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Università Telematica Pegaso Il diritto accesso agli atti amministrativi: nozione di
documento amministrativo e casi dubbi, i legittimati
passivi, l’atto “detenuto” o “formato”
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 LA RICONFIGURAZIONE DEGLI ELEMENTI DI BASE DELLA DISCIPLINA DELL’ACCESSO AI
DOCUMENTI AMMINISTRATIVI ---------------------------------------------------------------------------------------------- 3
1.1. LA REIMPOSTAZIONE DEGLI ELEMENTI DI RIFERIMENTO ---------------------------------------------------------------- 3 1.2. REGOLAMENTAZIONE DELL’ACCESSO E LIVELLI ESSENZIALI ----------------------------------------------------------- 4 1.3. NOZIONE DI DOCUMENTO AMMINISTRATIVO ------------------------------------------------------------------------------ 5 1.4. CASISTICA PARTICOLARE ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 7 1.5. CONFIGURAZIONE DEL DIRITTO DI ACCESSO ------------------------------------------------------------------------------ 9 1.6. PRINCIPIO DI ACCESSIBILITÀ AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI --------------------------------------------------------- 9
2 LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA ------------------------------------------------------------------------ 11
2.1. LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA ---------------------------------------------------------------------------------------------- 11 2.2. I SOGGETTI PASSIVI DEL DIRITTO DI ACCESSO --------------------------------------------------------------------------- 13 2.3. ACCESSO MEDIANTE UN LEGALE ------------------------------------------------------------------------------------------ 14 2.4. FUNZIONALIZZAZIONE CORRETTA DEL DIRITTO DI ACCESSO --------------------------------------------------------- 15
3 LA REGOLAMENTAZIONE DEI CASI DI ESCLUSIONE, LIMITAZIONE O DIFFERIMENTO
DELL’ACCESSO--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
3.1. ESCLUSIONI, LIMITI E DIFFERIMENTI PER L’ACCESSO ------------------------------------------------------------------ 17 3.2. DOCUMENTI PARTICOLARI SOTTRAIBILI --------------------------------------------------------------------------------- 18 3.3. ACCESSO A PARERI LEGALI ------------------------------------------------------------------------------------------------ 20
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 23
Università Telematica Pegaso Il diritto accesso agli atti amministrativi: nozione di
documento amministrativo e casi dubbi, i legittimati
passivi, l’atto “detenuto” o “formato”
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 La riconfigurazione degli elementi di base della disciplina dell’accesso ai documenti
amministrativi
1.1. La reimpostazione degli elementi di riferimento
Uno dei profili di maggior rilievo della legge n. 15/2005, incidente in termini di riforma del
quadro istituzionale della legge n. 241/1990 è rappresentato dal complesso di disposizioni
modificative ed integrative della disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi.
Gli artt. 15, 16 e 17 della legge modificano infatti il capo V della legge (artt. 22-27), nel quale sono
dettati i principi generali in materia di accesso ai documenti amministrativi da parte dei cittadini.
L’art. 14, sostituisce integralmente l’art. 22 della legge n. 241/1990 prevedendo al comma 1
secondo una tecnica redazionale derivata dai testi normativi comunitari e divenuta ormai abituale, la
definizione dei termini principali contenuti nel capo V della legge stessa.
Il comma 1 si articola in cinque lettere.
La lettera a) definisce il « diritto di accesso » facendo riferimento al diritto, riconosciuto ai soggetti
interessati, di prendere visione dei documenti amministrativi e di ottenerne copia.
La lettera b) individua l’ambito soggettivo attivo del diritto di accesso, designando come titolari
del diritto tutti i privati, ricomprendendo tra essi anche i portatori di interessi pubblici o diffusi
(quali le associazioni, i comitati, ecc.), i quali comprovino di avere un interesse diretto, concreto e
attuale, che corrisponda ad una situazione giuri¬dicamente tutelata, la quale sia connessa al docu-
mento al quale si richiede l’accesso.
I concetti richiamati nell’innovato art. 22 della legge n. 241/1990 richiamano quelli già precisati
dalla giurisprudenza amministrativa: a tal proposito, si evidenzia un costante orientamento del
Consiglio di Stato, secondo cui la nozione di “situazione giuridicamente rilevante” contenuta
nell’art. 22 L. n. 241 del 1990, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e
più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione
soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo, così che la
legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali
oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi
confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto
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di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante
alla impugnativa dell’atto (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. V, Sent. n. 6440 del 27 ottobre 2006 e
Consiglio di Stato, sez. IV, Sent. n. 5173 del 3 agosto 2010).
La lettera c) individua i soggetti “controinteres¬sati” nei soggetti terzi che hanno interesse alla
riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso.
La lettera d) definisce l’oggetto del diritto di accesso, indicando i supporti materiali utilizzati per
rappresentare gli atti della pubblica ammini¬strazione (documenti amministrativi) o comunque
inerenti ad un procedimento ammini¬strativo.
La disposizione riprende, ampliandola, la formu¬lazione già contenuta nel vigente art. 22, comma
2, della legge n. 241/1990. In particolare, la nuova accezione del termine si riferisce anche gli atti
che non sono relativi ad un procedimento specifico; quelli che sono comunque detenuti, e non solo
formati, come è attualmente previsto, da una pubblica amministrazione, e che si riferiscono ad
attività di pubblico interesse, prescindendo dalla natura pubblicistica o privati¬stica della loro
disciplina sostanziale.
L’ampia formulazione della norma comprende, in attuazione della più recente giurisprudenza in
materia, nella nozione di documento ammini¬strativo anche gli atti formati dai soggetti privati,
purché significativamente collegati con lo svol¬gimento dell’attività amministrativa.
La lettera e) enuclea i soggetti nei confronti dei quali (i soggetti passivi) può essere esercitato il
diritto di accesso: oltre ai soggetti di diritto pubblico, sono quelli che svolgano un’attività di
pubblico interesse regolamentata dalla normativa nazionale o comunitaria.
1.2. Regolamentazione dell’accesso e livelli essenziali
Considerando quanto disposto dall’art. 15 della legge n. 15/2005 in merito al diritto di
accesso, deve ritenersi tuttavia che i profili rego-lamentativi per questa materia debbano essere
strutturati con un quadro di referenza diverso.
Il comma 2 dell’innovato art. 22 della legge n. 241/1990, infatti, viene a stabilire che l’accesso ai
documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio
generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne
l’imparzialità e la trasparenza.
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Ne consegue un sistema di riferimento che in¬duce le Amministrazioni Locali ad elaborare la
propria disciplina di riferimento per il diritto di accesso (e per le limitazioni ad esso afferibili)
assumendo gli artt. 22 e 24 della legge n. 241/1990 come “cornice” essenziale per i propri
regolamenti, in termini ben più pregnanti rispetto al sistema di principi e garanzie
complessiva¬mente determinati nelle restanti parti della legge. Sempre a questo proposito, l’art. 22
della legge n. 15/2005 precisa che fino alla data di entrata in vigore della normativa regionale
prevista all’art. 29, comma 2, della legge n. 241/1990, come modificato dall’art. 17 del
provvedimento, i procedimenti amministrativi sono regolati dalle leggi regionali vigenti. In
mancanza di una normativa regionale vigente in materia si appli¬cano le disposizioni della legge n.
241 del 1990, come modificata dal provvedimento in esame.
1.3. Nozione di documento amministrativo
La gestione dei documenti amministrativi nelle Amministrazioni Pubbliche assume
significatività sostanziale sia in relazione all’attività procedimentalizzata, sia a quella a contenuto
più prettamente operativo.
L’Amministrazione è comunque chiamata a trattare documenti sia in fase di produzione che in
relazione a fasi di acquisizione o di semplice ricezione.
Il documento assunto nel procedimento amministrativo esplicita potenzialità notevoli, in quanto
testimonia attività, compone elementi istruttori, prefigura valutazioni o parametri per desunzioni
automatiche.
Si ha, in una prospettiva di massima efficienza, il superamento delle concettualizzazioni del
documento come semplice riproduzione o come supporto “cartaceo” quasi inerte: la
documentazione amministrativa è fonte di informazioni e trova modi o strumenti sempre più
innovativi per essere trasferita nei processi valutativi e decisionali delle Amministrazioni Pubbliche.
La linea prospettica relativa all’evoluzione del trattamento dei documenti amministrativi mira a
coniugare l’efficace gestione della fase attuale, in cui predominano ancora gli strumenti di certezza
tradizionali, con le sperimentazioni della fase (in via di sviluppo) di transizione dai documenti
cartacei a quelli informatici, che in questi anni si sta avviando, sia il futuro nuovo regime delle
certezze pubbliche, fondato in prevalenza su strumenti informatici e telematici (secondo un trend
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che riconosce ormai pienamente l’equivalenza tra strumenti, come evidenziato in sintesi dal
Consiglio di Stato, sez. V, con la decisione n. 2511 del 27 maggio 2008).
I documenti amministrativi (siano essi modulati su supporti tradizionali o tradotti in mezzi
tecnologicamente più avanzati, utili per dare piena attuazione al principio dell’informatizzazione
dell’azione amministrativa dettato dall’art. 3-bis della stessa legge n. 241/1990) assolvono quindi ad
una funzione fondamentale per le Amministrazioni Locali, in quanto strumenti di veicolazione di
una molteplicità di elementi (quali dati semplici, analisi elaborative, specificazioni,
contestualizzazioni, ecc.).
Nel sistema normativo regolante l’attività amministrativa, dettato dalla legge n. 241/1990, simili
strumenti hanno avuto una definizione articolata, che li configura come ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti,
anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura
pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale (art. 22, comma 1, lett. e).
I documenti, peraltro, devono essere nella piena disponibilità dell’Amministrazione, in quanto la
stessa, per gestirli, deve riportarli ai propri flussi regolativi (mediante il protocollo informatico) e,
una volta assimilati nell’organizzazione (con archiviazione per parte corrente o storica), può
eventualmente ricondurli ad ulteriori processi elaborativi o fornirli a soggetti privati richiedenti
(sempre, ovviamente, che da essa siano stabilmente detenuti e non ancora assoggettati a scarto
documentale, come delineato dall’art. 2, comma 2 del d.P.R. n. 184/2006 e dall’art. 22, comma 6
della legge n. 241/1990).
Secondo il quadro prefigurato dall’art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241/1990, la nozione di
documento amministrativo risulta quindi amplissima, sia sotto il profilo della classificazione
tipologica, sia in merito alle connotazioni contenutistiche (Tar Sicilia-Palermo, sez. III, sentenza 15
giugno 2007 n. 1675).
In base alla definizione normativa, peraltro, ciò che determina la codificazione del documento
amministrativo è la finalizzazione all’utilizzo nell’attività amministrativa e la detenzione (e non la
formazione) da parte di una pubblica amministrazione (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 1
maggio 2007 n. 2315).
Nella nozione di documento amministrativo sono peraltro ricompresi, secondo l’orientamento
prevalente della giurisprudenza amministrativa, non solo gli atti interni al procedimento
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amministrativo, ma anche quelli riconducibili all’attività svolta dall’Amministrazione Pubblica iure
privatorum, nonché quelli posti in essere da privati investiti di una pubblica funzione, in quanto, in
ogni caso, volti a perseguire scopi e finalità di interesse generale e collettivo (Tar Lazio – Roma,
sez. II, sentenza 7 marzo 2001 n. 4025).
1.4. Casistica particolare
La composizione della categoria dei documenti amministrativi assoggettabili al diritto di
accesso è un percorso in alcuni casi non agevole, data la particolarità dell’elaborato o del supporto o
del processo produttivo che genera il presunto documento.
La definizione in termini oggettivi richiede la riconduzione ai parametri indicati dalla norma, per
cui una registrazione sonora delle sedute consiliari è suscettibile di essere inclusa nella nozione di
“documento amministrativo” rilevante, ai sensi dell’art. 22 comma 1 lettera d) della L. 241/90, ai
fini dell’esercizio del diritto di accesso (Tar Piemonte, sez. I, sent. n. 563 del 27 maggio 2011), dal
momento che in tale nozione è espressamente ricompresa, tra l’altro, “ogni
rappresentazione…elettromagnetica… del contenuto di atti…detenuti da una pubblica
amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. IV, 04.07.1996, n. 820; TAR Lombardia Milano, sez. III,
13 marzo 2009, n. 1914; TAR Umbria Perugia, sez. I, 30 gennaio 2009, n. 21; TAR Piemonte
Torino, sez. II, 18 aprile 2006, n. 1862).
In chiave di finalizzazione possono invece formare oggetto di accesso tutti gli atti di gestione del
personale dipendente degli enti pubblici e dei soggetti agli stessi equiparati (quali, i soggetti privati
concessionari di servizi pubblici), in quanto, pur essendo tali atti adottati iure gestionis, le esigenze
di buon andamento e imparzialità riguardano allo stesso modo l’attività volta all’emanazione di
provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti di lavoro disciplinati dal diritto
comune (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 783 del 3 febbraio 2011).
In particolare, anche la documentazione afferente vicende relative ai rapporti di lavoro intrattenuti
da soggetti privati concessionari di servizi pubblici non può ritenersi di suo sottratta all’accesso,
dato che la ottimale organizzazione del personale dipendente è propedeutica (e quindi direttamente
connessa) alla più proficua erogazione del servizio pubblico da parte del concessionario.
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Da tanto si evince che non è corretto dedurre dalla assimilazione ai rapporti di diritto privato degli
atti di gestione del rapporto di lavoro con concessionari di servizi o beni pubblici, l’estraneità
oggettiva degli atti stessi dalla disciplina in tema di accesso, atteso che anche quegli atti sono
espressione di attività di interesse pubblico, nella misura in cui la efficiente organizzazione del
personale è funzionale al perseguimento di efficienza ed economicità dell’azione oggettivamente
pubblica (nella lata dimensione che oggi la normativa nazionale e comunitaria riconnette a tale
espressione).
Ne consegue che anche tale attività non può dirsi sottratta all’applicazione delle regole sull’accesso,
visto che anche in relazione alla stessa ricorrono le esigenze di trasparenza e di par condicio sottese
alla scelta legislativa di favorire l’ostensione della documentazione amministrativa, con un
capovolgimento di prospettiva rispetto alla regola applicata prima dell’entrata in vigore della legge
sul procedimento (in cui la segretezza degli atti era la regola, e la esibizione l’eccezione).
Sotto il profilo del processo elaborativo, le sentenze non possono essere ricondotte al genere dei
“documenti amministrativi”, formati dall’amministrazione: qualunque possa essere l’accezione di
“documento amministrativo” e quale che sia la latitudine della tutela che si vuole garantire al (e con
il) diritto di accesso, al fine di “assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne
lo svolgimento imparziale” (art. 22, comma 2, della legge n. 241/1990), le “sentenze” (peraltro
pubbliche) non possono essere ricomprese tra gli atti nei cui confronti sia esercitabile il diritto di
accesso (Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 19 febbraio-18 marzo 2008 n. 1363).
Sono di ostacolo sia la formulazione letterale dell’art. 22, che si riferisce ad “atti, anche interni,
formati, dalla pubblica amministrazione”, che siano espressione di una “attività amministrativa”, sia
la finalità della previsione che vuole garantire la imparzialità e la trasparenza della pubblica
amministrazione.
In forza della loro detenzione particolare, gli atti del procedimento elettorale, in base ai quali è stata
effettuata pubblicamente la lettura e la registrazione dei voti (e, quindi, le schede e le tabelle di
scrutinio), non costituiscono oggetto del diritto di accesso e della relativa azione giurisdizionale
disciplinata dall'art. 25, l. 7 agosto 1990 n. 241 e ciò in quanto, essendo affidati in deposito in plichi
sigillati alla Cancelleria del Tribunale, non possono essere considerati documenti detenuti
dall'Amministrazione ex art. 22 comma 1, cit. l. n. 241 del 1990, e, conseguentemente, devono
ritenersi sottratti all'accesso non solo del pubblico, ma anche dell'Amministrazione depositaria,
perché da questa tenuti a disposizione dell'autorità giudiziaria preposta a dirimere le eventuali
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controversie elettorali, che deve trovare i plichi intatti (Tar Piemonte, Sez. II, sent. n. 2355 del 30
ottobre 2009 e analogamente Tar Sicilia – Palermo, sez. III, sentenza n. 2156 del 21 dicembre
2009).
1.5. Configurazione del diritto di accesso
L’accesso è collegato a una riforma di fondo dell’amministrazione, informata ai principi di
pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa, che si inserisce a livello comunitario nel più
generale diritto all’informazione dei cittadini rispetto all’organizzazione e alla attività
amministrativa. Ed è evidente, in tale contesto, che si creino ambiti soggettivi normativamente
riconosciuti di interessi giuridicamente rilevanti, anche in contrapposizione tra di loro: interesse
all’accesso; interesse alla riservatezza di terzi; tutela del segreto.
Il diritto di accesso si concreta in situazioni soggettive che, più che fornire utilità finali
(caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi),
risultano caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale
volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interessi).
Il carattere essenzialmente strumentale di tali posizioni si riflette inevitabilmente sulla relativa
azione, con la quale la tutela della posizione soggettiva è assicurata. In altre parole, la natura
strumentale della posizione soggettiva riconosciuta e tutelata dall’ordinamento caratterizza
marcatamente la strumentalità dell’azione correlata e concentra l’attenzione del legislatore, e quindi
dell’interprete, sul regime giuridico concretamente riferibile all’azione, al fine di assicurare, al
tempo stesso, la tutela dell’interesse ma anche la certezza dei rapporti amministrativi e delle
posizioni giuridiche di terzi contro interessati (Consiglio di Stato, Ad. Plen., Decisione n.7 del 20
aprile 2006).
1.6. Principio di accessibilità ai documenti amministrativi
Ai sensi del comma 2, il principio dell’accessibilità ai documenti amministrativi è elevato,
in ragione delle sue finalità di interesse pubblico generale, a principio generale dell’atti¬vità
amministrativa ed è ricondotto tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
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sociali che, in base all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, spetta alla potestà
legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale.
La disposizione, che è volta ad adeguare la disciplina del diritto di accesso alle modifiche
costituzionali intervenute con la revisione del Titolo V della Costituzione, fa comunque salva la
potestà delle regioni e degli enti locali di garantire livelli ulteriori di tutela nell’ambito delle
rispettive competenze e dell’esercizio dei propri poteri normativi.
L’esercizio del diritto di accesso è circoscritto, dal comma 4, alle sole informazioni contenute in
documenti amministrativi, con espressa esclu¬sione di quelle che non rivestono la forma di
documento.
I soggetti pubblici, secondo quanto stabilisce il comma 5, si devono attenere al principio di leale
collaborazione tra le istituzioni quando proce¬dono all’acquisizione di documenti in possesso di
pubbliche amministrazioni.
Viene posta comunque una eccezione a tale principio nel caso in cui una pubblica amministrazione
o un gestore di pubblico servizio consulti diretta¬mente gli archivi di una amministrazione
certifi¬cante, per procedere all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti, oppure al controllo
sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini.
Il comma 6 infine introduce un limite temporale, oltre a quello dettato dal comma 4, all’esercizio
del diritto di accesso, stabilendo che può essere avanzata richiesta di visione o copia degli atti
amministrativi fino al momento in cui l’am¬ministrazione è obbligata a conservare gli stessi.
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2 La legittimazione attiva e passiva
2.1. La legittimazione attiva
La legge n. 15/2005 ha completamente sostituito l'art. 22 della legge n. 241/90, che
individua il c.d. "diritto di accesso conoscitivo o extraprocedimentale", in quanto si realizza a
procedimento concluso e mira a soddisfare un'esigenza conoscitiva del contenuto di atti.
Mentre la precedente formulazione riconosceva la legittimazione a conoscere i documenti
dell'amministrazione a "chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente
rilevanti", la riforma del 2005, seguendo una tecnica normativa introdotta in sede europea ed ormai
largamente in uso anche da noi, ha introdotto, al comma 1 dell'art. 22, un elenco di definizioni dei
principali concetti giuridici ricorrenti nella normativa: definito alla lettera a) il "diritto di accesso"
come "il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi",
l’innovazione normativa contenuta nella legge n. 15/2005, alla lettera b) definisce "interessati", cioè
legittimati attivi, "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che
abbiano un interesse diretto concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento richiesto".
Analoga previsione è contenuta nel nuovo regolamento per l'accesso ai documenti amministrativi,
approvato con D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, il quale all'art. 2 dispone che "il diritto di accesso ai
documenti amministrativi èesercitabile ... da chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è
richiesto l'accesso".
Nel quadro del particolare procedi¬mento, quindi, costituisce un preciso ed ineludibile onere
di chiunque chieda di accedere a docu¬menti amministrativi (fatta salve le limitate ecce¬zioni
relative alla materia ambientale) indicare la specifica posizione giuridica legittimante (ciò anche
all’indomani della riforma della disciplina portata dalla legge n. 15/2005), tanto al fine di non
trasformare uno strumento di trasparenza, qual è l’istituto dell’accesso, in un inammissibile mezzo
di controllo generalizzato ed esplorativo sull’operato delle pubbliche amministrazioni (Consiglio di
Stato, sez. V, decisione n. 6813 del 21 novembre 2006).
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Ai sensi dell’art. 22 della L. n. 241/1990, hanno legittimazione attiva all’accesso tutti i soggetti
privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l’accesso.
La legge n. 15/2005 ha meglio definito la figura del soggetto “interessato” all’accesso, come quello
che - come era già prescritto - abbia un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata, ma anche che - ed è questa l’innovazione - tale situazione sia
“collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.
La puntualizzazione chiarisce che, per stabilire se sussiste il diritto all’accesso, occorre avere
riguardo al documento cui si intende accedere, per verificarne l’incidenza, anche potenziale,
sull’interesse di cui il soggetto è portatore.
In altri termini, essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente
perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche
necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione
sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.
Pertanto l’esercizio del diritto di accesso postula la ricorrenza di due condizioni: la titolarità di una
situazione giuridica soggettiva tutelata (che secondo la giurisprudenza può sostanziarsi in un diritto
soggettivo, in un interesse legittimo o in un interesse collettivo); il collegamento tra detta situazione
giuridica e il documento di cui si chiede l’accesso (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza
24 aprile 2012, n. 7).
Secondo lo schema logico imposto dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990, appena ricordato,
occorre verificare se gli atti, cui si chiede di accedere, siano in qualche modo collegati con la
suddetta situazione giuridica, vale a dire se la conoscenza degli atti stessi, e le iniziative
eventualmente conseguenti, siano in grado di concorrere alla tutela della medesima situazione
giuridica.
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documento amministrativo e casi dubbi, i legittimati
passivi, l’atto “detenuto” o “formato”
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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2.2. I soggetti passivi del diritto di accesso
Il testo dell’art. 23 della L. n. 241/1990 definisce in modo onnicomprensivo l'ambito dei
soggetti nei cui confronti è esercitabile il diritto di accesso ai documenti, ossia:
a) tutte le pubbliche amministrazioni (non più solo statali);
b) nei confronti delle aziende autonome e speciali;
c) degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi.
L'art. 23 menzione specificamente la possibilità di esercitare il diritto di accesso anche nei confronti
delle Autorità di garanzia e di vigilanza (cd. "autorità indipendenti"), che si esercita "nell'ambito dei
rispettivi ordinamenti secondo quanto previsto dall'art. 24".
Per i soggetti privati gestori di pubblici servizi l’estensione applicativa è stata dettata da due
decisioni dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la n. 4 e la n. 5 del 1999, le quali hanno
rilevato che ciò che conta ai fini dell'operatività del diritto di accesso non è la natura pubblica o
privata dell'attività posta in essere, bensì il fatto che l'attività, ancorchè di diritto privato miri alla
tutela di un pubblico interesse e sia soggetta al canone di imparzialità.
Il Consiglio di Stato ha quindi distinto tra attività privatistica della PA ed attività dei privati
concessionari di pubblici servizi:
Per quanto concerne l'attività privatistica della P.A., è stato ritenuto che il diritto di accesso operi in
ogni caso, perché tutta l'attività della P.A. è sempre ispirata ai principi costituzionali di imparzialità
e buon andamento.
Per quanto concerne l'attività dei concessionari (oggi "gestori") di pubblici servizi, la
giurisprudenza ha distinto tra i vari momenti nei quali si esplica:
a) nei procedimenti per la formazione delle determinazioni contrattuali, quali ad esempio la scelta
del contraente, il dovere di imparzialità è 'in re ipsa' e l'accesso va garantito;
b) analogamente per quanto concerne le scelte organizzative adottate in sede di gestione del servizio
(scelte dirette ad offrire un servizio avente certi standards qualitativi), ove pure il dovere di
imparzialità opera, anche qui l'accesso va garantito;
c) per quanto concerne le c.d. attività residuali del concessionario, ossia le attività diverse dalla
gestione del servizio, la giurisprudenza afferma che occorre operare un giudizio di bilanciamento
degli interessi cui la stessa è preordinata, per cui se prevale l'interesse pubblico su quello puramente
imprenditoriale, il diritto di accesso deve operare (in tal caso la valutazione comparativa deve tener
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conto di alcuni parametri, quali il grado di strumentalità dell'attività rispetto all'attività di gestione
del servizio; il regime sostanziale dell'attività; l'adozione da parte del gestore di regole dirette a
garantire il rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza, buona fede e correttezza).
Deve invece trovare applicazione integralmente il diritto privato quando il soggetto, pur avendo
natura pubblica, formalmente o sostanzialmente (proprietà pubblica di una società), non gestisce
servizi pubblici e svolge un'attività comunque estranea alla sfera della rilevanza collettiva degli
interessi. In tal caso il privato dovrà avvalersi degli ordinari strumenti previsti dal c.p.c. (art. 210
ordine di esibizione di atti alla parte o al terzo).
La legge n. 15/2005, nel nuovo testo dell'art. 22, alla lettera e), ha rafforzato il quadro, stabilendo
che ai fini dell'accesso ai documenti amministrativi, nella nozione di "pubblica amministrazione"
vanno ricompresi oltre a «tutti i soggetti di diritto pubblico» anche tutti «i soggetti di diritto privato
limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o
comunitario», confermando in tal modo le soluzioni interpretative sopra esposte e formulate dalla
giurisprudenza più recente.
2.3. Accesso mediante un legale
Il quadro di legittimazione attiva presuppone sul piano procedimentale, che la domanda per
l’esercizio del diritto di accesso debba essere avanzata dalla parte che vi ha inte¬resse; può anche
essere presentata da un suo legale, ma, in tal caso, deve essere accompa¬gnata - per asseverare
l’effettiva provenienza della richiesta da parte di soggetto interessato – da copia di apposito
mandato o incarico profes¬sionale ovvero da sottoscrizione congiunta dell’interessato stesso.
La sottoscrizione diretta sulla nota inviata dal legale o copia del mandato da parte del diretto
interessato a favore di legale stesso integrano, infatti, elementi di certezza essenziali ai fini della
imputabilità della richiesta e assunzione delle eventuali relative responsabilità (sia da parte del
richiedente che del funzionario chia¬ mato all’estensione di quanto richiesto), nonché ai fini della
verifica di sussistenza di un concreto interesse alla richiesta medesima; in mancanza di che, come
nella specie, deve escludersi che il silenzio serbato dall’Amministrazione possa essere configurato
come illegittimo e che possa, quindi, essersi consolidato il diritto all’accesso (Consiglio di Stato,
sez. V, decisione n. 5116 del 5 settembre 2006).
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2.4. Funzionalizzazione corretta del diritto di accesso
L’esercizio del diritto di accesso è dunque prefigurato dalla legge n. 241/1990 in termini di
soddisfazione di esigenze conoscitive dell’interessato, essenziali per lo stesso in ordine alla tutela di
sue situazioni giuridicamente rile¬vanti.
La funzionalizzazione in chiave di stretta corre¬lazione alle necessità dell’interessato è chiarita
dall’art. 24, comma 3, della legge n. 241 del 7 agosto 1990, come modificato dall’art. 16 della
legge n. 15 dell’11 febbraio 2005, il quale stabilisce che non sono ammissibili istanze di accesso
preordinate ad un controllo generalizzato dell’o¬perato delle pubbliche amministrazioni.
Già sulla base della normativa previgente, del resto, il Consiglio di Stato ha avuto modo di rilevare
(cfr., tra le altre, Sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7412) che, ai sensi dell’art. 22 della legge 7 agosto
1990, n. 241, il diritto di accesso ai documenti amministrativi è riconosciuto, al fine di assicurare la
trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale, a “chiunque vi
abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”; si tratta di un requisito di ordine
sostanziale, che deve riconoscersi alla base della pretesa e che richiede un’indagine apposita da
parte del giudice, non essendo dubbio che tale interesse abbia una dimensione autonoma rispetto a
quello che viene fatto valere in giudizio per ottenere “il bene della vita”, ma, pur se autonomo
dall’inte¬resse a ricorrere finale, esso è nondimeno capace di qualificare autonomamente la
posizione soggettiva che coincide col diritto di accesso (cfr., in termini, la decisione della Sezione
IV n. 5291 del 6 ottobre 2001).
Ciò comporta che il diritto di accesso è sempre fondato sull’interesse sostanziale collegato ad una
specifica situazione soggettiva giuridica¬mente rilevante e che esso è strumentale ad acquisire la
conoscenza necessaria a valutare la portata lesiva di atti o comportamenti; mentre va da tutto ciò
escluso che il diritto medesimo garantisca un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso
il diritto all’acquisizione conoscitiva di atti o documenti, al fine di stabi¬lire se l’esercizio
dell’attività amministrativa possa ritenersi svolto secondo i canoni di traspa¬renza; ciò in quanto
l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è destinato alla comparazione con altri
interessi rilevanti, fra cui quello dell’Amministrazione a non subire ecces¬sivi intralci nella propria
attività gestoria, garan¬tita anche a livello costituzionale; in altre parole, la disciplina sull’accesso
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tutela solo l’interesse alla conoscenza e non l’interesse ad effettuare un controllo
sull’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della
sfera dei privati (cfr. Sezione V, n. 5636 del 25 settembre 2006).
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3 La regolamentazione dei casi di esclusione, limitazione o differimento dell’accesso
3.1. Esclusioni, limiti e differimenti per l’accesso
L’art. 15, sostituisce integralmente l’art. 24 della legge n. 241/1990, con cui sono dettati i
casi di esclusione del diritto di accesso.
Il comma 1 del nuovo art. 24 stabilisce una serie di limitazioni all’esercizio del diritto di accesso in
relazione ad esigenze di segreto o di riserva¬tezza concernenti determinati documenti
ammi¬nistrativi, poste sia nell’interesse pubblico sia nell’interesse di terzi.
Il comma 4 stabilisce un ulteriore principio di carattere generale tendente ad assicurare il massimo
di accessibilità ai documenti am¬ministrativi: secondo tale principio, nei casi in cui sia sufficiente,
per potere salvaguardare eventualmente le esigenze di riservatezza, diffe¬rire l’accesso ai
documenti, l’amministrazione deve comunque assicurare l’esercizio del diritto di accesso.
Tale principio, già contenuto nell’art. 8, comma 3, del regolamento di attuazione della legge
241/1990 (D.P.R. n. 352/1992), viene pertanto ad essere assoggettato a riconfigurazione per via
legislativa.
Viene inoltre ad essere precisato che la non accessibilità alle informazioni che non abbiano forma di
documento amministrativo non riguarda la possibilità di accedere ai sensi del D.Lgs. n. 196 del
2003, in materia di accesso ai dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono.
Il comma 6 autorizza il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione per disciplinare i
casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi al fine di salvaguardare i valori, alcuni di
rilievo costituzionale, indicati dai criteri direttivi posti dal comma in esame.
La tutela della riservatezza dei dati, stabilisce il comma 7, deve comunque garantire, agli
interes¬sati che lo richiedono, l’accesso ai documenti relativi ai procedimenti amministrativi la cui
conoscenza sia necessaria per l’esercizio del diritto di difesa o per far valere un diritto in giudizio.
Il quadro normativo attuativo è individuabile nell’art. 10 del D.P.R. n. 184/2006, il quale, con
un’opera di rinvio sistematico, stabilisce che i casi di esclusione dell’accesso sono stabiliti con il
regolamento di cui al comma 6 dell’art. 24 della legge, nonché con gli atti adottati dalle singole
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Amministrazioni ai sensi del comma 2 del medesimo art. 24 (ammettendosi in tal senso l’intervento
regolamentare degli Enti Locali ex novo).
Sul piano generale è riconducibile alla casistica l’art. 13 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n.
163/2006) il quale detta la disciplina del differimento e dell’esclusione dell’accesso in ordine agli
atti di gara.
3.2. Documenti particolari sottraibili
Peraltro la stessa giurisprudenza enuclea periodicamente, mediante interpretazioni
elaborative, categorie di documenti particolari sottraibili all’accesso, in funzione di loro particolari
funzionalizzazioni nell’ambito di procedimenti di garanzia.
Ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990 il diritto di accesso è il diritto degli interessati di
prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.
Esso spetta, così specificandosi la qualificazione di persona “interessata” a ”tutti i soggetti privati,
compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e
attuale, corrispondente ad una situa¬zione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale
è chiesto l’accesso”.
Si tratta di un principio generale dell’attività amministrativa, in relazione alle perseguite e rilevanti
finalità di interesse pubblico concreta¬tesi in particolare nella esigenza di garantire la
partecipazione del cittadino alla suddetta attività e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.
La portata generale e fondamentale del principio rende il diritto di accesso posizione giuridico-
soggettiva dai contenuti tendenzialmente ampi, considerato che “tutti i documenti amministrativi
sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6 (art. 22, comma 3,l.
n. 241/1990).
Di conseguenza, le ipotesi normative di esclu¬sione dal diritto di accesso trovano un impor¬tante
limite generale nella previsione dell’ultimo comma dello stesso art. 24, secondo il quale deve
comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza
sia necessaria per curare o per difen¬dere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti
contenenti dati sensibili e giudiziari , l’accesso è consentito nei limiti in cui sia stretta¬mente
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indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.
L’ampia portata del diritto di accesso si disvela, infine, sia in relazione alle modalità di esercizio
dello stesso (esso, ex art. 25, comma 1, si eser¬cita ordinariamente mediante esame ed estra¬zione
di copia dei documenti amministrativi) sia in relazione ai poteri della p.a. (il rifiuto, il diffe¬rimento
e la limitazione del diritto di accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’art. 24 e
devono essere motivati, precisan¬dosi pure che l’accesso non può essere negato ove sia sufficiente
fare ricorso al potere di diffe¬rimento).
La giurisprudenza ha peraltro analizzato in tale prospettiva (Consiglio di Stato, sez. IV, con la
sentenza n. 7725 del 10 dicembre 2009) il delicatissimo tema degli atti classificati come “riservati”.
Tali atti, infatti, in caso di necessità, in funzione del livello di riservatezza delle informazioni
contenute possono avere classifiche superiori; pertanto essi sono soggetti alle norme generali
vigenti in materia di tutela del segreto”.
Si tratta in questo caso di un’applicazione della normativa primaria, di cui all’art. 24 della legge 241
del 1990, al punto 6, che fa espresso rinvio ad apposita regolamentazione per individuare i casi in
cui sono sottratti all’accesso i documenti amministrativi, e della normativa secondaria, contenuta
nell’art. 8 del D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352 e nel regolamento adottato dal Ministero della Difesa,
di cui al decreto 14 giugno 1995, n. 519, testi in cui viene risolto in via generale ed astratta il
bilanciamento tra il possibile pregiudizio derivante dall’ostensione degli atti ascrivibili alle
tipologie dei documenti amministrativi ed il configgente interesse privato all’accesso.
Secondo l’organo di giustizia amministrativa non sembra quindi possibile individuare uno spazio
ulteriore di sindacato dell’operato dell’Amministrazione che, sotto questo profilo, appare immune
da censure, in quanto l’individuazione degli atti sottratti all’accesso è correttamente operata in
rapporto alla loro mera individuazione tipologica (Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2004 n. 956) Il
consolidamento delle linee interpretative si è determinato anche in relazione ai limiti per l’accesso
ai documenti amministrativi, analizzati dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 7678
del 7 dicembre 2009, nella quale è stato affermato che in tema di diniego di accesso opposto
dall’Amministrazione sulla base di norme che precludono l’accesso alla documentazione contenente
le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso, le
finalità che sostengono tale tipo di disposizioni, - fondate su un particolare aspetto della
riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle
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dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni
da parte del datore di lavoro-, prevalgono a fronte dell’esigenza contrapposta di tutela della difesa
dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita “comunque”
dall’art. 24, comma 7 della legge n. 241 del 1990 (in termini anche C. di S., VI 10 aprile 2003, n.
1923; 3 maggio 2002, n. 2366, 26 gennaio 1999, n. 59).
3.3. Accesso a pareri legali
In merito alla possibilità di esercitare il diritto di accesso su pareri legali, l’orientamento del
giudice amministrativo è consolidato nell’affermare che ai sensi del combinato disposto di cui agli
art. 10 d.P.R. n. 554 del 1999 e 24 l. n. 241 del 1990, sono sottratte all'accesso le relazioni riservate
del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve dell'impresa posto che
la definizione di "riservata" data ai suddetti atti dall'art. 31 bis l. n. 109 del 1994, denota come il
legislatore abbia voluto impedire la diffusione delle surriferite relazioni al di fuori delle
amministrazioni cui sono indirizzate, in quanto si inseriscono in una controversia in atto o
potenziale tra l'Amministrazione e l'appaltatore concernente l'esecuzione del contratto, nella quale si
fronteggiano interessi di natura patrimoniale e che solo indirettamente, per le possibili conseguenze
sulla finanza pubblica, presentano riflessi di ordine pubblicistico; tale divieto, viceversa, non opera
nei confronti di un parere legale che, laddove oggettivamente correlato ad un procedimento, assume
valenza endo - procedimentale, decadendo a ruolo di mero elemento istruttorio (Consiglio Stato,
sez. V, 15 aprile 2004, n. 2163) e, sempre sul medesimo tema il principio secondo il quale: “Gli
scritti defensionali degli avvocati, siano essi del libero foro o appartente ad uffici legali di enti
pubblici, sono esclusi dall'accesso in quanto il segreto professionale è specificamente tutelato
dall'ordinamento (TAR Lazio – Roma, sez. III-quater, sent. n. 7930 del 27 agosto 2008).
Nell'ambito degli atti coperti da segreto, come tali sottratti all'ostensione, rientrano in linea generale
gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con
l'amministrazione, detto segreto gode di una tutela qualificata, enucleata dalla disciplina dettata
dagli art. 622 c.p. e 200 c.p.p.
Debbono quindi ritenersi accessibili i soli pareri resi, anche da professionisti esterni
all'amministrazione, che si inseriscono nell'ambito di un'apposita istruttoria procedimentale, posto
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che in tale evenienza il parere è oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo,
mentre debbono ritenersi coperti da segreto i pareri resi dopo l'avvio di un procedimento
contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo), oppure dopo l'inizio di
tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio
in materia di rapporto di lavoro (Consiglio Stato, sezione V, 2 aprile 2001 , n. 1893).
Tale orientamento è stato rafforzato precisando che ai fini dell'opposizione del segreto professionale
alle istanze di accesso agli atti, ai sensi dell'art. 24 comma 1 l. 7 agosto 1990 n. 241 e dell'art. 2
d.P.C.M. 26 gennaio 1996 n. 200 (Regolamento recante norme, per la disciplina di categorie di
documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato
sottratti al diritto di accesso), occorre distinguere fra pareri legali resi in relazione a contenziosi
(sottratti al diritto di accesso) e pareri legali che rappresentano, anche per effetto di un richiamo
esplicito nel provvedimento finale, un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento
amministrativo in corso; solo il primo tipo di pareri, infatti, è sottratto all'accesso, in quanto non è la
sola natura dell'atto a giustificarne la segretezza, ma la funzione che l'atto stesso svolge nell'azione
dell'amministrazione. (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 26 gennaio 2007, n. 38).
Il punto di discrimine, quindi, tra l’ostensibilità o meno del parere reso da un legale, esterno o
interno ad un ente, non è costituito dalla natura dell’atto ma dalla sua funzione (sul punto Consiglio
di Stato, sez. VI, Sent. n. 7237 del 30 settembre 2010 e Consiglio di Stato, sez. V, Sent. n. 3812 del
23 giugno 2011).
Se il parere viene reso in una fase endoprocedimentale, prodromica quindi ad un provvedimento
amministrativo, lo stesso è ammesso all’accesso mentre se viene reso in una fase contenziosa o
anche precontenziosa, l’accesso è escluso a tutela delle esigenze di difesa.
Rispetto a tale quadro è stato fatto rilevare come l’ambito riconosciuto al diritto d'accesso ai
documenti amministrativi, nel nostro ordinamento, sia quello di un margine amplissimo
riconosciuto sia come risposta effettiva al principio di trasparenza dell’agire pubblico sia come
esigenza di garantire la possibilità della cura e della difesa di interessi giuridici da parte dei singoli.
Diritto che è destinato a prevalere su quello alla riservatezza dei terzi e che non può risolversi in una
clausola di stile, ma dev'essere garantito in relazione alla situazione di fatto e di diritto nella quale la
domanda d'accesso s'inserisce e tale effettività deve essere controllabile dal giudice dell'accesso.
(Consiglio Stato, sez. V, 3 aprile 2000, n. 1916).
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Perché un diritto di tale portata subisca una limitazione è necessario, pertanto, che si sia in presenza
di una fattispecie tipica e certa quale, secondo la giurisprudenza richiamata, un procedimento
contenzioso (giudiziario, arbitrale, od anche meramente amministrativo intendendo per tale il
contenzioso avviato con ricorso amministrativo) in atto, oppure che si sia in presenza dell'inizio di
tipiche attività precontenziose, quali la richiesta di conciliazione obbligatoria che precede il giudizio
in materia di rapporto di lavoro e non si tratti di un procedimento amministrativo.
Ne consegue che, in mancanza di un vero e proprio contenzioso o di una fase precontenziosa, non
può essere ritenuto sufficiente ad escludere l’esercizio di tale diritto un procedimento
amministrativo preordinato a fare chiarezza interpretativa sulle norme da applicare ed idoneo
all’eliminazione di un possibile o potenziale conflitto tra uffici o tra dipendenti all’interno
dell’amministrazione.
I pareri degli uffici legali interni, espressi nell’ambito di tale procedura costituiscono una fase
istruttoria del provvedimento conclusivo e lo giustificano (in tanto i soldi sono stati erogati in
quanto quello o quei pareri hanno giustificato l’esborso) sicchè essi restano assorbiti nel
procedimento senza che se ne possa negare l’accesso.
Nessun vincolo di segretezza, quindi, che non può operare in quanto il principio della riservatezza
recede qualora il parere costituisca una fase di un procedimento amministrativo in atto.
Se si ammettesse, del resto, che in presenza di qualunque contrasto interpretativo sull’applicazione
delle norme di un settore si ricade, automaticamente, in una fase contenziosa si arriverebbe a
circoscrivere pesantemente – e ingiustificatamente – lo stesso ambito di operatività del diritto di
accesso stabilito dagli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 con sacrificio del diritto di
difesa del richiedente l’accesso.
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Bibliografia
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Tolfa N., “La nuova disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi”, nella rivista on-
line “Diritto&diritti”:
http://www.diritto.it/pdf/26825.pdf