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Anno 14 Numero 56 Gennaio 2016 Redazione c/o Casa delle Culture piazza Medaglie d’Oro 4 48122 Ravenna [email protected] www.cittameticcia.it Italiani per cultura o per nascita All’interno ¬ L’APPROFONDIMENTO Come funzionano ius soli e ius sanguinis all’estero a pagina II ¬ TESTIMONIANZE Le difficoltà di chi è italiano di fatto, ma non sulla carta alle pagine III e IV ¬ L’OPINIONE Perché gli stranieri avrebbero bisogno di “cantori” più degni a pagina V ¬ L’INTERVISTA Dalla Romania a Ravenna, da Ravenna all’Africa con Emergency pagina VI ¬ TEATRO Torna in scena Rumore di acque delle Albe, più attuale che mai a pagina VII ¬ RUBRICHE Anime creole: Mauale per immigrati “dummies” a pagina IV Border Line: gli hot spot e i diritti dei migranti a pagina V ¬ LIBRI I nomadi linguistici nel bel libro “La lingua di Ana” a pagina VIII I profughi pakistani nella città solidale Alla fine, dopo settimane in cui hanno dormito sotto i portici di via Berlinguer, alla vigilia di Natale hanno trovato alloggio nei container allestiti in via Romea Nord, nell’area dove ha sede l’associazione Mistral, allestiti dalla Protezione civile regionale. I profughi pakistani, circa una quarantina, che hanno in mano una richiesta di asilo ma non il posto nell’accoglienza prevista per coloro che per esempio arrivano attraverso Mare Nostrum, perché si sono presentati direttamente in Questura a Ravenna, hanno così passato le feste al caldo e hanno un posto in cui dormire grazie a una sinergia tra Comune, volontari, Regione. Non solo, durante le feste hanno potuto contare su più “inviti a pranzo”, sempre grazie al volontariato (in primis Avvocato di Strada, ma anche circoli Pd, Casa delle culture e altre realtà come l’Engim che da subito ha mostrato grande apertura e solidarietà verso le persone che avevano scelto il loro porticato per dormire) che ha quindi mostrato il volto di una città accogliente e capace di prendersi cura di ospiti in difficoltà. Alla biblioteca Classense si è anche tenuto un corso di storia dell’arte e di conoscenza delle bellezze ravennati condotto da Marina Mannucci grazie alla disponibilità della direttrice Claudia Giuliani. Resta il fatto che appunto a farsi carico di un problema che dovrebbe riguardare lo Stato (tramite le Prefetture) è stato il territorio attraverso una sua rete più o meno spontanea e l’ente locale a cui invece questo onere non dovrebbe spettare. Nel giro degli ultimi sei mesi, secondo Avvocato di strada, sono stati in tutto un’ottantina i profughi pakistani transitati secondo questa modalità da Ravenna, una metà nei mesi scorsi ha trovato accoglienza nei progetti a loro dedicati, un’altra metà resta in attesa. Nelle ultime settimane non si sono registrati nuovi arrivi. Come funziona la nuova legge sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori stranieri Il disegno di legge di riforma in materia di cit- tadinanza italiana è attualmente in discussione al Senato della Repubblica. Il testo (A.S. 2092) è quel- lo approvato il 13 ottobre scorso alla Camera dei Deputati, con 310 voti favorevoli (partiti di mag- gioranza), 66 contrari (Lega Nord, Forza Italia e Fratelli di Italia) e 83 astenuti (M5S). La riforma prevede l'ampliamento del princi- pio dello ius soli. Attulmente è cittadino italiano chi nasce in territorio italiano da almeno un geni- tore italiano, così come i figli di apolidi, di ignoti o di genitori che non possono trasmettere la pro- pria cittadinanza. I figli di cittadini stranieri, nati in Italia, possono diventare italiani solo al compi- mento dei 18 anni. Il nuovo testo di legge prevede che sarà italiano il bambino nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia titolare di permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (per ottenere il qua- le serve, tra i vari requisiti, la presenza regolare in Italia da almeno cinque anni, il superamento di un test di lingua italiana e un reddito minimo an- nuo) o attestazione permanente se cittadino co- munitario. È stato introdotto anche un principio completamente nuovo nel nostro ordinamento, quello dello ius culturae. segue a pagina 2 A ottobre i poeti iraniani Fatemeh Ekhtesari e Mehdi Mousavi sono stati con- dannati dalla Corte rivolu- zionaria di Teheran, rispet- tivamente, a 11 e 9 anni di prigione in quanto con le loro poesie avrebbero insultato le divinità e fatto propaganda contro lo Sta- to. Inoltre sono stati con- dannati a 99 frustate per aver commesso l'atto di stringere la mano a mem- bri del sesso opposto non aventi legame parentale. Giornale interculturale

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Page 1: Giornale interculturale Italiani per cultura o per nascita · 2016-01-27 · Come si acquisisce la cittadinanza in al-tre parti del mondo? Tradizionalmente nei paesi anglosassoni,

Anno 14Numero 56

Gennaio 2016Redazione

c/o Casa delle Culturepiazza Medaglie d’Oro 4

48122 [email protected]

www.cittameticcia.it

Italiani per cultura o per nascita

A l l ’ i n t e r n o

¬ L’APPROFONDIMENTOCome funzionano ius soli e ius sanguinisall’estero

a pagina II

¬ TESTIMONIANZELe difficoltà di chi èitaliano di fatto, ma non sulla carta

alle pagine III e IV

¬ L’OPINIONEPerché gli stranieriavrebbero bisogno di“cantori” più degni

a pagina V

¬ L’INTERVISTADalla Romania aRavenna, da Ravennaall’Africa con Emergency

pagina VI

¬ TEATROTorna in scena Rumoredi acque delle Albe,più attuale che mai

a pagina VII

¬ RUBRICHEAnime creole:Mauale perimmigrati“dummies”

a pagina IV

Border Line:gli hot spot e idiritti dei migranti

a pagina V

¬ LIBRII nomadi linguisticinel bel libro“La lingua di Ana”

a pagina VIII

I profughi pakistani nella città solidaleAlla fine, dopo settimane in cui hanno dormito sotto i portici di via Berlinguer, allavigilia di Natale hanno trovato alloggio nei container allestiti in via Romea Nord,nell’area dove ha sede l’associazione Mistral, allestiti dalla Protezione civileregionale. I profughi pakistani, circa una quarantina, che hanno in mano unarichiesta di asilo ma non il posto nell’accoglienza prevista per coloro che peresempio arrivano attraverso Mare Nostrum, perché si sono presentati direttamentein Questura a Ravenna, hanno così passato le feste al caldo e hanno un posto in cuidormire grazie a una sinergia tra Comune, volontari, Regione. Non solo, durante lefeste hanno potuto contare su più “inviti a pranzo”, sempre grazie al volontariato(in primis Avvocato di Strada, ma anche circoli Pd, Casa delle culture e altre realtàcome l’Engim che da subito ha mostrato grande apertura e solidarietà verso lepersone che avevano scelto il loro porticato per dormire) che ha quindi mostrato ilvolto di una città accogliente e capace di prendersi cura di ospiti in difficoltà. Allabiblioteca Classense si è anche tenuto un corso di storia dell’arte e di conoscenzadelle bellezze ravennati condotto da Marina Mannucci grazie alla disponibilità delladirettrice Claudia Giuliani. Resta il fatto che appunto a farsi carico di un problemache dovrebbe riguardare lo Stato (tramite le Prefetture) è stato il territorioattraverso una sua rete più o meno spontanea e l’ente locale a cui invece questoonere non dovrebbe spettare. Nel giro degli ultimi sei mesi, secondo Avvocato distrada, sono stati in tutto un’ottantina i profughi pakistani transitati secondo questamodalità da Ravenna, una metà nei mesi scorsi ha trovato accoglienza nei progettia loro dedicati, un’altra metà resta in attesa. Nelle ultime settimane non si sonoregistrati nuovi arrivi.

Come funziona la nuova legge sulla cittadinanza per chi è figlio di genitori stranieri

Il disegno di legge di riforma in materia di cit-tadinanza italiana è attualmente in discussione alSenato della Repubblica. Il testo (A.S. 2092) è quel-lo approvato il 13 ottobre scorso alla Camera deiDeputati, con 310 voti favorevoli (partiti di mag-gioranza), 66 contrari (Lega Nord, Forza Italia eFratelli di Italia) e 83 astenuti (M5S).

La riforma prevede l'ampliamento del princi-pio dello ius soli. Attulmente è cittadino italianochi nasce in territorio italiano da almeno un geni-tore italiano, così come i figli di apolidi, di ignotio di genitori che non possono trasmettere la pro-pria cittadinanza. I figli di cittadini stranieri, natiin Italia, possono diventare italiani solo al compi-mento dei 18 anni.

Il nuovo testo di legge prevede che sarà italianoil bambino nato in Italia da genitori stranieri dicui almeno uno sia titolare di permesso Ue persoggiornanti di lungo periodo (per ottenere il qua-le serve, tra i vari requisiti, la presenza regolare inItalia da almeno cinque anni, il superamento diun test di lingua italiana e un reddito minimo an-nuo) o attestazione permanente se cittadino co-munitario. È stato introdotto anche un principiocompletamente nuovo nel nostro ordinamento,quello dello ius culturae.

segue a pagina 2

A ottobre i poeti iranianiFatemeh Ekhtesari e MehdiMousavi sono stati con-dannati dalla Corte rivolu-zionaria di Teheran, rispet-tivamente, a 11 e 9 annidi prigione in quanto conle loro poesie avrebberoinsultato le divinità e fattopropaganda contro lo Sta-to. Inoltre sono stati con-dannati a 99 frustate peraver commesso l'atto distringere la mano a mem-bri del sesso opposto nonaventi legame parentale.

Giornale interculturale

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Città Meticcian.56 gennaio 2016II

Come si acquisisce la cittadinanza in al-tre parti del mondo? Tradizionalmente neipaesi anglosassoni, così come in quelli del-l'America Latina, ha sempre prevalso ilprincipio dello ius soli, mentre in Europacontinentale quello dello ius sanguinis. Maoggi la realtà è molto più sfumata, anche aseguito dei forti processi migratori. Andia-mo a esaminare in breve quanto avviene inalcuni paesi di forte immigrazione: Francia,Germania, Regno Unito, Stati Uniti.

In Francia prevale lo ius sanguinis. È in-fatti cittadino francese il figlio di almeno ungenitore di nazionalità francese. Lo stessovale per i minori oggetto di una adozionepiena. Lo ius soli è limitato a casi molto cir-coscritti, ovvero ai figli di apolidi, di genito-ri sconosciuti o che non trasmettono la cit-tadinanza. Inoltre è cittadino francese chinasce da un genitore straniero a sua voltanato in Francia. Di regola chi nasce in Fran-cia da genitori stranieri diventa francese alcompimento del diciottesimo anno di età(se residente in Francia, o se è stato resi-dente per almeno 5 anni dopo gli 11 anni).L’acquisizione automatica può essere anti-cipata a 16 anni su richiesta dello stesso in-teressato, o può essere reclamata per lui daisuoi genitori a partire dai 13 anni.

Per quanto riguarda la naturalizzazione,il cittadino straniero sposato con un fran-cese può chiedere la cittadinanza dopo 4anni dal matrimonio (e 3 anni di residenzain Francia). I requisiti per essere naturaliz-zato francese in base agli anni di residenzasono invece più favorevoli che in Italia: oc-corrono 5 anni consecutivi di residenza, ri-dotti a 2 nel caso in cui siano stati effettua-ti due anni di studi in un istituto di istru-zione universitaria francese o siano stati re-si importanti servizi allo Stato. La Francia èfamosa anche per essere il paese dell'assi-milazione. L’art. 21-24 del Codice civile sta-bilisce che “Nessuno può essere naturaliz-zato se non dimostra la sua assimilazionealla comunità francese, in particolare attra-verso una conoscenza sufficiente della lin-gua francese, della cultura e della societàfrancese, dei diritti e dei doveri conferitidalla nazionalità così come attraverso l'a-desione ai principi e ai valori essenziali del-la Repubblica”. Il livello di lingua va dimo-stratato attraverso appositi certificati cheattestino almeno un livello B1, mentre glialtri aspetti vengono appurati tramite ap-posito colloquio. Inoltre nella valutazionedella domanda di naturalizzazione per re-sidenza concorrono anche la fedina penaledel candidato, gli adempimenti fiscali el'inserimento lavorativo.

Anche la Germania è stata storicamenteun paese di ius sanguinis, in cui è tedescochi nasce da almeno un genitore tedesco (oi minori adottati). Dal 1° gennaio del 2000 èstato però introdotto anche il principio del-lo ius soli temperato per cui è tedesco pernascita il bambino nato da genitori stranie-ri residenti in Germania da almeno 8 annie titolari di un permesso di soggiorno atempo indeterminato da almeno 3 anni.Entro 5 anni dal compimento della mag-giore età è però necessario scegliere tra lanazionalità tedesca o quella di origine deigenitori. La Germania non ammette la dop-pia cittadinanza, ad eccezione dei cittadinidell’Unione Europea e della Svizzera. Que-sto vale anche per chi diventa tedesco pernaturalizzazione. La naturalizzazione, chepuò essere chiesta a partire dal compimen-to del sedicesimo anno di età, è possibile

la panoramica

Il diritto sulla cittadinanza degli altriDalla Francia agli Usa, dove vige lo ius sanguinis e dove lo ius soli

dopo almeno 8 anni di residenza continua-tiva in Germania. Per i coniugi o per i con-viventi registrati dei cittadini tedeschi il pe-riodo scende a 3 anni. È indispensabile su-perare un esame di lingua tedesca livello B1così come un esame di naturalizzazionesull’ordinamento sociale e giuridico tede-sco. Inoltre chiunque voglia essere natura-lizzato deve dimostrare di essere in gradodi mantenere se stesso e i propri familiarisenza far ricorso a sussidi sociali o all’in-dennità di disoccupazione. Anche in Ger-mania certi tipi di reati sono ostativi all'ot-tenimento della cittadinanza.

Storicamente nel Regno Unito prevaleinvece lo ius soli. Dal 1° gennaio 1983 que-sto principio è stato ridimensionato: è cit-tadino britannico chi nasce (o viene adot-tato) nel Regno Unito da cittadino britan-nico o da cittadino straniero, ma solo se “le-gally settled”, ovvero con un'autorizzazionedi soggiorno permanente. Nei restanti casisi diventa cittadini britannici per nascitadopo 10 anni di vita continuativa nel RegnoUnito. Per quanto riguarda i figli di cittadi-ni britannici nati all’estero, sono anch’essicittadini i britannici se almeno uno dei pro-pri genitori è cittadino britannico per esse-re nato su suolo britannico, non per di-scendenza. Passando alla procedura di na-turalizzazione: a seguito di matrimonio o

Viene previsto che i bambininati in Italia da genitori con unnormale permesso di soggiorno,o al limite anche irregolari, cosìcome i bambini che fanno igres-so in Italia prima del compimen-to dei 12 anni, possono diventareitaliani dopo aver frequentatocon successo almeno un cicloscolastico per minimo 5 anni.

Per quanto riguarda i ragazzipiù grandi, arrivati in Italia tra i12 e i 18 anni, potranno fare do-manda di naturalizzazione solodopo sei anni di residenza rego-lare e dopo aver frequentato econcluso con successo un cicloscolastico oppure un percorso diistruzione e formazione profes-sionale triennale o quadriennale.

La riforma non prevede no-vità per gli adulti. Le norme ri-guardanti il processo di natura-lizzazione, tra le più restrittivein Europa, rimangono infatti in-variate. Ricordiamo quindi cheper diventare italiano un citta-dino comunitario deve aspetta-re quattro anni di residenza,mentre un cittadino non comu-nitario dieci, che diventano cin-que nel caso dei rifugiati e degliapolidi. Per la concessione dellacittadinanza il Ministero del-l'Interno verifica anche alcunielementi che dovrebbero essereindicativi rispetto all'intergra-zione del cittadino, come even-tuali precedenti con la giustiziae il possesso di un reddito mini-mo, in una procedura che nor-malmente dura oltre i due anni.La richiesta di naturalizzazionea seguito di matrimonio con cit-tadino italiano può essere inve-ce chiesta dopo due anni di re-sidenza in Italia, oppure tre an-ni dalla data di matrimonio seresidenti all'estero, termini chesi dimezzano in presenza di fi-gli. (f. b.)

s e g u e d a l l a p r i m a

la nuova legge

E per diventare italianipotrà servire un ciclo di 5 anni a scuola

di civil partnership occorro 3 anni di sog-giorno continuativi, altrimenti gli anni di-ventano 5. Oltre al requisito di buona con-dotta è necessario superare una prova lin-gua inglese, gallese o gaelica scozzese (li-vello B1), e una sulle istituzioni sociali e ci-vili del Regno Unito.

La patria per eccellenza dello ius soli ri-mangono gli Stati Uniti. Chi nasce negliStati Uniti è cittadino americano, a menoche non sia figlio di diplomatici stranieri re-sidenti, indipendentemente dalla cittadi-nanza e dello status dei genitori. È cittadi-no americano anche colui che nasce all’e-stero se entrambi i genitori sono americanie almeno uno è stato residente negli Usa.Nel caso in cui un solo genitore sia cittadi-no americano, questo deve essere vissutonegli Stati Uniti almeno 5 anni prima dellanascita, di cui almeno 2 dopo il quattordi-cesimo anno d’età. Anche negi Stati Uniti sipuà acquisire la cittadinanza tramite natu-ralizzazione. Occorre essere maggiorenni,essere in possesso di un permesso di sog-giorno permanente negli Stati Uniti ed es-serci vissuti per almeno cinque anni (meno90 giorni) dalla data della richiesta. Gli an-ni sono ridotti a tre (meno 90 giorni) se ilpermesso di soggiorno è stato acquisito permatrimonio con un cittadino americano.

Francesco Bernabini

D a t i

Centinaia i ravennati che saranno subitoitaliani grazie alla nuova legge

Una volta che la legge sarà definitivamente approvata e dal momentoche avrà valenza retroattiva, molti ravennati oggi stranieri potrannoistantaneamente diventare italiani. Difficile arrivare a un numero esattoma basti sapere che i minori stranieri residenti a Ravenna e nati in Italiache hanno compiuto undici anni (e quindi presumibilmente con un ciclodi cinque anni scolastico concluso alle spalle) sono 457. In tutti i minoristranieri nel 2015 residenti a Ravenna erano 3.737 di cui 2.719 nati inItalia; in media si calcola che almeno la metà abbia i requisiti per chiederela cittadinanza prima del compimento del diciottesimo anno di età. Infine,una curiosità: dei 1138 nati a Ravenna nel 2015, 257 sono figli distranieri. L’Anagrafe al momento è in attesa di indicazioni dal governo sucome si dovranno effettuare le procedure e aggiornare le nazionalità deicittadini interessati poiché nulla ancora vi è di effettivo. A oggi al Comunespetta la gestione delle pratiche di chi fa richiesta di cittadinanza alcompimento dei 18 anni di età che diventa effettivamente cittadinoitaliano per ordinanza del Sindaco. L’anno scorso sono stati 21 ineomaggiorenni a essere diventati italiani. Mentre coloro che sono andatiall’anagrafe per prestare giuramento dopo aver acquisito la cittadinanza,tramite la Prefettura, dopo dieci anni di residenza (per gli extraUe) o iquattro anni (per i comunitari) o attraverso il matrimonio con un cittadinoitaliano sono stati ben 1226.

Le ultime parole chela giornalista siriana-Ruqia Hassan hascritto sono state:"l'ISIS mi arresterà emi ucciderà". RuqiaHassan - NissanIbrahim

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Città Meticcia IIIn. 56 ottobre 2016

di Anida Poljac

Sul disegno di legge di riforma inmateria di cittadinanza abbiamoparlato con Bjori Paia, diciottennealbanese in Italia dal 2005, che rien-tra nei requisiti dello “ius culturae”ed è favorevole al nuovo ddl: «Sonofavorevole perché credo che sempli-ficherebbe la burocrazia e darebbecosì sollievo alle persone immigratee residente in Italia da molto tem-po». Bjori ha diciotto anni. Que-st’anno ha la maturità. Ha già decisoche vuole subito andare a lavorare.Magari come personal trainer, comesuo fratello di quattro anni più gran-de. Il fratello arrivato qua dopo i do-dici anni, dunque, non rientrerebbenei criteri dello “ius culturae” delddl. E quindi, almeno ancora perqualche anno, rimarrà solamentecol passaporto albanese. Bjori inve-ce sì, diventerà italiano per non ave-re più precluse le possibilità legateproprio alla nazionalità. «Tra amici –ci racconta – si pensava a un viaggioa Londra. E ora come ora senza cit-tadinanza di un Paese dell’UnioneEuropea è molto complicato. Sperodi riuscire ad andarci quest’estate».Del resto, ci dice «Mi sento un po’più italiano che albanese in questomomento. Sono cresciuto qua. È na-turale sia così». E aggiunge che emo-tivamente non cambierà nulla: «Nonsarà un pezzo di carta a fare la diffe-renza. A livello pratico cambia lapossibilità di viaggiare, di muoversi.Mio padre che è qua da 16 anni nonha ancora la cittadinanza per la len-tezza burocratica, anche se ha fattodomanda tempo fa. I miei preferi-rebbero vivere nel loro Paese, dove,però, manca il lavoro. Qua si sta me-glio. Quindi sono soddisfatti così.Hanno fatto una scelta».

Bilel Sellami, ventiduenne tunisi-no di Sfax, è in Italia dal suo primoanno di età, praticamente da sem-pre, e non ha un forte attaccamentonazionale, né all’Italia, né al Paesed’origine. Anzi, vorrebbe essere apo-lide se questo non comportassegrossi svantaggi burocratici, comeaccade nella realtà. Anche Bilel è co-munque favorevole al nuovo proget-to di legge, perché offre maggioriagevolazioni agli immigrati in Italiada lungo periodo. Ma anche lui con-corda che emotivamente cambieràpoco: «Si tratta più che altro di sem-plificazioni burocratiche. Mi sentocittadino del mondo. Trovo stretti iconfini e sento di non poter rientra-re in un confine nazionale». Anchelui ha vissuto sulla sua pelle le limi-tazioni di chi non ha la cittadinanzaitaliana e vive in Italia: «Volevo fareil servizio militare, ma non è statopossibile. E recentemente ho dovutorinunciare a un viaggio con amici acausa della lentezza nel rilascio delvisto tra l’altro per raggiungere unPaese vicino come la Slovenia».

Conosco bene personalmente ildisagio di Bilel, cittadino del mon-do, anche se ormai la cittadinanzal'ho ottenuta da anni. C'era un pe-riodo in cui avevo una irrefrenabilevoglia di visitare Londra, ma, trovan-dosi la Gran Bretagna fuori dalla zo-na Schengen, era di conseguenzaanche fuori dalla mia portata, nonessendo io allora in possesso di cit-tadinanza. Un altro progetto a cui,

La gioia di Ouidad Bakkali per la nuova legge

L’assessore alla cultura e all’istruzione del Comune di Ravenna,Ouidad Bakkali, nata in Marocco e arrivata in Italia da piccolissima,ha commentato con gioia l’approvazione della legge sullacittadinanza sulla sua pagina Facebook. Ecco un estratto del suoracconto e commento: «Avevo 22 anni quando ho ottenuto lacittadinanza italiana. Ho iniziato ad avere passione per le "cose delmondo e della mia città" da piccola e ho potuto votare finalmentesolo nel 2008. Mi tornano in mente alcuni episodi che ho vissutonella mia adolescenza legati al fatto di non essere italiana:durante il viaggio di maturità fui costretta a passare la notte inaeroporto a Praga perché ci furono problemi con il visto. Larichiesta per l'Erasmus mi fu quasi negata. Ricordo il giorno in cui cidiedero finalmente la notizia che avevamo ottenuto la cittadinanzaitaliana. L'appuntamento in Comune per il giuramento di fedeltàalla Repubblica Italiana. Oggi il Parlamento ha approvato una leggedi civiltà che aprirà ad un futuro più equo e giusto per i bambini ele bambine cosiddetti "stranieri" che nascono in questo paese oche vi arrivano da piccoli e che come me allora, lo hanno sempreconsiderato il proprio paese. Questo è un primo passofondamentale ed epocale».

L’assessore

la testimonianza/1

«Con la cittadinanza potrò viaggiare»I ravennati stranieri e i disagi burocratici senza “quel pezzo di carta”

L e i m m a g i n i

Costantini e la realtà disegnata

Le immagini di questo numero sonotutte del ravennate GianlucaCostantini, che si definisce unartista/attivista o, per usare unadefinizione piu estesa, «undisegnatore della realtà e unattivista visivo». In un’epoca, comequella attuale, in cui la libertà distampa e l’indipendenzadell’informazione sono in crisi, nonè certo una definizione di comodo.In poco tempo la “vignetta”, o il“fumetto”, hanno conquistato unospazio enorme, di grande successoma anche di grande responsabilità.Con pochi tratti, il giornalismografico trasmette un giudiziofulminante, un punto di vistainatteso, che spezza il flussoininterrotto dell’informazione e cioffre una pausa, un momento diriflessione, per guardare al mondoin modo diverso e originale.http://channeldraw.blogspot.com.

come tanti, ho dovuto rinunciaredurante i miei studi universitari èstato l’Erasmus Mundus, scambiouniversitario tra gli studenti di alcu-ni paesi dell’UE e dei Paesi dei Bal-cani occidentali aderenti al proget-to.

Il requisito fondamentale per ot-tenere la borsa di studio e andaredall’altra parte del mar Adriatico?Ovvero, per essere più precisi, pro-pri nel mio paese di origine, ovverola Bosnia Erzegovina? Avere la citta-dinanza di un Paese dell’UE. Per iro-nia della sorte io ero abbastanza ita-liana per dare esami all’Università,pagarne le tasse, studiare le leggi delnostro Paese, fare la pausa pranzocon gli altri compagni di corso e pre-parare insieme gli esami, andare asvolgere un semestre di Universitànei Balcani, ma non a tal punto daottenere la borsa di studio previstaper tale progetto, concessa solo a chiin possesso di cittadinanza dell’Ue.Ben venga quindi questa legge che,seppure con dei limiti, servirà a sa-nare situazioni di discriminazione,disagio e sì, anche ingiustizia.

Questi corpi appartengo-no a civili curdi uccisidallo Stato turco a Cizre.La Turchia li tiene blocca-ti e ne impedisce la se-poltura e il funerale. Fon-te: https://twitter.com/dij-raberi

Nuova legge

Anche i minori stranierisaranno sportivi agonisti

È stata finalmente rimossa perlegge la discriminazione cheimpediva ai minorenni stranieridi iscriversi a società sportiveagonistiche. Almeno in parte,ovvero solo per quei giovaniresidenti in Italia prima delcompimento degli undici anni.Il Disegno di legge sulcosiddetto “Ius Soli sportivo” èstato approvato dal Senato invia definitiva il 14 gennaio, coni soli sei voti contrari della LegaNord. La nuova legge prevedeche gli stranieri minorenni,regolarmente residenti nelterritorio italiano almeno dalcompimento del decimo annodi età, possono essere tesseratipresso società sportiveappartenenti alle federazioninazionali con le stesseprocedure previste per iltesseramento dei cittadiniitaliani. Inoltre, il tesseramentoresterà valido, anche dopo ilcompimento dei 18 anni, finoal completamento delleprocedure per l’acquisizionedella cittadinanza italiana.

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Città Meticcian. 56 - gennaio 2016IV

«Ho rischiato di dover tornare in Macedonia»Leny vive in Italia da circa 12 anni.

È arrivato a Milano dalla RepubblicaDominicana e dopo pochi anni si ètrasferito a Ravenna, città in cui vivecon sua madre. Con la nuova legge sul-la cittadinanza, Leny potrebbe diven-tare cittadino italiano.

Leny, da dove arrivi e da quantotempo sei in Italia?

«Vengo dalla Repubblica Domini-cana. Ho 18 anni e sono arrivato in Ita-lia circa 12 anni fa. I primi tempi hovissuto a Milano, ma non mi sono tro-vato bene. Ero spaesato e sentivo lapressione del razzismo. Dopo qualcheanno ci siamo trasferiti prima ad Ar-genta e poi qui a Ravenna, dove vivia-mo tuttora. Frequento l’ultimo annodell’Istituto Olivetti e sono unparkhourista».

Hai la cittadinanza italiana?«Non ancora, ma se è possibile vor-

rei chiederla».Cosa sai sulla “nuova cittadinanza”

approvata dal parlamento italiano?«Non molto. Ma quando sarà il mo-

mento mi informerò. Mi hanno spie-gato che per ottenere la cittadinanzaitaliana basta inviare i documenti viamail e lo Stato farà il resto».

Com’è la vita di un ragazzo stra-niero che vive in Italia senza la citta-dinanza italiana?

«Io conduco una vita normale co-me quella dei miei coetanei, ma pen-so che non sia giusto non avere la cit-tadinanza. Mi sento come se l’Italianon mi avesse accettato del tutto. An-che se il tempo è passato, mi sonoadattato e penso di aver contribuitoalla vita di questo Paese, non mi sentoparte integrante della società. È comese mi mancasse qualcosa…e dopo unpo’ ti passa la voglia di dare».

Parlavi di razzismo prima. Sei sta-to vittima di episodi gravi?

«No…lo sentivo e basta. Io ho la te-sta dura e vado dritto per la mia stra-da. Gli insulti mi scivolano addosso».

Hai molti amici italiani?«Non molti a dire il vero. Riesco a

fare amicizia molto spesso con gli stra-nieri come me. È più facile. Io vivo invia Gulli e mi trovo bene. Penso che sehai voglia di conoscere veramente lepersone, via Gulli non è un posto cosìbrutto come qualche volta viene de-scritto».

Pensi che quando avrai la cittadi-nanza italiana la tua vita cambierà inqualche modo? Ti sarà restituito qual-cosa?

«Dal punto di vista amministrativoe sociale, so che ho bisogno di questodocumento. Ma non credo che nellavita di tutti i giorni cambierà qualcosa.Bisogna tenere presente sempre sestessi altrimenti tutto perde senso».

Come ti trovi a scuola?«Andare a scuola in Italia per me è

un lusso. Qui posso fare cose che nel-la Repubblica Dominicana non sogna-vo neppure. Qui posso stare seduto aun banco in una stanza, mentre quan-do ero piccolo la mia scuola a SantoDomingo aveva solo un tetto in lamie-ra e una sedia».

Vuoi rimanere in Italia?«Non lo so…dipende dalla situazio-

ne lavorativa. Se non riesco a trovarenulla di soddisfacente, andrò a cercarefortuna all’estero…come fanno tutti!»

Veronika Rinasti

la testimonianza/2

La storia di Meho Sulemanski: «Ho molti dubbi sulla retroattività della nuova legge»

di José Aguayo*

«Trovarsi a vivere in un luogo da insediato, da espatriato o da fuoriuscito per vo-lontà o per costrizione esige l'apprendimento di alcuni codici (culturali, semantici,linguistici...), ma soprattutto, richiede la messa a fuoco di alcune "strategie" che sia-no funzionali al proprio benessere. In principio, il contesto sociale attuale per la suastessa natura (sconosciuta, a volte ostile e intrigante), tende a inibire gli atteggia-menti che nella terra natìa emergevano e facevano fluire con naturalezza un sento-re di rassicurante serenità, dal momento in cui erano sintonizzati con l'intorno eco-sistemico. Sono quelli gli atteggiamenti che rappresentano, per ognuno di noi, glistrumenti operativi di una resilienza fattiva, costruita a partire da semplici accorgi-menti che fanno parte del bagaglio che la persona stessa possiede. Ma si sa che sol-tanto quando approdiamo a mondi culturali sconosciuti è che ci accorgiamo di ciòche facevamo prima senza riflettere, confortevolmente e in automatico, perché qui edora solo sappiamo di non sentire più fluire spontaneamente tutto ciò. Adesso ci tro-viamo invece ad essere troppo impegnati a descifrare/interpretare i misteri e i quesi-ti che l'incomprensibile realtà ci stimola a individuare. E se esistesse la possibilità dicostruire una guida del migrante, un manuale per "dummies" (quelli impreparati)evitando i moralismi e suggerimenti paternalistici come quelli per esempio elencatinel "Manuale del emigrante italiano a la Argentina" del 1913, costruito in fretta e fu-ria a modo di avvertenze pratiche, per i 6 millioni di immigrati taliani che arrivaro-

no tra 1870 e 1929? (come esempio ne può bastare uno: "Quando si va per la stradanon si cammina fuori dal marciapiedi, chi lo fa riceve il qualificativo di "atorrante",che equivale ad essere chiamato mendicante...").

Quali sarebbero i must da elencare? Basterebbe forse esplicitare che:- L'apprendimento della lingua del paese che ti ospita è fondamentale, ma non

devi mai dimenticare la tua lingua di origine; - Ricorda che è meglio portare con te meno peso, tieniti stretti i ricordi più belli

tutto il resto ti può rendere difficile l'esplorazione curiosa;- I tuoi proverbi sono molte volte delle pillole di saggezza che ti possono aiutare

ad affrontare i momenti di smarrimento e agitazione;- Difendi la tua dignità, imparando a dire di no;- Arricchisciti con le novità per farne fonti di crescita;- Se ti offendono, ricordati che un giorno anche loro imparerano che i popoli sem-

pre si sono mossi e continueranno a farlo, un giorno lo capiranno;- Coltiva consapevolmente un'appartenenza plurima che permetta scambi tra co-

munità diverse per cui non si creino lealtà escludenti;- Bandisci con energia e determinazione ogni forma di violenza e in particolare

quella etnica, essa può disinnescare reazioni emotive collettive incontrollate;- Non ti isolare dagli autoctoni non sei più nel tuo paese, "mischiati" con gli altri

perché così costruisci ponti in uno scambio reciproco e continuo, interetnico. psicologo psicoterapeuta

A n i m e c r e o l e - l a p a r o l a a l l o p s i c o t e r a p e u t a

Consigli utili per migranti - manuale for “dummies”

L'avvocato per i dirittiumani Tahir Elçi è statoucciso in circostanze mi-steriose il 28 novembre2015 a Diyarbakır, in Tur-chia. A ottobre, aveva criti-cato il ruolo del governonell'interruzione del pro-cesso di pace e aveva af-fermato che “il Pkk non èun'organizzazione terrori-stica, ma un movimentopolitico armato e con unconsiderevole seguito”, af-fermazione per cui era sta-to anche arrestato.

Meho Sulemanski è uno dei consiglieri aggiunti a PalazzoMerlato che rappresenta i ravennati ExtraUe. È macedone e siè trasferito in Italia 12 anni fa, quando aveva 15 anni. Non hala cittadinanza italiana e, se la nuova legge verrà approvatasenza modifiche, potrebbe non averne diritto. A differenza dialtri membri della sua famiglia. «Sono arrivato in Italia con imiei genitori e i miei due fratelli – ci racconta – Il mio terzo fra-tello, invece, è nato qui in Italia, a Ravenna, nel 2006. Io al mo-mento ho un permesso di soggiorno, per “attesa occupazione”,una sorta di ultima spiaggia. Per fortuna, ora ho trovato lavo-ro e potrò rinnovare il mio permesso, modificandolo con unpermesso di soggiorno per motivi lavorativi». Perché Meho, aun certo punto, ha rischiato di essere espulso: «Eh sì. Quandoi miei hanno ottenuto la carta di soggiorno, io ero già maggio-renne, quindi non rientravo più nei loro documenti. Fino ai 25anni ho avuto un permesso per motivi di famiglia, poi il per-messo per attesa occupazione, ed ora farò il permesso per mo-tivi di lavoro. Ma conosco tante persone che sono dovute an-dare via dall’Italia perché se perdi il lavoro, e non riesci a di-mostrare di avere un reddito col quale mantenerti, il rinnovodei permessi è molto difficile, ed i ricorsi costano molte mi-gliaia di euro. Posso quindi dirti che tanti, in Italia da 10-15 an-ni, ed anche di più, si ritrovano senza più permesso di sog-giorno, ed è una situazione davvero difficile». Certo, la nuovalegge sulla cittadinanza potrebbe cambiare e di molto le cose.«Ho provato a leggere il testo della legge, ed anche i pareri del-le varie Commissioni Parlamentari. Ho capito che sono statiun po’ allargati i criteri per richiedere la cittadinanza. Ho letto,ad esempio, che è stato introdotto lo ius culturale, per cui puòfar richiesta di cittadinanza chi abbia compiuto un intero cicloscolastico in Italia, e questo potrebbe riguardare me ed unodei miei fratelli. Per il più piccolo, nato qui, dovrebbe esserepiù facile, dato che è legato allo status dei miei genitori, che,essendo in Italia regolarmente, ed in maniera continuativa, da12 anni, hanno diritto a richiedere la cittadinanza. Però, a direil vero, ho tanti dubbi, ad esempio sulla retroattività della leg-ge, per quanto riguarda il computo dei cicli di studio, o deglianni di lavoro». Quanto è difficile la vita in Italia senza la cit-tadinanza? «Io mi reputo un immigrato molto fortunato: conmezz'ora di volo posso tornare in Macedonia e sbrigare tuttele pratiche burocratiche. Non avere la cittadinanza ha limitatoil mio rapporto con gli italiani. Mi sono reso conto delle diffi-coltà pratiche lo scorso anno. Sono stato per 11 mesi in Fin-landia con il Servizio Volontario Europeo e non potevo pensa-re di rimanere lì per molto tempo. Avendo solo un permesso disoggiorno italiano, per i finlandesi ero un cittadino macedone.Avrei dovuto iniziare le pratiche burocratiche da zero, ri-schiando di perdere il permesso italiano». E Meho, ci confessaalla fine: «Non so dove mi porteranno la vita e la necessità ditrovare un lavoro, ma non voglio scappare da nessuna parte.Mi piacerebbe tanto rimanere a Ravenna».

Marco Fucci

l a t e s t i m o n i a n z a / 3

La voce di Leny

«Con la cittadinanzami sentirò accettatodel tutto, finalmente»

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Città Meticcia Vn. 56 gennaio 2016

Il danno del luogo comunedi Mohamed Malih

Da extracomunitario ben collaudato (èda parecchi anni che sto in Italia) ho vissu-to sulla mia pelle parecchi dei disagi chel’immaginario collettivo (occidentale ma an-che orientale) suppone che un immigratodebba vivere. Forse inconsciamente me lisono andati a cercare io stesso. D’altrondesono ingredienti necessari per quella storiache ogni buon immigrato e, più in generale,ogni uomo di mondo (o chi vuole passareper tale) si racconta, sogna di raccontare o,come non di rado accade, sciorina non ap-pena ne ha l’occasione. Certo alle prime pos-sono anche essere di qualche interesse mapassato l’effetto sorpresa si ha come l’im-pressione che siano tutte uguali; cambianole singole circostanze, ma la musica di sot-tofondo è sempre la stessa e puntuali sonole parole che ne ordiscono le trame: sradica-mento, lontananza, nostalgia, ecc. I Phonecenter, le piazze, i patronati, alcuni bar, lestazioni sono, a seconda delle etnie, i luoghid’incontro abituali di molti immigrati dovequesto genere di storie si sprecano e unabuona dose di vittimismo va a mescolarsi aromanticherie nostalgiche che alle volte rag-giungono apici di autocommiserazione dafar impallidire d’invidia la più sfacciata del-le soap sudamericane. Quel che preoccupa èche su questo panorama desolante si sta for-mando l’identità di tutta una generazione dimigranti, frustrata nel suo sogno hollywoo-

diano di un happy end all’insegna del “e tut-ti vissero felici e integrati”. Sono poi questistessi migranti che vanno ad alimentare co-de infinite davanti a questure e uffici posta-li: una folla di flagellanti che si accalca dolo-rante e rassegnata non per chissà quale pre-mio ultraterreno ma per poter finalmenteavere fra le mani il tanto agognato pezzo dicarta azzurrognolo o arancione, il cosiddet-to permesso di soggiorno. Di questo varie-gato materiale umano un’attenta editoria hafiutato il potenziale letterario e ormai negliscaffali di tutte le librerie è tutto un ammic-care di donne col burqa da copertine arabe-scate. Purtroppo anche fior fior di penne -penso a Magdi Allam, ad esempio - puravendo tutti gli strumenti per giocare unruolo da protagonisti, di degni intellettuali(e Dio sa se ce n’è bisogno) di questa dia-spora si mettono a cavalcare il mansuetomulo dell’attualità discettando di kamikaze,Islam, Oriente e Occidente pescando a pienimani nel souk chiassoso delle news. Insom-ma fra le parole dei e sui migranti si senteacuta la necessità di più degni cantori chenon sguazzino in argomentazioni trite e ri-trite, finendo per dare dello straniero un im-magine distorta che non saprei come megliodefinire ma che è, tanto per dare un idea,ben che vada, una parodia della parabola delbuon samaritano, ma di questo passo, benpresto, andrà ad assestarsi serafica nell’O-limpo del luogo comune dove troneggiainarrivabile la casalinga di Voghera.

«Sui migranti si sente il bisogno di più degni cantori»

l’opinione

B o r d e r L i n e - c r o n a c h e d a l c o n f i n e s i c i l i a n o

I diritti fondamentali a rischiocon l’approccio hotspot

di Giovanna Vaccaro

Ci vorranno mesi perché possa vedere la luce l’inquietante proposta della Commissione eu-ropea – appena presentata al Parlamento di Strasburgo – di un’agenzia comunitaria di poli-ziotti di frontiera e di guardie costiere capace di agire autonomamente, anche senza il consen-so degli stati interessati. Ma già quello che sta accadendo negli hotspot è gravissimo dal puntodi vista della violazione dei diritti umani e della sua incompatibilità con i principi costiuzio-nali. Bruxelles chiede da tempo all’Italia anche «un’accelerazione» nel «dare cornice legale alleattività di hotspot, in particolare per permettere l’uso della forza per la raccolta delle impron-te e prevedere di trattenere più a lungo i migranti che oppongono resistenza», come si legge inun rapporto della Commissione Ue sull’Italia.

Di giorno in giorno, divengono sempre più evidenti le gravi conseguenze dell’approccio “hot-spot” previsto dalla “road map” delineata nell’agenda della Commissione Europea sull’immi-grazione. Dietro a questi inglesismi (rispettivamente traducibili in “punto d’accesso” e “tabelladi marcia”) con i quali si vorrebbe forse dare l’illusione di un paese al passo con i tempi, si na-scondono violazioni dei diritti fondamentali.

Dalla fine di settembre, a Pozzallo, Catania, Palermo, Augusta e Agrigento, centinaia di mi-granti soccorsi in mare vengono raggiunti, a pochi giorni dal loro arrivo, da un provvedimen-to di respingimento e si ritrovano letteralmente sulla strada, privati di ogni diritto e senza laminima consapevolezza della loro condizione giuridica.

L’approccio hotspot, prevedendo l’identificazione dei migranti nei luoghi di arrivo, delegaall’autorità di pubblica sicurezza l’individuazione di potenziali richiedenti asilo e quella di po-tenziali migranti economici. Non essendoci una procedura uniformemente definita, ciascunaquestura si è dotata di criteri propri di valutazione, i quali risultano spesso sommari, discre-zionali e illegittimi perché in violazione con quanto previsto dalla legislazione in materia diprotezione internazionale.

La selezione arbitraria effettuata nei luoghi di arrivo dalle questure siciliane supportate da-gli agenti di Frontex, viene spesso fatta in relazione alle nazioni di provenienza dei migranti.Pare che l’Europa e l’Italia abbiano ormai la pretesa di valutare a priori quali siano i Paesi daconsiderarsi luoghi sicuri di provenienza, includendo nella lista anche quegli Stati che, come ilGambia, la Nigeria, il Mali e il Pakistan, si trovano in piena destabilizzazione e sono piegati daterrorismo o dittature. Pare che Europa e Italia pensano forse, in questo modo, di potersi sot-trarre dagli obblighi di protezione previsti dal diritto internazionale a favore di tutti coloro chenon possono avvalersi delle garanzie di tutela nei loro paesi.

Altre questure, come quella di Ragusa e Siracusa, per identificare i migranti soccorsi in ma-re, ricorrono alla somministrazione di un questionario di pre-identificazione. Non è da trascu-rare il modo in cui sono espresse le varie voci nel formulario: se, infatti, i motivi come “lavoro”e ” ricongiungimento famigliare” sono chiaramente esplicitati, i motivi di fuga, persecuzione erifugio sono invece riassunti nella generica voce “altro”. Così, succede che, nell’assenza diun’informativa legale che faccia comprendere le modalità e finalità del questionario, tanti mi-

granti non riconoscano la loro condizione nella risposta “altro” e dichiarano così il motivo di la-voro, a prescindere da quale sia la ragione principale per cui hanno lasciato il loro Paese. L’ap-proccio hotspot risulta quindi illegittimo perché esclude di fatto potenziali richiedenti asilo dal-l’accesso alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, impiegando criterie strumenti che contrastano con la natura stessa del diritto d’asilo il quale, configurandosi nel-l’ordinamento nazionale come diritto soggettivo, andrebbe riconosciuto in relazione alla con-dizione individuale, e non certo in base alla nazionalità di provenienza.

Ma non solo. Tale approccio è in netta violazione anche con quanto prescritto dalla legisla-zione italiana relativa alle procedure di riconoscimento della protezione. Queste prevedonoesplicitamente che l’esame della domanda d’asilo sia di competenza di una delle commissioniterritoriali appositamente istituite. Ecco dunque come si traducono nella realtà le decisioni del-la Fortezza Europa in materia di immigrazione che sono state recepite diligentemente dall’Ita-lia, a partire dallo scorso settembre. I migranti che, a causa di tali decisioni, ogni settimana ven-gono esclusi dalla procedura di protezione internazionale e quindi dall’accesso all’accoglienza,sono diverse centinaia e presto, se non si arginerà questo modus operandi, diventeranno mi-gliaia. Allarmante la situazione dei tanti minori che si ritrovano a vagare nei gruppi dei “re-spinti” perché, il più delle volte, al momento dello sbarco, vengono registrati come maggiorennimentre altri, pur essendo registrati come minori, vengono comunque raggiunti da provvedi-menti di espulsione. Questa pratica è in piena violazione con la garanzia di tutela che va ga-rantita al minore. Da settimane si susseguono gli appelli delle associazioni impegnate nel terri-torio siciliano affinché Questure e Prefetture mettano fine a tali prassi illegittime, lesive della di-gnità umana e dei diritti fondamentali. Nel solo mese di ottobre, Borderline Sicilia ha pubbli-cato tre diversi comunicati per rendere pubbliche le gravi violazioni messe in atto nei diversiporti siciliani. È seguito il comunicato di Medici senza Frontiere sulla grave situazione a Poz-zallo. L’associazione ha anche denunciato, nel rapporto presentato nelle scorse settimane allaCommissione Parlamentare d’inchiesta sull’accoglienza, le condizioni inaccettabili di questoCentro di Primo Soccorso e Accoglienza candidato a divenire uno dei 5 hotspot siciliani. Alle nu-merose segnalazioni fatte via via dalle grandi e piccole associazioni, si sono finalmente aggiun-te anche quelle di organizzazioni umanitarie accreditate dal Ministero dell’Interno e incarica-te di garantire l’informativa legale nei porti. Uscendo dal silenzio che ha più volte caratterizza-to il loro operato in Sicilia, Unhcr e Save the Children hanno, di recente, pubblicamente espres-so forti preoccupazioni per quanto sta vvenendo con le nuove procedure di identificazione ehanno raccontato che ai loro operatori viene permesso di entrare in contatto coi migranti solonel momento successivo alla pre-identificazione. Unhcr ha esplicitamente parlato di violazio-ne del diritto all’informativa. Questa denuncia si attendeva da tempo perché risulta evidenteche, in un contesto come quello dello sbarco in cui possono arrivare diverse centinaia di perso-ne, non ci possano essere le condizioni e i tempi per garantire un’adeguata informativa.

Le conseguenze delle nuove prassi amministrative non si ripercuotono negativamente solosulle singole vite, ma anche sul contesto sociale: nelle città siciliane sta in questo modo aumen-tando significativamente il numero dei senza fissa dimora. Il respingimento differito è un prov-vedimento con cui il Questore intima lo straniero di raggiungere Roma e lasciare l’Italia, a suespese, entro 7 giorni. Ordine che non può essere, per ovvie ragioni, ottemperato. In questo modocresce il numero di coloro che, relegati in una situazione di irregolarità, si trovano a vivere perstrada, senza un’idea di dove andare e come sopravvivere e sono così destinati, a divenire facilepreda della criminalità, dello sfruttamento, del lavoro nero e della tratta.

Ashraf Fayadh, artista pa-lestinese di 35 anni, il 17novembre è stato accusa-to di “apostasia” da una corte saudita econdannato a morte.

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di Monika Poznanska

«Quando all'inizio di maggio è arrivata lachiamata di Emergency sono rimasto un po’spiazzato. Stavo facendo il turno in ambu-lanza quindi non ho potuto rispondere, horichiamato appena ho finito il lavoro. Mi harisposto il responsabile del personale e miha proposto di partecipare a una missione.Però dovevo decidere in fretta. Così il 20maggio ero in un aereo diretto inRepubblica Centroafricana».Alexandru Cretu, di nazionalità rumena, èvenuto a vivere in Italia all'età di 15 anni, si èlaureato in infermieristica e in seguito halavorato prima alla Casa di Cura Villa Maria,poi al 118. Da maggio 2015 lavora conEmergency a Bangui, RepubblicaCentrafricana, dove coordina una clinicapediatrica che dispone di 13 posti letto eoffre assistenza di base e di emergenza aibambini fino a 14 anni. Di che cosa ti occupi all’interno della clini-ca?«In breve si può dire che mi occupo di logi-stica e di coordinamento del personale sani-tario, a partire dalla pianificazione dei turnidi lavoro, del monitoraggio di attività quoti-diane, fino ad arrivare alla verifica di unacorretta applicazione dei protocolli e dellaconoscenza delle linee guida stabilite daEmergency da parte del personale».Com’è stato il confronto con il personalelocale che coordini? «Abbiamo due modelli di vita completa-mente diversi anche a livello professionale.Quello occidentale basato sui tempi darispettare, stress, nervosismo, sempre dicorsa alla ricerca di qualcosa, mentre lorosono molto più rilassati, più lenti, sembranopiù distaccati da quello che fanno. Abbiamotanto da imparare da loro, ma anche lorohanno molto di imparare da noi. Ho notatoanche che il personale locale con il qualelavoro nonostante possegga buone compe-tenze infermieristiche, sanitarie, e conoscebene tutte le procedure, fa fatica a capire ilconcetto di sterilità. Lo confondono con ilconcetto di “pulito”, vedo una grande confu-sione tra questi due concetti nelle personeche hanno studiato, hanno fatto l’università.Allora mi viene da pensare che questa diffi-coltà non è tanto professionale quanto cul-turale».Quanti bambini riuscite a curare nellavostra clinica?«Abbiamo una media di 150 ricoveri e più di2mila consulenze ambulatoriali mensili. Aibambini meno gravi forniamo la terapia dasomministrare a domicilio e questo perché iposti in ospedale sono pochi e dobbiamodestinarli a chi ha veramente bisogno. Ciarrivano più o meno 4 bambini al giorno incondizioni critiche, trasferiti dagli altri ospe-dali gestiti da varie Ong perché abbiamostrumenti utilizzati in terapia intensiva chealtri ospedali non possiedono. Per esempioabbiamo possibilità di somministrare l’ossi-geno, abbiamo i farmaci d’emergenza per iltrattamento aggressivo delle malattie comemalaria, tubercolosi, meningite, tetano».Malaria, tubercolosi, sono queste le malat-tie più comuni tra i bimbi? «Sì, la malaria è molto comune, ma è la mal-

l’intervista

Con Emergency in Africa per curare i bambiniIntervista ad Alexandru Cretu, ravennate di origini rumene, infermiere nell’ospedale di Bangui

Città Meticcian. 56 ottobre 2016VI

nutrizione la malattia più diffusa in assolutotra i nostri pazienti. Abbiamo circa 100 bam-bini al mese che presentano i sintomi di unamalnutrizione severa acuta, altrettanti sof-frono di una malnutrizione cronica e ad altriduecento diagnostichiamo la malnutrizionemoderata. Spesso le condizioni di bimbi piùgravi affetti da questa malattia sono critiche.Non sono più in grado di nutrirsi, il lorosistema immunitario è compromesso a talpunto che ogni piccola infezione può esserefatale».Invece ti è capitato di avere a che fare con ipazienti curati con la medicina tradiziona-le africana?«Tanti portano i figli da uno stregone delpaese o li fanno curare dalla nonna che pre-para erbe da somministrare in vari modi.Non abbiamo ancora ben chiaro che tossi-cità producono nell’organismo di questibimbi, ma sicuramente complicano ulte-riormente il loro quadro clinico. Abbiamoosservato che in molto casi le erbe in que-stione provocano ai bambini ostruzioniintestinali molto gravi. Ovviamente nonabbiamo strumenti per contrastare queste

pratiche e non possiamo neanche compete-re con la tradizione. Loro si fidano di questecure. L’unica cosa che possiamo fare è farpassare il messaggio tramite le attività dieducazione alla prevenzione condotte dagliinfermieri locali che vanno dall’educazionesessuale, alla prevenzione della malaria,all’igiene».Un mondo completamente diverso daquello occidentale.«È un mondo dove il concetto della norma-lità è completamente ribaltato. Ho visto unbambino con il valore dell’emoglobina paria 1,3, praticamente incompatibile con lavita. Secondo i parametri occidentali quelbambino non poteva essere vivo. Invece loera! Era malato, ma vivo, ed è sopravvissuto!Alcuni bambini che arrivano da noi sono incondizioni tanto critiche che pensi che nonpossono guarire e invece a volte basta che glisomministri l’antibiotico e il loro migliora-mento è miracoloso».I vostri pazienti hanno bisogno di un assi-stenza continua…«È vero, un bimbo può migliorare veloce-mente come può peggiorare da un momen-

to all’altro. Non sempre si riesce a prevenireil peggio. La morte in questa realtà è moltopresente. A volte ci arrivano i bimbi in con-dizioni tanto critiche che non puoi più fareniente ed è straziante perché quel bambinopoteva essere salvato, se la madre lo avesseportato in ospedale il giorno prima. E allorati senti salire la rabbia, ma poi devi cercare dicalmarti e devi capire che non sei in Italia,che qui è un altro mondo. La sua mammaieri non poteva portarlo all'ospedale perchéabita a 15 km di distanza e non aveva soldiper pagare il taxi, perché doveva badare altri5 figli piccoli, perché non si è accorta che ilpiccolo stava così male. Solo quando sei solonella tua stanza non riesci più a trattenere ilpianto e ti fumi una sigaretta dietro l’altra.Poi cerchi di razionalizzare l’accaduto, tro-vare la distanza giusta e non pensarci più.Capita, ma sicuramente in questi ambienti ènecessario sviluppare meccanismi di difesaefficaci che ti proteggano emotivamente edeliminino il rischio di impazzire». Il concetto della morte è completamentediverso.«Per forza, quando vivi in un paese dove c’èla guerra le famiglie vivono con niente, amalapena riescono a sfamare i propri 6 o 7figli. Non riescono a pianificare o progettarela propria vita perché la realtà non lo pre-mette. Vivono alla giornata. E se un figlio siammala si vede che “Dio voleva così” e semuore è “la natura che ha voluto cosi”. È unconcetto incomprensibile per gli occidenta-li, noi dobbiamo salvare tutti, per noi devo-no vivere tutti, la morte ci fa paura. Oggi hoimparato che a volte di fronte alla mortebisogna rassegnarsi. Nel nostro repartoabbiamo una media di mortalità del 10 per-cento e questo vuol dire che perdiamo circa15 bambini al mese. Nel mondo occidentaleè un dato sconvolgente, assurdo, invece quifa parte dalla normalità. Per questi bimbiabbiamo fatto tutto quello che abbiamopotuto, ma purtroppo le loro condizionierano troppo gravi». Ci sono anche tutti i bimbi che avete curatoe guarito con successo...«Dal gennaio all’ottobre 2015 abbiamoseguito 23mila pazienti. Sono tutti i bambi-ni salvati. Questo è il senso del nostro lavo-ro. E quando capita di incontrare per unavisita di controllo uno di questi bimbi che èentrato in ospedale in stato comatoso, il cor-picino era già freddo e senza più il polso,oggi invece sta davanti a te sorridente epieno di vita, allora capisci con chiarezzaperché fai questo mestiere». Cosa ti porti a casa dall’esperienza conEmergency?«Sono diventato meno idealista e più prati-co. Ho capito che non bisogna perdersi introppe chiacchiere, ma bisogno agire, cerca-re soluzioni. Mi sono reso conto che a volteserve fare un passo indietro e rivalutare lepriorità, essere più sereni e più semplici. Micapita spesso di pensare alle persone che hoconosciuto in Centro Africa, al fatto che riu-scivano ad accontentarsi di quel poco cheavevano. Ricordo le loro risate forti e conta-giose. Loro cantavano, ridevano, ballavanocontinuamente, mentre cucinavano, puli-vano, stendevano i panni nonostante lapovertà, la guerra, la morte».

Il poeta eritreo Ama-nuel Asrat, caporedat-tore del giornale Ze-men (Il tempo), è nel-le carceri eritree dal23 settembre 2001,per motivi politici,senza aver subito pro-cesso.

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Città Meticcia VIIn. 56 ottobre 2016

Rumore di acque, più attuale che maiIn scena

di Marco Fucci

Alessandro Renda, attore del Teatro delleAlbe, guida della non-scuola e filmmaker,è in queste settimane impegnato in cittàcon due progetti artistici. Il 5 dicembre hapresentato al circolo Arci Dock 61, assie-me allo scrittore Tahar Lamri, il suo docu-mentario Mare Bianco, sull’esperienza delTeatro delle Albe a Mazara del Vallo nel2010. Mentre con lo spettacolo Rumore diAcque, scritto e diretto da MarcoMartinelli, è in scena fino al 22 gennaio aVulkano di San Bartolo e il 23 al TeatroBinario di Cotignola. Hai lavorato molto in giro per il mondo,con i progetti del Teatro delle Albe. Comesiete arrivati a Mazara del Vallo?«L’esperienza a Mazara del Vallo nasce,quasi per caso, da uno stimolo datoci daRavenna Festival, che in quella città avevaprecedentemente organizzato un concer-to delle Vie dell’Amicizia. All’epoca stava-mo ragionando sulla creazione di unospettacolo su Molière e la sua drammatur-gia (detto Molière), da presentare in moltecittà in modo sempre diverso, perchèricreato ogni volta con i cittadini dei luo-ghi che avremmo incontrato. Dopo la sug-gestione di Ravenna Festival, arrivati inSicilia, per iniziare a “respirare l’aria” del-l’isola, e cercare spunti per lo spettacolo,abbiamo creato un laboratorio della non-scuola. Questo ci ha portato a lavorare conuna sessantina di adolescenti, la maggiorparte dei quali di origine tunisina: Mazarainfatti è considerata “la città più arabad’Italia”, essendo la sua popolazio-ne, per il 10%, di origine tunisi-na».E così inizia il lavoro suMolière…«In realtà, vivendo lì,respirando quell’aria,immersi in quellesonorità e quellacommistione dilingue, osser-vando quelm a r e ,c o n

Marco Martinelli e Ermanna Montanariabbiamo abbandonato l’idea di unMolière a Mazara (lo spettacolo dettoMolière che ha debuttato a Mons in Belgio,ha poi avuto le tappe italiane a Ravenna eModena, ndr). E così, con quella sessanti-na di “piccoli satiri”, abbiamo iniziato agiocare, cantare, ballare e improvvisarecon loro su un dramma satiresco diSofocle, Cercatori di tracce… Intanto inquei mesi di fine 2009, leggevamo sui quo-tidiani le cronache migratorie delle traver-sate della disperazione verso Lampedusae l’Europa, che però ancora si limitavano abrevi lanci di agenzia o poco più, senza ilclamore delle prime pagine. Ci è nata lanecessità di pensare a uno spettacolo suquello che accade nel Mediterraneo e chenon si vuole vedere. Il teatro può e devedare spazio e profondità a storie taciutedalla grande informazione. Dietro ainumeri di morti e dispersi c’erano vite,volti, esperienze, uomini, donne, ragazzi,come me, bambini. Così, parallelamenteal laboratorio, io e Martinelli abbiamoanche iniziato a cercare chi quei viaggidella disperazione li aveva affrontati, neglianni precedenti. E abbiamo incontratoanche chi quella tragedia la viveva “dall’al-tra parte”, ossia i tanti pescatori che si tro-vavano in prima linea ad adoperarsi persoccorrere e salvare questi disperati inbalia del mare, andando spesso incontro agrossi rischi, non solo nel momento delsoccorso, ma anche una volta a terra. Le

leggi vigenti allora, infatti, li accusavano diesser complici o favoreggiatori dell’immi-grazione clandestina, contraddicendo lalegge fondamentale del mare, per la qualechi ha bisogno va aiutato, a prescindere datutto».Insomma, tanta carne al fuoco…«Sì, e così avvalendosi anche di altre fontigiornalistiche, come il lavoro di FabrizioGatti de L’Espresso, che il viaggio delladisperazione lo ha fatto in prima persona,o di Gabriele Del Grande, che col suoFortress Europe ci aggiornava costante-mente sullo stillicidio che avveniva nelMediterraneo, Marco Martinelli ha scritto,di getto, un testo poetico, un monologo,Rumore di Acque».Questo spettacolo ti vede in scena dasolo, per tutta la sua durata, nelle vesti diuno strano personaggio. Ce ne parli?«Il Generale, protagonista dello spettaco-lo, è un personaggio immaginario, ma peril quale ci siamo ispirati a Gheddafi, all’e-poca in auge. Pensavamo a lui per il ruoloche ricopriva, di spietato dittatore inpatria, ma ricevuto con tutti gli onori nellecapitali europee (anche a Roma…) e per ilcinico e spietato uso che faceva deimigranti, come “strumento” di contratta-zione con l’Occidente. In più, come scrittoda Marco nella prefazione del libro, vole-vamo dire che quel Gheddafi siamo anchenoi, nella nostra noncuranza, nei nostrisilenzi, nel nostro girarci dall’altra parte,nel nostro disinteresse per queste trage-die, che ci lasciano indifferenti, perchéquelli non sono i “nostri” morti».Non ci riguardano, non proviamo empa-tia…«Esattamente. Ci appaiono come mortilontane, che non ci riguardano. Con que-

sto atteggiamento, ci rendiamo compli-ci del massacro, un moderno

olocausto che dal 1988 a

Alessandro Renda delle Albe sullo spettacolo dedicato alle stragi di migranti

oggi conta più di 20000 morti, solo perstare vicino alle nostre coste…»Tutto questo lavoro arriva a compimentonel 2010.«Sì, nel 2010 debutta Rumore di Acque. Edavviene anche la rappresentazione dellospettacolo coi ragazzi di Mazara del Vallo,spettacolo che, partendo dai pochi fram-menti di Sofocle, uniti a tracce poetiche diautori arabi vissuti in Sicilia 1000 anni fa,mostra il senso di spaesamento di questiragazzi, che, vivendo in Italia e sentendoforte il legame con la Tunisia, si sentonoun po’ come con un piede su una spondaed uno sull’altra del Mediterraneo, comescrivevano, appunto, poeti arabi sicilianicome Al-Ballanūbī o Ibn Hamdis ormaidieci secoli fa».Dall’esperienza a Mazara nascono quindilo spettacolo con i ragazzi ed il monologoRumore di acque. A completamento,però, c’è anche Mare Bianco. Di cosa sitratta?«Da anni ormai uso la telecamera comeuna sorta di “taccuino degli appunti”, nelmio lavoro con le Albe, quindi anchedurante il laboratorio facevo delle riprese.In più, Mazara del Vallo mi dava tanti altrispunti. Quella è la terra dei miei genitorie dei miei nonni, ed io, figlio di unamigrazione, provavo diverse emozioni esensazioni, mentre lavoravo su altremigrazioni, altre storie, nel guardarequelle terre che furono fenice, poi greche,romane, arabe, normanne. Giravo aMazara, sui pescherecci, a Lampedusa.Mi sono ritrovato con 110 ore di materia-le girato ed una situazione che nel tempoera cambiata, con Lampedusa che eraarrivata sulle prime pagine dei giornali, leprimavere arabe che avevano cambiatola realtà che avevo ripreso. Ho quindideciso di raccontare solo due piccole sto-rie in questo film: due “viaggi”, da un latol’evolversi e la realizzazione del laborato-rio della non-scuola coi ragazzi, e, dall’al-tro, l’esperienza quotidiana a bordo di unpeschereccio della marineria di Mazara,con un equipaggio misto, italiani e tuni-sini nei giorni del Ramadan. Sullo sfondo,i colori e le sonorità che raccontanoquanto quel tratto di mare che separal’Europa dall’Africa è veramente vicino.Questo è Mare Bianco».Rumore di Acque è uno spettacolo del2010. Come mai lo riporti in scena ora?«In realtà, non è esattamente un ritornoin scena, perché lo spettacolo in questianni ha continuato ininterrottamente agirare in tournée, in tutta Italia e all’este-ro. Ha avuto diverse traduzioni, in ingle-se, francese, spagnolo, tedesco, rumeno,

e diverse mise-en-scène ed adatta-menti. Lo spettacolo che porterò inscena a gennaio sarà un po’ diversoda quello che avete visto nel 2010con le musiche dei fratelli Mancusodal vivo. Dopo l’allestimento che hofatto a ottobre a Milwaukee conTheatre Gigante (lo spettacolo eragià stato altre volte negli Usa daNew York a Chicago, ndr), abbia-mo voluto provare una versionepiù “performatica” con le sonorità

della fisarmonica di Guy Klucevsekincise negli States. Rumore di acque

ha purtroppo mantenuto e accresciutoil suo rapporto con la stretta e drammati-ca attualità, leggibile o “traducibile” adogni latitudine. Le storie di migrazione,sono le storie di tutti, sono la storia del-l’umanità».

Il 12 gennaio è stata arrestata inArabaia Saudita Samar Badawi, laex moglie dell'influente avvocatodei diritti umani Waleed al-KhairAbu, secondo gli attivisti accusatadi gestirne il suo account Twitterdopo essere stato imprigionatonel 2014.

Page 8: Giornale interculturale Italiani per cultura o per nascita · 2016-01-27 · Come si acquisisce la cittadinanza in al-tre parti del mondo? Tradizionalmente nei paesi anglosassoni,

di Anida Poljac

«Mi sembrava che ci fosse un codice segreto tra noi, questanostra lingua che ci metteva al riparo da tutta quella massadi gente che ci circondava».Ana è un’adolescente moldava come tante altre, finché lamadre non decide di trasferirsi in Italia a fare la badante.Allora Ana diviene la figlia di una badante moldava, tra-piantata in Italia, trovandosi così ad affrontare una serie diproblematiche sottese al nuovo contesto. La non conoscenza della lingua del Paese ospitante nascon-de molta altra polvere sotto al tappeto dell’appartenenzasociale. E La lingua di Ana ha il merito di sollevare il polve-rone della crisi d’identità, di quell’innaturale senso di estra-neità che subentra laddove si smette di appartenere, laddo-ve le parole non appartengono più. La storia della protago-nista si fa pretesto per raccontare di un percorso interiore eosservare come le parole vadano oltre le convenzioni lin-guistiche, facendosi portatrici di messaggi ulteriori, che siinsinuano tra le singole lettere divenendo veste delle emo-zioni più intime.È così che un “ti amo” nella lingua acquisita mantiene ilsignificato letterale, esaurendosi tra le singole lettere, men-tre un “ti amo” nella lingua materna incarna tutto il vissuto,il primo batticuore, l’inizio dell’adolescenza. È un vortice diricordi. È una parola che ti appartiene, che hai appiccicataaddosso. Ancor prima di essere concepita, si infila sotto lapelle, si fa strada dentro i ricordi della mente, passa tra lestrettoie dell’anima per poi affiorare in superficie e farsiveramente tua. Ci sono cose che accadono solo in quellalingua. E non è detto che si tratti della lingua che si com-prende meglio. È solo quella a cui si appartiene visceral-mente. È la lingua della nonna, che accarezzandoti sussur-ra calde parole. Nella condizione di Ana si rispecchia unamoltitudine di immigrati, di sradicati che vivono su inter-net, nella giungla di nessuno. C’è un mondo parallelo sem-pre più diffuso, una nazione che vive accanto a noi, fatta dinomadi linguistici per scelta o per condanna, di globalismirinchiusi nel virtuale.Poi c’è la metamorfosi e la nascita di una nuova identità,terza sia rispetto alla precedente Ana moldava, sia rispetto aquella della collettività che la circonda. A rappresentarequesto conflitto ci sono la lingua materna, ossia quella concui si è stati accuditi dalla madre, quella dei primi passi e lalingua acquisita, quella associata al lavoro della madre, alladisgregazione del nucleo familiare, alle difficoltà nellanuova classe. Questa fase viene affrontata con la reticenzaverso l’esterno e col dramma interiore. Il dramma o di esse-re entrambe le identità o di non esserne nessuna. Di nonesserci. C’è chi cresce non in una, non in due, ma anche intre lingue.Ana capisce di dover accantonare la lingua del cuore, didover sospendere una parte di sé per poter dare spazio allalingua più pratica e utile per farsi capire da chi la circondae finalmente integrarsi. Ma avverte l’incompletezza di que-sta comunicazione. Avverte le parole svuotate di una acce-zione più penetrante, maggiormente intima. È più che unaschizofrenia, sono vite parallele, segreti intraducibili, deci-sioni impossibili. Ci si può così ritrovare ad essere più preci-si e corretti in italiano, più sinceri ed emotivi in moldavo epiù poetici e brillanti in una altra lingua ancora e chissàcos’altro ancora in chissà quale altra lingua ancora. Con lin-guaggio semplice e crudo Elvira Mujcic districa la matassadell’appartenenza linguistica, la facciata meno nota delmulticulturalismo, il prezzo che molti migranti pagano nelsilenzio della propria intimità. Le sue frasi sono come unasequenza di fitte pennellate, brevi e saporite, che insiemerendono semplice la complessità della tematica.È come se la riflessione sulle sofferenze personali originatedalle barriere linguistiche regalasse al lettore uno slancionuovo, conferendogli per un attimo l’illusione di superioritàsulla piccolezza dei confini umani, nazionali, nazionalistici,xenofobi e campanilisti.

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Francesco BernabiniIn redazione: Paolo Fasano, Marco Fucci, Marinella

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il libro

La matassa linguistica del multiculturalismoNe La lingua di Ana, Elvira Mujcic racconta la condizione parallela e intima di tanti immigrati

Città Meticcian. 56 ottobre 2016VIII

In libreria

In arrivo il nuovo libro di Antonio Distefanoangolano di Ravenna

Dopo lo straordinario successo di “Fuori piove, dentro pure,passo a prenderti?” lo scrittore ravennate (e angolano)Antonio Dikele Distefano torna in libreria il 16 febbraio con ilsuo secondo romanzo, sempre per Mondadori: Prima o poi ciabbracceremo, sempre dedicato al tema del sentimento edell’amore e caratterizzato da quelle frasi brevi e quasiaforistiche che l’hannoreso tanto amato e chegli hanno valsol’etichetta di un novello“Fabio Volo”. Il suoprimo romanzo, uscitonel corso del 2015 perMondadori, dopo cheDistefano l’avevaautopubblicatoconquistando un’ampiafetta di pubblico esuscitando l’attenzioneappunto del maggioreeditore italiano è statoun vero best seller, sarà ilsoggetto di un film inlavorazione ed è statotradotto anche in Spagnae Grecia.

A settembre è stata confer-mata dalla Corte Supremadell'Arabia Saudita la con-danna a morte del 19enneAbdullah AL-Zaher, arrestatoquando aveva 15 anni peraver partecipato a delle pro-teste antigovernative.