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© 2012 RCS Libri S.p.A., Milano/La Nuova Italia – M. Sambugar, G. Salà - Letteratura+ 1 Il contesto storico e politico sezione 1 Il Seicento, un’epoca di contraddizioni 1 Una crisi che prepara alla novità Un’età di inquieta ricerca L’epoca che va dalla fine del Cinquecento fino ai primi decenni del Settecento, universal- mente conosciuta come “età del Barocco”, fu segnata da profonde contraddizioni e da un forte disagio sociale. In campo artistico, letterario e musicale si andò progressivamente affievolendo il razionale equilibrio che aveva dominato l’epoca rinascimentale, con il suo risveglio creativo e la reale presa di coscienza, da parte dell’uomo, del suo valore e della sua ascesa verso conquiste che sembravano non avere limiti e verso un grado di conoscenza tanto ampio da far pensare alla “perfezione”. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo le certezze che avevano accompagnato l’uomo rinascimentale si andarono affievolendo, lasciando spazio a un sentimento di sgomento dovuto alla consapevolezza di non sapere andare oltre la “perfezione” già acquisita; anche le nuove conquiste scientifiche contribuirono a riportare gli uomini del Seicento alla consa- pevolezza dei propri limiti. Subentrò lo smarrimento di fronte all’infrangersi della compat- tezza del mondo cristiano dopo l’avvento della Riforma. Verso una nuova civiltà Era un contesto storico in rapida trasformazione sul piano economico e sociale, oltre che su quello politico e culturale, a cui l’atmosfera di crisi e di irrequieta ricerca mutò equilibri consolidatisi nel corso dei secoli. Questa crisi non va intesa semplicemente come decadenza, ma come momento di passag- gio verso una nuova idea del mondo, come preparazione di una nuova civiltà: ne sono testimonianza gli aspetti più rivoluzionari in ambito filosofico e scientifico, anticipatori della civiltà e cultura moderne. Alla ricerca di nuovi equilibri Gli esiti della Riforma protestante Il Seicento fu a lungo influenzato dagli eventi che avevano segnato la Riforma protestan- te, avviata in Germania da Martin Lutero a partire dal 1517, che determinò profondi muta- menti non solo sotto il profilo religioso, ma anche politico. L’impero asburgico, infatti, ri- sultò notevolmente indebolito dopo la pace di Augusta (1555), che aveva sancito di fatto la libertà religiosa per i principi tedeschi e la loro autonomia rispetto all’autorità imperiale. Il sogno di un impero universale cristiano vagheggiato dall’imperatore Carlo V (1519-1556) era ormai definitivamente svanito sotto l’urto dirompente della Riforma, mentre si andava- no consolidando i grandi stati nazionali, come la Francia e l’Inghilterra, ormai pronti ad acquistare un ruolo da protagonisti sulla scena europea. La guerra dei Trent’anni: non solo una guerra di religione La seconda metà del Cinquecento fu segnata dallo scontro fra posizioni religiose con- trastanti che separavano nettamente non solo la parte cattolica da quella protestante, ma producevano profonde spaccature interne. I contrasti, sorti su questioni di natura teologica e riguardanti l’organizzazione delle Chiese, spesso degenerarono in vere e proprie guerre di religione e persecuzioni. Il culmine della contrapposizione fra protestanti e cattolici fu rappresentato dalla guerra dei Trent’anni (1618-1648): la pace di Westfalia, che pose fine al conflitto, di fatto rico- nobbe la possibilità della coesistenza di confessioni diverse all’interno di uno stesso paese e rappresentò una svolta decisiva sulla strada della tolleranza religiosa. La guerra dei Trent’anni, tuttavia, scoppiata per motivi politici e religiosi, ebbe conseguenze di natura eminentemente politica. Essa contribuì in modo decisivo, a ridisegnare gli equi-

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Il contesto storico e politico

sezione 1 Il Seicento, un’epoca di contraddizioni

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Una crisi che prepara alla novità

Un’età di inquieta ricerca

L’epoca che va dalla fine del Cinquecento fino ai primi decenni del Settecento, universal-mente conosciuta come “età del Barocco”, fu segnata da profonde contraddizioni e da un forte disagio sociale. In campo artistico, letterario e musicale si andò progressivamente affievolendo il razionale equilibrio che aveva dominato l’epoca rinascimentale, con il suo risveglio creativo e la reale presa di coscienza, da parte dell’uomo, del suo valore e della sua ascesa verso conquiste che sembravano non avere limiti e verso un grado di conoscenza tanto ampio da far pensare alla “perfezione”.Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo le certezze che avevano accompagnato l’uomo rinascimentale si andarono affievolendo, lasciando spazio a un sentimento di sgomento dovuto alla consapevolezza di non sapere andare oltre la “perfezione” già acquisita; anche le nuove conquiste scientifiche contribuirono a riportare gli uomini del Seicento alla consa-pevolezza dei propri limiti. Subentrò lo smarrimento di fronte all’infrangersi della compat-tezza del mondo cristiano dopo l’avvento della Riforma.

Verso una nuova civiltà

Era un contesto storico in rapida trasformazione sul piano economico e sociale, oltre che su quello politico e culturale, a cui l’atmosfera di crisi e di irrequieta ricerca mutò equilibri consolidatisi nel corso dei secoli.Questa crisi non va intesa semplicemente come decadenza, ma come momento di passag-gio verso una nuova idea del mondo, come preparazione di una nuova civiltà: ne sono testimonianza gli aspetti più rivoluzionari in ambito filosofico e scientifico, anticipatori della civiltà e cultura moderne.

Alla ricerca di nuovi equilibri

Gli esiti della Riforma protestante

Il Seicento fu a lungo influenzato dagli eventi che avevano segnato la Riforma protestan-te, avviata in Germania da Martin Lutero a partire dal 1517, che determinò profondi muta-menti non solo sotto il profilo religioso, ma anche politico. L’impero asburgico, infatti, ri-sultò notevolmente indebolito dopo la pace di Augusta (1555), che aveva sancito di fatto la libertà religiosa per i principi tedeschi e la loro autonomia rispetto all’autorità imperiale. Il sogno di un impero universale cristiano vagheggiato dall’imperatore Carlo V (1519-1556) era ormai definitivamente svanito sotto l’urto dirompente della Riforma, mentre si andava-no consolidando i grandi stati nazionali, come la Francia e l’Inghilterra, ormai pronti ad acquistare un ruolo da protagonisti sulla scena europea.

La guerra dei Trent’anni: non solo una guerra di religione

La seconda metà del Cinquecento fu segnata dallo scontro fra posizioni religiose con-trastanti che separavano nettamente non solo la parte cattolica da quella protestante, ma producevano profonde spaccature interne. I contrasti, sorti su questioni di natura teologica e riguardanti l’organizzazione delle Chiese, spesso degenerarono in vere e proprie guerre di religione e persecuzioni.Il culmine della contrapposizione fra protestanti e cattolici fu rappresentato dalla guerra dei Trent’anni (1618-1648): la pace di Westfalia, che pose fine al conflitto, di fatto rico-nobbe la possibilità della coesistenza di confessioni diverse all’interno di uno stesso paese e rappresentò una svolta decisiva sulla strada della tolleranza religiosa.La guerra dei Trent’anni, tuttavia, scoppiata per motivi politici e religiosi, ebbe conseguenze di natura eminentemente politica. Essa contribuì in modo decisivo, a ridisegnare gli equi-

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libri politici di un continente nel quale, già verso la fine del Cinquecento, lo sviluppo sociale ed economico presentava alcune differenze importanti tra le varie nazioni, alcune ricche e in rapida ascesa economica, altre impoverite e in declino.

Madrid

Regno diFrancia

Regnodi Spagna

Regno diPortogallo

Milano

Napoli Regnodi Napoli

ImperoRomano

Germanico

Berlino

Regnod’Inghilterra

e Scozia

Regnod’Irlanda Regno di

Danimarca

Regno diPolonia

I m p e r o o t t o m a n oMare Mediter raneo

Mar Nero

Oceano

Atlantico

Maredel No rd

territori degliAsburgo di Spagna

territori degliAsburgo d’Austria

Stati riconosciutiindipendenti

limiti dell’ImperoRomano Germanico

Creta Cipro

Roma

Statodella

Chiesa

ProvincieUnite

Ducato diPrussia

Novgorod

ImperoRusso

Estonia

Livonia

Finlandia

Regno di Svezia

UcrainaPodolia

MoldaviaTransilvania

Valacchia

Bulgaria

Albania

Morea

Parigi

Londra

SvizzeraU

nghe

ria

Boemia

Austria

Rep. di Venezia

La decadenza della Spagna

Fra i paesi ormai avviati verso il declino vi era la Spagna. Quando nel 1556 Carlo V abdi-cò, divise i suoi vastissimi domini in due parti: al fratello Ferdinando lasciò il titolo e i pos-sedimenti imperiali, mentre al figlio Filippo II (1556-1598) destinò il Regno di Spagna con il ducato di Milano e i tre Viceregni di Napoli, Sicilia, Sardegna, lo Stato dei Presìdi, oltre ai Paesi Bassi e alle colonie d’America.Proprio durante il regno di Filippo II la Spagna iniziò a mostrare i primi pericolosi sintomi di stagnazione economica e di decadenza politica, quest’ultima accelerata dall’insurre-zione nei Paesi Bassi (che avrebbe portato all’indipendenza delle Province Unite) e dalla pesante sconfitta, subita nel 1588 dalla potentissima flotta spagnola, l’Invencible Armada, inviata da Filippo II contro l’Inghilterra allo scopo di invadere l’isola. La Spagna perse il do-minio delle rotte commerciali e, pur mantenendo all’apparenza un profilo di grandiosità e di fasto, si avviò verso una fase di inarrestabile decadimento.Dopo la morte di Filippo II (1598), il suo successore Filippo III (1598-1621) ereditò un regno destinato ormai a una crisi economica e sociale senza precedenti. La Spagna, non aveva saputo sfruttare le enormi risorse economiche derivanti dalle colonie ame-ricane, orientandole verso un ammodernamento del sistema produttivo del paese, basato sull’agricoltura. Piuttosto, le ricchezze provenienti dai possedimenti d’oltreoceano erano state impiegate per finanziare le numerose guerre di Carlo V e per arricchire una nobiltà retrograda e conservatrice, proprietaria di immensi latifondi ma refrattaria a qualsiasi innovazione che avesse portato a un incremento della produzione e al miglioramento delle condizioni di vita dei contadini. Per nulla intraprendente e ripiegata su se stessa al

La situazione territoriale del continen-te europeo dopo la pace di Westfalia (1648).

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fine di salvaguardare il proprio prestigio e il proprio benessere, l’aristocrazia spagnola rappresentò per tutto il Seicento un freno allo sviluppo e al progresso dell’economia del paese.

La divisione politica dell’Italia

In condizioni di evidente regresso versava anche l’Italia, che per quasi 40 anni, tra il 1521 e il 1559, era stata il campo di battaglia sul quale si era combattuto il lungo conflitto tra la Francia e la Spagna. Dopo decenni di guerre e devastazioni, il trattato di Cateau-Cambrésis (1559) pose fine al conflitto franco-asburgico, stabilendo il primato della Spagna e la fine dell’indipendenza italiana. La penisola si trovò quasi interamente sottoposta al dominio degli spagnoli, che misero in atto una politica di sfruttamento delle risorse, condannando anche l’Italia, soprattutto nelle regioni meridionali, alla stessa arretratezza economica in cui versava la Spagna.Le nuove, disastrose scorribande militari dovute alla guerra dei Trent’anni (1630-1648) e le pestilenze del 1630 e del 1657 determinarono una crescente depressione economica e so-ciale. La crisi manifatturiera e mercantile – conseguenza, almeno in parte, dello spostamen-to dei commerci marittimi dal Mediterraneo all’Atlantico (seguito alle scoperte geografiche del XV e del XVI secolo) e della inadeguata modernizzazione degli impianti di produzione – riportò la penisola a un’economia quasi totalmente agricola, in contrasto con il forte sviluppo che in quel periodo stava caratterizzando gran parte dell’Europa.Furono queste le ragioni della progressiva emarginazione degli stati italiani dal contesto economico e culturale europeo e della mancata formazione, in Italia, di un ceto borghese capace di recepire quelle istanze rivoluzionarie che si manifestarono prima in Inghilterra nella seconda metà del Seicento e poi in Francia nella seconda metà del Settecento.

CHIESA

GRANDUCATO

DI TOSCANA

REGNO

DI NAPOLI

IMPEROOTTOMANO

Catania

Siracusa

Bari

Cagliari

Roma

Firenze

Parma

Torino

Milano

Venezia

Trieste

Zara

SVIZZERA

REP. DI LUCCA

PRINCIPATO

DI PIOMBINO

Napoli

Genova Modena

REPUBBLICA DI MODENADUCATO

REGNO

DI SARDEGNA

REGNO

DI SICILIA

Palermo

DA

L MA

ZI A

REGNO

DI

SARDEGNA

DUCATO

DI MILANO

DUCATO

DI PARMA

VESCOVATODI TRENTO

REPUBBLICADI VENEZIA

IMPERO GERMANICO

DI GENOVA

DUCATODI

MANTOVA

STATO

DELLA

DUCATODI

FERRARA

L’Italia al tempo della domi-nazione spagnola.

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La Francia tra mercantilismo e assolutismo monarchico

Pur essendo uscita sconfitta dalla lunga guerra con la Spagna conclusasi con il trattato di Cateau-Cambrésis, la Francia riuscì a salvaguardare la sua unità politica e a rafforzarsi sotto il profilo economico. Agli inizi del Seicento, quindi, essa viveva un momento di verti-ginosa ascesa economica, dovuta soprattutto all’intraprendenza della parte più dinamica e ricca della società, la borghesia, composta di commercianti, professionisti e imprenditori. Si andò così creando un ceto di “nuovi ricchi” che, anche se di estrazione borghese, si pote-vano assicurare titoli nobiliari e cariche pubbliche con il semplice pagamento di una tassa che permetteva il cambiamento di “stato” sociale. Le casse del regno si andavano sempre più riempiendo anche grazie alla politica economica del mercantilismo, attuata da Jean-Bap-tiste Colbert (1619-1683), ministro di Luigi XIV (1643-1715). Dal punto di vista politico, la Francia era uscita vincitrice dalla guerra dei Trent’anni, nella quale era intervenuta tardivamente nel 1635. Pur essendo uno Stato cattolico governato in quel periodo dal cardinale Richelieu, la Francia si schierò a fianco delle potenze prote-stanti (Svezia e Olanda), contro i sovrani cattolici di Spagna e contro l’Impero asburgico, a dimostrare che quella guerra aveva ormai perso i connotati di guerra di religione, per as-sumere quelli di un conflitto nel quale i diversi stati si contendevano l’egemonia in Europa.Il consolidamento politico ed economico della Francia andò di pari passo con la progres-siva affermazione dell’assolutismo monarchico, che giunse a definirsi nei suoi tratti più caratteristici proprio durante il regno di Luigi XIV, il “Re Sole”. Secondo i principi dell’as-solutismo, il sovrano poteva governare in maniera del tutto autonoma e libero da qualsiasi vincolo (il termine deriva proprio dal latino absolutus, “sciolto da”). In quanto detentore del potere legislativo, il re si poteva considerare superiore alla legge ed era sua facoltà cam-biarla a proprio arbitrio. Gli Stati Generali, l’assemblea che raccoglieva i rappresentanti dei diversi ceti presenti nel regno (nobiltà, clero e “terzo stato”, cioè il resto della popolazione composto da mercanti, imprenditori, professionisti, braccianti ecc.) e che veniva convocata dal re per discutere le questioni politiche ed economiche più importanti, furono riuniti per l’ultima volta nel 1613 da Luigi XIII (1610-1643) e mai più consultati fino al 1789, anno della Rivoluzione.

Il secolo d’oro dell’Olanda

Le due nazioni che, durante il Seicento, emersero sopra tutte le altre, affermandosi come protagoniste dell’economia internazionale, furono l’Olanda e l’Inghilterra. La prima, riscattata-si definitivamente dal dominio spagnolo nel 1648, si distingueva innanzitutto per il suo ordina-mento politico: una repubblica federale (il nome ufficiale era quello di “Repubblica delle Province Unite”) che riuscì a mantenersi pressoché inalterata nella sua organizzazione fino alla metà del Settecento, quando si trasformò in una monarchia. In Olanda dominava un patrizia-to mercantile aperto e tollerante, dotato di grande intraprendenza economica, che fece di questo paese la maggior potenza commerciale europea e mondiale fino a quando maturò lo scontro con l’Inghilterra per il controllo dei mercati mondiali e del commercio con le colonie.L’Olanda non riuscì a reggere il confronto con la rivale e perse la sua posizione di predomi-nio. Il Seicento fu però per le Province Unite un vero e proprio “secolo d’oro” sotto il profilo culturale, grazie soprattutto a un governo ispirato a una notevole apertura sociale e a un diffuso spirito di tolleranza religiosa e culturale che ne fecero il luogo in cui si rifugiaro-no molti perseguitati di altri paesi compresi interi gruppi sociali, come gli ebrei, già a quei tempi costretti a fuggire dalla Spagna, dove potevano restare solo a patto di convertirsi al cristianesimo.

L’Inghilterra dei Tudor

Per l’Inghilterra, il periodo compreso tra l’ultimo decennio del Cinquecento e il primo del Seicento – quindi fra gli ultimi anni del regno di Elisabetta I Tudor (1558-1603) e i primi di Giacomo I Stuart (1603-1625) – rappresentò la fase culminante del passaggio dal Medioevo all’Età moderna. Nei decenni precedenti si erano verificati eventi importanti come l’afferma-zione della dinastia dei Tudor con Enrico VII (1485-1509) e il distacco dalla Chiesa di Roma con la nascita dell’anglicanesimo (Atto di Supremazia, 1534) durante il regno di Enrico VIII (1509-1547). Benché la personalità di quest’ultimo dominasse in maniera decisiva la scena

Mercantilismo

Dottrina eco-nomica fonda-ta da un lato sull’incremen-to dei traffici commercial i che favorivano le esportazioni delle merci, dall’altro sul consumo dei prodotti nazio-nali, in modo da sostenere il mercato inter-no. Il mercan-tilismo arric-chiva gli stati e incrementava le manifatture, incoraggiando anche la ricer-ca tecnologica e scientifica.

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politica inglese, mai in Inghilterra si arrivò a un regime assolutista analogo a quello francese. Il potere del sovrano fu sempre in qualche misura contenuto entro le principali disposizioni poste fin dal 1215 nella Magna Charta Libertatum, con la quale gli aristocratici inglesi erano riusciti a porre limiti precisi all’autorità del re, costretto sempre a confrontarsi, nelle sue scelte più importanti, con un’assemblea composta da nobili ed ecclesiastici divenuta poi nota come “Parlamento”.

La tormentata successione a Enrico VIII e il tentativo di restaurazione cattolica compiuto da Maria Tudor (1553-1558) portarono anche in Inghilterra un clima di terrore e di feroci persecuzioni religiose che opposero cattolici e anglicani.

Le rivoluzioni inglesi

Fu solo durante il lungo regno di Elisabetta I (1558-1603) che la monarchia consolidò nuovamente il proprio potere. Nello stesso tempo, si andò fermando in modo decisivo il primato inglese nel dominio sui mari. Determinante, in questo senso, fu la vittoria contro la Spagna ottenuta nel 1588, che assicurò all’Inghilterra il dominio pressoché incontrastato delle rotte commerciali.I 45 anni del regno di Elisabetta I, conosciuti con il nome di “età elisabettiana”, rappre-sentarono un periodo di straordinario progresso economico e di fioritura culturale che caratterizzò anche i decenni successivi. Dopo il clima di politica antiparlamentare che portò a contrasti religiosi e sociali, che se-gnarono il regno di Giacomo I Stuart (successore di Elisabetta I), il tentativo di instaurare una monarchia assoluta da parte di Carlo I (1625-1649) fu causa di una sanguinosa guerra civile (1642-1649), che si concluse con la decapitazione del re e l’ascesa al potere di Oliver Cromwell (1649-1658), di fede puritana, che, messosi alla testa dell’esercito rivoluziona-rio, prese il potere instaurando la repubblica, ma di fatto governando in modo autorita-rio. Alla breve stagione repubblicana seguì la restaurazione dell’autorità regia con gli Stuart (1660), che si rivelò tanto opprimente da provocare una nuova rivoluzione nel 1689 (la cosiddetta “Gloriosa rivoluzione”), che si concluse senza spargimenti di sangue e portò all’ascesa al trono della dinastia olandese degli Orange-Nassau nella figura di Guglielmo III d’Orange (1650-1702). Il sovrano instaurò un regime di tolleranza religiosa e accettò una Dichirazione dei diritti (1689) dettata dal Parlamento, con la quale il paese assunse definitivamente l’ordinamento istituzionale che mantiene inalterato ancora ai nostri giorni, quello della monarchia costituzionale.