutto uomini nulli, senza coscienza e senza carattere ; nella burocrazia, nei poteri pubblici, nella Camera, al Governo, si disfece di contro in ogni modo ed in ogni tèmpo dei valori reali, degli uomini che potevano agire indipendentemente da lui e che si rivelavano superiori a lui di mente, d'intelletto, e di energia ; assoldò e corruppe la stampa nazionale ed il paese ; infeudò il paese allo straniero e si mise al suo servizio per conservare il potere ; dominò il Parlamento con tali mezzi, talché i Gabinetti si facevano e disfacevano a suo capriccio ed a sua volontà ; distrusse l'economia del Paese e la fete vassalla dello straniero ; mise a repentaglio la stessa indipendenza politica della Nazione ; distrusse due banche ; tradì il suo Maestro, tradì il Paese, tradì il suo Re !Non tradì la sua padrona, la Banca Commerciale, forse perché non ebbe il tempo.Questa l'attività trentennale dell'uomo più funesto che l'Italia abbia avuto, e che è lì a cospirare ancora, inconsolabile vedovo del potere che si è visto sfuggire di mano definitivamente, proprio quando con l'ultimo tradimento aveva creduto di assicurarselo ancora.Basta considerare i governi democratici succeduti dal 1892 al 1922 per constatare, specialmente attraverso la loro azione, che essi sono stati sempre guidati da Giolitti direttamente o per interposta persona, o sono stati sotto la di lui tutela, e conseguentemente sono stati tutti alla dipendenza della Banca Commerciale, rappresentante della finanza internazionale, ai cui ordini hanno obbedito ed il cui programma hanno perseguito.I Gabinetti che mostrarono velleità di indipendenza da tale autorevole tutela furono sbalzati di sella al primo segno di ribellione, poiché del Parlamento ne disponeva sempre quello che l'aveva fatto eleggere, Giolitti, il mago, l'arbitro di tutte le situazioni parlamentari."E storia troppo recente e perciò non abbiamo bisogno di fare nomi ; essi sono presenti alla memoria di tutti.E l'Italia è stata quella che è stata, corrotta e traviata, distolta dalla strada luminosa che la storia ed il destino le segnavano, impoverita e senza prestigio, in istato di assoluta dipendenza economica e politica in merito della democrazia liberale, la quale asservita a un solo uomo più che mediocre, attraverso quest'ultimo fu alleata di tutti gli internazionalismi, dalla internazionale massonica a quella finanziaria, contro gli interessi nazionali.Tutte le volte che Giolitti presiedette il Governo della cosa pubblica, spiegò azione deleteria per il Paese, ed ebbe cura costante di abbandonare il potere quando gli effetti della sua politica partigiana, inconsapevole e funesta, diventavano più appariscenti e potevano compromettere l'usurpata fama di grande uomo di Stato ; lasciava allora ad altri la cura di tentare di distrigare la matassa da lui imbrogliata, e, dopo breve ma vigile riposo dal potere, manovrava per il suo ritorno. I,a stampa servile presentava il mago come l'unico uomo di Stato capace di assestare il Paese, ed il Parlamento servo rovesciava, per ordine del suo padrone, il Gabinetto in carica e sgombrava il terreno per il ritorno di lui.Ed il Giolitti tornava ad aumentare i mali dell'Italia ed a portarvi maggiore iscompiglio nello sbandamento della nave.Non può e non deve sembrare esagerata ed azzardata la nostra accusa verso quest'uomo, quando, constatando gli effetti della sua opera trentennale di governo, si faccia una elementare considerazione ; o egli era un incosciente ed un inetto, o era un consapevole e quindi logicamente responsabile. Nell'un caso e nell'altro fu sempre in mala fede : che egli non potesse concepire gli effetti dei suoi errori, e che persistesse poi sempre in buona fede negli stessi errori, non è ammissibile, poiché qualsiasi uomo di buon senso rifugge di assumere posizioni che comportino responsabilità superiori alla sua forza ; che quest'uomo mancasse del buon senso più elementare non è del pari ammissibile data la sua origine e la sua preparazione ; quindi egli ha sempre agito ai danni della Patria perché serviva interessi di stranieri annidati nel cuore d'Italia.Nei momenti più critici della Nazione, egli ha sempre amato farsi rappresentare come l'unico medico infallibile che potesse guarire e trarre a salvamento la malata Italia, perché la si riconsegnasse a lui per farne maggiore strazio !Se fosse possibile fare il paragone tra due termini antitetici, noi potremmo farlo in questi termini.

L'uomo funesto di Dronero fu rappresentato nella vita pubblica italiana, dai suoi gazzettieri, come il medico più idoneo a sanare le ferite della Nazione, infertele da lui stesso e dai suoi luogotenenti ; non fece altro però, avuta affidata l'ammalata alle sue cure, che continuare ad attossicarla, e deliberatamente e consapevolmente.L'uomo di Romagna, presentatosi spontaneamente alla ribalta, forte del suo grande amore verso la Patria ammalata, pretese in forza di tale amore di voler curare la grande ammalata ; e consapevolmente ed arditamente la porta a salvamento !

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A riprova della deduzione che la democrazia italiana che ci governò per trent'anni fosse asservita, attraverso il suo massimo esponente, alla finanza straniera, sta una imprudenza sintomatica di quella finanza ; quando essa si adoperò in tutti i modi perché l'Italia non rompesse la neutralità nel conflitto europeo, ebbe la baldanza di pubblicamente dichiarare che essa aveva nel suo portafoglio il Parlamento italiano!Quale era il Parlamento che la Commerciale aveva nel suo portafoglio se non il Parlamento giolittiano ?Chi fu l'esponente massimo dei neutralisti, unitamente alla Commerciale, se non Giovanni Giolitti ?Perché Giolitti e la Commerciale non illuminarono l'Italia su questo episodio che fu dagli interessati spiegato soltanto come una imprudente leggerezza del funzionario che aveva parlato ?Se un funzionario, e non degli ultimi, parlò, è perché sapeva.È chiaro?Negare questa verità incontrovertibile, anche a solo scopo di difesa, è negare l'evidenza o abusare della buona fede proverbiale degli italiani.

XVI. La influenza finanziaria sulla politica giolittiana.Noi seguiamo un rigoroso metodo deduttivo : le nostre accuse ad uomini e sistemi non sono che la conseguenza necessaria dell'esame di fatti storici e contemporanei, e specialmente dell'esame dell'azione da essi svolta, dei programmi perseguiti e degli effetti voluti e conseguiti.Quali infatti sono state le risultanze del trentennale governo democratico o giolittiano ? Si possono riassumere sinteticamente in pochi termini, di una evidenza palmare, di un contenuto immane e doloroso.Disgregata la difesa militare dello Stato ; svalorizzata la Nazione all'estero ; corrotta ed avvilita la Nazione all'interno in tutti i suoi valori morali ; annullati i valori potenziali ; distrutti i sistemi industriali nazionali ; spezzati i sistemi finanziari nazionali ; sommersa la economia nazionale ; sacrificata la indipendenza economica italiana e consegnata in mani straniere anche la indipendenza politica.Nell'interesse di chi tutto questo sfacelo ? Nell'interesse di chi, e con opera costante per un lungo periodo storico, ci si è prestati a sovrapporre interessi antinazionali agli interessi più reali e più contingenti della Nazione ?Non abbiamo bisogno di fare nomi : nell'interesse della finanza antinazionale.E difatti gli interessi della democrazia giolittiana aderirono sempre, fino a confondersi, con gli interessi della banca straniera, della Banca Commerciale.E gli stessi uomini giolittiani erano tratti dagli uomini della Commerciale : la invasione, la confusione e la omogeneità di uomini fu completa, pari alla omogeneità di intenti e di opere.Ad opera di Giolitti noi troviamo : uomini della Commerciale nella burocrazia, uomini della Commerciale nella Camera elettiva, uomini della Commerciale nel Senato, uomini della Commerciale al Governo, uomini della Commerciale nella Diplomazia, uomini della Commerciale nei plenipotenziarii d'Italia alle Conferenze di Pace, da Ouchy a Parigi, a Rapallo, a S. Margherita Ligure, a Genova.La diplomazia in mano alla Comit : Rolandi Ricci ambasciatore a New York ; Frassati a Berlino ; Garroni a Costantinopoli ; Volpi con la sua fenomenale carriera da negoziante di ova... a viceré della Tripolitania.Se tutta la struttura italiana, politica, diplomatica, economica, industriale e finanziaria fu consegnata in mano alla Banca Commerciale ; se tutta la politica democratica italiana, dal demagogismo al fiscalismo, dal neutralismo al disfattismo, risultò unicamente a vantaggio della Banca Commerciale e dei suoi loschi interessi, è legittimo dedurre che per trent'anni attraverso la Democrazia di Giolitti, il potere politico in Italia fu al completo vassallaggio del potere finanziario, e che l'Italia fu governata soltanto da prestanomi, si chiamino Giolitti o Orlando o Bonomi ecc, ma in effetti fu governata dalla Banca Commerciale.Abbiamo noi il diritto di porre sul tavolo anatomico e uomini e sistemi per l'analisi della loro opera ? Sì : esso ci deriva dall'amore che da italiani nutriamo per la Gran Madre, dal dolore di vederla incatenata sotto il tallone straniero, dall'autorità del più grande fustigatore di uomini politici dell'epoca romana, di Cicerone, il quale disse : « La casa dell'uomo pubblico deve essere di cristallo ». Massima di più profondo contenuto morale e sociale non poteva esserci tramandata ; essa ci insegna che tutti i cittadini hanno il sacrosanto ed inalienabile diritto di scrutare con i loro occhi nelle faccende dell'uomo pubblico, al quale diritto corrisponde necessariamente il dovere da parte dell'uomo pubblico di operare sempre alla luce del sole, e non nelle tenebre, e di prestarsi alla più ampia discussione del suo operato.La casa, continuando la similitudine così opportuna, degli uomini pubblici della democrazia italiana fu sempre accuratamente avvolta in fittissimi veli, perché non fosse consentito alla opinione pubblica di scorgere, attraverso gli ampollosi programmi dei buttafuori, i loro fini reconditi che perseguivano tenacemente per conto dei loro padroni, nemici della Patria ed interessati al suo avvilimento ed alla sua rovina.

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Questi fitti veli noi abbiamo voluto disfare e diradare, in forza del diritto a noi derivante dall'autorità di Cicerone e dall'amore per la Patria, perché finalmente gli italiani tutti, ritrovata la loro strada ed il loro buon nocchiero, giudicassero gli uomini del passato, ancora congiuranti nell'ombra, alla stregua della verità.

XVII. Il Fascismo brucia la casa.Nell'ottobre 1922 l'Italia era in limine precipita condotta sull'orlo dell'abisso e del baratro da quegli stessi uomini che si arrogavano il diritto di governarla e di guidarla, diritto conseguito con la corruzione e col tradimento.Un puro spirito romano, un purissimo spirito italiano, Benito Mussolini, fissava scrutatore il suo sguardo sullo strazio che dell'Italia compievano gli empi annidati nel sacro colle, ed esasperato, centuplicato nelle sue forze già possenti dalla devozione e dallo stragrande e prepotente amore per la sua terra e per la sua Gran Madre, in uno scatto magnifico, romanamente bello e grandioso, rompe gli indugi e si avanza, novello Messia italico, a scacciare i farisei ed i falsi profeti dal tempio!Tanto bastò perché lo scompiglio si manifestasse nelle fila dei nemici della Patria, i quali prevedendo imminente la fine della loro cuccagna con la perdita definitiva del potere per tanti anni custodito e del quale si erano serviti ed intendevano ancora servirsi ai danni del Paese ed a profitto dei propri loschi interessi, si agitarono in tutti i sensi ed in tutti i modi per impedire che il deprecato destino si compisse.Di punto in bianco si fece diventare nazionalista il solito Gio-litti, e si tentarono gli allettamenti, gli inviti, le corruzioni : si trovarono di fronte ad una forza incorruttibile, salda, tenace e consapevole, che non cedeva di fronte a nessuna lusinga.Si giuocò allora l'ultima carta, l'ultimo tradimento, il tradimento della paura !I pezzi grossi si mossero dietro le quinte, e del caporale Facta, artista da farsa e da operetta, si volle fare un grande attore tragico : si tentò il tradimento della Corona, dopo aver tradito il Paese ; si tentò di soffocare nel sangue la forza indistruttibile e più sana della Nazione, che alle porte della capitale chiedeva pacificamente al suo Re di consegnare il Paese ai suoi veri figli, ai figli più devoti, più sinceri, puri.II Collare dell'Annunziata chiuse la sua carriera politica col tradimento del suo Re, il quale non si prestò in omaggio alla lunga e gloriosa tradizione di sua Casa, per la quale i Sabaudi si sono sempre messi all'unisono col paese, e per il suo alto buon senso politico evitò il tradimento.Fine più ingloriosa non poteva fare : egli spera ancora !

XVIII. Barattieri !Iva generazione di Vittorio Veneto portata dalla gesta garibaldina di ottobre 1922 al Governo del Paese ha veramente compreso compiutamente, scrutandolo a fondo in tutti i suoi particolari e risalendo alle sue origini torbide, il danno estremo che il vecchio sistema di forze politiche e di oscuri interessi ha recato nel passato alla salute ed alla prosperità della Nazione.E l'On. Acerbo nel suo forte discorso di Teramo del febbraio 1923 definì scultoreamente tale sistema : « SISTEMA DI BARATTIERI ! ».In quell'occasione l'On. Acerbo nettamente accusò gli uomini della vigilia pre-fascista, di aver condotto l'Italia sull'orlo di un baratro, sabotando contemporaneamente tutte le più diverse e migliori forze e le attività nazionali, con una concomitanza di atteggiamenti così evidente, da rispondere innegabilmente ad un piano di di insieme, lungamente premeditato, e logicamente e freddamente attuato.Il Governo Fascista perciò ha già constatata l'esistenza di una colpevole baratteria ed opportunamente l'ha denunziata e condannata, rilevando il carattere essenzialmente losco ed affaristico dei vari intrighi politici e finanziari su cui fu tessuta la più recente storia del nostro paese.Quali erano le condizioni in cui trovò l'Italia la rivoluzione fascista ?L’Italia era sull'orlo del baratro volontariamente preparatole dai suoi reggitori barattieri perché : era stato distrutto il capitale creatore di ricchezza, era stata rovinata la marina mercantile e l'industria, era stata sopportata ed incoraggiata la demagogia sovversiva, era stata organizzata la crisi bancaria, voluta e compiuta per servire la volontà dell'alta finanza straniera e per ripristinare l'antico monopolio politico ; fu distrutto l'Esercito e l'Aviazione.Insomma era stata metodicamente organizzata ed organicamente compiuta la distruzione post-bellica.

XIX. Come i nemici d'Italia prepararono la crisi attuale.

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Quando si parla della crisi industriale italiana, è sempre necessario di riferirsi al suo punto di partenza, cioè alle clausole relative alle forniture di carbone tedesco inserite nell'articolo 6° dell'allegato V° parte VIIIa (Riparazioni) del Trattato di Versailles.Riportiamo qui appresso il testo di tale articolo :« 6° Les prix à payer pour les livraisons de charbon effectuées « en vertu des dites options seront les suivants «A) FOURNITTTRE PAR VOIE DE FER OU PAR EAU.« Le prix sera le prix allemand sur carreau de la mine, fiayè «par les ressortissants allemands, plus le fret jusqu'aux frontières « francaise, belge, italienne, luxembourgeoise ; étant entendu que « le prix sur carreau de la mine n'excédera pas le prix, sur le carreau « de la mine, du charbon anglais pour l'exportation ».« Les tarifs de transport par voie de fer ou par eau ne dépasse-« ront les tarifs les plus bas appliqués aux transports de méme nature « en Allemagne ».« B) FOURNITURE PAR VOIE DE MER.« Le prix sera, soit le prix d'exportation allemand fob dans les « ports- allemands, soit le prix d'exportation fob dans les ports an-« glais et dans tout les cas le plus bas des deux ».Conviene aggiungere che secondo il Trattato di Versailles, almeno i due terzi delle quantità di carbone dovute dalla Germania all'Italia dovrebbero essere trasportati per via di terra.Esaminiamo ora le clausole del suddetto articolo e le loro conseguenze.La clausola di cui al paragrafo A) è stata evidentemente introdotta principalmente a vantaggio e nell'interesse della Francia, che importa tutto il carbone tedesco per strada ferrata o via fluviale ; ma l'Italia non può giovarsene che limitatamente, in ragione dei suoi mezzi di trasporto ferroviari, quantunque, come detto più sopra, almeno i due terzi del carbone tedesco che le spetta abbia facoltà di riceverli per via ferrata. Infatti la potenzialità delle ferrovie ger-maniche, svizzere ed italiane non consente di provvedere ad un traffico di tanta importanza ; cosa, questa, perfettamente nota ai negoziatori di Versailles, i quali non potevano, anzi non dovevano, gli italiani, ignorare che nel periodo prebellico le importazioni di tutte le merci via Chiasso-Luino — in prevalenza dalla Germania renana — avevano raggiunto 84 mila tonn. al mese e che 150 mila tonn. mensili costituiscono, nelle più favorevoli condizioni, un massimo di potenzialità insuperabile. Tutti gli sforzi dell'Amministrazione ferroviaria italiana non possono certamente triplicare e quadruplicare il movimento, come sarebbe necessario per trasportare tutto il carbone tedesco che l'Italia ha diritto di ricevere per via ferrata, soddisfacendo nel tempo stesso a tutte le altre esigenze del traffico.E incomprensibile che i Delegati italiani, nella redazione del trattato, non abbiano tenuto conto di questo stato di cose, aggravato ancora dalla insufficienza dei mezzi di trasporto, logorati senza possibilità di sostituzione e quasi di riparazione durante cinque anni di servizio guerresco : stato di cose che rendeva assolutamente vana, irrisoria ed inapplicabile, la disposizione di cui si tratta, favorevole all'Italia soltanto in apparenza.Oppure si comprende fin troppo !Sta in fatto, che essendo costretta ad importare la massima parte del carbone tedesco per via di mare, l'Italia ha dovuto subire le conseguenze della clausola inserita nel paragrafo B) con la quale la Gran Bretagna ha voluto difendere dalla concorrenza tedesca le proprie esportazioni di carbone verso l'Italia.Infatti-, la disposizione in parola, permettendo alla Germania di quotare per il suo carbone spedito via di mare dei prezzi uguali a quelli del carbone inglese, o di pochissimo inferiori, era ovvio che essa ne profittasse, specialmente nel caso di consegne in conto riparazioni, premendo ad essa di elevare il più possibile la cifra dei versamenti effettuati a titolo di indennità.Dal canto suo la Gran Bretagna, ottenuta questa clausola, adottò il criterio dei due prezzi, fissando quello del carbone consumato nell'interno del paese al livello del costo di produzione, sopraelevando il prezzo del carbone esportato mediante una forte imposta ed una quota-parte per l'aumento dei salari ai minatori. Conseguentemente il carbone inglese venne a costare in Italia fino cento scellini la tonnellata più che in Inghilterra ed inoltre tutto il carbone tedesco destinato al nostro Paese fu assoggettato ai medesimi gravami, ad esclusivo vantaggio dei padroni delle miniere e degli stranieri concorrenti dell'industria italiana.La qual cosa, si vorrà ammetterlo, è veramente straordinaria e rende gravissima la responsabilità dei Delegati italiani.L’importazione di carbone tedesco per via ferroviaria è stata sempre così scarsa, che il suo prezzo, uguale a quello interno in Germania, non ha potuto esercitare alcuna influenza moderatrice sul costo del combustibile in Italia. Non solo non è stato possibile di procedere, come in Francia, ad una riduzione del prezzo per via di perequazione ; ma si è dovuto rialzare al livello del prezzo del carbone inglese anche quello del carbone tedesco importato per via terrestre. Aggiungasi, che come logica conseguenza, sentirono in Italia l'influenza

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del costo elevato del carbone inglese anche le ligniti e le torbe indigene, in proporzione della loro potenza calorifica ragguagliata a quella del carbone ; come pure gli olii minerali e le essenze.Per completare il quadro bisogna aggiungere, che data la scarsità delle navi carboniere di bandiera italiana, molto del carbone importato in Italia viaggiava su navi straniere, alle quali è d'uopo corrispondere, in oro, o valute equivalenti, somme considerevoli in pagamento dei noli ; somme che emigrano senza speranza di ritorno.Bisogna, per rendersi ragione della portata di queste clausole, ricordare che l'importazione del carbon fossile in Italia è sempre avvenuta ed avviene tuttora in massima parte per via di mare. Ciò perché ce lo forniscono specialmente la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Ma anche il carbone tedesco, del quale dovremmo ricevere 650.000 tonn. al mese, ma riceviamo molto meno, ci viene per via di mare in gran parte, per le ragioni già dette.Introdotta nel Trattato di Versailles la clausola per cui il prezzo del carbon fossile consegnato dalla Germania in conto riparazioni deve essere non superiore — e pertanto, in realtà, uguale — al prezzo di esportazione britannico quando il trasporto si effettua per mare — la Gran Bretagna eliminò la concorrenza tedesca e pur conservandosi il mercato italiano, impedì il progresso industriale italiano. Inoltre, facendosi forte della deficienza del carbone sul mercato mondiale e degli alti noli che impedivano un'attiva concorrenza americana, subito dopo ottenuta la clausola suddetta la Gran Bretagna accrebbe artificialmente il prezzo del carbone destinato all'esportazione, gravandolo anche degli aumenti concessi ai minatori e di una tassa per il Tesoro. Così avvenne, che mentre il prezzo interno era di 45 scellini la tonn., quello di esportazione era di no scellini fob, pari a 440 lire. H noi pagammo 440 lire la tonn. anche il carbone tedesco, che alla miniera valeva appena 25 lire !Non è la semplice differenza del costo del carbone, che anche oggi influisce ; bensì pure il cambio, il quale continua ad aumentare il prezzo del carbone tedesco importato via di mare, dovendo questo prezzo essere computato in moneta inglese, e non italiana o tedesca. Ne consegue, che pur attualmente, quantunque il prezzo del carbone inglese sia notevolmente disceso, e quello del carbone tedesco aumentato, noi dobbiamo pagare questo, se trasportato per mare, oltre 160 lire la tonn. fob, mentre potremmo averlo per 60 lire ! (Al primo dicembre 1920 il carbone da gas tedesco quotava marchi 460 la tonn. ed il cambio sull'Italia era di lire 9,91 per 100 marchi).Il coke tedesco oggi vale 580 marchi la tonnellata in grossa pezzatura ; il carbone tout venant 455 marchi alla miniera ; cioè, rispettivamente, preso nei porti, 73 lire e 60 lire italiane. Invece il coche inglese ed il carbone inglese fob, valgono 35 e 25 scellini in cifra tonda, cioè lire italiane 164,50 e 117,50. A questo prezzo deve essere valutato anche il carbone tedesco, -con aumento per noi di lire 91,50 alla tonnellata per il coche e lire 57,50 per il carbone. A questo aumento non si sottostarebbe senza la clausola dell'articolo citato.La clausola si applica anche alla Francia, la quale, avendo il carbone indigeno, e quello della Sarre ed Alsazia e Morena ed importando per via di terra, in massima parte, il carbone tedesco, non ha motivo di preoccuparsene. Tuttavia essa si adoperò per farla abrogare. Loucheur e Rathenau convennero a Wiesbaden, che il carbone consegnato alla Francia in conto riparazioni fosse tutto conteggiato al prezzo interno tedesco, comunque trasportato. Ma la Gran Bretagna, non solo si è opposta a questo accordo — dal quale, del resto l'Italia avrebbe avuto danno, e non vantaggio, a meno che non avesse ottenuto lo stesso trattamento della Francia — ma ha mostrato, nel Convegno di Cannes, la tendenza a far rialzare al livello del prezzo di esportazione inglese, anche il carbone tedesco esportato per via di terra.Le clausole sopra riportate, che produssero le conseguenze brevemente riassume ed inferirono mortali ferite alle industrie italiane, proprio quando più avevano bisogno di essere sostenute e difese perché superassero felicemente la crisi di assestamento postbellica, furono inserite nel trattato di Versailles dal ben noto Lou-cheur, con il consenso e l'assistenza del senatore Silvio Crespi, ministro senza portafoglio, attualmente presidente effettivo, ed allora presidente in pectore, della Banca Commerciale, dalla quale dipendeva, perché questa aveva fatto al Cotonificio Crespi dei finanziamenti enormi ; ragguagliati, per quanto si dice, a ben sessanta milioni.Come è noto, il Loucheur diventò enormemente ricco durante la guerra.Prima di essa egli era il dirigente del gruppo delle industrie elet-triche in Francia, nella sua qualità di capo della Società Thompson Houston francese. Questa Società di penetrazione germanica era stata fondata da Tedeschi e più precisamente dal Rathenau, capo della A. E. G. ed altri. La finanziava la Banque de Paris et des Pays-Bas, che allora era una Banca di penetrazione tedesca, attualmente diretta dall'ebreo ungherese Finaly, socia della Banca Commerciale Italiana nella Banque Franco-Italienne pour l'Amérique du Sud e nella Banque Industriale de Chine, dove la Commerciale è impegnata per 25 milioni di franchi ; nonché di altre numerose imprese, come compagnie di vagoni letti, ecc.

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Tali clausole furono una sentenza di morte per l'industria italiana.Privata dell'elemento basico indispensabile alla produzione, mentre lo avevano abbondante ed a buon prezzo le industrie della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e della Germania, l'industria italiana perdette ogni possibilità di dedicarsi, trasformati opportunamente i suoi opifici, alle produzioni di pace con quel medesimo vigore di cui aveva dato prova nelle produzioni di guerra; e di conquistare i mercati esteri affamati di manufatti.Come si vede, il colpo, abilmente congegnato ed astutamente vibrato, ebbe un carattere di vastità in tutta l'industria italiana senza eccezioni, col conseguente impoverimento del nostro Paese. Ottenne il risultato di cancellare ipso facto l'Italia dal numero delle nazioni produttrici. Ed infatti, come poteva l'industria italiana sopportare l'enorme rincaro della materia prima, artificiosamente determinato nel modo anzidetto, mettendola in condizioni di assoluta impossibilità di concorrenza di fronte all'industria straniera ?Che questa azione distruggitrice corrispondesse ad un programma prestabilito è confermato dalla circostanza, che le tariffe doganali per la protezione delle industrie furono lasciate immutate, quali erano prima della guerra. Rimasero, cioè, insufficienti allo scopo, dato il cambiamento di valore subito dalla nostra moneta, fino al giorno in cui l'Uva cadde nelle mani della Banca Commerciale.Otto giorni dopo che questa Banca si fu impossessata dell'Uva mediante l'opera della Commissione d'Inchiesta Parlamentare per le Spese di Guerra, veniva pubblicata per decreto reale ed entrava in vigore la nuova tariffa doganale.Il congegno iniziale per la distruzione dell'industria italiana era composto di tre-elementi :1° L’elevatezza del prezzo del carbone ; 2° II costo enorme del suo trasporto ;3° II mantenimento in vigore di tariffe doganali inadeguate a proteggere equamente la produzione nazionale.Così avvenne che nel 1919 e 1920, proprio quando era maggiormente necessario di proteggere l'industria nel suo periodo di trasformazione che le agitazioni operaie rendevano ancor più grave, l'invasione delle materie prime, e dei manufatti dall'estero, e specialmente dalla Germania, assunse proporzioni colossali.Talune industrie, ad esempio le chimiche e quelle delle sostanze coloranti, non godevano la benché minima protezione, motivo per cui la Germania potè introdurre nel nostro paese tali e tante quantità dei prodotti in parola, da bastare per parecchi anni al fabbisogno italiano. Cosicché, allorquando il Governo italiano si accorse finalmente della necessità di proteggere le industrie suddette, esse erano già nell'impossibilità di risorgere e di lavorare, data la presenza sul nostro mercato di quantità rilevantissime di prodotti stranieri a buon prezzo.Durante la guerra lo Stato aveva emanato alcune disposizioni con le quali faceva obbligo alle Società in genere, di rimpiegare i propri guadagni nelle proprie aziende (vedasi, ad esempio, ciò che riguarda la marina mercantile) ; nonché, alle Società industriali, di ammortizzare fino all'ottanta per cento gli impianti che facevano. Contemporaneamente lo Stato limitava il dividendo che le Società potevano distribuire agli azionisti.Questa legislazione avrebbe certamente permesso di assidere le industrie su solide basi, preparandole ad affrontare il periodo del dopo guerra mediante la svalutazione degli impianti eseguiti durante la guerra, quando cioè il costo di essi era indubbiamente eccessivo per forza di circostanze. In tal maniera, avendo già svalutato gli Stabilimenti, le industrie, potevano essere in grado di sostenere la concorrenza mondiale.Ma l'aumento del costo del carbone frustrò tale possibilità ; mentre altri avvenimenti sopraggiunsero, che non solo aggravarono ancor di più la situazione determinata dal detto aumento, ma distrussero da cima a fondo tutto l'edificio industriale laboriosamente e faticosamente estrutto durante la guerra.Infatti, mediante le leggi per la confisca dei sopraprofitti di guerra, per la nominatività dei titoli e per l'inchiesta parlamentare sulle spese di guerra, lo Stato abolì improvvisamente la legislazione anzidetta, sulla quale era fondato l'edificio industriale italiano.L’insieme di queste leggi, complicate e peggiorate da una serie di regolamenti per la loro applicazione tali da prestarsi ad un'infinità di combinazioni, servì alla distruzione di talune industrie ed all'accaparramento di altre, facendole passare dalle mani di un gruppo a quelle di un altro e determinando una crisi industriale così acuta, che non poteva non ripercuotersi su quell'istituto bancario che era nato per la guerra ed aveva svolto la sua attività specialmente nel campo speciale delle industrie di guerra ; precisamente cioè di quelle industrie che furono private della base sulla quale erano sorte, mediante i predetti provvedimenti, a tale scopo perfettamente ed organicamente congegnati ed attuati.La Commissione Parlamentare d'Inchiesta, è ormai noto, si è accanita contro determinate Ditte, trascurando di occuparsi di quelle appartenenti al clan della Banca Commerciale. Sono esempi evidenti di questa parzialità la Fiat, le Società di Aviazione, ecc. ecc. Delle perseguitate non è necessario fare i nomi.

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Non vi è dubbio che il congegno di demolizione, farraginoso, ma organico, corrispondesse, non già ad un programma individuale di azione bancaria e di politica interna, ma bensì ad un piano internazionale per la distruzione dell'Italia ed il suo asservimento allo straniero.La siderurgia centro-europea divenuta francese ne aveva bisogno.Le industrie meccaniche, chimiche, ed elettrotecniche tedesche ne avevano bisogno.Le industrie marittime inglesi ne avevano bisogno. -II Trattato di Londra, dal quale furono escluse assolutamente le condizioni di carattere economico, di qualsiasi specie, aveva già preparato questo asservimento.Gli accordi intervenuti a Parigi tra il Loucheur ed il Crespi, per cui tennero la già delineata condotta nella redazione delle clausole economiche del Trattato di Versailles, dove l'Italia fu sacrificata economicamente, commercialmente e colonialmente, iniziarono l'attuazione del programma internazionale per l'asservimento dell'Italia.Nel medesimo tempo la Banca Commerciale ed i suoi accoliti nell'interno preparavano la crisi. Essa restringeva il credito ; accumulava buoni del Tesoro ; riprendeva la sua funzione del tempo prebellico di intermediaria tra il mercato estero di importazione ed il mercato italiano di assorbimento, finanziando largamente quest'opera di penetrazione straniera.La Banca Commerciale ha sempre obbedito ad un'influenza straniera. Prima della guerra dipendeva dalla Germania ; ora, da chi dipende ?Forse dalla Francia ; fors'anche da un'azione combinata di forze anglo-franco-tedesche, perché la distruzione fatta in Italia è più organica, più complessa e più vasta ; giacché non si limita alla siderurgia, distrutta, oggi, a vantaggio della Francia ; ma coinvolge le industrie meccaniche, chimiche e elettrotecniche, a vantaggio della Germania ; l'industria marittima a vantaggio della Gran Bretagna.Esiste, forse, fra queste tre nazioni, un'intesa per lo sfruttamento dei diversi campi industriali conformemente alle convenienze naturali ed ai mezzi di ciascuna di esse ?Fra questi tre Paesi esistevano, prima della guerra, dei grandi trust, la cui azione era matematicamente regolata da rigorosi accordi : perché non dovrebbero essere risorti ?Questi trust erano, allora, regolati dai Rathenau, dai Iyoucheur, dai Zaharoff, dai Wickers, dai Vandel, ecc, con i loro grandi avvocati : Millerand, Briand, Poincaré, Rolandi Ricci, ecc. ecc.Ora vediamo la Banca Commerciale associata alla Germania, per il tramite di Stinnes, nell'affare dell'Alpine ed in altri ; la vediamo contemporaneamente in perfetta armonia con la Banque de Paris et des Pays-Bas, associata in imprese francesi della China, nell'America del Sud, nei Balcani e nella Polonia.Che vuoi dire tutto questo ?Bloccate l'Ansaldo e la Banca di Sconto mediante le leggi sulla nominatività dei titoli e confisca dei sopraprofitti, che depressero il mercato borsistico al punto da rendere impossibile la realizzazione degli ottocento milioni di titoli industriali che l'Ansaldo aveva nelle proprie casse, si procedette ad impedire anche ogni emissione delle obbligazioni necessarie a raccogliere i fondi per l'ultimazione del programma navale che era in piena attuazione nei Cantieri Ansaldo.A tale scopo la Banca Commerciale presentò contro la Transatlantica Italiana una denuncia di commercio col nemico basata sopra fotografie di documenti semplicemente dattilografati falsi o raffazzonati ed alterati e di cui fece giustizia una sentenza dell'autorità giudiziaria. Tale denuncia fu accolta dai Ministeri dell'Interno e dell'Industria e Commercio, che sottoposero la Transatlantica al Sindacato che le impedì di emettere le obbligazioni. L’autorità giudiziaria ha riconosciuto, come si è detto, l'infondatezza dell'accusa. Ma il colpo è riuscito. E chi può valutarne i danni e misurarne le conseguenze ?Venne poi il Decreto Belotti che ridusse la sovvenzione per le navi da carico a sole 600 lire per tonnellata, cioè ad una somma assolutamente insufficiente fuorché per quei due o tre Cantieri dove era interessata la Banca Commerciale, che si erano provveduti di materiali e macchine dall'industria tedesca e ceco-slovacca, profittando del deprezzamento della moneta di quei paesi ed ottenendo per di più l'introduzione in franchigia di detti materiali e macchine ; mentre il precedente Ministro, On. Alessio, aveva ripetutamente, in Senato ed altrove, assicurato che il Decreto De Nava sarebbe stato prolungato di due anni. Così quelle banche e quelle industrie che non conoscevano il dietro-scena, furono fatte cadere nel tranello di non sospendere quelle costruzioni, che non potevano esser finite nei limiti di tempo stabiliti dal Decreto De Nava. Così furono colpiti, insieme con la marina mercantile, specialmente quei Cantieri i quali, come quelli di Ansaldo, non avevano potuto, per cause di forza maggiore, fruire i benefìci del Decreto De Nava. Quando spirò questo Decreto, il cui prolungamento fu più volte promesso e non mantenuto, tali Cantieri avevano centomila tonnellate di navi in costruzione, che non avevano potuto ultimare in tempo utile per varie cause, e cioè : per il ritardo dei pagamenti, da parte del Governo, dei suoi debiti per le liquidazioni di guerra ; ritardo che

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rallentò la trasformazione degli Stabilimenti : per le continue agitazioni operaie, culminate nella occupazione delle fabbriche.In queste agitazioni, in questa occupazione, la Banca Commerciale spiegò un'azione evidente per una maggiore successiva depressione industriale, verso la quale il concordato imposto faceva sempre più precipitare l'industria.Le campagne virulenti di Eynaudi e Cabiati, contro la marina mercantile in appoggio all'azione del Belotti ; le parole : « io attuerò l'unione bancaria » dette dal Bonomi a qualche giornalista ; la vasta ed intensa opera di denigrazione della Banca di Sconto fatta per un anno mediante le lettere anonime alla clientela di essa e le voci allarmanti messe in circolazione nelle ferrovie, negli alberghi, nelle Borse, ecc. ; l'ultima fase dell'opera governativa nei riguardi della Banca di Sconto, che valse a diffondere il panico nel pubblico, provocando addirittura il run dei depositanti, furono gli ultimi episodi dello svolgimento di un piano perfettamente organico ; di un piano attuato, non contro singole persone e neppure contro enti determinati, ma contro l'Italia tutta.La persecuzione contro le persone serve soltanto a mascherare il piano e a gettar polvere negli occhi del grosso pubblico.In realtà, con lo svolgimento del piano che abbiamo delineato a grandi tratti, l'Italia fu precipitata nel baratro. Né i nemici della patria, ed i loro complici si fermeranno. Debbono compiere altre demolizioni. Debbono e vogliono impedire che la vitalità enorme e l'energia somma del popolo italiano, ormai note per le prove, date in guerra, compiano una qualsiasi risurrezione.Ecco perché gli onesti ed oculati patrioti dovevano essere tenuti lontani dal Governo !Si parlò di « ricostruzione della Banca di Sconto », ma nessuno parlò di « ricostruzione dell'industria nazionale ». lì qui sta la malafede ! Senza questa non può farsi quella. A meno che non si voglia puramente e semplicemente effettuare la liquidazione sia dell'una che dell'altra.La qual cosa, che corrisponderebbe all'attuazione definitiva e totale del tragico piano di asservimento, ridonderebbe a danno di tutti ed avrebbe conseguenze incalcolabili.

XX. L'attacco all'industria nazionale.Nell'ultimo anno di guerra avvenne un completo sconvolgimento negli Uffici del Dicastero Armi e Munizioni, quando le cariche più delicate del Dicastero stesso furono occupate da un personale avventizio, che aveva rapporti di concorrenza con la Società Ansaldo, la qual cosa ebbe il risultato di creare alla Società stessa una situazione di estrema gravita.Infatti si verificò allora lo strano fenomeno che, mentre per alcune industrie la documentazione fu tenuta in perfetto ordine, per altre, meno fortunate, e specialmente per l'Ansaldo, si determinò una paralisi amministrativa ; fu sospesa la stipulazione di qualsiasi contratto ; cessarono conseguentemente i relativi pagamenti. Ma non cessò, per questo, di funzionare l'organismo tecnico-militare, il quale, forte dei diritti concessigli dai Decreti circa la produzione del materiale da guerra, impose ed ottenne l'esecuzione dei suoi programmi ; senza, ad onor del vero, che la Società Ansaldo e le altre parimenti paralizzate amministrativamente, dessero per questo segno di minor patriottismo, nonostante le difficoltà enormi derivanti dalla specialissima situazione nella quale si trovarono.In seguito, finita la guerra, avvennero :a) la promulgazione del Decreto sulle liquidazioni, congegnato da quei medesimi che ne avevano preordinato le modalità in base alla condotta amministrativa da essi seguita, come più sopra si è detto ;b) la costituzione del Sottosegretariato di Stato al Tesoro, per le liquidazioni di guerra, del quale fecero parte i medesimi elementi avventizi della cui azione al Dicastero Armi e Munizioni, si è parlato più sopra.Questi furono gli strumenti della passione per la Società Ansaldo, cui toccò di salire un duro, un lungo e straziante calvario. Venuti meno i pagamenti da parte dello Stato, che furono attesi per lunghissimi mesi e subirono in definitiva falcidie tanto enormi quanto ingiustificate ; insieme con le contestazioni sui diritti di rimborso per gli impianti di Aosta ; la situazione finanziaria della Società si complicò fieramente, determinando seri imbarazzi, i quali ebbero sopratutto una ripercussione immediata sulla trasformazione degli Stabilimenti necessaria ad attuare il programma di pace. La Società dovette limitare il numero degli operai, rallentare le proprie attività, motivo per cui non le fu possibile approntare entro i limiti fìssati dal Decreto De Nava molte navi in costruzione e fu ritardato lo svolgimento di tutto il loro programma, il quale, poi, si trovò a cozzare in pieno con le agitazioni operaie, che arrecarono tanto danno alle industrie.Seguirono poi le persecuzioni politiche e le fiscali ; le Commissioni d'Inchiesta, il sequestro ingiusto oltre ogni dire della Transatlantica, la mancata definizione della pendenza del piroscafo « Duilio », la politica contro la Marina mercantile del Governo.

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PARTE SECONDAXXI.Caratteristiche del Governo Fascista.Il Governo Fascista non può essere paragonato a tutti i governi democratici del passato recente se non come termine antitetico, sia per la origine che per i metodi e l'azione.I governi precedenti nascevano dal parlamentarismo : il Governo Fascista nacque dal popolo, dalla aristocrazia patriottica della Nazione.I governi democratici erano imbelli, deboli, incerti, alla mercé del Parlamento : il Governo Fascista è forte, deciso, autorevole, domina il Parlamento.I governi democratici disamministravano e sgovernavano : il Governa Fascista amministra e governa.I governi democratici rappresentavano una oligarchia impostasi con l'inganno e la corruzione, rappresentavano una minoranza parassita : il Governo Fascista rappresenta la parte più eletta e più sana della Nazione, rappresenta tutta la Nazione operante.I governi democratici rappresentavano una forza statica : il Governo Fascista rappresenta la forza dinamica.I governi democratici furono distruttori : il Governo Fascista è superlativamente ricostruttore.I governi democratici furono svalorizzatori : il Governo Fascista è realizzatore.I governi democratici furono disonesti e gesuitici : il Governo Fascista è onesto, leale e sincero.I governi democratici enunciavano i programmi, e la loro opera li smentiva : il Governo Fascista al programma fa seguire immediatamente l'azione in piena armonia con esso, talché l'azione si confonde quasi nel tempo col programma.Innumerevoli sono i termini antitetici che caratterizzano il Governo Fascista come perfettamente l'opposto dei governi democratici.Noi siamo troppo modesti per poter esaltare convenientemente il Governo Fascista, il quale del resto si esalta da sé di fronte alla opinione di tutto il mondo, per le sue opere e per la sua azione feconda di bene, per la sua attività fenomenale in tutti i campi.Là dove i governi democratici non lasciarono più filo d'erba e ciò fu in tutti i campi delle attività nazionali, novelli Unni condotti dall'Attila Giolitti, il Governo Fascista fa rinascere rigogliosa la vita.L'opera di risanamento del governo nazionale, l'opera di ricostruzione data la vastità e l'immensità delle rovine ereditate, non può essere fulminea, e deve essere condotta con metodo ma continuata : gli effetti di tale opera si sono però palesati promettenti fino dall'inizio, ed il Governo Fascista che non perde il suo tempo in vuote quisquiglie, ma fortemente opera e con intensità sempre crescente ed incalzante, porterà a compimento la sua fatica, che è quella aspettata dalla Nazione tutta, che finalmente ha trovato il Duce che sa e può portarla a salvamento.Il Partito Fascista fu consapevole della sua missione prima ancora che divenisse governo, che divenisse Stato : in una delle ultime crisi parlamentari dell'epoca democratica, l'On. Lupi, esprimendo alla Camera dei Deputati il pensiero del Partito ed interprete del suo Capo, disse con una meravigliosa sincerità che solo da uno Stato forte, risolutamente disposto a disperdere ogni accolta internazionale poteva derivare sicurtà e salvezza. E lo Stato forte era nelle intenzioni dell'On. Lupi e del Partito Fascista, lo Stato Fascista. E così è stato, così è. Lo Stato Fascista è realizzatore, suscitatore di energie, valorizzatore e risanatore, perché è lo Stato forte, il primo Stato forte, l'unico Stato forte.

XXII. Il nemico dello Stato Fascista.L'On. Mussolini, assumendo la grande missione di condurre a salvazione la nave d'Italia facente acqua dalle innumeri falle prodottele dai suoi reggitori democratici, annunzio l'ordine nuovo con una sintesi tutta latina : « OGNUNO SENTE CHE L'EPOCA DEI GIOLITTI, DEI NlTTI, DEI BONOMI, DEI SALANDRA, DEGLI ORLANDO . . . È FINITA. COLLE VECCHIE CARTE NON SI GIUOCA PIÙ . . . SERVIVANO, HANNO SERVITO : OGGI NESSUNO AZZARDA PIÙ DI RACCATTARLE ... ».Consentite, On. Mussolini, che noi, molto modesto gregario e soldato volenteroso ed entusiasta dello Stato Fascista, facciamo una constatazione, non per indisciplina verso il Capo ed il Duce, ma al solo scopo di portare il nostro piccolo concorso alla grande opera che dovete assolvere.

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E’ vero, tutti hanno percepito che l'epoca dei vecchi detriti è finita per sempre : gli esponenti ed i fattori della democrazia traditrice sono stati da Voi sbalzati di sella e gettati nella polvere, né ad alcuno viene vaghezza di più accorgersi di essi. Essi furono i nemici d'Italia, essi sono e debbono essere i nemici Vostri e dello Stato Fascista, del novus or do. Essi furono i nemici manifesti e palesi della Nazione, essi saranno i nemici cogniti di domani contro di Voi e contro di noi : essi però non furono soli, e non saranno soli. C'era una forza potente che li ispirava e li comandava : c'è ancora in piedi quella stessa forza che li raccoglie dalla polvere, ci sarà domani quella forza che li condurrà inevitabilmente contro di Voi.L,a internazionale finanziaria, degnamente rappresentata in Italia dalla Banca Commerciale, aveva asserviti al proprio dominio questi uomini, ne aveva fatti dei trafficanti, ed ispirava le loro azioni volgendole a proprio profitto.Questi uomini non rappresentavano che le piaghe generate dal microbo roditore. Sono state avulse dal corpo della Nazione le piaghe : il microbo resta sempre vitale per rigenerarle.Questi uomini rappresentavano i detriti generati dalla mota infetta annidata nella casa. I detriti sono stati buttati via : la mota è restata per raccattarli, elaborarli e farli spaziare di nuovo per la casa. Questi uomini costituivano l'effetto di una causa : On. Mussolini, avete eliminato gli effetti, ma occorre eliminare la causa perché gli effetti non si riproducano e la cura sia radicale.Il nemico più vero, congiurante ai danni dello Stato Fascista, è la Banca Commerciale, la quale deve essere nemica per la sua origine, per le forze che l'alimentano, per la sua missione, per non perdere il lauto bottino fatto finora.Vedremo in seguito come si esplica tale inimicizia.Lo Stato Fascista deve eliminare e neutralizzare tale nemico, ed il suo Duce è tale chirurgo per il quale anche tale operazione difficoltosa riesce agevole : il suo polso è fermo e forte, il suo pensiero è lucido, la sua visione è chiara,e non arretra di fronte alle difficoltà ed al lavoro, affronta e supera le prime ed assolve il se-condo.Le sue parole e più i suoi atti danno a tutti gli italiani tale affidamento.

XXIII. Mussolini nella parola e nell'azione.Mussolini ha inaugurato il Governo di un uomo. Nella sua mente e nella sua azione si realizza l'aspettazione di tutti gli italiani, da quattro anni disillusi, nel più sincero bisogno e nel più profondo desiderio di essere governati.Mussolini viene dal suo giornale, dal foglio delle sue idee e delle sue volontà personali, il quale squillò il suo programma d'azione fino dal primo numero.Egli è stato il dispotico irregimentatore, l'apostolo del vero in marcia verso l'azione. Egli arringava le folle, costituiva centri di azione, parlava in privato ed in pubblico il linguaggio dei giorni dell'intervento italiano, il linguaggio del Piave. I nemici erano in casa, e la guerra era contro di loro, guerra a morte contro il comu-nismo, e poi contro gli organi degenerati e passivamente complici dello Stato, primo fra tutti il Parlamento.Mussolini durante la vigilia vivificava la vittoria e la più grande Italia.Mussolini ha messo di colpo lo Stato tra il passato ed il presente : egli supera tutti gli uomini politici del passato e del presente per la forza del volere e per l'ardimento.Mussolini ha il temperamento del dominatore e non conosce la parola « impossibile ». Egli vuoi fare trionfare il principio e la realtà di un'Italia sicura di sé come Patria "e come partecipe ai destini politici del mondo, per procedere quindi al riordinamento materiale.Egli è stato il primo, in tutta la storia politica italiana, a proclamare la sua volontà di governare anche contro il Parlamento, anche senza di esso.Durante la sua vita giornalistica Mussolini aveva compreso che nessuno dei problemi incombenti sull'Italia poteva essere risolto dai rappresentanti umiliati di un governo senza autorità diplomatica e cioè senza una chiara e robusta e tenace volontà esecutiva.Egli sa quello che vuole e parla ed agisce in modo che i governi stranieri non possano continuare a trattarci da nazione inferiore, intromettendosi anche fra noi ed i paesi con i quali l'Italia deve svolgere una politica diretta per la sua valorizzazione nel mondo.Mussolini restaura in principio e in fatto un valore italiano morale, una potenza civile italiana, e rende possibile il riconoscimento di tutta la storia della Patria.Egli si è assunto un impegno tremendo e sublime : resta inflessibile al suo posto ed è capace di far giungere la sua autorità fino alle intime fibre della gente italiana.L'avvento di Mussolini ha spezzato le clandestine fortune e soffocato le speranze di ritorno o di arrivo di troppa gente : egli ha bisogno oggi e domani più che oggi, delle forze vigili del Paese. Egli ama fare più che

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criticare e discutere. Egli conquista la sua più vera e più grande autorità via via che compie i suoi atti e li comunica dopo averli compiuti. Per noi italiani Egli è l'uomo straordinario che incarna il compiuto destino di una storia. Egli tiene conto di questa fede di una generazione, e non si fida e non aspetta né le lodi né i sarcasmi, ma procede, opera, compie. Nella seduta del 10 febbraio 1923 alla Camera dei Deputati il Duce dichiarò:« Esistono dei signori i quali si illudevano di poter fare impu-nemente la guerra allo Stato ed al Fascismo. A quest'ora devono essere disillusi e più si disilluderanno in seguito ». In queste parole è l'Uomo, è la sua consapevolezza, la sua forte volontà.Ed in tema di politica estera aggiungeva :« La politica estera del Fascismo non può essere, specie in questo momento storico, che una politica estera estremamente circospetta e nello stesso tempo fortemente attiva.« La Nazione, uscita dal travaglio mirabile e sanguinoso della guerra, è ora tutta intenta all'opera di rifacimento dei suoi tessuti politici, economici, finanziari e morali ».E la prima volta dopo Cavour e Crispi che possiamo sentire da un Capo di Governo parole così incisive e piene di contenuto ricostruttivo, così realistiche.E ci piace ancora riportare le parole significative dette dall'On. Mussolini alla Confederazione del Commercio, e che caratte-rizzano magistralmente l'attività, la fattività, la volontà, l'autorità e la consapevolezza dell'Uomo che ripristinerà tutte le fortune d'Italia.« Voi venite al Governo in quanto sentite che questo Governo imponendo una severa disciplina a se stesso prima che agli altri, persegue quell'opera di restaurazione senza la quale la Nazione continuerebbe a vivere in questa crisi chissà per quanti anni. Io penso che se tutte le categorie del popolo italiano, da quelle che lavorano con le braccia a quelle che ripartiscono e distribuiscono la ricchezza a quelle che realizzano il risparmio e lo investono nella produzione, si mettono d'accordo nel constatare la necessità di questa disci-plina e di questa armonizzazione di tutti gli sforzi, l'Italia, malgrado tutto ciò che può capitare nel mondo, sarà una delle prime nazioni che potrà riscattarsi dalla crisi del dopo-guerra. Questa è la convinzione che mi son fatta nei primi quattro mesi di governo.« Certamente non bisogna credere che questo possa essere fatto in altri quattro mesi : ci vorrà un lasso di tempo un po' più lungo. L'essenziale è di camminare e di essere sicuri che si arriverà alla mèta. Il Governo farà il suo dovere : bisogna che i cittadini facciano altrettanto. Per amore — questo lo desidero — se non lo dovranno fare per forza. Io credo che queste dichiarazioni saranno accolte da voi, che siete persone intelligenti e ragionevoli, con simpatia e lealtà. Conto sul vostro spirito di solidarietà fattiva : conto sugli sforzi di tutti i cittadini. Voi sentite qual'è il supremo, il severo comandamento di questa ora che dobbiamo superare per fare dell'Italia una Nazione grande, prosperosa, forte, capace di espandersi anche oltre le frontiere ed oltre i mari ».Ci sembra opportuno riportare anche un giudizio della stampa francese sulla politica estera realistica, costruttrice e valorizzatrice dell'On. Mussolini.« L’Action Francaise », del 19 febbraio 1923, così si esprimeva :« La politica estera di Mussolini era all'inizio alquanto incerta e poteva inspirar qualche inquietudine, ma il senso della realtà e della responsabilità, che costituisce forse il tratto dominante di questo uomo di Stato, non ha tardato ad ispirarla utilmente. Il Signor Mussolini, non più abbandonato alla critica della ideologia, quella di Wilson, Lloyd George e Nitti, si è messo dal punto di vista degli interessi italiani ed ha preso per base la situazione dell'Italia, i suoi bisogni, i suoi mezzi, e ne ha tratto le conseguenze.Attraverso le sue parole si sente passare la convinzione. Egli vuole che l'Italia non resti assente nel momento di raccogliere i frutti. Egli ha pesato i rischi e ha giudicato che per l'Italia il più grave sarebbe stato quello di escludersi nella liquidazione che verrà ».

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II 14 febbraio 1923 l'On. Mussolini nel chiudere la sessione del Gran Consiglio Fascista richiamò opportunamente l'attenzione del Gran Consiglio stesso sulla situazione interna, ed espose rapidamente quale è la posizione del Fascismo di fronte alla vasta e complessa rete di interessi e di certi movimenti politici che è necessario sorvegliare e fronteggiare. Richiese ancora una volta la fervente collaborazione e la più efficace opera di fiancheggiamento, perché al di sopra dei dissensi locali la grande opera iniziata sia portata a com-pimento.

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In quella stessa sessione il Gran Consiglio deliberò ad unanimità la incompatibilità tra Fascismo e Massoneria : deliberazione con la quale si iniziò la scissione netta delle forze nazionali dagli interessi antinazionali.Quella deliberazione certamente offese forti interessi, fra i quali, in prima linea, quelli che hanno fine e funzioni apertamente antinazionali, e che mirano a sminuire la libertà della Nazione ed a controllarla. Questi interessi certamente sono stati colpiti in pieno. Si è impostato così lo svincolo da ogni vincolo, ciò che è necessario all'espansione avvenire.Questo svincolo, se deve essere efficace, non deve e non può arrestarsi alla deliberazione del 14 febbraio. I/internazionale massonica infatti non ha mai agito isolatamente e per fini propri, ma la sua azione è stata sempre aderente ed in relazione ai fini dell'internazionale finanziaria, la quale si serve oltre che degli immensi interessi agitati dall'alta Banca, anche della Massoneria per i suoi fini politici. E perciò Massoneria e Alta Banca non costituiscono che due termini, due elementi dello stesso sistema, che se ne serve unicamente o dis-giuntamente per stendere le sue reti e per conquistare ovunque il dominio incontrastato, corrompendo l'autonomia nazionale a vantaggio dei propri interessi. Quando ci siamo liberati da uno dei ter-mini del sistema dovremo necessariamente liberarci del secondo, se non avremo voluto fermarci a mezzo dell'opera di epurazione : se non vorremo restare ancora e sempre sotto il dominio delle forze antinazionali, se pure ne abbiamo eliminata una parte sola.La Nazione resterà perciò sempre soggetta alle forze antinazionali, per quanto la soggezione è stata ridotta ; ed è conseguenza logica e fatale che lo Stato Fascista, proseguendo nella epurazione e nel risanamento deve spezzare la rete tessuta dall'internazionale finanziaria dopo aver rotto i vincoli con la internazionale massonica. Quando ciò si sarà verificato, allora soltanto noi potremo ritenerci veramente liberi.Nel campo della ricostruzione dei valori nazionali, il Governo Fascista ha dovuto non soltanto riparare o colmare deficienze, ma addirittura rifare tutto dalle fondamenta, poiché non soltanto era stato distrutto l'edificio statale e nazionale, ma avulse anche le fondamenta dagli uomini del passato.L’Esercito nazionale è stato ordinato e ricostituito su salde basi, e, ciò che più importa, senza per questo portare oneri finanziari allo Stato : ciò dimostra che la magra scusante della impossibilità finanziaria non può bastare a discriminare la responsabilità dello sfacelo consapevolmente attuato, che tutto si riduce a questione di metodo e di sistema.Che dire poi dell'Areonautica, che in Italia non esisteva più affatto, quando tutte le Potenze, vincitrici e vinte, ricche e povere, si provvedevano di ricche flotte aeree per le conquiste di pace e per la preparazione militare ?Il Governo Fascista ha creato un apposito organo ed ha adottato una serie di provvedimenti, tra loro intimamente collegati, attraverso i quali l'Italia avrà ormai in breve tempo riguadagnato il tempo perduto con lo sviluppo della produzione areonautica e con l'organizzazione di una aviazione militare ed altra civile, sicché anche in questo primissimo campo l'Italia acquisterà il posto che le spetta nella competizione pacifica internazionale. E non inopportuna fu la deliberazione dell'Alto Commissariato dell'Areonautica per la indagine più completa circa le responsabilità politiche ed amministrative per la affrettata e confusa alienazione del materiale areonautico che l'Italia aveva residuato dalla guerra : era nel programma della democrazia che l'Italia non dovesse e non potesse sviluppare tale importantissima sua attività, elemento oggi indispensabile e coefficiente primo per le conquiste e le affermazioni nazionali nel campo delle attività umane e nazionali.Il programma positivo di effettiva ricostruzione e valorizzazione del Governo Fascista è così vasto e complesso per quanto vasta e complessa fu la rovina : esso si va attuando per gradi, ed i fatti rispondono alle parole : basta la sola enunciazione di quello che è già stato fatto in breve tempo per avere la prova incontrovertibile della lealtà e della capacità del Governo Fascista ; onde anche per i più increduli la fede nei nuovi reggitori d'Italia è legittima e doverosa, mentre la sfiducia costituisce tradimento.Sotto l'egida del Governo si è costituito recentemente un Sindacato per la valorizzazione e lo sfruttamento agricolo e commerciale della Cirenaica : dopo oltre dieci anni da quando si possiede la Colonia, soltanto lo Stato Fascista poteva pensare e provvedere alla utilizzazione di essa con impiego di capitale e mano d'opera italiani, si da rendere la Colonia stessa doppiamente utile, come produttrice di ricchezza e di risorse e come assorbitrice dell'esuberante lavoro italiano, costretto a mendicare il pane straniero.Seguendo la stessa direttiva di utilizzazione di tutte le risorse nazionali allo scopo precipuo di valorizzare tutte le attività produt-trici del Paese, nel Febbraio 1923 ad opera del Sindacato Italiano delle Cooperative del P. N. F. si costituì il Consorzio Mercantile Italiano, il quale, sotto l'egida del Governo, dovrà contribuire effi-cacemente alla ricostruzione dell'economia italiana alla quale attende il Governo Fascista.

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E non è sfuggito all'attenzione del Governo Fascista il problema cardine della economia produttiva della Nazione : il rifornimento delle materie prime.E cominciando dal combustibile liquido per il quale noi siamo, come per altri elementi, completamente alla mercé dello straniero, il Governo ha volta la sua attenzione sia alle fonti di rifornimento all'interno del Paese che all'Estero. Ha deliberato pertanto la intensificazione delle ricerche del prezioso minerale nelle plaghe italiane dove molteplici e concomitanti indizi ne fanno supporre la esistenza, e contemporaneamente provoca ed effettua importanti accordi diplomatici per lo sfruttamento delle fonti esistenti all'Estero e non ancora cadute sotto il dominio degli alleati. E recente l'accordo per i pozzi petroliferi polacchi, che lo Stato Fascista è riuscito a riservare ed assicurare all'attività ed all'economia dell' Italia, colmando così la più peccaminosa inerzia dei governi democratici del dopo guerra.

XXIV. Lo Stato Fascista ricostruttore ed epuratore.Gli uomini del passato negavano all'Italia il diritto di avere un'industria, e specialmente l'industria pesante, perché manca dei due elementi necessari : ferro e carbone. Questa teoria è sostenuta all'Estero, ed è accettata da una parte degli italiani sottomessi alla volontà ed agli interessi stranieri, e non rappresenta che l'estrinse-cazione di una intesa segreta tendente alla soggezione economica dell'Italia, e quindi politica. E l'Italia che pure ha dato sangue e vite e sacrifìzi per la sua indipendenza politica, deve sopportare che nel campo conomico sia soltanto terra di conquista e di sfruttamento, per il concerto dei sistemi economici internazionali.Ogni paese che debba tutelare la sua autonomia economica e politica ha il diritto di dar vita ad una grande industria, nelle legittime proporzioni, senza esagerazioni, ma senza rinunzie.L'Italia ha bisogno della grande industria per alimentare e regolare tutta l'economia nazionale : per far vivere l'agricoltura ; per l'assorbimento del lavoro nazionale al quale è insufficiente l'emigrazione ; per lenire lo sbilancio commerciale originato dalle importazioni di vettovaglie non sufficientemente prodotte sul suolo nazionale ; per aiutare l'espansione italiana, nel commercio e nella marina, conformemente alle necessità della sua posizione demografica e geografica ; per garentire la difesa militare del Paese, la quale è basata oggi unicamente sul sistema industriale ; per assicurare al Paese l'indipendenza e l'autonomia economica, onde evitare che il Paese diventi unicamente mercato di sfruttamento straniero e sia servo delle banche legate ai sistemi industriali esteri.Poiché l'Italia difetta — e non manca assolutamente — di ferro, non è insolubile il problema per colmare la deficienza. Se nel nostro suolo non havvi ferro sufficiente all'entità dell'industria pesante necessaria alla conservazione ed alla preservazione del Paese, quello che manca può e deve essere preso altrove : gli accordi diplomatici ne facilitano la concessione, ed elementi economici, la Marina mercantile opportunamente sviluppata, ne assicurano il trasporto.Questo, che altre nazioni hanno fatto e fanno oggidì, non è stato possibile per l'Italia con gli uomini del passato ; l'On. Mussolini, abbiamo già. detto, non conosce la parola « impossibile ».L'industria pesante, risultante del ferro e del carbone, è la chiave del sistema economico ; da essa derivano tutte le altre industrie, dalla produzione della ghisa a quella dell'acciaio, e quindi delle rotaie, dei ponti, delle macchine, delle navi, ecc. Con questa industria si ha tutta l'armatura tecnica necessaria a sviluppare l'economia nazionale.Abbiamo già constatato nel precedente capitolo che alla visione di assieme del Governo Fascista non è sfuggito l'importante problema delle materie prime : non può tardare l'opera dello Stato Fascista anche per la ricostruzione del sistema industriale italiano, base della ricostruzione e della indipendenza economica, poiché in questo campo c'è molto da riparare, molto da rifare, troppo marciume da eliminare, e troppe membra spezzate da saldare, poiché compito essenziale dello Stato Fascista è quello di eliminare gli interessi antinazionali, dovunque si trovino annidati, e ristabilire in efficienza e produttività i valori nazionali.Lo Stato Fascista ha posto fino dal primo momento due grandi e complesse operazioni a base di tutta la sua attività presente e avvenire, volte ambedue alla difesa del Fascismo e dello Stato : epurazione dei detriti del passato attraverso la quale elementare premessa giungere alla ricostruzione politica, morale ed economica del Paese. E l'attenzione quindi dello Stato Fascista si è volta subito contro tutte le manifestazioni ed organizzazioni internazionali, nemi-che, per la loro stessa origine e costituzione, dello Stato Nazionale.Ed abbiamo potuto registrare a merito del Governo Fascista ed a sollievo di tutta la Nazione la vittoria conseguita in breve tempo su tutti gli internazionalismi : il comunismo ed il socialismo sono stati schiacciati, eliminati dal giuoco della vita pubblica e posti in ridicolo presso gli stessi loro aderenti, e si sono ridotti a tale meschina entità da non poter assolutamente più contare in alcun modo nella vita del Paese. Altra

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manifestazione potente del sistema internazionale era la Massoneria, e lo Stato Fascista l'ha elegantemente relegata in soffitta, fra tutti gli altri ferri vecchi del passato.Forza antitetica del Fascismo, pur essendo nazionale, poteva essere ed era il Partito Popolare, e lo Stato Fascista lo ha sottomesso pacificamente.È necessario per l'indole di questo studio e sopratutto per il fine che ci siamo proposti accingendoci al lavoro, e nell'interesse precipuo del Fascismo e dello Stato Fascista, che a noi, umile gregario, sia consentito un rilievo ed una constatazione.E con legittimo orgoglio e compiacimento che abbiamo registrata l'ondata di plauso e di sollievo con cui tutta l'Italia sana, non infetta dai corruttori, devota alla causa nazionale, ha accolto la eliminazione dei comunisti e dei socialisti dall'orizzonte politico senza possibilità presente o avvenire di risorgere, e lo svincolo netto dalla Massoneria.Dobbiamo rilevare però, e con ciò non riteniamo di venir meno alla disciplina fascista e nazionale, che con queste operazioni di polizia si è eliminato soltanto il fenomeno, l'effetto : non si è ancora eliminata la causa. Comunismo, socialismo, massoneria non sono che elementi, strettamente politici, di un unico sistema internazionale che fa capo all'Alta Banca, la quale provvedeva ad alimentarli ed a vivificarli come che tendenti al suo stesso fine ; la sovrapposizione di interessi internazionali agli interessi nazionali. Questo elemento base del sistema internazionale, l'Alta Banca, resta ancora in piedi, al suo posto di combattimento, ricca di bottino fatto durante l'èra democratica e forte della forza internazionale alle sue spalle, ed è in casa nostra, padrona di tutta l'economia nazionale. Essa non può sopportare il pugno di ferro dello Stato Fascista, abituata com'era a dominare, e non può soffrire di essere dominata come non può consentire che le siano tolti i frutti conquistati finora : ha perduto sì il dominio politico, ma le resta il dominio economico, del quale si serve se non per riconquistare il dominio politico, per lo meno per neutralizzarlo e disturbarlo.I nemici palesi sono stati spazzati, il nemico occulto resta.Questo ha raccolto tutti i detriti di cui lo Stato Fascista si è liberato, e nell'ombra attende ad organizzarli, ad ossigenarli, a mantenerli in vita per la lotta di agguato, per poter loro imprimere al momento opportuno la propulsione di movimento, e servirsi quindi di essi, come per il passato, per disturbare l'attività dello Stato Fascista, per intralciarne la strada, per ostacolarne i programmi e le realizzazioni.II nemico manifesto è scomparso sì, ma si è nascosto nell'ombra sotto la protezione del suo antico padrone, ed ivi attende, all'agguato, il momento giusto per rigalleggiare.È di questi giorni, dopo quasi cinque mesi di governo fascista, l'attività di tutti i detriti del passato, tendente alla svalutazione della attività dello Stato Fascista ed a diffondere pessimismo e sfiducia nelle masse. Costoro si servono di tutti i mezzi più loschi e più infidi per ottenere l'intento, e cercano di fare attecchire la loro campagna infida presso l'elemento più facile alla suggestione ed alla incomprensione, presso il popolo che è loro sfuggito di mano : non pochi messeri, appositamente pagati, dicendosi bene informati, vanno confidando in segretezza dappertutto, nelle officine e nei campi e fin nelle case del popolo che lo Stato Fascista ha vita brevissima, che cadrà presto, che si poggia soltanto su cento camicie nere prezzolate, che tutto il Paese è preparato al riscatto dalla tirannia di pochi uomini violenti e paranoici, che non si può e non si deve fare affidamento sull'attuale ordine di cose, che le cose torneranno come prima, che già è disgregata la compagine fascista, che il Fascismo è costituito soltanto di facinorosi e di arrivisti, e via di questo passo !Questa campagna da chi è alimentata, da chi è sostenuta, da chi è pagata ? Evidentemente da tutti coloro che hanno perduta una posizione, uniti ed associati a coloro che temono di perdere il mal conquistato. Questa enorme associazione a delinquere, dal comunismo al socialismo alla democrazia libero-massonica, congiura all'ombra dell'Alta Banca, da questa mantenuta come per il passato, e tenta l'aggiramento e l'agguato non avendo più la possibilità dell'attacco frontale.Il problema basilare del Partito Fascista e dello Stato Fascista resta quindi la eliminazione o la neutralizzazione dell'elemento principale del sistema internazionale, dell'Alta Banca, per evitare che i detriti fermentino e corrodano la base del monumento così arditamente concepito e costruito, per assicurare la tranquillità e la stabilità effettiva del nuovo Stato.È di ieri il complotto comunista del febbraio 1923 : i vari Ing. Bordiga e compagni non furono che esploratori lanciati avanti al sondaggio della sensibilità e della resistenza dello Stato Fascista.Il denaro sequestrato nelle loro mani, di colore russo — perché della Russia si è impadronito completamente il sistema di forze internazionali che ha per fine la distruzione e la soggezione delle nazioni e delle nazionalità — o tedesco o di qualsiasi altro colore, è pur sempre proveniente dalla internazionale finanziaria, e per essa dall'Alta Banca. Il recente passato del periodo bellico e post bellico ci apprende qual'era la banca attraverso la quale passava tutto il denaro destinato al disfattismo ed al tradimento.

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I,o Stato Fascista ha allungato subito la mano sugli esploratori e li ha catturati in flagrante : il grosso si è ritirato per appostarsi ancora all'agguato e per elaborare il modo ed i mezzi più acconci per dare battaglia al momento propizio. Talché lo Stato Fascista deve necessariamente stare continuamente vigilante : basta un sol momento di abbandono o di allentata vigilanza perché i nemici poliedrici, amalgamati e cementati in unico fine, gli piombino addosso. Egli certamente si difende e si difenderà e bene : non è invece più oppor-tuno prevenire, onde essere tranquilli che la base del proprio edifizio non potrà essere mai più toccata ed attaccata dai tarli roditori di ogni internazionale ?Non esitiamo ad affermare che di tale opinione debbono essere, e certamente sono, i condottieri dello Stato Fascista. Ma, e come prevenire ? È quanto proporremo in seguito.

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Noi non apparteniamo alla politica militante, siamo modesto osservatore dei fatti sociali e politici, siamo soltanto umile gregario del Fascismo, disciplinato soldato dello Stato Fascista, figlio devoto ed amante della Patria : ciò non toglie che le osservazioni del passato e del presente ci consentono di dedurre logicamente il prossimo avvenire.È ormai una verità incontrovertibile che il Governo Fascista si differenzia dai governi del passato per il contenuto specifico dei programmi e delle opere ; alla deficienza si è sostituita la esuberanza ; ai tradimenti la lealtà ; alla corruzione la onestà ; alla inerzia l'attività senza posa ; alla distruzione la ricostruzione ; allo inquinamento la epurazione.Ci sono due specie e due forme di ricostruzione : la ricostruzione della finanza statale, e la ricostruzione della economia nazionale attraverso la valorizzazione di tutte le sue attività produttive. Queste le due specie. Abbiamo poi due forme distinte di ricostruzione : la forma limitativa della distruzione della ricchezza nazionale, e la forma creatrice ed accrescitrice della ricchezza.Nei riguardi delle due specie di ricostruzione è pacifico che esse si confondono in unico fine, e che havvi tra di esse uno stretto nesso di causa ad effetto : la prosperità infatti della finanza statale o prosperità di bilancio dipende più che da ogni altro fattore dalla prosperità economica di tutte le attività nazionali ; è intuitivo che valorizzare queste attività e concorrere al loro sviluppo ed al loro incremento si produce il benessere individuale e collettivo e quindi la prosperità statale.Circa le forme della ricostruzione è altrettanto pacifico che la forma limitativa della distruzione della ricchezza (spese) non costituisce che uno dei fattori, e non certamente il più efficiente ed efficace per la ricostruzione completa, e che in tanto essa può risultare di sicura efficacia in quanto venga considerata soltanto come punto di partenza e non di arrivo, come base alla seconda forma.Esce fuori i limiti ed i fini del presente lavoro occuparci di questa forma di ricostruzione, epperò ci basta soltanto additare al popolo italiano lo sfrondamento, lo sfollamento, la esemplificazione e la contrazione operate dal Governo Fascista in tutti i rami delle pubbliche amministrazioni, che risultano ora oltre che più economiche, più snelle, più agili, più rispondenti al mandato che devono assolvere.Della seconda forma di ricostruzione, della creazione e dello accrescimento delle attività produttive, noi dobbiamo occuparci di proposito per il fine che perseguiamo nell'interesse nazionale.Dal programma enunciato dal Governo Fascista e dall'azione già spiegata ed in atto, dobbiamo ritenerci autorizzati a pensare, in via di deduzione, che l'attività principale del Governo stesso deve essere volta a riparare gli errori ed i tradimenti del passato, e quindi a procurare e stimolare la vera ed effettiva ricostruzione nazionale, e cioè la creazione e l'accrescimento della ricchezza attraverso le attività produttive della Nazione per la redenzione economica,Conseguentemente l'attività ricostruttrice del Governo deve basarsi su due elementi principali, attinenti ambedue alla politica estera : accordi politici e diplomatici per procurare alla Nazione le materie prime di cui manca, e ve ne sono ancora disponibili dappertutto — in Russia come in Turchia, come nell'America Centrale, come nell'Africa Settentrionale, senza parlare della Tripolitania e dei Paesi Balcanici ed Orientali — ed accordi per la nostra emigrazione nelle stesse zone nelle quali ci vengono riservate le fonti di rifor-nimento. Questi due elementi devono essere fusi ed insieme coordinati, raggiungendo in un tempo un triplice fine : valorizzazione delle industrie nazionali col procurare ad esse le materie prime che devono acquistare all'Estero ; incanalamento della nostra esuberante mano d'opera verso nuovi orizzonti produttivi, supplendo così alla limitazione di esportazione umana impostaci dai paesi di maggiore assorbimento fino al periodo bellico ; sfruttamento di fonti di rifornimento all'Estero con lavoro italiano, e quindi valorizzazione superlativa delle fonti stesse perché date nelle mani di italiani.

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Questa per lo meno è la politica ricostruttrice realistica, la più diretta a conseguire la redenzione e la indipendenza economica. E se siamo nel vero, come riteniamo di essere, dobbiamo però ancora aggiungere che alla effettuazione completa di tale programma manca un elemento integratore, che è il più importante, e del quale il Governo non è in possesso, almeno per il momento.Nelle pagine seguenti diremo di questo elemento e dei mezzi idonei a disporne, conformemente al fine che ci ha mossi nell'accingerci a trattare l'argomento dominante della vita nazionale.

XXV. Il nemico interno irriducibile.Il 5 novembre 1918 noi ci trovammo nella qualità di comandante di presidio nella forte ed industre città di Colle Val d'Elsa, in quel di Siena. Ivi, all'annunzio della Vittoria di Vittorio Veneto, della Vittoria per antonomasia e che resterà fulgida nella storia militare di tutti i tempi e di tutti i popoli, invece di aversi una legittima esplosione di gioia, ebbe a verificarsi, inaudito ma vero, una dimostrazione comunista in tutta regola : cartelloni inneggianti all'internazionale ed a Lenin e cartelloni con diciture di « Abbasso la guerra », « abbasso l'Italia ! » erano portati in trionfo e grida incomposte contro l'Italia vittoriosa costituivano la manifestazione illogica e brutale !Tutto era stato preparato perché si aspettava la sconfitta dell'Italia, e si volle utilizzare contro la Vittoria gli artisti scritturati e lo scenario preparato per la sciagura augurata.Dopo quattro giorni, all'annunzio ufficiale che anche la Germania aveva piegato il ginocchio, la cittadina industre ad iniziativa della rappresentanza comunale e del Comitato cittadino dei partiti costituzionali, volle ufficialmente e solennemente -commemorare ed esaltare la Vittoria dell'Italia e dell'Intesa, per cancellare la pagina ingiuriosa scritta dal bolscevismo quattro giorni avanti nella storia della città. Ad oratore ufficiale per tale cerimonia patriottica il Sindaco della città volle chiamare noi, per quanto umile, forse per compensarci dell'opera modesta, ma energica, immediata e risolutiva, prestata in occasione della manifestazione bolscevica.Ricordiamo ancora perfettamente, e quanti vi assistettero debbono ricordare ancora, che in quell'occasione noi esaltando il fausto evento dinanzi ad una folla di migliaia di persone, mettemmo sopratutto in guardia la popolazione contro la facile esaltazione, ed ammonimmo con queste precise parole : « abbiamo vinto la guerra, ma dobbiamo ancora vincere la pace ; abbiamo debellato il nemico alle frontiere, ma il nemico interno resta vigile per sabotare la vittoria come sabotò la guerra ! Uniamoci nel sentimento di devozione alla Patria, e per i 500 mila nostri morti giuriamo tutti a noi stessi di dedicarci alle opere di pace per la redenzione economica e per la vittoria sull'agguerrito nemico interno che è in agguato contro la Nazione, non potendo bastare alla completa indipendenza politica nostra la sola redenzione politica e la vittoria militare ».Questo episodio di vita vissuta e queste parole abbiamo voluto qui riportare, poiché quelle stesse parole dette apparentemente con spirito profetico nel 1918, ma in realtà consapevolmente dette per la conoscenza diretta dell'opera disfattista e sabotatrice della guerra e della vittoria svolta dai nemici interni, possono essere integralmente ripetute oggi, dopo la prima vittoria interna, dopo il risveglio della Nazione e la rivoluzione fascista.Oggi ancora dobbiamo dire a noi stessi, allo Stato Fascista : esaltiamo pure la nostra vittoria e la nostra conquista, ma dedichiamoci tutti con unità di intenti a conquistare la vittoria definitiva, a redimere la Nazione economicamente ed a consolidare e difendere la indipendenza politica, individuando il nemico interno ancora vigile ed operante ai nostri danni, ed adoperiamoci a neutralizzare la sua azione.Abbiamo già detto nelle pagine precedenti che il comunismo, il socialismo, la massoneria sono soltanto una parte dei nemici interni, anzi le manifestazioni diverse di una stessa attività nemica, gli effetti diversi di una sola causa : a capo di tutti i nemici è la internazionale finanziaria. La Banca che appartiene a questo sistema internazionale deve assolutamente prescindere dalla entità Nazione, sovrapporsi ad essa e necessariamente operare contro di essa, perseguendo essa fini essenzialmente antinazionali. Per tutte le internazionali ogni nazione è una quantità trascurabile, è un fattore da asservirsi per volgerlo ai propri fini, epperò deve nell'interesse dei fini medesimi sacrificare, ove occorra, la Nazione.Onde il nemico naturale di un governo che attende a valorizzare l'entità Nazione ed i valori nazionali deve essere l'internazionale finanziaria alla quale fanno capo e si innestano oltre che tutte le altre forme di internazionalismo, tutti gli scontenti e gli spodestati per un tornaconto contingente, ed il contrasto, come si vede, è fondamentale, perché deriva dagli opposti fini che perseguono le due forze, in questo caso, antitetiche : Governo nazionale e internazionalismo finanziario.Ciò premesso è del pari naturale, e non può quindi suscitare né meraviglia né sdegno, che la Banca accampata in Italia per conto della internazionale finanziaria e per questa operante rappresenti la forza

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antitetica dello Stato Fascista, il nucleo nemico verso il quale si polarizzano tutti gli altri internazionalismi e tutto il servidorame del passato.Questa Banca infatti è divenuta oggi l'esponente vero e manifesto di tutte le avversioni allo Stato Fascista : sotto le sue bandiere si è rifugiata anche tutta la democrazia spodestata e che fino a ieri era stata serva fedele di essa.Queste forze insieme riunite stanno contro lo Stato Fascista : non si avventurano certamente ad attaccare frontalmente il nuovo ordine di cose conoscendone la forza intrinseca ed estrinseca, ma, anche perché i lor fini sono inconfessabili, agiscono e tramano nell'ombra, stanno in agguato, e si preparano per tentare al momento opportuno dei ricatti politici, come è loro consuetudine.Oggi invero si ha da tutti la sensazione che non può essere e non è un Giolitti o un Orlando o un Turati ad impersonare i nemici dello Stato Fascista : essi servirono alla Banca ricattatrice quando potevano essere sfruttati e quando potevano nasconderla dietro la loro azione : oggi la Banca dominante li ha soltanto raccolti da terra e li tiene in serbo per agitarli ed assegnare loro la solita parte di comparsa al momento opportuno.Oggi tutti sentono che il dissidio ed il duello tra le due forze antitetiche ed irreconciliabili si traduce in due nomi : Mussolini-Toeplitz.Nei primi di Marzo del 1923, quando già lo Stato Fascista ha messo salde ed indistruttibili radici, un cittadino curioso e ficcanaso s'incontra con un suo amico, a lui noto come spia politica al servizio della Banca Commerciale, e tra i due personaggi, che omettiamo di nominare per evidenti ragioni di riserbo, avviene il seguente dialogo che noi siamo riusciti impensatamente a fotografare.CITTADINO : Dimmi un po', chiede dopo i convenevoli di uso, ora la Commerciale come si trova di fronte al Governo Fascista ?SPIA : Benissimo, Mussolini fa la corte alla Commerciale.CITTADINO : (piuttosto meravigliato) : Come ?SPIA : Si capisce, la Commerciale è troppo forte per temere il Governo Fascista.CITTADINO : Ma il Governo Fascista è troppo forte per temere la Commerciale !SPIA : Non tanto quanto la Commerciale. Del resto la Commerciale non ha niente a temere dal Governo, ed in questo momento può fare a meno del suo aiuto ; mentre il Governo deve temere la Commerciale e può sempre aver bisogno dell'aiuto della forza finanziaria che è tutta in mano della Comit.CITTADINO : Sarà, ma non mi sembra che il Governo Fascista possa temere la Comit e tanto meno che Mussolini non abbia motivi di doglianza verso la Comit.SPIA : Veramente Mussolini fa la corte alla Banca, ma non può assolutamente digerire Toeplitz.CITTADINO : E allora ?SPIA : Si capisce : Mussolini vorrebbe eliminare Toeplitz dalla Commerciale, ma ciò rappresenta una fatica superiore alle sue forze.CITTADINO : Davvero ?SPIA : Naturale : Toeplitz non può essere scalzato né ora né mai, che egli è il padrone unico e vero della Banca ; è più forte e sicuro Toeplitz al Governo della Comit, che Mussolini al Governo dell'Italia.CITTADINO : E allora quale sarà la soluzione ?SPIA : I^e cose restano come sono per il momento : Mussolini è contro Toeplitz e non contro la Banca Commerciale : d'altra parte Toeplitz non c'è forza che possa riuscire a sbalzarlo di sella, e perciò i due uomini restano di fronte, in attesa degli avvenimenti.CITTADINO : Come, come ? Quali previsioni allora ?SPIA : È logico : Toeplitz si arma, si prepara, attende il momento opportuno per imporsi a Mussolini : oggi fa finta di essergli amico non potendosi compromettere, ma è sicuro di vincere domani, perché certamente egli è il più forte, né Mussolini potrà reggersi per molto tempo al Governo. L'esperimento Fascista passerà presto, quindi si può aspettare. Intanto la Banca sarà sempre condotta da Toeplitz, che, anche volendo, non può andarsene, essendo stato comandato a quel posto dalla finanza internazionale : egli quindi non molla, continua per la sua strada né si preoccupa dei fastidi del Governo o della brutta ciera che Mussolini gli fa.CITTADINO: Veramente tutto ciò mi meraviglia.SPIA: Perché? Non è evidente forse?CITTADINO: Avevo sentito dire diversamente : e cioè che la Commerciale temesse di essere attaccata da un momento all'altro dal Governo Fascista, per le sue male fatte durante la guerra e dopo.SPIA: Ciò è assurdo ; la Commerciale non teme né il passato, né il presente, e l'avvenire sarà nuovamente suo, tutto suo ; essa rappresenta una strapotenza invincibile ed ha troppe forze a sua disposizione.CITTADINO : Eh ?!SPIA : So quel che mi dico . . . ma non farmi dire poi quello che non posso dire ; arnvederci.

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E andò via la spia lasciando il suo amico disorientato ed incuriosito, e forse, anzi certamente, anche turbato.E chiaro ? I,a Banca Commerciale detta Italiana è in posizione di attesa, in fase di preparazione e di elaborazione dei suoi piani e della sua immediata azione ; agirà al momento opportuno per impadronirsi dell'avvenire, mentre non teme il presente.Toeplitz è un ebreo polacco, prima cittadino tedesco, poi naturalizzato italiano e convertitosi alla religione cattolica, il quale, come tutti gli ebrei dell'alta Finanza, è in realtà un senza patria che ha continuato e continua nel suo paese di adozione l'opera nefasta del suo maestro Otto Joel. Durante la guerra Toeplitz fece frequenti viaggi nella Svizzera.Ed a maggiore documentazione, per quanto superflua, ci piace ancora riportare la fotografìa di un altro colloquio sorpreso tra un impiegato della Banca Commerciale ed un altro cittadino, e dei quali omettiamo anche i nomi per le stesse evidenti ragioni di riserbo.CITTADINO : Come va ora la Commerciale ?IMPIEGATO : Benissimo.CITTADINO : Certo non come prima : ora il Governo Fascista non è il Governo di Giolitti, di Bonomi, ecc. e non si presta ai voleri della Commerciale.IMPIEGATO : Non conta : la Commerciale è sempre la padrona della situazione, tutto il mercato dipende da noi.CITTADINO : Ma il Governo Fascista potrà prendere qualche provvedimento per le banche, e specie per la Commerciale ?IMPIEGATO : La Commerciale non teme alcun provvedimento. Si era detto che Mussolini volesse fare del Banco di Roma la Banca Nazionalista, ma...CITTADINO : E non può farlo ?IMPIEGATO : Prima che il Banco di Roma riesca a liberarsi del passato . . . troppo ci vuole ! La Commerciale lo tiene per la gola e non lo lascia andare per altra strada, nonostante quello che voglia Mussolini.CITTADINO : Può essere. Provvederà forse diversamente il Governo ...IMPIEGATO : Già, si è pure detto che Mussolini voglia riunire in unica banca tre Istituti : Banco di Roma, Nazionale di Credito ed Istituto di Credito Marittimo.CITTADINO : A che farne ?IMPIEGATO : Per fare un unico organismo contro la Commerciale ; ma anche questo disegno è inconsistente : la Commerciale se li mangia tutti e tre separatamente o uniti, quando vuole.CITTADINO : E possibile ? E così forte la Commerciale ?IMPIEGATO : Certo : essa ha alle spalle la finanza internazionale, e perciò è potente ed invincibile.CITTADINO : Ma la Commerciale è poi proprio contro il Governo ?IMPIEGATO : Assolutamente e nettamente antifascista : questi sono gli ordini.Ogni commento a questo dialogo è superfluo : le deduzioni sono intuitive e non hanno bisogno di parole per imporsi alla serena attenzione del Fascismo, dello Stato Fascista, della Nazione tutta.I piccoli (spia ed impiegato) hanno parlato in quanto i grandi avevano già parlato.

XXVI. Situazione bancaria.La Banca più forte e più potente — ha detto un suo impiegato — è incontrastabilmente oggi la Banca Commerciale Italiana.E .pacifico per tutti che il Credito Italiano è stato sempre ed è fuori concorso, in quanto non rappresenta che un fedele satellite della Banca Commerciale.La Banca Nazionale di Credito, come abbiamo esaminato esaurientemente in altra parte di questo lavoro, piccola creatura piantata sopra una enorme ossatura, acefala e senza linfa, senza volontà e senza potenzialità, non è che una stretta dipendenza, una succursale della Banca Commerciale : affidata nelle mani di un funzionario della Commerciale aderisce completamente alla volontà ed all'azione della sua padrona. Il suo stato di vassallaggio diretto non può essere messo in dubbio, perché è evidente, troppo evidente.Il Banco di Roma, per vivere e per non morire, ha dovuto — obtorto collo — entrare nella costellazione della Commerciale e sottoporsi alla sua tutela e protezione : ha quindi le mani legate, e per scioglierle troppo tempo e troppo sforzo occorrerebbero. Non è più libero nella sua azione, è oramai aggiogato al carro del dominatore e deve seguirlo.L’Istituto Italiano di Credito Marittimo svolge particolare attività nel campo bancario, e deve ancora irrobustirsi : è quindi fuori del campo della lotta né potrà mai assumere posizione contro la Commerciale per i rapporti di origine comune che corrono fra i padroni effettivi dei due organismi.

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La Banca d'America e d'Italia, pure ricca di capitale liquido, non ha un programma : limita la sua azione alla piccola speculazione e non ama tirarsi addosso nemici né impigliarsi nella rete : vuoi essere lasciata tranquilla, che non da e non vuole fastidi, poiché il suo programma è così modesto da non suscitare né l'attenzione e tanto meno la gelosia o l'inimicizia dei colossi.Limitiamo il nostro esame ai soli Istituti che per l'entità del loro capitale azionario possono rappresentare ed avere un indirizzo politico ed un programma finanziario : omettiamo l'indagine sugli innumeri piccoli Istituti di Credito, per quanto l'indagine risulterebbe completamente a favore della nostra tesi, poiché questi non possono avere né libertà di azione né un programma indipendente e fattivo, costituendo quantità trascurabile nel giuoco del mercato bancario. Essi debbono e possono soltanto agire nell'orbita e sotto l'egida delle grandi Banche di Deposito, ed una indagine ci farebbe constatare che se non tutti, la massima parte di essi sono proprio nell'orbita della Commerciale. Questa infatti ha sempre disdegnato di trapiantarsi in zone e centri non molto importanti, dove invece ha preferito giungere indirettamente a mezzo di piccole banche da lei controllate ed a lei soggette.Ciò premesso è evidente che tutto il movimento bancario italiano, quello che conta qualche cosa, è oggi in mano alla Banca Commerciale, assoluta ed incontrastata dominatrice del mercato.E non è soltanto padrona del mercato bancario : attraverso questo dominio essa è giunta al dominio di tutta l'attività industriale, al dominio ed alla gestione di tutto il risparmio e del capitale italiano, al controllo della produzione e del commercio interno ed estero, al controllo ed al regolamento dell'attività finanziaria dello Stato, al dominio di tutta l'economia nazionale, ed, attraverso la stampa — tutta in sue mani — come le banche e le industrie, al dominio della opinione pubblica.Questa forza bancaria che tutto domina e tutto controlla può agire nell'orbita dello Stato Fascista o deve agire contro di esso ?La risposta è intuitiva e lampante.La Banca che rappresenta la finanza internazionale, che da questa è sostenuta, che persegue fini nettamente antinazionali, quale autentica « bestia ria » nella sua insaziata e mai soddisfatta sete di conquista e di dominio si vede contrastata il passo dallo Stato Fascista che persegue fini del tutto opposti ed antitetici. AnalogamenteLo Stato, venuto finalmente nelle mani delle forze giovani ed indipendenti, nelle mani dei più veri e dei più puri figli d'Italia, perseguendoIl programma di affrancazione e di massima valorizzazione di tutti i fattori ed i valori nazionali, deve vedersi ad ogni passo intralciata la via dalla Banca dominante, via che trova insidiata dappertutto.Sono due forze antitetiche per le loro origini e per i loro fini : ognuna deve perseguire l'attuazione del proprio programma, non può e non deve decampare da esso, ed è evidente che l'organo finanziario dominante deve porsi contro lo Stato Fascista, né può essere diversamente.La Banca Commerciale si appellò italiana perché fu per 30 anni padrona dell'Italia economica e politica : ora ha perduto il potere politico ma conserva integro il dominio economico : la sua azione da oggi è diretta a conservare il male acquistato dominio economico ed a riconquistare il perduto dominio politico : ciò lo Stato Fascista non può permettere, non deve permettere, non permetterà.

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II 7 marzo 1923 S. E. l'On. Mussolini, compiendo un rito affatto nuovo ma altamente significativo, recandosi personalmente a presentare al controllo del Ministro tecnico i bilanci dei suoi dicasteri, ebbe a dire : « La storia dei popoli ci dice che la severa finanza ha condotto le nazioni alla grandezza ».Noi siamo un umile ed oscuro vostro soldato, Onorevole Mussolini, ma devoto e disciplinato : dobbiamo perciò constatare ancora una volta che ogni vostra parola ha un contenuto profondo di realtà, ogni vostra parola è un programma, un fatto, l'azione.Ma dobbiamo altresì disciplinatamente farvi presente che la parola RICOSTRUZIONE si scompone in due differenti stadii : ricostruzione finanziaria e ricostruzione economica.Certamente la ricostruzione finanziaria deve costituire uno dei capisaldi dell'opera ricostruttrice, ma non è la sola, ed a sé stante non potrebbe produrre gli effetti benefici e duraturi che se ne aspettano.A base della ricostruzione finanziaria, ad integrazione necessaria di essa, c'è la redenzione economica, poiché non dobbiamo dimenticare la più grande e profonda verità : CHE IL TRAGICO DOMINATORE È IL FATTORE ECONOMICO, DETERMINATO SOPRATUTTO DALLA VITA FINANZIARIA DEL PAESE.Ed è questa vita finanziaria, ora completamente in mano a forze antinazionali, che occorre invigilare, regolare, controllare, indirizzare, conquistare, perché ogni fatica non sia resa vana.

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Noi possediamo sì il potere politico, ma non possiamo aspirare ad ottenere soltanto con esso la completa redenzione economica, quando il fattore principale della economia, e cioè gli organi finanziarii, non sono in nostra mano e ci sfuggono e ci contrastano il passo : in altri termini lo Stato Fascista ha sì la casa, ma ne ha lasciato le chiavi in mani straniere e nemiche. Occorre quindi per la sua tranquillità presente ed avvenire, che quelle chiavi siano conquistate o per lo meno che siano rese inefficaci, cambiando la serratura alla casa ed adoperando quindi altre chiavi da consegnarsi in mani amiche e fidate.L'organo finanziario genera direttamente le attività economiche e contribuisce al loro sviluppo : esso è l'elemento indispensabile e il coefficiente essenziale che può produrre sia lo sviluppo e l'incremento che il dissolvimento di tutti i fattori economici produttivi della Nazione. Non si può prescindere da tale organo, e grave errore sarebbe il farlo. Nessuna iniziativa politica e diplomatica può avere pratica estrinsecazione e soluzione senza la cooperazione della forza finanziaria. Epperò il potere politico o deve poter contare su tale elementoO deve rinunziare a qualsiasi programma realisticamente ricostruttivo, se non vuole correre l'alea di vedere frustrati i suoi fini e di aver fatta soltanto della vana accademia.E difatti non è concepibile che una grande banca di depositi non abbia un programma politico, ad integrazione di quello finanziario : come non è concepibile che un governo forte e risoluto non abbia un chiaro programma economico-finanziario accanto ai postulati puramente politici : i due programmi e le azioni e le attività che ne scaturiscono si completano a vicenda ed in un certo senso si confondono anche quando sono convergenti : si elidono a vicenda se sono divergenti, e possiamo anzi affermare che nel conflitto è il potere politico che vede la sua azione efficacemente intralciata, arrestata e vulnerata.Quindi l'azione politica delle banche deve essere inserita nel programma di Governo : soltanto in questo caso ogni fine può essere compiutamente conseguito ed ogni attività può riuscire efficace e feconda di risultati.Al contrario riesce sommamente dannosa e paralizzatrice per1 fini del Governo un'azione politica delle banche che, anziché inserirsi, si opponga e contraddica al programma di azione governativa.I,a politica e la finanza sono due poteri e due forze che si incontrano sul terreno delle realizzazioni economiche, ed è opportuno esaminare gli effetti diversi che ne derivano a seconda delle posizioni che l'un potere assume di fronte all'altro.Il potere finanziario del Paese (le banche) o è sulla stessa linea del potere politico (governo), o è su una linea del tutto opposta, o è su una linea neutra, indifferente ed estranea al programma economico del Governo.Nel primo caso, quello che è eticamente perfetto e che ogni governo deve augurarsi ed all'occorrenza crearsi, le due energie si integrano e si completano, ed ogni programma più audacemente realizzatore può avere pronta ed efficace soluzione col raggiungimento dei postulati che si perseguono.Nel secondo caso avremo il contrasto, e quindi il conflitto, in base al quale ogni iniziativa del potere politico sul terreno economico sarà sabotata, frustrata, resa vana, neutralizzata e resterà quindi sterile ed inefficace, non avendo la possibilità di passare dal campo teorico della enunciazione e della preparazione al campo pratico della realizzazione.Nel terzo caso l'organo finanziario non contrasterà ma non agevolerà neanche l'iniziativa governativa, la quale pertanto resterà egualmente senza efficacia pratica.

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II Governo nazionale, che per somma nostra ventura — come il sole dopo la tempesta — è assurto a regolare i nuovi e più radiosi destini d'Italia, il primo Governo d'Italia dopo quello di Cavour che ha un programma materiato di sostanziali rivendicazioni e valorizzazioni, che esplica un'azione eminentemente ricostruttrice in tutti i campi, e che deve tendere perciò a risolvere il problema principale della vita nazionale, il fattore economico, può prescindere e disinteressarsi dell'azione che le banche italiane possono esplicare nei confronti del suo programma e della sua attività ?Se il fattore economico costituisce la base della ricostruzione nazionale, il problema bancario costituisce a sua volta la base unica del fattore economico.Risolto il problema dell'attività bancaria, tutta la economia nazionale sarà risolta e tutta l'attività governativa nel campo economico sarà agevole e promettente di sicuri efficaci frutti.L,o Stato Fascista, per il suo programma e per i fini che persegue, ha bisogno assoluto del fiancheggiamento dell'attività bancaria, come del pane, per la sua stessa vita e per la vita della Nazione. Può prescinderne ? Assolutamente no.

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Equivarrebbe a suicidarsi ed a compromettere la ricostruzione nazionale alla quale lo Stato Fascista attende con alacrità.Infatti basta esaminare anche sommariamente il campo economico nel quale si incontrano le due attività — bancaria e politica — per convincersene.Omettiamo di proposito di parlare delle deformazioni dell'attività bancaria, delle disonestà dellattività bancaria, che intuitivamente devono ritenersi deleterie e lesive della prosperità della Nazione devono essere dirette contro la Nazione per servire interessi egoistici.Limitiamo perciò il nostro esame all'attività normale della Banca ed alle sue funzioni più naturali.La Banca oltre che convogliare il risparmio nazionale ed essere depositarla della ricchezza nazionale, è quasi sempre la consigliera del risparmiatore e del capitalista circa l'impiego più idoneo del risparmio e del capitale : in questa funzione di consigliera la Banca contribuisce potentemente ad indirizzare il capitale ed il risparmio secondo gli interessi economici della Nazione o contro di essi ; contribuisce quindi, a seconda degli investimenti che consiglia, all'incremento o al sabotaggio dei fattori produttivi della economia na-zionale.Lo Stato ha bisogno imprescindibile di sostenere e difendere i suoi titoli, poiché la quotazione di essi è l'indice diretto del credito del Paese, e fattore influente dei cambi : certamente per questo fine ha bisogno della collaborazione delle banche, le quali regolano il mercato dei titoli in Borsa attraverso gli acquisti e le vendite in proprio e per conto.Una grande Banca di depositi ha sempre una larga disponibilità di titoli ed ha altresì la possibilità, in ogni momento, di assorbirne altri e ricollocarli quindi presso la clientela : quando essa è nemica del Governo e dello Stato può, quante volte lo creda opportuno, precipitare il credito del paese provocando, con precipitose e voluminose offerte, lo svilìo dei valori di Stato.Lo Stato ha altresì il dovere ed il massimo interesse a tutelare e difendere la quotazione della valuta nazionale, specie quando essa è bassa come in Italia, sia per sventare manovre borsistiche della finanza estera sia per evitare un depauperamento del Tesoro e del paese per i pagamenti occorrenti alle importazioni, specie quando si tratti, come l'Italia, di paese che ha uno sbilancio commerciale di importazione.Per raggiungere questo fine lo Stato ha bisogno della cooperazione delle banche. Queste infatti, attraverso le loro relazioni di corrispondenza con banche estere, possono contribuire, come uno dei fattori principali, alla difesa o al deprezzamento della valuta nazionale. La Banca può difendere la valuta italiana comprando nelle Borse-estere la lira e vendendo divise estere di cui è sempre necessariamente provvista ; del' pari, vendendo la lira ed acquistando for-temente divise estere a valuta pregiata, può generare, anche con la sola sua azione, la rovina ed il tracollo della valuta nazionale.Queste sono le operazioni più elementari attraverso le quali la Banca, pur agendo secondo i suoi postulati fondamentali, può mettersi a fianco o contro l'azione governativa di tutela finanziaria e gli interessi nazionali che ne conseguono.Più precisa e manifesta appare l'azione bancaria nel campo puramente e strettamente economico.La Banca infatti ha la possibilità di assecondare e di agevolare le industrie ed il commercio della Nazione, o di contrastare loro il passo e lo sviluppo.Il commercio internazionale oggidì ha luogo quasi esclusivamente attraverso la Banca : la Banca da le informazioni sul mercato e le referenze sul commerciante ; la Banca è tramite, con le aperture di credito, per il commercio di importazione e di esportazione ; la Banca, attraverso i suoi corrispondenti esteri, può aprire nuovi sbocchi di esportazioni o sabotare quelli esistenti.E evidente così la influenza della Banca nell'attività commerciale del Paese, influenza che può essere tanto a favore quanto contro lo sviluppo di una attività che costituisce uno dei fattori non ultimi della prosperità o della povertà nazionale.Abbiamo accennato ad una speciale influenza bancaria sulle industrie : essa si estrinseca in una infinità di modi.È risaputo che l'industria, qualunque sia l'entità di capitali propri di cui possa disporre, deve sempre ricorrere al credito : è la Banca che esercitando il credito può, allargandolo o contraendolo, influire sullo sviluppo o sulla paralisi delle industrie. Del pari la Banca può contribuire a formare un ambiente di fiducia o di discredito verso le industrie, difendendo i titoli industriali nel mercato borsistico o attaccandoli. E poiché, le grandi industrie sono costituite in Società Anonime, quasi ovunque la Banca partecipa direttamente alla formazione ed alla gestione di esse con capitale azionario : la Banca quindi può, quando vuole assicurarsi il posesso della maggioranza del capitale azionario, direttamente o indirettamente, ed impadronirsi conseguentemente di tutta la industria, adottando sistemi tecnici amministrativi e finanziari tali da ingenerare

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lo sviluppo dell'industria o la stasi, la limitazione della produzione, l'inerzia, l'amalgama o il conflitto tra maestranza ed industria, l'accordo o il conflitto tra industrie similari.e è decisiva e può essere svolta in senso favorevole o contrario, attraverso una ingerenza diretta o indiretta che viene a costituirsi automaticamente con pure e semplici operazioni bancarie.

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Nelle pagine precedenti abbiamo esaminato il programma realizzatore nel campo economico che il Governo Fascista si propone di svolgere : abbiamo sostenuto che logicamente la politica estera del Governo Fascista deve essere volta a conseguire concessioni di fonti di rifornimento ancora disponibili all'Estero ed alla utilizzazione della mano d'opera esuberante nello sfruttamento di tali concessioni, ed abbiamo altresì affermato che mancava ancora uno dei fattori essenziali perché si potesse raggiungere la realizzazione.Questo elemento è appunto l'ente finanziario, la Banca.Quando lo Stato, promuovendo opportuni accordi politici e diplomatici, è riuscito ad assicurare alla Nazione fonti di rifornimento, come i pozzi di petrolio della Polonia, deve necessariamente preoccuparsi dello sfruttamento di esse con lavoro e con capitale italiano.Ed è logico : non è ammissibile che si fosse andati a compiere una fatica inutile col procurarsi concessioni che non potessero poi essere sfruttate da noi e per noi.Epperò finita la fatica diplomatica, quando sappiamo che di mano d'opera l'Italia ne ha sempre in abbondanza per qualsiasi impresa, deve entrare in azione l'altro fattore : il fattore finanziario.Certamente le concessioni ottenute dal Governo Italiano non possono essere affidate, per lo sfruttamento, a capitale straniero — qualunque possano essere le condizioni e le garanzie che si potessero stabilire — senza far perdere ogni prestigio ed ogni stima alla capacità economica e finanziaria della Nazione : né possono essere sfruttate direttamente dallo Stato, che il tempo dello Stato demagogico, dello Stato imprenditore, commerciante, industriale, ecc, è tramontato.Per portare quindi nel campo della realizzazione pratica l'azione politica occorre l'intervento del fattore finanziario : la Banca soltanto può promuovere ed incoraggiare lo investimento di capitali nell'impresa, e quindi la costituzione di apposite Società per lo sfruttamento delle concessioni ottenute alla Nazione dall'azione di Governo, come può finanziare — esercitando il credito indispensabilmente occorrente — le imprese già costituite allo scopo. Il capitale privato infatti è normalmente restio ad avventurarsi da solo in imprese nuove, fuori dei confini nazionali : si decide soltanto quando sa che alle sue spalle c'è la Banca, poiché deve essere assente dal capitale la preoccupazione di non essere sufficiente a conseguire tutto lo scopo e di essere costretto quindi a mezzo il suo compito a ricercare affannosamente il concorso, che vuole invece assicurato preventivamente.È chiaro perciò che lo Stato che tende alle realizzazioni non può disinteressarsi di avere una finanza nazionale amica o nemica : senza la sua collaborazione diretta non può conseguire né ricostruzioni né realizzazioni nel campo economico.Ma ammettiamo pure per un momento che in Italia vi sia tanto capitale privato che sia sufficiente e disposto a sostiuire l'azione delle banche verso lo Stato ed il Paese, e si imbarchi quindi nelle imprese di sfruttamento per esempio, del petrolio della Polonia già assicurato all'Italia o del carbone dell'Asia Minore, ecc, da sé solo e senza alcun concorso bancario. Per tali imprese devonsi necessariamente costituire Società Anonime che prenderanno sviluppo ed importanza nel mercato internazionale via via che si avvicinano alla realizzazione del fine : queste Società emetteranno quindi delle azioni, le quali saranno oggetto di domanda e di offerta, saranno in altri termini inevitabilmente soggette alla speculazione del mercato borsistico internazionale, e perciò stesso soggette all'accaparramento, ed alla valutazione o all'abbandono ed alla svalutazione. Chi in questo caso può difendere o attaccare tali titoli industriali se non la Banca ?Nuocerebbe quindi anche il solo contegno passivo, il disinteresse assoluto, della finanza del paese, quando questa non voglia invece, e lo può in ogni momento, acquistare le azioni per cederle all'industria straniera concorrente e togliere la padronanza dell'industria al capitale italiano (ed il caso delle Alpine Montane Gè insegna !).E concludiamo : l'attività politica e diplomatica del Governo non basta da sola a conseguire la pratica realizzazione del programma ricostruttivo della economia nazionale, ed ha bisogno imprescindibile che l'attività della finanza del Paese sia aderente al suo programma, lo prenda in consegna al momento opportuno e lo conduca a compimento. Una finanza nemica od anche soltanto assente e disinteressata neutralizza o per lo meno paralizza l'attività governativa, impedendo il raggiungimento del fine.

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Ciò ammesso, quale è la finanza del Paese che oggi può aderire al programma dello Stato Fascista, fiancheggiarne l'attività e realizzarne i fini ?Non possiamo prendere in considerazione gli Istituti di Emissione, i quali, per la loro speciale costituzione e per la speciale loro missione, non hanno la possibilità di intervento diretto e non possono quindi essere né industriali né commerciali, e non hanno d'altra parte l'immediato contatto col pubblico capitalista e risparmiatore : questi quindi sono e devono essere fuori causa.La finanza alla quale lo Stato ed il Paese possono rivolgere la loro attenzione è costituita dalle grandi banche di depositi o Istituti di Credito libero, come oggi comunemente vengono chiamati.E questa finanza, abbiamo dimostrato precedentemente, è tutta contro lo Stato Fascista ed il suo programma ricostruttore, ed abbiamo anche constatati i moventi della inimicizia.La Banca Commerciale è oggi assoluta padrona e regolatrice di tutta la finanza italiana, così come è altresì padrona della industria e di tutti i sistemi produttivi italiani, come è padrona della stampa della quale se ne servirà al momento opportuno. Ed essa per le sue origini, per il fine che ha sempre perseguito e che non può oggi essere diverso da quello di ieri, si trova necessariamente contro lo Stato Fascista ed il suo programma. Le altre banche di depositi abbiamo visto essere tutte strettamente dipendenti da lei, o associate, o con-trollate.Può forse bastare a svincolare qualcuna delle banche oggi esistenti dalla influenza della Commerciale il cambiamento di uomini, come si è fatto al Banco di Roma ?Noi non abbiamo la fortuna di conoscere personalmente l'On. Boncompagni Ludovisi, ma conosciamo il suo coraggio politico e possiamo quindi affermare che chi è stato coraggioso in politica lo sarà anche nella finanza : rendiamo omaggio alle elette doti di mente e di cuore che adornano l'uomo posto a capo del Banco di Roma, ma francamente dobbiamo pure constatare che Egli è sempre un uomo solo e non può bastare a rovesciare la situazione del Banco di Roma. Vi sono troppe situazioni da sistemare, vi sono troppe conseguenze del passato e dalle quali non si può prescindere, ed un uomo solo, per quanto prezioso ed assolutamente superiore, energico e fattivo, non basta contro un intero sistema : occorre tempo anzitutto e capitali e capitali.Conviene allo Stato Fascista aspettare il tempo necessario, e che non può essere breve ?Conviene altresì la fornitura di altri capitali per svincolare l'Ente, dopo avergliene forniti per non farlo morire ?A noi veramente sembra che questa convenienza non ci possa essere e non vi sia per lo Stato Fascista, sopratutto perché non c'è assolutamente tempo da perdere nell'opera di ricostruzione economica, dalla quale dipendono tutte le altre ricostruzioni e tutte le valorizzazioni, perché Ruit Hora.E l'urgenza del provvedimento è data anche dalla sfiducia generale del pubblico italiano — senza parlare di quella dei circoli finanziari esteri — verso tutti gli enti finanziari della Nazione : tale sfiducia ha prodotto la tesaurizzazione sotto tutte le forme, dalla custodia personale della valuta alla custodia in cassette di sicurezza, come conseguenza immediata si è avuta e si ha tuttora la rarefazione nella circolazione e la diminuizione di depositi liberi Cile banche. E superfluo accennare a tutte le altre innumeri conseguenze che sono prodotte da tale fenomeno.Occorre quindi ristabilire anche la fiducia nel risparmio, fiducia che, senza un provvedimento straordinario, si potrà riottenere soltanto attraverso il tempo.Ed allora.?Si può risolvere il problema diversamente e più idoneamente, ed è quanto andiamo ad esporre nelle pagine seguenti : con la soluzione da noi prospettata si otterrà sicuramente oltre che il palladio ed il coefficiente immediato dello Stato Fascista, anche la immediata fiducia del pubblico e del risparmio verso le banche nazionali.

XXVII. L'influenza finanziaria.Non è possibile studiare il fenomeno della produzione senza accennare anche agli inevitabili rapporti fra l'industria e credito e perciò alla parte grandissima che necessariamente la Banca esercita sullo sviluppo industriale di un Paese.E teoria tedesca, accettata poi anche dall'America e dall'Inghilterra, tendente a generalizzarsi, che la Banca sia, non soltanto istituto di credito, nel senso rigidamente inteso fin qui, ma allerlei Entreprisen, cioè di imprese di ogni genere.Si spiega così il movimento industriale germanico dell'anteguerra, applicato all'influenza economica politica da esercitarsi sui paesi di conquista, e non è eccessivo supporre, che anche i futuri tentativi di penetrazione industriale straniera avranno per base, e per strumento insieme, la Banca.

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Di qui, la doppia necessità che il Governo vigili sulla" formazione degli Istituti di Credito che non diano garanzia di italianità e, in pari tempo, che si comprenda la necessità di una politica bancaria nazionale, la quale segua lo sviluppo industriale del Paese e collabori ad esso in maniera da aiutarne la affermazione.Attraverso il commercio la Banca controllò in ogni tempo lo sviluppo e l'espansione di un Paese.Le forniture industriali, le imprese commerciali e gli impieghi di denaro non influenzano soltanto il lavoro ed il capitale, ma comportano l'azione politica di una Nazione sopra l'altra.

XXVIII. Le nuove funzioni del credito.La nuova funzione dell'istituto di credito, portandolo ad essere quello che oggi è, vale a dire non soltanto il fulcro della vita economica, ma anche della vita politica di un Paese, che tutto viene influenzato e controllato, direttamente od indirettamente, dalla Banca, ne accresce enormemente l'importanza. Attualmente il suo compito non si limita più ad amministrare i depositi dei suoi- correntisti, ma trasforma ciascuno di essi in collaboratore diretto ed indiretto, interessato in tutte le operazioni con le quali la Banca esplica la sua azione nella economia del Paese.Regolatrice del credito, sovventrice di iniziative, suscitatrice di energie, la Banca è ora, in certo qual modo, una moderatrice del lavoro di una Nazione, in quanto può dipendere da essa l'attuazione di nuove iniziative e l'incremento sempre maggiore delle imprese che impiegano largamente la mano d'opera nazionale ; mentre la concessione, accordata o negata, del suo concorso a imprese d'ordine economico-politico, dentro e fuori il Paese, può aiutare, o rendere impossibile, l'attuarsi di progetti direttamente legati alla indipendenza della Nazione all'interno od alle sue espansioni all'Estero.Tutto si aggira intorno alla Banca.E dall'imponenza di questa sua funzione, nella vita economica contemporanea, scaturisce la necessità imprescindibile, per un Paese geloso della propria indipendenza e del proprio avvenire, che nessuna influenza straniera domini le direttive dei maggiori istituti di credito nazionali. Viceversa, quanto più stretti saranno i legami fra credito ed imprese di lavoro, orientate con sicura garanzia verso un'affermazione economica in senso nazionale, tanto più facilmente sarà raggiunta questa affermazione. Perché la col-laborazione fra Banca, Industria e Commercio sia proficua, nei riguardi dell'economia nazionale, bisogna che nessuna discrepanza esista, in linea direttiva d'azione, fra questi fattori ; bisogna che l'aiuto che si danno sia di reciprocità, e che l'intento comune sia rappresentato dall'interesse dei singoli identificato nell'interesse nazionale.

XXIX. I nemici della Nazione in funzione di tradimento.Questo nostro studio era già in composizione di stampa quando è avvenuta a Milano l'esposizione finanziaria dell'on. De Stefani.Poiché da quella esposizione, la prima esposizione fatta in Italia dal Ministro del Tesoro con sincerità e con risultati tangibili e rivolta al Paese, ne doveva scaturire legittima una rivalutazione della nostra valuta e dei titoli di Stato, anche per l'attenzione che ad essa era stata rivolta dai circoli finanziari esteri, la duplice manovra degli interessati perché tale fine precipuo fosse frustrato.L'immediato benefico effetto economico ribadiva senz'altro il consolidamento politico dello Stato Fascista, e ciò era indesiderato ed indesiderabile dai nemici dello Stato Fascista e della Nazione.Assistiamo quindi a quanto di più grottesco e di più infame si fosse potuto immaginare !Il Signor Toeplitz, seguito fedelmente dal confratello Credito Italiano, manda circolari agli stabilimenti dipendenti perché dalle Direzioni fossero messi in evidenza i risultati della esposizione finanziaria e si adoperassero quindi per il naturale e conseguente maggiore apprezzamento della nostra valuta e dei nostri valori, e si affrettano a far dare notizia di tale magnanimo gesto a mezzo della loro stampa.Contemporaneamente però e simultaneamente il pubblico deve verificare : i) deprezzamento della nostra valuta e dei nostri valori nelle Borse del Regno, e specialmente a Milano, contrariamente alla più legittima e logica aspettazione ; 2) manifestazioni antifasciste nell'Italia Meridionale, le cosidette manifestazioni del soldino !A Milano alcune piccole banche sono sorprese con le mani nel sacco nelle manovre ribassiste di Borsa ; nell'Italia Meridionale si sorprendono socialisti e liberali a promuovere le manifestazioni politiche anti-fasciste, senza causale e senza un fine !Noi nelle pagine precedenti avevamo già additato alle armi in potere dei nostri nemici ed al modo come esse potevano essere messe in azione contro di noi : abbiamo colpito giusto, perché si è precisamente verifìcato quanto noi avevamo previsto.

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Tra le Banche sorprese a Milano ad aggiotare il nostro mercato finanziario, ve n'era una, come riferiscono i quotidiani, costituita da pochi giorni, con capitale azionario esiguo, eppure fornita di mezzi abbondanti per poter attaccare in Borsa i nostri valori e la nostra valuta : è superflua ogni indagine per indicare il mandante di quella o di quelle Banche, dopo quanto abbiamo esposto in tutto il nostro studio.Chi aveva interesse a frustrare le benefiche ripercussioni sul mercato finanziario della esposizione del Ministro De Stefani ?......E ingenuo pensare che chi opera si smascheri e si comprometta direttamente : ha a sua disposizione chi è pronto a servirlo e coprirlo !Persone venute di questi giorni dal Mezzogiorno d'Italia domandano ansiosamente a quelli che vivono a Roma, « è vero che Mussolini sta per cadere ? ». Meraviglia dell'interpellato, al che l'altro replica : ma se laggiù lo dicono tutti ! Chi sono questi tutti ?I signorotti dell'abolito feudalismo liberale, che mal rodono il freno, e che sorretti dalla Finanza internazionale, anelano al rovesciamento dell'ordine attuale per riconquistare il perduto e male acquistato dominio !Basta mettere in relazione la simultaneità dei due attacchi, sferrati in due zone differenti, apparentemente indipendenti tra di loro, ma logicamente tra loro connessi e tendenti ad unico fine, e non ci farà mestieri di affannarci oltre per dimostrare il deprecato connubio del partito liberale con la finanza antinazionale, o quanto meno il vassallaggio del primo alla seconda, come abbiamo analizzato ed individuato in tutto il nostro studio, e specialmente nella parte che precede.Queste due forze, oggi ancora unite, cospirano ed operano ai danni dello Stato fascista e della Nazione !

PARTE TERZA

XXX. SOLUZIONE DEL PROBLEMA BANCARIO

L’Italia era molto ammalata, ed i vari flebotomi che si arrogavano il diritto di curarla, anziché guarirla, consapevolmente continuavano ad intossicarla sì da trarla a sicura morte ! Essi facevano delle diagnosi che si avvicinavano a quella vera, ma deliberatamente sbagliavano poi la cura.Essi però continuavano a dire che nutrivano fiducia di guarirla, per tranquillizzare tutti i figli della grande malata ed evitare che essi, accorgendosi che la cura era sbagliata, li cacciassero via e chiamassero altri medici.I figli più genuini della Grande Ammalata, i più puri ed i più sani, quelli della più recente sua generazione, scrutavano sempre attentamente il corpo della loro Madre ammalata : ne vedevano le stigmate, risultato delle intossicazioni prodotte da chi ne aveva la cura : sentirono tutte le sue sofferenze : presentirono vicina la fine e compresero anche che la fine era voluta e procurata da coloro che la curavano... ed agirono come il sentimento in questi casi consiglia e comanda.In un impeto superbo di sana e salutare ribellione i figli della recente generazione chiesero minacciosi che gli attossicatori si allontanassero e che la Grande Ammalata fosse consegnata a loro, che essi soli erano degni e capaci di guarirla, essi solo avevano a buona guida il sentimento dell'amore e della devozione che fa compiere miracoli : il figlio primogenito, il quale per statuto di famiglia aveva il diritto ed il potere di licenziare i fletobomi e cambiare medico curante, comprese anch'egli di essere stato fino allora ingannato, e non esitò.Malgrado i vecchi e malfamati medici lo consigliassero a scacciare i minorenni ed a disperderli, che essi soli avevano il diritto di continuare la cura dell'Ammalata loro affidata, il Figlio primogenito comprese che il consiglio era interessato poiché premeva a questi signori di non perdere la buona cliente ed il relativo appannaggio, e li rinnegò senza esitazione : mandò con Dio i vecchi pratici e chiamò al loro posto i minorenni che con slancio e con verace affetto filiale e con la coscienza della grande fatica e della grave responsabilità avevano chiesto fosse affidato a loro il sacrosanto compito di condurre a guarigione e salvamento il corpo della Gran Madre comune, dell'Italia avvelenata deliberatamente da chi l'aveva fino allora maltrattata anziché curata.

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Ed al capezzale dell'Ammalata, per consenso del Figlio Primogenito all'unisono con la volontà dei figli ardimentosi e di tutti gli altri figli che tale ardimento ammirarono ed approvarono, si assise il nuovo Medico circondato da una balda schiera di assistenti fidati.Questo medico si rivelò immantinenti un professionista di cartello, di primissimo rango. Dotato di superlative doti di intelletto e di coscienza, animato dal più ardente e dal più puro affetto filiale, non misurò le difficoltà e le responsablità, e si mise all'opera, non tradendo, anzi sorpassando la aspettativa di tutti gli altri figli che avevano accompagnato con l'azione e col voto dell'animo il suo gesto audace ma consapevole. B la bella schiera degli assistenti si rivelò anche non degenere del suo Capo.La diagnosi fu pronta e precisa, e per molti segni manifesti possiamo sentirci autorizzati a registrare che essa corrisponde esattamente a quella da noi fatta nelle pagine precedenti.Il bacillo che ha infettato e corroso di piaghe tutto il corpo dolorante dell'Italia è annidato nel suo cuore : ESSO È COSTITUITO DAGLI ORGANI FINANZIARI E DALLA LORO ATTIVITÀ FUNESTA ALLA VITA ED AGLI INTERESSI DELLA NAZIONE.. Voi, On. Mussolini, beneamato nostro Capo e valoroso e valente Duce della Nazione, vi siete rivelato un medico di primissima forza, tanto che sotto la vostra sapiente cura l'Italia che era senza fiato ha ripreso a respirare, e le sue piaghe vanno cicatrizzandosi regolarmente e sistematicamente : la miglioria è manifesta e continua ; non può essere che graduale data la profondità del male e delle rovine. Ma miglioria non vuoi dire guarigione, per aversi la quale occorre la cura radicale : battere il male alla radice, combattere la causa oltre che curarne gli effetti.Molti opinano che per guarire perfettamente l'Italia del suo male debba occorrere l'intervento chirurgico : penetrare cioè col bisturi fino alla radice del male, ed asportarne col bacillo roditore tutti i tessuti infetti. Voi, On, Mussolini, siete anche un chirurgo e di tale polso che niuna operazione del genere vi impressionerebbe : Voi sapreste energicamente ed egregiamente operare anche chirurgicamente.Noi però pensiamo che Voi vi trovate di fronte ad un caso nel quale l'intervento chirurgico non è consigliabile.L'intervento chirurgico importa taglio ed asportazione di tessuti : nel caso nostro abbiamo constatato diagnosticamente che il bacillo roditore è annidato nel cuore, e l'ha invaso quasi interamente. Per estirpare il bacillo dovremmo devastare il cuore ed asportarlo quasi per intero : è ciò possibile ? Potrebbe essere la morte, mentre noi cerchiamo la guarigione.Dunque, cura medica. E quale ?Ecco, On. Mussolini : noi non pretendiamo di poter dare consigli a Voi, sia per il naturale rispetto a chi è da più di noi, sia per la devozione che noi abbiamo per il Duce, sia per la disciplina verso il Capo. Però ci sembra che in casi simili, quando si tratti di combattere un bacillo devastatore e che produce infezione, la cura più appropriata in terapia sia quella consistente nella inoculazione nel corpo ammalato di altro bacillo equivalente, della stessa natura e della stessa specie di quello che ha prodotto la infezione, ma idoneo a neutralizzarlo ed a sottometterlo. A noi" effettivamente sembra che questo debba essere il migliore, anzi l'unico metodo di cura per ottenere la guarigione completa dell'Ammalata della cui sorte con mirabile unità d'intenti ci preoccupiamo tutti, Capo, e gregarii, Duce e Nazione, governanti e governati.E passando dalla similitudine alla realtà, noi dobbiamo sottomettere alla Vostra autorità, On. Mussolini, la nostra proposta concreta.Ammesso e constatato, e non ci sembra che né Voi né niuno può oggi dubitarne, che tutti i mali nostri sono il prodotto logico e naturale della vita finanziaria del Paese ; riconosciuto che questa è quasi esclusivamente regolata e guidata da una banca straniera : riconosciuto che questa Banca ha il dominio economico della Nazione : che essa serve interessi internazionali e perciò stesso la sua azione deve essere imperativamente contro di Voi, contro lo Stato Fascista, contro la Nazione : che questa sua azione può intralciare la Vostra opera di ricostruzione economica fino a paralizzarla ; che Voi non potete fare a meno della collaborazione del fattore finanziario, generatore del fattore economico, per la realizzazione del vostro programma di governo, Voi dovete risolvere il problema apparentemente insolubile nel modo più idoneo e più efficace, quale viene consigliato dalla visione pratica della realtà.Dovete inoculare fra gli organi finanziari del Paese un nuovo organismo finanziario, vergine, sano, vigoroso, completamente devoto a Voi ed alla Nazione per bontà di programma e per devozione di uomini : dovete eccitare la formazione di una nuova banca che sia fascista, UNA NUOVA BANCA NAZIONALE, CHE SIA LA BANCA DELIA REDENZIONE ECONOMICA.Come formare una nuova banca ? Come garantirsi in precedenza che essa svolga una attività aderente al programma dello Stato Fascista ?

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Per una banca costituita sotto i Vostri auspici, non è disagevole stabilire statutariamente delle prerogative che diano le garanzie necessarie.Noi sottoponiamo al Vostro giudizio, On. Mussolini, il modo come giungere a formare il nuovo Istituto Bancario, modo che a noi sembra il più semplice, il più pratico, il più rapido.La nostra è effettivamente una piccola idea, ma quasi sempre sono le idee piccole che generano grandi effetti.Se noi ci facessimo banditori della nostra idea, certamente non pro-durebbe gli effetti che noi stessi desideriamo per il solo bene della Patria, poiché noi non abbiamo alcuna autorità per essere ascoltato e seguito.Epperò noi rinunciamo volentieri alla paternità di questa piccola idea e preghiamo Voi, Duce della Nazione, di volerla accettare per farvene banditore come di cosa Vostra.Voi avete il seguito di tutta la Nazione, se si fa eccezione dei nemici internazionalisti di ogni specie e dei camorristi del passato da Voi spodestati, e la Vostra parola è ascoltata con reverenza molto lontano, fino alle Alpi ed al mare, fino altro l'Oceano, dove i nostri fratelli valorizzano col lavoro la nostra stirpe ed il nome santo d'Italia.On. Mussolini, una Vostra raccomandazione è un ordine per la Nazione, e niuno che non sia un traditore o per lo meno un indifferente dei destini della Patria Vi disobbedirà.Dite una sola parola Voi, come sapete dirla soltanto Voi, migliore e più persuasiva della nostra, e tutti gli italiani che sentono di essere igli d'Italia saranno lieti e felici di seguirvi : la Nazione è pronta ad ogni Vostro cenno, e Voi che per la Patria vi struggete di amore e di devozione, che in nome di tale passione avete compiuto il gesto ardimentoso dell'ottobre 1922 e le opere mirabili della Vostra sapienza politica, fate questo cenno, date compimento alla ricostruzione nazionale.Bandite l'ordine per la redenzione economica del Paese : il Paese certamente vi seguirà con entusiasmo e la redenzione sarà presto un fatto compiuto.Qual'è quest'ordine, qual'è questa idea ?Si tratta di cosa semplicissima ed alla portata di tutti.On. Mussolini, nel 1920 sotto un governo democratico, il Paese dette ben 21 miliardi in sottoscrizione volontaria per i bisogni del Tesoro : fu eseguita in quella occasione finanziariamente una conversione di capitali da parte dei sottoscrittori, ed economicamente l'operazione ebbe come fine la destinazione di capitale e di risparmio al consumo, distraendoli dalla naturale loro funzione economica, dalla riproduzione.Potete mettere in dubbio che a seguito di un solo vostro desiderio il Paese non risponda all'appello sottoscrivendo soltanto mezzo miliardo di Lire in azioni, certamente fruttifere, per costituire la Banca per la redenzione economica ?Finanziariamente i sottoscrittori di azioni compieranno un impiego di capitale o di risparmio : economicamente avranno destinato il capitale alla sua naturale funzione economica, alla produzone di altra ricchezza : moralmente avranno compiuta opera di redenzione economica per sé e per il Paese tutto.Volete che tutto il Paese non risponda unanimemente ad un vostro appello del genere ? Tutti, di qualsiasi parte, saranno lieti di compiere in un tempo una operazione perfetta finanziariamente ed economicamente, e sopratutto moralmente e patriotticamente, e di aver fatta cosa gradita a Voi, On. Mussolini, che possedete oggi, e siamo certi possederete per intere generazioni, oltre che la fiducia e la stima del Paese, la devozione ed il cuore di tutti i vostri governati.Voi siete il medico infallibile e capace, On. Mussolini: a Voi, o Duce amato e rispettato, la lieve fatica di bandire la piccola idea che, attraverso la vostra autorità, produrrà i benefici incalcolabili che Voi stesso intuite, e che si riassumono in due sole parole di un contenuto profondo : REDENZIONE ECONOMICA.

APPENDICEPubblicando e diffondendo il nostro lavoro siamo pienamente coscienti di aver avuto forse del coraggio, ma eziandio di aver fatta opera sommamente utile alla Nazione ed allo Stato Fascista : questa coscienza può e deve bastare a tranquillizzare l'animo nostro.Fiduciori di essere stati esaurienti per quanto riguarda il passato e convincenti per quanto si attiene al presente ed all'avvenire e sopratutto per la risoluzione del problema che abbiamo additata al Duce ed alla Nazione, sospendiamo la pubblicazione di un secondo volume nel quale esaminiamo a fondo «Le Manovre Dissolvitrici della Industria e della Finanza Nazionale ed i Metodi e gli Uomini della Finanza Internazionale », riservandoci di farlo quando lo riterremo utile ai fini nazionali.

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XXXI.E cominciamo da quanto ha pubblicato negli ultimi tempi il « Messaggero », organo quotidiano politico di parte liberale, di quella parte cioè sulla quale precisamente pesa la maggiore responsabilità per la conquista dell'Italia nel campo economico, industriale e politico da parte dell'Internazionale Finanziaria a mezzo di organismi bancari ; di quella parte liberale che, pur col variare dei nomi e delle persone, sopportò supinamente che ufficiali dell'Esercito Italiano fossero inseguiti per le vie delle città, che le fabbriche fossero occupate dagli operai, e i poteri pubblici fossero inerti e passivi di fronte alle violenze ed ai soprusi dei soviettisti nostrani, che le industrie nazionali fossero conquistate alcune, altre distrutte, svalorizzate e depauperate da stranieri, che gli organismi finanziari prettamente italiani fossero sopraffatti, che i valori della Vittoria fossero disconosciuti, senza mai compiere il principale dovere di partito al Governo, la difesa dello Stato e della Nazione all'interno ed all'estero !Il numero del io maggio 1922 del « Messaggero », a proposito della « Politica delle materie prime », scriveva : « Fu assai rilevante nel dopo-guerra l'errore compiuto dall'Italia a Versailles quando dovette subire l'enorme danno del prezzo di esportazione del carbone inglese, artificialmente rincarato cosi di 100 scellini alla tonnellata, senza che vi fosse la possibilità di ricorrere ad altri mercati, poiché dagli Stati Uniti eravamo divisi per l'elevatezza dei noli, e dalla Germania — lasciando da parte il carbone a noi giunto per ferrovia, assai scarso per la limitata potenzialità delle linee, — eravamo innaturalmente distaccati dalle inique clausole inserite nel capitolo delle riparazioni del Trattato di Versailles (allegato V, art. 6°), col quale si stabilisce per il carbone tedesco spedito per mare il prezzo di esportazione del carbone inglese, ossia si impedisce qualunque concorrenza del carbone tedesco col carbone inglese sul mercato italiano. Sono queste clausole che hanno infetto un colpo decisivo alla stabilità dell' industria italiana nella fase più critica della sua trasformazione dalla guerra alla pace, nella quale invece — secondo gli impegni solennemente presi dai Governi, dalle forze parlamentari e financo dalla famosa « commissionissi a » del dopo-guerra — la maggiore cura avrebbe dovuto essere impiegata per la difesa dell'industria sorta dalla guerra, e necessaria alle fortune avvenire della Patria ».In seguito, col sottotitolo « Trascuranza italiana » scrive ancora :« È certo che le ragioni politiche di previdenza non mancano per l'Italia. Esse furono forti anche nel passato : specialmente nell'ora della nostra entrata in guerra, quando fu stipulato quel patto di Londra, i cui autori hanno la responsabilità grave di avere sì fissato minimi particolari di ordine territoriale, ma di avere imprudentemente dimenticato la realtà economica, sia per ciò che riguarda i mezzi per fare la guerra — prestiti, difesa della valuta italiana, rifornimenti di viveri e di merci — sia per ciò che tocca i giusti compensi nelle fonti di rifornimento delle materie prime, la cui scarsezza è stata sempre ragione di mali enormi per l'Italia, e che dovevano esserci garantiti con la nostra entrata in guerra.« Le ragioni di previdenza furono dimenticate allora, e dopo, a Parigi, negli altri convegni interalleati, a S. Remo, quando l'accordo franco-inglese, fatto in casa nostra, ci sorprese ».In seguito ancora, sotto il titolo « II successo italiano » : « Così comincia dunque, sul terreno della realtà, la politica italiana delle materie prime. Essa viene tardi, così come viene tardi l'odierna reazione politica contro gli eccessi assurdi della politicafiscale distruttiva ».Due parole di commento : a quell'epoca era ancora al Governo il così detto partito liberale, epperò il « Messaggero » finge di ignorare che alla vigilia del congresso di Parigi un gruppo bancario cosiddetto italiano si disfaceva delle sue azioni delle miniere di Eraclea, e che come esperti alla conferenza economica di Parigi il Governo Italiano di parte liberale mandò persone appartenenti a quello stesso gruppo bancario !A quell'epoca il « Messaggero » non parla ancora di organizzazione finanziaria internazionale, come vedremo che fa in seguito, quando più spirabil aere aleggia nel Palazzo Viminale !

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II 24 maggio 1922 il « Messaggero », col titolo « Crisi economica e banche » e sottotitolo « Le leggi violate », scrive come articolo di fondo :« La Camera dei Deputati ha portato la sua attenzione, cinque mesi dopo le critiche giornate della crisi bancaria, sulle vicende che accompagnarono la caduta della Banca Italiana di Sconto.« II ritardo di questa discussione non ha certo giovato a mostrare l'interesse che il Parlamento dovrebbe nutrire verso le questioni che toccano la vita economica del Paese ; e questa scarsa sensibilità parlamentare rimane oggi confermata dalla brevità, dalla unilateralità e dal semplicismo della discussione avvenuta, che

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non può certo essere esaurita nella pubblica coscienza dagli sparsi e disordi-nati accenni fatti alla Camera, senza un'organica visione della complessa questione.« Non è infatti — come rileva sul « Giornale d'Italia » uno degli ex amministratori della Sconto — con i richiami ai non lauti versamenti di 39.000 lire annue — falcidiate dal Fisco del 95 % — ai consiglieri della Banca, che si può avere un'idea delle ragioni per cui un grande Istituto come la Sconto è caduto : e giustamente — perciò — da più parti si accenna a ragioni di ordine generale, interessanti tutta la economia del Paese, alle quali soltanto si può fare appello, se si vuoi conoscere i motivi dai quali fu prodotta quella grave svalutazione degli investimenti di oltre 4 miliardi di depositi bancari, che fu la ragione fondamentale della resistenza opposta dalle forze governative e finanziarie al sostegno dell'Istituto colpito dal panico dei depositanti, provocato da dietroscena che ancora non sono chiariti.« Queste cause di ordine generale, questa svalutazione degli immobilizzi, furono le ragioni centrali della crisi bancaria, e abbisognano perciò di una completa disamina che le svisceri insieme alle loro conseguenze, tra cui spicca in prima linea il danno da esse provocato al credito del Paese e — per la crisi dei cambi — agli stessi pagamenti dello Stato, che i competenti ritengono notevolmente superiore alla somma con la quale, nei tragici giorni della crisi, si sarebbe potuto impedire il crak bancario.« Ma pur lasciando da parte ogni discussione su quello che convenisse fare in quei giorni, rimane da chiarire un punto, su cui oggi si discute, e che è d'importanza essenziale : l'errore commesso in merito alle previsioni riguardanti le sorti post-belliche dell'economia nazionale da coloro che dopo la pace sperarono di poter ancora lavorare e far lavorare per lo sfruttamento economico della vittoria così duramente conquistata.« Per coloro che non perseguono le quisquiglie demagogiche è questo il punto centrale del problema : e l'errore di valutazione e di previsione, attribuito ad un gruppo di finanzieri e di uomini di affari, viene giustamente additato come la chiave della recente crisi.« Ora è certo che errore vi fu. Ma fu errore assai più vasto, esteso e complesso di quel che oggi si cerca di sostenere da parte di chi, non potendo negare l'evidenza della realtà, cerca di restringere le responsabilità ad un ristretto gruppo di persone. I/errore fu di tutto un Paese, o meglio di tutta una classe politica, la quale, intuendo le ragioni profonde del necessario sviluppo nazionale post-bellico, per la valorizzazione e lo sfruttamento economico della vittoria, non ebbe la capacità di attuarlo politicamente e di sostenerlo fino al successo : si piegò innanzi tempo ; abbandonò o addirittura negò gli obbiettivi designati, e oggi, con aspetto un poco meravigliato, si volge, per condannarli, verso coloro che ebbero il torto di fidare nelle sue promesse, si accinsero alacri all'opera, e furono poco dopo lasciati indifesi allo sbaraglio, proprio nel momento critico.« Per queste ragioni, l'odierno « senno del poi » ha un aspetto leggermente comico. Non sarebbe diffìcile trovare — in bocca o negli scritti di coloro che oggi parlano contro l'espansionismo produttivo post-bellico — i più fervidi e calorosi inviti alla più larga produzione, pronunziati nel 1919 e nel 1920, quando « tutta » l'Italia sembrava animata dal miglior fervore di azione, ed i Ministri invitavano a gran voce gli industriali e finanzieri a lavorare e far lavorare per impedire od attenuare la crisi.« Oggi si cerca di condannare tutto il lavoro compiuto per mantenere in piedi l'industria nata durante la guerra, e trasformarne l'attività in opere di pace ; ma non è possibile far dimenticare che fino dai tempi della famosa « commissionissima.» dei 600, nella quale parve condensarsi tutto il nostro mondo ufficiale, parlamentare e burocratico, la conservazione e la trasformazione post-bellica degli impianti di guerra fu il cardine e l'obbiettivo di una vasta opera di Governo, che — se fu errata — non può addebitarsi certo a quelli che non ne furono, in fondo, che degli esecutori.« Naturalmente quest'opera di Governo non potè essere compiuta senza un congruo ordinamento legislativo. E questo in verità, non mancò. Esenzione fiscale dei sopraprofitti reinvestiti nelle aziende, negli sviluppi degli impianti, nelle costruzioni navali ; aiuti e sussidi di ogni genere per l'aumento della flotta mercantile ; limitazione dei dividendi e ammortizzo degli impianti : tutto un sistema legislativo fu creato per suscitare il lavoro industriale. Ed esso fu avvalorato dal tenace, insistente invito dei Governi ad aumentare la produ-zione.« Qui compare un nuovo errore, il vero errore. Davanti a questo sistema legislativo, a questi inviti ministeriali, a queste promesse, gli industriali, i finanzieri, gli uomini d'azione si divisero in due categorie : coloro che prestarono fede alle leggi e agli impegni assunti dal Governo del proprio Paese ; e coloro che invece negarono ogni fiducia. I primi s'impegnarono, e fecero impegnare il capitale. I secondi disertarono il campo dell'azione. Chi ebbe ragione, fra i due gruppi ?« Ovvie ragioni morali fanno credere che solo il primo ha compiuto il proprio dovere : ma dopo un poco, con il trionfo della marea demagogica, lo Stato venne meno agli impegni legislativamente assunti e modificò di propria iniziativa lo stato di fatto e di diritto, dal quale le imprese erano partite per impegnarsi nella produzione.

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« Non vale che i sopraprofitti siano enormente tassati ; fin le ultime riserve, naturale difesa contro la crisi probabile, debbono essere confiscate ; non vale che essi siano stati reinvestiti a prezzi alti ; la loro realizzazione, a prezzi bassi e rovinosi, viene imposta per pagare il tributo distruttore al Fisco : non vale che la base finanziaria delle maggiori imprese risieda nel corso dei titoli posseduti ; la nomi-natività ne stronca il valore ; non vale che vasti programmi, imposti dal Governo, di costruzioni navali in corso abbiano ritardato il compimento per cause di forza maggiore — fra queste la favorita occupazione delle fabbriche — ; l'On. Belotti si assume con fervore la propria parte di responsabilità nella distruzione di tutte le leggi costruttive, e coi suoi decreti arresta il lavoro nei cantieri.« I,a confisca dei sopraprofitti, la nominatività dei titoli, i decreti marinari distruggono la base legale su cui si è fondato l'edificio della ripresa industriale post-bellica ; è ovvio che questo deve — poco dopo — crollare, e il valore degli investimenti che vi ha compiuto qualche Istituto bancario più fiducioso degli altri nella continuità della politica governativa verso le industrie, deve subire le enormi falcidie che sappiamo, tanto da non poter reggere alla bufera, per quanto si sappia che il ritorno di una politica più favorevole agli investimenti del capitale potrebbe benissimo rialzare i valori fortemente depressi da una così rovinosa e contradittoria politica dei Governi.« Ora, sta precisamente in questo punto — nella fiducia prestata alle leggi ed ai Governi — l'errore dei nostri uomini di affari. In Inghilterra si è scelta fin da principio la strada delle restrizioni e delle riduzioni di lavoro ; non fu certo difficile per nessuno regolarsi in conseguenza. Essa ha condotto il Regno Unito alla grave crisi odierna, non minore certo della nostra, e, per certi aspetti, analoga; non è questa quindi una prova della sua bontà.« Comunque, il metodo non è stato viziato dalla contraddizione, che ha aggravato enormemente gli effetti deleteri della legislazione distruttiva italiana ; e gli uomini di affari inglesi hanno saputo e potuto acconciarvisi in tempo. Da noi, invece, il passaggio repentino dalla politica della ricostruzione post-bellica a quella della distruzione produttiva ha impedito, nel modo più evidente, che un'opera di previsione venisse normalmente compiuta, ed ha colpito irrimediabilmente le forze che ebbero, due o tre anni or sono, il torto di prestare fede alle leggi ed alle promèsse del proprio Governo ».Ancora il « Messaggero » non accenna al fattore più importante della distruzione economica ed industriale, annidato dietro il Governo operante per conto di esso fattore, la Internazionale finanziaria !In data 19 dicembre 1922, quando i Governi pavidi, prigionieri ed imbelli sono spariti per sempre, sostituiti finalmente dal Governo libero delle sue azioni e deciso a ricostruire l'Italia, il « Messaggero » pubblica un articolo poderoso su « La Potenza del trust di Stinnes ed i suoi legami con l'alta banca », del quale togliamo alcuni brani che più direttamente ci interessano :« I PERICOLI PER L'ITALIA :« Le polemiche e le discussioni del giorno riguardano in Germania essenzialmente le forme ed i metodi della rinascita economica. A questo scopo supremo il popolo tedesco tende oggi con ansia vibrante, veramente impressionante per la sua intensità ; e difende con uno spirito perfettamente ammaestrato dalle dure vicende dei primi anni di politica economica post-bellica, nei quali, se pur non si giunse, specialmente nel campo fiscale, agli eccessi di altre democrazie, si coltivarono metodi essenzialmente socialistici e fondamentalmente anticapitalistici. I danni di questa politica hanno mutato lo stato d'animo dei tedeschi ; questi comprendono in pieno come la valorizzazione delle energie capitalistiche sia un presupposto indispensabile del benessere sociale, e come tale valorizzazione sia sempre più fruttuosa, quando si estendono nella dinamica economica gli sviluppi delle con-centrazioni finanziarie.« Per questa ragione i grandi concentramenti industriali, i grandi trusts sono oggi considerati in Germania come strumenti essenziali della rinascita nazionale e della sua valorizzazione all'estero.« I,a enorme economicità della produzione ed il facile impiego di vaste energie verso un solo immediato ed urgente obiettivo, che si ottengono attraverso le concentrazioni industriali, sono oggi ritenuti un cospicuo vantaggio per tutta la Nazione ; epperò il trust verticale, che solidarizza tutte le diverse fasi del lavoro industriale, l'estrazione e la prima elaborazione della materia prima, il completamento ed il perfezionamento del prodotto, e la vendita della mercé, combinando tutti gli stadii della produzione in un unico organismo; è ritenuto un possente strumento di espansione, da salvaguardarsi ad ogni costo.« INTERNAZIONALE BANCARIA :« Naturalmente questa azione compiuta fuori della Germania ha obbligato Stinnes ad avere contatti con gli interessi finanziari stranieri, verso molti dei quali egli ha stretto relazioni di affari.« Gli è giovato per questo, del resto, tutta la potentissima rete di influenze che l'Alta Banca germanica possiede in tutta Europa ; basti dire, per esempio, che Stinnes ha potuto ottenere in forza della sua collaborazione con l'Alta Banca l'appoggio della Banca Commerciale nell'acquisto del suo più prezioso

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strumento d'azione fuori della Germania — le Alpine — utilizzando ai suoi fini l'opera del Comm. Ca-millo Castiglioni, agente della Commerciale in Austria, nonché del Comm. Segrè, esponente della medesima Banca presso le industrie della Venezia Giulia, e entrando in società comune con questa banca nell'esercizio delle Alpine.« Certo lo Stinnes ha trovato ad occidente avversari abbastanza forti. La siderurgia francese, il « Comité des Forges », il gruppo Wendel sono assai potenti, e hanno posizione di predominio anche in Lorena vicino alle regioni in cui Stinnes domina. Ma lo Stinnes è riuscito attraverso i legami dell'Alta Banca Francese, della quale la Banque de Paris et des Pays-Bas è l'esponente massimo, a stipulare intese anche da questa parte. Sono noti i suoi accordi con Loucheur, ed i patti stabiliti con altre forze finanziarie. Anche i suoi legami con la Banca Commerciale gli sono serviti allo scopo ; attraverso questa Banca ha potuto fortemente servirsi della Banque de Paris et des Pays-Bas, legata alla Commerciale, ed è così riuscito ad influire anche in alcuni circoli della Francia.« Da tutto questo si vede come il creatore del poderoso strumento trustistico, da cui i tedeschi aspettano la rinascita economica e l'espansione politica, ha saputo utilmente impiegare pei suoi fini di egemonia nazionale anche i legami più oscuri e segreti, se pur potentissimi dell'Internazionale bancaria, ai cui obiettivi politici, d'altra parte, lo Stinnes si dimostra persistentemente legato, ed al quale esso serve producendo col sistema trustistico a condizioni tali da favorire le esigenze dell'Alta Banca, la quale perciò affida essenzialmente a Stinnes lo sfruttamento industriale e produttivo della Russia, impedendo ad altre nazioni di fargli concorrenza.« Da questo insieme di associazioni internazionali, bancarie ed industriali, risulta che nei Paesi il cui sottosuolo possiede gli elementi fondamentali della vita umana, vale a dire le materie prime, si formano dei potenti trusts industriali sotto la diretta dipendenza di potentissimi trusts bancari, i quali tendono alla espansione ed al predominio nei e sui paesi meno favoriti dalla natura, cercando di determinare in essi uno stato di schiavitù economica mediante l'azione politica che l'Alta Banca estrinseca in tali Paesi.« E il fenomeno delle intese industriali fra i grandi trusts delle nazioni detentrici delle materie prime, anche se siano nemici fra di loro, tende a sovrapporsi a questa nimicizia, pur di sfruttare le nazioni minori ed i campi commerciali del mondo, questi e quelle ripartiti in zone assegnate a ciascuno dei diversi trusts.« Così soltanto si può spiegare quella serie di provvedimenti distruttivi dell'economia nazionale e di fenomeni sociali, verificatasi in Italia dopo la guerra ; cioè come estrinsecazione della volontà di questi trusts bancari ed industriali internazionali, attraverso le loro inframmettenze politiche, per preparare lo stato di miseria e di crisi industriale necessario al predominio dello straniero nel nostro Paese ed al nostro asservimento politico e bancario verso di esso ».Siamo già sotto il Governo Fascista, restauratore delle fortune e della grandezza d'Italia a tutti i costi, ed il « Messaggero » comincia ad essere più esplicito e più chiaro tutte le volte che tratta problemi economici e finanziari, o dimenticando quanto fecero i governi liberali in materia o dimenticando che l'opera di tali Governi riportò qualche volta la sua più calorosa difesa !

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In data 24 dicembre 1922, a proposito dell'industria navale, scrive :« Stanno avvenendo delle cose ben singolari a proposito dellasistemazione dei cantieri navali. Il pubblico grosso, che nota l'affac-cendarsi degli interessati negli ambienti governativi e finanziari, non ha neppure un'idea del giuoco che si compie, eoa abilità indubbiamente sopraiEna, per distraine l'attenzione dal punto centrale della questione e per rivolgerla invece su elementi» di scarsa importanza, attraverso i quali, però, si delineano i mezzi e le possibilità della piena vittoria, con la conseguente egemonia totale, dei gruppi di interessati che dominano la situazione.« Come è stato reso noto dalle pubblicazioni già avvenute su queste colonne, la questione delle costruzioni navali, tolta dal terreno della liquidazione della legislazione bellica, e portata invece sul piano di una sistemazione definitiva e duratura attraverso una riforma sostanziale della legge del 1911, si è trovata improvvisamente di fronte, per iniziativa di alcuni cantieri, ad una richiesta di franchigia doganale per i materiali importati dall'estero.«La richiesta, per il suo carattere di esenzione fiscale creatrice di sperequazioni nel campo dell'industria, apparve, fin dalla prima ora, singolarmente iniqua, e tale perciò da suscitare l'unanime riprovazione, fuori del piccolo gruppo di economisti liberisti, abituati ad applaudire freneticamente tutte le iniziative del genere.« Ai più sereni osservatori apparve che non solo per il suo odioso carattere di privilegio fiscale, ma anche per il fatto di porre a libera disposizione delle forze straniere il mercato interno, la richiesta era inaccettabile. Chi

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conosceva, inoltre, gli accordi clandestini per i rifornimenti a prezzi di favore, sapeva che la franchigia era richiesta allo scopo di facilitare l'applicazione dei prezzi politici a vantaggio di alcuni cantieri, destinati a vivere, e contro certi altri cantieri, destinati a sicura morte.« Ciò si otterrebbe infatti, assai facilmente, in regime di franchigia : basta che le industrie forestiere facciano ai cantieri amici un prezzo di pochissimo inferiore a quello corrente sul mercato, perché si possano eliminare a piacimento gli incomodi.« II giuoco era scoperto ; la domanda di franchigia cessò la sua breve ed artificiale vita. Ma i risultati della manovra non furono però totalmente perduti dai suoi inspiratori. Tutt'altro. Furono raccolti, inquadrati in un diverso piano e abilmente sfruttati. Oggi, anzi, pare che comincino a dare i loro frutti.« Infatti, la richiesta franchigia fece sorgere nell'opinione pubblica, negli ambienti governativi e nei parlamentari, un conflitto fra cantieri navali e siderurgia. Si può ritenere, anzi, che la franchigia sia stata domandata soltanto a tale scopo, perché la sua evidente iniquità, e lo spirito di privilegio che l'anima in confronto alle più recenti dichiarazioni dell'On. De Stefani, non potevano certamente neppure far sperare nel successo della tesi. Ma la sua semplice richiesta bastò a dare d'un colpo la sensazione d'un grave dissidio tra siderurgia e cantieri navali : di un dissidio rapidamente percepito dalla pubblica opinione.« Ora è precisamente questo il punto più singolare della situazione odierna. I competenti, infatti, si rivolgono la domanda : è possibile che effettivamente si manifesti fortemente in Italia una divergenza fra i cantieri navali — fra quei cantieri, appunto, che chiesero la franchigia — e le imprese metallurgiche ? Tutti i veri conoscitori della situazione industriale italiana rispondono : no. Ed è chiaro. Le imprese metallurgiche italiane sono oggi — dopo la fine dell'autonomia industriale di Ansaldo e la sua eliminazione dal mercato della produzione dei semilavorati — strettamente dipendenti da un solo gruppo bancario, dal gruppo finanziario dominatore — allo stesso modo, tutti i cantieri navali favorevoli alla franchigia sono rigorosamente dipendenti dal medesimo gruppo finanziario.« È ovvio quindi che in tali condizioni il conflitto tra cantieri e siderurgia, intorno al quale si fa oggi tanto rumore, non sia che una parata dimostrativa, poiché se fosse vero e reale, basterebbe una mezz'ora di conversazione nel gabinetto di qualche grosso finanziere per risolverlo ; basterebbe, sopratutto, che i finanzieri interessati nei due diversi gruppi di imprese calcolassero ove sta il loro maggiore vantaggio, perché l'accordo si concludesse con estrema facilità.« Invece l'interesse dei finanzieri è quello di tenere in piedi l'apparente dissidio, per mascherare con esso la realtà dei fatti. E ciò per far dimenticare al pubblico che la sostanza del problema sta invece nella lotta che si compie per la eliminazione violenta dei cantieri estranei agli interessi bancari su accennati, e per far apparire come un inevitabile compromesso, pacificatore dell'ammaestrato contrasto, una soluzione del problema particolarmente favorevole agli interessi dei finanzieri dominatori. Si tratta di un piano architettato con somma abilità che si appoggia sul fastidio che gli urti di interessi, anche se soltanto apparenti, danno ai poteri responsabili, e sul favore con cui questi solitamente accettano qualsiasi soluzione di compromesso, che li liberi dal fastidio in questione.« E così vediamo che dallo stesso complesso di interessi bancari a legame internazionale, da cui pur direttamente dipendono cantieri e metallurgia, — i due apparenti nemici dell'ora attuale — sorgono con aria innocente i fautori di una soluzione di compromesso, che i contendenti si affrettano ad accettare. I,a manovra sta per riuscire : le forze bancarie hanno messo il campo a rumore, dando ordine ai cantieri ed alle imprese metallurgiche, che da loro dipendono, di accapigliarsi per la platea, per poi poter facilmente varare una soluzione, apparentemente equa, ma sostanzialmente favorevole solo al piano di eliminazione dei cantieri estranei, che queste forze bancarie perseguono.« Infatti si richiede oggi, allo scopo di conciliare l'apparente dissidio, che venga emanata una disposizione per cui si farebbe obbligo ai costruttori di esperire tutte le trattative per acquistare i materiali occorrenti alla costruzione della nave nell'interno del Paese, concedendo la franchigia doganale nel solo caso che i nostri produttori nazionali facessero prezzi eccedenti dal 15 al 20 per cento quelli praticati sui mercati esteri.« Ora chi conosce la realtà delle cose comprende benissimo che questa formula preferenziale, come piace a qualcuno di chiamarla, mentre può sembrare equa e favorevole all'industria nazionale ad un osservatore superficiale, raggiunge meravigliosamente, con artificio sottile, l'obiettivo di mettere alcuni cantieri nell'impossibilità di vincere la concorrenza di altri più favoriti e pertanto di eliminarli.« Infatti la formula andrebbe bene se in Italia vi fossero due o più gruppi siderurgici concorrenti ai quali i cantieri potessero chiedere offerte ; giacché in tal caso, questi gruppi pur di avere le ordinazioni, farebbero i prezzi più bassi possibili e quasi certamente sempre inferiori al prezzo italiano, risultante dal prezzo del bollettino dei mercati stranieri accresciuto della percentuale sopra detta (15 o 20 per cento).

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«Ma siccome i siderurgici italiani sono oramai tutti caduti in mano degli interessi bancari connessi a forze industriali straniere, è certo che essi non svolgeranno questa politica autonoma di concorrenza.« Al « trust » finanziario centro Europeo, al quale le nostre forze finanziarie sono collegate, non conviene affatto che altre metallurgie sorgano in conflitto col « trust » di Stinnes, al quale l'Alta Banca affida — l'esempio della Russia è eloquentissimo ! — il nionopolio della grande produzione metallurgica, uno dei cui elementi è appunto l'accordo con la Alpine Montan G.« E perciò la metallurgia italiana obbedirà alla volontà superiore. E farà ai cantieri un prezzo superiore anche di una lira sola a quello italiano sopra definito ; cosicché tutti i cantieri indistintamente saranno autorizzati — anzi obbligati — a rivolgersi all'industria siderurgica straniera. Ed allora questa farà loro un prezzo di poco inferiore a quello domandato dai siderurgici italiani, accordando poi, di sottomano, il ribasso del 30 o 40 % su tale prezzo ai quei due, tre o quattro cantieri che vorrà favorire conformemente alle intese segrete stipulate da codesti interessi internazionali. I/esempio dei metodi seguiti dalla Alpine nella odierna lotta contro le ferriere cecoslovacche è eloquente al riguardo. E pertanto i cantieri favoriti dall'Alta Banca potranno vendere il prodotto finito, vale a dire la nave, ad un prezzo tale che per gli altri sarebbe deficitario. E conseguentemente non potendo lavorare in perdita, i vinti con armi così sleali dovrebbero chiudere e scomparire.« Si deve dunque ritenere che, come abbiamo detto, l'invocata formula preferenziale non ha lo scopo di frenare la presunta cupidigia dei siderurgici italiani, ma soltanto di eliminare un prestabilito numero di cantieri nazionali a vantaggio di quelli collegati agli interessi bancali.« Ora è precisamente questo fine che oggi si perseguita. L'esempio della lotta fra gruppi austro-tedeschi e quelli cecoslovacchi è vivo e palpitante. I grandi trusts industriali e bancarii internazionali non badano a mezzi pur di riuscire a dominare un mercato che è loro politicamente necessario ; i dumping, i ribassi di prezzo del 40 % perfino, diventano un fatto normale.« Ed è per questo che rileviamo tutta la gravita del provvedimento che si sta faticosamente elaborando ài Commissariato Generale della Marina Mercantile.« II provvedimento, apparentemente conciliatore, con cui si provoca un rialzo generale del 15 per cento, rispetto al prezzo nomi-naie del mercato mondiale nelle forniture italiane per le costruzioni navali, è dunque richiesto perché i gruppi finanziari intemazionali, dominatori dell'industria, accordino ai cantieri loro amici dei prezzi tali non solo da superare il coefficiente di protezione, ma da rendere il costo di produzione di tali cantieri assai più basso di quello degli altri che non sono favoriti, mettendoli in conseguenza fuori di com-battimento.« E’ questo il punctum saliens della questione che noi abbiamo sollevato appunto perché sappiamo che in questo modo l'Alta Banca vuoi far prosperare soltanto i cantieri che sono nel suo giro d'interessi, ammazzando gli altri.« Ma si presteranno le forze responsabili al trucco escogitato dai finanzieri dominatori dell'Alta Banca » ?

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II 27 dicembre 1922, col titolo : « La conquista finanziaria di Stinnes e la rinascita della Mitteleuropa », scrive ancora, a commento di una corrispondenza da Berlino circa l'attività di Stinnes :« I lettori che hanno seguito le corrispondenze giunteci da Berlino in merito alla cospicua attività ungherese del signor Stinnes, non possono non averne rilevato l'enorme importanza politica, che fa dei nuovi atteggiamenti di Stinnes la pietra di paragone di tutte le iniziative di inspirazione germanica, non soltanto nel campo politico. Il nostro corrispondente da Berlino ci ha parlato soltanto degli aspetti economici della avvenuta conquista finanziaria dell'Ungheria ; e sono veramente impressionanti, perché servono a dimostrare la concatenazione perfetta di tutte le tesi, che nel campo economico possono favorire — sotto la suprema direzione di un trust bancario di carattere internazionale, del quale lo Stinnes è il maggiore esponente — l'espansione della Germania. I,a raccolta del capitale internazionale sotto la guida di Industriali Germanici, per investimenti produttivi dominati dai tecnici tedeschi, ed inquadrati — in forza di franchigie doganali abilmente escogitate — nella produzione germanica, allo scopo di costituire uno sbocco per le materie prime e per i semi-lavorati di Stinnes, e di sfruttarli in condizioni economiche favorevoli ad una redditizia esportazione, dominatrice dei mercati e fornitrice di larghi redditi : ecco i capisaldi di una conquista econo-mica, veramente impressionante, e che dimostra la singolarissima vitalità delle energie tedesche.« Ma questa conquista economica, se pur costituisce un buon affare per i capitalisti, e mascherata perciò sotto la veste innocente del profitto finanziario, non è meno preoccupante dal punto di vista politico. Iye

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conseguenze politiche, infatti, di una siffatta conquista economica, balzano agli occhi : oggi il trust di Stinnes, attraverso le Alpine Montane, la progressiva conquista delle Ferriere Cecoslovacche, e la padronanza delle Iyiptak, ha costituito sotto gli occhi assenti della diplomazia europea la Mittel Europa, irretendone le forze in un formidabile complesso bancario-industriale, di cui il Re del Carbone, in unione ai finanzieri di Francoforte, è il vero dominatore. Siamo davanti ad una situazione perfettamente analoga a quella dell'anteguerra, se pur più nascosta, data la necessità di poter sfuggire, attraverso la produzione delle Officine Austro-Ungheresi ai pesanti vincoli imposti dai trattati alla esportazione germanica.« Ma d'altra parte, la centralizzazione trustistica di questo sistema è ancor maggiore oggi, di quanto non fosse anteguerra.« L'opera di penetrazione si svolge oggi più audace, più serrata, più disciplinata ; è concepibile che essa non dia sul terreno politico risultati analoghi a quelli dati nell'anteguerra dall'offensiva finanziaria e industriale germanica ?« Come si fa a non preoccuparsi di questa eventualità, quando abbiamo potuto constatare le tragiche risultanze della cecità di ieri ?« Pur sotto il vincolo di onerosi trattati la Germania si espande e conquista, con una lenta penetrazione. Oggi come ieri : la Banca e l'Industria, non possono dunque precedere, ancora una volta, il soldato ? Intanto si creano gli strumenti necessari per l'azione ; una enorme mobilitazione industriale e finanziaria riunisce sotto unici capi le officine e le Banche dal mare del Nord ai Carpazi.« Nel contempo, ad Oriente, la riorganizzazione dell'immenso mercato russo appare sempre più come un monopolio dei tedeschi e ad Occidente, in Italia, oscuri tentativi di franchigie doganali, e di trattati di commercio con l'Austria e l'Ungheria — basati sul trattamento della nazione più favorita e quindi tali da aprire le porte di casa al dumping per cui le Liptak si sono stupendamente attrezzate — dovranno aprire le frontiere ad una conquista industriale, preparatrice — dopo la distruzione nel campo produttivo delle energie na-zionali di difesa — di una rinnovata conquista finanziaria prima e politica poi.«Ma assisteremo dunque impassibili alla rinascita della Mittel-europa che Stinnes fa risorgere dalle apparenti rovine della Germania imperiale ? »II « Messaggero » naturalmente ignora o finge di ignorare che sono stati proprio gli uomini della sua parte politica a consegnare l'Italia, in tutte le sue manifestazioni ed attività, in mano al trust finanziario internazionale !Dal resoconto dell'Assemblea Generale degli Azionisti della Società Anonima Giovanni Ansaldo del 31 dicembre 1922, pubblicato dal « Messaggero » in pari data, togliamo qualche brano che serve a lumeggiare la tesi che abbiamo sostenuta ed a confermare la bontà della soluzione che abbiamo proposta e che serve a dimostrare come sia nella coscienza di tutti l'azione della finanza internazionale, sempre deleteria e distruggitrice, su tutte le attività nazionali.

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La relazione del Consiglio di Amministrazione dice :« Ad aggravare questa situazione intervenne l'onere, non previsto né prevedibile, delle rivendicazioni pretese dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle spese di guerra. Senza voler qui fare un'analisi ed una discussione su questa vertenza tanto delicata ed importante ci limitiamo a dirvi che le rivendicazioni prima accennate in oltre 200 milioni, vennero a ridursi alla più modesta cifra di 40 milioni, dei quali trentaquattro milioni circa per pretesa differenza tra noli liberi e noli di requisizione, differenza che, secondo la tesi della Commissione, rappresenterebbe un lucro indebito ed eccessivo realizzato a danno dello Stato dalla nostra Società e dalla Società Nazionale di Navigazione.« Noi siamo profondamente convinti dell'assoluta infondatezza di questa rivendicazione e dal punto di vista giuridico e dal punto di vista morale.« Ci limitiamo ad affermare con piena coscienza :« a) che la Società, creando dal nulla una flotta potente di ben oltre 100 mila tonnellate, composta in parte da piroscafi acquistati all'estero a prezzi fantastici, o da piroscafi costruiti a condizioni one-rosissime, hanno affrontato un rischio formidabile per emancipare il rifornimento degli Stabilimenti e le necessità della produzione bellica dalle vicende e dalle alee di quel tragico tempo, quando questa produzione dipendeva tutta dalf assillante incubo della disponibilità di navi. Esse hanno con ciò reso un segnalato servizio alla difesa nazionale.« b) Che ove le Società avessero guardato soltanto al loro privato tornaconto ed avessero rigidamente applicato alla flotta il regime di requisizione di libertà allora vigente sfruttando la flotta secondo le migliori e

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più proficue utilizzazioni che il mercato presentava, invece di asservirla sempre e tutta al servizio degli stabilimenti fabbricanti armi e munizioni, esse avrebbero lucrato circa 200 milioni più di quanto hanno in effetto realizzato, senza che alcuno potesse muovere ad esse censura di sorta dal punto di vista strettamente legale.« e) Che la produzione delle Società nel periodo bellico per conto del Governo non solo non è stata gravata dal nolo libero sui materiali impiegati, ma nemmeno dal nolo di requisizione.« Di fronte a queste constatazioni certe, positive e sicuramente documentate ci sembra non sia né giusto né equo il parlare di lucri e di lucri eccessivi, svilendo ed obliando il vantaggio che il Paese ha ricevuto dalla iniziativa, patriotticamente audace, delle Società.« Noi abbiamo ferma fede che, sedato il turbine delle passioni scatenatesi nel dopo guerra, apprezzate le opere e le intenzioni sotto una giusta ed una diversa visuale, la vostra Società finirà con l'ottenere quella piena giustizia che essa merita ed alla quale ha incontestabile diritto, specie quando sia eseguita quella indagine tecnica, fino ad oggi invano reclamata ».Iva relazione conclude :« Per completare la nostra esposizione riteniamo necessario accennare, con rapida sintesi a quella che, palesemente, fu la principale causa della crisi che oggi attraversa il gruppo Ansaldo.« Intendiamo riferirci allo sviluppo gigantesco che il gruppo Ansaldo assunse dal 1915 al 1919 per dare alla Nazione, che combatteva la guerra decisiva dei suoi destini, una produzione di armi e munizioni corrispondente ai suoi bisogni sempre crescenti.« Basta esporre alcune cifre e fare alcuni confronti per lumeggiare l'opera svolta e per dare un'idea dello sforzo compiuto.« Al 31 dicembre 1914 gli impianti della vostra Società figuravano nel bilancio sociale per circa 45 milioni di lire. Dal i° gennaio 1915 al 31 dicembre 1921 vennero spesi in nuovi impianti circa 813 milioni, e per acquisto di merci, materiali, materie prime 1353 milioni, e per salari e stipendi circa 602 milioni, oltre quelle calcolate nelle spese generali, le quali ammontarono in complesso a circa 454 milioni.« Inoltre largamente ci interessammo in altre Società sussidiarie della nostra produzione ed in Società di Navigazione, perché la flotta rappresentava, nell'ardita concezione sociale, un elemento ed un fattore di necessaria integrazione del programma industriale bellico.« In quel tragico tempo, quando dalle navi e sulle navi dipendeva l'importazione delle materie prime indispensabili al normale rifornimento del febbrile lavoro degli Stabilimenti, quando si delineava formidabile il pericolo di vedere arrestata e paralizzata la produzione per scarsità di navi, delle quali la nostra Marina difettava e delle quali i paesi belligeranti si contendevano la disponibilità, la creazione di una flotta sicura e indipendente era una necessità, una prudente provvidenza ed una garanzia per i bisogni supremi del Paese.« A questo straordinario sviluppo di impianti e di mezzi di lavoro corrisposero i risultati, ossia la produzione di strumenti bellici.« L’Ansaldo infatti ha potuto fornire all'Esercito complessivamente in cifre tonde :N° 10.900 bocche da fuoco, » 4.000 affusti,» 6.500 carreggi,» 20.00Q.000 proiettili, » 6.000.000 bossoli, » 3.800 velivoli,oltre le forniture alla R. Marina.« L'importo delle forniture belliche ascese complessivamente, compresi gli indennizzi per la rescissione delle forniture, a meno di due miliardi di lire, avendo creato ex novo e si può dire, dal nulla, il complesso degli organismi di produzione.« L’Ansaldo come ebbe coscienza nel 1915 che l'esito della guerra dipendeva dalla potenzialità dell'armamento, che la guerra sarebbe stata vinta da quelle Nazioni che disponevano di maggiori mezzi diresistenza e di lotta, e quindi ebbe l'ardire di avventurarsi in quell'audace e febbrile programma d'impianti, così nel produrre non attese le regolari commesse dello Stato, ma fabbricò le artiglierie senza interruzione, indipendentemente dai contratti stipulati o promessi, e le artiglierìe furono pronte quando l'impellente bisogno dell'Esercito le richiese.« L/e cifre positive che vi abbiamo esposte dicono meglio di qualunque parola, con la loro eloquenza, tutto l'immane sforzo compiuto. L'Ansaldo insomma nella guerra, ed anche nel dopo guerra, fu guidata più che da una concezione particolare di privato interesse, da una concezione di pubblico interesse, quasi fosse un organo sussidiario dello Stato, quasi fosse un'azienda chiamata ad integrarne l'azione ai fini nazionali.« Questa visione del programma sociale prescindeva dai risultati immediati per noi, prescindeva da un apprezzamento del futuro, mirando all'interesse pubblico, supremo e ad ogni altro superiore, che le sue officine erano chiamate con la loro produzione a salvaguardare.

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« Ma questa creazione industriale e questo programma richiedevano una corrispondente larghezza di disponibilità finanziarie.« A queste la Società provvide in primo luogo col progressivo aumento del capitale sociale, elevato prima da 1,. 30 milioni a 1,. 50 milioni, poscia a T,. 100 milioni ed a 1,. 500 milioni.« In secondo luogo la Società provvide con un largo ricorso al credito, ed il maggiore ausilio le fu dato dalla Banca Italiana di Sconto. Sopravvenuto l'armistizio ed il periodo successivo del dopo guerra, la concezione fondamentale che aveva dominato il programma sociale venne a cadere, e l'Ansaldo fu considerata e trattata come una qualsiasi azienda privata, come se la sua azione nel periodo bellico fosse stata informata soltanto ad un privato interesse, ad una particolare speculazione.« Iva liquidazione dei suoi rapporti con lo Stato venne eseguita alla stregua di questo ristretto criterio ed entro le morse del Decreto luogotenenziale 17 novembre 1918.« D'altra parte le condizioni generali dell'economia nazionale e del mercato, la gravissima crisi che ha travagliato e travaglia ancora il mondo dopo la guerra, ha dovuto necessariamente colpire, come ha colpito, specialmente il gruppo Ansaldo.« Specialmente lo ha colpito nel programma navale al quale si erano rivolte tutte le sue cure, sia per valorizzare i materiali approvvigionati durante la guerra, sia per evitare la disoccupazione delle maestranze, sempre nella fiducia degli incoraggiamenti del Governo e delle leggi protettive emanate e nella confidenza nella stabilità di quel miglioramento del mercato che si ebbe nel 1919 e con la visione di contribuire a dare all'Italia, Nazione eminentemente marinara, una potente marina mercantile pari ai suoi bisogni commerciali e sociali.« Ad aggravare le conseguenze della crisi economica concorsero anche i provvedimenti legislativi relativi alla avocazione dei profitti di guerra ed in genere il regime fiscale, quelli relativi alla nominati-vita dei titoli, quelli relativi alla inchiesta sulle spese di guerra, i quali tutti concorsero, direttamente o indirettamente, ad alimentare r intorno all'industria in genere, e segnatamente intorno alf Ansaldo ed al suo gruppo, quell'ambiente di sfiducia, di sospetto, di diffidenza che paralizzava ogni tentativo, e mentre sviliva il valore dei patrimoni industriali e commerciali, rendeva impossibile il pensare a qualunque seria e razionale sistemazione finanziaria delle aziende.« E così queste, dopo avere invano lottato per risanarsi e risorgere, giunsero, progressivamente, alla crisi acuta che culminò nel dicembre del 1921, quando, oberate da un passivo pressante, videro travolto quell'Istituto, che, con suo grande sacrificio, le aveva, fino all'ultimo momento, sorrette col suo ausilio.« Questa è a larghi tratti la sintesi delle vicende che trassero il gruppo Ansaldo alla situazione del dicembre 1921 ed a quella attuale.