il contesto storico-culturale

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IL CONTESTO STORICO-CULTURALE Tra la fine del 1400 e la metà del 1500 l’Europa vede mutare profondamente gli equilibri internazionali e il clima culturale. Alla fine del 400 il territorio italiano è diviso in numerosi Stati racchiusi entro una prospettiva regionale e tra loro scarsamente solidali. Essi rimangono in balia del Sacro Romano Impero e delle potenti monarchie europee (Francia e Spagna) i cui disegni espansionistici trasformano la penisola, per oltre mezzo secolo, in un campo di battaglia.

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IL CONTESTO STORICO-CULTURALE

Tra la fine del 1400 e la metà del 1500 l’Europa vede mutare

profondamente gli equilibri internazionali e il clima culturale.

Alla fine del ‘400 il territorio italiano è diviso in numerosi Stati

racchiusi entro una prospettiva regionale e tra loro scarsamente solidali.

Essi rimangono in balia del Sacro Romano Impero e delle potenti

monarchie europee (Francia e Spagna) i cui disegni espansionistici

trasformano la penisola, per oltre mezzo secolo, in un campo di

battaglia.

Nel 1494 Carlo VIII, re di Francia, giunge in Italia per rivendicare la

pertinenza angioina del Regno di Napoli, da circa cinquant’anni sotto il

controllo aragonese. Ma, in meno di un anno, Ferdinando II d’Aragona

riporta il Regno di Napoli sotto la corona spagnola.

Il conflitto tra Francia e Spagna si acuisce sotto Carlo V (re di Spagna

ed erede delle terre austriache degli Asburgo), personaggio al quale si

lega l’evento più traumatico della storia del primo Cinquecento: nel

1527, contro la Francia e lo Stato della Chiesa, invia truppe mercenarie

a Roma. Questo evento è noto come il sacco di Roma, poiché la

capitale pontificia – insieme ad altre importanti città italiane – subirà un

prolungato e tragico saccheggio.

Tiziano Vecellio, Ritratto di Carlo V a cavallo, 1548

La stagione dei conflitti termina nel 1559 con la pace di Cateau-

Cambrésis: essa riconosce un nuovo ordine politico nel quale

Francia e Spagna si affermano come le due potenze del continente

europeo, mentre l’Italia intera entra sotto il governo della Spagna.

Contemporanea ai conflitti politici è la crisi religiosa che investe

l’Europa, in particolare le sue aree centro-settentrionali. Essa

prende le mosse dalla Riforma protestante avviata da Martin

Lutero a partire dal 1517 (95 tesi). La risposta della Chiesa di

Roma prende il nome di Controriforma. È così che l’Europa

subisce un’ulteriore divisione in stati cattolici e stati protestanti.

I grandi viaggi di esplorazione lungo le coste atlantiche

dell’Africa e nell’Oceano Pacifico e, più di tutto, la

scoperta dell’America – avvenuta nel 1492 – con

l’approdo di Cristoforo Colombo a San Salvador,

determinano un cambiamento della geografia economica.

Ne consegue lo spostamento delle rotte commerciali a

favore degli stati affacciati sull’Atlantico – soprattutto

Spagna, Portogallo, Francia e poi Gran Bretagna –

emarginando i maggiori centri del Mediterraneo.

IL PRIMATO CULTURALE DI ROMA E VENEZIA

Le numerose corti signorili italiane che, nel Quattrocento,

avevano svolto un ruolo fondamentale nella produzione

artistica italiana vanno perdendo la loro importanza con l’avvio

del secolo successivo. La morte di Lorenzo il Magnifico,

avvenuta nel 1942, lascia la stessa città di Firenze in uno stato

di profonda crisi. Qui, fino alla salita al potere del duca Cosimo

I de’ Medici (1537), si alterneranno governi tirannici

condizionati dalle potenze europee e dal Papato e due brevi

stagioni repubblicane.

Il primato culturale perduto da Firenze passa così a Venezia e

Roma che finiranno per incarnare le due anime dell’arte del

Rinascimento maturo: il tonalismo veneto e il classicismo

romano.

Venezia conosce una grandiosa stagione artistica alla quale si

legano i nomi di Giorgione, Veronese, Tiziano e poi Tintoretto.

A Roma l’arte fiorisce in seno alla Chiesa, in particolare sotto i

pontificati di Giulio II, Leone X e Clemente VII. Ad essi si deve

la presenza in città di artisti come come Bramante,

Michelangelo e Raffaello.

Nonostante la grave instabilità politica e sociale, nei primi

decenni del XVI secolo, si assiste alla piena maturità del

linguaggio rinascimentale e l’affermarsi della terza maniera

o maniera moderna.

Secondo Vasari la bellezza creata dall’uomo giunge a

essere addirittura superiore a quella della natura, toccando il

livello più alto mai raggiunto nelle arti visive dopo l’età

classica.

• Si rinnova la figura dell’artista, che inizia a essere

considerato alla stregua di un intellettuale. La pratica

artistica, inoltra, entra a far parte delle arti liberali.

• Si accentua l’interesse per l’archeologia, anche grazie al

rinvenimento di importanti opere antiche (Laooconte,

Apollo del Belvedere, Torso del Belvedere).

• La Chiesa e le famiglie aristocratiche alimentano la

passione per il collezionismo, favorendo un gusto di tipo

antiquario.

Pittura, scultura e architettura assumono la forma

idealizzata del classico. Le composizioni si fanno

stabili, ordinate e, al tempo stesso, grandiose, grazie

all’ampio uso d’impianti centralizzati. In architettura

prevalgono le piante circolari, quadrate o a croce greca,

considerate emblemi di perfezione. Pittori e scultori

creano composizioni piramidali, con figure solenni ma

liberamente articolate nello spazio. La prospettiva viene

indagata nelle sue libere possibilità espressive.

Donato Bramante (1444-1514)

• Si forma probabilmente a Urbino presso Fra’ Carnevale.

Qui affina le sue attitudini al disegno e alla prospettiva.

• Dal 1477 Bramante è in Lombardia, prima a Bergamo,

dove decora la facciata del Palazzo del Podestà con

figure di filosofi antichi inseriti entro finte nicchie

dipinte in prospettiva.

• I filosofi di Bramante sono il primo esempio di pittura

illusionistica di scala urbana e testimoniano la forte

integrazione tra architettura e pittura che caratterizza

l’intera produzione dell’artista.

• Nel 1478 Bramante giunge a Milano in qualità di

architetto ufficiale di Ludovico il Moro. Qui realizza le

sue prime opere architettoniche importanti: il rifacimento

della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro e la

Tribuna di Santa Maria delle Grazie.

• Caduta Milano in mano ai francesi, nel 1499 Bramante si

sposta a Roma. Qui studia gli edifici antichi, rilevandone

misure e proporzioni e individuandone norme utili

all’elaborazione di un linguaggio universale in cui il

principio di proporzionalità si unisce a una dimensione

monumentale.

Con Giulio II (1503-13) inizia la fase dei grandi cantieri

pontifici. In questo momento Bramante subentra ad Alberti in

qualità di consigliere artistico e sovrintendente alle

fabbriche della corte pontificia, realizzando anche le sue

prime opere romane.

Le prime opere romane sono il Convento di Santa Maria

della Pace e il Tempietto di San Pietro in Montorio.

Seppur sfruttando spazi ridotti, entrambi gli interventi si

distinguono per un’asciutta solennità: lo studio diretto

delle antichità romane induce, infatti, Bramante ad

abbandonare gli effetti illusionistici e ornamentali adottati

nelle opere lombarde preferendo loro forme austere

caratterizzate dall’applicazione di rigorose proporzioni

matematiche.

Il Tempietto di San Pietro in Montorio (1502) viene

considerato fin dal suo completamento il prototipo della

nuova architettura rinascimentale. Esso viene edificato,

per volontà di Ferdinando II d’Aragona, sul colle del

Gianicolo, nel luogo in cui la tradizione cristiana colloca

l’episodio della crocifissione di San Pietro.

Esso si configura dunque come un martyrium, un sacello

solo commemorativo, non adatto – per le ridottissime

dimensioni – alle celebrazioni liturgiche.

Il Tempietto è a pianta centrale circolare. Esso si erge

su un podio a gradini, con una piccola cella cilindrica

circondata da una peristasi circolare di 16 colonne

tuscaniche antiche.

Il corpo cilindrico prosegue al di sopra della trabeazione

e della balaustra: nella parte superiore, profonde nicchie

si alternano a paraste, determinando un potente effetto

chiaroscurale. La cupola è realizzata in conglomerato

cementizio, tecnica costruttiva romana.

Per Giulio II Bramante progetta il Cortile del Belvedere, a

collegamento tra i Palazzi Apostolici (adiacenti alla Basilica

di San Pietro) e il Palazzo del Belvedere (realizzato tra il

1485 e il 1487 per volontà di Innocenzo VIII). Il

collegamento tra i due edifici viene realizzato mediante due

corridoi paralleli, ciascuno di tre piani e che generano un

enorme cortile rettangolare. Questo presenta sui lati corti

due grandi esedre e si articola in tre terrazzamenti percorsi

da scalinate scenografiche, fontane e giardini, riprendendo a

modello le grandi ville di epoca imperiale.

Nel 1506 iniziano, su progetto di Bramante, i lavori di

rifacimento della Basilica di San Pietro. Giulio II desidera

che sia realizzato un intervento architettonico esemplare, in

grado di affermare l’universalità e la centralità del

Cristianesimo.

Bramante concepisce un grandioso edificio a pianta

centrale, che guarda alle grandi architetture romane, da

quelle termali al Pantheon. Il progetto prevede una pianta a

croce greca inserita in un quadrato e sormontata,

all’incrocio dei bracci, da una cupola emisferica. Quattro

cupole di dimensioni minori e altrettante torri angolari

individuano le diagonali e le fanno convergere verso il

centro. Il perimetro quadrato della Basilica viene alleggerito

unicamente dalle sporgenze dei tre ingressi e dall’abside.

Alla morte dell’architetto, nel 1514, sono stati realizzati

solo i quattro pilastri a sostegno della cupola e i muri

perimetrali. Tuttavia, anche se apparentemente

insignificanti, gli elementi architettonici eretti vincolano in

maniera definitiva le proporzioni dell’edificio. Il

rifacimento di San Pietro sarà completato solo un secolo più

tardi passando attraverso interventi, tra gli altri, di Raffaello,

Michelangelo e Bernini.