il popolo veneto n°35 - 2012

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IL POPOLO VENETO Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 www.ilpopoloveneto.it www.ilpopoloveneto.it www.ilpopoloveneto.it www.ilpopoloveneto.it Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED ARMONIA PER MADRE TERRA ARMONIA PER MADRE TERRA ARMONIA PER MADRE TERRA ARMONIA PER MADRE TERRA di Ivano Maddalena Son passati alcuni giorni dalla fatidica data 21/12/12. La profezia Maya non ha trovato realizzazione concreta e siamo ancora qui. Ovviamente ai più piace il carattere apocalittico di tale profezia e di molte altre che si sono susseguite nella storia. Tra le varie interpretazioni circa la profezia Maya, ne ho ricevuta una di un amico, padre Adriano Sella, missionario per molti anni in America latina. Nel suo scritto sottolinea come non era certo intenzione dei Maya maturare la credenza che la profezia indicasse la fine del mondo per il 21 dicembre 2012, nel giorno del solstizio invernale per l’emisfero Nord e di quello estivo per l’emisfero Sud. Il popolo Maya, secondo gli stessi indios (maya, aztechi, quechua, lakota, dakota), ha rivelato molto in anticipo, mediante il suo calendario, la fine di un ciclo

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IL POPOLO VENETO Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 Fondato nel 1921 n.35/2012 www.ilpopoloveneto.itwww.ilpopoloveneto.itwww.ilpopoloveneto.itwww.ilpopoloveneto.it Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato Direttore: Emanuele Bellato

TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED TEMPO DI EQUILIBRIO ED

ARMONIA PER MADRE TERRAARMONIA PER MADRE TERRAARMONIA PER MADRE TERRAARMONIA PER MADRE TERRA di Ivano Maddalena Son passati alcuni giorni dalla fatidica data 21/12/12. La profezia Maya non ha trovato realizzazione concreta e siamo ancora qui. Ovviamente ai più piace il carattere apocalittico di tale profezia e di molte altre che si sono susseguite nella storia. Tra le varie interpretazioni circa la profezia Maya, ne ho ricevuta una di un amico, padre Adriano Sella, missionario per molti anni in America latina. Nel suo scritto sottolinea come non era certo intenzione dei Maya maturare la credenza che la profezia indicasse la fine del mondo per il 21 dicembre 2012, nel giorno del solstizio invernale per l’emisfero Nord e di quello estivo per l’emisfero Sud. Il popolo Maya, secondo gli stessi indios (maya, aztechi, quechua, lakota, dakota), ha rivelato molto in anticipo, mediante il suo calendario, la fine di un ciclo

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breve (5.125 anni), chiamato anche non tempo, e l'inizio di un nuovo ciclo (25.625 anni). Non si trattava quindi della fine del mondo, come i mass media hanno ampiamente diffuso. Si tratta dell’inizio di una nuova era: dove l’umanità si rende finalmente responsabile e solidale nei confronti della madre terra, generando un rapporto di armonia e di unità. Tutto ciò è stato annunciato anche da un grande incontro internazionale in Bolivia, tenutosi dal 20 al 22 dicembre all’Isla del Sol del lago Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo (3812 metri sul livello del mare), dove rappresentanti di diversi popoli di Indios (maya, aztechi, quechua, lakota, dakota e tanti altri), insieme con tanti altri gruppi e cittadini, sotto la presidenza dell’indio Evo Morales, l’attuale presidente della Bolivia si sono ritrovati insieme. Di tale iniziativa i media non si sono per nulla interessati. Forse annunciare e instillare nelle menti la paura, la catastrofe, la fine fa più audience o share. La convocazione per l’incontro internazionale ha dichiarato la chiusura del ciclo del non-tempo per poter accogliere il nuovo ciclo: tempo di equilibrio e di armonia per la Madre Terra. L’appello di convocazione ha ripreso anche la scienza del popolo Lakota, la quale rivela che quando la terra starà per morire e quando l’umanità si troverà nel caos, ci saranno persone vigorose, chiamati i guerrieri dell’Arcobaleno che dal Sud verranno a restituire alla Madre Terra l’equilibrio e l’armonia. Come pure la scienza del popolo Hopi rivela che quando la terra sarà malata e gli animali staranno scomparendo, allora arriverà una tribù con persone di tutte le culture, conosciute come guerrieri dell’Arcobaleno,che aiuteranno a restaurare l’antica bellezza della Terra. Anche un grande filosofo e teologo francesce, Pierre Teilhard de Chardin, aveva già dichiarato nel 1923, l’evento di una nuova era: l’irruzione nella Noosfera, dopo la geosfera e la biosfera. Si tratta dell’era quando l’umanità entrerà in uno stato di coscienza collettiva, scaturita dall’interazione fra le menti e i cuori uniti: “stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo, sta emergendo un

nuovo tipo di coscienza, a livello planetario, una nuova logica, quella della complessità,

una nuova cosmologia. L’essere umano si percepisce come figlio e figlia di questa terra.

Camminiamo verso l’irruzione di una nuova coscienza collettiva, una noosfera, come in

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antecedenza erano sorte l’atmosfera,

la biosfera, l’antroposfera. Siamo

forse all’antivigilia dell’irruzione di un

fenomeno nuovo nel processo della

cosmo genesi”. Padre Adriano Sella, missionario per molti anni in America latina il quale concludeva la sua riflessione così: “È il tempo dello Spirito che soffia dove vuole e in ogni luogo, chiamandoci a riscattare la ragione del cuore, l’intelligenza emotiva e sensibile con la prassi equa e solidale, unendo così le menti con i cuori di tutti. Inizia finalmente l’era del primato della spiritualità sulla religione: lo Spirito di Dio è libero di agire dove vuole e non si lascia mai imprigionare dagli umani, generando uomini e donne, di ogni cultura e popolo, responsabili e coraggiosi nella cura di madre terra e dell'armonia cosmica”. Proprio in questi giorni ho letto un libro di Mauro Corona: La fine del mondo storto. Una favola apocalittica sull’inutilità del superfluo quando manca il necessario. Nel romanzo

Corona prospetta la fine del petrolio, del carbone, dell’energia elettrica. In un crescendo di argomentazioni, l’autore, evidenzia come pian piano gli uomini si accorgono che tutto il “benessere” conquistato è perfettamente inutile alla sopravvivenza. Circondati dal superfluo e privi del necessario, gli uomini intuiscono che la salvezza si nasconde in un sapere antico che è da tempo dimenticato. L’armonia, la pace, la giustizia, l’equità, la pari dignità. Purtroppo il destino dell’uomo è incerto, nelle sue mani troppo spesso incaute e poco responsabili. I Maya e Corona hanno in se stessi un unico messaggio: uomo nelle tue mani la salvezza qui in terra. La fine del mondo non è avvenuta. Nessuna catastrofe imponente, ma ci lascia delle conseguenze: abbiamo preso forse maggiore consapevolezza dell’importanza della nostra vita, di come ci saremmo comportati prima di morire, di quanto abbiamo o no a cuore e cura la nostra amata Terra, come possiamo vivere e cosa fare. Il mio dire non è dettato dalla paura della fine, che accadrà, ma ribadire che esserci nel mondo ha un fine. Solo così si determinano scopi e senso della vita. Ricordo sempre e cerco di attuare il monito Scout di Baden Powel: “Lascia il mondo migliore di come l’hai trovato”. Potrebbe essere questo l’impegno per il nuovo anno.

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IL PREZZO DELLA DEMOCRAZIA

di Pino Rossi

Democrazia, una parola splendida, che nel corso della storia per intere generazioni è stata solamente una chimera. Potere appartenente al popolo, che lo esercita attraverso i suoi rappresentanti, i quali in virtù del mandato loro attribuito amministrano e legiferano a beneficio del popolo (si spera quello italiano). I rappresentanti a loro volta portano sulle proprie spalle il merito o la responsabilità delle decisioni adottate, che vengono attentamente esaminate dal popolo elettorale, che premia con il proprio voto coloro che hanno bene governato e toglie il consenso a coloro che invece hanno governato malamente. Questo, a mio giudizio, è funzionamento che la democrazia dovrebbe adottare per funzionare, evidenzio che non tutto il dovere ricade su coloro che governano, il compito di vigilare appartiene ai governati. In quest’ottica assume primaria importanza l’informazione, che veicola alcuni messaggi a discapito di altri. Solamente per fare un esempio, nel periodo in cui un giovane

statunitense faceva una strage di bambini in una scuola, una decina di bambine afgane, che si trovavano in un bosco per procurarsi della legna da ardere, hanno inavvertitamente innescato una mina, probabilmente di fabbricazione italiana, con effetto troppo orribili a descriversi. La prima notizia ha avuto grande risalto mediatico, la seconda non è stata ripresa quasi da nessun giornale e per la sua diffusione, seppur modesta, si deve ringraziare il giornalista Massimo Fini (www.massimofini.it). Forse una notizia del genere, nel periodo natalizio avrebbe indotto a discutere in merito all’opportunità di detenere contingenti all’estero? Forse avrebbe influenzato la campagna elettorale? O semplicemente la morte di un bambino afgano non fa notizia quanto quella di uno statunitense? Altro argomento “proibito” è l’Europa e la moneta unica, chi non ne è a favore viene sistematicamente ostracizzato, oppure ridicolizzato, mentre non si instaura mai una discussione seria sull’argomento. Preciso che io sono europeista, sostengo l’utilità di un’organizzazione a livello continentale che possa tutelare la crescita armoniosa

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delle popolazioni, che possa rappresentarci in maniera unitaria rispetto agli USA e alle grandi economie asiatiche, che tuteli gli interessi dei popoli europei. Quello che invece ho visto concretizzarsi è un’Europa che tutela le grandi banche più dei popoli, che è assillata dallo spread ma lo è assai meno dagli imprenditori che chiudono la loro attività, e talvolta anche la loro esistenza terrena in maniera tragica. Un’Europa che bada al rigore e all’equità, rammentando che la prima iniquità nasce quando le famiglie oneste non riescono più a mettere assieme il pranzo con la cena. Un’Europa nella quale non si ha avuto una collaborazione né uno sviluppo

armonioso delle economie, ma che ha comportato il primeggiare di un paio di stati (uno in particolar modo) ed ha portato l’Italia verso un’austerità senza fine. Di questa Europa francamente sarei riuscito a fare a meno. Ora, la parola che va di moda è “CRESCITA” (talmente importante da scriversi tutta con caratteri maiuscoli) la soluzione a ogni problema, la panacea per antonomasia, l’obiettivo da perseguire a ogni costo. Per cui, con un po’ di pazienza vorrei parlare della crescita, che in sé è un fenomeno abbastanza recente, che ha un paio di secoli o poco più. Fino a prima della rivoluzione industriale le comunità vivevano principalmente dei raccolti agricoli (il settore primario impiegava la maggior parte dei lavoratori), di commercio e artigianato. Se i raccolti consentivano di sfamare la popolazione, e magari di vendere parte dei prodotti, era una buona annata. Se negli anni seguenti le produzioni agricole fossero state le medesime (ipotizzando costante la popolazione), sarebbero state tutte buone annate. Oggi, se la produzione industriale non cresce (più in generale se il PIL non cresce) siamo in crisi, in recessione, è un problema grave …Ma se un popolo producendo e consumando una certa quantità di prodotti (il suo PIL) vive dignitosamente, perché se l’anno seguente produce e consuma gli stessi prodotti è in crisi, e quello seguente ancora è in recessione? Lascio inevasa questa domanda, che dovrebbe costituire, per chi lo vorrà, uno spunto di riflessione. Quello che ci viene propinato è che bisogna crescere, punto e basta. Ora, possiamo parlare della crescita (sempre col tono “eretico” che mi contraddistingue, ed intendendo “eretico” come colui che non accetta passivamente la versione ufficiale ma che preferisce riflettere con la propria testa). Siamo certi che un mondo con risorse limitate permetta una crescita costante ed illimitata? Quello che adesso sta accadendo è che abbiamo raggiunto i limiti dello sviluppo, per la limitatezza delle risorse planetarie ed anche per l’emergere di immensi paesi orientali che stanno rincorrendo una vita agiata. La Cina e l’India sono oramai i veri paesi manifatturieri del globo, e cinesi ed indiani (giustamente) aspirano a tre pasti al giorno, all’automobile, al riscaldamento nelle case, ai confort che noi diamo per scontati, e si tratta di popolazioni immense. Siamo certi che le risorse del pianeta siano sufficienti? Tutto questo dovrebbe indurre almeno un po’ di curiosità sull’argomento, magari, durante qualche giorno di ferie natalizie, qualcuno potrebbe leggere il libro“I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio”,Oscar saggi Mondadori, disponibile anche in qualsiasi biblioteca pubblica. Non è certo mia intenzione svolgere un trattato sulla materia, lascio questo compito a persone più competenti, tuttavia consiglio di diffidare di chi usa con troppa disinvoltura la parola crescita, perché la crescita (almeno nel medio-lungo periodo) è finita. Consiglio di diffidare dalle “versioni ufficiali” che vengono passate dai mass media come fossero oro zecchino, e rammentare che il prezzo della democrazia (e con essa della libertà) è l'eterna vigilanza.

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MARIO MONTI IN VERSIONE ARISTOTELES,

MITICO FUORICLASSE DELLA LONGOBARDA

di Francesco Toscano

Il centro dei “prestigiosi” è finito prima di nascere ma tutto questo Monti (ancora) non lo sa. Ma che appeal può avere una operazione politica che, nel 2013, indica Monti candidato premier di due cariatidi come Fini e Casini? Non a caso Passera, che ha un nome evocativo e importante, ha già capito l’antifona scendendo tosto dal Titanic in partenza. Il vecchio Terzo Polo, affossato tra fischi e pernacchie dagli elettori nella tornata amministrativa passata, rinasce limitandosi a sostituire il pallido Rutelli con il presunto fenomeno Monti. Supponiamo pure che Mario Monti in politica sia per davvero una specie di Maradona (cosa niente affatto scontata) capace di fare la differenza. Ora, immaginate che domani, avvinto da megalomania acuta, il Presidente della Spal decidesse di acquistare il fenomeno argentino Leo Messi. Basterebbe inserire un fuoriclasse in mezzo a tante mezze calzette per trasformare una squadretta di periferia in team da scudetto? Non credo proprio. Considerate pure che , più che Messi, Monti si rivelerà presto una specie di Darko Pancev, storico bidone acquistato dall’Inter a peso d’oro all’inizio degli anni ’90, e il fallimento è assicurato. Non basteranno le preghiere di qualche fariseo contemporaneo come il Cardinal Bagnasco per impedire un flop elettorale e politico geometricamente certo. Fini e Casini riuscirebbero a paralizzare uno scapitante puledro, figuratevi un ronzino acido e professorale come Mario Monti. Il tempo dirà presto se questa mia

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previsione è corretta. L’attuale classe dirigente politica vive una crisi di credibilità simile (o forse peggiore) rispetto a quella dei tempi di Mani Pulite. I partiti, tutti i partiti, sono generalmente odiati e detestati dalla maggior parte dei cittadini. L’Udc, ribattezzato non a caso Unione dei carcerati da un perfido Grillo, sublima nell’immaginario collettivo tutte le peggiori schifezze lustro e vanto della sciagurata e morente seconda Repubblica. Un partitino personale, opaco, pieno zeppo di personaggi discutibili e spesso ignoranti, gestito fino a poco tempo fa da due figure del calibro di Lorenzo Cesa e Totò Cuffaro. Casini in Caltagirone, proprietario di un impero editoriale, gode infine di un ottimo e casalingo conflitto di interessi. Basta sfogliare i giornali del suocero per rendersene conto. Il Messaggero e il Mattino, tra gli altri, con apprezzabile sfida del ridicolo, si sforzano quotidianamente, ma senza successo, di dipingere un vecchio e dannoso dinosauro della politica come Casini alla stregua di un redivivo Giolitti. Nemmeno il più idiota tra gli elettori può risultare affascinato da una proposta politica che, in nome del rinnovamento, riparte da Fini e Casini. Sembra una barzelletta. Nel 1994, il cavalier Berlusconi scompaginò il quadro politico cavalcando un desiderio di radicale cambiamento. Ma voi credete per davvero che, venti anni orsono, Berlusconi sarebbe diventato il dominus della politica italiana se, anziché fondare Forza Italia trasformando una serie di zucche in principi, si fosse limitato a fare il capo coalizione di vecchi e sputtanati partiti come il Psi e il Pli? L’Udc di oggi non fa meno ribrezzo del Psi dell’epoca. Monti e, in misura minore Bersani, sta facendo il gioco di Grillo. Se Fini e Casini alienano in partenza l’ipotetico consenso elettorale del Professore di Varese, il Centro Democratico di Tabacci, Donadi e Loiero, neo-alleato del Pd, potrebbe spingere molti elettori a non dare più il voto al partito di Bersani, spalleggiato adesso da elementi di questo tipo. Registro infine con stupore che, nel merito delle proposte politiche, l’unico che ha centrato il cuore del problema è (purtroppo) Silvio Berlusconi, come ha correttamente osservato PierGiorgio Gawroski (www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/28/cambiare-leuropa-per-cambiare-litalia/456584/). L’austerità sta uccidendo l’Europa come non si stancano di ripetere luminari come Krugman e Stiglitz. Monti, alfiere del genocidio morbido in atto, finirà con il rosicchiare qualche voto al Pd, da tempo acriticamente schierato su posizioni filo-tedesche tutte orientate a difendere il dogma del rigore ad ogni costo. Bersani e Monti, affamatori per bene, si contendono lo stesso elettorato: quello dei garantiti a pancia piena che, in nome della responsabilità e del mito del pareggio di bilancio, ridurranno definitivamente in miseria pensionati, salariati e disoccupati senza speranze. Ma almeno, consolatevi, nessuno in Europa riderà più di noi. Non è elegante ridere nel bel mezzo di un funerale.

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(30/12/2012). Giornale gratuito. Non riceve finanziamenti pubblici e privati. “Esce come e quando può”

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L’ANDROCENTRISMO NELLA CHIESA

di Ivano Maddalena “Una cosa grave e triste”. Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ha commentato la vicenda di don Piero Corsi, il parroco di San Terenzo di Lerici che aveva affisso nella bacheca della chiesa un testo in cui sosteneva che sarebbero le donne a causare il femminicidio a causa dei loro comportamenti. Il volantino prende vita da un commento a un estratto della lettera apostolica Mulieres dignitatem fatto dall’editorialista del sito Pontifex intitolato "Donne e il femminicidio facciano sana autocritica. Quante volte provocano?". Il volantino cominciava con: “l’analisi del fenomeno che i soliti tromboni di giornali e tv chiamano appunto femminicidi” e accusava le donne di meritarsi il peggio per essersi allontanate dalla virtù e dalla famiglia. “Quante volte vediamo ragazze e signore mature circolare per strada con vestiti provocanti e succinti? - si leggeva sul volantino - costoro provocano gli istinti peggiori e poi si arriva alla violenza o abuso sessuale (lo ribadiamo. roba da mascalzoni). Facciano un sano esame di coscienza: forse questo ce lo siamo cercate anche noi?”. Al di là delle scuse, delle voci su un possibile abbandono dell’abito talare, della decisioni che prenderà la curia, della giusta protesta delle donne e non solo per la gravità del fatto, si devono fare delle riflessioni

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molto serie e approfondite. Partiamo da lontano. La storia dell’umanità è spesso segnata da emarginazione e violenza nei confronti della donna. Così accadde nella Chiesa delle origini. La donna ebbe un ruolo insostituibile nella fondazione e diffusione della Chiesa, ma ben presto le donne furono emarginate. Escluse dal governo della Chiesa, non ammesse al pulpito e all’altare, non fu consentito loro di interpretare la Parola del Vangelo. Si ritenne fin da subito che gli uomini avevano di fronte a Dio un posto di privilegio che portò a dar vita a teorie assurde e misogine sulla natura femminile. A dare il via a una tradizione deprecabile fu un certo Saulo di Tarso, san Paolo. Basti questo passo della Prima lettera a Timoteo 2,11-15 “La donna impari in silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna d’insegnare, né d’usare autorità sul marito, ma stia in silenzio. Perché Adamo fu formato il primo, e poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione; nondimeno sarà salvata partorendo figliuoli, se persevererà nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia.” Nella storia della tradizione ecclesiastica, molti condivisero tale pensiero. Tertulliano (III secolo), considera la donna una seconda Eva: come questa “aveva circuito con le sue blandizie colui contro il quale il diavolo non sarebbe riuscito a vincere con la forza”. Le donne per Tertulliano sono: “la porta d’ingresso del diavolo” tentano gli uomini ed è per causa loro che il Figlio di Dio è dovuto morire. Agostino vede pari dignità tra uomo e donna nel campo spirituale, non così circa la sua corporeità e il ruolo sociale: “la donna non è fatta a immagine di Dio”, ma può essere considerata tale solo insieme all’uomo, che è il suo capo. Tommaso d’Aquino, definì la donna: “un maschio mancato”, concepito in modo anomalo quando il maschio non porta a compimento in modo perfetto l’atto sessuale. Martin Lutero, affermò che la donna deve obbedire al proprio marito. In sua assenza, la donna deve restare in casa: “come un chiodo infisso nel muro” a badare alle faccende domestiche, poiché in questo modo: “Eva viene punita”. Si potrebbe continuare ma è già troppo e don Corsi come vedete si trova in “buona”compagnia. Tutto ciò segna l’esclusione sociale. Le donne furono relegate allo status di“secondo sesso” nella Chiesa e nella società. La donna vista come “sesso inferiore”. Tutto ciò fu deleterio, è deleterio e provoca emarginazione e ingiustizia, anche oggi si ripetono fatti gravi di violenza e offesa della donna. La Chiesa spesso pecca di sessismo e ha abusato del femminile, cadendo spesso in giudizi svilenti e perdendo di vista il grande valore del femminile. Un apporto significativo, alla riflessione e allo superamento di tale atteggiamento negativo e svilenti nei confronti della donna da parte della Chiesa, l’ha offerto la teologia femminista di stampo liberale, sociale, culturale che ha portato a ribadire che uomo e donna sono creati a immagine e somiglianza di Dio. Si è denunciato la non bontà di una visione di Dio come padre, signore e re. Tale concezione deve essere superata. Come pure quella: “Un Dio, un papa, un imperatore”, che fin dai tempi di Costantino, sono immagini del potere maschile utili a giustificare il patriarcato nella Chiesa e nella società. L’uomo non è patriarca, signore e re della donna. L’essenza di Dio è amore, compassione e misericordia. Così tra uomo e donna la relazione si deve vivere all’insegna del reciproco rispetto. Dunque dichiarazioni come quella del parroco di Lerici sono anche il frutto di una certa “diseducazione”, di mancanza del senso delle misura e della ponderazione. Affermare che i maschi sono violenti per natura e che le donne son causa del loro male, costituisce un modo di scaricare sulla natura ciò che invece è frutto di una cultura perversa. Cultura che porta a legittimare il dominio maschile sulle donne. Ma così non deve essere mai. Ben venga che il parroco di Lerici faccia riposo e riflessione, ma a tutti il monito di crescere nel reciproco rispetto e senso di giustizia La donna deve avere un valore inestimabile agli occhi dell’uomo e viceversa.

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OSSERVATORIO SICUREZZA SUL LAVORO: SI

LAVORA MENO, MA SI MUORE COME E PIU’ DI PRIMA

Ancora 8 morti sul lavoro a Nordest nel mese di Novembre. E il tragico bilancio dell’emergenza nei primi undici mesi del 2012 arriva a 72 vittime. Dato stabile rispetto allo scorso nonostante gli indicatori occupazione siano diminuiti Mestre - Ancora vittime del lavoro a Nordest nel mese di novembre. Sono otto le morti bianche registrate dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering e arriva così a 72 il numero degli infortuni mortali sul lavoro in Triveneto nei primi undici mesi dell’anno stando ai dati rilevati dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering di Mestre. Un dato che appare pressoché identico a quello dello scorso anno (quando le vittime erano 73), ma che fa riflettere specie in un periodo in cui gli indici di occupazione diminuiscono. Come dire: si lavora meno, ma si continua a morire come e, probabilmente, più di prima. Al Veneto, come sempre, spetta la maglia nera per il numero di vittime (41, di cui 6 nel solo mese di novembre), seguito dal Trentino Alto Adige (19) e dal Friuli Venezia Giulia (12). Bolzano è la provincia in cui viene rilevato il più alto numero di decessi (11), seguita da Verona (10), Trento (8), Belluno e Venezia (7), Treviso, Vicenza, Padova e Udine (5), Pordenone (4), Rovigo e Gorizia (2), Trieste (1). La provincia in cui il rischio di mortalità è più elevato rispetto alla popolazione lavorativa in Triveneto è Bellunocon un indice di incidenza pari a 77,2 (quarta a livello nazionale), seguita da Bolzano (45,8) e da

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Gorizia (35,3). Il Veneto, poi, continua ad emergere anche a livello nazionale per il numero di vittime: al terzo posto dopo la Lombardia (65 vittime), l’Emilia Romagna (59), la Toscana è quarta (40). Per incidenza di mortalità rispetto alla popolazione lavorativa a Nordest il dato peggiore giunge nuovamente dal Trentino Alto Adige con un indice pari a 40,4 - contro una media nazionale di 21,1 - e secondo nella graduatoria del Paese solo all’Abruzzo. In Friuli Venezia Giulia si registra un indice pari a 23,6 e in Veneto 19,4. Tra i risultati più inquietanti che emergono nell’indagine c’è quello della mortalità per settori. Perché quasi il 50 per cento delle vittime del lavoro a Nordest operava nel settore agricolo. Mentre il 12,5 per cento nelle costruzioni. Il decesso per il ribaltamento di veicoli o mezzi in movimento, che avviene soprattutto in agricoltura, è la principale causa di morte 27,8 per cento dei casi, seguita dalla caduta dall’alto (18,1 per cento) e dallo schiacciamento avvenuto in seguito alla caduta di oggetti pesanti (16,7 per cento). La fascia d’età più colpita a Nordest è quella che va dai 45 ai 54 anni (21 casi), seguita da quelle che vanno dai 35 ai 44 anni e dai 55 ai 64 anni (15). N.B: Le elaborazioni rilevano gli incidenti mortali verificatisi in luogo di lavoro ordinario e quindi sono esclusi quelli in itinere e quelli dovuti alla circolazione stradale.

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DIARIO DI VIAGGIO: HELSINKI E LA MAGIA

DI ROVANIEMI, IL PAESE DI BABBO NATALE

Rubrica a cura di Francesca Monti

Durante il mio viaggio nelle capitali del Nord Europa ho avuto modo di visitare Helsinki, la capitale della Finlandia. Il mio tour alla scoperta di questa graziosa città è iniziato a Piazza del Mercato (Kauppatori), situata sul mare. Qui ci sono tante bancarelle dove comprare originali souvenir d’artigianato finlandese, ma anche banchi di pesce fresco e stand per pranzare all’aperto. Dalla Piazza del Mercato partono le navi per un tour di Helsinki e per l’isola di Suomenlinna. Di fronte a Kauppatori è situato il mercato coperto (Kauppahalli), dove gustare piatti tipici locali come le polpette di renna, il salmone e le aringhe. Dalla parte opposta invece, si erge la cattedrale ortodossa di Uzpenski. L’edificio sacro è di colore rosso, dalla terrazza della chiesa si può ammirare la baia di Helsinki dall’alto. Nelle vicinanze di Piazza del Mercato si trovano il Palazzo presidenziale, l’Ambasciata svedese e il Municipio. Il centro città si raggiunge passando attraverso un viale alberato (Esplanadi) e presenta una fontana con quattro foche e la statua di Havis Amanda. Questa statua viene lavata dagli studenti durante le celebrazioni del Primo Maggio e le viene messo il

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tipico cappello che si riceve quando ci si diploma, il lakki. Proseguendo per il viale di Esplanadi, si raggiunge Stockmann, i grandi magazzini più grandi della Scandinavia. Lungo Esplanadi, nel periodo natalizio, viene allestito il classico mercatino di Natale, con bancarelle di prodotti di artigianato e alimentari tipici finlandesi. Alexanderinkatu è invece la via più famosa di Helsinki, aperta solo al traffico di tram e taxi. Qui all’inizio del periodo natalizio Babbo Natale fa la sua parata su una slitta trainata da renne. Aleksanderinkatu è la via dello shopping della capitale finlandese e percorrendola da Stockmann, ci si imbatte nella piazza del Senato (Senaatintori) con la statua dello zar Alessandro II, duca di Finlandia nel XIX secolo, e nella maestosa cattedrale simbolo della città: il Duomo di Helsinki (Tuomiokirkko). Fu progettato in stile neoclassico da Carl Ludwig Engel. La chiesa, ispirata al Pantheon di Parigi, si presenta con una pianta a croce greca. Dall’alto di una scalinata domina, con le sue facciate bianche e la grande cupola verde, la Piazza del Senato. Sofiankatu invece è l’unica via ad Helsinki dove è stato lasciato il pavimento originale in ciottoli di pietra e una vecchia cabina telefonica.

Poco distante dal Duomo c’è il piazzale della stazione (Rautatientori), da cui partono la linea metropolitana di Helsinki, numerosi tram e autobus verso tutte le direzioni, compreso quello per l’aeroporto. Nel centro del piazzale si erge la statua di Aleksis Kivi, famoso scrittore finlandese e autore dell’opera “I sette fratelli”. Si può inoltre ammirare la

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caratteristica torre dell’orologio della stazione di Helsinki e i famosissimi quattro uomini di pietra (kivimiehet) che sorreggono il mondo.

Dietro il centro commerciale Sokos, parte Mannerheimintie, la via più grande di Helsinki, lungo la quale si trovano la statua equestre di Mannerheim, davanti al museo di arte contemporanea Kiasma, il Parlamento finlandese, il Museo Nazionale (Kansallismuseo), e Finlandia Talo, una sala concerti progettata dal famoso architetto finlandese Alvar Aalto.

Da qui si può raggiungere la baia di Töölö (Töölönlahti). D’inverno la baia si ghiaccia e ci si può camminare sopra per attraversarla. Vicino al Finlandia Talo, si trova anche l’Opera Nazionale. Nel quartiere di Töölö è presente la famosa chiesa luterana di Temppeliaukio, anche conosciuta come “chiesa nella roccia”. Le due isole più popolari di Helsinki sono Suomenlinna e Seurasaari.

Per andare a Suomenlinna si prende il traghetto dalla Piazza del Mercato e il viaggio dura circa venti minuti. Suomenlinna è un’isola, che veniva usata per difendere Helsinki dagli attacchi dei nemici. La fortezza di Suomenlinna, patrimonio dell’Unesco, è costruita su tante piccole isolette connesse da ponti e si può percorrere a piedi. Non vi sono auto nell’isola, tranne per i pochi residenti, e una parte è zona militare. A venti minuti di autobus

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dal centro, connessa alla terraferma tramite un ponte, si trova l’isola di Seurasaari. Qui non ci sono residenti ed è allestito un “museo all’aperto”, composto da abitazioni e barche trovate in varie parti della Finlandia. Durante la festa di San Giovanni (Juhannus) a Seurasaari viene organizzato il tradizionale falò (kokko), alto fino a cinque metri. A Helsinki ci sono numerosi parchi molto puliti e curati, dove passare qualche ora in tranquillità. Va menzionato tra questi il parco di Sibelius (Sibeliuksen puisto), famoso per il monumento di Sibelius, una scultura astratta, che venne rivelata nel 1976, centenario della nascita del compositore finlandese. Il monumento consta di una serie di tubi di varie dimensioni, con cui i visitatori possono divertirsi a emettere diverse note. Di questo monumento è presente una miniatura nel museo dell’Unesco a Parigi.

Infine, per gli appassionati di animali è imperdibile una visita allo zoo di Helsinki, sull’isola di Korkeasaari, che ospita numerose specie di animali provenienti dalle regioni artiche del paese e di origine tropicale.

Terminata la visita della capitale finlandese, vado in aeroporto per raggiungere la destinazione che tanto ho sognato di vedere: Rovaniemi, il paese di Babbo Natale. Dopo circa un’ora e mezza di volo, atterriamo finalmente nel piccolo aeroporto di Rovaniemi, dove l’insegna di Babbo Natale ci dà il benvenuto. Nonostante sia agosto, il clima è molto

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rigido, piove e ci sono 3°. Ma l’atmosfera è comunque bellissima. Dopo aver dormito e fatto colazione presso la Guesthouse Borealis, vado alla scoperta della città, in attesa di prendere il bus che mi porterà al Santa Claus Village. Rovaniemi si trova in Lapponia, la provincia più settentrionale della Finlandia. È situata 10 km a sud del circolo polare artico, tra le colline di Ounasvaara e Korkalovaara, alla confluenza del fiume Kemijoki e del suo affluente Ounasjoki. Il porto più vicino si trova a Kemi, a 115 km di distanza. Il nome "Rovaniemi" è stato spesso ritenuto di origine lappone, in quanto roavve in Sami indica una collina boscosa. In finnico rova significa invece "cumulo di pietre" o "roccia". Fra le attrattive della città ci sono il ponte Jätkänkynttilä con la

fiamma eterna sopra il fiume Kemijoki; l'Arktikum, il museo dell'artico per scoprire la natura e la cultura delle popolazioni del Nord Europa; gli edifici progettati da Alvar Aalto; il trampolino Ounasvaara, che sorge sull'omonimo colle, e varie piste per la pratica dello sci di fondo; il Museo delle Belle Arti, che raccoglie una panoramica completa di opere sull’arte moderna finlandese; la Chiesa evangelico – luterana, progettata dall’architetto Bertil Liljequist e ultimata nel 1950. Al suo interno è possibile ammirare il maestoso affresco “La sorgente della vita”, eseguito dall’artista Lennart Segerstrål. Nella chiesa è presente anche un organo a 45 canne proveniente dalla fabbrica Christensen.

Il momento tanto atteso è arrivato. Prendo il bus con destinazione Santa Claus Village per andare ad incontrare Babbo Natale. Il Villaggio sorge ad 8 chilometri a nord di Rovaniemi. Nato nel 1950, è visitabile durante tutto l’anno. L’atmosfera è magica, qui è sempre Natale. Entro all’interno del Santa Claus Village e decido di recarmi subito da Babbo Natale, nel suo ufficio. Si entra attraverso una porta con la scritta “Santa is here”, poi si passa attraverso un tunnel con decorazioni natalizie, tutto illuminato e al termine un Elfo ci accoglie e apre la porta dell’Ufficio di Babbo Natale, che ci saluta sorridendo. Ad un tratto

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mi sembra di essere tornata bambina o forse non sono mai cresciuta davvero, sono felice di essere qui con Babbo Natale e di raccontargli i miei desideri. Dopo l’immancabile foto (a pagamento) saluto Santa Claus e proseguo nella scoperta del Villaggio. La seconda tappa è l’Ufficio Postale, qui su una bacheca rossa, sono conservate tutte le letterine scritte dai bambini di tutto il mondo, divise per Paese. Mi siedo nella stanza del camino e scrivo qualche cartolina. Ci penseranno poi gli allegri elfi postali a inviarle ai destinatari sia a Natale che in piena estate. Qui si possono ordinare le originali lettere di Babbo Natale che egli stesso spedirà prima di Natale. Tutte le lettere e le cartoline vengono timbrate a mano con il timbro speciale dell'ufficio postale di Babbo Natale. Le lettere e le cartoline imbucate nella posta rossa verranno spedite dagli Elfi a Natale. Dopo un giro tra i vari negozietti che propongono tanti interessanti regali natalizi, faccio una foto nel punto in cui inizia il Circolo Polare Artico, delimitato da una linea bianca con la scritta Arctic Circle 66°32’35”. Secondo una leggenda, colui che con la luna piena attraversa il Circolo Polare Artico in piena estate con una zampa di lepre in tasca e un trifoglio in mano e conosce le parole dell'incantesimo, riceverà per un attimo la forza del ghiottone, gli occhi della civetta delle nevi e la velocità della renna. Ma dove si trova la luna piena in una notte d'estate quando splende sempre il sole? In piena estate, in Lapponia il sole splende anche di notte: più a nord si va, più a lungo splende. Il fenomeno è dovuto all'inclinazione dell'asse di rotazione

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della Terra rispetto alla sua orbita attorno al sole. La notte bianca si può facilmente vedere nella zona del Circolo Polare Artico: oltre alla Finlandia anche in Svezia, Norvegia, Russia, Canada e Alaska. Circa cento anni fa con un viaggiatore di passaggio si cominciò a diffondere nel mondo la notizia dell'esistenza di Korvatunturi e dei suoi abitanti. Babbo Natale voleva proteggere la pace del suo nascondiglio e trovò un modo geniale che permise a tutti i suoi amici di venirlo a trovare. Cinquant'anni fa Babbo Natale cominciò a visitare regolarmente il Circolo Polare Artico, nelle vicinanze della città di Rovaniemi.

Centro del Natale della Lapponia, il Villaggio di Babbo Natale al Circolo Polare Artico è diventato, agli inizi dell'ultimo decennio, l'attrazione natalizia più visitata dei Paesi Nordici. Grazie a tale successo, il numero di visitatori è raddoppiato. In particolare, il numero di visitatori internazionali è addirittura quadruplicato in pochi anni raggiungendo la cifra di mezzo milione.

La capanna di Roosevelt ossia la capanna del Circolo Polare Artico è una esposizione sulla storia del turismo al Circolo Polare Artico.

Nel dopoguerra, Rovaniemi e la Lapponia sono state le prime a ricevere gli aiuti dell'Unrra, l'organizzazione umanitaria precorritrice dell'Unicef. La nascita della capanna nel Circolo

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polare Artico e dei servizi turistici è anche legata agli aiuti dell'Unicef. Eleanor Roosevelt, conosciuta come l' “anima” dell'Unrra, fece una visita a sorpresa a Rovaniemi nel 1950. Come parte della cerimonia di accoglienza, venne costruita la capanna del Circolo Polare Artico in un paio di settimane.

Quando la moglie del presidente degli Stati Uniti, famosa per il suo impegno

umanitario, si recò a Rovaniemi per constatare la ricostruzione postbellica della Lapponia e della città, Uuno Hannula, il prefetto di allora, si pose il problema di quale programma organizzare per l'evento. Hannula fu aiutato dal sindaco Lauri Kaijalainen, che con la collaborazione del suo personale, ottenne in regalo dal professore Eemeli Karinen un pezzo di terreno sulla strada statale n. 4 in direzione nord, al fine di costruirci una capanna per gli ospiti. Fu deciso quindi di organizzare qui, al nord del Circolo Polare Artico, la cerimonia di ricevimento. L'idea nacque dal fatto che una ventina d'anni prima il colonnello Oiva J. Willamo aveva fatto erigere un palo nella stessa zona dove i turisti potevano sostare e fare delle fotografie. Il luogo preciso del palo distrutto durante la guerra e della nuova capanna non fu determinato sulla base di accurate misurazioni scientifiche. La capanna del Circolo Polare Artico, per la cui costruzione restava solo una settimana, fu progettata in tutta fretta in una sola notte dall'architetto Ferdinand Salokangas e realizzata dal personale esperto nella costruzione di baracche di legno del consulente forestale Jarl Sundquist. Domenica 11 maggio 1950 finalmente la capanna era pronta ad accogliere l'importante ospite. Alla cerimonia di ricevimento presero parte molti abitanti di Rovaniemi, che in seguito si abituarono ai molti ospiti di rilievo venuti da lontano. L'evento fu molto importante per il turismo della zona, in quanto si era così creata l’attrazione principale che attirò sul posto sempre più visitatori che facevano una sosta per gustare un caffè, acquistare dei souvenir e inviare gli immancabili saluti a casa con le cartoline recanti il timbro speciale del Circolo Polare Artico. La capanna, aperta nei mesi estivi, ha collezionato nel registro degli ospiti migliaia di visitatori ogni anno. Fu ingrandita per la prima volta nel 1956.

Dopo l’incontro speciale con Babbo Natale è il momento di un altro splendido momento: la visita alla Reindeer Farm, dove ho potuto accarezzare e dar da mangiare alle magnifiche renne. E per concludere il tour del Santa Claus Village sono andata all’Husky Park a vedere i bellissimi cani husky.

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Sempre a 8 km da Rovaniemi è situato il Santa Park che riproduce la grotta, scavata nel monte di Korvatunturi, nella quale abita e lavora Babbo Natale. Il parco è aperto tutto l’anno ed al suo interno è possibile trovare varie attrazioni. Ci sono negozi per lo shopping natalizio, una galleria con sculture di ghiaccio, il laboratorio segreto degli elfi, lo studio di Babbo Natale, la cucina di Pan di Zenzero, il parco giochi e il locale in cui la slitta di Babbo Natale viene parcheggiata in attesa di trasportare i doni. Nel Santa Park è inoltre possibile assistere a molti spettacoli sulle tradizioni lapponi, con cibi e bevande tipiche. Anche nel Parco, come nel Santa Claus Village, è possibile spedire pacchi e cartoline con un timbro speciale. Il mio viaggio a Rovaniemi è terminato, torno in aeroporto con ancora negli occhi la magia del Santa Claus Village, le luci, i suoni natalizi, le renne, gli husky, l’incontro con Babbo Natale e nel cuore l’atmosfera di pace e gioia che si respira ad ogni passo. Forse tornerò di nuovo a Rovaniemi, in inverno però, perché con la neve qui tutto deve essere ancora più speciale.

P.S. per bambini e non: potete spedire le vostre lettere a Babbo Natale al seguente indirizzo: Joulupukki, Joulupukin Pääposti, FI-96930 Napapiiri, Finlandia. Magari qualche sogno diventerà realtà.

BUON 2013 DALLA REDAZIONE DE “IL POPOLO VENETO”!