il paese delle maree

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    Amitav Ghosh - Il paese delle maree

    Amitav GhoshIl paese delle maree.Testo revisionato.Fotografia di Trygve Bolstad / Panos Pictures.Grafica: Studio Bosi, Verona.

    Piya appena arrivata a Canning, l'ultimafermata per i Sundarban, l'immenso arcipelagoche si stende fra il mare e le pianure del Bengalae che, secondo la leggenda, sorto il giorno incui la treccia del dio Shiva si disfatta e i suoicapelli bagnati si sono sciolti in un immenso e

    intricato groviglio. E, in effetti, a chi da Canninggiunga fino a Lusibari, il pi lontano dei lembi diterra abitati dei Sundarban, le isole sembranodavvero migliaia di ciocche arruffate, o filismarriti del tessuto dell'India, frange sbrindellatedel suo sari.Piya, giovane biologa marina nata in Bengala ma

    cresciuta negli Stati Uniti, arrivata in questodedalo di fiumi e foreste per scandagliare leprofondit marine, alla ricerca di delfini o diqualche altra specie rara di mammifero marino.Sui corsi d'acqua di mezzo mondo,sull'Irrawaddy, sul Mekong o sul Mahakam, Piya

    si sempre sentita protetta dalla sua

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    inequivocabile estraneit, dai suoi capelli nericorti, dalla sua pelle scura, dai suoi lineamentidelicati di giovane donna indiana. Qui, in unposto in cui si sente pi straniera che altrove, sache il suo aspetto la priva di ogni protezione.Per Kanai Dutt, invece, l'interprete diretto aLusibari per decifrare un misterioso diariolasciatogli da uno zio, l'arcipelago soltanto il

    paesaggio dove poter sfoggiare l'agilit e laprontezza del viaggiatore capace di cogliereistintivamente l'attimo.Soltanto per Fokir, il pescatore, i Sundarban sonoil mondo. A bordo della sua barca, fatta di canne,foglie di bamb e fragili assi di legno, Fokirconosce ogni angolo di quest'universo sorto daldisfarsi della treccia di Shiva, e sa che qui nonesistono confini tra acqua dolce e salata, fiume emare, terra e acqua, poich quotidianamente lemaree penetrano fin dentro le pianure delBengala e foreste e isole intere scompaiono.Attorno a questi tre personaggi - la giovane

    studiosa attratta dalla potenza della natura,l'interprete che incarna la razionalitdell'Occidente, il pescatore che attinge allamillenaria sapienza dell'Oriente - si snoda ungrande romanzo d'avventura in cui Ghosh dvoce all'eterno conflitto tra uomo e natura, liberte destino, mito e ragione.Amitav Ghosh nato a Calcutta nel 1956, ha

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    studiato a Oxford e da qualche anno vive a NewYork.Tra le sue opere, pubblicate in numerosi paesicon grande successo di pubblico e di critica,ricordiamo Il palazzo degli specchi, Ilcromosoma Calcutta, Le linee d'ombra, Ifantasmi della signora Gandhi, Il cerchio dellaragione.

    Il nostro indirizzo internet : www.neripozza.itLE TAVOLE D'ORO.Amitav Ghosh.Il paese delle mareetraduzione di Anna NadottiNERI POZZA EDITORE.Titolo originale: The Hungry Tide. 2004Amitav GhoshSeconda edizione, settembre 2005 2005 NeriPozza Editore, Vicenzarsarr 88-545-0030-5Il nostro indirizzo internet : www neripozza.it

    Per Lila.

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    Prima parte. Bassa marea, batha.1.Kanai la not nel momento stesso in cui misepiede sulla banchina affollata. Non si lasciingannare n dai capelli neri cortissimi, ndall'abbigliamento da ragazzo, calzoni di cotonesformati e maglietta bianca di qualche taglia inpi.

    Zigzagando con sicurezza fra i venditori dicibarie e di t che smerciavano la loro mercanzialungo il binario, non perse d'occhio quella figuraesile e aggraziata. Il viso lungo e sottile, ladelicatezza dei lineamenti contrastavano con laseverit del taglio dei capelli. Niente bindi sullafronte, niente bracciali e braccialetti, ma al lobodell'orecchio una piccola borchia d'argentoluccicava sulla pelle scura e scurita dal sole.Kanai amava pensare di essere un veroconoscitore in fatto di donne, di saperle valutaree apprezzare, ed era incuriosito dai suoi modi,dal suo portamento fuori dal comune.

    Pens che, nonostante la piccola borchiad'argento all'orecchio e il colore dellacarnagione, non fosse indiana, o lo fosse solo perlontana discendenza. Nel momento stesso in cuici pens, se ne convinse: era inequivocabilmentestraniera; lo si capiva dalla postura, dal suo mododi stare in equilibrio sui talloni, come un pesomosca, con i piedi leggermente divaricati. Fra le

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    ragazze che affollavanoPark Street a Kolkata forse non sarebbe stata deltutto fuori posto, ma qui, sullo sfondofuligginoso della stazione suburbana diDhakuria, l'elegante e composta androginia dellasua figura appariva incongrua, quasi esotica.Cosa ci faceva una straniera, una giovane donna,in una stazione di pendolari di Kolkata sud, in

    attesa del treno per Canning? Certo, era l'unicalinea ferroviaria per i Sundarban, ma per quantone sapeva lui nessun turista se ne serviva mai, ipochi che dovevano raggiungere quella zona disolito ci andavano in barca, affittando mezzi avapore o lance sul lungofiume di Kolkata. Iltreno era usato perlopi dai pendolari che ognigiorno venivano a lavorare in citt dai villaggidei dintorni.Vedendo che si voltava per chiedere qualcosa aqualcuno, Kanai ebbe l'improvviso desiderio disentire. La lingua era il suo mestiere e la suapassione, e spesso veniva assalito

    dall'irrefrenabile impulso di ascoltare di nascostole conversazioni altrui. Facendosi largo fra lafolla arriv a portata d'orecchio appena in tempoper sentire le ultime parole "treno per Canning?"Uno dei presenti cominci a darle indicazioni,gesticolando. Ma parlava in bengali e lei noncapiva, perci lo interruppe con un cenno dellamano e con tono di scuse disse che non

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    conosceva il bengali: ami Banglajani na. Dallasua goffa pronuncia, Kanai era in grado diaffermare con certezza una cosa: come glistranieri ovunque nel mondo, anche lei avevaimparato la lingua quanto bastava per spiegareche non capiva.Laltro "outsider" sulla banchina era Kanai, chepresto attir su di s la dovuta dose di attenzione.

    Era di media statura e, a quarantadue anni, i suoicapelli ancora folti cominciavano a mostrarequalche filo d'argento sulle tempie.Nell'inclinazione del capo e nell'ampiezza deigesti vi era una pacata sicurezza, la riprova diuna radicata fiducia nelle proprie capacit disuccesso in buona parte di ci che faceva.Sebbene il viso fosse perfettamente liscio,sottilissime rughe si aprivano a ventaglio intornoagli occhi, tuttavia quei solchi, accentuando lamobilit del volto, ne facevano risaltare pi lagiovinezza che l'et. Sebbene un tempo fosse dicorporatura snella, con il passare degli anni si era

    appesantito, ma conservava la sua agilit e laprontezza del viaggiatore istintivamente capacedi cogliere l'attimo.Si d il caso che Kanai viaggiasse con unavaligia con le ruote e il manico estraibile. Per gliambulanti e i piazzisti che offrivano la loromercanzia sulla linea per Canning tale bagaglioera solo uno dei tanti dettagli dell'aspetto di

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    Kanai - insieme agli occhiali da sole, ai calzonidi velluto a coste e alle scarpe di pellescamosciata - che facevano pensare al benesseredella mezz'et e a un'agiatezza cittadina.Di conseguenza fu assediato da venditoriambulanti, ragazzetti e bande di giovani in cercadi fondi per le pi svariate cause. Solo quando lalittorina verdegiallo entr finalmente in stazione

    pot scrollarsi di dosso quella massa diimportuni.Mentre saliva a bordo, not che la ragazzastraniera non era priva di una certa esperienza diviaggi: sollev da sola i suoi due grossi zainirespingendo la mezza dozzina di facchini che leronzavano intorno. Dimostrava una forza dibraccia e gambe che smentiva la corporaturaminuta e l'esile costituzione; gett gli zaini nellacarrozza in tutta scioltezza e si fece largo fra lafolla di passeggeri che si accalcavano comepecore. Per un attimo Kanai si chiese se fosse ilcaso di dirle che c'era una carrozza riservata alle

    donne, ma si era gi spinta dentro e la perse divista.Poi si ud il fischio del treno e Kanai affront asua volta la folla. Adocchi un posto e fu svelto asedersi. Aveva programmato di leggere un podurante il viaggio, ma mentre estraeva i foglidalla valigia si rese conto che il posto non era deltutto soddisfacente. Non c'era abbastanza luce

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    per leggere e alla sua destra era seduta una donnacon un bambino che piagnucolava: non sarebbestato facile concentrarsi dovendo schivare unpaio di piccoli pugni che si agitavano nell'aria.Pensandoci bene, il posto a sinistra, accanto alfinestrino, era meglio del suo, ma purtroppo eraoccupato da un uomo immerso nella lettura di unquotidiano bengali.

    Gli ci volle un momento per farsi un'idea del tipoche leggeva il giornale, poi vide che era unattempato signore dall'aria assai tranquilla,probabilmente disposto a lasciarsi persuadere."Are moshai, permette una parola?" sorriseKanai nel tentativo di far breccia sul suo vicinocon tutta la forza delle sue capacit dipersuasione. "Se per lei non troppo importante,le dispiacerebbe cambiare posto con me? Hoparecchio lavoro da sbrigare e accanto alfinestrino c' una luce migliore"Il lettore di giornale strabuzz gli occhi e per unmomento sembr persino sul punto di protestare

    o opporre resistenza.Ma esaminando i vestiti di Kanai e gli altriparticolari del suo aspetto cambi opinione: queltizio era certamente uno ammanicato, e magari inbuoni rapporti con poliziotti, politici o altra genteimportante. Perch mettersi nei guai? Si rassegncon garbo e gli cedette il posto accanto alfinestrino.

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    Soddisfatto di aver raggiunto il suo scopo senzadifficolt, Kanai lo ringrazi con un cenno delcapo e decise che, quando un chaala fossepassato accanto al finestrino, gli avrebbe offertouna tazza di t. Poi frug nella tasca esterna dellavaligia e tir fuori dei fogli scritti fitto fitto inbengali.Distese ben bene le pagine sulle ginocchia e

    cominci a leggere.Le nostre leggende raccontano che la discesa dalcielo della dea Ganga avrebbe spaccato la terrase il dio Shiva non ne avesse domato l'acqueofurore imbrigliandolo fra le sue chiome intrise dicenere. Ascoltare questa storia come vedere ilfiume in un modo particolare: come una trecciaceleste, per esempio, un'immensa fune d'acquache si snoda in una vasta pianura riarsa.Che vi sia un'ulteriore svolta in questa storia lo sicapisce solo nelle fasi finali del viaggio delfiume, e questa parte del racconto arriva semprecon un effetto sorpresa, perch non viene mai

    raccontata e quindi mai immaginata. Dice cos:c' un punto in cui la treccia si disfa, un punto incui i capelli intrecciati del dio Shiva si bagnanosciogliendosi in un immenso e intricatogroviglio. Una volta superato questo punto ilfiume si libera dai suoi lacci e si divide incentinaia, forse migliaia di ciocche arruffate.Finch ci si limita a contemplarlo, quasi

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    impossibile credere che qui, fra il mare e lepianure del Bengala, si stenda un immensoarcipelago di isole. Ma proprio di questo si tratta:un arcipelago che si allunga per quasi trecentochilometri, dal fiume Hooghly nel Bengalaoccidentale alle rive del Meghna in Bangladesh.Le isole sono i fili che restano del tessutodell'India, la frangia sbrindellata del suo sari;

    l'achol che la segue, per met bagnata dal mare.Sono migliaia di isole: alcune immense, altre nonpi di una lingua di sabbia; alcune sono inscrittenelle pagine di storia mentre altre sono emersedall'acqua solo da un anno o due. Queste isolesono ci che i fiumi restituiscono, le offerte concui essi rendono alla terra ci che le hanno tolto,in una forma che rivendica il dominio perenne suci che donano. I canali naturali si distribuisconosulla terra come una rete dalle maglie sottili ched origine a un territorio dove i confini fra terra eacqua sono in costante mutamento,costantemente imprevedibili.

    Alcuni sono navigabili, e cos larghi che da unariva non si vede l'altra; altri scorrono per pochichilometri e sono larghi solo qualche centinaio dimetri. Eppure, ognuno di questi corsi d'acqua un fiume a pieno diritto, con un proprio nomestranamente evocativo. Spesso si incrociano agruppi di quattro, cinque, anche sei: in questipunti di confluenza l'acqua si stende a perdita

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    d'occhio, e la foresta si ritira fino a diventare unalontana eco di terra che rimbalza all'orizzonte.Nella lingua locale, questo tipo di confluenza detto mohona: una parola dal fascino bizzarro,ammantata di veli seducenti.Non ci sono confini che dividano l'acqua dolceda quella salata, i fiumi dal mare. Le mareericoprono la terra per trecento chilometri e ogni

    giorno migliaia di acri di foresta scompaionosott'acqua per riemergere poche ore dopo. Lecorrenti sono cos poderose da modificare laforma delle isole quasi quotidianamente: a voltel'acqua stacca interi promontori e penisole, altrevolte fa emergere argini e lingue di terra cheprima non c'erano.Quando le maree generano nuove terre,nottetempo le mangrovie cominciano agermogliare, e se le condizioni sono favorevoli siriproducono cos in fretta da ricoprire una nuovaisola nell'arco di pochi anni. Una foresta dimangrovie un mondo a s, completamente

    diverso da qualunque tipo di bosco o di giungla.Non ci sono alberi frondosi con il tronco avvoltodai rampicanti, n felci o fiori selvatici, nscimmie vocianti o cacatua. Le foglie dimangrovia sono resistenti e coriacee, i raminodosi e il fogliame fittissimo. La visibilit poca, l'aria ferma e maleodorante.Non c' un solo momento in cui l'essere umano

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    non si senta minacciato da questo territorio checon estrema ostilit, scaltrezza, ingegno edeterminazione tenta di eliminarne e bandirne lapresenza. Ogni anno decine di persone muoiononell'abbraccio di quel fogliame inestricabile,uccise da tigri, serpenti e coccodrilli.Non c' nulla di invitante, qui, per uno straniero,eppure questo arcipelago generalmente noto

    come "il Sundarban", che significa "la bellaforesta" Alcuni ritengono che il termine derividal nome di una specie di mangrovia moltocomune, la sundari, o Heriteria minor. Mal'origine della parola non facile da distruggere,n lo il suo attuale prevalere, mentre nei registridegli imperatori moghul questa regione nonprendeva il nome da un albero bens da unamarea, bhata. E fra gli abitanti delle isole essa conosciuta come bhatir desh - il paese dellemaree anche se bhata indica un tipo particolare dimarea, la bassa marea.Questo un territorio che l'alta marea per met

    sommerge: -solo abbassandosi, cadendo, chel'acqua d vita alla foresta. Assistere a questostrano parto, con la luna come levatrice, ci facapire perch sia non solo appropriato manecessario chiamarlo "paese delle maree" Perch,come ci succede con i gattini di Rilke chepenzolano dal nocciolo e con la pioggia diprimavera sulla terra scura, quando

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    contempliamo la marea che si abbassa: noi che lafelicit la pensiamo in ascesa sentiremmo lacommozione, che quasi ci atterra sgomenti, peruna cosa felice che cade.'' Rainer M. Rilke, Elegie duinesi, in Opere, vol.11, Biblioteca della Pleiade, traduzione di AnnaLucia Giavotto Kiinkler, Gallimard/Einaudi,1995, X Elegia, vv. 110-113. (Nd, T)

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    2. Un invito.Il treno era fermo in una stazione a circa ventiminuti da Kolkata quando un inaspettato colpo difortuna diede a Piya l'occasione di approfittare diun posto accanto al finestrino.Era rimasta seduta nel punto pi soffocante delloscompartimento, sull'orlo di un sedile e con gli

    zaini addosso: ora, spostandosi vicino alfinestrino, vide che si trattava della stazione diChampahati. Una banchina scendeva fino a unammasso di baraccamenti e poi spariva in unapozza melmosa e grigia. Dalla quantit di genteche affollava il treno cap che sarebbe stato cosper l'intero tragitto, fino a Canning: faceva unostrano effetto pensare che quella giungla dituguri e catapecchie, attraversata dalle rotaie diun treno di pendolari, fosse la soglia deiSundarban.Volgendosi indietro, Piya scorse un venditore dit che pattugliava il binario. Sporgendosi fra le

    sbarre gli fece segno di avvicinarsi. Non si eramai preoccupata del tipo di chai in vendita aSeattle, la sua citt, ma in qualche modo nei diecigiorni trascorsi in India aveva sviluppatoun'inattesa predilezione per il t al latte,strabollito e servito in tazze di terracotta. Intantonon era speziato, dunque pi di suo gusto rispettoa quello di casa.

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    Pag il t, e stava cercando di far passare la tazzafra le sbarre del finestrino, quando l'uomoseduto davanti a lei volt all'improvviso unapagina urtandole la mano. Fu abbastanza pronta aruotare il polso in modo di rovesciare all'esternoquasi tutto il contenuto della tazza, ma non riusca evitare che qualche schizzo macchiasse i foglidell'altro passeggero.

    "Oh, mi scusi!" Piya era mortificata: fra tutti isuoi compagni di viaggio era l'ultima personache avrebbe voluto ustionare con il t. Lo avevagi notato sulla banchina della stazione, aKolkata, ed era stata colpita dalla suacompiaciuta inclinazione del capo e dal suomodo imperturbabile di fissare tutti quelli cheaveva intorno, di squadrarli, di calcolarne lemisure, di classificarli sistemando ognuno nellapropria casella. Aveva notato l'aria di spocchiosaindifferenza con cui aveva sfrattato l'uomoseduto accanto al finestrino.Le ricordava certi suoi parenti di Kolkata: anche

    loro sembravano dare per scontata una sorta didiritto acquisito (per ragioni di classe o dicultura?) per cui si aspettavano che tutti i piccoliostacoli e le seccature venissero rimossi e risoltia loro favore."Tenga", disse Piya offrendogli una manciata difazzolettini. "Lasci che l'aiuti a pulire i fogli""Direi che inutile", disse lui stizzito. "Ormai

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    sono rovinati".Si tir indietro mentre lui accartocciava i fogliche stava leggendo e li gettava dal finestrino."Spero che non fossero importanti", disse con unfilo di voce."Niente di irrecuperabile, solo fotocopie"Per un attimo pens di fargli notare che era statolui a urtarla. Ma tutto ci che le riusc di dire fu:

    "Le chiedo scusa.Spero che vorr perdonarmi""Ho altra scelta?" replic lui con tono piprovocatorio che ironico. "Crede che si possascegliere quando si ha a che fare con gliamericani, al giorno d'oggi?"Piya non aveva nessuna voglia di discutere elasci correre.Anzi, spalanc i grandi occhi fingendoammirazione e disse: "Come ha fatto aindovinare?""Indovinare cosa?""Che sono americana... lei molto perspicace".

    Ci sembr ammorbidirlo. Rilass le spalle e sirimise seduto al suo posto. "Non l'ho indovinato,direi piuttosto che lo sapevo", disse."E come faceva a saperlo? E per via del mioaccento?""S", annu lui. "Mi sbaglio di rado sugli accenti.Vede... faccio il traduttore, e anche l'interprete,per professione. Mi piace pensare che le mie

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    "S", disse annuendo. "Lei molto beninformato. Studio mammiferi marini comedelfini, balene, dugonghi e simili""E cos va a Canning per lavoro?""Esatto. Spero di ottenere un permesso per fareuna ricerca sui cetacei dei Sundarban"Stavolta fu lui a tacere, seppure per poco. Poidisse: "Sono sorpreso, non sapevo che ce ne

    fossero""Oh s, ce ne sono", disse lei, "o almeno cen'erano, moltissimi""Davvero? Qui si sente parlare solo di tigri ecoccodrilli""Lo so", disse lei, "i cetacei sono in un certosenso scomparsi.Nessuno sa se sia perch se ne sono andati operch non sono stati studiati. Nessuno ha maifatto una ricerca sistematica"."E perch?""Che sia perch impossibile ottenerel'autorizzazione?" disse lei. "C'era un gruppo di

    ricerca, qui, l'anno scorso. Si erano preparati permesi, mandando i documenti e tutto il resto. Manon sono riusciti neppure a raggiungere l'acqua.All'ultimo momento i permessi sono statirevocati""E cosa le fa credere che lei sar pi fortunata?""Da soli pi facile passare fra le maglie dellarete", disse.

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    E dopo una breve pausa aggiunse con un sorriso:"E poi ho uno zio a Kolkata, un pezzo grosso delgoverno. Ha parlato con qualcuno del Corpoforestale di Canning. Tengo le dita incrociate""Capisco" Sembrava colpito tanto dal suocandore quanto dalla sua disinvoltura. "E cos hadei parenti a Calcutta?""S. A dire il vero ci sono nata, ma i miei genitori

    si sono trasferiti quando avevo appena un anno"Gli rivolse uno sguardo penetrante, sollevandoun sopracciglio."Vedo che anche lei dice ancora "Calcutta.",come mio padre".A quell'osservazione, Kanai annu. "Ha ragione,dovrei stare pi attento, ma stata ribattezzatacos di recente che qualche volta mi confondo.Cerco di riservare "Calcutta." per il passato e"Kolkata" per il presente, ma di tanto in tanto misbaglio. Soprattutto quando parlo in inglese".Sorrise e le tese la mano. "Sar bene che mipresenti. Mi chiamo Kanai Dutt"

    "E io Piyali Roy, ma tutti mi chiamano Piya"Colse un moto di sorpresa nel sentire il suonoinconfondibilmente bengali del suo nome:evidentemente il fatto che non conoscesse lalingua l'aveva indotto a pensare che la suafamiglia fosse originaria di qualche altra partedell'India."Ha un nome bengali", disse, aggrottando la

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    fronte. "E non conosce la lingua?""In realt non colpa mia", si affrett arispondere, un po sulla difensiva."Sono cresciuta a Seattle. Ero cos piccolaquando ho lasciato l'India che non ho mai avutooccasione di impararla"."Se per questo, essendo cresciuto a Calcutta,non dovrei parlare inglese"

    "Se non fosse che sono totalmente negata per lelingue..." Lasci la frase in sospeso e cambirapidamente argomento."E lei, signor Dutt, che cosa la porta a Canning?""Kanai, mi chiami Kanai, possiamo darci del tu""Kanay"Vedendo che aveva difficolt con la pronuncia, siaffrett a correggerla: "Devi dirlo facendo rimacon Hawaii""Kanaii?""S, cos va bene. E per rispondere alla tuadomanda, sto andando a trovare una zia""Vive a Canning?"

    "No. Vive in un posto chiamato Lusibari.Piuttosto lontano da Canning""Dove esattamente?" Piya apr una tasca dellozaino e tir fuori una cartina. "Fammi vedere".Kanai distese la mappa e con la punta di un ditotracci una linea tortuosa fra canali e corsid'acqua soggetti alle maree. "Canning l'ultimafermata per i Sundarban, e Lusibari la pi

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    lontana delle isole abitate. Bisogna risalire ilfiume per un lungo tratto... oltrepassare Annpur,Jamespur, Emilybari. Poi, finalmente, si arriva aLusibari".Mentre guardava la cartina Piya aggrott lafronte: "Che nomi strani""Ti sorprenderebbe sapere quanti nomi deiSundarban vengono dall'inglese", disse Kanai.

    "Lusibari significa "Casa di Lucy'""Casa di Lucy?" Piya lo guard stupita. "Lucycome il nome proprio Lucy?""S" Con un improvviso luccichio negli occhi,disse: "Perch non vieni a vedere l'isola? Tiracconter com' che ha preso questo nome""E un invito?" domand Piya sorridendo."Certo", rispose Kanai. "Vieni a trovarmi. La tuacompagnia allevier il peso del mio esilio"Piya rise. All'inizio aveva pensato che Kanaifosse troppo pieno di s, ma adesso era propensaa dare un giudizio meno severo: aveva colto inlui una punta di ironia che rendeva il suo

    egocentrismo pi interessante di quanto sulleprime avesse immaginato."E come faccio a trovarti?" domand Piya."Dove posso cercarti?""Basta che arrivi all'ospedale di Lusibari", disseKanai, "e chieda di Mashima. Ti condurranno damia zia, e lei sapr dirti dove sono""Mashima?" domand Piya. "Ma anch'io ho una

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    Mashima... non significa "zia."? Ci sar pi diuna zia, non sar mica l'unica, la tua!""Se vai all'ospedale e chiedi di Mashima, tutticapiranno.E lei che lo ha fondato, ed a capodell'organizzazione che lo gestisce, il BadabonTrust. E un vero e proprio personaggio sull'isola,tutti la chiamano Mashima, anche se il suo vero

    nome Nilima Bose. Erano una coppia speciale,lei e suo marito. La gente lo chiamava Saar,come chiama lei Mashima""Saar? E cosa significa?"Kanai scoppi a ridere. "E solo un modo di dire"signore" in bengali. Era il direttore della scuola,capisci, e tutti gli alunni lo chiamavano "signore"Col tempo la gente dimentic il suo vero nome,che era Nirmal Bose""Ne parli al passato""S, morto molto tempo fa" Non aveva ancorafinito di dirlo che sulla sua faccia si disegnl'espressione di chi sta per ritrattare ci che ha

    appena detto. "Ma a dire la verit... ora nonsembra che sia morto da molto tempo""Come sarebbe a dire?""A quanto pare risorto dalle sue ceneri perchiamarmi", disse Kanai con un sorriso. "Quando morto ha lasciato dei documenti, per me. Eranoandati perduti, ma adesso, dopo anni, sonotornati fuori. Sto andando laggi perch la zia

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    vuole che ci dia un'occhiata"Cogliendo nella sua voce una nota di rammarico,Piya disse: "Non sembri troppo ansioso diandarci""No, a dire la verit non lo sono. Ho molto dafare, stato un periodo particolarmente intenso.Non riuscivo a prendermi neppure un weekend""E la prima volta che ci vai?" s'inform Piya.

    "No", rispose Kanai, "mi ci hanno mandatoun'altra volta, molti anni fa""Mandato? Perch?""Ti dice niente l'espressione "rusticare"?" disseKanai sorridendo."No. Direi di no"."Era una punizione che veniva comminata aglistudenti che si comportavano male", spiegKanai. "Venivano mandati in campagna, arieducarsi in mezzo a gente semplice, rustica. Daragazzo ero convinto di saperla molto pi lungadei miei insegnanti su molte cose. Una voltaumiliai pubblicamente un maestro che aveva

    l'infelice abitudine di pronunciare la parola"cubo" come se coincidesse, per senso eassonanza, con la parola "culo" Avevo poco pidi dieci anni.Una cosa tira l'altra e i miei insegnanticonvinsero mio padre e mia madre che dovevoessere rieducato, fra gente rustica. Vennimandato a Lusibari, a casa degli zii". A quel

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    ricordo scoppi a ridere. "E successo moltotempo fa, nel 1970"Il treno stava rallentando e Kanai venneinterrotto dal fischio improvviso dellalocomotiva. Guardando fuori dal finestrinoscorse un cartello giallo con la scritta Canning."Siamo arrivati", disse. Sembravaimprovvisamente dispiaciuto di interrompere la

    conversazione. Strapp un pezzetto di carta,scrisse qualcosa e glielo mise in mano. "Ecco,questo ti aiuter a ricordare dove trovarmi".Il treno si era fermato e i passeggericominciavano a rifluire verso le porte. Piya sialz e si sistem gli zaini sulle spalle. "Forse cirivedremo"."Lo spero", agit una mano per salutarla."Attenta agli squali""Stai bene. Arrivederci".

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    3. Canning.Kanai rimase a guardare con interesse la schienadi Piya che Spariva fra la folla sulla banchina.Sebbene non fosse sposato, era, per sua stessadefinizione, raramente single: nel corso deglianni, nella sua vita erano transitate parecchiedonne.Il pi delle volte le sue relazioni finivano, o

    duravano, in uno spirito di affettuosa cordialit.Ma l'ultima, con una famosa, giovane ballerina diodissi, non era finita bene. Due settimane primase n'era andata da casa sua sbattendo la porta eintimandogli di non farsi mai pi sentire. Lui nonl'aveva presa sul serio e l'aveva cercata alcellulare, scoprendo che l'aveva regalatoall'autista. Era stato un brutto colpo per il suoamor proprio, cos aveva cercato una di quellebrevi storie che aiutano a far rimarginare le feritedella propria vanit, vale a dire una relazione dicui potesse decidere lui l'inizio e la fine, ma erastato inutile. Venendo a Lusibari, si era

    rassegnato all'idea di interrompere per un po.quella ricerca, tuttavia se c'era una cosa che lavita gli aveva insegnato, era che tali occasioni sipresentano quando uno meno se l'aspetta. Piyasembrava confermarlo. Non succedeva spessoche una situazione cos ben congegnata sipresentasse da s: con il ritorno fissato da l anove giorni, la fuga era assicurata. Se Piya

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    decideva di approfittare del suo invito, non c'eramotivo per non godere di ogni eventualemomento piacevole.Kanai attese che la folla defluisse prima discendere dal treno. Poi, con la valigia posata fra ipiedi, si sofferm a dare una lunga occhiata allastazione.Era novembre inoltrato, il clima era fresco e

    frizzante, con una brezza gentile e una luce colormiele. Eppure la stazione aveva un'aria tetra,logora, come certi parchi cittadini privi d'erba,dove il suolo si assottigliato sotto la pressionedi piedi frettolosi: i binari luccicavano frachiazze di merda, piscio e rifiuti, e si sarebbedetto che la banchina fosse stata fissata al terrenosolo dal peso del viavai che ci passava sopra.Erano passati pi di trent'anni dalla prima voltache aveva messo piede in quella stazione, maricordava ancora nitidamente lo stupore con cuiaveva detto alla zia e allo zio:"Ma quanta gente c' qui!"

    Nirmal aveva sorriso: "Cosa ti aspettavi? Unagiungla?""Si""Capita solo nei film che le giungle sianodisabitate. Qui ci sono posti affollati come ibazar di Kolkata. E su alcuni fiumi le barchesono pi numerose dei camion sulla Grand TrunkRoad"

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    Di tutte le sue doti, quella di cui Kanai andavapi fiero era la memoria. Quando qualcuno loapprezzava per le sue competenze linguistiche,diceva sempre che un buon orecchio e una buonamemoria sono tutto quel che ci vuole perimparare una lingua, e che lui era fortunatoperch li possedeva entrambi. In quel momento,il pensiero di essere tuttora in grado di ricostruire

    il tono esatto e il timbro della voce di Nirmal,malgrado gli anni passati senza udirla, gli diedeuna profonda soddisfazione.Sorrise al ricordo dell'ultimo incontro conNirmal, alla fine degli anni Settanta, quando luiera studente in un college di Calcutta. Stavacorrendo a lezione e, mentre superava di fretta lepile di vecchi libri esposti sui marciapiedidell'universit, aveva investito un tizio chescartabellava qua e l in una bancarella. Un libroera volato in aria e quindi atterrato in unapozzanghera. Stava per imprecare contro l'uomo:"Bokachoda! Perch non ti togli dai piedi?"

    Quando aveva riconosciuto i grandi occhiinterrogativi di suo zio, un attonito batter dipalpebre dietro un paio di occhiali dallamontatura spessa."Kanai? Sei tu?""Are tumi!" Chinandosi per toccare i piedi dellozio, Kanai aveva raccolto il libro e, sbirciando lacostola ora un po ammaccata, aveva notato che

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    si trattava di una traduzione dei Viagginell'impero moghul di Frangois Bernier.Il libraio, nel frattempo, si era messo a urlare:"Me lo Deve pagare... un libro costoso, eadesso rovinato".Un'occhiata alla faccia sbigottita dello zio gli erabastata per capire che non aveva abbastanza soldiper comprarlo. Si d il caso che proprio quel

    giorno gli avessero pagato un articolo per ungiornale. Estrasse il portafoglio, pag il libro e loconsegn a Nirmal, tutto con un unico gestofluido. Poi, per prevenire goffe espressioni digratitudine da parte dello zio, aveva borbottato:"Sono in ritardo, devo scappare", ed era corso viaschivando d'un salto una pozzanghera.Da allora aveva sempre immaginato che unnuovo incontro con Nirmal si sarebbe svolto pio meno nello stesso modo: lo zio cheaccarezzava un volume in qualche libreria, senzapoterselo permettere, e lui che prendevadiscretamente dal portafoglio i soldi per pagare.

    Ma non era andata cos: due anni dopoquell'incontro casuale Nirmal era morto, aLusibari, dopo una lunga malattia. Nilima avevadetto a Kanai che lo zio l'aveva ricordato inpunto di morte: le aveva parlato di certi scrittiche intendeva spedirgli. Ma Nirmal avevavissuto parecchi mesi in stato confusionale eNilima non era riuscita a capire a cosa si

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    riferisse.Dopo la sua morte, aveva frugato dappertutto.Non era saltato fuori nulla, cos era arrivata allaconclusione che Nirmal stesse farneticando,come in effetti accadeva spesso.Poi all'improvviso, un mattino di due mesi prima,Nilima aveva cercato Kanai nell'appartamento diChittaranjan Park a Nuova Delhi: chiamava da

    un telefono pubblico di Gosaba, una citt neipressi di Lusibari. Kanai, seduto a tavola, stavaaspettando che il cuoco gli portasse la colazione,quando squill il telefono. "Kanair?" Si stavanoscambiando i soliti saluti e gentili convenevoliquando Kanai not un certo impaccio nella suavoce.S'inform: "Qualcosa non va? Mi chiami perqualche motivo particolare?""A dire il vero s", disse un po imbarazzata."Cosa c'? Dimmi""Stavo pensando che sarebbe un bene se tupotessi venire a Lusibari, presto, Kanai. Credi di

    poter venire?"Kanai fu colto alla sprovvista. Certo, Nilima nonaveva figli e lui era il suo parente pi prossimo,tuttavia non riusciva a ricordare una sola volta incui gli avesse fatto una simile richiesta. Erasempre stata una donna molto indipendente e nonera da lei chiedere favori."Perch vuoi che venga a Lusibari?" domand

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    Kanai stupito.Il telefono rimase muto per un momento, poiNilima disse: "Ti ricordi, Kanai, quando ti dissiche Nirmal aveva lasciato degli scritti per te?""S, certo che mi ricordo. Ma non li hai maitrovati, se non sbaglio""E questo il punto", disse Nilima. "Credo diaverli trovati, saltato fuori un pacchetto

    indirizzato a te""Dove?""Nello studio di Nirmal. Sul tetto a terrazza delposto in cui abito, sopra la foresteria del Trust.Per tutti questi anni, dopo che lui morto, rimasto chiuso a chiave. Ma adesso verrdemolito perch abbiamo bisogno di costruire unaltro piano. L'altro giorno stavo sgomberando el'ho trovato"."E cosa c'era dentro?""Devono esserci tutti i saggi e le poesie che hascritto per anni. Ma la verit che non lo so. Nonl'ho aperto perch so che voleva che fossi tu il

    primo a vederli. Non si mai fidato del miogiudizio letterario, ed vero che non valgogranch in questo genere di cose. Perci speravoche potessi venire. Magari riesci a farlipubblicare. Conosci degli editori, vero?""S, certo", rispose turbato. "Ma venire aLusibari. E cos lontano... da Nuova Delhi civogliono due giorni. Voglio dire, mi piacerebbe,

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    naturalmente, ma...""Ti sarei molto grata se venissi, Kanai"Aveva pronunciato quelle parole con il tonofermo che aveva Nilima quando era decisa a farea modo suo. Cos Kanai cap che faceva sul serioe che non sarebbe stato facile dissuaderla. Nellaloro famiglia, l'ostinazione di Nilima eraleggendaria. Erano state la sua testardaggine e la

    sua tenacia a fare del Badabon Trust ci che era,un'organizzazione ampiamente citata comemodello per le ONG impegnate nell'India rurale.Kanai fece un ultimo tentativo di sottrarsi. "Nonpotresti mandarmelo per posta?""Non mi fido di mandarti una cosa simile perposta", disse indignata. "Chiss dove va a finire!""E che un brutto periodo... ho un sacco di coseda fare"."Ma Kanai", obiett lei, "per te sempre unbrutto periodo""Questo vero" Kanai aveva fondato e dirigevauna piccola ma fiorente attivit. Gestiva

    un'agenzia di traduttori e interpreti specializzatain servizi per le comunit straniere di NuovaDelhi: diplomatici stranieri, cooperanti,organizzazioni di volontariato, multinazionali esimili. Essendo l'unica agenzia di questo tipo incitt, i loro servizi erano enormemente richiesti.Questo significava che tutti i dipendenti eranooberati di lavoro, e Kanai pi di tutti.

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    "Allora verrai?" disse lei. "Ogni anno dici chevieni a trovarmi e poi non vieni mai. E non cheio diventi pi giovane".Cogliendo la nota supplichevole della sua vocedecise di controllare l'impulso a tenerla sullacorda. Aveva sempre voluto bene a Nilima, e ilsuo affetto era diventato ancora pi profondodopo la morte di sua madre che le somigliava

    moltissimo, d'aspetto pi che di carattere. Anchela sua ammirazione per lei era sincera: mettendoin piedi la sua attivit aveva maturato una stimaancora pi profonda per ci che era riuscita acreare e a mantenere nel tempo,un'organizzazione come il Trust che, a differenzadella sua agenzia, era un ente no profit.Ricordava da quella sua lontana visita laspaventosa povert del paese delle maree etrovava inspiegabile e straordinario che Nilimaavesse scelto di dedicare la sua vita a migliorarele condizioni di quella gente.Non che le fossero mancati i riconoscimenti:

    l'anno prima il presidente l'aveva insignita di unadelle pi alte onorificenze del paese. Tuttaviacontinuava a stupirlo il fatto che una persona delsuo ceto fosse riuscita a rimanere a Lusibari pertanto tempo: dai racconti di sua madre sapevache appartenevano a una famiglia nota perl'attaccamento alle comodit. E Lusibari, questolo sapeva per esperienza, offriva ben poco in

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    fatto di comodit e divertimenti.Kanai aveva sempre decantato Nilima ai suoiamici come una donna che aveva fatto enormisacrifici per il prossimo, una figura d'altri tempi,di un'epoca in cui le persone benestanti e istruiteerano meno grette, meno egoiste di oggi.Tutto questo rendeva in qualche modoimpossibile declinare l'invito di Nilima.

    "Se desideri che venga", disse di malavoglia,"non c' altro da dire. Cercher di restare unadecina di giorni. Vuoi che parta subito?""No, no", si affrett a rispondere Nilima. "Nonce n' bisogno"."Questo mi facilita le cose", disse Kanaisollevato. Il suo burrascoso ma coinvolgenterapporto con la ballerina di odissi veleggiavaancora in una direzione interessante.Interrompere la naturale traiettoria di quellarelazione sarebbe stato un notevole sacrificio edera contento di non doverlo affrontare. "Sar lfra un mese o due. Ti far sapere i miei piani

    appena possibile""Ti aspetto"Ed eccola l, Nilima, seduta nella zonaombreggiata della banchina.Sorseggia il suo t mentre una ventina di personele girano intorno facendo a gara per attirare lasua attenzione, tenuti a bada dai suoiaccompagnatori. Kanai raggiunse il cerchio di

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    persone e rimase in disparte, tendendo l'orecchio.C'erano alcuni supplici che cercavano un lavoro,altri, aspiranti politici, speravano di ottenere ilsuo appoggio.Ma per lo pi erano sostenitori affezionati, chenon chiedevano altro che guardare Nilima edessere riscaldati dal suo sguardo.A settantasei anni, Nilima Bose era quasi sferica,

    e il viso aveva la rotondit increspata di unamorbida luna. La sua voce gentile aveva lamusicalit franta di una nota suonata su un ramodi bamb incrinato. Di bassa statura, con capellisottili raccolti sulla nuca, tuttora pi neri chegrigi.Era sua abitudine indossare sari tessuti econfezionati ai corsi del Badabon Trust, quasisempre di cotone, con filiformi disegni batik suibordi. Era venuta a dare il benvenuto a Kanai allastazione indossandone appunto uno, un saribianco da vedova con un sottile bordo nero.Nilima si comportava di solito con distratta

    indulgenza. Eppure, quando l'occasione lorichiedeva, era capace di imporre obbedienzapronta e assoluta. Pochi l'avrebbero volutamentecontrastata: era infatti risaputo che Mashima,come molte figure materne, poteva essere tantoestrosa nell'infliggere castighi quanto neldispensare gratificazioni.Adesso che aveva scorto Kanai, le bast un

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    semplice schiocco delle dita per zittire tutti quelliche la circondavano.La folla si ritir quasi istantaneamente per farlopassare."Kanai!" grid Nilima. "Dov'eri?" Gli pass unamano sulla testa mentre lui si chinava pertoccarle rispettosamente i piedi. "Cominciavo apensare che avessi perso il treno".

    "Invece sono qui" Sembrava molto pi fragile diquanto Kanai ricordasse e la sostenne per aiutarlaad alzarsi.Mentre i suoi accompagnatori si occupavano delbagaglio, Kanai le porse il braccio e la condussefuori dalla stazione."Non dovevi disturbarti a venire", le disse. "Sareiriuscito ad arrivare a Lusibari" Una garbatabugia, perch in realt non ci sarebbe riuscito.Anzi, si sarebbe seccato parecchio se avessedovuto arrangiarsi da solo, a Canning.Ma Nilima lo prese alla lettera. "Ci tenevo avenire", disse.

    "E piacevole togliersi da Lusibari ogni tanto. Madimmi, com' andato il viaggio in treno? Speroche non ti sia annoiato""Tutt'altro, ho incontrato una giovane donnainteressante. Un'americana""Oh!" disse Nilima. "E cosa ci fa qui?""Fa ricerca sui delfini o roba simile", risposeKanai.

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    "L'ho invitata a Lusibari"."Bene. Speriamo che venga"."Lo spero anch'io"A un tratto Nilima si ferm, aggrappandosiansiosamente al gomito di Kanai. "Ti ho spedito,alcune delle pagine scritte da Nirmal. Le hairicevute?""S", disse annuendo. "Le stavo leggendo in

    treno. Erano nel pacchetto che mi ha lasciato?""No, no", disse Nilima. "E solo una cosa che hascritto tempo fa. Vedi, ci fu un periodo in cui eraterribilmente depresso, pensavo che avessebisogno di qualcosa che lo tenesse occupato.Allora gli chiesi di scrivere qualcosa suiSundarban. Speravo di poterlo usare in uno deinostri opuscoli, ma in realt non funzionava.Per... ho pensato che potesse interessare a te""Certo", disse Kanai. "Non so perch, ma mi erofatto l'idea che facesse parte dei materiali che miha lasciato""No", disse Nilima. "Non so cosa ci sia nel

    pacchetto: sigillato e non l'ho aperto. So cheNirmal voleva che tu fossi il primo a vederlo. Melo disse poco prima di morire".Kanai aggrott la fronte. "Ma non eri curiosa?"Nilima scosse il capo. "Quando avrai la mia et,capirai che non facile vedersela con ci cheresta delle persone amate che sono andate avantie ti hanno lasciato indietro.

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    Perci desideravo che venissi"Fuori dalla stazione si trovarono in una stradapolverosa dove i banchetti di paan e di cibocontendevano il poco spazio a schiere dinegozietti."Sono molto contenta che tu sia finalmentevenuto", disse Nilima, "ma c' una cosa che noncapisco"

    "Cosa?""Perch hai insistito per passare da Canning?Sarebbe stato molto pi facile venire da Basonti.Ormai nessuno fa questa strada""Davvero? E perch?""Per via del fiume", rispose lei. "E cambiato"."In che senso?"Alz gli occhi verso di lui. "Aspetta. Te neaccorgerai presto"."Sulle rive di ogni grande fiume troverai unmonumento all'eccesso"Kanai ricordava gli esempi che Nirmal glielencava a riprova di tale affermazione: il teatro

    dell'opera di Manaus, il tempio di Karnak, lediecimila pagode di Pagan. Da allora avevavisitato molti di quei posti, e rideva al pensiero disuo zio che si ostinava a inserire Canningnell'elenco: "Il monumento del possente Matla Port Canning"I bazar di Canning erano come se li ricordava, ungroviglio di viuzze stipate di botteghe e case

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    ammuffite. Un gran numero di bancarellevendevano specialit farmaceutiche contro lenevralgie e la dispepsia: preparati con nomicome Hajmozyne e Dardocytin. Gli unici edificidi qualche importanza erano i cinema; enorminella loro sgraziata solidit, difendevano la cittcome sacchi di sabbia messi l per impedirle diessere spazzata via dall'acqua.

    I bazar si interrompevano l dove una stradarialzata Portava dalla citt al fiume Matla.Sebbene fosse lunga, non arrivava proprio fino alfiume. Quando Kanai l'ebbe percorsa tutta, capci che intendeva Nilima dicendo che il ime eracambiato. Lo ricordava come un immenso corsod'acqua, uno dei fiumi pi straordinari che avessemai isto.Adesso c'era bassa marea e da lontano il fiumesembrava un rigagnolo che scorreva al centro diun letto largo un chilometro. I depositi di fangofresco che orlavano l'acqua brillavano sotto ilsole come dune di cioccolato fuso.

    Di tanto in tanto bolle d'aria salivano dal fondo escoppiavano disegnando anelli sulla superficiebrunita. Sembrava quasi che i rumoricomponessero dei motivetti, come per dar vocealle viscere della terra."Guarda l", disse Nilima indicando una barcache scendeva scoppiettando lungo ci che restavadel fiume. Sebbene non fosse lungo pi di nove

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    metri, il battello trasportava un centinaio dipasseggeri o forse pi: era talmente carico chel'acqua arrivava a meno di quindici centimetri dalparapetto. Si ferm e l'equipaggio cominci acalare la lunga passerella che finiva direttamentesulla riva fangosa.Kanai era interdetto. E adesso? Come avrebberofatto i passeggeri ad attraversare la vasta distesa

    di fango mugghiante? Sulla barca erano gi tuttipronti per l'attraversamento. Le donne si eranofissate in vita l'orlo del sari e gli uomini stavanoarrotolando i lungi e i calzoni. Alla discesa dallapasserella seguiva un lungo momento in cui ognipasseggero affondava lentamente nel fango,come un cucchiaio che si inabissa in una ciotoladi daal molto denso; solo quando eranosprofondati fino alle anche finiva la discesa einiziava il movimento in avanti. Con le gambenascoste alla vista, ci che restava visibile deiloro sforzi era la torsione della parte superioredel corpo.

    Nilima guardava aggrottando la fronte gli uominie le donne che si dimenavano nel fango. "Mifanno male le ginocchia solo a guardarli", disseNilima. "L'ho fatto una volta, ma non ce la fareipi... troppo per le mie gambe. E questo ilproblema, lo vedi? Non c' abbastanza acquaormai, e con la bassa marea ancora menoprofondo. Abbiamo preso la lancia del Trust per

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    portarti a Lusibari, ma ci vorranno almeno dueore prima che arrivi fin qui", scocc a Kanaiun'occhiata di rimprovero. "Sarebbe stato cossemplice se passavi per Basonti""Non lo sapevo", Kanai era rammaricato. "Avestipotuto dirmelo. L'unica ragione per cui volevopassare da Canning che facemmo questa strada,nel 1970, per raggiungere Lusibari"

    Mentre si guardava intorno scrutando ilpaesaggio, Kanai rivide nitidamente la silhouettedi Nirmal stagliata contro il cielo. Nirmal glirammentava un uccello acquatico dalle lunghezampe, un airone, forse, o una cicogna.Un'impressione rafforzata dai vestiti edall'ombrello: quei candidi drappeggi sbattevanonel vento come un mantello di piume, mentre laforma del suo chhata non si discostava molto daquella di un lungo becco appuntito."Lo ricordo ancora, qui in piedi, mentreaspettavamo il battello""Nirmal?" "Si. Indossava il solito dhuti panjabi

    bianco e aveva un ombrello fra le mani" Nilimagli strinse improvvisamente il gomito. "Smettila,Kanai. Non parlare di queste cose. Non losopporto".Kanai si interruppe. "Continua a farti soffrire?Dopo tutti questi anni?"Nilima tremava. "E per via di questo posto... qui che venne ritrovato, sai. Proprio qui

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    sull'argine di Canning. Ha vissuto solo altri duemesi. Dev'essere rimasto fuori sotto la pioggia,perch aveva la polmonite""Non ne sapevo niente", disse Kanai. "Com' cheera finito a Canning?""Ancora non lo so per certo", rispose Nilima. "Sicomportava in modo strano, come chi sottostress. Qualche mese prima era andato in

    pensione, e da quando non dirigeva pi la scuolanon era pi lo stesso. Spar senza dire una parola.Era il periodo dell'incidente di Morichjhapi e ioero fuori di me per la preoccupazione""Che cosa accadde?" disse Kanai. "Non ricordocon precisione"."Alcuni profughi avevano occupato una delleisole nella foresta", cominci Nilima. "Ci fu unoscontro con le autorit che scaten una reazioneviolenta. Il governo voleva costringerli a tornareal campo profughi nell'India centrale.Furono caricati su camion e autobus e portati via.Nel frattempo nella zona giravano moltissime

    voci. Ero terrorizzata al pensiero di ci chesarebbe potuto succedere a Nirmal se l'avesserotrovato in giro tutto solo: per quanto ne sapevo,l'avrebbero costretto a salire su un autobus emandato via""E fu questo che accadde?""Sospetto di s", rispose Nilima. "Ma qualcunodeve averlo riconosciuto e scaricato da qualche

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    parte. Riusc a tornare a Canning, ed qui chevenne trovato, proprio qui sull'argine""Non gli hai chiesto dove fosse stato?""Certo che l'ho fatto, Kanai, ma non era gi piin grado di dare risposte logiche; era impossibilecapire il senso di quello che diceva. Il suo unicomomento di lucidit dopo quell'episodio fuquando accenn agli scritti che ti aveva lasciato.

    Allora pensai che stesse vaneggiando di nuovo,invece ora so che era lucido"Kanai le mise un braccio intorno alle spalle."Dev'essere stata molto dura per te"Nilima si pass una mano sugli occhi. "Ricordoancora quando venni a prenderlo. Era qui in piedie gridava: "Il Matla crescer! Il Matla crescer!"I vestiti erano sudici e aveva la faccia sporca difango. Non mi toglier mai quell'immagine dallamente"Un ricordo a lungo sopito si agit nella mente diKanai.""Il Mafia crescer!" Era questo che diceva?

    Probabilmente pensava a quella storia cheraccontava sempre""Quale storia?" domand brusca Nilima."Non te la ricordi? Parlava del vicer che costruquesto porto e di Mr Piddington, l'uomo cheinvent la parola "ciclone" e predisse che ilMatla si sarebbe gonfiato fino a sommergereCanning"

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    "Basta!" Nilima si batt le mani sulle orecchie."Per favore basta, Kanai. Non sopporto tantiricordi. Proprio per questo volevo che tioccupassi tu di quel pacchetto. Io non ho la forzadi riandare con la mente a tutto quello che successo""Certo", disse Kanai, preso dal rimorso. "So che difficile per te. Non ne parler pi".

    Poi anche Kanai cominci a ricordare. Avevanoaspettato a lungo su quell'argine, non per lemaree o il fango, ma semplicemente perch nonc'erano barche che andassero nella direzionegiusta. Lui era rimasto con Nilima in un chioscodi t mentre Nirmal era stato mandato sull'arginea vedere se spuntava una barca.Nirmal, ricord ora Kanai, non si era dimostratomolto efficiente nel controllare le barche.L'ultima volta che era stato in libreria, a Calcutta,si era comprato una copia delle Elegie duinesi diRainer Maria Rilke, tradotte in bengali daBuddhadeb Basu, un poeta che aveva conosciuto.

    E quel giorno, invece di tener d'occhio le barche,Nirmal era tutto concentrato sul suo nuovoacquisto. Per paura di Nilima non osava aprire illibro e lo teneva stretto al petto sbirciandolofurtivamente ogni volta che poteva.Fortunatamente per loro, non avevano dovutocontare su Nirmal per trovare un'imbarcazione.Qualcuno era venuto spontaneamente in loro

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    soccorso. "Ar Mashinlai Tu qui?" Prima chepotessero girarsi a guardare, un giovanotto eracorso sull'argine per toccare rispettosamente ipiedi a Nilima."Sei Horen?" gli aveva chiesto lei squadrandoloda vicino."Horen Naskor? Sei tu?""S, Mashima. Sono io". Era tarchiato e assai

    muscoloso, con una faccia larga e piatta e gliocchi perennemente strizzati contro il sole.Indossava un lungi liso e una veste sporca difango."E cosa fai qui a Canning, Horen?" domandNilima."jongol kort geslam, sono andato a 'fare giunglaieri, Mashima", rispose Horen, "e Bon Bibi mi haricompensato con tanto miele da riempire duebottiglie. Sono venuto a venderle"A quel punto Kanai aveva sussurrato all'orecchiodi Nilima:"Chi Bon Bibi?"

    "La dea della foresta", aveva bisbigliato Nilima."Da queste parti la gente crede che regni su tuttigli animali della giungla""Oh!" Kanai si era meravigliato che un uomogrande e grosso come quello potesse nutrire unasimile convinzione.Non era riuscito a trattenere la risata che gliaffiorava fra le labbra.

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    "Kanai!" Nilima si era affrettata a riprenderlo."Non fare il saputello. Non sei a Calcutta qui".La risata di Kanai aveva attirato anchel'attenzione di Horen che si era abbassatoall'altezza dei loro visi. "E lui chi , Mashima?""Mio nipote, il figlio di mia sorella. Ha avuto deiproblemi a scuola e cos i suoi genitori mel'hanno mandato qui... per dargli una lezione".

    "Dovresti mandarlo da me, Mashima", avevadetto Horen sorridendo. "Ho tre figli e il pivecchio non molto pi piccolo di lui. So comesi fa a dare una lezione a un ragazzo"."Hai sentito Kanai?" aveva detto Mashima."Ecco cosa far se continui con le tuesciocchezze... ti mando a vivere da Horen"La prospettiva aveva zittito immediatamenteKanai, togliendogli il sorriso dalla faccia. Avevaprovato un enorme sollievo quando Horen eraandato a prendere le valigie di Nilima."Allora, Mashima, stai aspettando un battello?""S, Horen. Siamo seduti qui da un sacco di

    tempo"."Basta stare seduti, Mashima", aveva dettoHoren sollevando una delle borse per metterselasulle spalle. "La mia barca qui, vi porto a casaio"Nilima aveva protestato inutilmente. "Ma non sulla tua strada, Horen!""Non lontano", aveva replicato lui. "E tu hai

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    fatto cos tanto per Kusum. Perch non possofare qualcosa per te? Tu aspettami qui, faccio ilgiro con la barca"Ci detto era corso via. Quando fu abbastanzalontano, Kanai domand a Nilima chi fossequell'uomo. E di cosa stava parlando, e chi eraKusum.Horen era un pescatore, aveva spiegato Nilima, e

    viveva su un'isola chiamata Satjelia, non lontanada Lusibari.Era pi giovane di quanto sembrava,probabilmente non aveva ancora vent'anni, macome molti ragazzi del paese delle maree si erasposato presto, a quattordici anni, nel suo caso.Per questo, pur essendo ancora molto giovane,era gi padre di tre figli. Quanto a Kusum, erauna quindicenne del-suo villaggio che lui avevaaffidato all'Unione delle donne di Lusibari. Ilpadre era morto andando in cerca di legna daardere e la madre, priva di mezzi disostentamento, era stata costretta a cercare lavoro

    in citt. "Non era al sicuro da sola", aveva dettoNilima. "Persone di ogni tipo cercavano diapprofittarsene. Qualcuno aveva persino provatoa venderla. Se Horen non l'avesse messa in salvochiss cosa ne sarebbe stato di lei"Questo aveva acceso l'interesse di Kanai."Perch? Cosa poteva succedere?"Gli occhi di Nilima si erano riempiti di tristezza,

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    come sempre quando era costretta a rammentaretutti i mali del mondo cui non poteva porrerimedio. "Avrebbero potuto costringerla aperdere il rispetto di s e l'onore; accade spessoalle ragazze povere che si trovano in similisituazioni"Per quanto precoce, Kanai non era in grado didecifrare con esattezza le implicazioni degli

    eufemismi di Nilima, ma evidentemente avevacapito abbastanza perch il suo respiro si erafatto affannoso."E dov' adesso questa ragazza?""A Lusibari", aveva risposto Nilima. "Laconoscerai. L'Unione delle donne si occupaancora di lei"La conversazione era finita, ricordava Kanai, conil suo scatto verso l'argine per mettersi al fiancodi Nirmal.Aveva scrutato il fiume con occhi impazienti,cercando la barca di Horen. Fino a quel momentola prospettiva di andare a Lusibari non gli aveva

    ispirato altro che noia e risentimento, ma laprospettiva di incontrare questa Kusum cambiavale cose.

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    4. La lancia.Nel cuore del bazar di Canning, Piya si fermdavanti ai cancelli degli uffici del Corpoforestale. Per svariate circostanze legate allavoro, nel corso degli anni aveva suo malgradosviluppato una certa familiarit con la burocraziain materia di foreste e zone di pesca. Si aspettavaun alveare orribilmente burocratico, e invece si

    ritrov davanti a un piccolo bungalowdall'intonaco luminoso. Prima di entrare dovettetuttavia farsi coraggio in vista di quella che siprospettava come una lunghissima giornata.Tutto sommato, l'esperienza fu meno orribile delprevisto. Le ci volle, s, un'ora buona di attesaper superare il primo usciere, ma una voltadentro la procedura fu inaspettatamente rapida.Grazie all'influenza di suo zio, fu condotta quasiimmediatamente da un ufficiale della guardiaforestale frettoloso ma gentile. Dopo unoscambio di convenevoli, venne affidata a unufficiale subalterno che a sua volta la guid per

    mille corridoi, fra cubicoli sempre pi piccoli.Fra l'uno e l'altro, lunghi intervalli di pazienteattesa, bevendo t e fissando muri con rossemacchie di paan. Comunque, pi o meno di buonpasso, l'incartamento and avanti e quattro oredopo essere entrata in quell'edificio Piya era inpossesso di tutti i documenti necessari.Solo allora, mentre stava per uscire dagli uffici

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    gongolando per il successo, si rese conto che laprocedura non era ancora conclusa: l'ultimorequisito richiesto per dare inizio alla ricerca eradi essere accompagnata da una guardia forestale.Fu assalita dallo sgomento. Sapeva peresperienza che gli accompagnatori ufficiali sonocomunque d'intralcio e talvolta richiedono piattenzione della ricerca stessa; avrebbe di gran

    lunga preferito viaggiare per conto suo, con lasola compagnia di un barcaiolo o di un pilota.Ma fu subito chiaro che non aveva scelta. Tant'vero che le era gi stata assegnata la scorta di unuomo che conosceva la strada e che l'avrebbeaiutata nel noleggio della barca e in tutti gli altripreparativi. Decise di non fare obiezioni. Era gimolto aver ottenuto tutte le carte cosrapidamente, meglio non tirare troppo la corda.Il forestale, in uniforme cachi inamidata, era unuomo piccolo con la faccia da furetto. Il suoaspetto e il deferente sorriso di saluto non lediedero motivo di preoccuparsi, almeno non fino

    a quando esib una bandoliera e un fucile.La vista delle armi la indusse a ripercorrere icorridoi per domandare se il fucile fosse davveronecessario. La risposta fu che s, lo era; loimponeva il regolamento perch l'itinerario chelei intendeva seguire attraversava la riserva delletigri.Non si poteva escludere un attacco. Impossibile

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    replicare. Si rimise gli zaini in spalla e segu ilforestale fuori dal bungalow.Non erano andati lontano e gi quello stavacambiando atteggiamento. Se prima era statoquasi ossequioso, ora divenne senz'altroinvadente, camminando davanti a lei senza darespiegazioni su dove stavano andando o perch.Di l a poco si ritrov in un chiosco di t sulla

    banchina, dove le fu presentato un tizio con l'ariamalavitosa. Il suo nome, per quanto le fu datocapire, era Mej-da: basso e tarchiato, con un grannumero di catene e amuleti che luccicavano sottouna faccia larga e carnosa. N lui n il forestaleparlavano inglese, ma le venne spiegatoattraverso intermediari che Mej-da aveva unalancia da noleggiare, era una guida esperta econosceva la zona meglio di chiunque altro.Chiese di vedere la lancia e le venne detto chenon era possibile, era all'ancora piuttosto lontanoe per raggiungerla bisognava prendere un'altrabarca. Chiese il prezzo e le venne proposta una

    cifra assolutamente esosa. A quel punto cap chesi trattava di un raggiro e che la stavanoimbrogliando.Fece un inutile tentativo di trovare un'altraimbarcazione, ma la presenza di Mej-da e delforestale teneva lontani i proprietari. Nessunoos avvicinarsi.Sapeva di trovarsi a un bivio. O tornava indietro

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    e presentava un reclamo al Corpo forestale,oppure accettava le condizioni proposte e simetteva al lavoro. Dopo aver passato gran partedella giornata in quell'ufficio, non sopportaval'idea di tornarci. Si rassegn e prese accordi peril noleggio della lancia di Mejda.Mentre andavano verso la lancia, fu presa dairimorsi. Forse stava giudicando quegli uomini

    con troppa severit, forse era vero checonoscevano bene la zona. In ogni caso, nonc'era niente di male a verificare se potevanoesserle d'aiuto. In uno degli zaini aveva unopuscolo illustrato scelto apposta per quellaspedizione. Vi erano ritratte le due specie didelfino d'acqua dolce che notoriamente vivevanoin quelle acque, il delfino del Gange e il delfinodell'Irrawaddy.Erano disegni copiati da una monografia del1878. Non erano certo le immagini migliori o lepi veritiere in cui si era imbattuta (conoscevainnumerevoli riproduzioni e schemi assai pi

    accurati e realistici), ma per una qualche ragionequei disegni le avevano sempre portato fortuna:sembrava che rendessero gli animali piriconoscibili, la loro rappresentazione pi fedele.In passato, su altri fiumi, schede illustrativecome quelle le erano state di grande aiuto perraccogliere informazioni.Quando la comunicazione era possibile le

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    mostrava a pescatori e barcaioli, faceva lorodomande su avvistamenti, quantit,comportamenti, presenza stagionale e cos via.Quando non c'era nessuno in grado di tradurre,mostrava le schede e aspettava una qualcherisposta. Spesso funzionava: riconoscevanol'animale e le indicavano i posti in cui di solitoveniva avvistato. Ma di norma solo i pescatori

    pi attenti ed esperti erano in grado di stabilireuna connessione fra le immagini e gli animalirappresentati. Non erano in molti ad aver vistol'animale tutto intero, il pi delle volte neavevano solo intravisto lo sfiatatoio -o la pinnadorsale.Ecco perch non era insolito che le sue schedesuscitassero reazioni inaspettate, tuttavia maiavevano provocato una risposta strana comequella che le diede Mej-da. Innanzituttocapovolse la figura. Poi, puntando il dito suldelfino del Gange, domand se era un uccello.Piya cap perch lo disse in inglese.

    Rimase cos sbigottita che anche lei guardl'illustrazione con occhi nuovi, interrogandosi suci che passava per la mente di Mej-da. Ilmistero fu svelato quando con il dito indic illungo rostro dell'animale con la doppia fila didenti aguzzi come aghi. Come in un disegnoillusionista, sembrava che la figura cambiasseforma mentre la guardava, e Piya ebbe la

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    sensazione di vederla con gli occhi di lui.Cap come fosse possibile l'errore, dato il corpopaffuto, da colombo, dell'animale e il suo rostroa forma di cucchiaio, non dissimile da quello diun airone. E naturalmente il delfino gangeticonon aveva una pinna dorsale di cui parlare.Poi per riflett sull'assurdit dell'idea, il delfinodel Gange un uccello? Riprese la scheda e la

    ripose velocemente, voltandosi per nascondereun sorriso.Il sorriso le indugi sulle labbra per tutto iltragitto, e svan solo quando pos gli occhi sullalancia di Mej-da: un decrepito cargo adattato peril trasporto turistico, con file di sedie di plasticaallineate dietro la timoneria, sotto un tendalinoannerito dalla fuliggine. Avrebbe voluto unabarchetta a remi, o un leggero guscio divetroresina con motore fuoribordo. Sapeva peresperienza che erano le imbarcazioni pi usatenei rilevamenti sui fiumi. Cominci arimproverarsi di avere accettato impulsivamente

    un simile accordo, ma ormai era troppo tardi pertornare indietro.Mentre saliva sulla passerella, il tanfo del diesella colp come uno schiaffo in faccia. C'era unamezza dozzina di giovani aiutanti chearmeggiavano intorno al motore. Quando miseroin moto, il baccano assordante giunse fin sulponte. Allora, con sua sorpresa, Mej-da ordin

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    loro di lasciare la lancia. Evidentementel'equipaggio doveva limitarsi a lui e la guardiaforestale. Perch solo loro? la cosa non tornava.Osserv preoccupata i ragazzi che uno dopol'altro abbandonavano la lancia e i suoi timoriaumentarono quando Mej-da inscen una curiosapantomima, come per darle il benvenuto a bordo.Caso vuole che fosse vestito esattamente come

    lei, calzoni blu e maglietta bianca. Lei non avevafatto commenti, ma lui era evidentementeincuriosito dalla coincidenza. Fece una serie digesti, indicando ora lei ora se stesso, mimandoun inventario di punti in comune nel loro aspetto:i vestiti, il colore della pelle, gli occhi scuri e icorti capelli ricci. Ma l'esibizione fin con ungesto sconcertante e particolarmente osceno.Scoppi a ridere e con un gesto indic la lingua el'inguine. Piya distolse rapidamente lo sguardo,accigliandosi, imbarazzata da quel finale cosbalzano. Solo pi tardi comprese chel'abbinamento degli organi del linguaggio e del

    sesso rimandava al doppio mistero di ci che lirendeva diversi.La risata che accompagn tale scenetta accrebbele sue perplessit su quei due. Non che non fosseabituata alla compagnia di persone che laosservavano e la sorvegliavano.L'anno prima, durante una spedizionesull'Irrawaddy, era stata costretta - "consigliata"

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    era stato l'eufemismo delle autorit a prenderecon s tre uomini in pi. Vestivano tutti allostesso modo, magliette da golf e sarong a quadri,e tutti sfoggiavano occhiali da sole da aviatorecon la montatura d'acciaio. Aveva saputo pitardi che erano dell'intelligence militare, spie delgoverno, ma non aveva mai provato alcundisagio, nessuna sensazione di pericolo. Anzi, si

    era sempre sentita protetta dalla pura e sempliceconcretezza di ci che faceva: lunghe ore subarche instabili sotto cieli roventi, a scandagliarela superficie dell'acqua con il binocolo,interrompendosi solo ogni mezz'ora per riempirele schede dati. Fino a quel momento non si eraresa conto che ovunque, sull'Irrawaddy, sulMekong, sul Mahakam, era stata protetta dallasua inequivocabile estraneit. Le si leggeva infaccia, lo si capiva dai capelli neri cortissimi, dalcolore della pelle scurita dal sole. Era ironico chequi, in un posto in cui si sentiva pi straniera chealtrove, il suo aspetto l'avesse privata di tale

    protezione. Quegli uomini si sarebberocomportati allo stesso modo se lei fosse stata,che so, un'europea bianca, o una giapponese? Nedubitava. E comunque non avrebbero osatocomportarsi cos con le sue cugine di Kolkata,capaci di brandire le insegne della loroeducazione borghese come armi telecomandate.Le sue cugine avrebbero saputo dispiegare

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    perfettamente i loro armamenti contro uominicome questi, li avrebbero, come usavano dire,messi al loro posto. Lei invece non aveva idea ndi quale fosse il suo posto, nel vasto schema delmondo, n di quale fosse il loro, e sapeva cheproprio da questo dipendeva il lorocomportamento.

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    5. Lusibari.La marea era in fase calante quando la lancia delTrust port Kanai e Nilima a Lusibari, e cifaceva sembrare ancora pi alto l'argine altissimoche circondava l'isola: dall'acqua non si vedevanulla di ci-che si stendeva sulla terraferma.Ma risalendo i terrapieni Kanai si ritrov aguardare dall'alto il villaggio di Lusibari e a un

    tratto fu come se la memoria gli srotolassedavanti agli occhi una mappa dell'intera isola.Lusibari misurava da un capo all'altro circa duechilometri e aveva una forma simile a unaconchiglia. Era la pi meridionale delle isoleabitate del paese delle maree: nei cinquantachilometri di foresta di mangrovie che laseparavano dal mare aperto non c'era nessunaltro insediamento.Sebbene facesse parte di un arcipelago, Lusibariera isolata dai quattro fiumi che la circondavano.Due erano di media portata e uno cos modestoche con la bassa marea diventava quasi fango.

    Ma l'estremit appuntita dell'isola, il punto pistretto della spirale della conchiglia, siprotendeva in un fiume che era uno dei pimaestosi del paese delle maree, il Raimangal.Visto da Lusibari con l'alta marea, il Raimangalnon somigliava affatto a un fiume, piuttosto a unlembo di mare, a un'insenatura forse, o a unenorme estuario. Qui confluivano nel fiume

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    cinque canali naturali, formando un'immensamohona. Con la bassa marea, le bocche deicanali erano chiaramente visibili a distanza:giganteschi portali che spezzavano l'anello diverdi logge intorno alla mohona. Ma Kanaisapeva che al ritorno dell'alta marea tutto sarebbescomparso: gonfiandosi, le acque della mobonaavrebbero ingoiato la giungla, i fiumi e le loro

    foci. Se non fosse stato per le cime di alcunialberi di kewra, si sarebbe potuto pensare a unamassa d'acqua che scompare oltre l'orizzonte.Ricordava che la vista poteva essereentusiasmante o spaventosa, a seconda del livellodella marea. Con la bassa marea, quando l'arginesi stagliava alto sull'acqua, Lusibari sembravaun'immensa arca di terra che fluttua pacificanell'ambiente circostante. Solo con l'alta marea sinotava che l'entroterra dell'isola si trovava ben aldi sotto del livello dell'acqua. Ed era allora che lanave inaffondabile di poche ore prima assumeval'aspetto di un fragile piattino che poteva

    rovesciarsi in qualunque momento e sparirevorticando negli abissi.Dalla sottile estremit dell'isola, un tombolo difango si protendeva nell'acqua. Era come unamanica a vento fatta di terra, che cambiadirezione a seconda delle correnti dominanti.Ma come si pu contare sul fatto che una manicaa vento resti attaccata alla sua asta, cos quel

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    tombolo di fango restava aggrappato all'isola contenace ostinazione.Formava un molo naturale, ed era l che traghettie barche di solito facevano scendere i passeggeri.Non c'erano darsene o pontili a Lusibari, poichle correnti e le maree erano troppo violente perconsentire la costruzione di strutture permanenti.Il villaggio principale dell'isola, anch'esso

    chiamato Lusibari, era situato alla base di queltombolo di fango, al riparo dell'argine. Un nuovoarrivato, guardando Lusibari dalla cresta delbadh, vedrebbe un villaggio che al primo sguardonon mostra nulla di diverso da mille altri villaggibengali: un insediamento di capanne col tetto difoglie di palma e chioschi e baracche con paretidi bamb. Ma a un esame pi attento noterebbeun modello diverso e del tutto inusuale.Al centro del villaggio c'era un maidan, unospazio aperto non abbastanza geometrico dapotersi dire quadrato. Su un lato di questomaidan dai bordi irregolari c'era un mercato, un

    ammasso di bancarelle chiuse per gran partedella settimana che il sabato si animavano.All'altro capo del maidan, a dominare ilvillaggio, c'era una scuola. Era questo edificioche dava al villaggio il suo elemento pisorprendente dal punto di vista visivo. Sebbenenon fosse grande, incombeva come unacattedrale sulle baracche, le capanne e i tuguri

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    che lo circondavano. In una cornice di mattoni,sull'architrave dell'ingresso principale spiccava ilnome della scuola e la data della fine dei lavori:"Scuola Sir Daniel Hamilton, 1938" La facciataera composta da una lunga veranda ombrosacorredata di colonne scanalate, timpanineoclassici, archi vagamente saraceni e altrianaloghi elementi dell'architettura scolastica del

    tempo. Le aule erano vaste e ariose, con grandifinestre chiuse.Non lontano dalla scuola c'era un terreno celatoalla vista da un filare di alberi, con al centro unacasa molto pi piccola e meno visibile dellascuola. Eppure il suo aspetto era, se possibile,ancora pi interessante. Costruita interamente inlegno su una struttura di palafitte alte due metri,sembrava pi adatta all'Himalaya che al paesedelle maree.Il tetto era una piramide di legno spiovente comequella di un campanile, poggiata su una griglia dilinee simmetriche: palafitte e colonne, finestre e

    balaustre. Una serie di finestre a ghigliottinaerano incassate nei muri e le persiane, atutt'altezza dal pavimento al soffitto, si aprivanosu una veranda che girava tutt'intorno alla casa.Davanti c'era uno stagno coperto di gigli, lungo ilquale correva un sentiero di mattoni muschiosi.Nel 1970, ricord ora Kanai, quella dimora gliera sembrata solitaria e isolata. Sebbene si

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    trovasse al centro del villaggio, c'erano pochecostruzioni nelle sue vicinanze. Come se undurevole atteggiamento di deferenza o rispettoavesse indotto gli isolani a mantenere le distanzedalla casa di legno.Ma adesso era tutto cambiato. Bastava unosguardo per capire che quell'area era una dellepi popolose e trafficate dell'isola. Le erano

    cresciuti intorno grappoli di capanne, case,bancarelle, negozi di dolciumi. Nei vicolicircostanti echeggiava la musica delle colonnesonore di successo e l'aria era impregnatadell'odore di jilipi appena fritte.Voltandosi indietro Kanai vide che Nilima stavaanimatamente discutendo di affari relativi alTrust con due impiegate dell'Unione delle donne.Senza darlo a vedere, spinse il cancello e siaffrett lungo il sentiero coperto di muschio cheportava alla casa. Si stup notando che il rumoree il trambusto del villaggio non arrivavano fin l,e per un attimo ebbe l'impressione di varcare una

    curva del tempo.La casa sembrava nello stesso tempo moltovecchia e molto nuova. Il legno, scolorito dalsole e dalla pioggia, aveva acquistato una patinaargentea, come certi tipi di corteccia; rifletteva laluce assumendo sfumature quasi traslucide, comeuna superficie metallica. In quel momento,rispecchiando il colore del cielo, era quasi blu.

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    Arrivato alle palafitte, Kanai si ferm a sbirciarela casa da sotto: il geometrico motivo di chiazzechiare e scure era esattamente come lo ricordava.Sal i gradini e arrivato davanti alla porta udriemergere dal passato la voce dello zio."Non puoi passare di l", stava dicendo Nirmal."Non te ne ricordi? La chiave stata persa annifa. Dobbiamo fare il giro"

    Tornando sui passi di quella sua prima visita,Kanai percorse la veranda, svolt l'angolo eprosegu lungo l'altra ala della casa fino a unaporticina sul retro. Bast una leggera pressioneper aprirla e la prima cosa che vide entrando fuun antiquato water di ceramica con la seduta dilegno.Accanto al water c'era un'enorme vasca di ghisacon piedi ad artiglio e bordo smussato. La docciapenzolava sulla vasca come la corolla di un fiorereclinata sul gambo appassito.Gli accessori, pi arrugginiti dell'ultima volta cheli aveva visti, erano comunque sempre gli stessi.

    Kanai ricordava con quanta curiosit li guardavada ragazzo. Da quando era arrivato a Lusibarifaceva il bagno in una pozza d'acqua, come delresto facevano Nirmal e Nilima, e avrebbe datoqualunque cosa per infilarsi sotto quella doccia."Questa una shahebi choubachcru., l'uomobianco", aveva detto Nirmal indicandogliela."Lheb la usano per fare il bagno".

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    Kanai ricordava di essere stato colpito da quelladescrizione cos appropriata, pur sentendosianche offeso perch lo zio gli parlava come sefosse un campagnolo che non aveva mai vistosimili cose. "Lo so cos'", aveva replicato."E una vasca da bagno"Dal bagno, una porta conduceva all'interno dellacasa.

    L'apr e si ritrov in una stanza cavernosainteramente rivestita di legno. Nuvole di polvereerano sospese, come congelate, in fasci di lucesbieca che filtravano dalle persiane.In mezzo alla stanza una larga lettiera di ferroabbandonata faceva pensare ai resti di un atollosommerso. Alle pareti erano appesi ritrattisbiaditi dentro pesanti cornici: ritratti dimemsahib in abito lungo e di uomini con icalzoni alla zuava.Kanai si ferm davanti al ritratto di una giovanedonna con un abito di pizzo, seduta su unabrughiera erbosa punteggiata di fiori gialli

    selvatici. Sullo sfondo, pendii scoscesi coperti diginestre purpuree e monti spruzzati di neve.Sotto la fotografia, una targa di rame ssidatadiceva: Lucy McKay Hamilton, isola di Arran."Chi era?" Kanai sent la propria voceriecheggiare dal passato. "Chi era questa LucyHamilton?""E la donna da cui l'isola prende nome"

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    "Viveva qui? In questa casa?""No. Era diretta qui, veniva da un remoto angolodell'Europa quando la sua nave fece naufragio.Non arriv mai a vedere la casa, ma dalmomento che era stata costruita per lei la gentecontinu a chiamarla Lusi rbari, che in seguito sicontrasse in Lusibari, e fu cos che l'isola presequesto nome.

    E sebbene questa casa fosse l'originaria Lusibari,la gente smise di chiamarla cos. Adesso per tutti Hamilton House""Perch?""Perch era stata costruita da Sir DanielMachinnon Hamilton, lo zio di Lucy. Non haivisto il suo nome sulla facciata della scuola?""E lui chi era?""Vuoi davvero saperlo?""Si""Allora ascolta" Nirmal lev il dito nodosoindicando il cielo. "Ora che me l'hai chiestodovrai ascoltare. E stare attento, perch tutto

    vero".

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    6. La caduta.Il giorno volgeva al termine quando inlontananza una barca da pesca spezz l'orizzontevisivo di Piya, interrompendo il ritmo della suaricognizione. Dapprima non fu che un puntinosulle lenti del binocolo, una macchiolinaimmobile ancorata al largo di una confluenza dimolti fiumi. Dopo un po, quando il punto si

    ingrand, Piya riconobbe una piccolaimbarcazione tipo canoa con un tendalinoarrotondato a poppa. Sembrava che a bordo cifosse solo un pescatore.Faceva i movimenti di chi butta una rete, dritto inpiedi per il lancio e curvo per tirar su il pescato.Piya aveva passato tre ore "sotto sforzo", a prua.Con il binocolo appiccicato agli occhi, avevascandagliato l'acqua in attesa che un balenio neroo grigio infrangesse la fosca superficie. Ma finoa quel momento la ricognizione era statainfruttuosa: nessun avvistamento in tutto ilpomeriggio, nessuno. C'era stato un attimo di

    speranza, ma si era esaurito con la fulmineaapparizione a filo d'acqua di una pastinaca che siera lanciata in aria con la coda che la seguivacome un aquilone. Poco dopo c'era stato un altrofalso allarme.Mej-da era corso sul ponte tutto eccitato,gesticolando come se avesse visto un delfino. Main realt la sua attenzione era stata catturata da

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    un branco di coccodrilli che si crogiolavano alsole su una striscia fangosa. I motivi per cuiglieli aveva fatti notare si chiarirono quandoMejda si sfreg le dita come per dire chemeritava una mancia.Piya, infastidita, lo cacci via con un gestoperentorio. Aveva individuato i coccodrilli moltoprima di lui, naturalmente, li aveva visti quando

    distavano ancora pi di un miglio. Erano quattro,ed enormi: dal muso alla coda il pi grossodoveva essere lungo all'incirca come la lancia.Si era domandata come sarebbe stato imbattersiin uno di quei mostri e il solo pensiero le avevaprovocato un brivido. A parte ci, nulla che fossedegno di nota. Pur non sapendo cosa aspettarsi,non aveva previsto un vuoto simile.Che un tempo quelle acque avessero ospitato ungran numero di delfini era risaputo. Lo avevanotestimoniato numerosi zoologi deldiciannovesimo secolo. William Roxburgh, lo"scopritore" del delfino del Gange, aveva

    esplicitamente detto che i delfini d'acqua dolcedel Gange giocavano nel "labirinto di fiumi einsenature a sud e sudest di Calcutta" Ed eraesattamente il punto in cui lei si trovava, eppure,dopo ore di attenta osservazione, non avevaancora adocchiato il suo primo delfino. N avevavisto molti pescatori: in quel viaggio Piyasperava infatti di incontrare dei barcaioli esperti,

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    ma quel giorno c'erano state ben pocheoccasioni. Aveva visto numerosi cargo e traghettisovraffollati, ma pochissimi pescherecci, cospochi da far pensare che fosse una zona vietataalla pesca. Quella specie di canoa in lontananzaera la prima imbarcazione che vedeva dopomolto tempo ed era evidente che sarebberopassati a non pi di duecento metri. Cominci a

    domandarsi se valesse la pena di fare unadeviazione.Piya sganci il telemetro dalla cintura.Somigliava a un binocolo mozzato, con due lentia un'estremit e una sola lente d'ingrandimentodall'altra. Mise a fuoco quest'ultima inquadrandola barca e premette un pulsante per verificare ladistanza esatta. Dopo un attimo, accompagnatada un bip, giunse la risposta: millecento metri.Piya non vedeva bene il pescatore ma le parevaavesse l'aspetto brizzolato dell'uomo di mareesperto: intorno al mento e alla bocca c'era unaspolverata di bianco che faceva pensare a una

    peluria ispida o a una barba. Aveva una specie diturbante avvolto intorno al capo, ma il corpo eranudo salvo un telo passato fra le gambe e fissatoin vita. Era scheletrico, quasi deperito, un uomoinvecchiato sull'acqua, che giorno dopo giornoha consegnato la sua carne al vento e al sole. Siera imbattuta in molti pescatori cos su altri fiumie quasi sempre erano stati fonte di buoni spunti e

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    informazioni utili. Decise che valeva la pena diperdere qualche minuto per mostrargli le sueschede.Gi due volte gli aveva chiesto di fare unadeviazione, ma dopo l'episodio dei coccodrilliMej-da, che era al timone, si era fatto ancora piostile e in entrambe le occasioni l'aveva ignorata.Ma stavolta intendeva farsi valere.

    Mej-da e il forestale sedevano spalla a spalladietro il vetro della timoneria. Lasciando la prua,and ad affrontare i due uomini. Vedendolaavvicinarsi, Mej-da abbass gli occhi,confermando con i suoi modi furtivi che stavanoparlando di lei.Piya estrasse una scheda e and a piazzarsiproprio di fronte a Mej-da. "Stop!" disse,premendo il palmo di una mano contro il vetro.Gli occhi di Mej-da seguirono il suo dito cheindicava la barca, ora chiaramente visibiledavanti a loro. "Dirigiti laggi..." disse, "versoquella barca.Voglio vedere se riconosce questo"

    Sollev la scheda, in modo che capissero.La porta della timoneria si spalanc e il forestaleusc sistemandosi i calzoni cachi. Travers ilponte e si sporse oltre il parapetto, riparandosi gliocchi con una mano. Mentre scrutava la barcaassunse un'espressione accigliata, sputnell'acqua e sussurr qualcosa al pilota. Ci fu frai due un rapido scambio di parole, poi Mej-da

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    annu e gir il timone. La prua della lanciacominci a virare in direzione della barca."Bene", disse Piya, ma il forestale la ignor, eratotalmente concentrato sull'altra imbarcazione.L'intensit del suo sguardo la colp, c'eraqualcosa di predatorio nei suoi occhi che rendevadifficile credere che stesse facendo tutto ci soloper soddisfare i suoi desideri.

    In lontananza il pescatore, in piedi, stava facendoun altro lancio: la barca era rimasta dov'era e sifaceva un po pi grande ogni volta cheincrociava il suo orizzonte visivo, distava oracirca mezzo miglio. Tenne il binocolo puntatomentre la lancia virava. Si sarebbe detto chefinora il pescatore non si fosse accorto di loro,ma quando fu chiaro che la lancia stavacambiando direzione, interruppe ci che stavafacendo e guard verso di loro con occhiimprovvisamente allarmati. Piya riusciva avederli, nella cornice scura del viso. Poi ilpescatore si volt e parve muovere le labbra

    come se stesse parlando a qualcuno. Piya rimisea fuoco e vide che non era solo sulla barca, comeaveva creduto: c'era un bambino con lui, forse unnipote. Il ragazzino era accovacciato a prua.Immagin che fosse stato lui ad avvisare ilpescatore dell'approssimarsi della lancia. Puntavaun dito verso di loro rannicchiandosi come sefosse terrorizzato.

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    Pochi secondi e fu chiaro che l'uomo e ilbambino erano spaventati. L'uomo tir fuori unpaio di remi e cominci a remare freneticamente,mentre il ragazzino attraversava di corsa la barcaper andare a nascondersi sotto il tendalino dipoppa. Fino a quel momento la barca si trovava auna cinquantina di metri dalla bocca di unostretto canale, una distanza che poteva essere

    colmata con poche robuste vogate. Fu in quelladirezione che ora si mosse. Le foreste cheorlavano il canale erano semisommerse dallamarea e la barca era abbastanza piccola perseminare la lancia puntando dritto verso lemangrovie. Il livello dell'acqua era ancorapiuttosto alto e li avrebbe condotti al sicuro nelfolto della foresta. L sarebbero stati ben nascostie avrebbero trovato una via di fuga.C'era qualcosa di incredibile in quella situazione.Anche sull'Irrawaddy e sul Mekong succedevache i pescatori s'impaurissero alla prospettiva diessere interrogati da estranei, soprattutto quando

    c'era odore di ufficialit. Tuttavia non " va maiincrociato un peschereccio che avesse di fatto lafuga.Guard alla sua destra. In piedi a prua, ilforestale il fucile. Era andato a prenderlo mentrelei esaminava la barca. Ecco spiegata la reazionedel pescatore. Voltandosi verso il forestale, siavvide del dito sul grilletto.

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    "Cosa ci fa con quello?" disse. "A cosa le serve?"Lui la ignor e lei alz la voce: "Metta viaquell'arma. Non ce n' bisogno". Il forestale lazitt con un gesto brusco e url qualcosa a Mej-da. Il rombo del motore aumentimmediatamente e la lancia roll in avanti perraggiungere la barca.In quel momento Piya cap che la situazione era

    completamente fuori del suo controllo e persinoal di l della sua comprensione. L'unicaspiegazione plausibile era che il pescatore stessepescando in acque proibite, e ci potevagiustificare l'inseguimento. Quali che fossero leragioni, toccava a lei mettere fine a quella caccia:il suo lavoro sarebbe stato compromesso se sispargeva la voce che interferiva con la vita dellapopolazione locale.Voltandosi verso la timoneria, fece segno a Mej-da di fermare immediatamente. "Stop!Fermiamoci qui!" Stava per andare da lui,quando il forestale si mise a urlare in direzione

    della barca. Aveva spianato il fucile, adesso, eminacciava chiaramente di fare fuoco.Piya lo guard sbalordita: "Cosa diavolo crede difare?"Si lanci su di lui e lo prese per il bracciocercando di deviare la canna del fucile. Ma lui fupi svelto, alz il gomito e la colp alla clavicolafacendola barcollare all'indietro.

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    La scheda illustrativa le sfugg di mano mentre sirisollevava, stringendosi la spalla dolorante. Ilpescatore aveva smesso di remare e Mej-daspense il motore mentre la lancia accostava allabarca. Il forestale lanci una cima e, al suoordine, il pescatore la leg alla barca.Il ragazzino, not Piya, osservava tutto dal suonascondiglio, nell'oscurit del tendalino di

    poppa.Il forestale abbai una domanda che strapp alpescatore un borbottio di risposta. Evidentementegli era piaciuto, perch si volt verso Mej-da conun sorriso soddisfatto.Fra i due ci fu un rapido scambio, poi il forestalesi rivolse a Piya e in tono di accusa sput laparola "bracconiere""Cosa!?" disse Piya. Anche se fosse statadisposta a credergli, quell'accusa non eracredibile. Scosse il capo: "Stava semplicementepescando, ecco quel che faceva!""Bracconiere", ripet il forestale puntando il

    fucile contro il pescatore. "Bracconiere".Adesso era tutto chiaro. Il pescatore, come leiaveva immaginato, stava pescando in acquevietate. Aveva scelto quel punto perch offrivauna facile via di fuga in caso di controlli dellaguardia costiera. Aveva scambiato la lancia peruna delle tante barche di turisti e aveva capitotroppo tardi che a bordo c'era un forestale

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    armato. Ora avrebbe dovuto pagare una mazzettao una multa.Il pescatore si reggeva stancamente in piedi nellabarca, appoggiandosi i un remo. Vedendolo davicino, Piya trasal. Non era affatto l'anzianodalla barba grigia che aveva creduto, dovevaavere pressappoco la sua et, un po meno ditrent'anni. Non era deperito bens molto magro,

    con gambe e braccia lunghe e sottili fatte di solimuscoli. E non era per via della barba che ilmento mostrava una spolverata di bianco: erano icristalli di sale depositati dall'acqua salmastradurante un lungo giorno. Aveva una facciaaffilata e spigolosa, e l'estrema magrezza rendevaenormi i suoi occhi.Il telo legato intorno alla vita non era che unostraccio sbiadito che dava al suo corposcheletrico un'aria di miseria assoluta.Eppure c'era una sorta di sfida nel suoatteggiamento, che contrastava con lavulnerabilit del petto nudo e delle ossa

    sporgenti. Fissava il forestale con diffidenza,come se stesse cercando di calcolare esattamentequanto gli sarebbe costato. Il guadagno di unasettimana almeno, pens Piya, se non di un mese.Come per ricordarle il suo ruolo in quellasituazione, il forestale si chin a raccogliere lascheda caduta sul ponte.Adesso che aveva catturato la sua preda,

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    sembrava non avesse alcuna fretta. Porgendole lascheda, fece un gesto in direzione della barca,sollecitandola a mostrarla al pescatore.Piya non riusciv