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CHELLA PIETROFORTE TULLIO BONOMETTI DIARIO DI VIAGGIO DIMEZZATO IN GIAPPONE Kumamoto: in kimono Kyoto: in compagnia di una geisha Hiroshima: con la cupola alle spalle 1

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CHELLA PIETROFORTE TULLIO BONOMETTI

DIARIO DI VIAGGIO DIMEZZATO IN

GIAPPONE

Kumamoto: in kimono

Kyoto: in compagnia di una geisha Hiroshima: con la cupola alle spalle

3 – 18 marzo 2011

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gio 3 marzo GHEDI MILANO LONDRA TOKYOven 4 marzo TOKYO OSAKA FUKUOKA KUMAMOTO MUSASHIZUKAsab 5 marzo MUSASHIZUKA KUMAMOTO MONTE ASO MUSASHIZUKAdom 6 marzo MUSASHIZUKA KUMAMOTO MUSASHIZUKAlun 7 marzo MUSASHI ZUKA KUMAMOTO TOSSU NAGASAKImar 8 marzo NAGASAKI HAKATA BEPPUmer 9 marzo BEPPU KOKURA HIROSHIMAgio 10 marzo HIROSHIMA MIYAJIMA IWAKUNI HIROSHIMAven 11 marzo HIROSHIMA KOBE HIMEJI HIROSHIMAsab 12 marzo HIROSHIMA OSAKA KYOTOdom 13 marzo KYOTO NARA KYOTOlun 14 marzo KYOTO OSAKA KYOTOmar 15 marzo KYOTO mer 16 marzo KYOTOgio 17 marzo KYOTO OSAKA SINGAPOREven 18 marzo SINGAPORE MILANO

GIORNI = 16 1€=107,64 yen,Il viaggio è stato interrotto a causa di un violento terremoto, seguito da uno tsunami e soprattutto dallo scoppio di alcuni reattori della centrale nucleare di Fukushima.

GIOVEDI 3 E VENERDI’ 4 MARZO: GHEDI MILANO LONDRA TOKYO

Alle quattro della mattina Aurora ed Angelo ci portano con la nostra macchina all’aeroporto della

Malpensa. Con il check-in fatto a casa on line, consegniamo i bagagli da trasportare nella stiva

dell’aereo e ci prepariamo per prendere il primo volo per Londra alle 8,05, a cui poi seguirà quello da

Londra alle 12,35 per Tokyo.

Il mattino dopo dall’alto dell’aereo notiamo la grossa differenza tra le lande desolate e ricoperte di neve

della Siberia e la ridente pianura intorno alla città di Tokyo, dove guadagnando otto ore a causa del

fuso orario, arriviamo alle 9,10 locali.

Espletate le formalità doganali, troviamo facilmente l’ufficio delle JR (Japan Railways, le ferrovie

giapponesi), dove con il nostro voucher, acquistato in Italia, otteniamo il rail pass, con il quale potremo 2

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circolare liberamente su tutte le ferrovie giapponesi.

Chiediamo di andare a Fukuoka e ci danno due biglietti dei treni superveloci, gli shinkansen, il primo

per la tratta Tokyo Shin-Osaka ed il secondo per raggiungere Fukuoka, la cui stazione si chiama

Hakata.

Per arrivare alla stazione centrale di Tokyo è subito disponibile il Narita Express, che in un’oretta ci

trasporta all’interno di una grande stazione, qui troviamo il nostro shinkansen, il treno-pallottola

superveloce, puntualissimo e pulitissimo.

Le entrate per le carrozze sono segnate per terra per cui i passeggeri sanno con precisione dove devono

salire, tutto è molto ordinato e organizzato e niente sembra essere lasciato al caso.

In tre ore arriviamo nella stazione di Shin-Osaka e con facilità troviamo un altro shinkansen per

Fukuoka; il treno attraversa una zona altamente abitata ed industrializzata, passiamo per Hiroshima,

dove scende un buon numero di turisti.

I passeggeri sono quasi tutti in silenzio e la maggior parte di esso maneggia con il telefonino per

mandare messaggini o per passare il tempo giocando.

Da Fukuoka prendiamo un treno locale che in un’ora e mezzo ci porta a Kumamoto, fermandosi in tutte

le stazioni; comunque tra una decina di giorni, anche questa tratta sarà servita dagli shinkansen.

A Kumamoto prendiamo un trenino locale che in 25 minuti ci porta a Musashizuka, sono ormai le

20,35, c’è buio, siamo alla stazione ferroviaria e solo ad una decina di minuti di cammino dalla chiesa

di padre Renato, non sappiamo però da che parte incamminarci, chiediamo informazioni a varie

persone per andare alla chiesa cattolica, ma è un po’ un’impresa perché non conoscono l’inglese;

finalmente incontriamo un signore che capisce qualcosa, fa varie telefonate con il suo cellulare e dopo

una decina di minuti padre Renato arriva in macchina.

Ci salutiamo, ci scambiamo le prime impressioni del viaggio ed andiamo in un ristorantino per la cena,

prendiamo una ciotola di udon, degli spaghettoni in brodo, ricoperti da vari tipi di verdure, insieme ci

viene offerto il tè.

Padre Renato poi ci accompagna ad una minshuku, una piccola pensione a conduzione familiare; la

nostra cameretta è piccola con i tatami per terra e ed il futon arrotolato in parte, che poi stendiamo per

dormirci sopra.

Nel bagno in comune il gestore ha fatto riempire di acqua calda una grande vasca in cui, dopo esserci

fatta la doccia, possiamo rilassarci come se fossimo in un onsen, anche se qui l’acqua non viene dal

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sottosuolo. Io provo l’esperienza e devo ammettere che è davvero molto rilassante.

Prima di entrare nel reparto notte, bisogna togliersi le scarpe ed indossare un paio di ciabatte che sono a

disposizione. Bisogna poi cambiare ancora le ciabatte quando si entra nel bagno. Noi non siamo

abituati e dobbiamo stare attenti a non dimenticarci perché il non togliersi le scarpe è ritenuto un

comportamento proprio maleducato.

La nostra camera ha la porte scorrevoli e non vi è nessuna serratura; il riscaldamento è assicurato da un

condizionatore all’interno della stanza, vi è poi un tavolino basso sotto cui è applicata una piccola

stufetta elettrica per riscaldarsi piedi e gambe quando ci si siede infilandovi sotto i piedi.

SABATO 5 MARZO: MUSASHIZUKA KUMAMOTO MONTE ASO MUSASHIZUKA

Alle 8,30 padre Renato ci viene a prendere e ci porta a visitare il giardino Suizenji, proprio nel centro

della città di Kumamoto, completato nel 1632 in stile monoyama; è la ricostruzione di un paesaggio

con laghetti, torrentelli, collinette e l’inconfondibile Fujiyama. Un bel sentiero tortuoso porta ad un

tempio scintoista preceduto da un ponticello e da un torii, ad una fontana i fedeli scintoisti con un

mestolo prendono l’acqua si sciacquano la bocca e si lavano le mani in segno di purificazione. Davanti

al tempio battono le mani per attirare l’attenzione della divinità a cui fanno un’offerta e recitano delle

preghiere. Molti templi sono scelti per lo svolgimento di funzioni religiose soprattutto per i matrimoni.

Intorno ad un laghetto, in cui nuotano delle carpe, vi è anche stata trasferita da Kyoto una casa del tè

con pareti scorrevoli.

Prendiamo la direzione del monte Aso e dopo una settantina di chilometri ci troviamo all’interno della

più grande caldera del mondo ancora attiva con una circonferenza di più di 120 chilometri. All’interno

ci sono villaggi abitati, strade e piccoli vulcani, noi andiamo a vedere la bocca del vulcano Takadake

ancora attivo, ci arriviamo in macchina con una strada a pagamento. E’ un posto turistico, vi sono molti

autobus che vi arrivano e c’è una funivia che porta al punto da dove si possono vedere i fumi che

escono dalla bocca attiva.

Attraverso dei sensori, la zona è monitorata per cui quando la direzione del vento porta i gas sulfurei

nel luogo da visitare, scatta l’allarme giallo per i sofferenti di asma e di cuore o l’allarme rosso quando

la situazione è più grave e il pericolo è per tutti.

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Quando i fumi lo permettono, si riesce a vedere un laghetto verde all’interno del cratere.

Il pomeriggio torniamo a Kumamoto, ma non riusciamo a visitare il castello perché chiude alle 17,00,

andiamo quindi a fare una passeggiata sotto l’ampia galleria centrale. E’ sabato pomeriggio ed è piena

di gente, sono esposte parecchie bancarelle con molte bamboline ed oggettini per la festa della bambina

tenutasi qualche giorno prima.

Le ragazze sono vestite in modo molto eccentrico e quelle alla moda indossano una corta minigonna e

calze molto lunghe fino a meta coscia con gli stivali alti, mentre i maschi hanno i capelli tutti arruffati.

La sera facciamo un chilometro a piedi ed arriviamo ad un grande centro commerciale molto simile ai

nostri. E’ sabato sera ed è pieno di gente, alcuni angoli sono attrezzati per i bambini che possano

giocare in sicurezza lasciando i propri genitori liberi di fare le loro spese.

DOMENICA 6 MARZO: MUSASHIZUKA KUMAMOTO MUSASHIZUKA

Il mattino andiamo alla chiesa di Padre Renato e viviamo a contatto diretto la realtà cristiana di questa

parrocchia di circa quattrocento fedeli. La religione cattolica è una ristretta minoranza, i giapponesi

sono Shintoisti e Buddhisti. Arrivano alla spicciolata e riempiono tutta la chiesetta; in una navata

laterale chiusa da una vetrata vi sono mamme con i bambini piccoli, mentre i bambini un po’ più

grandini hanno delle poltroncine in prima fila insieme agli adulti.

Non vi è nessun occidentale, sono tutti Giapponesi e tutti collaborano nella gestione della parrocchia,

dalla pulizia alla manutenzione della chiesa, alla distribuzione dei materiali, all’organizzazione delle

attività sociali.

Quando padre Renato entra dalla sacrestia nella chiesa per la messa, tiene in mano un cartelletta con

una serie di appunti per l’omelia anche se di fatto non li usa. Gli appunti non possono che essere in

giapponese perché la lingua deve essere quella del posto con i kanji gli ideogrammi importati dalla

Cina.

Tutti ci salutano con gli inchini e noi ricambiamo con altrettanti inchini. Alla fine della messa padre

Renato ci invita a dire due parole di saluto ed io riferisco a loro che ero molto amico della madre di

padre Renato quando durante l’infanzia abitavamo vicini e giocavamo insieme.

I responsabili delle attività parrocchiali comunicano diversi avvisi e appuntamenti circa la vita della

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comunità.

Padre Renato ci porta a pranzo in un ristorantino dove si mangia il sushi e si paga per ogni piattino che

viene consumato e che viene conteggiato automaticamente quando lo si mette ormai vuoto all’interno

di un foro.

I piattini con vari assaggi continuano a girare su una rotaia, da cui ognuno si serve liberamente, i piatti

speciali vengono inviati su richiesta tramite un piccolo trenino più veloce dalla forma di uno

shinkansen direttamente al posto occupato dal cliente.

Gustiamo moltissime specialità: sushi con vari tipi di pesce e 8 grammi di riso, fritture chiamate

tempura, i norimaki (nori è un tipo di alga), un tipo di sushi con palline di riso e di pesce avvolti da

fogli di alghe.

Il pomeriggio andiamo ancora nel centro di Kumamoto per la nostra vestizione con i kimono

tradizionali proposta da un gruppo di donne della parrocchia del centro di Kumamoto. Siamo contenti

per questa esperienza ed indossiamo anche le tipiche calze infradito.

Pioviggina e così non andiamo a visitare il castello in kimono, ma prendiamo due ombrelli.

Il castello di Kumamoto è come una costruzione massiccia con grandi torri, l’edificio, costruito nella

prima decade del XVII secolo, fu assediato e dato alle fiamme durante la rivolta di Satsuma nel 1877,

colpo di coda della resistenza samuraica contro il nuovo ordine sociale imposto dalla restaurazione

Meiji. Il castello è visitato da moltissimi turisti per la maggior parte giapponesi.

All’interno alcune stanze sono arredate con stupende stampe dell’ukyio-e con la rappresentazione di

paesaggi e scene familiari.

Durante il pomeriggio rimaniamo nella canonica, mentre padre Renato va alla veglia funebre per la

morte del papà di un diacono cattolico giapponese. Ne approfittiamo per collegarci per più di un’ora

attraverso skype con le figlie: la conversazione è fluida e loro ci possono vedere bene. Ci sembra quasi

incredibile e la lunga chiacchierata è a costo zero. Siamo molto soddisfatti e ci convinciamo che per i

prossimi nostri viaggi ci attrezzeremo con un piccolo computer portatile sia per comunicare a casa sia

per disporre con facilità delle informazioni per la organizzazione del viaggio stesso.

Passiamo la serata in un ristorantino del centro commerciale, dove mangiamo gli udon che sono una

specie di spaghettoni e vari tipi di pesce.

Alla fine della giornata ci salutiamo caramente con padre Renato, contenti della grande esperienza

trascorsa insieme a lui.

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LUNEDI’ 7 MARZO: MUSASHIZUKA KUMAMOTO TOSSU NAGASAKI

Le ferrovie giapponesi sono di una puntualità eccezionale, noi con in mano il foglio del viaggio in treno

scaricato da internet da parte di padre Renato, ce la caviamo facilmente a viaggiare perché basta

controllare l’orario, tutto corrisponde, così è anche facile capire le destinazioni.

Percorriamo circa duecento chilometri con treni diretti, tutta la zona è densamente popolata e ben

sviluppata.

Noi scendiamo alla stazione precedente quella di Nagasaki e cioè a Urakami, dove alloggiamo presso

l’ostello della gioventù di un grosso centro cattolico.

Proprio poco lontano a circa mezzo chilometro vi fu alle ore 11,02 del 9 agosto 1945 lo scoppio della

seconda bomba atomica della storia che aveva provocato 75.000 morti ed altrettanti feriti.

L’epicentro dello scoppio è ora occupato dal Parco dell’Epicentro della Bomba Atomica con una

colonna squadrata di pietra nera e una sezione del muro della cattedrale di Urakami, l’unico pezzo

rimasto in piedi.

Poco lontano vi è il monumento della Bomba Atomica di Nagasaki, la statua di una madre con lo

sguardo perso che sostiene un bambino morto e indossa un vestito da cui nascono dei fiori, segno della

rinascita. La visita al Museo della Bomba Atomica è un’esperienza agghiacciante; vi si racconta con

grande obbiettività e realismo la vita della città prima e dopo lo scoppio della bomba.

Nel Museo ma anche in altri monumenti commemorativi si vedono appese molti origami di gru di

carta, simbolo di felicità e longevità; questi origami sono collegati alla storia drammatica di Sadako

Sasaki, una ragazza di Hiroshima che dopo una decina di anni dallo scoppio della bomba si era

ammalata di leucemia: aveva creduto, che costruendo 1000 gru di carta, sarebbe riuscita a

sopravvivere, invece era riuscita a costruirne appena 964. La costruzione delle gru di carta rappresentò

il simbolo della preghiera mondiale della pace.

Poco lontano vi è la ricostruzione della chiesa di Urakami che era stata completata nel 1925 e distrutta

durante lo scoppio della bomba atomica.

Con un tram ci spostiamo nel centro di Nagasaki per andare a visitare la chiesa cattolica di Oura

dedicata ai 26 martiri crocefissi nel 1597 in seguito ad una azione repressiva di Hideyoshi.

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Ormai sono passate le 18,00 la chiesa è chiusa come pure è chiuso il Glover Garden, un insieme di

vecchie dimore di Europei vissuti in città durante il periodo Meiji.

La città di Nagasaki con il 5% di cristiani supera tutte le altre città del Giappone perché la media

nazionale è dello 0,3%.

Nell’ostello siamo ben sistemati in una stanzetta al primo piano, dormiamo sul tatami ed utilizziamo il

futon. Prima della cena andiamo ad immergerci nell’acqua di una grande vasca per goderci insieme per

una ventina di minuti un rilassante riposo.

MARTEDI’ 8 MARZO: NAGASAKI KOKURA BEPPU

In treno partiamo da Nagasaki, arriviamo ad Hakata e da qui prendiamo un altro treno per la città di

Beppu, per vedere i suoi inferni ed i suoi onsen.

Durante il viaggio la puntualità è sempre cronometrica ed i controllori, ogni volta che attraversano una

carrozza, fanno un inchino ai passeggeri sia quando entrano che quando escono.

La città di Beppu si presenta dinamica ed industriale, noi alloggiamo nella Beppu guesthouse, un

ostello simpatico ed accogliente, nel quale ci troviamo in compagnia di giovani giapponesi e di qualche

straniero. La nostra camera è molto piccola, ma ci troviamo comunque bene; da qui prenotiamo subito

due posti in un ostello di Hiroshima.

Il pomeriggio ce ne andiamo in autobus a vedere gli inferni, delle sorgenti di acqua calda e pozze di

fango in ebollizione, trasformate in tanti parchi di divertimento. Noi visitiamo l’Umi Jigoku (l’inferno

marino) con una distesa di acqua azzurra esalante vapori, inserita in uno stupendo giardino con vialetti

ben tenuti. Vi è pure un santuario scintoista con un torii all’inizio di un percorso articolato, preceduto

da un ponticello.

Andiamo in autobus alle colline di Myoban, dove ci sono numerose capanne dell’epoca Edo, in cui si

producevano sali da bagno; vi sono degli onsen, vasche all’aperto che funzionano da bagni con l’acqua

calda proveniente dal sottosuolo.

Ritornati in città ce ne andiamo nello stupendo onsen Takegawara, l’edificio dell’epoca Meiji tutto

costruito in legno. Pagando 10 yen (poco meno di un euro) si entra in una vasta sala, dove ci si ci lava

attingendo l’acqua calda prelevata con una ciotola dalla vasca e quindi ci si immerge per il tempo che si

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vuole. Normalmente la gente del posto si ferma per una ventina di minuti. L’atmosfera è di altri tempi e

sembra di vivere con un ritmo molto più rilassato.

MERCOLEDI’ 9 MARZO: BEPPU KOKURA HIROSHIMA

Il viaggio in treno da Beppu per Hiroshima cambiando a Kokura, è molto tranquillo anche se si passa in

mezzo a grandi agglomerati urbani.

Anche i due treni presi oggi sono puntualissimi e poco dopo le 11,00 arriviamo ad Hiroshima che si

presenta come una grande città moderna, ordinata e fortemente sviluppata.

Gli autobus funzionano bene, sono puntuali e frequenti, si paga in proporzione alla lunghezza del

percorso effettuato ed il pagamento viene effettuato con monete in modo automatizzato davanti

all’autista; naturalmente vi sono anche delle macchinette che cambiano le banconote in monete per cui

tutti possono pagare senza alcuna difficoltà.

Dopo aver depositato i nostri bagagli all’ostello JHoppers, facciamo amicizia con Erina, una ragazza di

Tokyo di vent’anni, ed insieme andiamo a visitare la Hiroshima della grande tragedia del primo

bombardamento atomico dell’umanità.

In un ambiente completamente moderno all’interno del Parco della Pace vi è la Cupola della Bomba

Atomica, i resti incredibilmente rimasti in piedi, a soli 300 metri dall’epicentro, di quello che era il

Palazzo Provinciale del Commercio, forse per la sua intelaiatura in ferro.

Sempre nel parco vi sono il Monumento dell’Epitaffio con un’urna contenente tutti i nomi delle

150.000 vittime ed il Monumento per la Pace dei Bambini, dedicato a Sadako Sasaki, di cui avevamo

già sentito la storia a Nagasaki; una scolaresca di 300 alunni circa si ferma davanti al monumento in

silenzio e in un’atmosfera di profonda e commovente concentrazione.

Andiamo quindi a visitare il Museo Commemorativo della Pace che ricostruisce in modo fedele le fasi

prima del bombardamento e quelle successive con la proiezioni di immagini, l’esposizione di oggetti o

la ricostruzione di alcuni momenti, come la rappresentazione delle persone con brandelli pendenti di

carne bruciacchiata. Tra la rappresentazione delle fasi precedenti e quelle successive allo scoppio della

bomba, vi è affisso al muro un grande orologio trovato tra le macerie, con le lancette ferme sulle 8,15.

Una seconda parte del museo è dedicata agli sforzi del comune di Hiroshima per la eliminazione

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completa della bomba atomica dalla faccia della terra.

La sera in ostello facciamo scaldare una abbondante minestra e mangiamo un bento pieno di vari pezzi

di sushi.

GIOVEDI’ 10 MARZO: HIROSHIMA MIYAJIMA IWAKUNI HIROSHIMA

Oggi è una piacevole giornata ed andiamo a fare una bella gita all’isola di Miyajima. Dalla stazione di

Hiroshima prendiamo un treno che ci porta a Miyajimaguchi (il porto di Miyajima), da dove con

continui traghetti in una ventina di minuti si arriva alla famosa isola.

Ancora dal traghetto si vede uno dei siti più fotografati di tutto il Giappone, il torii galleggiante di

legno di color rosso davanti al santuario più importante, c’è l’alta marea per cui il torii ci appare

galleggiare sul mare, mentre durante la bassa marea appare piantato nella sabbia.

Nell’isola vi sono parecchi turisti e pellegrini perché l’isola è un insieme di grandi santuari; entriamo

nel primo grande tempio che dà proprio sulla baia ed è introdotto dal torii, che ora vediamo dalla

terraferma. Il santuario di fronte è quello di di Itsukushima Jinjia, originariamente fondato nel VI

secolo, anche se gli edifici risalgono al 1168.

La struttura del santuario, costruito su palafitte, ricorda un molo perché un tempo l’accesso era

riservato ai sacerdoti ed alle persone di rango e ci si poteva arrivare solo in barca attraversando il torii

galleggiante.

Il colore vermiglio del Santuario e del torii secondo gli Shintoisti dovrebbe tenere lontano i demoni.

Sull’isola vi sono molti altri templi: una pagoda a cinque piani e di fronte il Senjokaku, una enorme

sala contornata da un lungo porticato con travi.

Girovaghiamo per la cittadina e scopriamo numerosi templi; all’inizio del sentiero per la cima del

monte Misen vi è l’imponente tempio Daisho-in ricco di opere d’arte: icone buddhiste, ruote della

preghiera e vialetti pieni di statue di Buddha .

Il pomeriggio in treno in una ventina di minuti raggiungiamo Iwakuni, famoso per il ponte a cinque

archi in legno, che dà l’accesso ad un piacevole quartiere con bei giardini, un tempio e soprattutto al

castello di Iwakuni con il suo mastio bianco, a cui si arriva in funivia con un tragitto di tre minuti.

VENERDI’ 11 MARZO: HIROSHIMA KOBE HIMEJI HIROSHIMA

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Con lo shinkansen in un’oretta andiamo nella cittadina di Kobe che conta più di un milione di abitanti.

Nel 1995 un terremoto aveva provocato più di 5000 morti, ma ora tutto è stato ricostruito.

E’ una grande città vicino alla più grande Osaka insieme alla quale forma una conurbazione, ci

troviamo in una città moderna piena di grattacieli come tante altre, noi andiamo a visitare in periferia il

museo di una fabbrica di sake, il liquore ottenuto dalla distillazione del riso.

La Hakutsuru è una grossa azienda e da una decina di anni, per evitare che i vecchi strumenti vadano

perduti, ha aperto un bel museo. Il percorso museale mostra la lavorazione del sake nelle sue diverse

fasi illustrando e comparando le tecniche usate negli anni ’20 e ’30 e quelle attuali.

Il pomeriggio sempre con lo shinkansen ce ne andiamo nella città di Himeji; ad un quarto d’ora dalla

stazione ferroviaria c’è il più bel castello del Giappone; purtroppo la imponente torre principale è

coperta da grandissimi teli per restauro, che non permettono di vederla, ma solo di immaginarne la sua

enorme mole.

L’ingresso è preceduto da un fossato, è enorme e dà su un grande cortile, dal quale vi è l’ampia visione

del castello nel suo complesso.

Prima di accedere alla parte più alta del castello, bisogna passare da varie porte di grandi dimensioni. I

giardini sono curati molto bene.

Tutta un’ala del castello è dedicata alla vita della principessa Sen, la figlia primogenita del secondo

shogun del governo di Tokuwaga, che in questa ala del castello aveva vissuto un periodo felice della

sua vita sposata con Tadatoki Honda.

All’interno del castello vi era anche un posto per il harakiri o seppuku, il suicidio rituale dei Samurai.

Al ritorno in treno al nostro ostello di Hiroshima, quando salgo per le scale, l’impiegata mi tocca alle

spalle e mi chiede se ho saputo del terremoto e dello tsunami, che hanno colpito la città di Sendai con

epicentro a 150 chilometri dalla costa. Mi invita a vedere alla televisione, le immagini sono disastrose e

terrificanti, sappiamo che il Giappone è una nazione a rischio sismico, ma riteniamo la situazione

grave, ma anche normale all’interno del Giappone. Non riusciamo a comprendere i discorsi ed i

commenti della televisione, ma le immagini parlano chiaro di un’onda immensa che travolge case,

macchine, autobus e spezza tutto provocando distruzione e morte.

La sera facciamo conoscenza con Leonardo un ragazzo italiano di Barletta, che da due mesi lavora in

Giappone come volontario e che viene ospitato dalla stessa famiglia per cui lavora, facendo esperienze

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molto interessanti e conoscendo direttamente dal vivo usi, costumi e mentalità dei vari posti. Secondo

la sua esperienza, i Giapponesi sono molto dediti al lavoro e lo rispettano con un’etica quasi religiosa.

Conosciamo anche un ragazzo di 20 anni finlandese, parecchio originale; avendo trovato difficoltà a

viaggiare in autostop, si è comperato una bicicletta e si è messo a girare, ma sostiene che è troppo duro

e difficile. Comunque conferma che tutti i Giapponesi incontrati durante il viaggio in bici sono stati

estremamente gentili con lui aiutandolo ad affrontare le difficoltà incontrate.

SABATO 12 MARZO: HIROSHIMA KYOTO

Chiediamo informazioni prima di partire per Kyoto e, nonostante la situazione terrificante in seguito al

terremoto ed allo tsunami nella zona di Sendai, tutto è regolare nel resto del paese, per cui con lo

shinkansen raggiungiamo prima Osaka e quindi arriviamo in quella che dal 848 al 1968 era stata la

capitale del Giappone.

Ora Kyoto è la capitale culturale, il centro monumentale del Giappone con i 17 sirti riconosciuti come

patrimoni mondiale dell’Umanità da parte dell’Unesco. La prima immagine di Kyoto è quella della

ultramoderna stazione ferroviaria; con facilità in un quarto d’ora raggiungiamo a piedi l’ostello

JHoppers della stessa società di quello di Hiroshima.

E’ un bell’ostello con un soggiorno-cucina pieno di luce e ben attrezzato, la televisione è sempre

accesa, all’ingresso è sintonizzata su un canale giapponese, mentre nella sala comune è sintonizzata

sulla BBC ed ambedue continuano a trasmettere le immagini sempre più terrificanti del disastro di ieri.

La prima sera c’è posto solo nel dormitorio insieme ad altre cinque persone, mentre per altre tre notti

prenotiamo una cameretta.

Il pomeriggio con l’autobus andiamo nella zona di Gion ed incominciamo la nostra visita a Kyoto dal

tempio di Kiyomizu, dove da oltre 1000 anni i pellegrini pregano l’effige di Kannon e bevono l’acqua

della sorgente sacra (Kiyomion significa acqua pura). E’ famoso per la sua terrazza in legno, che

domina la valle ed è sostenuta da 30 pali lunghi 15 metri ciascuno

Nel piccolo santuario a nord si possono acquistare amuleti che proteggono da influssi negativi e

portano fortuna per restare in buona salute, superare gli esami, avere un figlio o evitare incidenti

stradali. Vengono anche comperati dei biglietti con i quali si richiede la realizzazione di un evento;

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questi appesi in grande quantità ad una griglia di legno da lontano sembrano le gemme di un fiore che

sta sbocciando.

Il santuario è all’interno di un parco, si pagano 300 yen per l’ingresso e c’è una grande folla spensierata

che vi sta trascorrendo il sabato pomeriggio alternando pratiche religiose scintoiste ad una bella

passeggiata con gli amici, la fidanzata o la famiglia.

I fedeli prima con un mestolo si lavano le mani e si sciacquano la bocca, poi tirano una corda di paglia

di riso per far suonare una campana, quindi lanciano delle monete come offerta in un contenitore,

pregano e alla fine battono le mani per attirare l’attenzione delle divinità; questa cerimonia viene

compiuta ogni volta che un fedele si trova davanti ad un tempio anche minore. Nell’area del tempio di

Kiyomizu ci sono almeno quattro tempi minori.

Sempre nella stessa zona vi è un tempio con un ingresso a pagamento dove si fa un’esperienza

particolare per cercare la pietra Tainaimeguri: si scende per una scala e poi si percorre un piccolo

labirinto completamente al buio; con la mano appoggiata ad uno scorrimano si può seguire facilmente

il tragitto, finalmente si intravede la pietra un po’ illuminata e qui si può esprimere un desiderio che

poi si avvererà.

Si può fare anche un’altra esperienza particolare: vi sono due pietre poste ad una ventina di metri e, se

uno partendo dalla prima ad occhi chiusi riesce a raggiungere la seconda, significa che incontrerà

l’anima gemella e sarà fortunato in amore.

Percorriamo la bella strada che va al monastero di Chionin. E’ sabato pomeriggio e c’è una grande folla

( le immagini del disastro del terremoto e dello tsunami sembrano lontane).

Vediamo parecchie donne in abiti tradizionali giapponesi, alcune volte sono in coppia, per noi non ci

sono problemi a scattare fotografie.

Vari negozi di alimentari e di dolci danno la possibilità di effettuare assaggi, per cui noi ne

approfittiamo per assaporare dolci e cibi vari, pesce, verdure, sott’aceti, radici e alghe.

Le case ai lati della strada sono storiche quasi tutte in legno e qua e là ci troviamo vicino a templi o a

giardini ben sistemati o a ikebana, bellissime composizioni di fiori, poste lungo le vie.

Quando scende la sera, si accendono circa 2.500 lanterne di sette diversi tipi e tutta la zona è

illuminata; è una visione stupenda e siamo proprio fortunati di trovarci all’interno della Kyoto

Higashiyama Hanatouro, una grande festa in cui luci e fiori abbelliscono le strade ed i monasteri.

Alle 18,30 ci mettiamo in coda perché vi è la possibilità di farci fare una foto con una geisha vera e

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propria con lo sfondo di un ricsciò; a Kyoto la parola usata per indicare una geisha è maiko.

Assistiamo anche alla sfilata di un gruppo di bambini del Fire and Ohayashi Music Group che suonano

raganelle, campane e tamburi e cantano marciando attraverso la via delle lanterne e dei fiori.

E’ davvero una bella esperienza e così arriva l’ora di tornare in ostello per la solita cenetta che

prepariamo nella sala cucina dopo aver comperato un bento, una scatola di prelibatezze confezionata

con molta cura.

Le notizie del terremoto e dello tsunami occupano sempre tutto il tempo dei telegiornali e si accenna

anche a qualche problema di una rottura del sistema di raffreddamento delle centrali nucleari di

Fukushima.

Tramite skype ci colleghiamo con le figlie, che ci dicono che la situazione è grave e che quindi

dovremmo ritornare in Italia. Qui a Kyoto sembra tutto tranquillo e così noi aspettiamo lo svolgersi

degli eventi per decidere il da farsi.

DOMENICA 13 MARZO: KYOTO NARA KYOTO

Oggi è domenica e facciamo proprio un bel giro a Nara, la prima capitale del Giappone. In una

mezz’oretta ci arriviamo tramite un treno della Japan Railways.

E’ una città più piccola di Kyoto, di Kobe e di Osaka, ha solo 350.000 abitanti, ma il suo centro è ricco

di storia, di monumenti, di templi e di un bel parco con più di 2.000 cervi.

Dalla stazione in un quarto d’ora arriviamo nel centro della città: gruppi di scout o di giovani e studenti

di scuole medie superiori raccolgono fondi per l’aiuto alle zone colpite dal terremoto e dallo tsunami.

Entriamo nell’area del tempio Kofuku-ji con due pagode risalenti al 1143 ed al 1426, una è a cinque

piani ed è la seconda più alta di tutto il Giappone.

Sempre all’interno di un bel parco pieno di cervi andiamo all’importante tempio di Todaji-ji , preceduto

da un imponente portale con due guardiani Nio dall’espressione feroce.

La sala del Daibutsu-den è l’edificio più grande del mondo, l’attuale edificio ricostruisce soltanto per i

due terzi quelle che erano le dimensioni dell’originale; nella sala Daibtsu-den vi è il Daibutsu, la statua

del Grande Buddha, una delle statue in bronzo più gigantesche: è alta 15 metri e pesa 452 tonnellate;

alla base della statua vi sono grandi foglie di loto. La sua maestosità non incute timore, ma un sereno

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sconcerto ed il fascino di ciò che si intuisce enorme, pur restando per noi incomprensibile.

Nella parte posteriore alla statua vi è una colonna in legno con alla base un foro ampio quanto una

narice del Grande Buddha. Secondo una credenza popolare quanti riescono a passare attraverso questo

foro sono sicuri di raggiungere l’illuminazione. I bambini riescono facilmente, ma per un adulto il tutto

è più complesso soprattutto se è un po’ massiccio. Chella ci passerebbe proprio bene, ma forse per

timidezza non vuol provare. La grande sala è preceduta da un ampio giardino su cui si affacciano le

stanze dei monaci.

Continuiamo a passeggiare tra tanti templi molto belli e frequentati da turisti e soprattutto da pellegrini

finché arriviamo al Santuario di Kasuga Taisha ai piedi di una collina nella piacevole cornice di un

bosco; era stato fondato nell’8° secolo dalla famiglia Fujiwara e viene interamente ricostruito ogni 20

anni come previsto dalla tradizione scintoista.

Ai lati della strada di accesso al Santuario vi sono centinaia di lanterne in pietra, altrettanto numerose

anche all’interno dell’edificio. La festa delle lanterne si svolge proprio qui due volte all’anno ed è un

evento di grande richiamo per la città di Nara.

Attraversiamo il bel parco dove alcune migliaia di cervi sono liberi e si vedono pellegrini che offrono

loro dei biscotti comperati apposta.

Quando la sera torniamo in ostello, ci colleghiamo tramite skype con le figlie, le quali ci dicono che la

situazione relativa al nucleare è grave per cui ci raccomandano di tornare presto in Italia.

Con un’email chiediamo informazioni all’unità di crisi della Farnesina, la quale ci risponde che per

quanto riguarda le centrali nucleari la situazione è sotto controllo.

LUNEDI’ 14 MARZO: KYOTO OSAKA KYOTO

Come le mattine precedenti mi alzo alle 6,00 ed alle 6,30 con il computer mi collego ad internet per

leggere la posta elettronica: vi sono ancora messaggi di Angelo e di Silvia che ci invitano a tornare in

Italia perché la situazione sul nucleare sta peggiorando ed alcune centrali hanno già delle perdite di

radioattività. Controllo i giornali italiani, controllo il sito della Farnesina, mi collego con padre Renato,

risalgo in camera da Chella ed esaminiamo la situazione: decidiamo che sia opportuno un rientro

immediato in Italia.

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Ci fermiamo tutta la mattina in ostello per anticipare il nostro volo della British Airways tramite il sito,

ma non riusciamo ad effettuare l’operazione, poi tramite skiype chiamiamo l’ufficio di Tokyo e ci

facciamo anticipare il volo di ritorno a giovedì 17 con partenza dall’aeroporto di Tokyo Narita alle ore

11,10.

Soddisfatti per essere riusciti ad effettuare l’anticipo, con i nostri zaini piccoli sulle spalle ce ne

andiamo in treno per visitare la modernissima città di Osaka.

Appena usciti dalla stazione ferroviaria ci troviamo in un incrocio di strade pedonabili sopraelevate e

da qui filmiamo i grattacieli che ci circondano da ogni parte. Il traffico automobilistico e soprattutto

quello pedonale è molto intenso.

Vogliamo andare a visitare l’Umeda Sky Building, l’edificio più alto di Osaka, la cui parte più alta è

sconsigliata a quanti soffrono di vertigini, chiediamo indicazioni e ci incamminiamo; intanto vediamo

parecchi ragazzi distribuire un foglio di giornale ai passanti, Chella guarda con attenzione: non

sappiamo leggere gli ideogrammi giapponesi, ma le immagini parlano chiaro: sono due foto, una è una

palla di fuoco, l’altra mostra una nuvola bianca; rabbrividiamo comprendendo bene quando è successo

senza dover chiedere alcuna spiegazione.

Interrompiamo subito la nostra passeggiata per l’Umeda Sky Building e riteniamo che è troppo

pericoloso e difficile ritornare in Italia partendo da Tokyo, per cui decidiamo di cercare un altro volo

con partenza da Osaka oppure da Fukuoka.

Con il nostro pass andiamo all’aeroporto internazionale di Osaka perché pensiamo che lì sia più facile

trovare e comperare un biglietto aereo per Milano.

L’aeroporto è stato costruito su un’isola artificiale e ci si arriva attraverso un ponte utilizzato sia dalla

ferrovia che da un’autostrada.

Rimaniamo tre ore in aeroporto, dove però non possiamo contattare direttamente nessuna compagnia

aerea; un’impiegata dell’ufficio informazioni ci dà i numeri telefonici di Tokio degli uffici dell’Alitalia,

della KLM e di Air France, che così possiamo contattare telefonicamente.

E’ un lavoro snervante, sembra che ci siano dei posti, ma mentre controlliamo altre compagnie, i posti

svaniscono ed aumentano di prezzo; i voli dell’Alitalia costerebbero sui 7.000 € a testa, e poco meno

quelli della KLM.

Piuttosto delusi torniamo a Kyoto e giunti all’ostello mi connettiamo ad internet per trovare una

soluzione per scappare presto in Italia. Utilizziamo i siti di Opodo ed Edreams per trovare le compagnie

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più economiche da Fukuoka o da Osaka per Milano; dopo qualche ora di ricerche e di tentativi,

entriamo nel sito della compagnia Singapore Airlines e troviamo due posti per la cifra ragionevole di

1.750 € con partenza da Osaka alle 23,30 del 16 marzo ed arrivo a Milano alle ore 6,00 di venerdì 18

marzo.

Utilizziamo la carta di credito e schiacciamo il fatidico click, tutta l’operazione va bene, partiremo per

l’Italia non passando da Tokyo pericolosa sia per le radiazioni sia perché nella città potremmo essere

bloccati a causa di black-out o di situazioni di panico.

Mandiamo un email alle figlie con la buona notizia, lo comunichiamo anche ad Angelo tramite skype,

quindi ce ne andiamo a cena dopo che presi dal vortice degli eventi avevamo saltato il pranzo.

Nella sala comune del nostro ostello facciamo amicizia con due ragazze di Tokyo, partite da casa per

scendere più a sud e sentirsi più al sicuro lontane dai pericoli di nuovi terremoti e dai problemi di

Tokyo, già provata da black-out di corrente elettrica e da mancanza di generi di prima necessità come il

riso e l’acqua.

Conosciamo anche un Americano che sta cercando di prenotare un traghetto per poter raggiungere la

Corea, e due ragazze francesi, dal mese di agosto a Tokyo per una vacanza di lavoro all’interno di una

scuola giapponese, che hanno già prenotato un volo di ritorno per Parigi.

MARTEDI’ 15 MARZO: KYOTO

Alle 6,30 scendo e riesco ad effettuare il check-in on line; siamo a posto, abbiamo ormai i posti

assegnati sull’aereo.

Avvisiamo le figlie, facciamo colazione e via per l’ultima giornata a Kyoto con la prenotazione del

volo per l’Italia in tasca non dovendo salire a Tokyo, ma partendo direttamente da Osaka.

Intanto sentiamo che è scoppiato un altro reattore nucleare a Fukushima ed a Tokyo la situazione sta

peggiorando.

Andiamo ancora a Gion e precisamente al mercato degli alimentari; è una lunghissima via pedonale

larga quattro o cinque metri, lunga almeno due chilometri con un susseguirsi di negozi e negozietti di

generi alimentari, in molti si possono effettuare degli assaggini dei cibi che possono essere comperati.

Ci sono molti tipi di pesce ( polipi, seppie, tonni e salmoni …) radici, alghe e verdure cotte crude e

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sott’aceto; il gusto anche se diverso dal nostro è comunque buono. Vi sono anche tanti dolci sciolti o

confezionati in scatole per fare un regalo o portarli a casa. La strada è molto pulita nonostante i

numerosi negozi ed i molti clienti.

Ritorniamo a visitare l’imponente tempio Chionin costruito sul luogo in cui il famoso monaco Honen

aveva insegnato la dottrina buddhista e digiunato fino alla morte.

Prendiamo quindi la strada per un altro imponente tempio: l’Heian Jinju, costruito nel 1895 per

commemorare il 1100° anniversario della fondazione di Kyoto; prima dell’ingresso vi è un massiccio

torii di acciaio.

All’interno visitiamo un tipico giardino giapponese molto ben curato nei particolari, attraversiamo

piccoli ponticelli ed anche un ponte in legno con una bella copertura, arriviamo ad uno stagno

dove vi sono delle carpe, il pesce simbolo del Giappone per la sua forza d’animo, il coraggio e la perseveranza. Lo attraversiamo su un articolato sentiero di grossi blocchi cilindrici di pietra. I prugni sono in fiore, ma del rosa dei ciliegi non si intravede ancora nulla. Usciti dal tempio di Heian Jinju camminiamo ancora per più di un chilometro ed arriviamo al sentiero del filosofo, ma senza la presenza dei ciliegi in fiore questa passeggiata non suscita particolari emozioni.Ormai è diventato buio e ci inoltriamo nelle strade interne di Gion con le case in legno e con bei cortili, molte sono utilizzate come ristoranti e le soglie d’ingresso sono ancora bagnate perché appena lavate per ricevere gli ospiti.Verso le 19,00 arrivano a piedi o in taxi delle geisha vere e proprie che camminano defilate e entrano svelte nei ristoranti o nelle casa da tè, in cui lavorano. Sono ben truccate con tanta cipria bianca sopra il viso, le labbra rosse e la nuca senza trucco per essere più sensuali. Calzano ciabatte e calze bianche infradito.E’ l’ultima sera che ci fermiamo a Kyoto, così entriamo in un ristorante per un piatto di ramen e di udon.

MERCOLEDI’ 16 MARZO: KYOTO OSAKA SINGAPORE

Le notizie che vengono dalla televisione, dagli altri viaggiatori, dagli impiegati dell’ostello e dall’Italia

sono sempre peggiori; alle 5,00 del mattino è scoppiato un altro reattore, a Tokyo vi sono supermercati

senza i generi di prima necessità, la maggior parte delle ambasciate si sta spostando a Osaka.

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Pensiamo che sia opportuno prendere subito i nostri bagagli e cercare di andare presto all’aeroporto per

timore che un black-out blocchi i treni.

L’impiegata dell’ostello, quando ci saluta, ci dice che forse ci siamo preoccupati un po’ troppo, ma noi

siamo contenti della nostra scelta: non partire più dall’aeroporto di Tokyo, ma da quello di Osaka, ci fa

sentire più tranquilli.

Comunque qui a Kyoto la vita si svolge regolarmente, noi andiamo prima in un grosso centro

commerciale per fare gli ultimi acquisti, i prezzi sono piuttosto alti e noi comperiamo delle bambole e

delle ciotole tipiche giapponesi in ceramica.

Consumiamo i nostri ultimi yen in un ristorantino; prima ancora di fare l’ordinazione, il cameriere ci

serve del tè, ovviamente amaro, che a noi sembra senza alcun gusto.

Sul treno diretto da Osaka all’aeroporto c’è parecchia gente; anche all’aeroporto vediamo lunghe code;

non riusciamo però a capire bene se vi sia o meno una ressa per fuggire dal Giappone.

Alle 23,30 il nostro volo parte puntuale per Singapore.

GIOVEDI’ 17 e VENERDI’ 18 MARZO: SINGAPORE MILANO

Alle 6,00 ora locale, un’ora prima di quella del Giappone, arriviamo all’aeroporto di Singapore, il

nostro aereo per Milano partirà alle 23,45 per cui abbiamo tutta una giornata da dedicare alla visita

fuori programma a Singapore.

Con la metropolitana andiamo in centro e la città ci colpisce per la sua modernità e per il suo pullulare

di grattacieli dalle forme più svariate ed avveniristiche.

Dalla Piazza del Municipio andiamo alla Marina Bay Sands, dove vi è l’edificio più avveniristico: tre

altissime torri sostengono una lunga nave, sulla quale si può salire (a pagamento) per visitare un parco

posto all’ultimo piano.

Noi riusciamo a salire fino al 54° piano; da qui si può andare ancora più su per godere della vista

dall’alto del parco pensile.

All’interno del Marina Bay Sands vi è una serie infinita di negozi e boutique di grandi firme con

grande lusso e sfarzo, piste di pattinaggio, ristoranti, viali d’acqua. Le firme italiane sono molto diffuse

da Gucci a Prada, dalla Bottega Veneta all’Emporio Armani. Vi sono

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Vicino al grande edificio della Marina vi è il modernissimo Museo dell’Arte e della Scienza, che ha la

forma di un fiore di loto con petali aperti.

Nel pomeriggio andiamo nel quartiere chiamato Orchard, ricco di centri commerciali, il livello è un

po’ troppo alto per trovare buoni articoli da regalo a prezzo ragionevole.

Poi visitiamo il quartiere arabo, che sorge intorno ad una moschea, le stradine sono caratteristiche,

negozi ed odori ti fanno quasi credere di ritrovarti in Marocco, anche se la gente parla inglese.

C’è anche un centro culturale della Malaisia e poco lontano vi è la piccola India cresciuta intorno al

tempio Sri Srinivasa Perumal, dove si sta proprio svolgendo una funzione religiosa induista, noi

possiamo entrare e fotografare, un santone sta cantando inni religiosi, mentre altri sacerdoti benedicono

i fedeli ed alla fine offrono loro del cibo ( probabilmente fagioli cotti e conditi) nelle mani ed

impongono la tika sulla fronte.

La maggioranza degli abitanti del quartiere è indiana, ma vi sono anche molti musulmani, noi andiamo

al grandissimo centro commerciale Mohammed Mustafa con più di 150.000 articoli, dislocato su vari

piani, collegati da scale mobili, ma tenuto ancora con lo stile di un vecchio mercato arabo o indiano.

Visiteremmo volentieri anche il quartiere cinese, ma l’ora ci costringe a rinunciare.

E’ già sera e con gli ultimi spiccioli rimasti ceniamo in aeroporto ed alle 23,45 ci imbarchiamo per

Milano.

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