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DICEMBRE 2015 Che bella che sei città quando... Uno sguardo di cura che cresce con la città hospicenews

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DICEMBRE 2015

Che bella che sei città quando...Uno sguardo di cura che cresce con la città

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Editoriale

Nell’edizione di Hospicenews dell’anno scorso è stata molto apprezzata la scelta di

dare spazio di parola e di testimonianza a colo-ro che “abitano” la Casa Madonna dell’Uliveto: infermieri, operatori, medici, volontari, pazienti e familiari. Uno sguardo sul “dentro” per far conoscere più da vicino il mondo del nostro Hospice e le espe-rienze - professionali e di vita - che lo attraver-sano. Quest’anno ci siamo proposti di guardare ver-so “il fuori”, verso i soggetti, i luoghi, i servizi che incontriamo nel nostro lavoro di cura, di formazione e promozione culturale: i pazienti e i familiari al domicilio, i Medici di Medicina Generale che operano sul territorio, gli studenti e le studentesse, i/le cittadini/e partecipanti ai gruppi di supporto al lutto. Guardare, ma anche farci guardare da chi con noi, da tempo, collabora o è incuriosito o ha

La fragilità e la forza della vicinanza

paura. Il desiderio è quello di condividere e interrogare la filosofia, l’etica e la pratica del-le Cure Palliative, che, a partire dalla nostra esperienza, crediamo possa ‘contaminare’ mag-giormente la città, perché, in un’ottica di corre-sponsabilità, abbia uno sguardo più attento alle fragilità e alla sostenibilità degli stili di vita. Siamo solo uno dei tanti nodi della rete di Cure Palliative, ma sappiamo di vivere un’esperien-za ‘privilegiata’: la relazione quotidiana con le persone ci chiede, infatti, di progettare e ri-pro-gettare risposte che, pur parziali, offrano acco-glienza e accompagnamento. Il rapporto di ogni malato/a con l’inguaribilità, la morte e il dolore è unico e ha bisogno di ap-procci sempre inediti. ‘Maneggiare con cura’ questa complessità ogni giorno rende possibili relazioni di ascolto, aper-tura e sostegno a ospiti e familiari, spezza so-litudini, allevia fatiche, carichi emotivi, paure, senso di impotenza. Con piacere quindi ci in-camminiamo dalla collina di Montericco verso la città, perché il valore della dignità della vita diventi centrale nel pensiero e nella pratica del prendersi cura e diventi patrimonio di moltepli-ci e differenti contesti, territori, luoghi. “Che bella città che sei quando…”: alcuni con-tributi a questa sollecitazione li abbiamo raccol-ti durante il viaggio e riportati nella rivista… ci piacerebbe che tanti altri ne arrivassero dalla città verso questa collina.

Annamaria Marzi, Responsabile Casa Madonna Uliveto

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Questo servizio è stato pensato all’interno di un progetto più ampio che mira a favo-

rire una sempre maggiore integrazione dell’Ho-spice col territorio. Ancora oggi, a 14 anni dalla nascita del nostro hospice e del progetto AUSL per sviluppare le Cure Palliative domiciliari, troppi sono quei malati, quei familiari e addirittura quei curanti che non prendono nemmeno in considerazione l’approccio palliativo, l’idea di entrare in hospi-ce, con tanta, troppa sofferenza di tutti, in pri-mis del malato, nascondendosi dietro l’intento di proteggerlo. La finalità di questo servizio è quella di raffor-zare la continuità assistenziale in uno dei luoghi che ospita molti “pazienti in transito verso una fase avanzata di malattia”, per aiutare i curanti ad identificarli per tempo e comunicare loro la proposta di cure palliative e hospice nel modo più adeguato, delicato e rispettoso possibile. Ve-dere, parlare, ascoltare chi opera in hospice, po-ter fare domande specifiche a chi vive quella re-altà aiuta ad avvicinarsi gradualmente all’idea con la possibilità di vederla anche da prospetti-ve diverse. A distanza di due anni e mezzo dall’inizio di questa attività, alcuni significativi passi sono stati compiuti verso una maggiore integrazione: con le infermiere della AUSL e il medico respon-sabile dell’assistenza domiciliare si è sviluppa-to un rapporto di fattiva collaborazione. Con i sanitari di alcuni reparti, la possibilità di un confronto sulle singole situazioni, ha facilitato una progettualità più personalizzata ed efficace perché costruita insieme. Rispetto a pazienti e familiari, la nostra presenza in ospedale ha reso possibile un più facile contatto con l’hospice

prima dell’ingresso e un supporto informativo-emotivo, quando i tempi d’attesa si prolungano. Tuttavia, da alcuni reparti le segnalazioni giun-gono tardivamente riducendo drasticamente i benefici per coloro che ne potrebbero usufrui-re. Però la nota più dolente continua ad essere l’enorme resistenza mostrata da tanti pazienti, familiari e cittadini in generale, nei confron-ti dell’hospice come simbolo di sconfitta nella battaglia contro la malattia e quindi di avvi-cinamento inesorabile alla fine della vita. Nel frattempo, possiamo solo continuare, con pa-zienza e coraggio, nel nostro quotidiano impe-gno di avvicinare nel modo meno traumatico possibile i nostri utenti e i curanti più resistenti all’approccio palliativo.

Mirta Rocchi, Inf. coordinatrice Casa Madonna Uliveto

Il servizio di continuità assistenziale:un ponte tra Ospedale e Hospice

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L’esperienza di consulente palliativista l’ho iniziata nel 2009, in quanto Medico

di Medicina Generale (MMG) del team Ho-spice. Mi è sembrata fin da subito una buona opportunità per sviluppare e potenziare, sul territorio, una rete di cure palliative che fos-se realmente al servizio del malato e della sua famiglia, mettendo in sinergia competenze diverse e integrate. Del resto avevo consape-volezza che il mio sguardo era fortemente in-fluenzato da un’esperienza professionale gio-cata da sempre nell’ambito di una équipe di lavoro (dall’équipe in Hospice a quella della Medicina di Gruppo a Scandiano di cui faccio parte da circa vent’anni). Oggi posso dire che l’esperienza di consulen-za inter pares ha mostrato luci e ombre. Uno degli aspetti positivi è stato il passaggio all’obbligatorietà di attivazione dell’ADI (as-sistenza domiciliare integrata) per i pazienti

oncologici e quindi anche del consulente pal-liativista. A questo si aggiunge che l’assistenza - prima attivabile solo dal MMG curante - ora lo è anche da parte dell’infermiera del Servi-zio Infermieristico Domiciliare. E questo si-gnifica per il malato-cittadino poter usufruire di un servizio in più. Il margine di migliora-mento rimane sulla tempistica di attivazione del servizio: in tanti casi avviene in fase trop-po avanzata della malattia, un’attivazione più ‘tempestiva’ permetterebbe di migliorare la qualità di vita del paziente per un tempo più lungo. Con alcuni MMG del Distretto si è creata un’ottima collaborazione perché hanno in-terpretato correttamente la consulenza del palliativista come un’opportunità, una risor-sa utile da attivare. Il confronto è utilizzato per ricevere una rassicurazione, un sostegno rispetto a decisioni e valutazioni che riguar-

La consulenza del Medico Palliativista a domicilio

Vista da vicino... l’esperienza nel distretto di Scandiano

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Mattia: io e il dott. Govi (coordinatore palliativista del Distretto di Montec-

chio e medico del Team Hospice) abbiamo iniziato l’esperienza della consulenza palliati-vistica a domicilio nel 2007, con l’obiettivo di dare attuazione, a livello distrettuale, alle in-dicazioni dell’AUSL di Reggio Emilia relative al progetto “Rete Cure Palliative”. Anna: avendo come obiettivo il migliora-mento dell’assistenza per i pazienti oncologi-ci al domicilio, abbiamo costituito una équi-pe di lavoro stabile formata da 5 infermiere dedicate su base volontaria, due consulenti palliativisti, una psicologa e il Responsabile dell’Assistenza Domiciliare, a cui si sono ag-

Vista da vicino... l’esperienza nel distretto di Montecchio Emilia

dano la malattia e la qualità della vita del pro-prio paziente. Altri MMG si sono invece mostrati ostili, vi-vendo la consulenza come una verifica delle proprie competenze, una ingerenza nel pro-prio operato da parte di un medico che ‘ne sa di più’. In generale posso dire che in questi anni di lavoro, supportato anche dalla realizzazione di diversi momenti formativi per i MMG, si è diffuso un buon livello di competenze sulle terapie farmacologiche di controllo del dolore

dei malati oncologici in fase avanzata. Resta ancora tanto da fare sullo sviluppo delle com-petenze relazionali, sociali, di comunicazione delle cattive notizie, di gestione emotiva. Su questo versante permane una certa presun-zione dei MMG di ‘non avere più nulla da apprendere’ e una resistenza culturale ad ac-cogliere e far proprio il paradigma bio-psico-sociale delle Cure Palliative.

dott. Nearco Corti, Medico Palliativista Team Casa Madonna Uliveto

giunti un paio di medici, molto motivati, della continuità assistenziale e alcuni professionisti del Day Hospital oncologico dell’Ospedale di Montecchio. All’équipe abbiamo affiancato strumenti di lavoro mirati a favorire, nel tem-po, la collaborazione reciproca, lo scambio e l’integrazione delle diverse professionalità. Mattia: uno di questi strumenti sono le riu-nioni quindicinali, momenti formativi e di arricchimento reciproco, dal momento che si condividono letture diverse di uno stesso caso, si racconta la propria esperienza con quel paziente, permettendo ai/lle colleghi/e di farne tesoro, si mettono a fuoco gli aspet-ti cruciali relativi a situazioni complesse, non

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tanto dal punto di vista clinico quanto rela-zionale. Un altro strumento che si è rivelato molto efficace è l’utilizzo della comunicazione via mail all’interno dell’équipe, tramite un si-stema protetto: nel momento in cui è aperta l’ADI (assistenza domiciliare integrata) per un paziente, le infermiere, oltre a compilare la scheda informatica, riportano quotidiana-mente le informazioni che lo riguardano in una mail condivisa con la équipe. In questo modo i palliativisti ma anche il MMG respon-sabile del paziente sono aggiornati in tempo reale sull’andamento della sua situazione. Il fatto che alcuni MMG abbiano iniziato a par-tecipare a questo scambio è un segnale positi-vo di coinvolgimento. Anna: la grande disponibilità a lavorare in équipe ha permesso anche di sollevare le fa-miglie nelle comunicazioni con altri profes-sionisti (pneumologo, oncologo etc…), di cui è l’équipe curante a farsi carico, garantendo così una maggiore tranquillità e riducendo il rischio di fraintendimenti nel flusso informa-tivo. Mattia: la mia impressione è che il servizio così come è strutturato sia apprezzato anche dai MMG, la maggioranza dei quali non mostra resistenze nell’attivare il palliativista, vivendolo invece come un’opportunità di scambio e di fattiva collaborazione. Mi piacerebbe avere il tempo di discuterne con loro, finora non è stata una priorità perché ci siamo concentrati su pazienti e famiglie, ma costituisce certamente un ambito di miglioramento. Anna: in effetti il numero di MMG che con-tattano il palliativista è in aumento, segnale di maggiore consapevolezza relativamente all’importanza di lavorare insieme. Del re-sto le ADI di Cure Palliative che non hanno attivato la consulenza palliativistica rispetto

a quelle che l’hanno attivata registrano una percentuale più alta di ricoveri ospedalieri e di fine vita in ospedale. Mattia: sempre nell’ottica di miglioramento del servizio stiamo lavorando per l’allarga-mento dell’équipe a un’assistente sociale che, per le situazioni familiari particolarmente complesse e delicate, possa prendere e man-tenere i contatti con i Servizi Sociali di tutti i Comuni del Distretto. Anna: voglio ricordare anche il grande lavoro del Punto di Accoglienza distrettuale mirato a fungere da ponte tra l’Ospedale e il domicilio per dimissioni protette. Il personale infermie-ristico del SID (servizio infermieristico domi-ciliare) è presente in Ospedale tutti i giorni per individuare, insieme al personale ospeda-liero, i pazienti oncologici, o altri pazienti in fase terminale, che possono avere bisogno di assistenza domiciliare o di un ingresso in Ho-spice, proponendo loro un percorso di Cure Palliative. E’ positivo il fatto che le infermie-re esprimano il bisogno di avere più tempo a disposizione soprattutto nella relazione con i familiari, i quali sembrano apprezzare molto questo servizio di accoglienza. In questo mese di dicembre partirà poi la sperimentazione dell’Ambulatorio di Cure Palliative, presso la Casa della Salute di Montecchio, gestito dalla stessa équipe e dedicato prioritariamen-te a quei pazienti oncologici che, conservando una sufficiente autonomia, possono recarsi in uno spazio specificamente ‘dedicato’.

dott. Mattia Soliani, consulente palliativista Distretto di Montecchio Emilia e

Medico Palliativista del Team Casa Madonna dell’Uliveto

Anna Picciati, Responsabile infermieristica Dipartimento Cure primarie

Distretto di Montecchio Emilia

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L’Unità di Cure Palliative dell’IRCCS (Istituto per le Tecnologie Avanzate

e Modelli Assistenziali in Oncologia) Arci-spedale Santa Maria Nuova è stata istituita nell’aprile 2013, inizialmente a supporto del reparto di Medicina Oncologica e in corri-spondenza dell’avvio di un importante pro-getto di ricerca inerente l’implementazione di un intervento di cure palliative precoci, integrate alle terapie standard per pazienti oncologici con malattia in fase avanzata. Ad oggi l’UCP è composta da tre medici e da un infermiera principalmente dedicati all’at-tività clinica, da due psicologi impegnati sia nell’attività clinica sia nel supporto e nella formazione all’équipe, da una responsabile alla formazione. Tutti i membri dell’equipe sono inoltre impegnati a vari livelli nei pro-getti di ricerca in cui l’UCP è coinvolta. L’attività clinica è indirizzata prioritaria-mente al paziente oncologico e ai suoi fa-migliari, ed ha luogo attraverso consulenze specialistiche indirizzate ai pazienti ricove-rati, prestazioni di day service, visite ambu-latoriali.Le consulenze sono richieste non solo con l’obiettivo di migliorare la gestione di sinto-mi fisici disturbanti ma anche di gestire in modo appropriato le comunicazioni difficili con il paziente, le situazioni di conflitto nella comunicazione con i famigliari riguardo alle preferenze ed alle volontà del paziente, la transizione alla fase di fine vita. I destinatari delle consulenze possono quindi essere sia i pazienti o i loro famigliari, sia gli operatori di una équipe.Tutti i componenti partecipano all’attività dei gruppi multidisciplinari di patologia e

Uno sguardo sull’Unità di Cure Palliative

a quella dei gruppi per la costruzione e l’ag-giornamento dei Percorsi Diagnostico- tera-peutici ed assistenziali (PDTA).L’attività di ricerca riguarda diverse temati-che, tra cui la valutazione dell’impatto della formazione in cure palliative, lo sviluppo e la valutazione di modelli innovativi di forma-zione alla comunicazione con il paziente in fase avanzata di malattia e con i suoi fami-gliari, la validazione di strumenti per la mi-surazione della qualità di vita, lo sviluppo di programmi di miglioramento della qua-lità della risposta ai bisogni di Cure Palliati-ve nelle strutture ospedaliere di emergenza-urgenza, gli aspetti etici. Essa si concretizza attraverso lo sviluppo di protocolli di studio promossi dall’UCP o la partecipazione a pro-getti di ricerca nazionali o internazionali. A partire dalla sua istituzione, l’UCP ha introdotto alle cure palliative 12 strutture ospedaliere del Santa Maria attraverso un modulo formativo della durata di 4 ore pro-gettato sulla base delle necessità dei singoli reparti, realizzato diversi case study su casi complessi e percorsi di formazione su temi specifici presso il reparto di Medicina Onco-logica.L’UCP accoglie studenti tirocinanti e dotto-randi di vari corsi di laurea, che seguono ed arricchiscono con le loro osservazioni ed il loro apporto tutte le attività in essere presso il servizio.

dott. Massimo CostantiniResponsabile Unità Cure Palliative

Azienda Ospedaliera IRCCS ASMN Direttore Scientifico ad interim IRCCS

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Svolgo il lavoro di medico di medicina ge-nerale da 30 anni; il mio primo approccio

alle Cure Palliative lo definirei ‘artigianale’, come del resto quindici anni fa lo erano gli interventi verso i pazienti oncologici al domi-cilio. La cultura palliativista non era diffusa e l’accompagnamento dei malati in fase avan-zata era sostenuto dalla buona volontà di tanti medici che si valevano della propria prepara-zione internistica e collaboravano in maniera non sistematica con il personale infermieristi-co dell’ASL; quando la situazione a domicilio diventava troppo impegnativa si ricoverava il paziente in ospedale. L’evento che nella mia vita di professionista ha segnato l’avvicinamento alle Cure Palliati-ve è stato il caso di una mia paziente, giovane donna appassionata di arte e con uno spirito di grande curiosità verso il mondo. Ammala-tasi di un tumore inguaribile e a seguito del suo ultimo ricovero in Ospedale, mi fece la richiesta di tornare a casa, una richiesta per me spiazzante che, però, alimentò il desiderio di studiare e approfondire l’approccio palliati-vo, di cui parte integrante erano, per esempio, il contatto fisico e l’attenzione a come la per-sona stava vivendo la sua malattia. Aspetti a cui non ero tanto abituato. La pesantezza e la solitudine che vissi nell’accompagnarla negli ultimi istanti, mi convinsero a frequentare il primo corso di Cure Palliative che si tenne in previsione dell’apertura dell’Hospice di Mon-tericco.

Nonostante la richiesta di entrare a far par-te del Team della Casa, rifiutai per il timore di non poter sostenere il carico emotivo di quell’esperienza.Successivamente alcune vicende della mia vita (per fortuna belle) hanno continuato a te-nermi al di fuori dall’équipe Hospice ma non mi hanno impedito di conoscere e collaborare strettamente con una struttura che reputo di eccellenza. Due sono gli aspetti particolar-mente positivi nel seguire i miei pazienti in Hospice: l’assistenza 24h da parte di persona-le estremamente qualificato e l’opportunità di avvalersi di una consulenza palliativista com-petente. Il confronto con l’équipe dell’Hospi-ce mi rende, infatti, più sereno nell’assun-zione di responsabilità che sento condivise e quindi meno pesanti da sostenere. In questi anni penso che il lavoro di sensibi-lizzazione abbia dato i suoi frutti: se è vero che circola ancora la frase fatta ‘all’Hospice si va a morire’ è altrettanto vero che tale resistenza si può superare facilmente, sostenendo pazien-ti e familiari nella comprensione delle Cure Palliative e dell’Hospice. L’anello debole della rete rimane, a mio avviso, la scarsa consape-volezza di molti pazienti rispetto alla malattia dovuta a una comunicazione ancora insuffi-ciente e non sempre chiara, soprattutto prima della fase terminale.

dott. Vincenzo Lusetti MMG Reggio Emilia

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Dalla Casa Madonna dell’Ulivetoalla casa di Anna

Il 23 aprile entro per la prima volta nella sua stanza. Incontro Anna che mi accoglie con

cordialità. Tanto è il suo bisogno di ascolto, ma è soprattutto la solitudine il sentimento che esterna maggiormente e che diventa il punto di partenza della nostra relazione. Il 29 aprile Anna viene dimessa dall’Hospice e da allora ogni lunedì la incontro presso la sua abitazione. Le periodiche visite da parte del-la sua dottoressa di Medicina Generale, che spesso coincidono con il giorno della mia pre-senza, diventano un’opportunità di scambio e condivisione, a cui si unisce anche l’assistente familiare di Anna. Diverse sono le volte che ci accolgono con una dolce merenda, trasfor-mando questi momenti in una sorta di ‘rito tra amiche’, dove i motivi per ridere o sorride-re non mancano mai. Quando io e Anna rimaniamo sole, sento e cerco di accogliere il suo bisogno di raccon-tare, di guardare indietro alla propria storia,

di riconoscere il valore delle esperienze attra-versate e dei sacrifici fatti. Questa narrazione si intreccia con le questioni irrisolte della sua biografia, le sofferenze interiori, i silenzi non ascoltati, la sua mancata ribellione e l’amore per la famiglia. Con l’insorgere e l’avanzare della malattia, Anna tocca con mano la di-pendenza dagli altri, la nostalgia, la paura di non riuscire ad accettare questa vita ‘trasfor-mata’. Nell’espressione della sua tenerezza e delle sue emozioni sincere - le dico - c’è già una grande forza e a questa può attingere nel cammino che l’aspetta. Già in strada, penso che questa relazione sia per me una bella occasione, rammentandomi che la bellezza della vita è anche un saluto e un bacio dalla finestra, quelli che Anna mi regala quando è terminato il mio lunedì con lei.

Rosa Fontana, volontaria Hospice

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Rubiera: un altro gruppodi supporto al lutto

Più volte nel corso della vita mi sono trova-to a confrontarmi con la perdita di persone

care e con l’inevitabile sofferenza che segue, ma la perdita di mio figlio non l’avevo proprio mes-sa in conto. L’unico figlio, Andrea, il mio Pucio, così lo chia-mavo, è morto all’età di 7 anni, per una epato-carcinoma, che ha aggredito e soffocato il suo fegato. Ha lottato incessantemente per sei mesi, ma non ce l’ha fatta. E con lui non ce l’ha fatta neanche il mio matrimonio, che si è sgretolato giorno dopo giorno come un castello di sabbia.Ho iniziato a frequentare il Gruppo nel dicem-bre 2014, a Rubiera, insieme a mia moglie. An-drea ci aveva lasciato appena il 2 giugno. Erava-mo due zombi, barcollanti, in cerca affannosa del perché di quanto successo, del perché fosse successo a lui, a noi. Dopo pochi incontri mia moglie ha abbandonato il Gruppo ed io ho pro-seguito il mio cammino da solo.La frequentazione del Gruppo segna per me un momento importante: percepisco che non ero solo, il solo sventurato. Così mi ritenevo: colpito dalla mala sorte. Altre persone come me stava-no cercando di affrontare la perdita della perso-na Amata, con la A maiuscola: ho infatti sempre detto che ciò che ci accomuna non è solo l’espe-rienza di lutto in sé, il dolore, l’incredulità, la rabbia, il senso di impotenza, la ricerca di una ragione, ma la perdita insostituibile di un gran-de Amore.Mi sono calato in questa esperienza fiducioso, perché ho subito percepito di trovarmi di fron-te a persone speciali con cui condividere le mie emozioni ed i miei stati d’animo, senza sforzar-mi affatto di andare agli incontri settimanali; tutt’altro, ho modificato le mie abitudini lavora-tive per non mancare. Essere presente al Grup-po per me era vitale, e lo è ancora.

Parlare di mio figlio, della sua malattia e del-la mia nuova esistenza è certamente mettere a nudo ogni volta una ferita profonda e dolorosa, ma lo strazio iniziale, a poco a poco, si è tramu-tato in terapia.Ad ogni incontro mi sembra di trovare una ri-sposta e di fare un piccolo passo per riacquista-re un giusto equilibrio. Ho imparato ad allegge-rire il cuore per poi ricolmarlo di riflessioni e di nuovi propositi.Il Gruppo mi ha aiutato e ritengo che abbia an-cora molto da darmi; sto riuscendo a trasfor-mare il dolore e l’angoscia per ciò che non ho più, nel ricordo di giorni meravigliosi di cui mi concedo in ogni istante di sentire un’infinita malinconia. Sono rimasto solo nella mia mate-rialità, ma so che mio figlio è con me, dentro di me e lo sarà per sempre. Quel che sono oggi lo devo anche al gruppo, che mi sta aiutando pian piano anche ad abbandonare quella dimensio-ne privatistica e di isolamento, conseguente alla morte di mio figlio. Senza il Gruppo, mi sarei totalmente chiuso nel mio dolore, ma così non è stato, grazie al Gruppo.

La testimonianza di Emilio, partecipante del gruppo di Rubiera

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Le Cure Palliative sui banchi di scuola

Sulla base della positiva esperienza con gli Istituti Superiori di Secondo grado di

Reggio Emilia realizzata nell’a.s. 2013/2014 nell’ambito del progetto fotografico “Scatti di vita”, abbiamo deciso di portare avanti que-sta attività di sensibilizzazione, proponendo a studenti, studentesse e docenti percorsi più strutturati sull’Hospice e le Cure Palliative.Nel precedente anno scolastico 2014/2015 abbiamo incontrato 224 ragazzi e ragazze, coinvolgendo l’Istituto “Gobetti” di Scandia-no, il Liceo Artistico “G. Chierici”, l’Istituto Agrario “Zanelli”, il “Bus- Pascal”, l’Istituto professionale “Galvani Iodi”. L’obiettivo dei percorsi è stato sia quello di promuovere una corretta conoscenza della filosofia e della pratica delle Cure Palliative, a cui si ispira il nostro quotidiano lavoro di cura e sostegno a pazienti e familiari, sia quel-lo di far emergere stereotipi, luoghi comuni spesso associati alle tematiche della malattia oncologica, della morte, della terapia del dolo-re e del luogo-Hospice. Abbiamo privilegiato alla lezione frontale, attività interattive, mate-riali di stimolo, modalità di coinvolgimento a partire da sè. Siamo partite dalla consapevolezza di quan-to gli aspetti sopra citati tocchino, non rara-mente, le vite dei ragazzi e di quanto sia, al tempo stesso, difficile trovare spazi, momenti di narrazione, condivisione dei propri vissuti nel contesto scuola. L’opportunità che i/le do-centi hanno offerto alle classi di avere uno di questi momenti, condotti da una infermiera e una volontaria della Casa, ci ha restituito il

bisogno e il desiderio degli studenti di cono-scere, chiedere, raccontare proprie esperienze di perdita o di malattia di una persona cara, affrontare tematiche ‘vicine’, ma spesso allon-tanate con disagio, imbarazzo, silenzio, rimo-zione. “E’ importante poter parlare della morte come parte della vita.”“Non importa quanto vivi, ma come lo fai, quanto dai e quanto ricevi.”“Prendere contatto con un argomento di cui difficilmente si può parlare perché crea imbarazzo e tristezza.”“Conoscere come sia possibile stare vicino alle persone che soffrono, ma anche che è necessario chiedere aiuto qualora il peso da sopportare sia troppo grande.” “E’ bello sapere che anche nei momenti più difficili i malati possono contare su persone che li fanno sentire importanti, accompa-gnandoli nel loro percorso con pazienza, attenzione e dignità.”“Siamo tutti di passaggio, ma i malati dell’Hospice non smettono di sperare.. sono sereni… alcuni anche felici.”

Questo è ciò che i/le ragazzi/e ci hanno detto di ‘essersi portati/e a casa’ dall’esperienza con noi, un incontro breve ma che crediamo possa aver aperto a uno sguardo ‘altro’, che cerca di non perdere mai di vista il valore della dignità e della qualità della vita fino alla fine.

Elisa BianchiReferente Comunicazione

Casa Madonna dell’Uliveto

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Rassegna culturale Phos Hilarón (luce gioiosa)

Ne parliamo con il direttore artistico Giovanni Mareggini

Phos Hilarón si avvia quest’anno alla sua tre-dicesima edizione. Che cosa ha reso questa

rassegna un appuntamento atteso e apprezzato da un numero sempre maggiore di persone?Credo che in tutti questi anni abbia avuto con-ferma l’intuizione originaria di offrire, nell’ora del vespro, un momento di ascolto musicale di qualità che facesse risuonare la bellezza di questo posto e la ‘luce gioisa’ (in greco ‘phos hilarón’) che la filosofia Hospice riconosce alla vita, in ogni suo istante, fino alla fine. Questa idea ha prodotto fin da subito un movimento interessante e un circolo virtuoso. Da un lato, i tanti amici della Casa si sono appassionati alla rassegna, dall’altro, diverse persone nella cerchia dell’IDML, o semplici frequentatori di concerti sono venuti a conoscenza dell’Hospice frequentando la rassegna.

Quali gli ingredienti che hanno funzionato?Penso prima di tutto al rapporto di grande fidu-cia e stima tra l’Hospice e l’IDML, basato sulla condivisione di comuni valori e su un confron-to autentico. All’impegno e alla collaborazione degli insegnanti dell’IDML, alla grande dispo-nibilità dimostrata dagli stessi artisti. Abbiamo proposto in questi anni 150 appun-tamenti che, nella stragrande maggioranza dei casi sono stati di ottimo livello; a questo pro-posito, tante persone ci hanno dato riscontri assai positivi, cogliendo l’idea di bellezza che la rassegna vuole celebrare in un luogo come l’Hospice.Hugo von Hoffmanstal, grande drammaturgo tedesco, afferma che “il primo gradino di una intelligenza creativa non è conoscere molte cose, ma avere la capacità di metterle in contatto”. Re-

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lazioni, contatti, collaborazioni sono quello che hanno dato forza alla rassegna nel tempo.

In realtà la rassegna non propone solo appun-tamenti musicali, perché la scelta di ampliarla con eventi culturali diversi?Per rendere visibile il valore aggiunto del luo-go scelto per la rassegna, un luogo attraversato quotidianamente dalla sofferenza, dalla malat-tia, dal morire ma anche dalla cura integrale della persona e della vita.Molti artisti hanno colto questo valore non solo accettando un riconoscimento economico lon-tano dagli standard di mercato, ma chiedendo di partecipare nuovamente alle edizioni succes-sive. Del resto capita raramente che gli artisti possano annoverare tra il loro pubblico pazienti oncologici e familiari!E poi ci sono stati alcuni progetti particolar-mente importanti, nati all’interno di questa rassegna. “Oscar e la dama in rosa” è uno di questi. In-sieme a Don Daniele Gianotti, abbiamo lavora-to per trasformare questo commovente testo di Erich Emmanuel Schmitt sul valore della vita e della morte, in un racconto musicato, interpre-tato prima dalla voce di Paola Gassman, poi da Amanda Sandrelli, da tempo amica della Casa. Ne è nata una produzione importante, rappre-sentata poi in tanti teatri italiani.  “Il giorno dopo non morì nessuno” è un altro

progetto di cui vado orgoglioso, completamen-te composto e realizzato dai ragazzi del Camp “Come un’Orchestra” e dagli allievi dell’IDML a partire da un lavoro sul libro di Josè Saramago “Le intermittenze dellamorte”, con la guida di Emanuele Ferrari. Quando hanno debuttato all’Hospice mi sono commosso perché ho avuto la conferma che questa esperienza è stata per loro un percorso di riflessione importante su temi difficili e spesso evitati.

Che cosa ci riserva questa edizione di Phos Hi-larón?Dopo l’apertura con il sottoscritto ed il trio della Camerata del Royal Concergebaw di Am-sterdam, per gli appassionati del bluegrass, il ritorno di Duck Baker. Riprenderà  poi il ciclo ‘riSonanze della Parola’ nella Cripta della Catte-drale, dedicato al rapporto tra Parola e musica; in tempo di Quaresima proporremo alcune ini-ziative per ricordare l’anniversario della morte di don Luigi Guglielmi, fondatore dell’IDML; in occasione della Pasqua i ragazzi di “come un’Orchestra” presenteranno “Uno strano con-certo senza strumenti”, ispirato al terzo millen-nio musicale.Chiuderemo la rassegna a maggio con la ‘Notte silenziosa’, in memoria del martirio dei Monaci Trappisti avvenuta 20 anni fa a Tibhirine (Al-geria).

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L’etica della cura globale in HospiceUn servizio sempre più ecologico

Un percorso per le famiglie che affrontano situazioni di cronicità prolungata

Da sempre la Casa ha assunto il principio del ‘prendersi cura’ non solo nell’assisten-

za e nell’accompagnamento a malati e familiari, ma anche nella quotidiana gestione del servizio Hospice, orientandosi verso scelte di consumo attente a ridurre lo spreco e ottimizzare le risor-se e i beni disponibili. La crisi socio-economica ha palesato, in maniera drammatica, l’insoste-nibilità degli attuali modelli di consumo per la sopravvivenza del pianeta e delle persone che lo abitano. Sentiamo, quindi, forte la responsa-bilità di migliorare ulteriormente la gestione del servizio in una direzione sempre più ecologica, nell’idea che ognuno, a partire dallo spazio che ‘abita e vive’, può fare la differenza nel salva-guardarlo. Il bene comune, inteso come la Terra e le sue risorse, ha bisogno dell’impegno consa-pevole di tutti/e. Per questo alla Casa abbiamo formato un grup-po di studio per riflettere sui nostri comporta-menti e capire come modificarli in un’ottica di sobrietà. Nella nostra cucina i menù sono sta-gionali e pensati in modo da riutilizzare i cosid-detti “avanzi di cucina” (dal bollito del giorno prima prepariamo sfiziose polpette!) o eventua-li donazioni in materie prime. Gli avanzi dei pasti nutrono poi i nostri piccoli amici anima-

li. Effettuiamo rigorosamente la raccolta diffe-renziata di biologico, carta, vetro, plastica e oli esausti. Risparmiamo sulle fonti energetiche, usando il forno per cuocere più pietanze con-temporaneamente, limitando l’uso dell’acqua corrente e spegnendo le luci non necessarie. Vorremmo diventare promotori di un “consu-mo sobrio”, perché, come ci insegnano i bambi-ni, più che il dire conta il fare, il buon esempio.

Mariagrazia Fornoni,cuoca Hospice

La Casa Madonna dell’Uliveto, insieme all’associazione di Volontariato domiciliare Emmaus, ha coinvolto il Servizio Sociale del Comune e dell’Azienda USL di Reggio E. in un percorso di

confronto e approfondimento con operatori, medici, volontari e familiari che affrontano situazioni di cronicità prolungata. L’obiettivo è di confrontarsi per co-progettare percorsi possibili, favorendo l’emergere di risorse relazionali, di cura, di attenzione che rischiano di non essere viste né valorizzate. Entro l’estate del 2016, a conclusione di una prima fase preparatoria il gruppo di lavoro restituirà, in un momento pubblico, l’esperienza e i contenuti emersi durante il percorso.

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Che bella che sei città quando...

Da un laboratorio teatrale rivolto a operatori e operatrici della Casa, realizzato

in collaborazione con Coop InGioco e Istarion Teatro

Che bella che sei città quando guardi oltre.Che bella che sei città quando canti e il tuo canto si diffonde tra le tue strade e i tuoi palazzi, quando i tuoi piedi scalzi sanno camminare al fianco di quelli che soffrono.

Quando ti fai sorprendere dalla bellezza di piccoli gesti quotidiani,quando ti fai orecchio per ascoltare i desideri di chi ti abita,e ti lasci commuovere da filastrocche, favole, canzoni di un tempo.

Che bella che sei città quando ti fai lenta e ti prendi cura di noi senza la fretta di guardare l’orologio,quando permetti la costruzione di legami fraternie alimenti la speranza quando consideri valore ogni piccolo gesto di cura.

Che bella che sei quando non ti arrendi quando trasformi il dolore, anche il più forte, in energia vitale, quando con la tua passione ti avvicini al patire dell’uomo sofferente.

Sei bella quando avvolgi in un caldo abbraccio una persona che ha appena perso un proprio caro,quando all’alba deponi una rosa umida di rugiada, appena colta in giardino sul comodino di un malato.

Che bella che sei città quando cammini nelle strade innevate senza fare rumore, ascoltando il silenzio quando in una sala d’aspetto ti alzi per far sedere una donna incinta.

Che bella che sei città quando mostri le tue cicatrici che ricordano i dolori e le fatiche,quando alla domenica i negozi sono chiusi, le strade deserte e tu assomigli sempre di più ad un paese...

Che bella che sei quando cammino in silenzio e non sento lo scorrere della gente, ma respiro solo il profumo della tua storia.

• Il servIzIo dI contInuItà assIsten-zIaleServizio della Casa Madonna dell’Uliveto, attivo dal 2013, che opera all’interno dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. La sua base ope-rativa trova collocazione in un ufficio a fianco del Servizio Sociale Ospedaliero e del Punto Unico di Accesso (PUA), servizio dell’AUSL nato per ac-compagnare le dimissioni complesse dall’ospedale verso il domicilio. Si avvale dell’opera di 3 infer-miere care manager che si alternano fra loro per garantire una presenza di 15 ore settimanali, sud-divise su 3 giorni. L’attività svolta è caratterizzata da interazioni con medici e infermieri dei reparti, in particolare con quelli in cui sono degenti malati che necessitano di cure palliative, con gli stessi pa-zienti e i loro familiari.

• Il gruppo dI supporto al luttoè un servizio promosso dalla Casa Madonna dell’Uliveto rivolto alle persone che soffrono per la perdita di un proprio caro non necessariamente deceduto in Hospice. E’ un luogo e un tempo dedicato ad accompagnare i partecipanti nella rielaborazione del dolore, nel-la scoperta e attivazione di risorse personali.Nel 2015 sono stati realizzati un gruppo presso la Casa e un gruppo a Rubiera, entrambi condotti dal Dott. Filippo Sentimenti, medico psicoterapeuta. per informazioni rivolgersi alla casa 0522 597718 chiedendo di Maria grazia solimè.

• Il servIzIo dI consulenza pallIatI-vIstIca a doMIcIlIo E’ attivo un accordo tra l’AUSL di Reggio Emilia e i Medici di Medicina Generale che prevede la con-sulenza palliativistica da parte dei MMG dei team Hospice attivabile dai MMG e dagli infermieri dei Servizi Infermieristici Domiciliari che hanno in carico pazienti oncologici in fase avanzata. L’obiet-tivo è quello di potenziare le Cure Palliative do-miciliari, a partire dal controllo dei più rilevanti sintomi fisici, in primis il dolore.

Il servizio di reperibilità infermieristica festiva e notturna a domicilio

E’ attivo da circa un anno un servizio di disponi-bilità per l’assistenza ai malati in Cure Palliative da parte degli Infermieri domiciliari dell’AUSL di Reggio Emilia per ampliare la fascia di attività del servizio, migliorare la continuità assistenziale e ri-durre i ricoveri impropri.

Glossario

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Notiziario della Casa Madonna dell’Uliveto - Dicembre 2015Redazione: Elisa Bianchi - Annamaria Marzi

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Via Oliveto, 37 - 42020 Montericco di Albinea (Reggio Emilia)Tel. 0522 597710 - 0522 597718 - Fax 0522/[email protected] - www.madonna-uliveto.org

Casamadonnauliveto

Per sostenere l’Hospice...

• direttamentepressolasegreteria

• sulc/cbancariointestatoaFondazione Madonna Uliveto ONLUS Credem Sede di Albinea - IBAN IT 86 N 03032 66130 010000007000

• destinando il 5 per mille in favore della Fonda zione, comunicando il codice fiscale 911081 30 351

• istituendoFondiperborsedistudio,annualiopermanenti,in ricordo dei familiari defunti

• conlascititestamentari

• donandopartedelpropriotempocomevolontario

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Continuiamo nell’impegno di mantenere alta la qualità del sollievo e dell’accompagnamento a malati e familiari...e non siamo soli…GRAZIE alle 6924 persone che hanno donato il 5x1000 alla CasaGRAZIE a cittadini/e, enti, associazioni, imprese che ci hanno sostenuto nel 2015Questo sostegno rappresenta il 30% delle nostre entrate totali. Investiamo il 70% di esse in risorse umane, quelle persone che ogni giorno si prendono cura, con competenza e premura, di malati e familiari.