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HANDBOOK 1

Linee guidaI.S.Mu.L.T.

Rotture della cuf� a dei rotatori

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© copyright 2014 by Percorsi Editoriali di Carocci editore, Roma

ISBN 978-88-430-7683-3

Progetto grafico e impaginazioneFalcinelli&Co. / Stefano Vittori

Finito di stampare nel novembre 2014da Eurolit, Roma

Riproduzione vietata ai sensi di legge(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volumeanche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia,anche per uso interno o didattico.

“La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c’è niente che funzioni... e nessuno sa il perché!”

“L’immaginazione è più importante della conoscenza”

Albert Einstein

Dedicato alle nostre famiglie, loro sanno perché!

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7 Introduzione

10 Metodologia

Sezione I

19 Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori

26 Epidemiologia

32 Eziopatogenesi

41 Storia naturale delle rotture della cuffia dei rotatori

52 Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori

Sezione II

77 Test clinici

86 Diagnosi strumentale delle rotture della cuffia dei rotatori

103 Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori

111 Terapia medica

117 Terapia infiltrativa

128 Indicazioni chirurgiche e criteri di riparabilità

134 Miniopen versus artroscopia

142 Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori

150 Trattamento chirurgico del capo lungo del bicipite nella rottura della cuffia dei rotatori

INDICE

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156 Suture della cuffia dei rotatori

166 Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori

176 Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori

191 Trasposizione del tendine del grande dorsale

204 Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori

215 Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori

228 Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori

236 Rotture della cuffia dei rotatori in età pediatrica

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Introduzione 7

Introduzione

Dopo l’esperienza unica al mondo delle linee guida sulle le-sioni muscolari pubblicate dalla I.S.Mu.L.T. nel 2013, anche quest’anno abbiamo riconfermato di essere una società scien-tifica vivace e multidisciplinare, riuscendo a far collaborare i migliori operatori sanitari per la stesura delle linee guida ita-liane sulle rotture della cuffia dei rotatori.

Nonostante l’alto livello raggiunto nel campo della chi-rurgia della spalla nel nostro paese, e grazie a diverse scuole che negli anni passati hanno seminato formazione e cultura sull’argomento, gli “studiosi italiani” non avevano mai prodot-to un Consensus Protocol sull’argomento.

Il tema è tra i più caldi nell’ambito della traumatologia dello sport, in quanto colpisce milioni di persone nel mondo con costi altissimi sia economici che di salute per i cittadini. Purtroppo la mancanza di un Registro nazionale italiano sulle patologie del-la spalla è un evidente limite alle conoscenze epidemiologiche nazionali del problema, pertanto lo studio delle esperienze per lo più anglosassoni appaiono oggi i nostri punti di riferimento.

Inoltre, appare evidente l’alta variabilità di indicazione chi-rurgica, conservativa pre e postoperatoria o la diagnosi stessa della patologia, come anche l’uso di termini arcaici quali “pe-riartrite scapolo-omerale” o “tendiniti”. Pertanto, un tentativo da parte della I.S.Mu.L.T. di chiarire l’Evidence Based Medici-ne (EBM) sull’argomento ci sembra un atto dovuto.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori8

Ovviamente queste linee guida hanno delle evidenti limitazio-ni: quando non è stato possibile accertare una verità scientifica basata sulla EBM, l’esperienza degli specialisti coinvolti, l’etica e il buon senso hanno permesso di redigere delle raccomanda-zioni che sottoponiamo alla comunità scientifica.

In letteratura abbiamo trovato diversi tentativi di semplifi-care il management delle rotture della cuffia dei rotatori attra-verso la compilazione di linee guida o di documenti di revisio-ne rapida. ( TAB. 1).

Tabella 1. Referenze delle linee guida presenti in letteratura

Opera Autori Rivista PubblicazioneClinical practice guidelines for the surgical manage-ment of rotator cuff tears in adults

Beaudreuil et al. Orthop Traumatol Surg Res

2010;96(2):175-9

Optimizing the management of rotator cuff problems

Pedowitz et al.; AAOS J Am Acad Orthop Surg

2011;19(6):368-79

Rehabilitation after arthroscopic rotator cuff repair: current concepts review and evidence-based guidelines

van der Meijden et al. Int J Sports Phys Ther

2012; 7(2):197-218

Clinical practice guidelines for the management of rotator cuff syndrome in the workplace

Hopman et al. The University of New South Wales, Me-dicine, Rural Clinical School, Port Macquarie Campus

Australia. 2013

AAOS appropriate use criteria: optimizing the management of full-thickness rotator cuff tears

Pappou et al. J Am Acad Orthop Surg

2013;21(12):772-5

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9Introduzione

In conclusione, non posso che ringraziare gli uomini e le donne della Fondazione IBSA per averci dato supporto e fi-ducia in momenti così difficili per le contingenze economiche e ovviamente tutti gli autori dell’opera, per la pazienza avuta nell’ultimo anno e per lo sforzo scientifico profuso.

Sperando che giudichiate positivamente la nostra passione, vi auguro buona lettura!

Francesco Oliva

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori10

Metodologia

Le linee guida e i documenti di revisione rapida, elaborati dalla ricerca biomedica, consentono una rapida consultazio-ne della conoscenza nella pratica clinica quotidiana. Sono raccomandazioni di comportamento, messe a punto median-te un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, che possono essere utilizzate per miglio-rare la qualità dell’assistenza e razionalizzare l’utilizzo delle risorse. Le decisioni cliniche sul singolo paziente richiedono l’applicazione delle raccomandazioni, fondate sulle migliori prove scientifiche, alla luce dell’esperienza clinica del singolo medico e di tutte le circostanze del contesto. Le linee guida e i documenti di revisione rapida rappresentano uno strumento di aggiornamento e formazione per il medico. Spetta dunque alla competenza e all’esperienza del singolo professionista decidere in che misura i comportamenti raccomandati, pur rispondendo a standard qualitativi definiti sulla base delle più aggiornate prove scientifiche, si applichino al caso clinico particolare.

Struttura del testo

L’opera si divide in due distinte sezioni:

X nella prima si definiscono le conoscenze attuali basate sulle migliori evidenze nel campo anatomo-patologico, fisiologi-co, epidemiologico;

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11Metodologia

X nella seconda gli autori hanno cercato di dare delle rispo-ste basate sull’EBM agli argomenti esaminati, cercando di produrre delle raccomandazioni conclusive. Tutte le racco-mandazioni sono state formulate in maniera narrativa per esprimere l’intensità con la quale si raccomandava una de-terminata pratica clinica.

Gli autori sono stati divisi in quattro gruppi:

X coordinatore: ha ideato e organizzato l’opera e ha selezio-nato con il gruppo di esperti i quesiti più opportuni da svi-luppare sull’argomento;

X gruppo di controllo: ha controllato lo sviluppo dei lavori e discusso le raccomandazioni della seconda sezione;

X gruppo di esperti: ha ricevuto individualmente un quesito e lo ha sviluppato secondo le regole basali dell’EBM, quan-do ciò era possibile;

X gruppo di stesura e di valutazione della letteratura del documento: ha redatto il testo e ha coadiuvato in senso critico il gruppo di esperti alla valutazione della lettera-tura.

Metodi e criteri di selezione degli studi

Per la ricerca sono state consultate le seguenti banche dati:

X PubMed; X Embase; X Google Scholar; X Cochrane Library.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori12

Sono stati ricercati studi clinici randomizzati controllati (RCT); revisioni sistematiche; a seguire, ove mancassero i primi due, gli altri livelli di evidenza.

Data di pubblicazione degli studi: gennaio 1990-settembre 2014; lingua inglese.

Livelli di evidenza

In linea con gli intenti dell’opera, ciascun lavoro analizzato è stato valutato secondo criteri standardizzati in grado di for-

Livello di evidenza

Criteri di analisi e di inclusione

I Metanalisi e revisioni sistematiche di studi randomizzati e controllati (RCT) di elevata qualità, o RCT a minimo o basso rischio di bias.Revisioni sistematiche di alta qualità relative a studi di coorte o caso-controllo.

II Studi di coorte o caso-controllo randomizzati di elevata qualità, con minimo rischio di confondimento o bias e con alta o discreta probabilità di rapporto di causalità.

III Studi caso-controllo e retrospettivi di comparazione ben condotti con discreta probabilità di rapporto di causalità.

IV Studi non analitici come serie di casi o casi singoli.

Livello di raccomandazione

Criteri di analisi

A Supportati da almeno due studi di livello Ib o da una revisione di livelli Ia (“è stato dimostrato”)

B Supportati da almeno due studi indipendenti di livello II o estrapolazioni da studi di livelli I (“è plausibile”)

C Non supportati da adeguati studi di livello I o II (“indicazioni”)

D Indicazioni di esperti (“non ci sono prove”)

Fonte: De Vries JG, Berlet GC. Understanding levels of evidence for scientific commu-nication. Foot and Ankle Spec 2010;3(4):205-9.

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13Metodologia

nire la migliore collocazione di evidenza. Gli autori, quindi, hanno revisionato e giudicato le diverse fonti della letteratura seguendo uno schema di inquadramento ben delineato.

Lo scopo di queste linee guida è quello di fornire preziose indicazioni sull’inquadramento e il trattamento della patolo-gia della rottura della cuffia dei rotatori.

L’attuale mancanza di studi randomizzati o di metanalisi approfondite nei diversi punti trattati in quest’opera non con-sente di fornire delle raccomandazioni dogmatiche all’approc-cio clinico, diagnostico, terapeutico e riabilitativo al paziente affetto da tale patologia. Tuttavia, l’attenta analisi della lettera-tura ha consentito agli autori di stilare importanti punti chiave in grado di guidare nel management e nella scelta del miglior trattamento in base alle attuali conoscenze disponibili.

Responsabile del progetto

I.S.Mu.L.T.[ Italian Society of Muscles Ligaments & Tendons ]

Coordinatore

Francesco Oliva[ Dipartimento di Chirurgia, Unità di Ortopedia

e Traumatologia, Università di Roma “Tor Vergata”, Italia ]

Gruppo di controllo

Alex Castagna[ Unità di Spalla e Gomito, Istituto Humanitas

IRCCS, Rozzano, Milano, Italia ]

Calogero Foti [ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa,

Università di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Medicina, Roma, Italia ]

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori14

Nicola Maffulli [ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliera

San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Università di Salerno, Italia; Università di Londra Queen Mary, Barts and the London School of Medicine and Dentistry, Centro di Medicina dello Sport e dell’Esercizio, Mile End Hospital, Londra, UK ]

Stefano Masiero[ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università di Padova,

Padova, Italia ]

Giuseppe Porcellini[ Unità Operativa Chirurgia Spalla e Gomito,

Ospedale “D. Cervesi”, Cattolica (RN), AUSL della Romagna Ambito Territoriale di Rimini, Italia ]

Umberto Tarantino[ Dipartimento di Chirurgia, Unità di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia ]

Gruppo di esperti

Paola Brancaccio [ Studio Associato Kinesiolab, Napoli, Italia ]

Domenico Creta [ Servizi Fisiatrici e Riabilitativi, Casa di Cura

Madre Fortunata Toniolo, Bologna ]

Angelo Del Buono [ Ortopedia e Traumatologia Ospedale Sant’Anna,

Sanfermo della Battaglia, Como, Italia ]

Raffaele Garofalo[ Servizio della Spalla, Ospedale Miulli, Acquaviva delle Fonti, Bari, Italia ]

Alessio Giai Via [ Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia ]

Francesco Franceschi [ Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma Campus Bio-Medico, Roma, Italia ]

Antonio Frizziero [ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa,

Università di Padova, Padova, Italia ]

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15Metodologia

Asmaa Mahmoud [ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università

di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Medicina, Roma, Italia ]

Giovanni Merolla [ Unità Operativa Chirurgia Spalla e Gomito, Laboratorio

di Biomeccanica "Marco Simoncelli", Ospedale “D. Cervesi”, Cattolica (RN), AUSL della Romagna Ambito Territoriale di Rimini, Italia ]

Simone Nicoletti [ Malattie Apparato Locomotore, UO Ortopedia

Ospedale San Jacopo, Pistoia, Italia ]

Marco Spoliti [ Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia,

Ospedale San Camillo, Roma, Italia ]

Leonardo Osti [ Centro di Chirurgia Artroscopica e Traumatologia dello Sport,

Hesperia Hospital, Modena, Italia ]

Johnny Padulo [ Scienze dello Sport, Università e-Campus, Novedrate, Italia; Laboratorio Tunisino di Ricerca per l’Ottimizzazione della Performance Sportiva, Centro Nazionale di Medicina e Scienze dello Sport, Tunisi, Tunisia ]

Nicola Portinaro [ UO Ortopedia Pediatrica, Humanitas Research Hospital, Milano, Italia ]

Gianfranco Tajana [ Istologia ed Embriologia, Dipartimento di Medicina

e Chirurgia, Università di Salerno, Salerno, Italia ]

Gruppo di stesura e di valutazione della letteratura del documento

Michela Bossa [ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università di Roma

“Tor Vergata”, Facoltà di Medicina, Roma, Italia ]

Alessandra Colombo[ UO Ortopedia Pediatrica, Humanitas Research Hospital, Milano, Italia ]

Claudio Chillemi[ Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia, Istituto Chirurgico

Ortopedico Traumatologico (ICOT), Latina, Italia ]

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori16

Giuseppe Gasparre[ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa,

Università di Padova, Padova, Italia ]

Edoardo Franceschetti [ Dipartimento di Ortopedia e Traumatologia, Università di Roma Campus Bio-Medico, Roma, Italia ]

Leonardo Pellicciari[ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa, Università

di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Medicina, Roma, Italia ]

Eleonora Piccirilli[ Dipartimento di Chirurgia, Unità di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia ]

Clelia Rugiero[ Dipartimento di Chirurgia, Unità di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, Italia ]

Alessandro Scialdoni[ Dipartimento di Chirurgia, Unità di Ortopedia e Traumatologia,

Università di Roma, “Tor Vergata”, Roma, Italia ]

Filippo Vittadini[ Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa,

Università di Padova, Padova, Italia ]

SEZIONE 1

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SEZIONE 1

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Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori 19

Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori (CR) è una complessa rete di tendini che svolgono un ruolo chiave nella regolazione del movimento e della stabilità gleno-omerale [1]. Formata dalla cooperazione di quattro muscoli intrinseci e uno estrinseco (il sovraspinoso, il sottospinoso, il piccolo rotondo, il sottoscapolare e il capo lun-go del bicipite nella sua parte intra-articolare) è una “unità ma-cro-anatomica” difficile da delimitare e visualizzare ( FIG. 1).

Si inserisce lungo il collo dell’omero, ricopre il trochite e il trochine e si integra in maniera diffusa nello spessore della capsula articolare, consentendo così una modulazione funzio-nale delle forze torsionali capaci di assicurare il controllo con-tinuo della stabilità articolare ( FIG. 2).

Il tendine dell’infraspinoso è una robusta lamina di circa 15 mm che si inserisce sulla porzione postero inferiore del tro-chite insieme a un contingente di fibre del piccolo rotondo (teres minor). L’inserzione di questo muscolo avviene più infe-riormente, grazie a un tendine più piccolo ed esile, associato a fibre muscolari che convergono direttamente sul collo anato-mico estendendosi in basso fino a 2 cm circa.

Il tendine del sovraspinoso si inserisce direttamente sulla faccetta superiore del trochite. Se osservato posteriormente, in rapporto all’infraspinato, il suo margine è praticamente in-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori20

distinguibile, mentre anteriormente il margine è nettamente visibile grazie ai rapporti che stabilisce con la capsula dell’in-tervallo dei rotatori. L’inserzione di questo tendine va incontro a una caratteristica retrazione plastica (ben evidente negli over 70), assumendo la forma di un solco, senza tuttavia mostrare discontinuità o lacerazioni riconducibili a un’involuzione mi-crofibrillare del collagene. Il tendine sovraspinoso, analizzato attraverso la Scanning Acoustic Microscopy (SAM), presenta una stretta correlazione tra l’allineamento spaziale del collage-ne di tipo I e la presenza dei complessi molecolari (SOD-1) pre-posti alla neutralizzazione dello stress ossidativo endogeno [2].Il muscolo sovraspinoso è di fatto assimilabile a un “muscolo ibrido”. Presenta infatti una differente distribuzione di fibre slow di tipo I nella regione anteriore, mentre nella regione po-steriore prevalgono quelle fast di tipo-II suggerendo la possi-

Figura 1. Anatomia macroscopica della cuffia dei rotatori

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Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori 21

bilità di una diversa modulazione biomeccanica [3]. Analizza-to attraverso la risonanza magnetica in un campione di over 70 non mostra differenze significative da quello dei giovani se non per una modesta fibrosi associata a un incremento del tessuto adiposo interstiziale [4].

Il tendine del sottoscapolare prende rapporto con la picco-la tuberosità e ha una lunghezza di circa 15 mm nella parte superiore. Caudalmente perde la sua identità a favore di un attacco muscolare diretto. Il bordo superiore è identificabile all’apertura dell’intervallo capsulare. Una parte delle fibre si

Figura 2. Anatomia chirurgica e microscopica della cuffia dei rotatori

A Reperto anatomo-chirurgico secondo Ellman: I, infraspinato; S, sovraspinato; G, intervallo dei rotatori. B Particolare dell’inserzione collagenica tendine-infraspina-to. Polarizzazione 80x. C Particolare dell’inserzione collagenica tendine-sovraspi-nato. Polarizzazione 80x. D Aspetto della rete collagenica (rosso) a livello dell’inter-vallo dei rotatori. Polarizzazione (filtro a)150x. Previo trattamento con red-sirius.

A B C

D

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori22

porta lateralmente in modo da avvolgere, ricoprire e stabiliz-zare il capo lungo del bicipite nella sua parte extra-articolare. Il bilanciamento biomeccanico tra il muscolo sottoscapola-re e l’infraspinato è un momento cruciale che regola il TFC (Transverse Force Couple) della cuffia. Una valutazione dei volumi muscolari eseguita in CT (Innovative Computed To-mography) non mostra differenze volumetriche significative tra il sottoscapolare e l’infraspinato [5].

Il capo lungo del bicipite brachiale è stabilizzato all’interno della doccia bicipitale da una struttura complessa detta pulley (puleggia), situata nell’intervallo dei rotatori. Questa ha forma di U situata nella porzione laterale dell’intervallo dei rotatori, ed è formata da quattro strutture, il legamento gleno-omera-le superiore (LGOS), il legamento coraco-omerale (LCO), e in misura minore da fibre del tendine del sovraspinoso e fibre del sottoscapolare [6]. L’intero complesso è permeato da una rete di terminazioni nervose “libere”, presumibilmente di tipo noci-cettivo. Poiché mancano del tutto meccanocettori è ipotizzabile un loro coinvolgimento nella genesi del dolore [7].Le terminazioni nervose della cuffia PGP9.5 positive (Protein Gene Product 9.5) sono strettamente associate all’endotelio e si possono distinguere da quelle neoformate per sprouting in corso di tendinopatie che risultano invece GAP43 positive (Growth-Associated Protein 43) [8].

Una visione dell’architettura tridimensionale della cuffia e della sua componente microfibrillare collagenica è ottenibile dallo “studio vintage” di Clark e Harryman del 1953, condotto su 32 cuffie anatomicamente integre. Attraverso una dissezione progressiva lungo l’inserzione del sovra e sottospinato, è possi-bile identificare e descrivere cinque piani di clivaggio che ospi-tano lamine di collagene a spessore e orientamento variabile [9].

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Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori 23

X Primo strato. Dopo aver rimosso la borsa subacromiale compare un primo strato di circa 1 mm, composto da fibre di collagene orientate in maniera obliqua rispetto all’asse del tendine. Queste fibre si continuano e in parte si anasto-mizzano con quelle del legamento coraco-omerale per poi estendersi lateralmente fino al periostio ricoprendo la tube-rosità e il solco bicipitale. Nelle anse che delimitano questo percorso sono presenti arteriole e meta-arteriole, che costi-tuiscono un importante snodo del microcircolo.

X Secondo strato. È il più complesso; presenta uno spessore variabile dai 3 ai 5 mm. Le fibre di collagene sono ben evi-denti, disposte parallelamente, in diretta continuità con le fibre muscolari tendinee. Una maggiore densità (concen-trazione) di queste fibre è osservabile nella zona di passag-gio tra l’infraspinato e il sovraspinato. Sono invece scar-samente presenti, o mancano del tutto, procedendo verso l’intervallo dei rotatori. La componente vascolare è larga-mente presente.

X Terzo strato. Al contrario del precedente, questo piano è formato da piccoli fasci di collagene, omogenei per spesso-re e scarsamente vascolarizzati.

X Quarto strato. Poco più spesso di 1 mm, questo strato è rap-presentato da tessuto connettivo interposto a scarse fibre di collagene che continuano nella capsula articolare.

X Quinto strato. Il piano è spesso circa 2 mm ed è un’espan-sione della capsula articolare. L’assenza di una sinoviale è compensata da una fitta serie di fibre di Sharpey orienta-te in senso anteroposteriore che assicurano l’inserzione dell’intero complesso all’osso. La giunzione osteotendinea

Figura 1 Immagine radiografica di Rotator Cuff Arthropathy

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori24

della cuffia è attraversata, inoltre, da una fitta rete di vasi sanguigni [10].

Mentre la matrice proteoglicanica, grazie alle sue compo-nenti glicosoaminoglicaniche, regola la biomeccanica globale dell’intero tendine il sistema delle lubricine interviene nella re-golazione della lubrificazione interfascicolare [11, 12].

In particolare, la composizione qualitativa e quantitativa della matrice pericellulare gioca un ruolo centrale nel man-tenimento dello stato differenziato tendineo. Osservazioni in microscopia confocale dimostrano la presenza di un rivesti-mento pericellulare coating formato da collagene di tipo VI, elastina e fibrillina. Si ritiene che il coating pericellulare possa svolgere un ruolo determinante nella regolazione del fenotipo dei fibroblasti e dei tenociti attraverso un controllo della loro espressione genica [13].

La borsa sottoacromiale è in grado di generare un conside-revole numero di cellule mesenchimali multipotenti in grado di rispondere al BMP-12 e cellule staminali ad alto potenziale differenziativo [14, 15].

Riferimenti bibliografici1 Anderson MW, Brennan C, Mittal A. Imaging evaluation of the rotator cuff. Clin

Sports Med 2012 Oct;31(4):605-31.

2 Morikawa D, Itoigawa Y, Nojiri H, Sano H, Itoi E, Saijo Y, Kaneko K, Shimizu T. Contribution of oxidative stress to the degeneration of rotator cuff entheses. J Shoulder Elbow Surg 2014 May;23(5):628-35.

3 Kim SY, Lunn DD, Dyck RJ, Kirkpatrick LJ, Rosser BW. Fiber type composition of the architecturally distinct regions of human supraspinatus muscle: a cadaveric study. Histol Histopathol 2013 Aug;28(8):1021-8.

4 Kany J, Flurin PH, Richardi G, Hardy P. Rotator cuff tear imaging in patients over 70 years: specific MRI findings? Orthop Traumatol Surg Res 2013 Dec;99(8 Suppl):S385-90.

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Anatomia macroscopica e microscopica della cuffia dei rotatori 25

5 Piepers I, Boudt P, Van Tongel A, De Wilde L. Evaluation of the muscle volumes of the transverse rotator cuff force couple in nonpathologic shoulders. J Shoulder Elbow Surg 2014 Jul;23(7):e158-62.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori26

Epidemiologia

Le patologie a carico della cuffia dei rotatori sono molto co-muni e possono essere considerate come un naturale declino delle competenze dell’apparato muscolo-tendineo correlato all’invecchiamento, con un incremento della frequenza stati-sticamente significativo dopo i 50 anni [1].

Il dolore riferito alla spalla è generato nel 30-70% dei casi da patologie a carico della cuffia dei rotatori [2].

Tuttavia, è estremamente difficile stabilire l’esatta incidenza e le caratteristiche epidemiologiche proprie di tale patologia a causa della grande variabilità di dati ottenuti e correlati al genere e alle comorbilità della popolazione coinvolta.

L’incidenza della rottura della cuffia dei rotatori varia tra il 5% [3] e il 40% [4], sebbene sia molto difficile stabilire la reale incidenza di queste lesioni che, spesso, risultano asin-tomatiche.

Yamamoto et al. hanno riscontrato sintomi significativi re-lativi alla rottura della cuffia dei rotatori nel 36% dei pazienti contro il 20% di lesioni asintomatiche [5]. Queste ultime sono prevalentemente associate a una lesione nell’arto non domi-nante, un impingement negativo e una buona funzionalità re-sidua dei muscoli periscapolari [6]. Le moderne tecniche di imaging rivelano una rottura della cuffia in circa il 40% dei soggetti over 50, anche in assenza di sintomi specifici, e questo valore raggiunge il 54% negli individui over 60 e il 75% negli

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Epidemiologia 27

over 70. Uno studio effettuato con risonanza magnetica ha di-mostrato la presenza di patologie tendinee della spalla nel 34% dei pazienti asintomatici [7] mentre un’indagine ecografica svolta da Templehof et al. su volontari asintomatici ha confer-mato la diagnosi di rottura completa della cuffia nel 13% dei pazienti di età compresa tra 50 e 59 anni e del 51% nei pazienti over 80 [8].

La rottura della cuffia dei rotatori può interessare la superfi-cie articolare, la borsa di rivestimento o può essere interamen-te intratendinea.

Solitamente, le rotture a livello dell’inserzione articolare dei tendini sono 2-3 volte più frequenti di quelle che avvengono sulla superficie della borsa. Le rotture interessano in genere il tendine sovraspinato mentre il sottospinato, il sottoscapolare e il piccolo rotondo sono coinvolti meno frequentemente [9].

Comunque, la letteratura è discorde nel definire il tasso di prevalenza e le caratteristiche epidemiologiche della patologia della cuffia dei rotatori. Studi recenti hanno suffragato l’ipotesi che il sesso e le comorbilità possano rivestire un ruolo signi-ficativo nella progressione del danno a carico delle strutture della spalla.

Le donne, dopo valutazione soggettiva delle loro capaci-tà di performance, hanno riportato un deficit funzionale più significativo rispetto agli uomini nel corso delle più comuni patologie della spalla [10]. Romeo et al. [11] hanno sottoline-ato come le donne presentino una relazione negativa statisti-camente significativa con lo score di valutazione funzionale della spalla e come questa correlazione sia più evidente nelle donne anziane; in aggiunta, Vogt et al. [12] hanno dimostrato l’incremento del dolore di spalla in pazienti di sesso femminile di età compresa tra i 70 e i 79 anni e l’aumentata prevalenza

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori28

della sintomatologia dolorosa a carico del collo nelle donne di razza caucasica (15,4%) e della spalla nelle donne afroameri-cane (24,3%).

Un recente studio epidemiologico fondato sull’analisi del database The Health Improvement Network (THIN) ha ri-portato l’aumento della frequenza delle patologie della spalla nelle donne rispetto agli individui di sesso maschile (90 casi su 100.000 persone/anno per le donne; 83 casi su 100.000 per-sone/anno negli uomini; p<0,001) [13].

Non è chiaro se il genere influenzi anche l’outcome clinico dopo il trattamento della cuffia dei rotatori. Jensen et al. [14] hanno affermato che le donne presentano un diminuito recu-pero funzionale dopo riabilitazione postintervento causato da un maggiore utilizzo dell’arto colpito nelle attività quotidiane cui consegue un timing di riposo ridotto; al contrario McKee et al. [15] hanno dimostrato che fattori come il genere e l’età non correlano in alcun modo con l’outcome clinico a seguito di trattamento.

La prevalenza della rottura della cuffia dei rotatori nelle donne può essere parzialmente giustificata dall’ipotesi che le variazioni ormonali di genere (soprattutto riguardo estrogeni e tiroxina) [16] influenzino la risposta biologica dei tendini e compromettono la struttura del collagene e il metabolismo della matrice extracellulare da un punto di vista biochimico e strutturale. Per queste ragioni, eventuali disordini del siste-ma endocrino conducono a uno sviluppo precoce di disturbi a carico della spalla, all’allungamento della storia naturale della malattia e a una richiesta maggiore di intervento chirurgico.

Per quanto concerne le comorbilità, un’elevata presenza di patologie legate agli ormoni sessuali femminili, patologie autoimmuni, ipotiroidismo, artrite reumatoide e diabete di

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Epidemiologia 29

tipo I e II è stata riscontrata in donne affette da tendinopatia calcifica [17].

In particolare, è stato dimostrato come disordini della fun-zionalità tiroidea siano frequentemente associati a rottura non traumatica della cuffia dei rotatori in donne anziane (63% in donne di età compresa tra 60 e 80 anni) [2].

Patologie concomitanti, soprattutto lombosciatalgia, iper-tensione arteriosa e artrite [18], influenzano negativamente la soglia del dolore e la funzionalità articolare in pazienti con una rottura cronica della cuffia dei rotatori e hanno un alto impatto sulla salute generale dei pazienti, anche dopo un in-tervento chirurgico risolutivo a carico della spalla.

Il fumo è stato descritto come uno dei maggiori fattori di rischio associati alla rottura della cuffia dei rotatori a causa della sua azione vasocostrittrice che conduce a un ridotto tra-sporto di ossigeno nelle zone critiche (in particolare a livello dell’inserzione del tendine sovraspinato e sottospinato) [19] e contribuisce a un insufficiente “tendon healing” [20].

Inoltre, è stato dimostrato che pazienti con patologie a ca-rico della cuffia dei rotatori hanno un’alta incidenza di iper-colesterolemia e che i prodotti derivati dal metabolismo del colesterolo possono alterare le proprietà biomeccaniche dei tendini [21]. Alcuni studi hanno anche suggerito che un au-mentato profilo lipidico nel siero, come accade nella sindrome metabolica, è associato a rotture tendinee [22] mentre il diabe-te mellito esercita un’influenza negativa sul processo riparati-vo dei tendini a causa delle sue alterate vie di segnale metabo-liche e dell’aumentato tasso di complicanze e di infezioni dopo sutura chirurgica [23].

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Epidemiologia 31

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori32

Eziopatogenesi

La patogenesi delle rotture della cuffia dei rotatori (CR) è sicu-ramente multifattoriale. Tuttavia rimangono ancora alcuni lati oscuri da comprendere. I fattori che possono determinare una rottura della cuffia dei rotatori sono stati divisi in due grandi gruppi, quelli estrinseci e quelli intrinseci ( TAB. 1).

I fattori estrinseci sono stati studiati da lungo tempo e sono quelli maggiormente riportati in letteratura. La teoria dell’im-pingement subacromiale, formulata per la prima volta da Neer [1] agli inizi degli anni Settanta, ne è uno degli esempi più classici. I carichi eccessivi e i microtraumi ripetuti (overuse) sono stati descritti come responsabili delle tendinopatie e rot-ture della cuffia dei rotatori [2, 3]. Secondo questi autori lo stress meccanico potrebbe indurre una zona di ipossia, il ri-lascio di citochine ed enzimi proteolitici, e causare l’apoptosi dei tenociti, tutti meccanismi che porterebbero alla degenera-zione tendinea. Anche i traumi possono essere considerati tra i fattori estrinseci [4].

Attualmente la patologia della cuffia dei rotatori viene con-siderata multifattoriale, perché fattori estrinseci e intrinseci svolgono entrambi dei ruoli molto importanti [5-7], anche se rimane ancora da chiarire quale sia il peso specifico di ognuno di questi fattori. Ipoperfusione e apoptosi sono stati considera-ti come possibili condizioni responsabili della degenerazione e rottura della CR [8, 9].

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Eziopatogenesi 33

( FIG. 1,2)

Studi recenti hanno focalizzato la loro attenzione sulla matri-ce extracellulare (ECM, Extra Cellular Matrix), fondamentale per l’omeostasi dei tessuti connettivi, in quanto è la sede in cui le cellule aderiscono, migrano, si differenziano e crescono. Inoltre, è il substrato nel quale i tenociti si scambiano infor-mazioni, secernono proteine e si diffondono i fattori di cresci-ta. Le alterazioni dell’ECM sembrerebbero essere attualmente il principale fattore intrinseco responsabile delle tendinopatie [10]. Un’alterazione dell’espressione delle transglutaminasi (TGs) è stata riscontrata sia in studi su animale, sia in campio-

Tabella 1. Letteratura esaminata

Teoria Autori Anno

Fattori estrinseci

Impingement cronico subacromiale Neer [1] 1972

Microtraumi ripetuti Codman e Akerson [2] McMaster et al. [3]

1931 1993

Traumi acuti Keene et al. [4] 1983

Teoria multifattoriale Soslowsky et al. [5] 2002

Fattori intrinseci

Ipoperfusione Lohr e Uhthoff [8] 1990

Teoria degenerativa Sano et al. [6] 1999

Teoria degenerativa-microtraumatica Yadav et al. [7] 2009

Teoria apoptotica Yuan et al. [9] 2002

Alterata espressione TGs Oliva et al. [11] 2009

Alterata regolazione delle MMPs Riley et al. [12] 2002

Fattori endocrini Li et al. [17] Oliva et al. [21]Scutt et al. [32] Wong et al. [33] Denaro et al. [30]Hansen et al. [31]

201320132006200420102013

Fattori metabolici Gaida et al. [27]Beason et al. [24]

20092004

Failed Healing Response Sharma e Maffulli [36] 2005

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ni umani di tendini della cuffia dei rotatori. Le TGs sono enzi-mi coinvolti nello svolgimento di diverse importanti funzioni, ad esempio nella formazione dei tessuti connettivi creando legami covalenti con le molecole di fibrina, nei processi di dif-ferenziamento e di invecchiamento cellulare, nell’endocitosi e nell’apoptosi, nei fenomeni di adesione fra le cellule.

Sono stati individuati 9 tipi di TGs, ognuno con una spe-cifica funzione. In particolare, la TG2, conosciuta anche come TG tissutale, è particolarmente diffusa nei tessuti connettivi, dove svolge un ruolo nell’organogenesi e nella riparazione tis-sutale. Una diminuzione della sintesi della TG2 e una ridotta espressione del suo mRNA sono state riscontrate in campioni di tendine sovraspinato in pazienti con rottura della CR [11]. Per questo motivo, data l’importanza della TG2 nel catalizzare i legami tra le fibre collagene e nel mantenere l’integrità dei tendini, si può ipotizzare che una diminuzione dell’espressio-ne delle TGs possa essere una delle cause della degenerazione dell’ECM.

Il turnover dell’ECM dei tendini è regolato anche dalla me-talloproteinasi (Matrix Metalloproteinases, MMPs). Le MMPs costituiscono una famiglia di enzimi del gruppo delle protea-si che svolgono funzioni fondamentali nel degradare le fibre collagene dell’ECM (collagenasi, MMP1, MMP8, MMP13) e rimodellare l’ECM (stromelisina, MMP3), nell’angiogenesi (MMP2, MMP9) e in molti altri processi. Un aumento dell’at-tività della MMP1 e una diminuzione della MMP2 e della MMP3 sono stati dimostrati dopo una rottura tendinea. Un aumento dell’attività della MPP1 potrebbe essere l’espressione di un’alterazione dei meccanismi di riparazione e rimodella-mento dell’ECM dei tendini, che determina una degradazione delle fibre collagene e una maggiore suscettibilità alla rottura.

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Eziopatogenesi 35

Questo ha portato Riley et al. [12] a ritenere che le tendinopa-tie possano essere un meccanismo attivo cellulo-mediato che potrebbe derivare da un’alterata regolazione delle MMPs in ri-sposta a stimoli meccanici o a microtraumi ripetuti.

Recentemente sta emergendo sempre di più l’evidenza del coinvolgimento di fattori metabolici e ormonali [13]. Diabete mellito, patologie della tiroide, alterazioni ormonali, ipercole-sterolemia e obesità sono stati messi tutti in relazione con la rottura della CR. Il diabete mellito è stato riconosciuto come fattore di rischio. Uno studio ecografico in pazienti asintoma-tici ha evidenziato una maggiore incidenza di degenerazioni tendinee nei soggetti diabetici rispetto al gruppo di controllo [14]. Inoltre, i pazienti diabetici hanno presentato peggiori ri-sultati funzionali, una maggiore incidenza di rirotture e una più alta percentuale di complicanze dopo la riparazione chi-rurgica di una lesione della CR rispetto ai pazienti non diabe-tici [15]. Il motivo è dovuto alla glicosilazione delle proteine dell’ECM dei tendini, che è una reazione spontanea in presen-za di elevati livelli di glucosio e che è già stata messa in rela-zione con molte delle complicanze sistemiche del diabete. A loro volta, le proteine glicosilate possono dare origine ad altre reazioni spontanee che portano alla formazione dei cosiddetti Advanced Glycation End products (AGEs) [16], i quali sono in grado di determinare il cross-linking delle proteine, in par-ticolare delle fibre collagene.

Un recente studio su animale ha dimostrato come il cross-lin-king delle fibre collagene dei tendini determini un’alterazione dello scivolamento delle fibre stesse, alterandone le proprietà meccaniche [17]. La formazione di AGEs nei pazienti diabetici è pertanto in grado di alterare l’ECM dei tendini, modificando-ne le caratteristiche e predisponendoli alla rottura [18].

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Gli stessi processi di glicosilazione sono stati anche eviden-ziati e messi in relazione con la tendinopatia calcifica [19] e con le modificazioni dei tendini legate all’età [20], maccani-smo che potrebbe spiegare l’aumento dell’incidenza delle rot-ture della CR in rapporto con l’età. Una relazione tra disordini tiroidei e dolore alla spalla era già stata ipotizzata negli anni Venti, ma purtroppo non è mai stata investigata. Solo recente-mente uno studio istologico e immunoistochimico ha messo in evidenza come i recettori degli ormoni tiroidei siano pre-senti sulla membrana cellulare dei tenociti, e come gli ormoni tiroidei (T3, T4) abbiano la capacità di stimolare la prolifera-zione dei tenociti e di prevenirne l’apoptosi in modo dose-di-pendente [21]. Uno studio epidemiologico ha confermato una maggiore incidenza delle rotture della CR nei pazienti affetti da ipotiroidismo rispetto ai controlli [22].

Gli effetti dell’ipercolesterolemia nella patogenesi delle ten-dinopatie non sono ancora chiari, anche se uno studio clinico ha evidenziato una maggiore incidenza di rotture della CR nei pazienti con alti livelli di colesterolo [23].

Tuttavia, gli studi su animale hanno dato per il momen-to risultati contrastanti. Infatti, mentre alcuni lavori hanno riportato ridotte proprietà meccaniche, un’alterazione della rigidità e del modulo di elasticità del capo lungo del bicipite e del tendine sovraspinato in maiali [24] e topi [25] trattati con dieta ipercolesterolemica, un altro studio ha dato risultati opposti [26].

Le analisi istologiche non hanno messo in evidenza dif-ferenze significative nell’organizzazione delle fibre collagene, nella cellularità e nella forma dei tenociti dopo la riparazione di una lesione del tendine sovraspinato [25]. Studi recenti stanno mettendo in evidenza come anche l’obesità [27-29],

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Eziopatogenesi 37

i livelli ormonali di androgeni ed estrogeni [30, 31], quindi il sesso, ed elevati livelli endogeni di glucocorticoidi [32, 33] possano essere fattori di rischio per le rotture tendinee.

Il ruolo dell’infiammazione è ancora dibattuto. Infatti, men-tre diversi studi istologici hanno escluso la presenza di cellule dell’infiammazione [34], lavori recenti hanno evidenziato la presenza di macrofagi, linfociti e mastociti, cellule dell’infiam-mazione cronica che tuttavia sembrano essere maggiormente legate ai processi di guarigione dei tendini piuttosto che essere la causa delle tendinopatie [35].

In conclusione, le rotture della CR hanno una patogenesi multifattoriale. Ognuno di questi fattori è in grado di determi-nare un’alterazione dell’omeostasi dei tendini che, quando non è più in grado di ripararsi, porta alla degenerazione dell’ECM e alla rottura (Failed Healing Response) [36]. Tuttavia, il ruolo di alcuni fattori deve essere ancora chiarito, e solo un loro stu-dio sistematico potrà definirne il peso nell’eziopatogenesi delle rotture dei tendini della cuffia dei rotatori.

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Storia naturale delle rotture della cuffia dei rotatori 41

Storia naturale delle rotture della cuffia dei rotatori

La storia naturale delle rotture dei tendini della cuffia dei ro-tatori (CR) può variare a seconda della grandezza della lesio-ne, delle caratteristiche del paziente, delle sue comorbilità ma, se non trattate, hanno la tendenza a evolvere. Infatti, i tendini si retraggono medialmente rispetto alla glena, mentre le fibre muscolari possono andare incontro a una degenerazione adipo-sa. Quando una rottura coinvolge due o più tendini viene detta massiva, che però deve essere distinta da una rottura irrepara-bile che, pur essendo massiva, ha perso la possibilità di guarire. Questo è dovuto alla retrazione tendinea, che non permette più di posizionare i tendini della cuffia correttamente sul footprint e alla degenerazione dei ventri muscolari che si infarciscono di tessuto adiposo e non sono più funzionali. Purtroppo, le lesioni massive rappresentano circa il 40% di tutte le lesioni sottoposte a riparazione [1] e circa il 7-10% di quelle giudicate irreparabili secondo Grimberg e Kany [2].

Sebbene l’incidenza della rottura della CR sia elevata, au-menti in modo lineare con l’età e sia una causa molto frequen-te di dolore, non tutte le rotture sono sintomatiche [3]. Inoltre, spesso una rottura sintomatica della CR è associata a una asin-tomatica della spalla controlaterale. Yamaguchi et al. [4], infat-ti, hanno osservato che rotture asintomatiche della CR erano presenti nel 35% di pazienti con una rottura sintomatica nella

( FIG. 1,2)

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spalla controlaterale. Inoltre gli autori hanno riscontrato una relazione tra l’ampiezza della lesione e la presenza di sintomi.

Biomeccanica delle rotture della cuffia dei rotatori

Oltre a garantire il movimento della spalla, la cuffia dei rotato-ri agisce anche come stabilizzatore dinamico dell’articolazione gleno-omerale e mantiene la testa dell’omero centrata nella ca-vità glenoidea. La rottura e la perdita della funzionalità dei suoi tendini determinano un’alterazione biomeccanica che compor-ta la risalita della testa dell’omero verso il piano sottoacromiale. Questo è un meccanismo di compenso che garantisce alla spalla una nuova condizione di stabilità e crea un nuovo centro di ro-tazione biomeccanicamente efficiente [5]. Da un punto di vista clinico, questa alterazione comporta un’evoluzione in artrosi eccentrica. Tre gruppi di forze agiscono sull’articolazione gle-no-omerale, cioè il peso del braccio, le forze muscolari e le forze di reazione articolare. Il peso del braccio crea un momento at-torno all’articolazione che è controbilanciato da quello generato dalle forze muscolari del deltoide e del muscolo sovraspinoso, che sono attivamente coinvolti nell’elevazione del braccio. Una formula matematica esprime il momento di equilibrio intorno al centro di rotazione, che viene espresso come:

W x sin (ΘA) x 1w – Fd x rd –Fs x rs =0

dove W è il peso della parte superiore del braccio (0,052 peso corporeo), ΘA è l’angolo di abduzione braccio, 1w è la distanza tra il centro comune e il centro di massa della parte superiore del braccio (318 mm), ovvero il punto della glena dove viene applicata la forza, Fd è la forza del muscolo deltoide, rd è il brac-

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cio della coppia della forza del muscolo deltoide, Fs è la forza del muscolo sovraspinato, rs è il braccio della coppia della forza del muscolo sovraspinoso. Due equazioni forza di equilibrio posso-no essere ottenute per i componenti di forza perpendicolari (x) e parallelo (y) alla superficie glenoide. Se la forza peso del brac-cio W è superiore alla forza espressa dai muscoli il sistema non è più in equilibrio, il movimento non si genera e la spalla non si eleva. La perdita della forza del sovraspinoso viene bilancia-ta dall’aumento della forza del deltoide. Tuttavia, la progressiva risalita della testa dell’omero determina la riduzione del braccio di leva del deltoide, che comporta di nuovo una perdita dell’e-quilibrio e la spalla tende alla pseudoparalisi.

Degenerazione adiposa

Con il passare del tempo, le fibre muscolari vanno incontro a una degenerazione adiposa, che è una condizione degenerativa dell’unità muscolo-scheletrica, caratterizzata da atrofia delle fi-bre muscolari, fibrosi e accumulo di tessuto adiposo dentro e at-torno al muscolo. Goutallier è stato il primo a descrivere questo fenomeno nel 1989, classificato in 5 stadi [6]. La degenerazione adiposa dei muscoli della cuffia dei rotatori è uno dei principali fattori che influenzano i risultati della riparazione chirurgica, e diversi autori hanno dimostrato che non solo questa non è reversibile ma può addirittura progredire anche dopo l’inter-vento chirurgico [7]. Un recente studio osservazionale [8] su oltre 1.680 spalle ha messo in evidenza come la degenerazio-ne adiposa dei ventri muscolari sia direttamente proporzionale all’ampiezza della lesione e al tempo trascorso dall’inizio della sintomatologia, confermando i primi studi di Goutallier [9]. In particolare, questa è maggiore quando il tendine sottospinato

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è rotto e quando due o più tendini della cuffia sono coinvolti, mentre è minima in caso di rotture parziali o di rotture del ten-dine sottoscapolare. Gli autori sono riusciti anche a quantificare dopo quanto tempo dall’insorgenza dei sintomi compariva la degenerazione adiposa. Dopo circa 2 anni e mezzo dalla rottura traumatica del tendine sovra e sottospinato era visibile uno sta-dio di degenerazione pari a 2 sec. Goutallier, mentre dopo circa 4 anni dal trauma, se non riparati, i muscoli della cuffia dei ro-tatori presentavano uno stadio di degenerazione pari a 3-4. Una rottura isolata del tendine del sovraspinato o del sottoscapolare può sempre determinare l’infarcimento di tessuto adiposo delle fibre muscolari, ma più lentamente e in minore quantità. Per questi motivi gli autori raccomandano di non far passare troppo tempo tra l’insorgenza dei sintomi e l’intervento chirurgico.

Rotator Cuff Arthropathy

La Rotator Cuff Arthropathy (RCA) rappresenta lo stadio fina-le dell’evoluzione delle rotture della cuffia dei rotatori. La RCA è stata per la prima volta descritta da Neer [10] nel 1983, ed è una condizione caratterizzata da insufficienza della cuffia dei rotatori, migrazione della testa dell’omero verso l’alto e degene-razione artrosica eccentrica dell’articolazione gleno-omerale. L’insufficienza della cuffia dei rotatori, che non è più in grado di espletare le sue funzioni di depressione e stabilizzazione della testa omerale, ne determina la risalita verso l’acromion [11]. Il conseguente conflitto con l’arco coraco-acromiale può causare un’erosione sia dell’acromion, detta “acetabolarizzazione”, sia della testa omerale, caratterizzata da un arrotondamento delle tuberosità detto “femoralizzazione” ( FIGG. 1-2). Infine la spal-la non è più in grado di muoversi attivamente, condizione detta

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Storia naturale delle rotture della cuffia dei rotatori 45

Figura 1. Immagine radiografica di RCA con deformazione dell'acromion e dell'omero prossimale

Figura 2. Immagine intraoperatoria di grave deformazione della testa omerale in paziente affetta da RCA

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spalla pseudo-paralitica. Questo fenomeno è dovuto a due mo-tivi: all’insufficienza della cuffia dei rottori e alla diminuzione del braccio di leva del muscolo deltoide. La risalita della testa dell’omero altera il centro di rotazione della testa e accorcia il braccio di leva del deltoide, che non riesce più a sviluppare la forza necessaria per l’elevazione dell’arto superiore [12]. Alcuni studi biomeccanici sulle protesi inverse di spalla, infatti, han-no dimostrato che abbassando di 10 mm il centro di rotazione dell’articolazione gleno-omerale il deltoide è in grado di espri-mere il 30% di forza in più a 60° di abduzione [13]. Visotsky et al. [14] hanno proposto una classificazione della RCA in due tipi a seconda del grado di migrazione prossimale della testa omerale e del quadro clinico ( TAB. 1).

Tabella 1. Evoluzione della RCA secondo Visotsky

Tipo Descrizione

Tipo I: Centrata

Migrazione prossimale della testa omerale minima

Tipo IA Migrazione superiore minimaStabilizzatori dinamici funzionantiPresenza di primi segni di acetabolarizzazione e femoralizzazione

Tipo IB Rispetto al tipo IA, aggiunta di erosione della superficie glenoidea e compromissione degli stabilizzatori dinamici

Tipo II: eccentrica

Evidente migrazione superiore della testa omerale

Tipo IIA Compromissione degli stabilizzatori anterioriMigrazione superiore della testa omeraleErosione della glena supero-mediale

Tipo IIB Instabilità gleno-omeraleInsufficienza degli stabilzzatori dinamiciGrave erosione della glena scapolareSublussazione antero-superiore della testa omeralePuò essere presente anche un’erosione del processo coracoideo

Fonte: Visotsky et al., 2004 [14].

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La guarigione dei tendini

Un aspetto importante dell’evoluzione delle rotture della CR è la capacità dei tendini di guarire, e questo è un argomento attualmente molto dibattuto in letteratura. La guarigione di un tendine è determinata da una complessa serie di proces-si fisiologici. Se da un lato alcuni studi istologici non hanno evidenziato la presenza di cellule e neovascolarizzazione nelle porzioni dei tendini vicini alla rottura [15], lasciando inten-dere che questi non avessero la capacità di guarire, altri auto-ri sono giunti a conclusioni diverse. Studi su animali, infatti, hanno messo in evidenza la presenza di cellule giganti multi-nucleate coinvolte nei processi di degradazione e riparazione tissutale [16], mentre studi in vitro hanno osservato la sintesi di procollagene e la deposizione di procollagene di tipo I nei frammenti di tendini prelevati in vicinanza della lesione, mo-strando come questi siano in grado di dare inizio ai proces-si di riparazione e di produrre nuova matrice extracellulare [17-18]. Gli autori hanno inoltre osservato che il tessuto nelle vicinanze della lesione, a circa 2,5 mm, presenta le potenzialità di guarire, quindi sconsigliano un debridement troppo esteso della lesione durante la riparazione.

Dall’analisi della letteratura emerge che la capacità del tendi-ne di guarire è direttamente proporzionale alla grandezza della lesione. Un interessante lavoro di Matthews et al. ha studiato, attraverso un’analisi istochimica e immunoistochimica, la tipo-logia cellulare e i cambiamenti della matrice extracellulare dei tendini della CR in rapporto alla grandezza della lesione [19]. Diversi campioni di tendini sono stati prelevati entro 15 mm dai margini della rottura da diverse lesioni classificate come picco-le, medie, grandi e massive, e confrontati con campioni di cuffia

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sani. Gli autori hanno osservato che la quantità di fibroblasti e di neovasi era inversamente proporzionale alla grandezza delle lesioni. Cellule dell’infiammazione cronica, in particolare ma-crofagi, mastociti e linfociti, che intervengono normalmente nei processi di riparazione tissutale, sono stati individuati nelle rotture di medie e piccole dimensioni, mentre il loro numero diminuiva fino a scomparire man mano che le rotture aumen-tavano di grandezza. Inoltre, le lesioni di maggiori dimensioni presentavano caratteristiche istologiche di metaplasia condroi-de, che non erano presenti in quelle più piccole.

In conclusione, le lesioni di piccole dimensioni presenta-vano le caratteristiche istologiche e citologiche di un tessuto in fase di guarigione, caratteristiche che diminuivano man mano che la lesione cresceva di dimensione e non erano più visibili in quelle massive. Questo studio istologico sembra es-sere confermato dai risultati di quello clinico di Jost et al. [3] che, nel loro follow-up a lungo termine dopo riparazione della cuffia dei rotatori, hanno osservato come le piccole rirotture, minori di 400 mm2, avessero la capacità di guarire se riparate.

Le rirotture dopo la riparazione

Per questi motivi le rirotture sono complicanze frequenti. Mol-ti autori hanno studiato questa complicanza con lo scopo di determinarne l’incidenza e le implicazioni cliniche. La per-centuale di rirottura della CR può variare dal 13% al 68% [20, 21]. Mellado et al. [22], in uno studio in RM, hanno riportato un’incidenza di rirottura del tendine sovraspinato del 46%, e del 57,6% in caso di lesioni massive. Anche in questo caso, gli autori hanno confermato una relazione tra l’ampiezza della le-sione, il grado di degenerazione adiposa dei muscoli spinati e

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l’incidenza delle rirotture. Tuttavia, non è stata trovata nessuna differenza nel tasso di rirottura tra la riparazione artroscopica e miniopen, risultato confermato poi nello studio di Osti et al. nel 2010 [23] che ha evidenziato, in particolare, che l’ampiez-za delle rirotture non sembrava aumentare anche quando non trattate. Harryman ha dimostrato una percentuale di rirottura del 20% dopo riparazione del tendine sovraspinato, percen-tuale che aumentava quanto più un tendine era lesionato [24]. La tipologia di intervento, artroscopia o miniopen, non sem-brerebbe invece influenzare il tasso di rirottura [25]. Un altro aspetto particolare e ancora non chiaro è che, sebbene i risul-tati funzionali siano diversi nei pazienti con guarigione e rirot-tura, i risultati soggettivi non differiscono. Un recente studio di Lubiatowski et al. ha infatti dimostrato che mentre gli score funzionali e l’elevazione erano inferiori nei pazienti con rirot-ture complete rispetto ai pazienti nei quali la cuffia era guarita, la rotazione esterna, l’abduzione, gli score soggettivi e il grado di soddisfazione dei pazienti non erano diversi nei due gruppi [26]. In caso di rirottura parziale, invece, vi era una differenza statisticamente significativa sul dolore.

In conclusione

La storia naturale delle rotture della cuffia dei rotatori è quella di progredire con il tempo. Queste possono sviluppare una retrazione tendinea e una degenerazione adiposa dei ventri muscolari che rendono più difficile la riparazione. Lo stadio finale è rappresentato dalla Rotator Cuff Arthropathy.

I tendini della cuffia dei rotatori sembrano in grado di guarire dopo una riparazione chirurgica, ma molti fattori ne influenzano la guarigione. Inoltre, questa è direttamente pro-

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porzionale alla grandezza della rottura stessa, così come l’in-cidenza delle rirotture. Per questo motivo può essere utile ri-parare i tendini della CR il prima possibile, evitando che la lesione progredisca verso stadi più avanzati e fornendo ai ten-dini maggiori possibilità di guarigione. Tuttavia, non vi sono studi di evidenza I che supportino questa ipotesi.

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori

Per quanto di nostra conoscenza, non è ancora disponibile una classificazione che tenga conto di tutte le complesse varia-bili anatomiche e cliniche relative alle rotture della cuffia dei rotatori.

Tale assenza è spesso motivo di confusione tra le figure sa-nitarie che approcciano i pazienti affetti da questa patologia. In questo capitolo cercheremo di elencare e chiarire il ruolo delle classificazioni più usate.

Mentre molti studi epidemiologici ed eziopatogenetici sono stati condotti nell’ultima decade, un minor numero di studi è stato effettuato per quantificare le alterazioni istopatologiche delle rotture tendinee. Nel 2001, Riley et al., dopo aver analiz-zato 118 pazienti con rottura del tendine sovraspinato, hanno proposto una scala di 4 gradi basata sull’organizzazione dei fa-sci di fibre, l’aspetto dei nuclei dei tenociti e il grado di ialiniz-zazione ( TAB. 1).

In quest’ambito sono presenti altre due classificazioni in letteratura: il Movin Score e il Bonar Score ( TAB. 2). Queste due scale sono state originariamente sviluppate rispettivamen-te per il tendine d’Achille e per il tendine rotuleo, ma recente-mente sono state modificate e validate per i tendini della cuffia dei rotatori.

Lo e Burkhart hanno invece descritto una classificazione

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 53

morfologica per la rottura dei tendini della cuffia basata sulle osservazioni artroscopiche ( FIG. 1). Le lesioni tendinee sono classificate in quattro categorie: forma a mezzaluna, forma a U, forma a L e rotture massive, retratte e immobili. Questa clas-sificazione aiuta il chirurgo a comprendere le caratteristiche della lesione e a ripararla [2].

Tabella 1. Classificazione istopatologica della degenerazione della cuffia dei rotatori secondo Riley

Grado Organizzazione dei fasci di fibre

Nuclei dei tenociti Grado di ialinizzazione

Grado 1Tendinenormale

I fasci di fibre sono ben orientati con un andamento ondula-to. Le singole fibre sono facilmente di-stinguibili all’interno del fascio.

I nuclei sono allun-gati con un pattern della cromatina non riconoscibile. I nuclei si dispongono con il loro asse parallelo ai fasci di fibre collagene.

No ialinizzazione

Grado 2Degenerazione lieve

Le fibre collagene sono relativamente ben allineate ma l’ondulazione è irregolare.

I nuclei delle cellule sono più corti ma ancora ovali. Può essere osservata una colorazione più scura della cromatina. I nuclei sono spesso disposti in corte catene che hanno un aspetto a fila indiana.

No ialinizzazione

Grado 3Degenerazione moderata

Perdita di orienta-mento delle fibre collagene.

I nuclei delle cellule sono tondi od ovali e spesso aumentati di numero. C’è una per-dita dell’orientamento dei nuclei in relazione ai fasci di fibre colla-gene. La cromatina ha una colorazione scura.

Moderata ialiniz-zazione, aree di colorazione eosi-nofila omogenea con preparazione all’ematossilina/eosina.

Grado 4Degenerazione severa

Completa perdita dell’orientamento dei fasci di fibre collagene.

I nuclei sono ridotti in numero, piccoli, scuri e tondeggianti.

Diffusa ialinizzazione con un aspetto omogeneo.

Fonte: per gentile concessione di Riley et al., 2001 [1].

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Kuhn et al. hanno identificato nove sistemi di classificazione per le lesioni della cuffia, che sono stati raccomandati per descrivere rotture tendinee parziali o a tutto spessore. Ognu-no di questi sistemi è stato usato per valutare l’outcome dei vari trattamenti per rotture di tendini della cuffia. Gli autori hanno individuato 5 sistemi di classificazione affidabili: De-

Tabella 2. Classificazione istopatologica della tendinopatia della cuffia dei rotatori secondo Bonar

Grado Tenociti Quantità di sostanza

Collagene Vascolarizzazione

Grado 0 Nuclei modestamen-te allungati senza evidente citoplasma alla microscopia ottica.

Assenza di sostanza colorabile.

Collagene disposto in fasci strettamente coesivi e ben demar-cati con un pattern di polarizzazione netto, denso, chiaro e omo-geneo e con normale ondulazione.

Non cospicui vasi sanguigni che decorrono tra i fasci.

Grado 1 I nuclei diventano di forma più ovoidale o ro-tondeggiante senza cospicuo citoplasma.

Mucina colorabile tra le fibre ma fasci ancora in numero discreto.

Diminuita polariz-zazione delle fibre: separazione delle singole fibre con mantenimento della demarcazione dei fasci.

Occasionali cluster di capillari, meno di uno per 10 campi ad alto ingrandimento.

Grado 2 I nuclei sono circolari, leggermente allargati e una piccola quanti-tà di citopla-sma diventa visibile.

Mucina colorabile tra le fibre con perdita di demar-cazione dei fasci.

Cambiamenti deifasci: separazione delle fibre con per-dita della demarca-zione dei fasci dando inizio all’espansione di tutto il tessuto e alla chiara perdita della normale polarizzazione.

1-2 cluster di capillari per 10 campi ad alto ingrandimento.

Grado 3 I nuclei sono rotondi, larghi con abbondan-te citoplasma e la formazione di una lacuna (cambiamento condroide).

Abbondante mucina in mezzo a scar-so collagene colorabile.

Separazione demarcata delle fibre con completa perdita dell’architettura.

Più di due cluster per 10 campi ad alto ingrandimento.

Fonte: per gentile concessione di Cook et al., 2004 [3].

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 55

Orio (1984), Ellman (1995), Harryman (1991), Patte (1990) e Wolfgang (1974).

Tra le classificazioni morfologiche per rotture tendinee par-ziali citiamo quella di Ellman. Questa è stata la prima classifi-cazione ad essere divulgata per le rotture parziali ed è basata su riscontri intraoperatori. In questo sistema, una rottura di grado 1 è profonda <3 mm, una rottura di grado 2 è profonda

Figura 1. Classificazione morfologica della rottura dei tendini della cuffia dei rotatori secondo Lo e Burkhart

A Forma a mezzaluna. B Forma a U. C Forma a L. D Rottura massiva. Tendine sovraspinato (SS); tendine infraspinato (IS); intervallo dei rotatori (RI); tendine sottoscapolare (Sub); legamento coraco-omerale (CHL).

Fonte: per gentile concessione di Lo, Burkhart, 2003 [4].

 

Figura  1  

 

 

 

 

A

C

B

D

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3-6 mm ma non si estende per più della metà dello spessore del tendine e una rottura di grado 3 è profonda >6 mm. Seb-bene non vi siano studi che ne confermino l’affidabilità, questo sistema è usato da molti per decidere il tipo di trattamento chirurgico.

Snyder ha invece elaborato una classificazione più detta-gliata per le rotture tendinee parziali. Il suo sistema non è sta-to però validato a causa delle valutazioni sull’affidabilità. Più recentemente Habermeyer et al. hanno sviluppato una nuova classificazione artroscopica per le rotture del tendine sopra-spinato, poi comparata con la classificazione di Snyder e di Ellman. Queste ultime due non descrivono l’estensione della rottura tendinea parziale nei piani trasversale e coronale in correlazione con l’eziologia morfopatologica. Il sistema di Ha-bermeyer include una gradazione dello spessore della rottura parziale sul lato articolare come fanno Snyder ed Ellman, ma include anche una classificazione dell’estensione della rottura e della localizzazione sul piano sagittale. Benché questo sistema sembri più completo dei precedenti, è ancora una volta una classificazione artroscopica, che ne limita pertanto l’utilizzo.

Molti parametri sono da considerarsi importanti per de-scrivere la rottura tendinea completa a carico della cuffia dei rotatori. Questi comprendono: le dimensioni, il numero di tendini coinvolti, la forma della lesione, la qualità del tessuto tendineo e la rilevazione di infiltrazione adiposa e di atrofia muscolare tramite TC/RMN. Tra i più comuni sistemi utiliz-zati, nessuno considera tutti insieme questi fattori.

Tra i sistemi che valutano la dimensione della lesione, uno dei più comunemente utilizzati è quello sviluppato da De Orio e Cofield. Essi hanno classificato le rotture del tratto antero-posteriore del tendine, usurato dalla testa omerale,

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 57

misurandole nel corso dell’intervento chirurgico. Il sistema individua rotture piccole se sono <1 cm, medie se sono com-prese tra 1 e 3 cm, massive se sono >5 cm di lunghezza. Bayne e Bateman hanno ideato un sistema simile ma meno comu-nemente utilizzato, in cui classificano le rotture di grado 1 se sono <1 cm dopo il debridement chirurgico, di grado 2 se sono di 1-3 cm dopo il debridement, di grado 3 se sono di 3-5 cm e di grado 4 se sono rotture globali. Le due classificazioni sono simili e possono esserte utilizzate in maniera interscam-biabile. Il maggior limite è che non sono in 3 dimensioni e pertanto possono sovrastimare la difficoltà della riparazione. In aggiunta, queste non identificano quali tendini siano coin-volti. Inoltre, non sono presi in considerazione altri fattori importanti per la procedura chirurgica come la forma della lesione e l’infiltrazione adiposa. Nonostante quanto detto, la classificazione di DeOrio e Cofield è una delle più utilizzate nella letteratura ortopedica.

Vi sono anche sistemi che tengono in considerazione il nu-mero di tendini coinvolti. Tra queste troviamo la classificazio-ne di Harryman attuata nel corso dell’intervento chirurgico. Lo stadio IA è una rottura parziale e lo stadio IB è una rottura completa e isolata del tendine sopraspinato. Lo stadio II inclu-de il sovraspinato e una porzione dell’infraspinato. Lo stadio III include interamente i tendini sovraspinato, infraspinato e sottoscapolare. Lo stadio IV è un’artropatia della cuffia dei ro-tatori. Questo sistema non è stato però validato.

I sistemi di classificazione basati sul numero di tendini coinvolti, come quello di Harryman, sono importanti per pre-dire l’estensione della procedura chirurgica necessaria alla ri-parazione della rottura, ma non differenziano il tipo di rottura o il metodo necessario per la riparazione.

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Altra caratteristica di cui tener conto è la forma della lesio-ne. Ellman e Gartsman hanno sviluppato un sistema di classi-ficazione che prende in considerazione la natura tridimensio-nale delle lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori. Le lesioni con forma a mezzaluna sono larghe (antero-posteriori) senza minima retrazione. Le rotture a L rovesciata e a L hanno una porzione del tendine lesionata dalla testa omerale che in segui-to si estende medialmente nel tendine assumendo una forma a L o a L rovesciata. Le lesioni trapezoidali sono più larghe e prendono la forma di un trapezio. Le rotture massive sono più larghe e irreparabili. Questa classificazione è basata ancora una volta su quanto osservato nel corso dell’intervento chirur-gico e, inoltre, non è stata validata.

Un grande limite di ognuno di questi sistemi è che non pos-sono essere usati nel preoperatorio per dare al paziente una prognosi per un outcome di successo. Il sistema di classifi-cazione ideale, una volta validato, non dovrebbe soltanto de-scrivere e categorizzare il tipo di rottura, ma dovrebbe anche eventualmente essere usato per scegliere il tipo di chirurgia necessario per la riparazione e per dare al paziente un’idea di un eventuale outcome della procedura chirurgica. Dal mo-mento che questi sistemi classificano la rottura solo durante l’atto chirurgico, non possono essere usati con proposito pro-gnostico. È altrettanto vero che nessuna indagine di diagnosti-ca per immagini sarebbe in grado di far apprezzare le caratte-ristiche e la qualità del tessuto tendineo così come è in grado di fare il chirurgo esperto nel corso dell’intervento.

Burkhart ha sviluppato una classificazione geometrica ba-sata sulla valutazione preoperatoria con la RMN. L’autore ha classificato il tipo di rottura in 4 forme e supposto che la forma sia correlata all’outcome. Dopo la misurazione della rottura sul

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 59

piano sagittale e coronale con la RMN, si possono distinguere quattro tipi di lesioni:

X tipo 1: la rottura è a forma di mezzaluna ed è relativamente corta nell’immagine coronale e larga in quella sagittale.

X tipo 2: la rottura è longitudinale (a forma di U o di L) ed è relativamente lunga nell’immagine coronale e stretta in quella sagittale.

X tipo 3: la rottura è massiva e contratta essendo lunga nell’im-magine coronale e larga in quella sagittale.

X tipo 4: include rotture massive, artrosi glenomerale e ridu-zione della distanza glenomerale indicativa di un’artropatia della cuffia dei rotatori. Il vantaggio di questo sistema è che può essere usato prima dell’intervento chirurgico.

Queste classificazioni sono affidabili soltanto nella configu-razione del tipo di rottura. Sebbene aggiungano informazioni che possono aiutare la preparazione chirurgica (e la prognosi in quella di Burkhart), non danno però informazioni sulle di-mensioni della rottura, la retrazione e la qualità del tendine.

Sono state sviluppate anche classificazioni più complesse. Per esempio, il sistema di Patte ( FIG. 2) ha valutato diver-si fattori individuando 5 principali categorie: (1) l’estensione della rottura tendinea, (2) la topografia della rottura sul piano sagittale, (3) la topografia della rottura sul piano frontale, (4) la topografia qualitativa dei muscoli dei tendini lacerati e (5) lo stato del capo lungo del bicipite, misurati con l’imaging pre-operatorio.

La classificazione di Patte ha una moderata adesione per la valutazione della retrazione tendinea in vari studi. È stato

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dimostrato che questo sistema permette anche una certa valu-tazione della prognosi a seguito della riparazione della cuffia. Non sono però presi in considerazione le dimensioni e la for-ma della lesione, la qualità tissutale e i tendini coinvolti.

Snyder ha sviluppato una classificazione per descrivere l’e-stensione della lesione, la localizzazione e la dimensione. La localizzazione della rottura è classificata come articolare, bur-sale o completa. Le rotture parziali sono sottoclassificate: (0) normali, (1) minima irritazione superficiale bursale o sino-viale o minimo consumo capsulare, (2) consumo e rottura di alcune fibre dela cuffia in aggiunta a danno sinoviale capsulare o bursale, (3) danno da consumo più severo e frammentazione delle fibre tendinee che spesso coinvolge l’intero tendine della cuffia, generalmente <3 cm, (4) parziale e molto severa rottura tendinea della cuffia caratterizzata da una lesione considere-vole e che comprende più di un tendine. Queste descrizioni sono maggiormente qualitative che quantitative e non hanno un’adeguata concordanza interosservatore. Le rotture complete

Lo score di Patte valuta il grado di retrazione tendinea sul piano frontale della RMN. 1 Rottura completa con lieve retrazione tendinea. 2 Retrazione del tendine a livello della testa omerale. 3 Retrazione del tendine a livello della glenoid.

Fonte: per gentile concessione di Patte, 1990 [5].

Figura 2. Classificazione di Patte delle rotture della cuffia

 

1 2 3

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 61

sono invece classificate: (C1) piccole complete rotture, con am-piezza di un foro, (C2) rottura moderata <2 cm che coinvolge solo un tendine senza retrazione, (C3) rottura larga e completa che coinvolge un intero tendine con una minima retrazione generalmente di 3-4 cm, (C4) rottura massiva della cuffia che coinvolge 2 o più tendini con retrazione associata e lesione dei tendini rimanenti. Questo sistema, come gli altri, non include tutti i fattori considerati importanti per una completa classifi-cazione delle rotture tendinee della cuffia dei rotatori.

Una buona classificazione dovrebbe invece dare solide in-formazioni riguardo al tipo di intervento chirurgico da ese-guire, alle difficoltà e alla prognosi.

È stato dimostrato che l’integrità della riparazione è corre-lata alle dimensioni preoperatorie della rottura e all’infiltra-zione adiposa, valutabili con una RMN prima dell’intervento chirurgico. È stato anche dimostrato che l’infiltrazione adi-posa e l’atrofia muscolare non migliorano dopo una ripara-zione strutturale di successo della cuffia e che la loro presenza è correlata con un peggiore outcome funzionale. Quindi, un sistema di classificazione completo per la rottura della cuf-fia dei rotatori dovrebbe includere informazioni sull’atrofia muscolare e sull’infiltrazione adiposa dei muscoli della cuffia.

Ad esempio, Thomazeau ha elaborato una classificazione per il ventre muscolare del sovraspinato basandosi sulla por-zione occupata dal muscolo nella fossa del sovraspinato nelle immagini oblique-sagittali T1 pesate in RMN. Nello stadio 1 il muscolo è normale o con una lieve atrofia, nello stadio 2 il muscolo presenta una moderata atrofia e nello stadio 3 il muscolo mostra una seria o severa atrofia. Anche Warner et al. hanno descritto una scala che classifica l’atrofia muscola-re basandosi sulle immagini di risonanza magnetica sul pia-

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no sagittale obliquo. Il sistema classifica l’atrofia sia del ventre muscolare del sovraspinato sia dell’infraspinato come assente, lieve, moderata o severa ( FIG. 3). Gli studi hanno mostra-to che c’è una moderata concordanza interosservatore usando questo sistema.

Goutallier ha invece introdotto una classificazione dell’in-filtrazione adiposa del sovraspinato basata sulla presenza di strie lipidiche nel ventre muscolare usando immagini TC. Nel-lo stadio 0 il muscolo è normale, nello stadio 1 il muscolo ha alcune strie lipidiche, nello stadio 2 l’infiltrazione adiposa è importante ma c’è ancora una maggior quantità di muscolo che di grasso, nello stadio 3 si riscontra un’uguale quantità di grasso e di muscolo e nello stadio 4 si rileva una maggiore presenza di grasso che di muscolo. Questo sistema di classifi-cazione è spesso citato ma gli studi non hanno mostrato una buona concordanza interosservatore e non è stato ancora cor-relato all’oucome. Fuchs ha pubblicato una simile classificazio-ne utilizzando la RMN ( FIG. 4).

Figura 3. Classificazione dell’atrofia dei muscoli della cuffia dei rotatori secondo Warne

 

Assente Lieve Moderata Severa

La scala di Warner è basata sulla relazione del muscolo con una linea retta che con-nette la coracoide con la spina scapolare o la coracoide all’apice della scapola (per valutare il sovraspinato).

Fonte: per gentile concessione di Wolfgang, 1974 [6].

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 63

Sulla base di quanto detto, per applicare adeguatamente i ri-sultati degli studi alla pratica clinica, è necessaria una valu-tazione tramite uno studio standardizzato. Non è stato finora identificato un sistema di classificazione di uso corrente che includa tutti i fattori indispensabili per un’adeguata classifi-cazione delle caratteristiche di una rottura tendinea a carico della cuffia dei rotatori. Quindi, è necessario un nuovo sistema che includa dimensioni della rottura, localizzazione, forma, retrazione e qualità tissutale e che dimostri avere un’affidabili-tà adeguata inter e intraosservatore [8].

Classificazione delle rotture irreparabili della cuffia dei rotatori

È doveroso citare la classificazione di Castricini et al. [9] per le rotture irreparabili dei tendini della cuffia dei rotatori. Que-sto nuovo sistema di classificazione è basato sull’imaging pre-

Figura 4. Scansioni in RMN che mostrano una degenerazione adiposa maggiore del 75%

A Immagine coronale T2 pesata con degenerazione adiposa maggiore del 75% del muscolo infraspinato. B Immagine sagittale T1 pesata con degenerazione adiposa maggiore del 75% dell’infraspinato.

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

A B

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operatorio e sull’osservazione intraoperatoria. È importante valutare la degenerazione adiposa nei tendini con una rottura riparabile (che predice il potenziale di guarigione) e viene uti-lizzato il segno “+” se la degenerazione è <50% o un segno “-” se la degenerazione è >50%.

La rottura è definita irreparabile se la mobilizzazione tissu-tale intraoperatoria e le tecniche di rilasciamento non riesco-no a riportare il tendine fino alla sua sede di inserzione.

Con questo sistema le condizioni di ogni tendine della cuf-fia sono descritte in termini di integrità/lesione e di possibili-tà di riparazione basata sul grado di degenerazione adiposa. I tendini sono numerati sequenzialmente: 1, sovraspinato; 2, in-fraspinato; 3, piccolo rotondo; 4, sottoscapolare. La descrizio-ne della rottura è: grado 0, tendine intatto; se la rottura è ripa-rabile con una guarigione potenzialmente buona (stadio I-II di Fuchs/stadio 0-II di Goutallier) viene attribuito un segno “+”; se la rottura è riparabile ma con una guarigione poten-zialmente scarsa (stadio III di Fuchs/stadio III-IV di Goutal-lier) è attribuito un segno “-”; un tendine rotto e irreparabile è semplicemente indicato con il numero del tendine ( TAB. 3).

Come già accennato, tale sistema di classificazione si basa sui riscontri oggettivi intraoperatori ( FIG. 5); questo sistema descrive la rottura della cuffia dei rotatori quando almeno un tendine è lesionato in maniera irreparabile e stima lo stato e l’healing potenziale degli altri tendini sulla base delle osserva-zioni intraoperatorie e dei riscontri derivanti dalla diagnostica per immagini preoperatoria (RMN).

Una rottura della cuffia può essere considerata massiva quando sono coinvolti almeno due tendini o quando la lesione è >5cm; l’aggiunta dei dati relativi alla localizzazione può far parlare di rottura massiva posterosuperiore o anterosuperiore.

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 65

Tabella 3. Alcuni tipici pattern di rotture irreparibili di tendini della cuffia dei rotatori

Tipo di lesione Caratteristiche della lesione1, 2+ Rottura irreparabile del sovraspinato, rottura riparabile dell’in-

fraspinato con una guarigione potenzialmente buona1, 2 Rottura irreparabile del sovraspinato e dell’infraspinato1, 2, 4+ Rottura irreparabile del sovraspinato e dell’infraspinato, rottu-

ra riparabile del sottoscapolare con una guarigione potenzial-mente buona

1, 4 Rottura irreparabile del sovraspinato e del sottoscapolare1, 2- Rottura irreparabile del sovraspinato, rottura riparabile dell’in-

fraspinato con una guarigione potenzialmente scarsa

Fonte: per gentile concessione di Castricini et al., 2014 [9].

Figura 5. Rottura irreparabile del sovraspinato e dell’infraspinato (rottura 1, 2 secondo la classificazione proposta)

Fonte: per gentile concessione di Castricini et al., 2014 [9].

 

 

Figura  5  

 

 

 

 

 

 

 

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Le rotture massive sono più complesse da trattare rispetto a quelle più piccole e l’outcome è meno prevedibile. Le rotture massive possono essere irreparabili quando la retrazione tis-sutale ha reso l’unità muscolo-tendinea rigida e poco mobile.

La maggiore limitazione di questa classificazione sta nel fatto che è basata su osservazioni intraoperatorie dal momen-to che la valutazione della plasticità tissutale residua e della direzione della retrazione tendinea non sono oggi possibili nel preoperatorio. Un’altra limitazione consiste nel fatto che le rot-ture associate devono essere descritte separatamente.

Ad ogni modo, tale sistema può contribuire allo sviluppo di un più esaustivo e riproducibile modello di classificazione.

La classificazione geometrica di Burkhart

Nel 1944 McLaughlin descrisse le lesioni della cuffia suddi-videndole in: (1) rotture trasversali, (2) rotture verticali e (3) rotture retratte. La classificazione geometrica di Burkhart con-divide delle caratteristiche comuni con quella di McLaughlin. Però il sistema di McLaughlin non fu largamente adottato. Le più recenti classificazioni per rottura della cuffia spesso descri-vono solo una dimensione della rottura tendinea o il numero di tendini lesionati. Queste non hanno perciò lo stesso vantag-gio delle informazioni tridimensionali sul tipo di rottura ten-dinea, che sono ottenute attraverso una RMN preoperatoria o all’artroscopia, per poter decidere il trattamento più idoneo. Come ricordato, DeOrio e Cofield hanno usato la lunghezza del maggiore diametro della lesione per ottenere 4 categorie: rottura piccola, media, larga e massiva. Ma si tratta di una de-scrizione monodimensionale. Il sistema di Harryman et al. e quello di Gerber et al. si basano invece solo sul numero di

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tendini lesionati. Questi sistemi non differenziano il tipo di rottura o il metodo necessario per la riparazione.

Discorso differente può essere fatto per la classificazione geometrica. Questa distingue 4 tipi di rottura ( TAB. 4).

Il tipo 1 comprende rotture a forma di mezzaluna che sono relativamente corte e larghe ( FIGG. 6,7) La lunghezza me-diale-laterale di questa rottura è minore di quella antero-po-steriore. La riparazione di questo tipo di lesione viene gene-ralmente eseguita fissando direttamente il tendine sull’osso (riparazione end-to-bone). Il tipo di lesione può essere de-terminato attraverso una RMN preoperatoria che mostra una lesione con una lunghezza coronale minore o uguale alla lar-ghezza della rottura sul piano sagittale e una lunghezza <2 cm è generalmente indice di una lesione a forma di mezzaluna e di necessità di una riparazione end-to-bone.

Il tipo 2 comprende lesioni longitudinali (forma a U e a L) che sono relativamente lunghe e strette ( FIGG. 8,9). La lun-ghezza mediale-laterale di queste rotture è maggiore rispetto

Tabella 4. Classificazione geometrica

Tipo Descrizione RMN preoperatoria

Trattamento Prognosi

1 Forma a mezzaluna Rottura corta e larga

Riparazione end-to-bone

Buona o eccellente

2 Longitudinale (L o U) Rottura lunga e stretta

Convergenza dei margini

Buona o eccellente

3 Massiva contratta Lunga e larga >2 × 2 cm

Scorrimenti a intervallo o ripara-zione parziale

Ragionevole o buona

4 Artropatia della cuffia dei rotatori

Artropatia della cuffia

Artroplastica Ragionevole o buona

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

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Figura 7. Esempio clinico di rottura di tipo 1 alla RMN

Lunghezza massima coronale (sinistra) minore della larghezza sagittale (destra). Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

Figura 6. Rottura di tipo 1: forma a mezzaluna

A La rottura è corta e larga con una lunghezza mediale-laterale (L) minore della larghezza antero-posteriore (W). B La rottura a mezzaluna può essere general-mente riparata con tecnica end-to-bone (IS, infraspinato; SS, sovraspinato).

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

A B

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Lunghezza massima coronale (sinistra) minore della larghezza sagittale (destra). Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

Figura 8. Rottura di tipo 2 (U e L)

A rottura longitudinale a forma di U (lunga e stretta). La lunghezza mediale-la-terale (L) è maggiore della larghezza antero-posteriore (W). B, C Generalmente questo tipo di lesione può essere riparata con sutura longitudinale.IS, infraspinato; SS, sovraspinato.

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

Figura  8  

 

 

Figura  8  

 

 

B CA

Figura 9. Rottura longitudinale di tipo 2 a forma di L

A Questa rottura è lunga e stretta. La lunghezza (L) è maggiore della larghezza (W). B, C Questa rottura può generalmente essere riparata con sutura longitudi-nale con ancore laterali.IS, infraspinato; SS, sovraspinato; RI, intervallo dei rotatori; Sub, sottoscapolare; CHL, legamento coraco-omerale.

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

A B C

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori70

alla lunghezza antero-posteriore. Queste lesioni possono ge-neralmente essere riparate con una sutura longitudinale dei margini (tecnica side-to-side/margin convergence) cosicché i margini convergenti possano poi essere ancorati all’osso. L’im-magine alla RMN mostra una lunghezza della rottura sul pia-no coronale maggiore della larghezza sagittale e quest’ultima, quando <2 cm, predice una rottura longitudinale ( FIG. 10).

Il tipo 3 comprende lesioni massive retratte lunghe e larghe ( FIGG. 11,12). Queste sono troppo lunghe per poter fissare direttamente il tendine sull’osso e troppo larghe per poter ac-costare i margini longitudinalmente. Per questo tipo di lesione sono necessarie altre tecniche chirurgiche come scorrimenti a intervalli e riparazioni parziali. Le immagini di RMN mostra-no una lesione con una lunghezza massima ≥2 cm sul piano coronale e una larghezza massima ≥2 cm sul piano sagitta-le che in più del 75% dei casi richiede una riparazione con

 

Figura  10  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 10. Esempio clinico di lesione di tipo 2

La rottura longitudinale alla RMN ha una lunghezza massima coronale (sinistra) maggiore della larghezza sagittale (destra).

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 71

scorrimenti a intervalli o una riparazione parziale. In maniera simile, quando l’immagine alla RMN mostra una lesione mas-sima ≥3 cm sul piano coronale e una lesione massima ≥3 cm sul piano sagittale è necessaria in tutti i casi una riparazione con scorrimenti a intervalli o una riparazione parziale.

Il tipo 4 comprende lesioni indicative di un’artropatia del-la cuffia dei rotatori associate a un’artrosi glenomerale signi-ficativa e ad una completa perdita dello spazio acromiomera-le ( FIG. 13). Queste rotture sono irreparabili con tecniche artroscopiche o open e quando vengono trattate chirurgica-mente richiedono un’artroplastica.

La classificazione geometrica può pertanto aiutare i chirur-ghi ortopedici a comunicare tra loro riguardo rotture dei tendi-ni sovraspinato, infraspinato e piccolo rotondo basandosi sull’i-dentificazione dei diversi modelli di lesione. Questo sistema costituisce un’importante guida per il trattamento e la prognosi per ogni tipo di rottura. Poiché la classificazione geometrica

Figura  11  

 

 

 

 

Figura  4  

 

Figura 11. Esempio clinico di lesione di tipo 3

Rottura massiva retratta alla RMN, con una lunghezza massima coronale (sini-stra) e una lunghezza massima sagittale (destra) entrambe >2 cm.

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori72

utilizza la RMN preoperatoria, questa può essere usata dal chi-rurgo per prendere decisioni preoperatorie e consigliare il pa-ziente. Per un uso più semplice e pratico, questa classificazione non tiene però conto di numerose comorbidità come la rottura del tendine sottoscapolare, la rottura o l’instabilità del tendine del bicipite, la rottura della glena, la degenerazione o l’instabilità glenomerale, la patologia articolare acromioclavicolare o la de-generazione adiposa della cuffia. Queste condizioni andrebbero considerate nel trattamento delle patologie a carico della spalla e possono essere considerate separatamente [7].

Figura 11 Esempio clinico di lesione di tipo 3,

Figura  12  

 

Figura 12. Lesione di tipo 3

A Tipo 3, rottura massiva retratta lunga e larga. Le riparazioni end-to-bone o side-to-side non sono possibili. Spesso sono richiesti scivolamenti a intervalli. B I tendini vengono liberati anteriormente e posteriormente. C Dopo la liberazione, c’è una maggiore mobilità tissutale. D Il sovraspinato può essere ancorato sul letto osseo. E Il difetto posteriore è chiuso con una sutura longitudinale.

Fonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

 

A B

C D E

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Classificazioni delle rotture della cuffia dei rotatori 73

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Figura  13  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 13. Radiografia della lesione di tipo 4

Si riscontra una degenerazione all’ultimo stadio dell’articolazione glenomeraleFonte: per gentile concessione di Davidson, Burkhart, 2010 [7].

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori74

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SEZIONE 2

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SEZIONE 2

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Test clinici 77

Test clinici

Le lesioni della cuffia dei rotatori sono causa comune di dolore e disabilità funzionale della spalla, con impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti. La storia clinica e l’esame obiettivo sono dirimenti [1]. Benché molti test siano stati descritti per la valutazione clinica della spalla, questi dovrebbero essere appli-cati in modo selettivo, in base al sospetto clinico. Prioritaria, in-fatti, è la valutazione della perdita del range di movimento attivo e passivo, l’arco di movimento doloroso, il trofismo muscolare, il deficit di forza e le eventuali tumefazioni [2]. In letteratura, non vi è consenso riguardo i criteri diagnostici e la validità dell’esa-me obiettivo di pazienti con dolore alla spalla da patologia della cuffia dei rotatori [3, 4], nonostante molti lavori siano stati pub-blicati al riguardo. Presentiamo di seguito i diversi test clinici, suddivisi per tendine sovraspinoso ( TAB. 1), tendine sottospi-noso ( TAB. 2) e tendine sottoscapolare ( TAB. 3).

Tendine sovraspinoso

Test di Jobe. Con il braccio del paziente abdotto a 90° sul piano orizzontale, i pollici rivolti verso il pavimento, l’esaminatore spinge il braccio del paziente verso il basso e contestualmente chiede al paziente di opporre resistenza applicando un movi-mento verso l’alto. Il test è positivo se seguito da dolore o de-ficit di forza. Quando si usa il deficit di forza quale criterio di positività del test, buona sensibilità (77-95%), valore preditti-

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Test Autore Risposta Sensibilità %

Specificità%

PPV %

NPV %

Accuratezza

Test di Jobe

Noel et al., 1989 [5]

Deficit di forza

95 65 86 85 85

Itoi et al., 1999 [6]

77 68 44 90 70

Itoi et al., 2006 [7]

87 43 79 67 79

Leroux et al., 1995 [8]

79 67 56 85 73

Kim et al., 2006 [9]

76 71 92 51 69

Kelly et al., 2010 [10]

89 60 53

Test di Jobe

Itoi et al., 1999 [6]

Dolore 63 55 31 82 57

Itoi et al., 2006 [7]

78 40 71

Leroux et al., 1995 [8]

86 50 96 22

Kim et al., 2006 [9]

94 46 46 94 62

Kelly et al., 2010 [10]

80 60 81 58 73

Full Can Test

Itoi et al., 1999 [6]

Deficit di forza

77 74 49 91 75

Itoi et al., 2006 [7]

83 53 78

Kim et al., 2006 [9]

77 68 54 86 71

Kelly et al., 2010 [10]

45 75 49

Full Can Test

Itoi et al., 1999 [6]

Dolore 66 64 37 85 64

Itoi et al., 2006 [7]

80 50 74

Kim et al., 2006 [9]

71 68 52 91 69

Kelly et al., 2010 [10]

34 25 33

Tabella 1. Test per il tendine sovraspinato

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Test clinici 79

Test Autore Risposta Sensibilità %

Specificità%

PPV %

NPV %

Accuratezza

Test di Patte

Itoi et al., 2006 [7]

Deficit di forza

84 53

Kelly et al., 2010 [10]

52 67 53

Leroux et al., 1995 [8]

83 61 21 97

Test di Patte

Itoi et al., 2006 [7]

Dolore 54 54

Kelly et al., 2010 [10]

34 100 42

Leroux et al., 1995 [8]

92 30 29 93

External Rotation Lag Sign

Hertel et al., 1996 [11]

70 100 100 56 78

Castoldi et al., 2009 [12]

12 98 73 73 73

Walch et al., 1998 [13]

98 98

Bak et al., 2010 [14]

45 91 87 57 65

Miller et al., 2008 [15]

46 94 77 78

Drop Sign

Hertel et al., 1996 [11]

21 100 99 32 43

Bak et al., 2010 [14]

45 70 65 50 56

Miller et al., 2008 [15]

73 77 61 85

Atrofia del sottospi-noso

Litaker et al., 2000 [16]

55 73 81 43

Tabella 2. Test per il tendine sottospinato

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Test Autore Risposta Sensibilità %

Specificità %

PPV %

NPV %

Accuratezza

Lift-off Test

Itoi et al., 2006 [7]

Deficit di forza

79 59

Leroux et al., 1995 [8]

0 61 0 88

Barth et al., 2006 [17]

18 100 100 77 78

Itoi et al., 2006 [7]

Dolore 46 69

Internal Rotation Lag Sign

Hertel et al., 1996 [11]

Deficit di forza

97 96 97 96 96

Scheibel et al., 2005 [18]

75

Rigsby et al., 2010 [19]

98 94

Bak et al., 2010 [14]

31 87 75 50 56

Miller et al., 2008 [15]

100 84 28 100

Belly Press Test

Barth et al., 2006 [17]

40 98 89 80 81

Scheibel et al., 2005 [18]

38

Rigsby et al., 2010 [19]

88 97

Napoleon Test

Barth et al., 2006 [17]

25 98 83 76 77

Scheibel et al., 2005 [18]

69

Rigsby et al., 2010 [19]

98 97

Tabella 3. Test per il tendine sottoscapolare

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Test clinici 81

vo negativo, VPN (85-90%) e accuratezza (70-85%) sono stati dimostrati con specificità minore (65-68%). Utilizzando il do-lore quale criterio di positività del test, sensibilità, specificità e accuratezza si riducono. C’è anche una debole correlazione fra il grado di positività del test e l’estensione della lesione. Pertan-to, il deficit di forza è un criterio di positività del test migliore rispetto al dolore.

Full Can Test. Si esegue con le braccia del paziente abdotte a 90° sul piano orizzontale, ruotate esternamente a 45°, con i pollici rivolti in alto. Il test è positivo se la pressione dell’esami-natore rivolta verso il basso evoca dolore o deficit di forza. Tale test presenta scarsa accuratezza diagnostica.

Tendine sottospinoso

Test di Patte. Valuta la forza in rotazione esterna con il brac-cio posto in flessione anteriore a 90°. L’esaminatore sostiene il gomito del paziente posto in flessione anteriore a 90° rispetto al piano della scapola e chiede al paziente di ruotare il braccio lateralmente, contro resistenza. Questo test è poco accurato.

External Rotation Lag Sign (ERLS). Si esegue con il paziente seduto e l’esaminatore alle spalle. L’esaminatore flette passiva-mente il gomito a 90°, pone la spalla in elevazione e massima rotazione esterna e sostiene il polso e il gomito. Si chiede al paziente di mantenere in modo attivo la posizione mentre l’e-saminatore lascia la presa al polso. Il test è positivo in caso di caduta del braccio. Il test ha evidenziato valori di specificità fra 91 e 98% e buona accuratezza diagnostica.

Drop Sign. Si esegue come il precedente, ponendo il braccio a 90° in elevazione rispetto al piano scapolare. Il test presenta elevata specificità.

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Atrofia del sottospinoso. Indicata dalla presenza di una con-cavità nella fossa infraspinata, in associazione a una promi-nenza della spina scapolare. Anche se tale reperto è stretta-mente associato a una lesione della cuffia dei rotatori, i valori di sensibilità e specificità sono 55% e 19%, rispettivamente.

Tendine sottoscapolare

Lift-off Test. Con la mano appoggiata al dorso (in sede me-dio-lombare), si chiede al paziente di ruotare la spalla allonta-nando la mano dal dorso. Il test è positivo se il paziente è in-capace di allontanare la mano oppure se esegue il movimento estendendo il gomito o la spalla. Il Lift-off Test presenta alta specificità (85-100%) e minore sensibilità (59-62%).

Internal Rotation Lag Sign (IRLS). Si esegue con l’esaminatore alle spalle del paziente. L’esaminatore pone il braccio affetto in massima rotazione interna, il gomito flesso a 90°, la spalla a 20° in elevazione e 20° in abduzione, e il dorso della mano appog-giato al tratto lombare del rachide fino a raggiungere la rotazio-ne interna massima. A questo punto, l’esaminatore lascia il polso e chiede al paziente di mantenere in modo attivo la posizione. Il test è positivo se si forma un intervallo. L’IRLS presenta valori di sensibilità compresi fra 96% e 98% e 84% di specificità.

Belly Press Test (BPT). Si esegue con il braccio lungo il tronco, il gomito flesso a 90°, la mano che spinge contro l’addome, in rotazione interna massima della spalla. Il test è positivo in caso di debolezza di esecuzione rispetto all’arto contro-laterale o se il paziente esegue il test estendendo il gomito e la spalla. La speci-ficità del test è inferiore a quella del Lift-off.

Napoleon Test. Si esegue come il test precedente, con la va-riante di spingere il polso, posto in estensione, contro lo stoma-

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Test clinici 83

co. Il test è positivo se il paziente esegue il test flettendo il polso. La specificità e la sensibilità del test sono superiori all’80%.

La valutazione clinica della spalla non è univoca. In caso di in-tegrità della cuffia dei rotatori, vi è disaccordo circa la corretta posizione in cui esaminare i muscoli. In pazienti con lesione so-spetta della cuffia dei rotatori, i test clinici non sono accurati nel differenziare i disturbi della cuffia dei rotatori rispetto ad altre patologie della spalla. Pertanto, altre informazioni inerenti il meccanismo di lesione, tipologia e insorgenza del dolore, e gli studi convenzionali radiografico e RMN forniscono dettagli aggiuntivi. Disordini del capo lungo del bicipite e impingement subacromiale devono essere posti in diagnosi differenziale.

Spesso non è possibile eseguire tutti i test valutativi sopra citati.

Livello di raccomandazione

A

Punti chiave

Le manovre più affidabili e sensibili per la corretta valutazione delle lesioni della cuffia dei rotatori o eventuali deficit tendinei sono:

X Test di Jobe per il tendine sovraspinoso;

X Test di Patte per il tendine sottospinoso;

X Test Lift-off e Belly Press, in base al range di movimento, per il tendine sottoscapolare.

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Parole chiave di ricercadiagnostic accurancy, clinical test, physical examinations in combinazione con rotator cuff tears

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Test clinici 85

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18 Scheibel M, Magosch P, Pritsch M, Lichtenberg S, Habermeyer P. The bel-ly-off sign: a new clinical diagnostic sign for subscapularis lesions. Arthroscopy 2005;21(10):1229-35.

19 Rigsby R, Sitler M, Kelly JD. Subscapularis tendon integrity: an examination of shoulder index tests. J Athl Train 2010;45(4):404-6.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori86

Diagnosi strumentale delle rotture della cuffia dei rotatori

Obiettivo di questo capitolo è stato valutare, attraverso l’analisi della letteratura, l’impatto delle differenti modalità diagnosti-che nella rottura della cuffia dei rotatori (RCT). Si è cercato, inoltre, di rispondere alle seguenti domande-guida.Domanda 1. Dopo il sospetto clinico di RCT qual è l’imaging di scelta per stabilire la diagnosi?Domanda 2. C’è una tecnica di imaging raccomandata per migliorare l’accuratezza diagnostica della RCT?Domanda 3. Quali sono le informazioni rilevanti che potreb-bero essere fornite da ogni modalità di imaging e che potrebbero dare un valore aggiunto per la successiva decisione terapeutica?

Abilità diagnostiche delle diverse modalità di imaging nelle RCT

Radiografia convenzionale (RX). Sebbene nella pratica clinica le radiografie siano le immagini radiologiche più frequente-mente richieste per le lesioni della spalla, non esiste nessuna regola validata per il loro utilizzo nelle lesioni dei tessuti molli della spalla [1]. Tuttavia, vale la pena ricordare che i dati for-niti da Oh et al. [2], applicando la metodica radiografica per studiare la correlazione tra le lesioni della cuffia dei rotatori e lo spessore acromiale nella forma heel-type, dimostrano che i raggi X hanno un ruolo utile ma indiretto nella diagnosi di

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Diagnosi strumentale delle rotture della cuffia dei rotatori 87

( FIG. 1,2)

RCT, supplementare a quello di esclusione di altre possibili cause di dolore alla spalla.

Ecografia (ECO). Secondo alcuni studi [3], l’accuratezza diagnostica dell’ecografia è buona e paragonabile a quella della risonanza magnetica convenzionale per identificare e quanti-ficare le lesioni complete (a tutto spessore) della cuffia dei ro-tatori, benché ci siano risultati contrastanti circa il suo valore nelle RCT parziali. Anche Robb et al. [1], hanno riportato che l’ecografia è un valido strumento per la diagnosi di una RCT a tutto spessore; lo stesso è sostenuto da Dinnes et al. [4], per i quali, a fronte di una revisione sistematica su 38 studi di coor-te, l’ecografia è risultata essere più precisa nell’individuazione di rotture a tutto spessore, mentre la sua sensibilità è risultata più bassa per il rilevamento di lesioni a spessore parziale. Ciò in accordo con Sipola et al. [5], che hanno riferito che vi è evidenza di livello III sulla non sufficiente affidabilità dell’e-cografia nella distinzione tra una cuffia dei rotatori intatta e una lesione parziale, e con Smith et al. [6], che hanno descritto l’ecografia come una metodica radiologica appropriata per la valutazione delle RCT, con sensibilità e specificità accettabi-li, affermando che la sua accuratezza è superiore per il rileva-mento delle lesioni a tutto spessore rispetto a quelle parziali.

Ottenheijm et al. [7] hanno, invece, valutato l’accuratezza diagnostica degli ultrasuoni per la rilevazione di disordini su-bacromiali; gli outcome più comunemente riportati sono sta-te le rotture a tutto spessore (22 studi, 1.843 partecipanti, 875 malati) e le rotture a spessore parziale (15 studi, 1.456 parte-cipanti, 344 malati). Hanno concluso, perciò, che l’accuratezza diagnostica dell’ecografia in pazienti con disturbi acuti resta ancora da stabilire, sottolineando come nota importante che raramente viene eseguita in contesti di assistenza primaria,

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essendo pressoché esclusivamente riservata ai pazienti con di-sturbi cronici.

È importante notare, infine, che un’evidenza di livello II è stata riportata per la bassa variabilità interosservatore dell’eco-grafia rispetto al rilevamento di RCT [8, 5].

Risonanza magnetica nucleare (RMN). Smith et al. [9] han-no valutato, tramite una revisione sistematica con metanalisi, l’accuratezza diagnostica della RMN nella diagnosi delle RCT nella popolazione adulta. Sono stati inclusi tutti gli studi di accuratezza diagnostica che hanno direttamente confrontato l’accuratezza della RMN (test indice) con reperti chirurgici sia a cielo aperto sia in artroscopia (test di riferimento) per la RCT e patologie della cuffia (sovraspinoso, sottospinoso, pic-colo rotondo, sottoscapolare). Tale revisione, in cui sono stati ammessi tutti i disegni di studio, tra cui quelli trasversali o di coorte (retrospettivi o prospettici), gli studi caso-controllo e quelli randomizzati controllati, ha riportato che l’accuratez-za diagnostica della RMN per la rilevazione delle RCT a tut-to spessore è eccellente, mentre è più limitata per le rotture a spessore parziale.

Una simile conclusione è stata riportata da Dinnes et al. [4], che hanno valutato 29 studi di coorte: per le lesioni a tutto spessore, la sensibilità e la specificità sono risultate piuttosto elevate in studi statisticamente non eterogenei, ma per la ri-levazione di RCT a spessore parziale la sensibilità è risultata molto più bassa.

Risonanza magnetica articolare (artro-RM). Uno studio prospettico su 38 pazienti ha mostrato che l’artro-RM ha una sensibilità di 0,50 e una specificità di 0,96 quando viene utiliz-zata per diagnosticare rotture a tutto spessore [10, 11].

Anche i risultati di sei studi sulla stessa metodica, ripor-

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tati nella revisione di Dinner et al. [4], suggeriscono che l’ar-tro-RM abbia una notevole accuratezza per il rilevamento del-le RCT a tutto spessore, ma si rivela molto meno consistente per la rilevazione di lesioni a spessore parziale.

Al contrario, il livello I di evidenza scientifica riportato in altri due studi [12, 7] ha descritto l’artro-RM come una me-todica accurata per escludere lesioni parziali della cuffia dei rotatori.

In conclusione, nonostante l’invasività dell’artro-RM, che limita la sua utilità rispetto alla RMN e all’ecografia, questa indagine potrebbe essere ancora considerata per la sua elevata sensibilità e specificità [3].

Nella comparazione della sensibilità e specificità dei diversi strumenti di imaging nella diagnosi di RCT è inclusa poca let-teratura in base alla data di pubblicazione.

La sensibilità e la specificità dell’ecografia e della RMN non si sono dimostrate significativamente differenti nella rileva-zione di RCT parziali o a tutto spessore (livello di evidenza scientifica I), come riportato da Dinnes et al. [4], nella cui revisione di 38 studi di coorte non è emerso chiaramente se un’ecografia negativa potrebbe attendibilmente escludere la presenza di una rottura.

Mentre una metanalisi di 29 studi di coorte sull’utilizzo del-la RMN per le RCT concludeva che è il test più importante per escludere una lesione a tutto spessore, Ardic et al. [13], hanno dimostrato che, nonostante l’alta sensibilità dell’ECO per la diagnosi di RCT (98,1%), la RMN è risultata superiore all’ecografia per l’identificazione di anomalie di molte struttu-re importanti della spalla come, ad esempio, una lesione del labbro glenoideo e un’ipertrofia o un versamento della borsa subacromiale. Sorprendentemente, nel 71% dei pazienti è stata

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dimostrata alla RMN una rottura completa del sovraspinoso e, nel 44%, una rottura del labbro glenoideo, mentre l’ecografia non è stata in grado di rilevare in alcun paziente né le rotture del labbro glenoideo e della grande tuberosità omerale, né le erosioni posteriori. In conclusione, quindi, le immagini eco-grafiche e di RMN hanno un’elevata e comparabile accuratezza per identificare le RCT, ma la RMN è preferibile per escludere altre lesioni/patologie della spalla.

Kelly e Fessell [14], invece, sebbene l’ECO e la RMN siano risultate equivalenti in termini di sensibilità/specificità, riten-gono che sia più opportuno utilizzare gli ultrasuoni nella dia-gnosi delle rotture parziali.

De Jesus et al. [12], inoltre, includendo 65 articoli nella loro metanalisi, hanno concluso che l’artro-RM è la metodica più sensibile e specifica per la diagnosi di entrambe le tipologie di RCT (complete e parziali).

Infine, Lenza et al. [15] hanno condotto una revisione si-stematica Cochrane, senza limiti di lingua e anno di pubblica-zione, includendo tutti gli studi prospettici che hanno valutato l’accuratezza diagnostica della RMN, dell’artro-RM o dell’e-cografia rispetto all’artroscopia o alla chirurgia a cielo aperto come standard di riferimento per la rilevazione di eventuali RCT (a spessore parziale o totale). Hanno poi concluso che la RMN, l’ecografia e l’artro-RM hanno una buona accuratezza diagnostica, che le prime due hanno simili prestazioni dia-gnostiche per il rilevamento di eventuali RCT e che entrambe hanno scarsa sensibilità per il rilevamento di rotture a spessore parziale, con sensibilità molto più bassa dell’ecografia rispetto alla RMN. La forza di evidenza per tutti i confronti in que-sta revisione sistematica risulta comunque limitata perché la maggior parte degli studi analizzati erano piccoli, eterogenei e

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metodologicamente non corretti, in aggiunta al fatto che sono stati considerati pochi studi comparativi. Questa notevole ete-rogeneità osservata in termini di sensibilità e specificità delle immagini nella diagnosi di RCT, come riportato dagli stessi autori, può essere dovuta a diversi fattori, tra cui la variabilità dei criteri per considerare un test diagnostico positivo per en-trambe le prove di indice e lo standard di riferimento (a causa di dettagli tecnici delle prove), le differenze nella selezione dei pazienti o il livello di esperienza del ricercatore.

Le risposte alle domande-guida riguardanti la letteratura in-clusa nel report sono state molto limitate.

Domanda 1. Dopo il sospetto clinico di RCT qual è l’imaging di scelta per stabilire la diagnosi?Dinnes et al., nel 2003 [4], hanno riportato che l’evidenza sul prediligere un test (ecografia/RMN/artro-RM) rispetto a un altro è molto limitata.

Robb et al. [1], nel 2009, hanno affermato che vi sono scar-se evidenze per la diagnosi delle lesioni dei tessuti molli della spalla e che la maggior parte delle raccomandazioni si basa sul consenso dei team che stabiliscono le linee guida.

È stato riportato, inoltre, che il ricorso alla diagnostica per immagini è utile dopo 6 settimane di sintomi indicativi di RCT e l’ecografia (combinata o meno con la radiografia con-venzionale della spalla per determinare osteoartrite, anomalie ossee e la presenza/assenza di calcificazioni) è stata consiglia-ta come la metodica di diagnostica per immagini più utile e conveniente per escludere una rottura della cuffia dei rotatori dopo una non responsività al trattamento conservativo.

La risonanza magnetica della spalla, invece, è stata indicata quando l’affidabilità della metodica ecografica non è presente

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o non è conclusiva; pertanto, deve essere utilizzata nei pazienti eleggibili per la riparazione chirurgica di una rottura della cuf-fia per valutare il grado di retrazione e di infiltrazione grassa dei tessuti atrofizzati [3].

Domanda 2. C’è una tecnica di imaging raccomandata per migliorare l’accuratezza diagnostica della RCT?A causa della scarsità di dati di letteratura disponibili, per la RMN sviluppata secondo l’EBM (Evidence-Based Medici-ne), ossia con l’impiego di moderni sistemi di potenza ad alto campo, gli autori raccomandano ulteriori studi per definire il protocollo ottimale da utilizzare [9]. La RMN con contrasto intra-articolare (artro-RM) è invece da considerare per esclu-dere la presenza di lesione associata intra-articolare (ad esem-pio, SLAP) o di una parziale lesione della cuffia dei rotatori, ed è preferibile eseguirne una serie nella posizione di abduzione/rotazione esterna (ABER, Abduction/ExtraRotation) per otte-nere maggiori informazioni [3].

Nel 1996, Singson et al. [16] hanno condotto uno studio retrospettivo, randomizzato e in singolo cieco, che ha rivelato che la soppressione del grasso risulta più utile nella diagnosi di rotture parziali. Alla stessa conclusione sono giunti Ardic et al. [13] che, su 43 pazienti, hanno dimostrato una correlazione tra il quadro intra-operatorio e le immagini di RM T2 pesate con tecnica fast spin-echo con e senza soppressione di grasso, con una sensibilità del 100% per le rotture a tutto spessore, del 92% per le rotture parziali con soppressione del grasso e del 67% per le rotture parziali senza soppressione del grasso.

Per quanto riguarda, infine, l’analisi ecografica ottimale della spalla, al fine di aumentare l’accuratezza dell’ecografia nel rileva-re patologie della cuffia dei rotatori, è stato raccomandato l’uti-

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lizzo di trasduttori lineari ad alta frequenza variabile, anziché di trasduttori curvi con frequenza pari a 7,5 o 5 MHz [13, 3].

Domanda 3. Quali sono le informazioni rilevanti che potreb-bero essere fornite da ogni modalità di imaging e che potrebbero dare un valore aggiunto per la successiva decisione terapeutica?È evidente che gli specialisti medici necessitano di una varietà di quadri descrittivi inerenti le RCT, dal momento che esisto-no diversi tipi di rotture con diverso impatto sul trattamento conservativo e chirurgico [17]. Ma fino a che punto i rapporti di imaging forniscono al medico le informazioni nella pratica clinica quotidiana?

Sono stati riportati pochissimi dati per quanto riguarda l’impatto terapeutico della metodica di imaging: nel 1999, Blanchard et al. [10] hanno confrontato l’impatto terapeutico della RMN con l’artro-RM della spalla nella diagnosi di RCT a tutto spessore attraverso uno studio trasversale, rilevando che la RMN ha portato a minimi cambiamenti in più nella gestio-ne prevista (36%) rispetto all’artro-RM (25%), e che tale diffe-renza non era statisticamente significativa.

I risultati dell’artro-RM hanno avuto un minore impat-to terapeutico rispetto a quelli della RMN anche in un altro studio, in cui è risultato che la RMN è da preferire al mo-mento della riparazione di una RCT, in quanto fornisce in-formazioni utili sulle dimensioni delle brecce tendinee, sulla retrazione e conseguente atrofia con infiltrazione grassa del tessuto muscolare, informazioni che guiderebbero la corretta gestione terapeutica [3].

D’altra parte Ottenheijm et al. [7], consigliano fortemente di includere l’ecografia nel processo diagnostico per escludere o includere le lesioni a spessore completo o parziale e, in mi-

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sura minore, per la diagnosi di tendinopatia, borsite subacro-miale e tendinopatia calcifica, nell’intento di ottenere risultati che possano fungere da ausilio per le successive decisioni te-rapeutiche.

Per valutare il rischio di bias è stato calcolato il punteggio AMSTAR per gli studi secondari e il punteggio QUADAS per gli studi primari. Il punteggio AMSTAR medio è risultato es-sere di 4,25 (in un range compreso tra 0 e 11). Tra gli articoli inclusi in questo report è presente anche una revisione siste-matica Cochrane che ha ottenuto il punteggio AMSTAR più alto (10/11). Tuttavia, le più comuni fonti potenziali di bias sono state l’assenza della ricerca bibliografica nella letteratura grigia, l’assenza della valutazione del publication bias e il non aver preso in considerazione nelle conclusioni il rischio di bias degli studi considerati. Inoltre, non è stata valutata la possibi-lità della metanalisi in 3 revisioni sistematiche.

Il punteggio QUADAS medio è risultato essere di 6,7 (in un range compreso tra 0 e 14). Tuttavia, le fonti potenziali di bias più comuni in questi studi primari sono risultate essere lo scorretto lasso temporale intercorso tra la somministrazione dei due test oggetto di studio e l’assenza di cecità rispetto ai risultati precedentemente valutati con il test di riferimento.

Dopo aver esaminato la letteratura, possiamo segnalare che la scelta di un metodo di imaging avanzato, dopo la valutazio-ne clinica, può essere basata sulle caratteristiche del paziente, come l’età e il sesso, la mancante risposta al trattamento non chirurgico, le informazioni cliniche, la disponibilità dell’ima-ging e il costo.

Suggeriamo, dunque, di fare affidamento su una corretta valutazione (grazie a un’approfondita anamnesi e all’esame obiettivo) per raccomandare lo strumento di imaging da uti-

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lizzare, per confermare l’evidenza clinica di un danno grave o per discernere l’esatta diagnosi quando essa appaia incerta.

La grande differenza di costo tra la metodica ecografica e quella di RMN, unitamente ai vantaggi della prima in materia di disponibilità, trasferibilità, esecuzione dell’esame dinamico in tempo reale, sicurezza, possibilità di valutazione di impianti metallici e di esecuzione di procedure guidate per via percu-tanea, nonché l’impraticabilità della risonanza nei casi di clau-strofobia o di mancanza di assicurazione sanitaria o economi-ca, oltre all’evidenza attuale dell’accuratezza dell’ecografia nella rilevazione delle RCT, ci suggeriscono che essa possa essere utilizzata come esame di primo livello dopo la valutazione cli-nica se si sospetta un’importante RCT.

Tuttavia, dal momento che l’ecografia è una tecnica opera-tore-dipendente, la sua esecuzione è condizionata dalle com-petenze dell’operatore nell’uso di apparecchiature con una suf-ficiente risoluzione.

D’altra parte, la preferenza della RMN rispetto all’ecografia potrebbe essere basata sulla capacità della prima di descri-vere accuratamente l’atrofia muscolare delle spalle con RCT, il cercine glenoideo, la capsula articolare, la cartilagine arti-colare, i muscoli e le ossa circostanti, che potrebbero risulta-re importanti per le modifiche morfologiche influenzanti la sintomatologia, il trattamento e la prognosi della condizione morbosa [13].

Come tale, la RMN sarebbe una scelta migliore rispetto all’ecografia per la rilevazione di rotture del cercine glenoideo, di erosioni ossee e di effusioni sinoviali, se sospettate durante la valutazione clinica; altrimenti, in considerazione dei proble-mi di costo-efficacia e dei valori di accuratezza simili a quelli dell’ecografia, la RMN potrebbe essere limitata ai pazienti presi

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in considerazione per un intervento artroscopico o chirurgico.A ogni modo, per ottenere un’evidenza maggiormente con-

clusiva sulla migliore metodica di imaging per la diagnosi di RCT, sono necessari studi prospettici ampi e dotati di un buon disegno, un esame clinico appropriato e la possibilità di eseguire metodiche come l’ecografia e la RMN, da sole e/o in combinazione.

Per quanto riguarda poi l’impatto terapeutico dell’ima-ging nelle RCT, nella pratica quotidiana i report di imaging riguardano prevalentemente la conferma del sospetto clinico di RCT piuttosto che fornire i dettagli e le classificazioni del tipo di rottura. Riteniamo, quindi, che tali informazioni ab-biano un impatto sulle scelte terapeutiche e sulla prognosi a esse associata.

Per essere in grado di ottenere l’utilità addizionale dell’i-maging per scelte terapeutiche più appropriate e conseguen-ti outcome migliori, si suggerisce di includere nei report ra-diologici maggiori informazioni riguardanti le caratteristiche delle RCT, annoverando valide classificazioni specificamente basate su risultati radiologici [17, 18]. In caso contrario, il ri-schio delle metodiche di diagnostica per immagini potrebbe superare i benefici e la valutazione clinica da parte di esperti potrebbe essere la base di un ulteriore intervento, mentre le successive decisioni potrebbero essere prese intra-operatoria-mente per ogni singolo caso.

Per quanto riguarda, infine, le affermazioni riguardo i valo-ri diagnostici (sensibilità e specificità) degli strumenti studiati, benché le informazioni provengano da revisioni sistematiche, possiamo considerare il livello di evidenza come moderato; infatti, gli studi inclusi, per la maggior parte, hanno un cam-pione ridotto, sono eterogenei e con potenziali rischi di bias.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori100

Riguardo alle altre conclusioni, il livello di evidenza è limitato in quanto la gran parte degli studi è eterogenea e con poten-ziali rischi di bias.

Punti chiave

X Un’anamnesi completa e un esame obiettivo dettagliato contribuiscono a una corretta selezione dell’imaging più appropriato per una diagnosi accurata.

X La RMN o l’ecografia possono confermare una possibile rottura a tutto spessore; tuttavia, se un paziente ha un di-spositivo impiantabile che non permette l’esecuzione della RMN, la radiografia convenzionale deve essere considerata come una valida alternativa.

X Allo stato attuale, è tuttora controverso quale sia l’approc-cio più preciso, conveniente, opportuno o meno invasivo per la diagnosi di una RCT completa o parziale.

X Il miglior test di imaging si basa su diversi fattori quali: la sensibilità e la specificità attesa di un test, l’esperienza dell’o-peratore nella realizzazione e nell’interpretazione dello stu-dio, la disponibilità tempestiva di un test, il costo e le con-troindicazioni dello stesso per il paziente.

Parole chiave di ricercarandomised controlled trials e systematic reviews, rotator cuff tears in combi-nazione con imaging o X ray o ultrasound o magnetic resonance o radiological diagnosis

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Diagnosi strumentale delle rotture della cuffia dei rotatori 101

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori102

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Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori 103

Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori

Lo scopo di questo capitolo è quello di valutare l’efficacia dell’e-sercizio come primo approccio terapeutico nel trattamento dei pazienti con rottura della cuffia dei rotatori.

Martins e Marziale [1] nel 2012 hanno valutato l’efficacia degli esercizi propriocettivi nel trattamento dei disturbi della cuffia dei rotatori in 18 infermieri partecipanti allo studio, i quali sono stati divisi in maniera random in due gruppi: nel gruppo 1 (di controllo, 9 soggetti), i pazienti sono stati sotto-posti a esercizi di stretching e di rinforzo muscolare, seguiti da crioterapia alla spalla, mentre i pazienti del gruppo 2 (spe-rimentale, 9 soggetti), oltre ai suddetti trattamenti, sono stati sottoposti a stimoli propriocettivi. Per valutare gli outcome sono stati utilizzzati la misurazione del range di movimento (Range Of Motion, ROM) della spalla con un goniometro, il Western Ontario Rotator Cuff Index (WORC) per la determi-nazione della qualità della vita, l’Occupational Stress Indica-tor (OSI) e la Visual Numeric Scale (VNS) per il dolore. Una riduzione significativa (p <0,01) nei livelli di intensità dello stesso è stata osservata in entrambi i gruppi dopo la terapia fisica e riabilitativa. Tuttavia, non sono state osservate signifi-cative differenze tra i gruppi in uno qualsiasi dei domini, il che impedisce di determinare quale programma di trattamento sia stato il più efficace.

( FIG. 1,2)

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori104

Nel 2013 Krischak et al. [2] hanno condotto uno studio prospettico controllato randomizzato confrontando la terapia occupazionale con gli esercizi eseguiti in regime domiciliare in 43 pazienti con rottura della cuffia dei rotatori. Ai 23 pazien-ti del gruppo di terapia occupazionale è stata prescritta una fisioterapia occupazionale con esercizi supervisionati (della durata di 8 settimane, a frequenza trisettimanale), mentre i 20 pazienti del gruppo di esercizi a domicilio hanno ricevuto un libretto illustrativo degli esercizi da effettuare, con istruzioni e dimostrazioni dettagliate. Dopo 2 mesi di terapia per entrambi i gruppi di trattamento, due terzi dei pazienti erano soggetti-vamente migliorati rispetto ai segni di impingement, mentre circa un terzo non aveva raggiunto un miglioramento o ad-dirittura era peggiorato dopo la terapia. Il ROM di spalla era migliorato in entrambi i regimi di terapia, con più alti benefici nell’abduzione. I punteggi della Visual Analogue Scale (VAS) e del Constant-Murley Score (CMS) apparivano migliorati du-rante la terapia, senza favorire una delle due tipologie di inter-vento, mentre i valori medi dell’EuroQol (EQ-5D) erano lieve-mente migliori in favore del gruppo di esercizi domiciliari. Gli autori hanno dunque concluso che un programma di terapia a domicilio, sulla base di un libretto illustrativo con esercizi indipendenti, effettuato due volte al giorno, è comparabile alla terapia occupazionale nel trattamento conservativo delle rot-ture della cuffia dei rotatori.

Per quanto riguarda, invece, il confronto tra management chirurgico ed esercizio terapeutico (ET), Moosmayer et al. [3], nel 2010, hanno incluso 103 pazienti in uno studio di confronto tra chirurgia (52 pazienti) e fisioterapia (PT) (51 pazienti) nel trattamento delle rotture di piccola e media dimensione della cuffia dei rotatori. 6 e 12 mesi dopo l’intervento le misure di

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Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori 105

outcome sono state il Constant Score (CS), la sezione dell’Ame-rican Shoulder and Elbow Surgeons (ASES) score sui resoconti personali forniti dai pazienti, la forma breve (SF-36) dell’Health Survey, misuranti i risultati in termini di dolore, forza e mobi-lità della spalla senza l’insorgenza del dolore, e grado di soddi-sfazione del paziente nei confronti del trattamento. In questo studio, per il trattamento chirurgico delle rotture della cuffia dei rotatori, sono stati registrati maggiori benefici dopo un anno in termini di outcome score rispetto alla fisioterapia, dimostran-do una significatività statistica e clinica. 51 pazienti non trattati chirurgicamente hanno accettato il risultato ottenuto dalla fisio-terapia come risultato finale, mentre 9 pazienti con insufficiente efficacia della fisioterapia sono stati trattati efficacemente con la chirurgia secondaria. Gli autori hanno dunque affermato che entrambi gli approcci potrebbero essere considerati per il trat-tamento a breve termine di pazienti con rotture della cuffia dei rotatori di piccole e medie dimensioni, ma che i risultati miglio-ri potrebbero scaturire dopo la riparazione chirurgica primaria.

D’altra parte, Kukkonen et al. [4], nel 2014, hanno sostenuto come primitivo approccio terapeutico alla rottura non trau-matica della cuffia dei rotatori nei pazienti più anziani un regi-me conservativo. Nel loro studio, sono stati valutati 3 possibili regimi nel trattamento di 180 articolazioni della spalla con rot-tura atraumatica della cuffia dei rotatori, in 173 pazienti divisi con modalità random in tre gruppi: gruppo 1 (PT), gruppo 2 (acromioplastica e PT) e gruppo 3 (riparazione chirurgica, acromioplastica e PT), nei quali il protocollo di esercizi è stato standardizzato. Alle visite di controllo a 3, 6 e 12 mesi dall’in-tervento, il Constant Score è stato applicato come misura di outcome primario, e ai pazienti è stato inoltre chiesto di dire se sentissero che la propria spalla era migliorata o peggiorata

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori106

rispetto alla condizione di preintervento, e se fossero soddi-sfatti o insoddisfatti dell’esito finale del trattamento. Tali risul-tati hanno dimostrato il successo del trattamento conservativo della rottura della cuffia.

Infine, i risultati ottenuti dalla revisione sistematica di Sei-da et al. [5], nel 2010, hanno dimostrato che l’evidenza sull’effi-cacia comparativa e sugli effetti collaterali dei vari trattamenti (chirurgici e non chirurgici) per la rottura della cuffia dei rota-tori è limitata e inconcludente, mentre Huisstede et al. [6], che nel 2011 hanno valutato l’efficacia di interventi non chirurgici e postchirurgici per le rotture sintomatiche, hanno concluso che esiste una moderata evidenza in favore del trattamento chirurgico comparato alla fisioterapia negli effetti a medio e lungo termine per il trattamento di rotture della cuffia dei ro-tatori di piccole e medie dimensioni.

Tuttavia, da questa revisione emerge chiaramente che i di-versi approcci agli esercizi sono stati studiati senza standardiz-zazione di un programma ideale per ogni singola condizione. Perciò, al fine di progettare corretti programmi motori (ben-ché i risultati degli studi di seguito riportati si siano rivelati controversi e non conclusivi riguardo a una comune base per la prescrizione degli esercizi), si consiglia di prendere in con-siderazione le note comprese in tali studi circa le differenze dell’attività della muscolatura della spalla in pazienti con rot-tura della cuffia dei rotatori, in quanto, sottolineandone la sin-golare risposta, esse pongono l’attenzione sulla progettazione di un programma specifico caso per caso.

Infatti, nello studio condotto da Shinozaki et al. [7], nel 2014, viene riportato che nei pazienti con una rottura sinto-matica l’attività del deltoide è diminuita e quella del trapezio incrementata, in quanto tali pazienti potrebbero aver utiliz-

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Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori 107

Autore N. di casio di studi inclusi

Tipo di studio

Fol-low-up

Outcome Livello di evidenza

Martins e Marziale, 2012 [1]

18 pazienti:9 nel gruppo di controllo9 nel gruppo sperimentale

RCT Follow-up non presente

Misurazione del ROM di spalla con goniometro, WORC, OSI, VNS

II

Krischak et al., 2013 [2]

43 pazienti

RCT 2 mesi post-terapia

Outcome primario: VAS, CMS, ROM di spalla Segni clinici di impingementGrado di forza nell’abduzione/adduzione e rotazione

II

Moosmayer et al., 2010 [3]

103 pazienti

RCT 6-12 mesi post-intervento chirurgico

Outcome primario: CS Sezione di ASESScore sui resoconti personali forniti dai pazientiSF-36 Health Survey Sottopun-teggi su grado di movimento, dolore, forza della spalla e grado di soddisfazione del paziente

II

Kukkonen et al., 2014 [4]

180 pazienti

RCT 3-6-12 mesi post-intervento chirurgico

Outcome primario: CS, Valutazione soggettiva com-parativa pre e po-stchirurgica Grado di soddisfazione soggettiva

II

Seida et al., 2010 [5]

3 Revisioni Cochrane e 14 studi clinici randomizzati

Revisione sistematica

I

Huisstede et al., 2011 [6]

137studi

Revisione sistematica

I

Tabella 1. Studi che comparano gli approcci di trattamento conservativo della rottura della cuffia dei rotatori

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori108

zato meno l’articolazione gleno-omerale (algogena), a favore dell’articolazione scapolo-toracica (indolore) durante gli eser-cizi di scaption (abduzione effettuata ponendo gli arti a 30°-45° in avanti sul piano orizzontale), effettuati per un totale di 200 ripetizioni in 10 minuti e con un peso pari a 0,25 kg nell’e-levazione nel piano scapolare.

In un altro studio, infine, in cui veniva testata l’attività della cuffia dei rotatori durante l’esecuzione di un programma mo-torio comprendente i movimenti di abduzione, intra- ed ex-trarotazione, è stata rilevata anche una diminuita attività del sovraspinoso, del sottospinoso e del sottoscapolare nei pazien-ti con lesioni della cuffia dei rotatori rispetto a persone con strutture muscolo-tendinee nella norma [8].

Per quanto concerne, poi, l’analisi statistica dei risultati emersi da questa revisione, il punteggio PEDro medio è risul-tato essere 6,25. Perciò, tenendo ben presente che è difficile ottenere studi in doppio cieco, possiamo concludere che la qualità metodologica degli studi inclusi è stata buona. Tutta-via, le più comuni fonti di potenziali bias sono risultate essere l’occultamento di assegnazione inadeguato e l’assenza di anali-si intention-to-treat.

Pertanto, non siamo in grado di affermare la superiorità di un trattamento.

Livello di raccomandazione

B

Punti chiave

X L’utilizzo dell’ET, come singolo trattamento o come parte di un Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) nel pazien-

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Approccio riabilitativo alle rotture della cuffia dei rotatori 109

te con rottura della cuffia dei rotatori, presenta qualche beneficio.

X Nonostante la sua conclamata efficacia, non vi è alcuna indicazione definitiva sul momento in cui iniziare il PRI, sui programmi da includervi né sulla tempistica per la ri-chiesta di un parere chirurgico.

X Al fine di definire, per questa comune condizione disabi-litante, il miglior PRI comprendente l’esercizio terapeuti-co, è essenziale condurre studi clinici randomizzati di alta qualità, utilizzando misure di outcome standardizzate per affrontare le notevoli carenze che si hanno a riguardo.

Parole chiave di ricercarotator cuff, supraspinatus, infraspinatus, subscapolaris, teres minor in com-binazione con altri termini, quali tear, lesion, pathology, injury, exercise, exer-cises, physiotherapy, rehabilitation, intervention

Riferimenti bibliografici1 Martins LV, Marziale MH. Assessment of proprioceptive exercises in the treat-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori110

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Terapia medica 111

Terapia medica

Nei pazienti affetti da rottura della cuffia dei rotatori sintoma-tica l’obiettivo del trattamento è la riduzione del dolore, il mi-glioramento dell’articolarità e della qualità di vita. In lettera-tura, è molto discussa l’efficacia dei trattamenti farmacologici.

Abbiamo preferito soffermarci sul ruolo dei FANS, in quan-to l’uso dei cortisonici e di altre molecole, tra cui gli integratori alimentari per via orale, non hanno ancora un sufficiente sup-porto scientifico.

Boudreault et al. [1] in una revisione sistematica del 2014 eseguono una metanalisi su 12 studi controllati randomizzati (RCT) di livello I riportando i risultati del trattamento in pa-zienti affetti da tendinopatia o da rotture della cuffia dei ro-tatori. La maggior parte degli studi include casi acuti in cui il dolore è il sintomo predominante.

FANS versus placebo

Gli autori analizzano 4 RCT [2-5] sull’utilizzo dei FANS ri-spetto al placebo e concludono che i pazienti trattati con FANS hanno un miglioramento della sintomatologia algica a breve termine, mentre il miglioramento osservato nella funzionalità articolare della spalla non è significativo. La metanalisi prende in considerazione un totale di 160 pazienti derivanti da 2 studi [4, 5]. Entrambi i lavori dimostrano l’efficacia dei FANS non COX specifici nel trattamento di disordini della cuffia dei ro-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori112

tatori in termini di riduzione del dolore a 4 settimane rispetto al placebo, ma mostrano eterogeneità nei risultati del miglio-ramento del Range Of Motion (ROM) in abduzione e nella funzionalità della spalla.

FANS versus infiltrazioni di corticosteroidi

Boudreault et al. [1] analizzano 3 RCT [4-6] di buon livello con un basso rischio di bias, comparando le infiltrazioni di cortico-steroidi con l’utilizzo di FANS non specifici per inibitori COX. Gli autori concludono che non sono presenti differenze signi-ficative nel controllo del dolore, quindi entrambi i trattamen-ti sono validi. Riguardo il ROM e la funzione, i risultati sono omogenei ed è stato possibile eseguire la meta-analisi su 130 pa-zienti, controllati tra le 3 e le 4 settimane. I risultati riportati in termine di ROM sono migliori nei pazienti sottoposti a tratta-mento con infiltrazione mentre non esistono differenze signifi-cative nei risultati della funzionalità. La principale complicazio-ne riscontrata è stata la dispepsia. In 2 studi [4, 5] non sono state riscontrate differenze statistiche mentre White et al. [6] hanno registrato un trend migliore nelle infiltrazioni di corticosteroidi rispetto ai FANS, ma non statisticamente significativo.

FANS non specifici versus inibitori COX-2

La stessa revisione sistematica [1] analizza i risultati di 3 RCT comparando i risultati con FANS non specifici per inibitori COX con anti-infiammatori specifici per inibitori COX-2. In tutte e 3 gli RCT non sono presenti differenze significative. Tuttavia, non è stato possibile comparare i risultati dei 3 studi, poiché 2 studi analizzavano solo i risultati con braccio a ripo-so, mentre il terzo prendeva in considerazione anche dolore

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Terapia medica 113

Autore Farmaci analizzati

N. studi (f.u. in giorni)

N. pazienti

Risultati Livello di evidenza

Boudreault et al., 2014 [1]

12 RCT

FANS vs placebo 4 (14) 120 A favore dei FANS per dolore

II

FANS NS vs COX-2

3 (14) 608 Simili sia per dolore che tollerabilità

III

FANS vs infiltra-zioni corticoste-roidi

3 (33) 200 Non sono presenti differenze

III

van der Windt et al., 1995 [10]

18 RCT

FANS vs infiltra-zioni corticoste-roidi

4 RCT (28)

n.d. A favore delle infiltrazioni sia in termini di dolore che di funzione

III

FANS vs placebo 4 RCT (14)

n.d. A favore dei FANS

III

van der Sande et al., 2013 [11]

3 SR + 5 RCT

Fans vs laser(Naproxen 550 mg x2/die 14 gg vs laser 902 nm)

1 RCT (14)

Laser II

Ibuprofene (600 mg 4/die) vs ibuprofene a lento rilascio (1.200 mg 2/die)

1 RCT (168)

147 A favore di ibuprofene tradizionale

II

FANS vs infiltra-zioni corticoste-roidi

3 RCT (28-42)

120 Non presenti differenze

II

Tabella 1. Letteratura esaminata

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori114

e funzione. Inoltre Wober et al. studiano la tollerabilità dei farmaci, concludendo che non esiste una migliore tollerabilità dei COX-2 inibitori da parte dei pazienti [7-9].

Van der Windt et al. [10] in una revisione sistematica del 1995, concludono che l’utilizzo di FANS migliora significati-vamente la funzione della spalla se comparati al trattamento con placebo. Inoltre, a differenza della revisione sistematica di Boudreault et al. [1], afferma che le infiltrazioni di corticoste-roidi hanno un miglior effetto, se paragonate al solo utilizzo dei FANS. Questo studio è limitato dall’inclusione di pazienti che presentavano patologie differenti dalle problematiche del-la cuffia dei rotatori, come l’osteoartrosi e la capsulite adesiva.

La revisione sistematica di van der Sande et al. [11], a dif-ferenza delle precedenti, conclude che i FANS non riducono il dolore a breve termine. Questa revisione sistematica ha il limi-te di essere basata solo su un RCT e quindi non ha un livello di evidenza accettabile.

L’efficacia dei FANS, sia non specifici che inibitori selettivi delle COX-2, nella riduzione della sintomatologia a breve ter-mine in pazienti affetti da tendinopatie o lesioni della cuffia dei rotatori, ha evidenze da basse a buone. Inoltre, discrete evi-denze suggeriscono che l’effetto di infiltrazioni di cortisonici è equiparabile all’effetto di FANS a breve termine. Il limite mag-giore dei lavori analizzati è il breve follow-up, che per il clinico è di fondamentale importanza per la scelta del trattamento. I risultati suggeriscono, comunque, che tramite il trattamento con FANS si può ottenere un miglioramento della sintomato-logia acuta nelle prime tre o quattro settimane, ma che un trat-tamento differente va pianificato per ottenere una completa guarigione dei sintomi e un miglioramento della funzionalità.

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Terapia medica 115

Livello di raccomandazione

C

Punti chiave

X Attualmente non esiste una terapia medica che sia risoluti-va per la rottura della cuffia dei rotatori.

X Il trattamento con FANS migliora a breve termine la sinto-matologia algica, ma non la funzionalità.

X L’effetto di infiltrazioni di cortisonici è equiparabile all’effet-to di FANS a breve termine.

Parole chiave di ricercashoulder, gleno-humeral joint, rotator cuff, acromion, supraspinatus muscle, lesion, rupture, shoulder tendinopathy, shoulder impingement, shoulder de-ficiency, shoulder disorder in combinazione con medical therapy, pain killers, NSAIDS, placebo, corticosteroids

Riferimenti bibliografici1 Boudreault J, Desmeules F, Roy JS, Dionne C, Frémont P, Macdermid JC. The

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori116

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9 Petri M, Hufman SL, Waser G, Cui H, Snabes MC, Verburg KM. Celecoxib effectively treats patients with acute shoulder tendinitis/bursitis. J Rheumatol 2004;31:1614-20.

10 van der Windt DA, van der Heijden GJ, Scholten RJ, Koes BW, Bouter LM. The efficacy of non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDS) for shoulder com-plaints. A systematic review. J Clin Epidemiol 1995;48:691-704.

11 van der Sande R, Rinkel WD, Gebremariam L, Hay EM, Koes BW, Huisstede BM. Subacromial impingement syndrome: effectiveness of pharmaceutical inter-ventions-nonsteroidal anti-inflammatory drugs, corticosteroid, or other injec-tions: a systematic review. Arch Phys Med Rehabil 2013;94:61-76.

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Terapia infiltrativa 117

Terapia infiltrativa

Il trattamento infiltrativo nelle lesioni della cuffia dei rotatori della spalla è, a oggi, argomento fortemente dibattuto e oggetto di numerosi studi di ricerca. L’obiettivo è quello non solo di stu-diare l’effetto delle singole componenti iniettate sulla sintomato-logia algica e funzionale che affligge i pazienti con tale proble-matica, ma anche, se possibile, di confrontare le diverse strategie terapeutiche per delineare uno schema di approccio specifico a ciascuna condizione morbosa, con la massima efficacia.

Da un’analisi della letteratura sono stati individuati 14 studi randomizzati di cui due di I livello. Il primo compara due grup-pi di pazienti, con tendinopatia cronica della cuffia dei rotatori, randomizzati per il trattamento infiltrativo ecoguidato con Pla-telet-Rich Plasma (PRP) o con trattamento infiltrativo ecogui-dato con soluzione salina (placebo). Il secondo valuta l’efficacia di un’infiltrazione con anestetico locale addizionata con corti-costeroide rispetto a un’infiltrazione con solo anestetico locale in pazienti affetti da tendinopatia cronica della cuffia dei rota-tori associata o meno a lesione parziale dei tendini della cuffia.

Adebajo et al. [1] circa venticinque anni fa hanno dimostra-to l’efficacia di un trattamento infiltrativo con corticosteroide rispetto a un trattamento orale con FANS (diclofenac) in pa-zienti con tendinopatia della cuffia dei rotatori.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori118

Alvarez et al. [2] hanno disegnato uno studio randomizzato controllato a doppio cieco di livello di evidenza I, che mette a confronto due gruppi di pazienti affetti da tendinopatia croni-ca della cuffia dei rotatori associata o meno a rottura parziale dei tendini della cuffia, trattati con un’infiltrazione subacro-miale con xylocaina da sola o addizionata con betametasone. Tutti i pazienti reclutati sono stati valutanti al tempo 0, 2, 6, 12 e 24 settimane dall’infiltrazione mediante il Western Ontario Rotator Cuff Index (WORC), il Disability of the Arm, Shoul-der and Hand (DASH) per l’arto superiore, la forma standar-dizzata dell’American Shoulder and Elbow Surgeons (ASES) e lo studio della motilità articolare mediante misurazione del Range Of Movements (ROM) attivo.

Sebbene entrambi i gruppi abbiano mostrato benefici dal trattamento ricevuto rispetto alla condizione iniziale, l’inie-zione con aggiunta di betametasone non si è dimostrata più efficace rispetto alla sola xylocaina in tutti i follow-up valutati.

Eyigor et al. [3] hanno comparato l’efficacia del trattamen-to infiltrativo intra-articolare con corticosteroidi (gruppo I) al trattamento con Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation, TENS (gruppo II), evidenziando che esistono differenze sta-tisticamente significative in termini di riduzione della sinto-matologia algica, del recupero della motilità e della funzione a favore del gruppo I al follow-up a 1 settimana. I pazienti sono stati valutati mediante scala visuale analogica (VAS) per il dolore, misurazione del ROM, Shoulder Disability Quastion-naire (SDQ), Short Form-36 (SF-36) e Beck Depression Scale (BDS).

Rha et al. [4] nel loro studio randomizzato controllato a doppio cieco hanno sottolineato l’efficacia di un trattamento infiltrativo ecoguidato con Platelet-Rich Plasma (PRP) rispet-

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Terapia infiltrativa 119

to a un intervento “dry needling” sul dolore, sul recupero della funzionalità ma non sul recupero dell’articolarità, in pazienti affetti da lesioni del tendine del sovraspinato (tendinosi o le-sione parziale inferiore a 1 cm). I pazienti sono stati valutati tramite lo Shoulder Pain and Disability Index (SPADI), misu-razioni del ROM passivo e un questionario sullo stato di salute globale, ad un follow-up a sei mesi dal trattamento infiltrativo. Questi dati suggeriscono l’efficacia e la sicurezza di un tratta-mento infiltrativo con PRP in pazienti con tendinosi e/o lesio-ni parziali del sovraspinato.

Holt et al. [5] hanno condotto uno studio randomizzato controllato con follow-up a più lungo termine (12 settimane), reclutando pazienti di età compresa tra i 35 e i 74 anni, affet-ti da tendinopatia della cuffia dei rotatori o capsulite adesiva da non più di 6 mesi, trattati con un’infiltrazione nello spazio subacromiale di metilprednisolone acetato 40 mg con aggiun-ta di 1 ml di lidocaina versus infiltrazione con lidocaina 1 ml somministrata da sola. I pazienti sono stati valutati mediante Oxford Shoulder Score (OSS) al tempo 0, 4 e 12 settimane dal trattamento. Gli autori hanno concluso che nonostante si sia-no apprezzati miglioramenti in termini di riduzione della sin-tomatologia algica nei pazienti trattati con corticosterodi e sia ormai assodata l’utilità del trattamento con corticosteroidi nel breve periodo, non vi sono chiare evidenze di efficacia di una soluzione terapeutica con corticosteroidi rispetto alla lidocai-na somministrata da sola nel lungo periodo.

Kesikburun et al. [6] nel loro studio randomizzato con-trollato a doppio cieco, di livello di evidenza I, hanno inve-stigato l’efficacia di un’infiltrazione ecoguidata nello spazio subacromiale con PRP versus placebo in pazienti affetti da tendinopatia cronica della cuffia dei rotatori. Tutti i pazienti

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori120

sono stati sottoposti a un programma riabilitativo specifico di 6 settimane. Le misure di outcome sono state raccolte con il WORC, lo SPADI, la 100-mm VAS per il dolore e la valu-tazione del ROM prima del trattamento, a 3, 6, 12, 24 setti-mane e 1 anno dall’iniezione. Nonostante si siano registrati miglioramenti documentati in entrambi i gruppi rispetto al baseline, a tutti i follow-up e soprattutto a un anno di di-stanza dall’infiltrazione, non si sono registrati miglioramen-ti statisticamente significativi in termini di remissione della sintomatologia algica e recupero della funzionalità tra i due gruppi.

Rabini et al. [7] hanno messo a confronto il trattamento con diatermia rispetto a un trattamento infiltrativo nello spa-zio subacromiale con corticosteroidi in pazienti con tendino-patia della cuffia dei rotatori. Le valutazioni con scala DASH, Constant-Murley Score (CMS) e VAS per il dolore hanno ri-velato a tutti i follow-up un miglioramento in termini di re-missione del dolore e recupero della funzionalità di entrambi i trattamenti rispetto al baseline, ma nessuna differenza statisti-camente significativa tra i due trattamenti.

Sebbene in letteratura siano presenti diversi studi che sot-tolineano la sicurezza e l’efficacia di un trattamento infiltrativo intra-articolare con acido ialuronico (HA) [8], anche nel trat-tamento della tendinopatia della cuffia dei rotatori [9], a oggi non sono stati condotti studi clinici randomizzati controllati che forniscano evidenze sulla comprovata efficacia di tale tera-pia rispetto a quella infiltrativa con corticosteroidi o anestetico locale o PRP.

Una revisione Cochrane del 2009 [10] condotta con studi randomizzati e pseudorandomizzati, che valutavano efficacia e sicurezza di iniezioni di corticosteroide nel trattamento di

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Terapia infiltrativa 121

soggetti adulti affetti da spalla dolorosa, ha sottolineato come questa terapia apporti modesti benefici e di breve periodo in termini di riduzione della sintomatologia dolorosa.

Moraes et al. [11] in una revisione sistematica (Cochrane) del 2014 hanno concluso che non esistono ad oggi sufficienti evidenze a supporto della validità di un trattamento infiltrati-vo con PRP nelle patologie a carico dei tessuti molli del siste-ma muscolo-scheletrico, soprattutto per la non standardizza-zione del processo di preparazione del PRP stesso.

Il maggior limite degli studi randomizzati presenti in let-teratura è l’esiguo numero di casi analizzati, che aumentano soltanto negli studi retrospettivi. I gruppi di pazienti presen-ti nei differenti studi includono soggetti con un’età general-mente compresa tra i 30 e i 75 anni. Da quanto emerge, ci sono evidenze sull’efficacia dei trattamenti infiltrativi con glucocorticoidi, anestetico locale, HA o PRP nel trattamento dei pazienti affetti da tendinopatia della cuffia dei rotatori rispetto al quadro sintomatologico e funzionale presentato dagli stessi prima del trattamento infiltrativo. Tuttavia, non siamo in grado di affermare che un tipo di trattamento infil-trativo sia più indicato rispetto agli altri in questa patologia ( TAB. 1).

Diversi studi su tenociti umani in vitro hanno evidenzia-to che i glucocorticoidi determinano la diminuzione della proliferazione dei tenociti, accelerazione dell’invecchia-mento cellulare. Ciò significa che a fronte di un migliora-mento della sintomatologia clinica e funzionale, ci possa essere un progressivo deterioramento del tessuto tendineo che giustifica le tante rotture atraumatiche riportate in let-teratura in soggetti trattati con terapia infiltrativa con cor-tisonici [12-14].

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori122

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Terapia infiltrativa 123

Solo due studi randomizzati controllati hanno valutato l’ef-ficacia del trattamento infiltrativo in pazienti con rottura par-ziale o completa dei tendini della cuffia dei rotatori.

Shibata et al. [15] hanno comparato i risultati ottenuti da un ciclo di 5 infiltrazioni a cadenza settimanale con HA e un ciclo, col medesimo numero di iniezioni, con corticosteroide, in pazienti con rottura completa della cuffia dei rotatori. I pa-zienti sono stati valutati tramite l’UCLA Score (University of California at Los Angeles) e la misurazione del ROM artico-lare. I dati raccolti non hanno evidenziato differenze statisti-camente significative tra i due trattamenti al follow-up a 24 settimane.

Chou et al. [16] nel loro studio randomizzato a doppio cieco hanno testato la validità di un trattamento infiltrativo con HA rispetto al placebo, in pazienti con rottura parziale dei tendini della cuffia dei rotatori. Le valutazioni effettua-te mediante Constant-Murley Score e VAS per il dolore, al follow-up al termine del ciclo infiltrativo e a 33.1 mesi dal-la conclusione dello stesso, hanno evidenziato un migliora-mento in termini di remissione della sintomatologia algica e recupero dell’articolarità nel gruppo di pazienti trattati con iniezioni di HA rispetto al gruppo di pazienti trattato con placebo ( TAB. 2).

Sebbene vi siano indicazioni sull’efficacia del trattamento in-filtrativo con glucocorticoidi o HA nei pazienti affetti da rottura completa o parziale dei tendini della cuffia dei rotatori, rispetto al quadro sintomatologico e funzionale presentato dagli stessi pazienti prima del trattamento infiltrativo, non siamo in grado di affermare che un tipo di terapia infiltrativa sia più indicata rispetto all’altra nel trattamento di questa patologia.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori124

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Terapia infiltrativa 125

Livello di raccomandazione

B

Punti chiave

X Glucocorticoidi, anestetico locale, HA o PRP risultano efficaci nel migliorare il quadro sintomatologico e fun-zionale nei pazienti con tendinopatia della cuffia dei ro-tatori.

X Non sufficienti evidenze di confronto tra le diverse terapie infiltrative.

X Glucocorticoidi e anestetici locali hanno dimostrato un ef-fetto citotossico sui tenociti, che non è stato dimostrato per HA e PRP.

X HA si è dimostrato efficace nel migliorare la sintomatologia algica e il quadro funzionale nei pazienti affetti da rottura parziale dei tendini della cuffia dei rotatori.

X Al momento il PRP non è supportato da evidenze per il suo impiego infiltrativo nei pazienti affetti da rottura completa o parziale dei tendini della cuffia dei rotatori.

Parole chiave di ricercarotator cuff tendinopathy injection, rotator cuff tendinopathy glucocorticoids injection, rotator cuff tendinopathy hyaluronic acid injection, rotator cuff tendinopathy Platelet-Rich Plasma injection, rotator cuff tear injection

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori126

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Terapia infiltrativa 127

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori128

Indicazioni chirurgiche e criteri di riparabilità

Il processo decisionale per il trattamento chirurgico delle lesio-ni della cuffia dei rotatori è complesso e per molti aspetti ancora ambiguo e controverso. Molti pazienti con rotture asintomati-che divengono sintomatici nell’arco di 3 anni e nella maggioran-za dei casi la dimensione della lesione progredisce significativa-mente nel tempo [1].

Età. Da quanto emerge dai diversi studi in letteratura, l’età media dei pazienti trattati varia da 52 a 59 anni (range: 32-80) e vi è moderata evidenza di un’influenza significativa dell’età sui risultati funzionali.

In uno studio non recente [2] in cui si valutavano i risultati in pazienti di età inferiore e superiore a 65 anni sulla base della mobilità e dei disturbi lamentati dal paziente, Hattrup ha de-scritto risultati eccellenti nell’89% dei pazienti, con 9% di sod-disfati e 3% di insoddisfatti nel gruppo più giovane rispetto al 77%, 13% e 9% nel gruppo più anziano. Il fattore “età”, come criterio di operabilità e come variabile nell’outcome nel tratta-mento chirurgico delle patologie della cuffia, è stato oggetto di numerose valutazioni. Recentemente Rhee et al. hanno eviden-ziato una minore disabilità funzionale ed emozionale nella po-polazione di età più avanzata dopo riparazione chirurgica [3]. Tuttavia nei loro rispettivi studi, Rhee et al. e Dwyer et al. non hanno riscontrato una differenza significativa nei risultati tra

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Indicazioni chirurgiche e criteri di riparabilità 129

pazienti di età superiore e inferiore a 70 anni [3] così come in quelli di età superiore o inferiore a 55 anni [4].

Pai et al. hanno descritto come nel 78% dei pazienti di età >70 anni siano stati ottenuti risultati da buoni ad eccellenti (UCLA score), sebbene il miglioramento del dolore e della mobilità atti-va fosse inferiore ai valori medi dell’intera popolazione di studio [5]. In un recente studio randomizzato di livello II, Jacquot et al. hanno dimostrato che la sutura tendinea è in grado di offrire migliori risultati funzionali e contestualmente di ridurre l’evolu-zione dell’artrosi rispetto alla sola tenotomia e acromionplastica in pazienti di età >60 anni [6].

Genere. Alcuni studi in letteratura hanno valutato il genere come fattore in grado di influenzare l’esito del trattamento chi-rurgico della cuffia, e quindi come criterio di operabilità. Tra questi, Cofield et al. e Romeo et al. hanno riscontrato che i pa-zienti di genere femminile tendono ad avere risultati funzionali peggiori rispetto ai maschi [7, 8], soprattutto dopo i 65 anni, sia a medio [8] che a lungo termine [7], con rare eccezioni [2]. Tali risultati potrebbero essere condizionati da fattori estrinseci come il minor healing time e da fattori intrinseci quali variazio-ni ormonali, ancora non del tutto chiari.

Durata dei sintomi e timing chirurgico. La durata dei sinto-mi sembra influenzare l’indicazione. Bartolozzi et al. e Bokor et al. hanno dimostrato che migliori risultati sono stati ottenuti nel trattamento di pazienti con sintomi insorti da meno di 3 mesi [9, 10]. Per quanto concerne il “timing” chirurgico, Pai et al. hanno evidenziato che questo non è in grado di influenzare i risultati nelle lesioni degenerative [5], mentre Petersen et al. hanno dimostrato che nelle lesioni traumatiche è raccomandato un trattamento precoce entro 4 mesi [11].

Funzionalità. Una ridotta mobilità attiva preoperatoria è sta-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori130

ta associata a un lento recupero e a peggiori risultati postopera-tori [12, 13, 7] così come un’elevazione anteriore e una rotazione esterna debole sono predittivi di risultati funzionali meno sod-disfacenti [9, 7, 14].

Anatomia della lesione. La dimensione della lesione è con-siderato il fattore predittivo più importante sia per il risultato

Autore N. di casi

Follow-up Variabile esaminata

Risultato Livello di evidenza

Rhee et al., 2014 [3]

238 14,6-13,2 mesi

Età (60-79 anni)

Pazienti di età infe-riore e superiore a 70 anni mostrano equivalente incre-mento degli score clinici

III

Dwyer et al., 2014 [4]

344 24 mesi Età (< 55 anni)

Pazienti di età su-periore e inferiore a 55 anni mostrano risultati equivalenti

II

Cofield et al., 2001 [7]

105 13,4 anni Sesso I maschi hanno meno dolore e maggiore mobilità in abduzione

IV

Petersen et al., 2011 [11]

36 31 mesi Timing chirurgico

La riparazione di lesioni traumatiche è raccomandata entro 4 mesi

IV

Bartolozzi et al., 1994 [9]

136 20 mesi Durata dei sintomi

Sintomi persistenti >1 anno rispondo-no sfavorevolmen-te al trattamento chirurgico

IV

Gladstone et al., 2007 [19]

38 12 mesi Infiltrazione adiposa della cuffia con RMN

La dimensione della lesione condiziona la riparazione. La degenerazione grassa non miglio-ra con la sutura tendinea

II

Tabella 1. Correlazioni delle variabili demografiche e cliniche con il risultato ai fini dell'indicazione alla riparazione chirurgica delle rotture della cuffia dei rotatori

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Indicazioni chirurgiche e criteri di riparabilità 131

funzionale di una sutura di cuffia [15, 12] che per il rischio di rirottura tendinea [16]; l’estensione della lesione e il grado di atrofia adiposa della cuffia rappresentano anche i criteri più uti-lizzati per valutare la riparabilità della lesione stessa [17-19]. In presenza di un grado avanzato di atrofia adiposa (Goutallier II-III) [20] del sovra-sottospinoso i risultati della riparazione ten-dinea sono scadenti e rappresentano uno dei principali limiti per l’indicazione alla sutura tendinea [17-19].

Sindromi da indennizzo. I pazienti con sindrome da inden-nizzo (worker compensation) tendono ad avere peggiori risul-tati sia dal trattamento conservativo [21] che da quello operati-vo [22], pertanto l’indicazione chirurgica è molto controversa.

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X Non è possibile identificare un’età cut-off per l’indicazione chirurgica, che va valutata in base al livello di attività del paziente e alla differenza tra età cronologica ed età fisiolo-gica per la quale non esiste una misura.

X Nonostante il genere femminile sembri epidemiologica-mente più colpito, non rappresenta una limitazione all’in-dicazione chirurgica.

X Nelle lesioni traumatiche è consigliabile una riparazione chirurgica entro 4 mesi.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori132

X La gravità anatomica e anatomopatologica della lesione è un fattore determinante l’outcome clinico.

X Una conservata funzionalità preoperatoria è considerato un indice prognostico favorevole.

Parole chiave di ricercarotator cuff repair, rotator cuff tears, subject headings, surgical indication, op-erative indication, indication surgery, prognostic factors

Riferimenti bibliografici1 Yamaguchi K, Tetro AM, Blam O, Evanoff BA, Teefey SA, Middleton WD. Nat-

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Indicazioni chirurgiche e criteri di riparabilità 133

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori134

Miniopen versus artroscopia

Cho et al. [1] hanno riscontrato che non ci sono differenze statisticamente significative nell’outcome a 6 mesi dall’inter-vento chirurgico tra pazienti con rottura, inferiore a 3 cm, del tendine sovraspinato trattati con artroscopia e pazienti tratta-ti con miniopen. La valutazione è stata eseguita prendendo in considerazione il livello di dolore, il ROM articolare, la dura-ta della riabilitazione, la rigidità della spalla e le complicanze nei due gruppi. L’unica differenza nell’outcome che emerge più volte in letteratura è l’immediato dolore postoperatorio che risulta essere minore nell’artroscopia a seguito della qua-le, nella prima settimana dopo l’intervento chirurgico, viene utilizzata una minore dose di analgesici [2]. Ma l’ipotesi che il minor dolore postoperatorio dopo artroscopia porti a un recupero più rapido non è risultata essere supportata [1].

Recentemente van der Zwaal et al. [3] hanno condotto uno studio sul confronto delle due metodiche con un follow-up fino a un anno. L’unica differenza emersa è che i benefici del trattamento a 6 settimane dall’intervento sono più precoci con la tecnica artroscopica. Purtroppo, lo studio è stato con-siderato di II livello, dal momento che non è stato mantenuto in cieco nel postoperatorio. Tuttavia gli stessi autori hanno evidenziato che non vi sono differenze nell’outcome funzio-nale, nel dolore, nel range di movimento passivo e nelle com-plicanze dopo 12, 26 e 52 settimane dall’intervento. Gli score

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Miniopen versus artroscopia 135

utilizzati nello studio sono stati il VAS, il DASH, il CMS e la valutazione dei gradi di flessione e rotazione esterna attiva raggiunti.

A rafforzare questa evidenza, anche in altri studi presenti in letteratura emerge che non vi sono differenze tra le due tec-niche chirurgiche utilizzando i vari score per la valutazione dell’outcome a seguito della riparazione chirurgica della rot-tura di tendini della cuffia dei rotatori (CMS, DASH, UCLA, ASES ecc.).

Non sono state riscontrate alterazioni statisticamente si-gnificative neanche dopo una valutazione alla diagnostica per immagini con RMN. Inoltre, in entrambi i tipi di intervento si raggiunge un buon grado di soddisfazione del paziente con ritorno alle attività precedenti.

Poche sono le complicanze riscontrate. In miniopen si sono verificati alcuni casi di capsulite adesiva ritenuti, però, non statisticamente significativi [4]. Durante un interven-to artroscopico, invece, si possono verificare la rottura degli strumenti artroscopici e rari fatali casi di embolia polmonare (tasso di incidenza 0,01-0,06%) come conseguenza dell’uti-lizzo di aria o di soluzione fisiologica per la distensione della capsula articolare nella fase iniziale dell’intervento e di so-luzione fisiologica a flusso continuo nel corso dell’intervento chirurgico [5].

Secondo quanto riportato da Walton et al. si verifica una recidiva a 2 anni dall’intervento nel 29% dei casi trattati con artroscopia e nel 52% dei casi trattati con miniopen [6].

Le differenze principali che si possono riscontrare tra le due tecniche chirurgiche sono nei costi e nel timing operato-rio. L’artroscopia ha dei costi mediamente maggiori ($ 8.985) rispetto alla tecnica miniopen ($ 7.841) dal momento che ri-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori136

chiede l’utilizzo di materiale dedicato e di precisione nonché un continuo flusso di soluzione fisiologica nel corso dell’in-tervento chirurgico. Inoltre, l’artroscopia ha un timing opera-torio mediamente maggiore (113 min) rispetto alla miniopen (103 min) e questo si ripercuote anche sui costi relativi all’u-tilizzo della sala operatoria, al personale dedicato e al numero di interventi effettuati [7] ( FIGG. 1-2).

Shan et al. [8] hanno condotto una metanalisi secondo i criteri PRISMA con raggiungimento di un livello di evidenza IV. Indipendentemente dalla dimensione della lesione tendi-

Figura 1. Lesione del sovraspinoso (miniopen)

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Miniopen versus artroscopia 137

nea a carico della cuffia dei rotatori, non ci sono differenze statisticamente significative nell’outcome funzionale, negli score dolorifici, nel tasso di recidiva e di complicanze, quali la capsulite adesiva, nei due tipi di trattamento, che posso-no essere pertanto considerati alternativi. Gli stessi risultati sono stati ottenuti anche da revisioni pubblicate precedente-mente [9].

È infine interessante citare la revisione condotta da Khan et al. [10] in cui sono stati presi in considerazione 14 studi clini-ci randomizzati o quasi-randomizzati che hanno confrontato

Figura 2. Reperi cutanei (miniopen)

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori138

i trattamenti chirurgici a disposizione per le patologie della cuffia dei rotatori. Di questi, 11 hanno arruolato partecipan-ti affetti da impingement, 2 studi soggetti con rottura della cuffia dei rotatori e 1 studio pazienti affetti da tendinite cal-cifica. 6 studi, che hanno comparato la decompressione suba-cromiale con tecnica open e con tecnica artroscopica, hanno riportato che non vi sono differenze significative nell’outcome funzionale e dolorifico tra i due gruppi in nessun tempo, no-nostante 4 studi abbiano dimostrato una più rapida guarigio-ne e/o ritorno a lavoro con la decompressione artroscopica. In 3 studi si sono manifestati eventi avversi quali infezioni, capsulite, dolore, atrofia del deltoide e necessità di un nuovo intervento, ma non vi sono state differenze nell’incidenza di eventi avversi tra i due gruppi trattati con tecnica open o ar-troscopica. Con questa revisione si rende ancor più manifesta la necessità di nuovi studi randomizzati ben eseguiti, rigoro-samente delineati e con un più alto numero di partecipanti.

Il maggior limite degli studi randomizzati presenti in let-teratura è l’esiguo numero di casi analizzati, che aumentano soltanto negli studi retrospettivi. I gruppi di pazienti presenti nei differenti studi comprendono soggetti con un’età general-mente superiore ai 50 anni (età media 60 anni), dal momento che l’incidenza di questa patologia risulta essere maggiore a partire dalla quinta decade di vita.

Da quanto emerge, la scelta della tecnica chirurgica in caso di rottura di un tendine della cuffia dei rotatori dipende dal-le preferenze del chirurgo e del paziente, dal momento che l’outcome non viene influenzato dal tipo di tecnica scelta [11]. Pertanto, non siamo in grado di affermare che un tipo di me-todica sia superiore all’altra ( TAB. 1).

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Miniopen versus artroscopia 139

Livello di raccomandazione

B

Tabella 1. Studi che comparano gli approcci di riparazione della cuffia dei rotatori

Autore N. di casi

Tipo di studio

Follow-up Outcome Livello di evidenza

Cho et al., 2012 [1]

ASC (30)MO (30)

Randomizzato 6 mesi ROM, durata riabilitazione, rigidi-tà spalla, compli-cazioni equivalenti; VAS minore in ASC prima settimana

I

van der Zwaal et al., 2013 [3]

ASC (47)MO (48)

Randomizzato 13 mesi DASH, CMS, Flessione/rotazione esterna attiva, dolo-re, ROM equivalenti

II

Kasten et al.,2011 [2]

ASC (17)MO (17)

Randomizzato 6 mesi ROM, RMN, CMS equivalenti, minor dolore in ASC prima settimana

III

Kim et al.,2003 [12]

ASC (42)MO (34)

Retrospettivo 2-6 anni UCLA, ASES, VAS, grado di forza, ROM equivalenti

IV

Warner et al.,2005 [11]

ASC (9)MO (12)

Retrospettivo 5 anni Flessione/rotazione esterna attiva, dolo-re, forza equivalenti

III

Severud et al.,2003 [4]

ASC (35)MO (29)

Retrospettivo 4 anni UCLA, ASES equiva-lenti; MO alcuni casi capsulite adesiva

IV

Youmet al.,2005 [13]

ASC (42)MO (42)

Retrospettivo 3 anni UCLA, ASES equivalenti IV

Shan et al.,2014 [8]

ASC (422)MO (348)

Metanalisi 4 anni UCLA, ASES, CS, VAS equivalenti

IV

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori140

Punti chiave

X La scelta della tecnica chirurgica in caso di rottura di un tendine della cuffia dei rotatori dipende dalle preferenze del chirurgo e del paziente dal momento che l'outcome non viene influenzato dal tipo di tecnica scelta [11].

X Non ci sono differenze statisticamente rilevanti tra le due tecniche in termini di recidiva, complicanze o outcome funzionale.

X La tecnica artroscopica prevede costi e tempi chirurgici mediamente maggiori rispetto al trattamento miniopen.

Parole chiave di ricercarotator cuff miniopen artroscopy, rotator cuff tear miniopen artroscopy, rotator cuff repair miniopen arthroscopy, rotator cuff tear repair miniopen artroscopy

Riferimenti bibliografici1 Cho CH, Song KS, Jung GH, Lee YK, Shin HK. Early postoperative outcomes

between arthroscopic and mini-open repair for rotator cuff tears. Orthopedics 2012; Sep;35(9):e1347-52.

2 Kasten P, Keil C, Grieser T, Raiss P, Streich N, Loew M. Prospective randomised comparison of arthroscopic versus mini-open rotator cuff repair of the supraspi-natus tendon. Int Orthop 2011 Nov;35(11):1663-70.

3 van der Zwaal P, Thomassen BJ, Nieuwenhuijse MJ, Lindenburg R, Swen JW, Van Arkel ER. Clinical outcome in all-arthroscopic versus mini-open rotator cuff repair in small to medium-sized tears: a randomized controlled trial in 100 pa-tients with 1-year follow-up. Arthroscopy 2013 Feb;29(2):266-73.

4 Severud EL, Ruotolo C, Abbott DD, Nottage WM. All-arthroscopic versus mini-open rotator cuff repair: A long-term retrospective outcome comparison. Ar-throscopy 2003 Mar;19(3):234-8.

5 Durant TJS, Cote MP, Arciero RA, Mazzocca AD. Fatal pulmonary embolism

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Miniopen versus artroscopia 141

after arthroscopic rotator cuff repair: a case series. MLTJ 2014; Vol. 4 (No. 2): 232-7.

6 Walton JR, Murrell GAC. A two-year clinical outcomes study of 400 patients, comparing open surgery and arthroscopy for rotator cuff repair. Bone Joint Res 2012 Sep 1;1(9):210-7.

7 Churchill RS, Ghorai JK. Total cost and operating room time comparison of ro-tator cuff repair techniques at low, intermediate, and high volume centers: mi-ni-open versus all-arthroscopic. J Shoulder Elbow Surg 2010 Jul;19(5):716-21.

8 Shan L, Fu D, Chen K, Cai Z, Li G. All-arthroscopic versus mini-open repair of small to large sized rotator cuff tears: a meta-analysis of clinical outcomes. PloS One 2014; Apr 11;9(4):e94421.

9 Lindley K, Jones GL. Outcomes of arthroscopic versus open rotator cuff re-pair: a systematic review of the literature. Am J Orthop (Belle Mead NJ) 2010 Dec;39(12):592-600.

10 Khan M, Simunovic N, Provencher M. Cochrane in CORR: Surgery for rotator cuff disease (review). Clin Orthop Relat Res 2014 Nov;472(11):3263-9.

11 Warner JJ, Tétreault P, LehtinenJ, Zurakowski D. Arthroscopic versus mini-open rotator cuff repair: a cohort comparison study. Arthroscopy 2005 Mar;21(3):328-32.

12 Kim SH, Ha KI, Park JH, Kang JS, Oh, SK, Oh I. Arthroscopic versus mini-open salvage repair of the rotator cuff-tear: outcome analysis at 2 to 6 years follow-up. Arthroscopy 2003 Sep;19(7):746-54.

13 Youm T, Murray DH, Nubiak EN, Rokito AS, Zuckerman JD. Arthroscopic ver-sus mini-open rotator cuff repair: a comparison of clinical outcomes and patient satisfaction. J Shoulder Elbow Surg 2005 Sep-Oct;14(5):455-9.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori142

Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori

Le attuali evidenze scientifiche non permettono di stabilire quale sia il miglior trattamento per le rotture parziali sintoma-tiche della cuffia dei rotatori (LPSCR) [1]. Il debridement ar-troscopico associato o meno all’acromionplastica e le tecniche di riparazione (transtendinea oppure di completamento e ripa-razione) sono i trattamenti più utilizzati [2-4]. Il debridement viene in genere indicato come trattamento di lesioni che coin-volgono meno del 50% dello spessore tendineo o nelle lesioni di grado I/II secondo Ellman [5] ( FIG. 1).

7 studi in letteratura descrivono i risultati del debridement chirurgico nelle LPSCR, tutti retrospettivi e di livello IV di evidenza ( TAB. 1) [6-12]. Di questi 7 studi, 5 includevano lesioni di grado I/II di Ellman (<50% di spessore), 1 studio non riportava il grado delle lesioni e 1 non includeva le lesioni di grado III di Ellman. In tutti gli studi venivano riportati ri-sultati soddisfacenti.

5 studi in letteratura descrivono i risultati della riparazione transtendinea nelle LPSCR. Di questi, 2 studi sono prospetti-ci randomizzati (livello II di evidenza) e 3 sono retrospettivi (livello IV di evidenza) ( TAB. 1)[13-17]. Entrambi gli stu-di randomizzati e 1 studio retrospettivo includevano pazienti con lesioni di grado III di Ellman, mentre 2 studi retrospettivi

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Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori 143

includevano pazienti con lesioni di grado II e III di Ellman. In tutti gli studi venivano riportati risultati soddisfacenti.

Tauber [14] e Castricini [13] nei loro studi retrospettivi non riportavano differenze statisticamente significative nei risultati del trattamento con riparazione transtendinea di pa-zienti con lesione di grado II e III.

Nei 2 studi randomizzati [13, 17] venivano confrontati i risultati della riparazione transtendinea con quelli della ripa-razione dopo completamento della lesione in pazienti con le-sioni di grado III di Ellman. In entrambi gli studi Franceschi [16] e Shin [17] concludevano che non ci sono differenze sta-tisticamente significative negli outcome tra le due tecniche. Tuttavia, sebbene la riparazione dopo completamento dimo-strasse minori complicanze nel postoperatorio, l’integrità del tendine che è di primaria importanza nella guarigione dopo la riparazione era più garantita nelle riparazioni transtendi-nee che però, al contrario, portavano a un recupero funzio-nale più lento.

Figura 1. Classificazione delle lesioni parziali in funzione dell’ampiezza del difetto

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori144

Tabella 1. Letteratura esaminataAutore Tipo di

StudioN. di lesioni

Grado Tipo di trattamento

Follow-up medio (mesi)

UCLA score pre/postoper.

Snyder et al., 1991 [6]

Serie di casi

31 NI Debridement 23 32

Gartsman et al., 1995 [7]

Serie di casi

111 Ellman I, II, III

Debridement 32 nr

Cordasco et al., 2002 [8]

Serie di casi

52 Ellman II

Debridement 53 nr

Park et al., 2003 [9]

Serie di casi

37 Ellman I, II

Debridement 42 nr

Ozbaydar et al. 2006 [10]

Serie di casi

19 <50% Debridement NR 16,8/29 p<0,05

Kartus et al., 2006 [11]

Serie di casi

26 Ellman II

Debridement 101 nr

Liem et al., 2008 [12]

Serie di casi

46 Ellman I, II

Debridement 50 nr

Castricini et al., 2009 [13]

Serie di casi

31 Ellman II, III

Riparazione transtendinea

33 nr

Tauber et al., 2008 [14]

Serie di casi

16 Ellman II, III

Riparazione transtendinea

nr 15,8/32,8 p<0,01

Ide et al., 2005 [15]

Serie di casi

17 Ellman III

Riparazione transtendinea

39 17,3/32,9 p<0,01

Deutsch et al., 2007 [3]

Serie di casi

41 Ellman III

Riparazione dopo completamento

38 nr

Franceschi et al., 2013 [16]

RCT 64 >50% 30 pazienti Riparazione transtendinea30 pazienti Riparazione dopo completamento

38 nr

Shin et al., 2012 [17]

RCT 48 >50% 24 pazienti Riparazione transtendinea24 pazienti Riparazione dopo completamento

31 nr

Kamath et al., 2009 [18]

Serie di casi

42 >50% Riparazione dopo completamento

39 nr

Porat et al., 2008 [19]

Serie di casi

36 >50% Riparazione dopo completamento

42 17,2/31,5 p<0,05

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Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori 145

Tabella 1. Letteratura esaminataAutore Tipo di

StudioN. di lesioni

Grado Tipo di trattamento

Follow-up medio (mesi)

UCLA score pre/postoper.

Snyder et al., 1991 [6]

Serie di casi

31 NI Debridement 23 32

Gartsman et al., 1995 [7]

Serie di casi

111 Ellman I, II, III

Debridement 32 nr

Cordasco et al., 2002 [8]

Serie di casi

52 Ellman II

Debridement 53 nr

Park et al., 2003 [9]

Serie di casi

37 Ellman I, II

Debridement 42 nr

Ozbaydar et al. 2006 [10]

Serie di casi

19 <50% Debridement NR 16,8/29 p<0,05

Kartus et al., 2006 [11]

Serie di casi

26 Ellman II

Debridement 101 nr

Liem et al., 2008 [12]

Serie di casi

46 Ellman I, II

Debridement 50 nr

Castricini et al., 2009 [13]

Serie di casi

31 Ellman II, III

Riparazione transtendinea

33 nr

Tauber et al., 2008 [14]

Serie di casi

16 Ellman II, III

Riparazione transtendinea

nr 15,8/32,8 p<0,01

Ide et al., 2005 [15]

Serie di casi

17 Ellman III

Riparazione transtendinea

39 17,3/32,9 p<0,01

Deutsch et al., 2007 [3]

Serie di casi

41 Ellman III

Riparazione dopo completamento

38 nr

Franceschi et al., 2013 [16]

RCT 64 >50% 30 pazienti Riparazione transtendinea30 pazienti Riparazione dopo completamento

38 nr

Shin et al., 2012 [17]

RCT 48 >50% 24 pazienti Riparazione transtendinea24 pazienti Riparazione dopo completamento

31 nr

Kamath et al., 2009 [18]

Serie di casi

42 >50% Riparazione dopo completamento

39 nr

Porat et al., 2008 [19]

Serie di casi

36 >50% Riparazione dopo completamento

42 17,2/31,5 p<0,05

Visual Analog Pain Scale pre/postoper.

ASESScore pre/postoper.

CSpre/postoper.

L’Insalata Scorepostoper.

Satisfactor Neer Scorepostoper.

Livello di evidenza

nr nr nr nr 93% IV

6,7/1,2 nr nr nr nr IV

nr nr nr 90 nr IV

6,2/1,1 38/88 nr nr nr IV

nr nr nr nr nr IV

nr nr 72 (post-op)

nr nr IV

nr 37,4/86,6 p<0,001

87,7 nr nr IV

nr nr 44,4/91,6 nr nr IV

7,9/1,2 p<0,01

nr nr nr nr IV

nr nr nr nr nr IV

6,5/0,8 p<0,001

42/93 p<0,001

nr nr nr IV

nr 45.6/91 p<000147/90 p<0,0001

48/92 p<0,000146/91 p<0,0001

nr nr II

nr 54,964,6

57,970,4

nr nr II

6,5/2,7 p<0,001

47,0/82,7 p<0,001

nr nr nr IV

nr nr nr nr nr IV

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori146

Tutti gli studi riportano risultati soddisfacenti dopo il trat-tamento chirurgico con miglioramento clinico statisticamente significativo rispetto alla condizione di partenza.

5 studi in letteratura descrivono i risultati della riparazione dopo completamento chirurgico nelle LPSCR: 2 studi prospet-tici randomizzati di livello II di evidenza [16, 17] e 3 studi retrospettivi di livello IV di evidenza [3, 18, 19] . In tutti gli studi sono stati inclusi pazienti con lesione di grado III di El-lman (>50% di spessore) ( TAB. 1). Tutti gli studi riportano risultati soddisfacenti dopo il trattamento chirurgico con mi-glioramento clinico statisticamente significativo rispetto alla condizione di partenza.

Confrontare i risultati dei diversi trattamenti per le LPSCR risulta difficile a causa dell’eterogeneità del tipo di lesioni trattate e degli strumenti utilizzati nella valutazione dei risultati.

Proporre delle linee guida di trattamento risulta impossibile a causa dello scarso livello di evidenza proposto dagli studi pre-senti in letteratura: 2 studi randomizzati di livello II e 14 studi retrospettivi di livello IV. Inoltre, i 2 studi randomizzati pren-dono in considerazione solo pazienti con lesioni di grado III di Ellman e confrontano tra loro le due tecniche di riparazione.

Pertanto, è possibile solo dare delle raccomandazioni sul tipo di trattamento da utilizzare in base al grado della lesione, tenendo sempre presente il basso livello di evidenza.

LPSCR di grado I-II di Ellman (coinvolgimento di meno del 50% dello spessore tendineo)

Livello di raccomandazione

D

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Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori 147

Punti chiave

X Mancanza di studi di livello I, II e III.

X Il debridement artroscopico associato o meno all’acromion-plastica risulta in un miglioramento clinico in pazienti con LPSCR di grado III di Ellman.

X Non ci sono studi che confrontano, in questa categoria di pazienti, la riparazione al debridement.

LPSCR di grado III di Ellman (coinvolgimento di oltre il 50% dello spessore tendineo)

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X In un solo studio di livello IV di evidenza, Weber [20] di-mostra la superiorità della riparazione rispetto al debride-ment in pazienti con LPSCR di grado III di Ellman.

X Ci sono 3 studi che valutano i risultati della riparazione transtendinea e 3 studi che valutano i risultati della ripa-razione dopo completamento. Tutti gli studi riportano un miglioramento clinico dopo la riparazione della lesione.

X Non ci sono studi di livello I, II, III che confrontano, in questa categoria di pazienti, la riparazione al debridement.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori148

Tecnica di riparazione in pazienti con LPSCR di grado III di Ellman

Livello di raccomandazione

C

Punti chiave

X La presenza di 2 studi prospettici randomizzati di livello II ci permette di concludere che non esiste una differenza statisticamente significativa tra le tecniche di riparazione.

Parole chiave di ricercapartial rotator cuff, rotator cuff, rotator cuff tears, rotator cuff lacerations, ar-throscopic cuff repair, partial thickness rotator cuff

Riferimenti bibliografici1 Papalia R, Franceschi F, Del Buono A, Maffulli N, Denaro V. Results of surgical

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7 Gartsman GM, Milne JC. Articular surface partial-thickness rotator cuff tears. J Shoulder Elbow Surg 1995 Nov-Dec;4(6):409-15.

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Trattamento artroscopico delle rotture parziali della cuffia dei rotatori 149

8 Cordasco FA, Backer M, Craig EV, Klein D, Warren RF. The partial-thickness ro-tator cuff tear: is acromioplasty without repair sufficient? Am J Sports Med 2002 Mar-Apr;30(2):257-60.

9 Park JY, Yoo MJ, Kim MH. Comparison of surgical outcome between bursal and articular partial thickness rotator cuff tears. Orthopedics 2003 Apr;26(4):387-90; discussion 390.

10 Ozbaydar MU, Bekmezci T, Tonbul M, Yurdoglu C. [The results of arthroscopic repair in partial rotator cuff tears]. Acta orthopaedica et traumatologica turcica 2006;40(1):49-55.

11 Kartus J, Kartus C, Rostgard-Christensen L, Sernert N, Read J, Perko M. Long-term clinical and ultrasound evaluation after arthroscopic acromioplasty in pa-tients with partial rotator cuff tears. Arthroscopy 2006 Jan;22(1):44-9.

12 Liem D, Alci S, Dedy N, Steinbeck J, Marquardt B, Mollenhoff G. Clinical and structural results of partial supraspinatus tears treated by subacromial decompres-sion without repair. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2008 Oct;16(10):967-72.

13 Castricini R, Panfoli N, Nittoli R, Spurio S, Pirani O. Transtendon arthroscopic repair of partial-thickness, articular surface tears of the supraspinatus: results at 2 years. La Chirurgia degli organi di movimento 2009 Apr;93(Suppl 1):S49-54.

14 Tauber M, Koller H, Resch H. Transosseus arthroscopic repair of partial artic-ular surface supraspinatus tendon tears. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2008;16:608-13.

15 Ide J, Maeda S, Takagi K. Arthroscopic transtendon repair of partial-thickness ar-ticular-side tears of the rotator cuff: anatomical and clinical study. Am J Sports Med 2005 Nov;33(11):1672-9.

16 Franceschi F, Papalia R, Del Buono A et al. Articular-sided rotator cuff tears: which is the best repair? A three-year prospective randomised controlled trial. Internation-al Orthopaedics 2013 Aug;37(8):1487-93.

17 Shin SJ. A comparison of 2 repair techniques for partial-thickness articular-sided rotator cuff tears. Arthroscopy 2012 Jan;28(1):25-33.

18 Kamath G, Galatz LM, Keener JD, Teefey S, Middleton W, Yamaguchi K. Ten-don integrity and functional outcome after arthroscopic repair of high-grade par-tial-thickness supraspinatus tears. J Bone Joint Surg Am 2009 May;91(5):1055-62.

19 Porat S, Nottage WM, Fouse MN. Repair of partial thickness rotator cuff tears: a retrospective review with minimum two-year follow-up. J Shoulder Elbow Surg 2008 Sep-Oct;17(5):729-31.

20 Weber SC. Arthroscopic debridement and acromioplasty versus mini-open repair in the treatment of significant partial-thickness rotator cuff tears. Arthroscopy 1999 Mar;15(2):126-31.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori150

Trattamento chirurgico del capo lungo del bicipite nella rottura della cuffia dei rotatori

Le lesioni del tendine del capo lungo del bicipite (CLB) sono frequenti e possono presentarsi in maniera isolata ma, nella maggior parte dei casi, sono associate a lesioni della cuffia dei rotatori [1].

L’esplorazione chirurgica e l’eventuale trattamento sono consigliati qualora i sintomi persistano per più di 3 mesi dopo il trattamento conservativo [2].

Il dibattito su quale sia il miglior trattamento chirurgico per le lesioni del CLB è aperto. I due principali trattamenti consistono nella tenodesi e nella tenotomia del CLB. Non esi-stono attualmente in letteratura studi di livello I che abbiano confrontato i risultati clinici ottenuti dai due trattamenti.

Diversi studi suggeriscono la tenotomia del CLB come trat-tamento di scelta in quanto è rapido, ben tollerato dal pazien-te, con tempi più brevi di riabilitazione postoperatoria [3-5]. Gli studi che consigliano la tenodesi del CLB, invece, eviden-ziano una migliore capacità di ritornare all’attività sportiva e il miglior ripristino dell’anatomia del CLB nonostante il periodo riabilitativo più lungo e la maggiore difficoltà nell’esecuzione della tecnica chirurgica [6, 7].

Esiste un solo studio di livello II che confronta le due tec-niche [8] in cui De Carli et al. evidenziano come la tenodesi

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Trattamento chirurgico del capo lungo del bicipite nella rottura della cuffia dei rotatori 151

non apporti nessun miglioramento clinico o funzionale rispet-to alla tenotomia.

In un recente studio di livello III, Cho et al., hanno paragona-to i risultati clinici in pazienti trattati con tenotomia e con teno-desi per lesione del tendine del capo lungo del bicipite associato a rottura della cuffia dei rotatori. Nello studio, entrambe le tec-niche hanno evidenziato buoni risultati clinici e funzionali [9].

Nel 2011 Hsu et al. hanno pubblicato una revisione siste-matica in cui venivano analizzati i risultati di 9 lavori, tutti di livello IV di evidenza [1, 4-7, 10-12]. Pur sottolineando la necessità di studi di livello V e II di evidenza, i risultati emersi da questa revisione sistematica sono: una maggiore presenza di deformità estetiche e una minore resistenza del CLB nei pazienti che vengono sottoposti a tenotomia rispetto a quelli trattati con tenodesi, complicanze simili in entrambe le proce-dure, e una maggiore presenza di dolore a livello del bicipite nei pazienti sottoposti a tenodesi.

Recentemente, anche Slenker et al. [13] hanno condotto uno studio di revisione sistematica della letteratura in merito ai risultati ottenuti con il trattamento con tenotomia e teno-desi. Tutti gli studi analizzati erano di livello IV di evidenza, eccetto uno di livello II.

Dei 433 pazienti sottoposti a tenodesi, il 73% risultava in un outcome buono/eccellente, con un 24% di pazienti con dolore residuo dopo la procedura chirurgica e circa il 7% di deformità estetiche. Dei 699 pazienti sottoposti a tenotomia, il 77% aveva ottenuto risultati clinici e funzionali buoni/eccel-lenti, con il 19% di pazienti con dolore residuo dopo il tratta-mento ma con una percentuale maggiore (43%) di deformità estetiche. Gli autori concludevano, quindi, che i risultati otte-nibili dai due trattamenti sono da considerarsi sovrapponibili

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori152

ad eccezione delle maggiori deformità estetiche conseguenti alla tenotomia [13].

Sulla base dei risultati riportati dai lavori menzionati non risulta possibile dare una raccomandazione assoluta su quale sia

Tabella 1. Letteratura esaminata

Autore N. di casi Follow-up Variabile esaminata

Risultato Livello di evidenza

De Carli et al., 2012 [8]

35 pazienti tenotomia (gruppo A)

30 pazienti tenodesi (gruppo B)

24 mesi SSTCSForza Popeye Sign

Scale di valutazione: risultati soddisfacenti in entrambi i gruppi, senza differenze signi-ficative (ns). Popeye Sign è stato rilevato in 5 pazienti (17%) del gruppo B e in nessun paziente del gruppo A. L’esame ecografico ha evidenziato la LHB all’interno del solco bicipitale nell’80% del gruppo A e del grup-po B. Power doppler ecografia ha mostrato segni di vascolarizza-zione della LHB nel 20% dei pazienti del gruppo A e nel 40% del gruppo B e segni di vascolarizzazione della cuffia dei rotato-ri riparato nel 28% del gruppo A e nel 40% del gruppo B.

II

Slenker et al., 2012 [13]

(revisione sistema-tica)433pazientitenodesi

699 pazientitenotomia

Valutazio-ne clinica e funzionale

Valutazio-ne estetica

Risultati sovrapponibi-li in termini:outcome buono/ec-cellente (74% tenode-si vs 77% tenotomia); dolore residuo (24% tenodesi vs 19% teno-tomia). Maggiore per-centuale di deformità estetica nei pazienti trattati con tenotomia rispetto alla tenodesi (43% vs 8%)

IV

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Trattamento chirurgico del capo lungo del bicipite nella rottura della cuffia dei rotatori 153

il miglior tipo di trattamento per la patologia del CLB. Senz’altro delle indicazioni di massima possono essere dedotte, ma con una carente letteratura a sostegno: la tenotomia del bicipite vie-ne indicata preferibilmente in pazienti anziani, sedentari e con una bassa richiesta funzionale, in pazienti obesi e in quelli che non hanno problemi nell’accettare eventuali alterazioni esteti-che. La tenodesi del CLB viene invece indicata in pazienti gio-vani con età inferiore ai 40 anni, con elevata attività fisica e che hanno problemi nel tollerare alterazioni estetiche.

Infine, una seconda ricerca è stata effettuata col fine di evi-denziare quale tra i diversi tipi di tenodesi dimostrasse una superiorità dal punto di visto clinico e funzionale. Anche in questo caso, la letteratura ha mostrato una scarsa presenza di studi di livello I e II. Solo uno studio di livello III confronta la soft tissue tenodesis con la tenodesi con vite a interferenza, dimostrando una superiorità della seconda dal punto di vista strutturale e clinico [14].

Pertanto, sulla base dei dati presenti in letteratura non è pos-sibile dare una raccomandazione su quale sia il miglior tratta-mento delle lesioni del CLB né su quale sia il miglior tipo di tenodesi.

Livello di raccomandazione

C

Punti chiave

X La tenotomia e la tenodesi del CLB hanno dimostrato risul-tati clinici e funzionali sovrapponibili.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori154

X La tenotomia esita più frequentemente in alterazioni esteti-che rispetto alla tenodesi.

X Tra i diversi tipi di tenodesi presenti in letteratura non è possibile raccomandare una tecnica rispetto a un’altra in funzione del fatto che non esiste letteratura a supporto di una tecnica.

Parole chiavebiceps tenotomy, biceps tenotomy versus tenodesis or tenodesis, biceps tendon, long-head biceps lesions

Riferimenti bibliografici1 Boileau P, Baque F, Valerio L, Ahrens P, Chuinard C, Trojani C. Isolat-

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Trattamento chirurgico del capo lungo del bicipite nella rottura della cuffia dei rotatori 155

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13 Slenker NR, Lawson K, Ciccotti MG, Dodson CC, Cohen SB. Biceps tenotomy versus tenodesis: clinical outcomes. Arthroscopy 2012 Apr;28(4):576-82.

14 Scheibel M, Schroder RJ, Chen J, Bartsch M. Arthroscopic soft tissue tenodesis versus bony fixation anchor tenodesis of the long head of the biceps tendon. Am J Sports Med 2011 May;39(5):1046-52.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori156

Suture della cuffia dei rotatori

Nel corso degli anni si è assistito a un graduale passaggio della chirurgia riparativa dei tendini della cuffia dei rotatori dalle tecniche di riparazione a cielo aperto a quelle miniopen, sino alle tecniche artroscopiche. Tale transizione è stata accompa-gnata da un’evoluzione dei metodi di riparazione.

Le tecniche di riparazione a cielo aperto sono state conside-rate nel tempo il gold standard [1-4].

Per quanto riguarda quelle per via artroscopica si è assistito a un’evoluzione delle tecniche di riparazione a single row (SR), double row (DR) e le tecniche transosseous-equivalent nell’i-dea di riprodurre l’area di reinserzione dei tendini della cuffia dei rotatori [5-7].

Gli aspetti chiave per una riparazione efficace della cuffia dei rotatori includono:

X sufficiente iniziale rigidità e forza della riparazione;

X sufficiente stabilità durante le manovre di intra ed extraro-tazione che si verificano nell’immediato periodo postope-ratorio;

X ottimizzazione della superficie di contatto tendine-osso [1-3, 5].

Con l’avvento della chirurgia artroscopica, la chirurgia della cuffia dei rotatori si è maggiormente avvalsa dell’uti-lizzo di ancore e suture. La tecnica più comunemente utiliz-

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Suture della cuffia dei rotatori 157

zata è stata quella della single row, ovvero ancore disposte su un’unica fila a livello della zona di inserzione del tendine della cuffia da riparare più o meno distante dalla superficie articolare a seconda delle preferenze del chirurgo e/o del gra-do di elasticità del tendine da riparare ( FIG. 1). Il tasso di fallimento documentato con queste tecniche di riparazio-ne è apparso elevato, sino al 90% in caso di lesioni ampie e massive, come riportano alcuni studi in letteratura [8]. Si è osservato che il fallimento più comune della riparazione si verificava a livello dell’interfaccia tendine-sutura. In questo senso, le proprietà meccaniche del materiale di sutura utiliz-zato e il tipo di passaggio di sutura all’interno del tendine ap-paiono fondamentali. La configurazione del punto tipo Ma-son-Allen ha dimostrato di essere la più resistente, anche se è molto difficile da riprodurre con le tecniche artroscopiche. Tuttavia, le configurazioni di suture semplici e a materassaio

Figura 1. Tipica riparazione single row con 2 ancore a tripla sutura

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori158

isolate hanno dimostrato di non riuscire a mantenere il con-tatto tendine-osso.

Ko et al. hanno dimostrato in uno studio prospettico che i risultati clinici, riparando le rotture di taglia piccola e media della cuffia dei rotatori o con sutura semplice o con il Massi-ve Cuff Stitch (MCS) non erano statisticamente significativi. Tuttavia, la sutura a tipo MCS ha dimostrato una superiori-tà in termini di integrità della riparazione [9]. D’altro canto studi di biomeccanica hanno rivelato che al di là della con-figurazione delle suture, è il numero di suture utilizzate che determina la forza della riparazione eseguita [10].

Con l’idea di migliorare la superficie di contatto tra tendi-ne e osso si sono sviluppate nel tempo le tecniche di double row ( FIG. 2). In termini biomeccanici la riparazione dou-ble row è più resistente di una riparazione single row; tutta-via si deve anche considerare che tale riparazione comporta una maggior tensione sul tendine riparato [11].

Ancora più recentemente, alcuni autori hanno racco-mandato un miglioramento delle tecniche di riparazione double row attraverso delle suture di connessione tra le an-core mediali e quelle laterali, riparazioni equivalenti alle transossee ( FIG. 3). Il razionale di questa tecnica è quello di aumentare ulteriormente la superficie di contatto tendi-ne-osso e di avere una riparazione con basso profilo a livello delle suture che sono di fatto adagiate sulla superficie su-periore del tendine e, quindi, hanno meno ingombro nella regione subacromiale. Infine, sono state introdotte le tecni-che di riparazione transossea (senza ancore) in artroscopia ( FIG. 4) [12]. Con tali tecniche è possibile ripristinare un’inserzione tendinea a livello del tendine riparato di al-meno il 20% superiore rispetto a qualsiasi altra tecnica chi-

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Suture della cuffia dei rotatori 159

Figura 3. Riparazione transosseous-equivalent con cross configuration delle suture

Figura 2. Riparazione double row, con 2 punti a materassaio mediali e 2 ancore laterali a doppia sutura

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori160

rurgica utilizzata al momento [13] e aumentare i punti di fissazione. Quello che è interessante con questo tipo di tec-nica è che la concentrazione degli stress viene spostata dalla giunzione tendine-sutura all’osso.

Aydin et al., in uno studio prospettico, non hanno riscon-trato differenze cliniche significative tra tecnica single row e double row a un follow-up minimo di 1 anno [14]. Tali risul-tati sono stati confermati anche da Burks et al., in un altro studio prospettico randomizzato [15]. Charousset et al., in uno studio prospettico, hanno confermato che non vi sono differenze significative da un punto di vista clinico, tuttavia la tecnica double row, a parità di caratteristiche delle lesioni e dei pazienti, dimostrava risultati migliori in termini di gua-rigione del tendine riparato [16].

Figura 4. Riparazione con punti transossei (anchorless) con X-box configuration

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Suture della cuffia dei rotatori 161

Ma et al. hanno recentemente confrontato la riparazione single row versus double row dimostrando che quest’ultima mostra una migliore ripresa della forza della spalla in pa-zienti con lesioni più ampie di 3 cm. Comunque, le immagini strumentali non mostrano differenze significative in termini di integrità della riparazione tra i 2 gruppi di pazienti [17]. Anche Carbonel et al., in uno studio prospettico randomiz-zato, hanno dimostrato che i pazienti trattati con una ripara-zione double row mostravano un miglior risultato clinico in termini di ripresa della forza rispetto ai pazienti con single row a 2 anni di follow-up. Tali differenze sono ancora più si-gnificative quando si stratificano i risultati tra i pazienti con lesioni superiori ai 3 cm [18].

Gartsman et al., recentemente, hanno riportato un signifi-cativo aumento nella recidiva di lesione dei tendini della cuf-fia in pazienti trattati con single row [19]. Tali osservazioni sono state riportate anche da Lapner et al. [20].

Al momento, non vi sono evidenze che le riparazioni tran-sossee diano risultati clinici migliori delle riparazioni double row [21]. Gartsman et al., tuttavia, hanno dimostrato una significativa differenza in termini di guarigione tra pazienti trattati con single row rispetto a quelli trattati con double row (suture bridge) [19]. Per quanto riguarda le transosse-ous anchorless artroscopiche al momento non esistono studi comparativi con le altre tecniche chirurgiche.

La TAB. 1 riassume i dati dei lavori inclusi nella nostra revisione.

In conclusione, al momento, non vi sono evidenze che possano supportare l’utilizzo di una tecnica di riparazione rispetto a un’altra.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori162

Tabella 1. Letteratura esaminata

Autore N. di casi Follow-up Variabile esaminata

Risultato Livello di evidenza

Gartsman et al., 2013 [19]

83 (40 SR; 43 DR)

Circa 10 mesi (6-12)

Guarigione valutata con US

75% SR 93% DR (suture bridge)

I

Carbonel et al., 2012 [18]

160 (80 SR; 80 DR)

24 mesi UCLAASESRM

Migliore risultato clinico (UCLA ASES) in DRNessuna differenza alla RMN

I

Lapner et al., 2012 [20]

80 (40 SR; 40 DR)

24 mesi CSASESUSRM

Nessuna differenza clinicaNelle DR migliore guarigione

I

Ko et al., 2009 [9]

71 (37 SR; 34 DR)

Min 24 mesi

ASESCSUCLA,RM

Nessuna differenza clinicaNessuna differenza di guarigione

I

Burks et al., 2009 [15]

40 (20 SR; 20 DR)

1 anno ASESUCLA CS

Nessuna differenza clinicaNessuna differenza di guarigione

I

Aydin et al., 2010 [14]

68 (34 SR; 34 DR)

Min 2 anni CS Nessuna differenza

II

Charousset et al., 2007 [16]

66 (35 SR; 31 DR)

6 mesi CSArtro TC

Nessuna differenza clinicaMigliore guarigione nelle DR

II

Grasso et al., 2009 [22]

80 (40 SR; 40 DR)

2 anni DASHCS

Nessuna differenza clinica

II

Franceschi et al., 2007 [23]

60 (30 SR; 30 DR)

2 anni UCLAROMArtro RM

Nessuna differenza

I

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Suture della cuffia dei rotatori 163

Livello di raccomandazione

B

Punti chiave

X Le tecniche double row aumentano i costi in termini di ma-teriali e di tempo di sala operatoria (EBM).

X Le evidenze attuali della letteratura portano a considerare una riparazione tipo single row nelle lesioni di grandezza inferiore ai 3 cm e in presenza di una buona qualità del tes-suto tendineo, mentre la riparazione double row sarebbe da considerare nei casi di lesioni superiori ai 3 cm e con scarsa qualità del tessuto tendineo.

X Nelle lesioni ampie, croniche e retratte, anche una ripara-zione double row ha un alto rischio di fallimento.

X Le tecniche transossee sembrano promettenti biomecca-nicamente, ma non sono ancora supportate da sufficienti studi clinici randomizzati.

Parole chiave di ricercarotator cuff, cuff tears, cuff repair associate a suture anchor, double-row, sin-gle-row, arthroscopically repair

Riferimenti bibliografici1 Gerber C, Schneeberger AG, Beck M, Schlegel U. Mechanical strength of re-

pairs of the rotator cuff. J Bone Joint Surg Br 1994;76(3):371-80.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori164

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14 Aydin N, Kocaoglu B, Guven O. Single row versus double row arthroscop-ic rotator cuff repair in small to medium sized tears. J Shoulder Elbow Surg 2010;19:722-5.

15 Burks RT, Crim J, Brown N, Fink B, Greis PE. A prospective randomized clin-ical trial comparing arthroscopic single- and double-row rotator cuff repair: magnetic resonance imaging and early clinical evaluation. Am J Sports Med 2009;37:674-82.

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Suture della cuffia dei rotatori 165

16 Charousset C, Grimberg J, Duranthon LD, Bellaiche L, Petrover D. Can a double-row anchorage technique improve tendon healing in arthroscopic rota-tor cuff repair? A prospective, nonrandomized, comparative study of double-row and single-row anchorage techniques with computed tomographic arthrography tendon healing assessment. Am J Sports Med 2007 Aug;35(8):1247-53.

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18 Carbonel I, Martinez AA, Calvo A, Ripalda J, Herrera A. Single-row versus double-row arthroscopic repair in the treatment of rotator cuff tears: a prospec-tive randomized clinical study. Int Orthop 2012;36:1877-83.

19 Gartsman GM, Drake G, Edwards TB, Elkousy HA, Hammerman SM, O’Connor DP et al. Ultrasound evaluation of arthroscopic full thickness su-praspinatus rotator cuff repair: single-row versus double row suture bridge (transosseous equivalent) fixation. Results of a prospective, randomized study. J Shoulder Elbow Surg 2013;22:1480-7.

20 Lapner PL, Sabri E, Rakhra K, McRae S, Leiter J, Bell K et al. A multicenter randomized controlled trial comparing single-row with double-row fixation in arthroscopic rotator cuff repair. J Bone Joint Surg Am 2012;94:1249-57.

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22 Grasso A, Milano G, Salvatore M, Falcone G, Deriu L, Fabbriciani C. Sin-gle-row versus double-row arthroscopic rotator cuff repair: a prospective ran-domized clinical trial. Arthroscopy 2009;25:4-12.

23 Franceschi F, Ruzzini L, Longo UG, Martina FM, Zobel BB, Maffulli N et al. Equivalent clinical results of arthroscopic single-row and double-row suture anchor repair for rotator cuff tears: a randomized controlled trial. Am J Sports Med 2007;35:1254-60

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori166

Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori

Le lesioni massive e irreparabili della cuffia rappresentano una vera e propria sfida terapeutica e differenti sono le opzioni di trattamento ( TAB. 1).

Il trattamento conservativo, come descritto da Zingg et al., permette di mantenere una soddisfacente funzionalità della spalla per almeno quattro anni nonostante la progressione della degenerazione articolare [1]. In particolare, il rinforzo della porzione di cuffia residua e del deltoide è efficace nel pre-servare l’arco di movimento nei pazienti anziani [2].

Diversi studi in letteratura si sono focalizzati sul ruolo e l’efficacia del debridement artroscopico. In molti di questi è stato osservato come il debridement artroscopico, associato o meno alla decompressione subacromiale, abbia una buo-na efficacia nell’alleviare la sintomatologia dolorosa pur non determinando un miglioramento nella funzionalità articola-re. Tuttavia, seppure i risultati riportati in letteratura siano contrastanti, sembrerebbero migliori nei pazienti anziani con scarsa richiesta funzionale, buona motilità attiva e articola-zione stabile [3-8].

La tenotomia del capo lungo del bicipite può rappresentare un’efficace opzione nel ridurre il dolore e nel migliorare l’arco di movimento, in particolare nei pazienti con limitazione an-talgica dell’estensione attiva. D’altro canto, alcuni studi hanno

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Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori 167

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Page 165: HANDBOOK - AIFI Liguria · 204 Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 215 Riabilitazione dopo riparazione della cuffia ... di Biomeccanica "Marco Simoncelli",

Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori168

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Page 166: HANDBOOK - AIFI Liguria · 204 Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 215 Riabilitazione dopo riparazione della cuffia ... di Biomeccanica "Marco Simoncelli",

Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori 169

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori170

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Page 168: HANDBOOK - AIFI Liguria · 204 Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 215 Riabilitazione dopo riparazione della cuffia ... di Biomeccanica "Marco Simoncelli",

Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori 171

evidenziato come questo trattamento non abbia invece alcun effetto sul recupero della forza e non modifichi l’evoluzione dell’artropatia da rottura di cuffia [9-10].

Tra le diverse tecniche analizzate, la riparazione parzia-le sembrerebbe essere in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa e contestualmente di migliorare la motilità e la forza [11-13]. Recentemente, due diversi studi (di livello II e livello III) hanno messo a confronto pazienti sottoposti a debridement con pazienti sottoposti a riparazione parziale, riportando miglioramenti statisticamente sovrapponibili per quanto riguarda la componente algica e la soddisfazione del paziente; il recupero funzionale, invece, è risultato essere si-gnificativamente migliore nei pazienti sottoposti a riparazio-ne parziale [3, 4].

L’impiego di scaffold rimane, a oggi, ancora ampiamente di-battuto. Infatti, nonostante sia stato oggetto di studi di livello I, non è possibile affermare che nelle lesioni massive sia efficace nel ridurre il tasso di rirottura o nel migliorare i risultati clinici [14-19].

La trasposizione tendinea, come dimostrato da diversi stu-di, sembrerebbe essere particolarmente indicata nei pazienti giovani, attivi, senza segni di artrosi, ma con un importante deficit funzionale legato al dolore e alla perdita della motilità attiva [20-26].

La trasposizione del grande dorsale nelle rotture postero-su-periori si associa a significativi miglioramenti della funziona-lità e del dolore [20-22]. Tali risultati, tuttavia, non si sono di-mostrati stabili con la tendenza a deteriorarsi nel tempo per lo sviluppo di un’artropatia da rottura di cuffia [19-21].

La trasposizione del grande pettorale nelle rotture antero-su-periori, si associa a una significativa riduzione della sintomato-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori172

logia dolorosa mentre il recupero della forza e della motilità atti-va sembra essere più limitato. Inoltre nonostante il significativo miglioramento clinico cui vanno incontro i pazienti, gli score di valutazione si attestano su livelli medio-bassi [23-26].

La protesi inversa migliora la motilità e diminuisce il dolore [27-29]. Sebbene i risultati a breve e a medio termine siano molto promettenti, dall’analisi della letteratura emerge che la selezione dei pazienti è di importanza cruciale ai fini del suc-cesso dell’intervento. Infatti, il candidato ideale è il paziente anziano con scarsa richiesta funzionale, non responsivo alla terapia conservativa e con una severa limitazione della motili-tà attiva [27, 28]. I risultati clinici sono inferiori in presenza di una disfunzione del piccolo rotondo [28].

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X Il trattamento delle lesioni massive e irreparabili della cuffia è controverso e non esiste un approccio terapeutico ideale.

X Non esistono studi controllati randomizzati che comparino il trattamento conservativo con il trattamento chirurgico né le differenti tecniche chirurgiche tra loro.

X Un’attenta valutazione clinica e radiologica del paziente è fondamentale al fine di scegliere il trattamento più adegua-to e garantire quindi il miglior risultato possibile per cia-scun individuo.

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Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori 173

X I risultati dei diversi tipi di trattamento, buoni nel breve e in alcuni casi anche nel medio termine, tendono a deterio-rarsi nel tempo. Ulteriori studi controllati sono auspicabili per confermare l’efficacia delle diverse soluzioni anche nel lungo periodo.

Parole chiave di ricercairreparable rotator cuff tear e massive rotator cuff tear in combinazione con ran-domized controlled study e systematic review

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Rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori 175

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori176

Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori

Benché il management chirurgico, diagnostico e riabilitativo della patologia a carico della cuffia dei rotatori abbia bene-ficiato, nell’ultimo decennio, di nuove strategie, alcuni studi evidenziano ancora la presenza di recidive di rottura senza guarigioni che vanno dal 20% fino al 90%, con variabili cor-relate all’età dei pazienti, alle dimensioni della lesione e alle tecniche chirurgiche utilizzate.

Sebbene queste percentuali siano spia, apparentemente, del fallimento dell’approccio a queste lesioni, in letteratura si sottolinea, comunque, l’alto gradimento dei pazienti per l’intervento chirurgico, in quanto questa opzione terapeu-tica sembra risolvere il dolore e agevolare il recupero fun-zionale.

Partendo da questo paradosso, negli ultimi anni la medi-cina rigenerativa si è candidata a colmare questo gap.

L’appeal mediatico, il miraggio dell’eterna giovinezza e le concrete potenzialità di terapie biologiche non dannose han-no spinto ricercatori e pazienti verso questa nuova realtà.

Nell’ambito delle rotture della cuffia dei rotatori sono emerse, sostanzialmente, tre strategie riparative: PRP; scaf-fold e cellule mesenchimali [1].

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 177

PRP

Il plasma ricco di piastrine (PRP, Platelet Rich Plasma) è un prodotto di derivazione ematica studiato da molti anni in di-verse branche della medicina [2].

Il suo razionale d’uso risiede nel fatto che le piastrine rila-sciano numerose sostanze che promuovono la riparazione tis-sutale e influenzano il comportamento di altre cellule modulan-do l’infiammazione e la neoformazione di vasi sanguigni [3, 4].

Tra queste sostanze, i fattori di crescita, quali il PDGF, il TGF β, il VEGF, l’IGF-1, l’FGF, e l’EGF, sono tra i più noti. I granuli contenuti nelle piastrine sono anche una fonte di cito-chine, chemochine e di molte altre proteine variamente coin-volte in tanti processi biologici, ad esempio la proliferazione e maturazione cellulare, la modulazione dell’infiammazione e l’attivazione dell’omeostasi tissutale. Il plasma raccolto viene centrifugato a elevata velocità in modo da ottenere una con-centrazione da 2x a 10x, con sistemi di centrifugazione che prevedono anche due fasi in successione con incremento della velocità di rotazione (soft e hard spin).

La risposta al PRP dipende essenzialmente dal volume di pla-sma processato, dalla concentrazione relativa di globuli bianchi e dall’utilizzo o meno della trombina come attivatore esogeno.

Le diverse metodiche di preparazione del PRP con diversi sistemi presenti sul mercato producono diversi tipi di PRP [5].

Dall’analisi dei dati di uno studio di Castillo et al. [6], che ha messo a confronto 3 diversi tipi di sistemi di preparazione del PRP, sono stati riscontrate differenze anche molto significative nella concentrazione di globuli bianchi, dei fattori di crescita di derivazione piastrinica e dell’endotelio vascolare. Inoltre, Maz-zocca et al. [7] hanno messo in evidenza come la concentrazio-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori178

ne possa variare anche nella stessa giornata in diversi prelievi, in base a differenze fisiologiche del donatore stesso.

Il ruolo delle cellule dei globuli bianchi è stato recentemente approfondito per i possibili effetti positivi (effetto antimicrobi-co, potenziamento della risposta riparativa e della rimozione dei tessuti di degradazione) così come per possibili effetti negativi (incremento della degradazione cellulare correlata) [7, 8].

Recentemente, un gruppo di esperti ha indicato l’esistenza di quattro grandi “famiglie” di PRP [5].

X Pure-PRP: preparazioni prive di leucociti e con un network di fibrina a bassa densità dopo attivazione.

X Leukocyte e Platelet Rich Plasma: utilizzato soprattutto in chirurgia generale e medicina dello sport.

X Pure-Platelet Rich Fibrin: senza leucociti e con un network di fibrina ad alta densità che non consente di iniettare il prodotto.

X Leukocyte e Platelet Rich Fibrin: con leucociti e fibrina ad alta densità, utilizzati solo in forma di gel [1].

L’utilizzo terapeutico del PRP per le rotture tendinee e per le tendinopatie è stato riportato in letteratura soprattutto per il tendine d’Achille, la cuffia dei rotatori e i tendini estensori e flessori del gomito.

Secondo Barber et al. [9] le maggiori evidenze a supporto dell’utilizzo del PRP nella pratica clinica sono relative al ri-schio/percentuale di rirottura, che può essere complessiva-mente ridotto, ma può variare in rapporto all’età del paziente o aumentare in relazione all’area di sezione interessata.

Per Randelli et al. [10] invece, non esistono variazioni stati-sticamente significative dell’outcome clinico a medio termine,

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 179

ma solo un vantaggio nella riduzione del dolore postoperato-rio e della velocità di recupero che non trova però riscontro nella valutazione al follow-up intermedio e finale.

Oltre a quanto riscontrato negli studi di livello superiore [10-15], meritano menzione anche studi con livello di eviden-za inferiore [16]. Per esempio, Bergeson [17] ha comparato due gruppi di pazienti a rischio elevato di rirottura (per maggiore età e dimensione della lesione), dove era stata effettuata una riparazione della cuffia con e senza membrana addizionata di fibrina. Paradossalmente, l’utilizzo del PRFM non ha portato a

Tabella 1. Letteratura esaminata

Autore Materiali Valutazioneclinicae strumentale

Risultati Livello di evidenza

Randelliet al., 2011 [10]

56 pazienti 26 PRPsingle row

Clinica: ASES, SST,Rowe, RMN

Nessuna differenza = retear complessivoRidotte con < retrazione

I

Castricini et al., 2011 [11]

88 pazienti 43 PFRM

Constant ScoreRMN

Nessuna differenza I

Rodeo et al., 2012 [12]

79 pazienti 40 PFRMSingle row

ASES, L’Insalata,Ecografia

Nessuna differenza I

Jo et al., 2013 [13]

48 pazienti gel PRPsingle row

ROM, Strenght, SatisfactionRMN o Artro-TC

Nessuna differenzaRirotture più ridotte con >cross section area

I

Weber et al., 2013 [14]

60 pazienti 30 PFRMsingle row

SST, VAS, UCLA Nessuna differenza I

Malavolta et al., 2014 [15]

54 pazienti 27 PRP aferesi single row <3 cm

UCLA, Constant Score, VASRMN

Nessuna differenza I

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori180

un miglioramento clinico significativo; al contrario, è stata ri-portata l’associazione a una percentuale di rirottura più elevata (58% vs 38%), oltre al riscontro di due casi di infezione.

Scaffold, patch e augmentation

Gli scaffold sono delle strutture di supporto/rinforzo che vengo-no utilizzati, per aiutare il chirurgo, in particolari casi di assen-za tissutale o scarsa qualità del tessuto primitivo. Il ruolo degli scaffold è potenzialmente di grande utilità ed è finalizzato ad aumentare la resistenza della struttura tendinea, migliorando la distribuzione delle forze, fornendo anche un supporto biologico alla fase di integrazione/guarigione tendinea [18-19].

Questi materiali possono essere suddivisi in 4 categorie:

X strutture autologhe;

X strutture non degradabili;

X matrici extracellulari;

X scaffold sintetici.

Gli studi di scienza di base sottolineano i vantaggi dell’im-piego degli scaffold. In particolare, sostengono che:

X sono in grado di integrarsi stabilmente con il tessuto dan-neggiato della cuffia;

X sono biocompatibili e biodegradabili;

X non rappresentano un punto di interferenza e di indeboli-mento biomeccanico nel contesto riparativo della lesione dei tendini della cuffia [20, 21].

Autograft. Schebel et al. [22] hanno riportato risultati po-sitivi nell’utilizzo di un flap periostale autologo con una bassa

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 181

percentuale di rirotture e con modeste complicanze relative a calcificazioni eterotopiche.

L’utilizzo del capo lungo del bicipite come augmentation è stato proposto e testato da Sano et al. [23] in una serie di 14 pazienti, con favorevoli risultati e senza complicanze di rilievo.

Becktaser et al. [24], invece, hanno ottenuto risultati positi-vi, sia nell’outcome clinico che in quello strumentale ecografi-co, con un innesto libero di legamento coraco-acromiale.

Xenograft. È un impianto di materiali di derivazione sui-na. È stato descritto da Badhe et al. [25], che hanno riportato dati incoraggianti senza complicanze di rilievo a un follow-up minimo di 3 anni con xenograft di derma suino per rotture irreparabili della cuffia dei rotatori.

Walthon et al. [26], invece, hanno riscontrato complican-ze infiammatorie nel 40% dei casi dopo impianto di mucosa intestinale porcina. Anche Iannoti et al. [27] hanno riportato peggiori outcome clinici e strumentali con solo il 40% di gua-rigione alla RMN nel gruppo con augmentation vs il 60% del gruppo di controllo.

Allograft. L’impiego degli allograft è una metodica di non recente introduzione. Neviaser et al. [28] segnalarono, nel 1978, l’impiego di questa tecnica (impianto di tessuti free-ze-dried provenienti dalla cuffia dei rotatori di cadaveri) per la riparazione di lesioni tendinee della spalla, riportando risulta-ti favorevoli. Tali conclusioni non sono state confermate, con la medesima metodica, da Nasca [29].

Un recente studio di Barber et al. [30], condotto con grup-po di controllo, ha valutato clinicamente (UCLA e Constant Score) e strumentalmente (RMN) i risultati dell’impianto di una matrice dermica acellulare nella riparazione della cuf-fia, rilevando differenze significative nell’integrità della ripa-

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori182

razione (85% vs 40%) che non hanno però trovato riscontro nell’outcome clinico.

Wong et al. [31] hanno valutato, in assenza di gruppo di controllo, i risultati dell’impianto di matrice dermica acellula-re graft Jacket per lesioni irreparabili della cuffia su 45 pazienti, rilevando un consistente aumento degli score clinici (WORC, ASES, UCLA), senza l’insorgenza di complicanze di rilievo.

Scaffold sintetici. Diversi studi hanno tentato l’utilizzo di patch e scaffold sintetici per augmentation in lesioni non ana-tomicamente riparabili della cuffia.

Audenaert et al. [32] hanno utilizzato un patch sintetico in uno studio prospettico su 41 pazienti. Al follow-up il riscontro è stato positivo, sia dal punto di vista clinico che strumentale, riportando una rirottura solo in 3 pazienti su 41 e un buon valore medio di Constant Score.

Encalada Diaz et al. [33] hanno utilizzato una membrana biocompatibile di urea con risultati clinici soddisfacenti e l’in-tegrità del tendine riparato rilevata con ecografia e RMN nel 90% dei casi.

Proctor [34] ha studiato l’efficacia di una matrice sintetica (acido polilattico) nella riparazione di lesioni ampie o massive della cuffia riscontrando, oltre al miglioramento clinico, anche un’elevata percentuale (82%) di integrità del costrutto tendine/matrice alla valutazione strumentale con ecografia.

Ciampi et al. [35] hanno condotto uno studio su 150 pazienti con lesioni posterosuperiori della cuffia, dividendo la popola-zione esaminata sulla base dell’intervento effettuato in 3 gruppi:

X gruppo 1: riparazione open convenzionale;

X gruppo 2: riparazione con supporto di membrana collagenica;

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 183

X gruppo 3: riparazione con supporto di membrana di poli-propilene.

I pazienti sono stati rivalutati clinicamente in accordo all’UCLA Score e con esame dinamometrico della forza; in seguito, sono stati analizzati strumentalmente con l’ecografia riscontrando valori significativamente migliori nel gruppo dei pazienti riparati con supporto di membrana di polilpropilene (17% rirotture vs 51% dei controlli).

Petrie e Ismaiel [36] hanno ottenuto un’alta percentuale di risultati clinici positivi utilizzando un augmentation con laser nella riparazione della cuffia. L'augmentation biologico nelle lesioni della cuffia dei rotatori si sta configurando, pertanto, come una nuova e valida strategia di azione con importanti esiti riparativi [37, 38].

Cellule mesenchimali

Le cellule staminali adulte multipotenti sono cellule non diffe-renziate somatiche, isolate da tessuti diversi che possono, nelle opportune condizioni, autorigenerare e differenziarsi nei tipi cellulari del tessuto od organo preso in considerazione.

Le cellule staminali mesenchimali (MSC, Mesenchymal Stem Cell) hanno origine dal mesoderma, il foglietto embrio-nale della blastocisti tra ectoderma ed endoderma. Questo foglietto genera linee tessutali per lo più connettivali: a diffe-renza delle cellule staminali embrionali, fetali o della placenta, questo tipo cellulare, essendo in una fase adulta, non è totipo-tente (ossia generatore di tutte le linee cellulari del corpo) ma pluri/multipotente, ossia può generare solo tipi di cellule con-nettivali e non altri tessuti di diversa derivazione embrionale (come neuroni o epiteli).

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori184

Le maggiori fonti di cellule mesenchimali sono state iden-tificate nella cresta iliaca, ma esistono fonti alternative di MSC nella tibia, nel femore e nell’omero. Sorgenti alternative di cel-lule mesenchimali sono costituite dalle cellule adipose e dal periostio, ma ogni tessuto ha cellule mesenchimali residenti.

A fronte dell’evidenza dimostrata dagli studi in vitro, negli studi clinici eseguiti in vivo esiste una debole evidenza di effi-cacia, dimostrabile nel miglioramento della risposta tissutale, senza un parallelo miglioramento dell’outcome clinico [39-42].

Nell’ambito della riparazione delle lesioni della cuffia dei rotatori, Gullota et al. [43] hanno dimostrato come l’aggiunta di cellule mesenchimali alla riparazione chirurgica della cuf-fia non abbia effetti positivi, se non in associazione a cellule predifferenziate verso la linea tenocitaria. Durtant et al. [44] hanno documentato un “effetto positivo” della coltura di cellule mesenchimali prelevate durante la riparazione della cuffia, con maggiore espressione di collagene di tipo I. Kim et al. [45] han-no dimostrato, attraverso uno studio in vitro, l’alta possibilità di sopravvivenza di cellule prelevate dalla cresta iliaca di coniglio impiantate poi durante la riparazione della cuffia dei rotatori.

Mazzocca et al. [46] hanno dimostrato in vivo, durante l’intervento artroscopico di riparazione della cuffia, come le cellule mesenchimali prelevate dalla testa omerale abbiano la possibilità di differenziarsi come progenitrici delle cellule ad-dette alla sintesi di tessuto connettivo. Sempre Mazzocca et al. [47] hanno valutato, in uno studio, la differenza di espressione delle cellule mesenchimali in rapporto all’esposizione a diversi fattori durante la purificazione post-prelievo (fattori di cresci-ta/insulina/gruppo di controllo), riscontrando che il gruppo di cellule trattato con insulina esprime una maggiore quantità di marker specifici.

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 185

Hernigou et al. [48] hanno condotto uno studio prospettico con gruppo di controllo nella riparazione della cuffia associan-do una mesh di cellule mesenchimali prelevate durante l’inter-vento alla riparazione della cuffia e ottenendo ai controlli RMN ed ecografici a 6 mesi il 100% di guarigione della cuffia contro il 67% del gruppo di controllo.

PRP

Livello di raccomandazione

B

Punti chiave X Deboli evidenze sulla riduzione del dolore e nel rischio di rirotture.

X L’EBM al momento non supporta l’utilizzo del PRP nelle rotture della cuffia dei rotatori.

X È evidente la necessità di classificare e standardizzare le di-verse preparazioni di PRP presenti sul mercato.

Parole chiave di ricercaPRP, plateleth, plasma, rotator cuff, repair

Scaffold, patch e augmentation

Livello di raccomandazione

D

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori186

Punti chiave X L’indicazione all’uso di scaffold oggi dovrebbe essere riser-vata alle rotture della cuffia ampie, con tessuto di ridotta consistenza o che non consenta una chiusura completa del difetto tendineo.

X L’EBM al momento non supporta l’uso di scaffold per man-canza di RCT di livello 1 e per l’esiguo numero di pazienti studiati.

X L’utilizzo di patch e scaffold xenografi ha evidenziato le maggiori complicanze di origine immunogenica.

Parole chiave di ricercatissue, graft, augmentation, mesenchimal, stem cells, supraspinatus, rotator cuff, repair

Cellule mesenchimali

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X L’uso di MSC, al momento, non è supportato da nessuna evidenza.

Parole chiave di ricercatissue, graft, augmentation, mesenchimal, stem cells, supraspinatus, rotator cuff, repair

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Strategie rigenerative nella riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori 187

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori188

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Trasposizione del tendine del grande dorsale

Le rotture massive e irreparabili della cuffia dei rotatori (CR) rappresentano un grande problema e un’importante sfida per il chirurgo. Le rotture postero-superiori massive rappresen-tano circa il 40% di tutte le lesioni sottoposte a riparazione [1], e quelle giudicate irreparabili sono circa il 7 e il 10% [2]. Il transfer del tendine del muscolo grande dorsale (TGD) sembra fornire una buona opzione di trattamento, e risulta-ti incoraggianti sono stati riportati soprattutto nei pazienti giovani. Il TGD, insieme a quello del grande rotondo, è stato descritto per la prima volta da L’Episcopo per gli esiti delle paralisi ostetriche del plesso brachiale [3], mentre Gerber è stato il primo a descrivere il TGD per il trattamento delle lesioni massive e irreparabili della cuffia dei rotatori alla fine degli anni Ottanta [4]. Attualmente, viene utilizzato da di-versi autori come intervento di salvataggio in pazienti gio-vani con rottura massive postero-superiori, quando la ripa-razione non è più considerata un’opzione possibile. I recenti miglioramenti della tecnica chirurgica e l’introduzione di quella artroscopica hanno reso sempre più popolare questo tipo di intervento, tanto che oggi viene anche utilizzato in associazione con l’impianto di protesi inversa di spalla nei pazienti più anziani e con una grave perdita della rotazione esterna [5].

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Un recente studio biomeccanico su cadavere ha ben illu-strato l’influenza del TGD in un modello di rottura massiva della cuffia dei rotatori [6]. Da questo lavoro è emerso che il TGD è utile nel ripristinare l’equilibrio della cinematica dell’articolazione gleno-omerale, in particolare per riequili-brare e ripristinare il range delle rotazioni a 0° di abduzione. Inoltre, contrariamente ad altri studi clinici, questo transfer sembrerebbe efficace nel deprimere la testa dell’omero. La lun-ghezza del tendine è molto importante perché un’insufficiente mobilizzazione del tendine può determinare una limitazione delle rotazioni, un decentramento della testa omerale e un au-mento della pressione della testa contro la glena ( FIG. 1). Per tale motivo, gli autori consigliano di valutare attentamente la lunghezza del tendine ed eventualmente eseguire un allunga-mento a Z [6].

Come evidenziato da Werner et al. [7], l’integrità del ten-dine del muscolo sottoscapolare risulta fondamentale per un corretto bilanciamento delle forze che agiscono sull’articola-zione gleno-omerale e per la buona riuscita dell’intervento. Infine, un altro studio su biomeccanico ha dimostrato come il transfer sia in grado di migliorare la rotazione esterna atti-va quando impiegato insieme all’impianto di protesi inversa di spalla in pazienti con deficit dell’extrarotazione, e di come l’innesto del transfer nella porzione posteriore del trochite determini un corretto braccio di leva [5].

Attualmente, il TGD sembrerebbe offrire una soluzione efficace nel trattamento dei pazienti con rottura irreparabile della porzione postero-superiore della CR, in particolare in quelli più giovani. Infatti, questo dovrebbe agire da stabiliz-zatore della testa omerale e aumentare la forza nelle rotazioni esterne. Inoltre, la ricostruzione della cuffia postero-superio-

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re, ristabilizzerebbe il centro di rotazione della testa omerale, consentendo un migliore funzionamento degli altri muscoli della cuffia [7].

Diversi autori hanno riportato i risultati del TGD da solo o in associazione con altri transfer tendinei o con protesi in-versa di spalla. Tuttavia i risultati sono variabili, e sono sta-te riportate grandi differenze, in particolar modo a seconda dell’indicazione e della tecnica chirurgica.

I risultati dell’intervento al follow-up sono stati valutati con diversi metodi e scale di valutazione, come il Constant-Mur-ley Score (CMS) in 18 studi, l’American Shoulder and Elbow Surgeon Scale (ASES) in 3 studi, University of California, Los Angeles (UCLA) Score in 4 studi, l’Activity Daily Living (ADL) Score in uno studio, il Penn Score (University of Penn-sylvania Shoulder Score) in 1 studio, l’Oxford Shoulder Score

Figura 1. Preparazione del tendine del muscolo gran dorsale

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori194

in 1 studio e il Quick DASH score in 1 studio. Tutti gli studi, tranne 2, hanno valutato il Range Of Movement (ROM). In 4 studi è stata anche eseguita una valutazione soggettiva con il Subjective Shoulder Value (SSV) Score e un’elettromiografia (EMG).

Il numero totale dei pazienti è di 549 (554 spalle), mentre l’età media è 58 anni (range 26-85 anni). Il 70% dei pazienti è di sesso maschile. Il follow-up medio è di 42 mesi. Nel 70% dei casi l’intervento è stato eseguito nella spalla dominante, mentre in meno dell’1% bilateralmente. Sebbene l’età media dei pazienti sia significativamente inferiore a quella dei pa-zienti sottoposti a endoprotesi o protesi inversa di spalla, nes-suno studio ha preso in considerazione in maniera specifica i risultati del TGD in rapporto all’età del paziente, e pertanto risulta difficile stabilire quale sia l’influenza dell’età sui risul-tati del trattamento. Lo stesso accade per il sesso.

Tutti gli autori hanno riportato buoni risultati funzionali dopo intervento chirurgico di TGD, in particolare nel recu-pero della rotazione esterna. L’elevazione attiva ha subito un miglioramento statisticamente significativo da una media di 101° a 137°, mentre la rotazione esterna è passata da 16,8° a 26,7°. Un aumento statisticamente significativo è stato osserva-to anche nella forza in abduzione della spalla dopo l’intervento chirurgico, da 1,2 kg prima dell’intervento a 3,2 kg in media al follow-up. Gli autori che hanno eseguito l’intervento in as-sociazione con il transfer del TM o con protesi inversa di spal-la hanno riportato migliori risultati sia nella rotazione esterna che nell’elevazione della spalla, ma attualmente questi risultati non sono paragonabili per lo scarso numero e per la diversa tipologia di pazienti, e non sono significativi perché non c’è nessuno studio che paragoni i due gruppi di pazienti tra loro.

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Diversi autori hanno focalizzato la loro attenzione sull’in-tegrità del tendine del muscolo sottoscapolare. Differenze si-gnificative sono state trovate in termini di risultati funzionali, articolarità, dolore e grado di soddisfazione quando sono sta-ti paragonati i pazienti con e senza la rottura del tendine del sottoscapolare. Scarsi risultati sono stati riportati in 9 studi in cui era stato eseguito il TGD in presenza di una rottura del tendine sottoscapolare. Gerber [8] ha riportato nel suo studio che il TGD era di scarso effetto se il tendine sottoscapolare non veniva riparato o in caso di rotture irreparabili, mentre nei pazienti con sola rottura postero-superiore, i pazienti riu-scivano a recuperare circa l’80% della funzionalità della spalla a quasi 3 anni di follow-up. Inoltre, tutti i pazienti con una rottura del tendine sottoscapolare hanno sviluppato una mi-grazione superiore della testa dell’omero. Anche altri autori hanno concluso che la rottura del sottoscapolare determinava scarsi risultati dopo TGD [7, 9].

Non sembra esserci accordo in letteratura sull’importan-za dell’integrità del tendine del piccolo rotondo nei risultati dopo TGD. Infatti, mentre Costouros [10] ha trovato migliori risultati nei pazienti con una degenerazione adiposa del mu-scolo piccolo rotondo minore di 2, nessuna differenza è stata trovata da Miniaci et al. [11].

I risultati funzionali dei pazienti con artrosi gleno-omerale di grado severo sono stati inferiori rispetto a quelli senza o con artrosi di grado lieve. Tuttavia, la differenza non è statistica-mente significativa. Inoltre, diversi autori hanno riportato una certa migrazione prossimale della testa dell’omero, soprattut-to in relazione all’integrità del tendine sottoscapolare. Gerber ha osservato che un paziente su quattro con una testa ome-rale centrata nella glena sviluppava una modesta migrazione

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prossimale, mentre una migrazione maggiore si verificava in tutti i pazienti con la rottura del sottoscapolare. Nei tre studi che hanno valutato questa evoluzione, si è evidenziato come lo spazio subacromiale si riducesse da una media di 5,6 mm nel preoperatorio a 5 mm al follow-up finale [8, 9]. In particolare, nessuna migrazione superiore si era osservata nel 36% dei pa-zienti, una migrazione lieve nel 7%, mentre nel 57% dei casi la migrazione era evidente. Nel lavoro più recente e con 10 anni di follow-up massimo è stato osservato come fosse diminuito lo spazio subacromiale e fosse aumentato il grado di artrosi gle-no-omerale in modo statisticamente significativo al follow-up finale rispetto al preoperatorio, e come i pazienti con artrosi di grado elevato al momento dell’intervento avessero risultati peggiori rispetto a quelli con artrosi lieve [12]. Quest’ultimo risultato però non era statisticamente significativo.

Non c’è accordo su quale sia il miglior punto per eseguire l’impianto tendineo. Infatti, il tendine è stato impiantato in diverse posizioni, a livello del footprint del tendine, del so-vra e sottospinato, a livello della porzione laterale del trochite, di quella supero-laterale, in quella postero-laterale e a livello dell’inserzione del solo tendine sottospinato.

Tutti gli autori hanno riportato buoni risultati in termini di recupero della funzionalità e del ROM della spalla. Una recente revisione sistematica della letteratura ha riportato che in media ci si può aspettare un miglioramento di circa 35° di elevazione, 10° della rotazione esterna, e un recupero delle forza in abduzione fino a circa il 70% rispetto alla spalla con-trolaterale sana, ma che non ci si può attendere un ritorno alla normalità [13]. Tuttavia, i metodi di valutazione e i risultati sono variabili tra i diversi studi, e non vi sono ancora chiare e univoche indicazioni.

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Trasposizione del tendine del grande dorsale 197

Il TGD come intervento di revisione dopo il fallimento di una riparazione della cuffia dei rotatori ha dato risultati con-trastanti, e pochi studi hanno paragonato i risultati dell’in-tervento primario rispetto a quello di revisione. Infatti, men-tre diversi autori hanno riportato risultati significativamente inferiori quando il TGD è stato eseguito come intervento di revisione [13], altri non hanno riportato differenze significa-tive [14, 15].

L’integrità del tendine del muscolo sottoscapolare è fon-damentale per la buona riuscita dell’intervento. In dieci studi (59 spalle) l’intervento è stato eseguito in presenza di una rot-tura del tendine sottoscapolare, e in tutti sono stati riportati scarsi risultati funzionali al follow-up finale. Tuttavia, Minia-ci et al. [11] hanno riportato buoni risultati anche in questo gruppo di pazienti. La presenza di una rottura del tendine del muscolo piccolo rotondo non sembra invece influire signi-ficativamente sui risultati dell’intervento, così come non c’è ancora accordo tra i vari autori su quale sia il punto migliore per l’inserzione dell’innesto tendineo.

Alcuni studi hanno valutato la funzionalità del lembo di muscolo grande dorsale attraverso lo studio elettromiografico e hanno confermato la funzionalità e l’efficacia del transfer nel migliorare il ROM attivo, in particolare nel ripristinare la rotazione esterna [9, 16-18].

Attualmente, non si può affermare quale sia la tecnica chi-rurgica migliore da utilizzare. Recentemente Castricini et al. [19] hanno riportato i risultati del transfer assistito con l’ar-troscopia in 27 pazienti con età media di 60 anni. I risultati sono stati incoraggianti e sovrapponibili agli altri riportati in letteratura, con un miglioramento statisticamente signi-ficativo del CMS, della rotazione esterna, del dolore e della

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Trasposizione del tendine del grande dorsale 199

forza rispetto al preoperatorio. Tuttavia il follow-up medio è ancora breve (27 mesi) e pochi sono gli studi disponibili in letteratura.

L’analisi della letteratura ha evidenziato come l’interven-to chirurgico TGD non è in grado di eliminare l’evoluzione dell’artrosi gleno-omerale, e i lavori hanno mostrato una pro-gressiva riduzione dello spazio acromion-claveare e un peg-gioramento dell’artrosi gleno-omerale nel 50% dei casi [13]. Tuttavia, non essendoci lavori che paragonino l’evoluzione dell’artrosi in diversi tipi di intervento chirurgico, non si può definire se il TGD modifichi l’evoluzione naturale dell’artrosi gleno-omerale. Inoltre, non si riescono a dare giudizi defini-tivi sui fattori prognostici dei risultati, anche se peggiori ri-sultati clinici e funzionali si sono osservati nei pazienti con artrosi gleno-omerale, rottura del tendine sottoscapolare e degenerazione adiposa avanzata del muscolo piccolo rotondo.

Dall’analisi della letteratura è emerso che il transfer del gran dorsale in caso di rottura postero-superiore massiva e ir-reparabile della cuffia dei rotatori è in grado di fornire un mi-glioramento dell’articolarità, della rotazione esterna, della for-za, del dolore e della funzionalità della spalla. Tuttavia non ci sono studi di livello I pubblicati in letteratura che paragonino il TGD con pazienti trattati incruentemente o con altri tipi di trattamento (ricostruzioni parziali, ricostruzioni con augmen-tation, endoprotesi, protesi inverse di spalla), per cui non sia-mo in grado di affermare quale sia il trattamento migliore per questa tipologia di pazienti. Il follow-up medio è ancora breve (4 anni circa), pertanto è difficile prevedere quali potrebbe-ro essere i risultati e le complicanze a lungo termine. Quindi, sebbene i risultati per ora siano incoraggianti, non è possibile stabilire delle chiare raccomandazioni sull’utilizzo del TGD.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori200

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X Assenza di studi di livello di evidenza I.

X I risultati del transfer del tendine del muscolo gran dorsale in caso di rottura postero-superiore massiva ed irrepara-bile della cuffia dei rotatori sono incoraggianti per quanto riguarda il recupero del ROM, della rotazione esterna, del-la forza e della funzionalità della spalla.

X Fattori prognostici negativi sembrano essere l’artrosi gle-no-omerale, la riduzione dello spazio gleno-omerale, la rottura del tendine del muscolo sottoscapolare e la dege-nerazione adiposa avanzata del muscolo piccolo rotondo.

X Il follow-up è ancora breve per valutare i risultati a lungo termine.

Parole chiave di ricercashoulder, rotator cuff tear, massive rotator cuff tear, tendon transfer, latissimus dorsi transfer, randomized controlled trial, young patients

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Trasposizione del tendine del grande dorsale 201

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29 Birmingham PM, Neviaser RJ. Outcome of latissimus dorsi transfer as a salvage procedure for failed rotator cuff repair with loss of elevation. J Shoulder Elbow Surg 2008;17:871-4.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori204

Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori

La progressione nel tempo delle rotture della cuffia dei rota-tori ne rende molto più difficile la riparazione. In letteratura, ancora oggi, non c’è consenso su quale sia il trattamento più indicato.

La protesi inversa di spalla (RSA, Reverse Shoulder Arthro-plasty) è stata progettata per il trattamento dei pazienti affet-ti da Rotator Cuff Arthropathy (RCA) ( FIGG. 1,2) ma, nel corso degli anni, le modifiche dei design protesici e i risultati sempre più incoraggianti ne hanno esteso le indicazioni [1]. Attualmente, le RSA sono indicate per trattare diverse condi-

Figura 1. Rotator Cuff Arthropathy

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Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 205

( FIG. 1,2)zioni, come le fratture dell’omero prossimale o gli esiti delle fratture stesse, la spalla pseudoparalitica e l’instabilità. Vengo-no utilizzate, inoltre, nella chirurgia di revisione, nelle malat-tie infiammatorie croniche e nella chirurgia oncologica.

Dall’analisi della letteratura non sono emersi studi di livello I sul trattamento delle lesioni irreparabili della cuffia dei ro-tatori e sulla RCA mediante l’impianto di protesi inversa di spalla. Sono stati trovati pochi studi prospettici di livello III; la maggior parte dei lavori è di livello IV ( TAB. 1).

Leung et al. [2] hanno pubblicato uno studio retrospettivo che confronta i risultati di 36 impianti di RSA e 20 endopro-tesi. Il follow-up medio è stato di 4,4 anni (range 2-12 anni) nel gruppo trattato con endoprotesi e di 3 anni (range 2-5) in quello trattato con RSA. Gli autori hanno riportato risultati migliori e statisticamente significativi nei pazienti trattati con RSA rispetto all’endoprotesi per quanto riguarda il dolore, la funzionalità e l’elevazione. A 6 mesi dall’intervento, i risultati funzionali valutati con lo SPADI Score (Shoulder Pain and Di-

Figura 2. Immagine RM dello stesso paziente con rottura massiva della cuffia dei rotatori e RCA

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori206

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Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 207

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sability Index) erano migliori nel gruppo delle RSA (p <0,001), differenza che rimaneva fino al follow-up finale. In particolare, a 2 anni dall’intervento, l’elevazione attiva era di 113° nel grup-po della RSA rispetto a 58° in quello dell’endoprotesi. Nono-stante un iniziale vantaggio nelle rotazioni esterne nel gruppo delle endoprotesi, questa differenza non era più significativa a 2 anni di follow-up, mentre le rotazioni interne erano mi-gliori nei pazienti trattati con RSA (T12 vs L5). Il tasso e la tipologia delle complicanze generiche erano sovrapponibili nei due gruppi (25%), mentre in 5 casi (25%) i pazienti trattati con endoprotesi hanno presentato una migrazione prossimale dell’impianto, uno dei quali è stato revisionato con una protesi inversa. Nel gruppo delle RSA, i controlli radiografici a distan-za hanno evidenziato un caso di notching di grado 3 e due casi di grado 4 con la mobilizzazione della metaglena.

Risultati simili sono sati riportati da Young et al. [3], che hanno paragonato i risultati di più di 200 pazienti trattati con RSA (102 pazienti) ed endoprotesi (102 pazienti), attingendo le informazioni dal New Zealand Joint Registry. Gli autori han-no concluso che i risultati delle protesi inverse erano superiori rispetto a quelli delle parziali, ma che erano necessari studi con follow-up a lungo temine per confermare questi risultati.

Teissier et al. [4] hanno recentemente pubblicato uno stu-dio prospettico su 105 protesi inverse, riportando un tasso di soddisfazione percepito come buono o eccellente nel 96% dei pazienti a 41 mesi di follow-up medio. Castricini et al. [5] hanno riportato i risultati di una serie di casi su 80 pazienti affetti da rottura irreparabile della cuffia dei rotatori, RCA e artrosi gleno-omerale primaria, trattati con impianto di RSA. Gli autori hanno riportato un miglioramento significativo dei risultati funzionali e del ROM (Range Of Motion). I risultati

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori208

migliori si sono osservati nei pazienti più giovani (dai 60 ai 69 anni) e con peggiori score nel preoperatorio. I risultati funzio-nali, inoltre, erano simili a quelli di un campione di persone sane prese come controllo. La percentuale di complicanze è stata del 5%, mentre il tasso di sopravvivenza dell’impianto a 5 anni di follow-up è stato del 97%. Gli autori hanno concluso che l’utilizzo della RSA permette di ottenere buoni risultati, sovrapponibili a quelli della popolazione generale, e che i pa-zienti più giovani (compresi tra 60-69 anni) e quelli con risul-tati funzionali peggiori nel preoperatorio ottengono i migliori benefici. Risultati incoraggianti sono stati riportati anche da altri autori [6, 7].

Una revisione sistematica della letteratura del 2011 ha ri-portato un miglioramento statisticamente significativo dei risultati clinici e funzionali nei pazienti affetti da rottura ir-reparabile della cuffia dei rotatori e da RCA trattati con RSA [8]. Inoltre, i risultati erano sovrapponibili nei due gruppi di pazienti. La percentuale di complicanze riportata dopo l’im-pianto protesico è stata dell’11% nei pazienti affetti da RCA e del 13% in quelli trattati per rottura irreparabile della cuffia. Le complicanze più frequenti sono state l’infezione postchirurgi-ca e la lussazione dell’impianto. Non tutte le complicanze han-no richiesto una revisione chirurgica dell’impianto, che è stata necessaria in circa il 6-8% dei casi. Il grande limite di questa revisione, tuttavia, è costituito dalla mancanza di studi pro-spettici randomizzati e dal breve follow-up medio (41 mesi).

Benché i risultati a breve-medio termine siano incoraggian-ti, quelli a lungo termine preoccupano maggiormente i chi-rurghi perché non sono ancora chiari. Una revisione del 2011 ha riportato i risultati di 484 impianti a medio termine (range 2-12 anni) in pazienti con un’età media di 73 anni al momento

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Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 209

Autori N. di casio di studi inclusi

Tipo di studio

Periodo di follow-up

Outcome

Martins e Marziale, 2012 [1]

18 partecipanti:9 nel gruppo di controllo9 nel gruppo sperimentale

Studio clinico randomizzato

Follow-up non presente

Misurazione del ROM di spalla con goniometro Western Ontario Rotator Cuff Index (WORC)Occu-pational Stress Indicator (OSI)Visual Numeric Scale (VNS)

Krischak et al., 2013 [2]

43 partecipanti

Studio clinico randomizzato

2 mesi post-tera-pia

Outcome primario: VAS (Visuo Analogic 10-point Scale) Constant-Murley ScoreROM spalla Segni clinici di impingementGrado di forza nell’ab-duzione/adduzione e rotazione

Moo-smayer et al., 2010 [3]

103 partecipanti

Studio clinico randomizzato

6-12 mesi post-in-tervento chirurgico

Outcome primario: Constant Score Sezione dell’American Shoulder and Elbow Surgeons (ASES) Score sui reso-conti personali forniti dai pazientiShort form (SF-36) Health survey Sottopunteggi su grado di movimento, dolore, forza della spalla e grado di soddisfazione del paziente

Kukkonen et al., 2014 [4]

180 partecipanti

Studio clinico randomizzato

3-6-12 mesi post-in-tervento chirurgico

Outcome primario: Con-stant Score;Valutazione soggetti-va comparativa pre e post-chirurgica Grado di soddisfazione soggettiva

Seida et al., 2010 [5]

3 Review Co-chrane e 14 studi clinici randomizzati

Review sistematica

— —

Huisstede et al., 2011 [6]

137studi

Review siste-matica

— —

Tabella 1. Studi che comparano gli approcci di trattamento con-servativo della rottura della cuffia dei rotatori

dell’impianto [9]. Gli autori hanno osservato una costante di-minuzione dei risultati funzionali nel corso degli anni, con un crollo dopo 8 anni dall’intervento. Il tasso di sopravvivenza a 10 anni è stato dell’89%, sebbene il picco di revisioni chirurgi-che e conversioni in protesi parziali si sia riscontrato nei primi 2 anni (10 casi su 13). La percentuale di notching a 5 anni era del 35% e del 49% a 9 anni. Tuttavia, la presenza di notching, anche di grado 3 o 4, sembrava avere un’influenza significativa sul Constant-Murley Score (CMS). La percentuale totale delle complicanze rimaneva elevata; quelle maggiormente riportate erano l’infezione, la mobilizzazione della componente glenoi-dea e le lussazioni.

Esistono ancora pochi studi in letteratura sull’utilizzo delle RSA nei pazienti al di sotto dei 60 anni ( TAB. 2). Infatti, il decadimento funzionale e la sopravvivenza dell’impianto a lungo termine sono i problemi principali che inducono i chi-rurghi a non utilizzare questo tipo di impianto nei pazienti più giovani. Attualmente, non esistono studi di evidenza I sull’uti-lizzo delle RSA nei pazienti al di sotto dei 60 anni. Dall’analisi della letteratura sono emersi solo serie di casi (livello IV).

Tabella 2. Studi nei pazienti con età media inferiore a 60 anniAutore Tipo di

studioN. RSA Età Follow-

upOutcome Livello di

evidenza

Ek et al., 2013 [11] Serie di casi 64 60 93 m CMS, ROM,

SSV IV

Muh et al.,2013 [10] Serie di casi 67 52 36 m ASES, VAS IV

Sershon et al.,2014 [21]

Serie di casi 36 54 2,8 aaVAS, SST, ASES, CMS, ROM

IV

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori210

Recentemente Muh et al. [10] hanno riportato i risultati sull’impianto delle protesi inverse nei pazienti al di sotto dei 60 anni. Gli autori hanno impiantato 66 RSA in pazienti con una età media di 52 anni, concludendo che questo tipo di im-pianto era in grado di fornire buoni risultati, simili per quanto riguarda la funzionalità, il ROM e la diminuzione del dolore, rispetto ai risultati riportati in letteratura nei pazienti più an-ziani. Tuttavia, le scale di valutazione soggettive e il grado di soddisfazione erano inferiori rispetto a quelli dei pazienti più anziani. Anche le complicanze erano sovrapponibili a quelle riportate dagli altri lavori e la percentuale di notching a 3 anni di follow-up era del 43%, di cui solo il 3% di grado 3. Un limite di questo studio è la diversità delle indicazioni all’intervento chirurgico (rottura massiva della cuffia dei rotatori, revisio-ne di una protesi anatomica, artrosi post-traumatica, artrite reumatoide, altre diagnosi non specificate). Inoltre, molti di questi pazienti avevano già subito degli interventi chirurgici, il che influisce sui risultati del lavoro, come è evidenziato dal fatto che si è osservata una relazione inversamente proporzio-nale tra il numero degli interventi precedentemente effettuati e i risultati funzionali e soggettivi.

Ek et al. ha riportato ottimi risultati funzionali a 10 anni di follow-up in pazienti con una età media al momento dell’inter-vento di 60 anni [11]. Tutti i pazienti sono stati operati per una lesione massiva della cuffia dei rotatori e con una spalla pseu-doparalitica, con o senza artrosi gleno-omerale. La percentua-le di notching al follow-up finale è stata del 24% allo stadio 1 e del 21% allo stadio 3. Il tasso di sopravvivenza dell’impianto è stato del 98% a 5 anni e dell’88% a 10 anni. Rispetto ai lavori precedenti, gli autori non hanno trovato una relazione tra i risultati funzionali e gli interventi precedentemente eseguiti.

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Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 211

In conclusione, dall’analisi della letteratura sono emerse indi-cazioni precise per l’impianto di una protesi inversa di spalla su rottura della cuffia dei rotatori: Rottura massiva e irrepara-bile della cuffia dei rotatori associata a:

X pseudoparalisi;

X risalita della testa omerale con spazio subacromiale minore di 6 mm;

X artrosi gleno-omerale.

Buoni risultati funzionali sono stati riportati nei pazienti affetti da rottura irreparabile della cuffia dei rotatori e con RCA trattati con impianto di RSA ( FIG. 3) e i risultati ap-paiono sovrapponibili in entrambi i casi [8]. Inoltre, buoni

Figura 3. Impianto di protesi inversa di spalla

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori212

risultati sono stati riportati sia nei pazienti over, sia under 60 anni. L’analisi della letteratura, tuttavia, ha messo in evidenza numerosi limiti, come l’assenza di studi prospettici rando-mizzati di livello I e il breve follow-up degli studi che non permette di trarre conclusioni definitive a lungo termine. Inoltre, molti lavori includono indicazioni diverse per l’im-pianto della protesi inversa, come ad esempio gli esiti di frat-tura, le revisioni di protesi anatomiche e l’artrite reumatoide. Infine, l’utilizzo di scale di valutazione diverse – CMS, ASES, SST, ROM ecc. – rende difficile il paragone dei risultati tra i diversi studi.

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X Assenza di studi di livello di evidenza I e II.

X Possiamo consigliare l’impianto di una protesi inversa di spalla nei pazienti sintomatici affetti da rottura della cuffia dei rotatori massiva e irreparabile, se associata a una o più delle seguenti condizioni: pseudoparalisi; risalita della testa omerale con spazio subacromiale minore di 6 mm; artrosi gleno-omerale.

Parole chiave di ricercarotator cuff tear, massive rotator cuff tear, reverse shoulder arthroplasty, re-verse shoulder replacement, hemiarthroplasty, randomized controlled trial, reverse in young, young patients

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Protesi inversa di spalla nelle rotture della cuffia dei rotatori 213

Riferimenti bibliografici 1 Drake GN, O’Connor DP, Edwards TB. Indications for reverse total shoulder

arthroplasty in rotator cuff disease. Clin Orthop Relat Res 2010;468:1526-33.

2 Leung B, Horodyski M, Struk AM, Wright TW. Functional outcome of hemiar-throplasty compared with reverse total shoulder arthroplasty in the treatment of rotator cuff tear arthropathy. J Shoulder Elbow Surg 2012;21:319-23.

3 Young SW, Zhu M, Walker CG, Poon PC. Comparison of functional outcomes of reverse shoulder arthroplasty with those of hemiarthroplasty in the treatment of cuff-tear arthropathy: a matched-pair analysis. J Bone Joint Surg Am 2013 15;95:910-5.

4 Teissier P, Teissier J, Kouyoumdjian P, Asencio G. The TESS reverse shoulder arthroplasty without a stem in the treatment of cuff-deficient shoulder conditions: clinical and radiographic results. J Shoulder Elbow Surg 2014 Jul 11. pii: S1058-2746(14)00226-2.

5 Castricini R, Gasparini G, Di Luggo F, De Benedetto M, De Gori M, Galasso O. Health-related quality of life and functionality after reverse shoulder arthroplas-ty. J Shoulder Elbow Surg 2013;22:1639-49.

6 Naveed MA, Kitson J, Bunker TD. The Delta III reverse shoulder replacement for cuff tear arthropathy: a single-centre study of 50 consecutive procedures. J Bone Joint Surg Br 2011;93:57-61.

7 Mulieri P, Dunning P, Klein S, Pupello D, Frankle M. Reverse shoulder arthro-plasty for the treatment of irreparable rotator cuff tear without glenohumeral ar-thritis. J Bone Joint Surg Am 2010 3;92:2544-56.

8 Khan WS, Longo UG, Ahrens PM, Denaro V, Maffulli N. A systematic review of the reverse shoulder replacement in rotator cuff arthropathy, rotator cuff tears, and rheumatoid arthritis. Sports Med Arthrosc 2011;19:366-79.

9 Favard L, Levigne C, Nerot C, Gerber C, De Wilde L, Mole D. Reverse prostheses in arthropathies with cuff tear: are survivorship and function maintained over time? Clin Orthop Relat Res 2011;469:2469-75.

10 Muh SJ, Streit JJ, Wanner JP et al. Early follow-up of reverse total shoulder arthroplasty in patients sixty years of age or younger. J Bone Joint Surg Am 2013;95:1877-83.

11 Ek ET, Neukom L, Catanzaro S, Gerber C. Reverse total shoulder arthroplasty for massive irreparable rotator cuff tears in patients younger than 65 years old: results after five to fifteen years. J Shoulder Elbow Surg 2013;22:1199-208.

12 Atalar AC, Salduz A, Cil H, Sungur M, Celik D, Demirhan M. Reverse shoulder arthroplasty: radiological and clinical short-term results. Acta Orthop Traumatol Turc 2014;48:25-31.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori214

13 Middleton C, Uri O, Phillips S et al. A reverse shoulder arthroplasty with in-creased offset for the treatment of cuff-deficient shoulders with glenohumeral ar-thritis. Bone Joint J 2014;96:936-42.

14 Young SW, Everts NM, Ball CM, Astley TM, Poon PC. The SMR reverse shoul-der prosthesis in the treatment of cuff-deficient shoulder conditions. J Shoulder Elbow Surg 2009;18:622-6.

15 Sayana MK, Kakarala G, Bandi S, Wynn-Jones C. Medium term results of re-verse total shoulder replacement in patients with rotator cuff arthropathy. Ir J Med Sci 2009;178:147-50.

16 Boileau P, Gonzalez JF, Chuinard C, Bicknell R, Walch G. Reverse total shoulder arthroplasty after failed rotator cuff surgery. J Shoulder Elbow Surg 2009;18:600-6.

17 Cuff D, Pupello D, Virani N, Levy J, Frankle M. Reverse shoulder arthroplasty for the treatment of rotator cuff deficiency. J Bone Joint Surg Am 2008;90(6):1244-51.

18 Frankle M, Levy JC, Pupello D et al. The reverse shoulder prosthesis for gleno-humeral arthritis associated with severe rotator cuff deficiency. A minimum two-year follow-up study of sixty patients surgical technique. J Bone Joint Surg Am 2006;88(Suppl 1 Pt 2):178-90.

19 Guery J, Favard L, Sirveaux F, Oudet D, Mole D, Walch G. Reverse total shoulder arthroplasty. Survivorship analysis of eighty replacements followed for five to ten years. J Bone Joint Surg Am 2006;88:1742-7.

20 Vanhove B, Beugnies A. Grammont’s reverse shoulder prosthesis for rotator cuff arthropathy. A retrospective study of 32 cases. Acta Orthop Belg 2004;70:219-25.

21 Sershon RA, Van Thiel GS, Lin EC et al. Clinical outcomes of reverse total shoul-der arthroplasty in patients aged younger than 60 years. J Shoulder Elbow Surg 2014;23:395-400.

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 215

Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori

Nonostante il crescente interesse clinico e l’aumento del numero di pubblicazioni, vi è ancora una parziale evidenza scientifica in letteratura relativa alle strategie terapeutiche da adottare per migliorare l’outcome complessivo postope-ratorio della riparazione delle lesioni della cuffia dei rotatori ( TAB. 1) [1, 2].

Molti fattori influenzano il tipo di tecnica chirurgica da adottare e questa, a sua volta, condiziona la tenuta della ri-parazione e il risultato clinico e funzionale finale. Il risulta-to funzionale complessivo può essere migliorato attraverso la personalizzazione del trattamento (progetto riabilitativo in-dividuale) che va definito in considerazione delle dimensioni della lesione, del tipo di riparazione, dell’età del paziente, del suo stile di vita (ad esempio, fumo), della presenza di comor-bidità (ad esempio, diabete, ipercolesterolemia, deficit di vita-mina D), della compliance al trattamento, delle aspettative e degli obiettivi di recupero realmente raggiungibili in relazione alle dimensioni, alla cronicità della lesione e alla qualità dei tessuti (grado di atrofia muscolare, di infiltrazione adiposa ed entità della retrazione tendinea) e alla sicurezza della ripara-zione [2, 3].

Un approccio riabilitativo razionale mira, infatti, a una mo-bilizzazione graduale della spalla man mano che la guarigione

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori216

Autore Tipo di studio

N. pazienti

Metodi Outcome Complicazioni

Raab et al., 1996

RCT 64 Lesioni medie/grandiGruppo con tratta-mento aggressivo (2 sedute/die di terapia manuale nelle prime 6 settimane con stretching illimitato) vs gruppo con limi-tata mobilizzazione passiva continua

Miglior ROM arti-colare nel gruppo con trattamento aggressivo, ma nessuna differenza al follow-up di 1 anno

23,3% di rirottura nel gruppo con trattamento aggressivo rispetto al gruppo con trattamento limitato 8,8%

Garofalo et al., 2010

RCT 100 Immediata mobiliz-zazione passiva vs rigorosa immobiliz-zazione

Mobilizzazione passiva immedia-ta: miglior score funzionale e ridotta incidenza di capsu-liti adesive

Nessuna differenza nella guarigione

Chahal et al., 2010

Revi-sione sistema-tica di studi di I livello

4 RCT (mobiliz-zazione continua passiva vs riabi-litazione stan-dard)

n.d. Mobilizzazione continua passiva: in 2 studi migliore ripresa del ROM articolare: in 1 studio riduzione del dolore, in 1 studio migliore ripresa della forza muscolare

n.d.

Lastayo et al., 1998

RCT 31 4 settimane di mo-bilizzazione continua passiva vs ROM articolare passivo manuale

Nessuna differenza in termini di ROM articolare, dolore, punteggi funzionali e forza

n.d.

Speer et al., 2002

RCT 50 Efficacia della crioterapia in tutti i pazienti sottoposti a intervento di spalla (stabilizzazione, artroplastica e ripa-razione della cuffia) vs non crioterapia

Gruppo trattato con crioterapia: riduzione del dolo-re che favorisce la riabilitazione

n.d.

Brady et al., 2008

18 Esercizi in acqua e a terra combinati vs soli esercizi a terra

Entrambi i pro-grammi migliorano il ROM articolare.Gli esercizi in acqua migliora-no la flessione precocemente ma non c’è differenza significativa a 12 settimane

n.d.

Tabella 1. Letteratura esaminata

Fonte: Vo et al., 2013 [2], modificata.

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 217

tendinea progredisce, con mobilizzazione talvolta anche pre-coce come quando ci si trova in presenza di lesioni tendinee di piccole o medie dimensioni in pazienti di età inferiore ai 65 anni ( TAB. 2) [4]. L’obiettivo finale è quello di conservare l’arti-colarità e contemporaneamente evitare eccessiva tensione sui tendini riparati [5].

Le scienze di base suggeriscono che nel postoperatorio pre-coce è necessario un periodo di immobilizzazione, con tuto-re in moderata abduzione, variabile fra 3 e 6 settimane [5-7]. Per il controllo del dolore postoperatorio, l’uso di crioterapia (applicazione locale di ghiaccio tale da portare la temperatura

Tempo Gruppo con riabilitazione tradizionale

Gruppo con immobilizzazione

Immediato postoperatorio

Esercizi pendolari e AROM di spalla, polso e mano

AROM di spalla, polso e mano

1-6 settimane PROM della spalla super-visionata dal terapista

Spalla immobilizzata

6-12 settimane Inizio di AAROM e AROM della spalla

PROM della spalla super-visionata dal terapista

3-4 mesi Inizia il rinforzo della cuffia dei rotatori, del del-toide e degli stabilizzatori della scapola

Inizio di AAROM e AROM della spalla

>4 mesi Piena attività dopo 4 e 6 mesi, sulla base dei progressi individuali

Inizia il rinforzo della cuffia dei rotatori, del del-toide e degli stabilizza-tori della scapola: piena attività dopo 5-6 mesi in relazione alle condizioni funzionali del paziente

Tabella 2. Protocolli rieducativi postoperatori tradizionali o con immobilizzazione prolungata

AROM: escursione articolare attiva; PROM: escursione articolare passiva; AAROM: escursione articolare attiva assistita.

Fonte: Keener et al., 2014 [4].

Autore Tipo di studio

N. pazienti

Metodi Outcome Complicazioni

Raab et al., 1996

RCT 64 Lesioni medie/grandiGruppo con tratta-mento aggressivo (2 sedute/die di terapia manuale nelle prime 6 settimane con stretching illimitato) vs gruppo con limi-tata mobilizzazione passiva continua

Miglior ROM arti-colare nel gruppo con trattamento aggressivo, ma nessuna differenza al follow-up di 1 anno

23,3% di rirottura nel gruppo con trattamento aggressivo rispetto al gruppo con trattamento limitato 8,8%

Garofalo et al., 2010

RCT 100 Immediata mobiliz-zazione passiva vs rigorosa immobiliz-zazione

Mobilizzazione passiva immedia-ta: miglior score funzionale e ridotta incidenza di capsu-liti adesive

Nessuna differenza nella guarigione

Chahal et al., 2010

Revi-sione sistema-tica di studi di I livello

4 RCT (mobiliz-zazione continua passiva vs riabi-litazione stan-dard)

n.d. Mobilizzazione continua passiva: in 2 studi migliore ripresa del ROM articolare: in 1 studio riduzione del dolore, in 1 studio migliore ripresa della forza muscolare

n.d.

Lastayo et al., 1998

RCT 31 4 settimane di mo-bilizzazione continua passiva vs ROM articolare passivo manuale

Nessuna differenza in termini di ROM articolare, dolore, punteggi funzionali e forza

n.d.

Speer et al., 2002

RCT 50 Efficacia della crioterapia in tutti i pazienti sottoposti a intervento di spalla (stabilizzazione, artroplastica e ripa-razione della cuffia) vs non crioterapia

Gruppo trattato con crioterapia: riduzione del dolo-re che favorisce la riabilitazione

n.d.

Brady et al., 2008

18 Esercizi in acqua e a terra combinati vs soli esercizi a terra

Entrambi i pro-grammi migliorano il ROM articolare.Gli esercizi in acqua migliora-no la flessione precocemente ma non c’è differenza significativa a 12 settimane

n.d.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori218

tissutale fra 10° e 15°C) riduce il dolore, diminuisce l’idrar-tro, lo spasmo muscolare, il metabolismo e l’infiammazione locale migliorando la qualità del riposo notturno, riducendo il ricorso ai farmaci antidolorifici, migliorando la compliance del paziente al trattamento riabilitativo con minor dolore du-rante e dopo il trattamento fisioterapico [3]. L’utilità di tecni-che strumentali come TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation), ionoforesi e ultrasuoni rimane invece controver-sa. Queste metodiche potrebbero agire sul controllo del dolore consentendo al paziente di compiere movimenti guidati più ampi e riducendo i tempi di recupero, ma il loro reale impatto sulla lesione tendinea è ancora sconosciuto. La stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES), invece, è raccomandata in quanto sembra incrementare notevolmente la forza prodotta e il trofismo muscolare, diminuendo i tempi di recupero [8].

La mobilizzazione passiva precoce è consentita quando la riparazione è sicura o quando la situazione clinica presenta un alto rischio di sviluppare rigidità postoperatoria, quali la ten-dinopatia calcifica, la capsulite adesiva, lesioni PASTA (Partial Articular Supraspinatus Tendon Avulsion), la concomitante riparazione del labbro glenoideo [2]. Quanto più il chirurgo ritiene sicura la riparazione della cuffia effettuata, la cuffia è di buona qualità e la lesione è di piccole dimensioni, tanto più ci può essere indicazione a eseguire più precocemente gli eser-cizi di mobilizzazione passiva già a partire dalla 2a settimana postoperatoria. Quando invece la lesione è ampia, la cuffia è di scarsa qualità e la riparazione è stata complessa, occorre pro-teggere e favorire i processi biologici con un’adeguata e pro-lungata immobilizzazione per 4-6 settimane [2, 9].

L’uso di mobilizzazione continua passiva (CPM) per circa un mese dopo la riparazione artroscopica della cuffia sembra

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 219

ridurre il dolore percepito dal paziente sia durante il giorno che durante la notte valutato a un follow-up di 5 settimane [4, 10]. Viceversa, una prolungata immobilizzazione e la scelta clinica di ritardare l’inizio del programma riabilitativo pos-sono essere motivate dalla presenza di comorbidità, quale ad esempio il diabete, e di lesioni massive (>3cm), con aumentato rischio di una nuova rottura dei tendini interessati e di dover sottoporre il paziente a un nuovo intervento [9, 11, 12].

A circa 4-6 settimane dopo l’intervento, non appena sarà sta-to recuperato il movimento passivo e la sutura avrà avuto il tem-po di guarire, si potrà iniziare la mobilizzazione attiva assistita e attiva che determinerà, di conseguenza, un carico sulla cuffia dei rotatori e verrà svolta in un arco di movimento definito e controllato per continuare a salvaguardare la sutura e prevenire il rischio di rirottura [5]. Questa attività di graduale e progres-sivo incremento dei carichi riabilitativi stimola il recupero del tono, del trofismo e delle doti di resistenza della muscolatura del cingolo scapolare (muscoli tonici), mentre gli esercizi di esclusi-vo rinforzo muscolare della cuffia dei rotatori dovrebbero essere evitati in particolare nella fase 1 (1-4 settimane postoperatorie) e fase 2 (5-8 settimane postoperatorie) in quanto possono por-tare a una rirottura del tendine precedentemente suturato.

A partire dalla 3a settimana postoperatoria e in caso di lesio-ni stabilmente riparate, può essere indicata l’idrokinesiterapia, che minimizza gli effetti della gravità per favorire il recupero dell’articolarità passiva e attiva assistita, facilitare la riattivazione e il rinforzo muscolare e recuperare la funzionalità complessiva della spalla su tutti i piani di movimento [2, 5, 13].

Gli esercizi isometrici sono indicati per la riattivazione pre-coce della muscolatura periscapolare (deltoide anteriore e po-steriore, trapezio medio e inferiore, romboidi, gran dentato)

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori220

poiché permettono, da un lato, di modulare la forza applicata evitando tensioni potenzialmente pericolose per la guarigione della cuffia riparata e, dall’altro, quando le forze di carico sono correttamente allineate, di agire sul rimodellamento tendineo per migliorarne le proprietà biomeccaniche (meccanobiolo-gia) [7]. Possono, inoltre, essere associate elettrostimolazioni muscolari per facilitare la ripresa del tono e del trofismo mu-scolare della cuffia dei rotatori [14]. Gli esercizi di rinforzo e di resistenza muscolare favoriscono inoltre la ripresa della corretta cinematica dell’articolazione gleno-omerale e scapo-lo-toracica. In presenza di una significativa rigidità della spal-la, si consiglia di evitare esercizi di rinforzo isometrici di ele-vazione dell’omero che possono causare dolore, impingement acromiale e ritardo di guarigione della riparazione [15].

Quando la riparazione è sufficientemente forte (10a-12a set-timana postoperatoria) si può iniziare il rinforzo della cuffia utilizzando resistenze elastiche. Successivamente, a partire dalla 12a settimana postoperatoria (fase 3), possono essere col-laudati esercizi di rinforzo concentrico ed eccentrico che sono associati a esercizi di mobilizzazione sia attiva che passiva per il raggiungimento e il mantenimento dell’articolarità completa della spalla [16].

Gli esercizi di rinforzo massimale non vengono eseguiti prima che siano trascorse 16 settimane dall’intervento e suc-cessivamente sono collaudate, se tollerate, le attività lavorative avanzate e impegnative nei non atleti e le gestualità sport-spe-cifiche negli sportivi (fase 4) ( TAB. 3).

Nella fase di recupero e rinforzo avanzato vanno eseguiti esercizi pliometrici ad alta intensità (massimo carico con la più rapida risposta motoria possibile) con lo scopo di aumentare velocità e potenza e migliorare il controllo neuromuscolare e le

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 221

Tabella 3. Le quattro fasi di guarigione durante il trattamento riabilitativo dopo riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori

Fase 1: periodo postoperatorio immediato (0-6a settimana)

Scopi ▶ Mantenere/proteggere l’integrità della riparazione▶ Incrementare gradualmente PROM▶ Ridurre dolore e infiammazione▶ Prevenire l’inibizione muscolare▶ Recuperare l'autonomia funzionale nelle ADL modificate

Precauzioni▶ Mantenere il braccio in abduzione con apposito tutore di sostegno, rimuoven-dolo solo per gli esercizi▶ No AROM di spalla, sollevamento di oggetti o pesi, movimenti dietro la schiena, eccessivo stretching o movimenti improvvisi, sollevamento del peso corporeo con le mani▶ Mantenere l’incisione pulita e asciutta

Criteri per la progressione alla fase 2▶ Flessione passiva fino a ≥125°▶ ER passiva sul piano scapolare fino a ≥75° (se PROM della spalla è >80°)▶ IR passiva sul piano scapolare fino a ≥75° (se PROM della spalla è >80°)▶ Abduzione passiva sul piano scapolare fino a ≥90°

Giorni 1-6▶ Tutore di sostegno in abduzione▶ Esercizi pendolari▶ AROM di dita, polso e spalla▶ Iniziare esercizi isometrici per muscolatura scapolare▶ ROM cervicale▶ Crioterapia per dolore e infiammazioneGiorni 1-2▶ Fare quanto possibile (20 min/h)Giorni 3-6▶ Dopo l’attività o per controllare il dolore: dormire con tutore di sostegno in abduzione; educare il paziente alla postura corretta, alla protezione articolare, all’igieneGiorni 7-28▶ Continuare con tutore di sostegno in abduzione▶ Esercizi pendolari▶ Iniziare PROM a tolleranza (paziente supino e libero da dolore)- flessione fino a 90°- ER sul piano scapolare ≥35°- IR fino al corpo/torace▶ Continuare AROM o controresistenza accomodante per spalla, polso e dita▶ Crioterapia, se necessaria, per controllare dolore e infiammazione▶ Può essere ripreso un programma di ricondizionamento generale (ad esempio, camminata, bicicletta)▶ Acquaterapia/terapia in piscina può essere iniziata dopo 3 settimane dall’intervento

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori222

Fase 2: protezione e movimento attivo (6a-12a settimana)

Scopi ▶ Consentire la guarigione dei tessuti molli▶ Non stressare i tessuti in guarigione▶ Restaurare gradualmente PROM (4a-5a settimana)▶ Ridurre dolore e infiammazione

Precauzioni▶ Non sollevare pesi▶ Non sostenere il peso corporeo con le mani o le braccia▶ Non eseguire movimenti improvvisi▶ Non portare la spalla eccessivamente dietro la schiena▶ Evitare l’uso di upper cyclette e di cicloergometro per gli arti superiori

Criteri per la progressione alla fase 3▶ AROM completa

Settimane 5-6▶ Continuare a usare tutore di sostegno in abduzione della spalla a tempo pieno e fino alla fine della 4a settimana▶ Tra la 4a e la 6a settimana usare il tutore solo per maggior comodità▶ Abbandonare il tutore alla fine della 6a settimana▶ Iniziare AAROM in flessione in posizione supina▶ Progressivo PROM fino al recupero del ROM quasi completo a 4-5 settimane▶ Moderata mobilizzazione scapolare/glenomerale per recuperare PROM completo▶ Iniziare es. tipo vogatore in posizione prona portando le braccia fino alla posizione neutra ▶ Continuare la crioterapia se necessario▶ Riscaldare i tessuti prima di eseguire gli esercizi di recupero del ROM▶ Acquaterapia concessa per eseguire leggeri esercizi di AROM▶ Applicare ghiaccio dopo l’esercizio

Settimane 6-8▶ Continuare AROM, AAROM ed esercizi di stretching▶ Iniziare esercizi isometrici per la cuffia dei rotatori▶ Continuare esercizi periscapolari▶ Iniziare esercizi AROM (flessione sul piano scapolare, abduzione, ER, IR)

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 223

Fase 3: rinforzo precoce (10a-16a settimana)

Scopi ▶ AROM completo (10a-12a settimana)▶ Mantenere PROM completo▶ Stabilizzazione dinamica della spalla▶ Incrementare gradualmente forza, la resistenza e la potenza dei muscoli della spalla▶ Ottimizzare il controllo neuromuscolare▶ Graduale ritorno alle attività funzionali

Precauzioni▶ Non sollevare oggetti >2-3 kg▶ Non sollevare o dare spinte improvvisamente▶ Non dare strattoni improvvisi, non sollevare sopra il capo▶ Evitare l’uso di upper cyclette e di cicloergometro per gli arti superiori

Criteri per la progressione alla fase 4▶ Capacità di tollerare la progressione necessaria per compiere attività fun-zionali che implicano carichi moderati ▶ Dimostrare di possedere un’adeguata forza e capacità di stabilizzazione dinamica della spalla per tollerare la maggiore richiesta funzionale necessa-ria nelle attività lavorative e nei gesti sport specifici▶ Recuperare stabilità dinamica e forza della spalla

Settimana 10▶ Continuare con stretching e PROM, se necessario▶ Esercizi di stabilizzazione dinamica▶ Iniziare un programma di rinforzo:- ER e IR con esercizi con corda/elastici- ER in decubito laterale- sollevamenti laterali*- esercizi di rinforzo detti “full can” sul piano scapolare*- vogatore in posizione prona - abduzione orizzontale in posizione prona - estensione in posizione prona - estensione e flessione del gomito

Settimana 12▶ Continuare tutti gli esercizi della lista precedente▶ Iniziare una leggera attività funzionale, se tollerata

Settimana 14▶ Continuare tutti gli esercizi della lista precedente▶ Progredire con gli esercizi fondamentali per la spalla

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori224

abilita propriocettive. In questa fase, inoltre, devono essere ese-guiti gli esercizi di ricondizionamento cardiovascolare, di fles-sibilità articolare dell’articolazione scapolo-toracica e di rinfor-zo della cuffia dei rotatori, dei muscoli di sostegno del tronco e degli arti inferiori [3]. Si raccomanda un graduale ritorno alle attività sportive e ricreative solo dopo aver completato con successo tutte le fasi e gli ambiti della rieducazione funzionale senza che vi sia dolore nello svolgere le attività lavorative o le gestualità sportive. Articolarità e forza, infatti, sono complete e sovrapponibili all’arto controlaterale (sano) a circa sei mesi dall’intervento di riparazione della cuffia dei rotatori [2] con conseguente possibile ripresa della pratica sportiva.

Fase 4: rinforzo avanzato (16a-22a settimana)

Scopi ▶ Mantenere AROM completo e libero da dolore ▶ Eseguire esercizi avanzati di ricondizionamento per aumentare la funzionalità della spalla▶ Incrementare la forza, la potenza e la resistenza muscolare▶ Graduale ritorno a tutte le attività funzionali

Settimana 16▶ Continuare con ROM ed esercizi di stretching capsulare per mantenere ROM completo▶ Progredire con il rinforzo muscolare▶ Eseguire attività propriocettive e neuromuscolari avanzate ▶ Riprendere le gestualità sportive più semplici (colpire la palla e pattare nel golf, palleggiare nel tennis) solo se eseguite con una tecnica corretta

Settimana 20▶ Continuare con il rinforzo e con lo stretching▶ Continuare con lo stretching se vi è scarsa flessibilità articolare ▶ Iniziare un progressivo programma sportivo (ad esempio, golf e tennis in doppio) se clinicamente e funzionalmente possibile

*Il paziente dovrebbe essere in grado di sollevare il braccio senza compensi (sopra-elevazione della spalla o discinesia scapolare) prima di iniziare gli esercizi di rinfor-rzo isotonici; se non è in grado, continuare con gli esercizi articolari glenomerali.

Fonte: Millet et al., 2006 [5].

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 225

Punti chiave

X Il programma riabilitativo dopo riparazione chirurgica della cuffia dei rotatori deve essere personalizzato in ogni paziente in funzione dei fattori intrinseci ed estrinseci che possono condizionare la guarigione dei tendini riparati e la ripresa funzionale complessiva, prevenendo la ri rottura tendinea e mantenendo nel tempo la massima funzionali-tà possibile. Per esempio, una mobilizzazione troppo pre-coce (eccesso di stimoli), così come un’immobilizzazio-ne troppo prolungata (assenza di stimoli), possono avere parimenti effetti negativi sulle proprietà biomeccaniche dei tessuti riparati, determinare peggiori risultati clinici e funzionali finali o aumentare il rischio di rirottura ten-dinea.

X Le conoscenze provenienti dalle scienze di base e dagli studi di meccanobiologia forniscono pertanto alcune evi-denze che ci aiutano a prendere decisioni cliniche per il controllo del dolore post operatorio, per quanto tempo immobilizzare la spalla e quando e come intraprendere il recupero neuromuscolare, adottando criteri accomodanti (relazione fra le reali condizioni cliniche del paziente, la fase del percorso riabilitativo ed il raggiungimento di defi-niti obiettivi funzionali) per determinare la progressione e l’intensità dei carichi da somministrare per il rinforzo mu-scolare e sviluppare potenza e doti di resistenza alla fatica, necessarie per la ripresa delle autonomie nelle ADL e so-prattutto delle gestualità sport specifiche e/o delle attività lavorative impegnative.

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori226

Parole chiave di ricercarotator cuff tear, rotator cuff surgical repair, rotator cuff post surgical rehabil-itative treatment in combinazione con randomized controlled trial e systematic review

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Riabilitazione dopo riparazione della cuffia dei rotatori 227

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori228

Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori

Specificità del paziente atleta

Il management della lesione di spalla comprende la terapia con-servativa o chirurgica della lesione e la riabilitazione motoria della stessa fino al recupero funzionale dello stato antecedente a quello del trauma. Se nella popolazione sedentaria il ripristi-no funzionale è legato al ritorno al livello occupazionale pre-cedente, nella popolazione sportiva è considerato un successo terapeutico solo il recupero di livelli prestativi prelesionali, e quindi di livelli di stress articolare estremi e intrinsecamente sufficienti a rigenerare la lesione.

Il concetto di recupero funzionale nell’atleta

Il concetto di recupero funzionale in un atleta comporta la ne-cessità di un ripristino non solo di tutti i gradi di mobilità ar-ticolare e della forza (massima, esplosiva, elastica, resistente), bensì del livello di fitness metabolico antecedente al trauma e delle coordinazioni fini legate alla specificità del gesto atletico, coinvolto nella disciplina praticata. Tuttavia tutte le variabili fisiologiche (forza, fitness metabolico, coordinazione) si mo-dificano biologicamente a causa di un’interruzione parziale e/o totale per un’ipomobilità, come nel caso di una lesione della

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Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori 229

cuffia dei rotatori. Per questo nell’atleta vi sono due stadi: il primo dedicato al ritorno delle capacità fisiche per le norma-li funzioni quotidiane (popolazione normale); il secondo sta-dio dedicato al ritorno della performance nel gesto sportivo. Il percorso riabilitativo quindi, così come già descritto nelle li-nee guida I.S.Mu.L.T per il recupero dei traumi muscolari [1], esaurita la fase acuta posttraumatica (fase I), passa attraverso una fase subacuta (fasi II e III) in cui si recuperano gradual-mente forza e mobilità articolare, per arrivare poi alle fasi IV e V, in cui si dovrebbero recuperare le qualità sportive specifiche. La ricerca effettuata ha evidenziato solo studi di fase III e fase IV [2-10] e un solo studio clinico randomizzato [11].

Il follow-up degli articoli selezionati è stato mediamente di 36,5 mesi, alla fine dei quali il recupero funzionale in termini di ripresa completa dei livelli di performance prelesionale, è stato valutato in maniera variabile da medio-scarso [4, 6, 9] a quasi ottimo [2, 3, 5, 7, 10], con risultati migliori per la chirurgia mininvasiva [9], ma senza precisazioni in merito alla tipologia del percorso riabilitativo effettuato.

Tuttavia, gli articoli orientati sul percorso riabilitativo ( TAB. 1) sono costituiti prevalentemente da studi di fase III ed expert opinion, mostrando la mancanza di dati univoci e la necessità di Evidence Based Reccomendation per gli atleti [12]. Infatti, se è riconosciuta la necessità di ripristinare forza e mobilità articolare, lavorando sulla stabilizzazione dinami-ca e forza eccentrica [13-17], bisogna comunque considerare che il lanciatore, ad esempio, deve generalmente ripristinare un equilibrio caratterizzato da adattamenti funzionali tipici della disciplina che pratica e che, in condizioni di normalità, consistono in una maggiore mobilità articolare dell’arto do-minante con una prevalenza degli intrarotatori rispetto agli

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori230

Tabella 1. Letteratura esaminata

Autore Tipo di studio

N.pazienti

Sport Outcome Livellodi evidenza

Ruotolo et al., 2006 [18]

Revisione baseball Il dolore diminuisce la ca-pacità articolare

III

Myers et al., 2005 [13]

Studiodescrittivo

15 vari Selezione di eserciziper rinforzo

III

Hurd et al., 2011 [19]

Studio descrittivo

165 baseball IR più forti di ER III

Stickley et al., 2008 [14]

Caso-controllo

38 volley Programma di forza eccentrica per prevenzione infortuni

III

Baumgar-ten et al., 2009 [20]

Revisione sistematica

vari Non differenze fra terapia auto-noma e guidata

II

Reinold et al., 2007 [15]

Misureripetute

22 vari Selezione di eser-cizi con maggiore coinvolgimento del sovraspinato

III

Hand et al., 2009 [21]

Studio clinico randomizzato

13 vari Lavoro con vibrazioni non aggiunge ulteriori vantaggi rispetto al solo rinforzo muscolare

I

Reynold et al., 2013 [22]

Expert opinion

lanciatori Utilità di eser-cizi di mobilità, distensibilità, rinforzo muscola-re, rieducazione posturale e stabilizzazione dinamica

V

Dreinhofer et al., 2014 [12]

Revisione sistematica

Mancanza di dati concordanti e necessità di Evidence Based Recommendation

II

Kim et al., 2014 [23]

Studio clinico randomizzato

13 Dati a supporto del lavoro eccentrico nei percorsi riabilitativi

I

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Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori 231

extrarotatori [19]. Dagli studi selezionati non sono stati tro-vati effetti cronici sul ricondizionamento atletico, sia dal un punto di vista metabolico che di forza [23, 24], che sono il prerequisito per la partecipazione alle competizioni sportive.

Il concetto di rieducazione in fase IV e fase V introdotto dalle linee guida I.S.Mu.L.T.

Le linee guida per il recupero dei traumi muscolari hanno introdotto il concetto di rieducazione motoria in fase IV e V [1] come quella parte terminale del percorso riabilitativo che conduce e accompagna gradualmente l’atleta sul terreno di allenamento. Allo stato attuale, è quindi ragionevole consi-derare anche nel recupero in generale dei traumi di spalla, a conclusione delle fasi riabilitative che comportano il recupe-ro dell’analgesia, della mobilità articolare, della forza e della resistenza, la necessità di un recupero atletico specifico degli adattamenti coinvolti nella disciplina praticata. Il gesto mo-torio di un nuotatore è, infatti, molto diverso da quella di un tennista o di un lanciatore, sia dal punto di vista biomecca-nico che metabolico, per durata e intensità dello sforzo. È auspicabile, quindi, che in funzione dell’impegno metaboli-co prevalente nella disciplina praticata (aerobico-anaerobi-co-misto) e delle masse muscolari coinvolte, sia riadattato il tipo di forza (massima, esplosiva, elastica, resistente) legato alla specificità del gesto tecnico.

Le fasi IV e V del percorso riabilitativo dovrebbero quindi raggiungere i seguenti obiettivi:

X I obiettivo: recupero della propriocezione e delle coordina-zioni sport-specifiche;

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori232

X II obiettivo: riadattamento metabolico specifico (aerobi-co-anaerobico-misto);

X III obiettivo: recupero della caratteristica di forza maggior-mente coinvolta nella performance (massima, esplosiva, elastica, resistente).

Nello specifico, il riadattamento metabolico dovrebbe fare riferimento ai criteri di somministrazione degli esercizi riedu-cativi secondo un attento e progressivo dosaggio d’intensità, durata e tempi di recupero, così da tracciare un percorso di lavoro allenante e, quindi, un adattamento progressivo e com-pleto al carico. Tuttavia, è presente in letteratura solo una short communication [25] che mostra la riduzione della fitness me-tabolica dopo interruzione fino a tre mesi e della forza musco-lare dopo 4 settimane [26]; pertanto, è auspicabile che vi siano più approfondimenti negli andamenti temporali tra perdita e riacquisto sia di fitness metabolica che di forza muscolare. Al momento, nell’attesa di nuovi studi che forniscano Evidence Based Reccomendation per le diverse tipologie di sport, solo la sensibilità del terapeuta/preparatore fisico, legata all’appro-fondita conoscenza dei gesti tecnici e delle caratteristiche delle diverse discipline sportive, potrà garantire la formulazione di una completa rieducazione sportiva.

Livello di raccomandazione

C

Punti chiave

X Nella popolazione sportiva non vi sono studi che descrivo-no approcci metodologici per le diverse variabili fisiologi-

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Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori 233

che riguardo al riacquisto della performance sportiva dopo rottura della cuffia dei rotatori.

X Sarà cura del preparatore fisico adottare per gli atleti pro-tocolli personalizzati considerando gli effetti del detrai-ning sul tempo d’interruzione alla pratica sportiva e la progressione temporale nel riacquisto della performance sportiva.

Parole chiave di ricercamanagement of rotator cuff lesion in athletes, rehabilitation of rotator cuff le-sion, return to sport after rotator cuff repair, rotator cuff lesion in athletes, re-covery after rotator cuff lesion

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Riatletizzazione dopo riparazione delle rotture della cuffia dei rotatori 235

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26 Kannas T. M., Amiridis I. G., Arabatzi F., Katis A., Kellis E. Changes in specific jumping performance after detraining period. J Sports Med Phys Fitness 2014 Oct 17 [EPUB ahead of print].

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori236

Rotture della cuffia dei rotatori in età pediatrica

In generale l’incidenza delle lesioni della cuffia dei rotatori in età pediatrica si aggira attorno all’1%, ed è quindi da conside-rarsi una situazione molto rara [1].

In realtà, questa incidenza potrebbe essere sottostimata sia per la mancanza di studi epidemiologici sui grandi numeri, sia perché negli ultimi anni si è assistito a un progressivo au-mento di giovani pazienti con problematiche alla spalla causa-te dall’intensificarsi dei programmi sportivi e dalle metodiche di allenamento a cui vengono sottoposti gli atleti già dai primi anni della loro carriera sportiva.

Tipicamente, il paziente si presenta con una storia di dolore persistente, il cui esordio non viene necessariamente identifi-cato in corrispondenza di un trauma ben preciso, ma presen-ta piuttosto un’insorgenza subdola e diluita nel tempo. L’atti-vità fisica overuse a carico dell’arto superiore è sicuramente il principale fattore di rischio, come accade nei giocatori di tennis, basket, pallavolo e nei lanciatori [2]. Nei giovani atleti le lesioni della cuffia spesso provocano contratture capsulari, discinesie scapolo-toraciche e sono frequentemente associate a lesioni del labrum [3] ( FIG. 1).

Il meccanismo patogenetico è nella grande maggioranza dei casi quello dell’impingement interno glenomerale, in cui i tessuti molli dei tendini della cuffia dei rotatori vengono dan-

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Rotture della cuffia dei rotatori in età pediatrica 237

neggiati dal contatto tra il margine della cavità glenoidea e il trochite omerale, durante i movimenti ripetuti di flessione e rotazione esterna della spalla. La risonanza magnetica nuclea-re (RMN) nelle sospette lesioni della cuffia appare essere l’esa-me diagnostico di prima scelta, seppure una RX tradizionale rappresenta l’esame di scelta per la diagnosi differenziale dei traumi della fisi o nelle patologie tumorali [4].

Infatti, in un recente studio retrospettivo condotto su esami RMN di spalla in 201 soggetti di età compresa tra 8 e 18 anni, Zbojniewicz et al. hanno identificato 25 lesioni della cuffia dei rotatori. Di queste, il 46,9% erano lesioni parziali che interes-savano principalmente il tendine del sovraspinato [5]. Lo stu-dio conferma che la principale causa alla base di queste lesioni è da ricondurre a un overuse generato dall’attività sportiva.

Dalla letteratura, seppur scarsa, su questo argomento emer-ge che il trattamento conservativo è la prima scelta, soprat-

Figura 1. Paziente di 16 anni giocatore di baseball affetto da PASTA

Fonte: per gentile concessione di Zbojniewicz et al., 2014 [5].

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Linee guida I.S.Mu.L.T. • Rotture della cuffia dei rotatori238

tutto nei casi di lesioni parziali della cuffia per le potenzialità di self-healing dovute all’età. Tuttavia, non esistono studi che identificano chiaramente il miglior trattamento conservativo o un protocollo validato. Il trattamento chirurgico, invece, è auspicabile ove la sintomatologia non dovesse risolversi.

Il trattamento artroscopico è ancora oggi oggetto di contro-versie. Le esperienze in letteratura sono infatti affidate a isolati case report o case series che non risultano sufficienti a chiarire il ruolo e l’efficacia del trattamento chirurgico artroscopico nei giovani pazienti. In una recente revisione sono state esamina-te le evidenze in letteratura sul trattamento artroscopico nelle diverse patologie della spalla in età pediatrica e adolescenziale. Gli autori hanno concluso che, data la mancanza di studi spe-cifici sul trattamento artroscopico delle lesioni della cuffia dei rotatori in età pediatrica, tale procedura potrebbe comunque rappresentare una concreta possibilità [6].

In ogni caso qualora un intervento chirurgico artroscopi-co fosse proposto, è sempre necessario trattare eventuali le-sioni associate della capsula, del tendine del capo lungo del bicipite brachiale, della cartilagine articolare, avulsioni di un frammento osseo e, più frequentemente, lesioni del labrum glenoideo [7].

Livello di raccomandazione

D

Punti chiave

X Le rotture della cuffia dei rotatori sono rare ma sottostimate in età pediatrica.

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Rotture della cuffia dei rotatori in età pediatrica 239

X Spesso sono lesioni parziali.

X La RMN rappresenta l’esame di prima scelta.

X Il trattamento di prima scelta è quello conservativo.

X Il trattamento artroscopico appare preferibile dopo il falli-mento di quello conservativo.

Parole chiave di ricercarotator cuff tears, sport injuries in combinazione con pediatric, adolescent, adolescent athletes

Riferimenti bibliografici1 Itoi E, Tabata S. Rotator cuff tears in the adolescent. Orthopedics 1993;16:78-81.

2 Weiss JM, Arkader A, Wells LM, Ganley TJ. Rotator cuff injuries in adolescent athletes. Pediatr Orthop B 2013;22:133-7.

3 Battaglia TC, Barr MA, Diduch DR. Rotator cuff tear in a 13-year-old baseball player: A case report. Am J Sports Med 2003;31(5):779-82.

4 Kirkland W. D. Imaging pediatric sport injuries: upper extremities. Radiologic Clinics of North America 2010;48:1199-211.

5 Zbojniewicz AM, Maeder ME, Emery KH, Shelia R, Salisbury SR. Rotator cuff tears in children and adolescents: experience at a large pedriatic hospital. Pediatr Radiol 2014 Jun;44(6):729-37.

6 Pandya N.K., Namdari S. Shoulder arthroscopy in children and adolescents. J Am Acad Orthop Surg 2013; 21(7): 389-97.

7 Eisner EA, Roorcroft JH, Moor MA, Edmonds EW. Partial rotator cuff tears in adolescents: factors affecting outcomes. J Pediatr Orthop 2013;33:2-7.

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