geometria euclidea · 2016-01-22 · 2 geometria euclidea l’impostazione di euclide, in seguito...

75
1 Geometria euclidea 1.0 Scopi del capitolo Secondo Galileo Galilei l’universo è un libro scritto in lingua matematica e i caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche. Lo studio dei pianeti in astronomia, ad esempio, presenta forme geometriche ricon- ducibili a cerchi, sfere ed ellissi. Le celle degli alveari hanno tipicamente carattere esagonale e orono un esempio di simmetria che, in natura, è sinonimo di ordine e stabilità. L’importanza del linguaggio geometrico per capire il mondo reale era già nota nell’antico Egitto e poi in Grecia, dove, intorno al 300 a.C., Euclide, nei suoi celeberrimi Elementi, riassun- se il sapere matematico allora esistente ed elaborò una prima trattazione sistematica delle proprietà fondamentali delle figure geometriche. Gli Elementi di Euclide sono costituiti da tredici libri: i primi sei riguar- dano la geometria piana, dal settimo al nono vengono discusse alcune questioni aritmetiche, il decimo aronta questioni geometriche legate ai numeri irrazionali e negli ultimi tre viene trattata la geometria solida. In questo primo capitolo, considerata la notevole complessità e vastità dell’argomento, ci limiteremo a lavorare essenzialmente nel contesto del- la geometria piana; per completezza, nel §1.5 richiameremo però alcune importanti formule di geometria solida.

Upload: others

Post on 01-Mar-2020

39 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

1Geometria euclidea1.0 Scopi del capitolo

Secondo Galileo Galilei l’universo è un libro scritto in lingua matematicae i caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche. Lo studiodei pianeti in astronomia, ad esempio, presenta forme geometriche ricon-ducibili a cerchi, sfere ed ellissi. Le celle degli alveari hanno tipicamentecarattere esagonale e offrono un esempio di simmetria che, in natura, èsinonimo di ordine e stabilità. L’importanza del linguaggio geometricoper capire il mondo reale era già nota nell’antico Egitto e poi in Grecia,dove, intorno al 300 a.C., Euclide, nei suoi celeberrimi Elementi, riassun-se il sapere matematico allora esistente ed elaborò una prima trattazionesistematica delle proprietà fondamentali delle figure geometriche.Gli Elementi di Euclide sono costituiti da tredici libri: i primi sei riguar-dano la geometria piana, dal settimo al nono vengono discusse alcunequestioni aritmetiche, il decimo affronta questioni geometriche legate ainumeri irrazionali e negli ultimi tre viene trattata la geometria solida.In questo primo capitolo, considerata la notevole complessità e vastitàdell’argomento, ci limiteremo a lavorare essenzialmente nel contesto del-la geometria piana; per completezza, nel §1.5 richiameremo però alcuneimportanti formule di geometria solida.

2 Geometria euclidea

L’impostazione di Euclide, in seguito ripresa e formalizzata in senso mo-derno da molti illustri matematici, quali ad esempio D. Hilbert intornoal 1900, è basata sul cosiddetto metodo assiomatico-deduttivo, i cui pun-ti caratterizzanti possono, almeno a questo livello di trattazione, esseresintetizzati come segue:1. Si assumono alcuni cosiddetti concetti primitivi, cioè per i quali non sifornisce nessuna esplicita definizione (ad esempio: punto, retta, piano).2. Si assumono alcune proposizioni, dette assiomi o postulati1, che sidecide di accettare come vere senza ulteriori giustificazioni.3. Si definisce ogni nuovo oggetto della teoria mediante precise definizioni(ad esempio: un poligono si dice regolare quando ha tutti i lati e gli angolicongruenti). Si noti che, per poter dare questa definizione, bisogna primaaver fatto il (non immediato!) lavoro di definire i concetti di poligono,angolo, lato e congruenza.4. Mediante un insieme di ragionamenti logico-deduttivi, chiamati di-mostrazioni, si deducono (usando assiomi, concetti primitivi, eventualidefinizioni) altre proposizioni, dette teoremi (ad esempio: il Teorema diPitagora). Per ulteriori complementi sul concetto di dimostrazione, si ve-da anche il §2.4 del Capitolo 2.

Detto questo, è bene sottolineare da subito che i più naturali e importan-ti sviluppi di ogni teoria deduttiva sono, nella pratica reale, stimolati daragionamenti di tipo induttivo, cioè mirati ad evincere proprietà di carat-tere generale mediante l’osservazione di casi particolari (sinteticamente,diciamo dal particolare al generale). In questo ordine di idee, osservandola Figura 1.1 possiamo senz’altro congetturare che, fissati i due lati a, b

1I cinque postulati di Euclide:

I Tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta.

II Si può prolungare un segmento oltre i due estremi indefinitamente.

III Dato un punto e una lunghezza, è possibile descrivere un cerchio.

IV Tutti gli angoli retti sono uguali.

V Se una retta taglia altre due rette determinando dallo stesso lato angoli internila cui somma è minore di quella di due angoli retti, prolungando le due retteesse si incontreranno dalla parte dove la somma dei due angoli è minore di dueretti.

1.0 Scopi del capitolo 3

α

a

b

Figura 1.1 – Due lati e l’angolo tra essi compreso individuano un unico triangolo.

e l’angolo α, risulti individuato in modo univoco un triangolo. Guidatoda questa intuizione il matematico, attraverso il metodo logico-deduttivo,perviene a stabilire il seguente:

Teorema 1.1 (Primo criterio di congruenza per i triangoli). 2 Due trian-goli che hanno ordinatamente congruenti due lati e l’angolo tra essi com-preso sono congruenti.

Con queste premesse, possiamo ora passare ad una prima descrizione emotivazione dei contenuti di questo primo capitolo. Innanzitutto, ritenia-mo di importanza fondamentale il fatto che ogni studente di una Facoltàscientifica sia in grado di affrontare, in modo autonomo e matematica-mente corretto, naturali questioni relative a problemi di geometria eucli-dea classica. Questa capacità si forma normalmente attraverso gli studieffettuati nella scuola superiore, ma, in questa sede, ci proponiamo disvilupparla ulteriormente mediante l’esame critico e dettagliato di alcunespecifiche istanze, quali ad esempio l’analisi del legame tra angoli al cen-tro e angoli alla circonferenza, oppure la dimostrazione e le applicazioni dialcuni teoremi chiave (ad esempio, il Teorema di Pitagora o quello di Ta-lete). Infatti, un trattamento completo e rigoroso della geometria euclideaclassica sarebbe ovviamente sproporzionato rispetto agli scopi di un’operadi questo tipo (il lettore interessato ad approfondimenti potrà consulta-re le referenze indicate nel §1.7); invece, siamo convinti che rileggere e

2Gli altri due criteri di congruenza per i triangoli sono:

2◦ due triangoli sono congruenti se hanno congruenti un lato e i due angoli ad essoadiacenti;

3◦ due triangoli sono congruenti se hanno tutti i lati ordinatamente congruenti.

4 Geometria euclidea

lavorare su alcuni esempi sicuramente già noti, ma fondamentali, possaessere di grosso giovamento per intraprendere nel modo migliore questopercorso di avviamento alla matematica universitaria. Ribadiamo, infine,che questo capitolo è comunque scritto per un lettore che abbia già stu-diato in precedenza gli argomenti fondamentali della geometria euclideae quindi, all’occorrenza, sia in grado di completare la nostra esposizioneconsultando altri testi: in particolare, per ragioni di spazio, ma anche pernon appesantire troppo la presentazione, abbiamo deciso di non fornireuna definizione rigorosa di tutti i concetti che useremo. Ad esempio, dare-mo per scontato che il lettore sappia che cos’è un poligono ed abbia anchefamiliarità con concetti come la congruenza di segmenti, angoli o figuregeometriche.

Concludiamo questa introduzione con un commento di carattere più ge-nerale. Tradizionalmente, la geometria euclidea classica è considerata,insieme all’aritmetica elementare, il punto di partenza di tutto il saperematematico. Inoltre, ognuno di noi entra in contatto con essa fin dallescuole elementari e medie: questo ha contribuito a diffondere un atteg-giamento, estremamente superficiale, che porta a considerare questo ramodella matematica come elementare, o facile. Riteniamo opportuno metterein guardia il lettore, precisando che si tratta invece di temi molto profondie complessi. In particolare, anche se in questo capitolo forniremo solo unaguida introduttiva e semplificata all’argomento, non deve essere motivo discoraggiamento, per il lettore, constatare di incontrare qualche difficoltàa comprendere certi passaggi o concetti. Tutto ciò è infatti normale e, inogni caso, non pregiudica la comprensione dei capitoli successivi.

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circo-scritti

Per poter convenientemente trattare l’argomento che dà il titolo a questasezione è indispensabile richiamare dapprima alcune proprietà fondamen-tali degli angoli nei triangoli.Iniziamo descrivendo l’importante relazione che c’è tra un angolo esternoe gli angoli interni non adiacenti (si veda anche la Figura 1.2).

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 5

α

β

A

B C D

Figura 1.2 – !ACD è un angolo esterno del triangolo △ABC.

Teorema 1.2 (Teorema dell’angolo esterno). Ciascun angolo esterno diun triangolo è congruente alla somma degli angoli interni ad esso nonadiacenti.

Dimostrazione. Con riferimento alla Figura 1.2, dobbiamo dimostrare che

!ACD ∼= α + β , (1.1.1)

dove, qui ed in seguito, il simbolo ∼= esprime la relazione di congruenza.Tracciamo da C la retta parallela al lato AB, indicando con α′ e β ′ gliangoli in cui !ACD resta diviso da tale retta (si veda la Figura 1.3).

α

β

α′

β′

A

B C D

E

Figura 1.3 – CE è parallelo a AB.

Abbiamo che, per costruzione,

!ACD ∼= α′ + β ′ . (1.1.2)

6 Geometria euclidea

Poiα ∼= α′ , (1.1.3)

in quanto angoli alterni interni3 rispetto alle rette parallele individuate daAB e CE, tagliate dalla trasversale AC . Infine,

β ∼= β ′ , (1.1.4)

in quanto angoli corrispondenti rispetto alle rette parallele individuateda AB e CE, tagliate dalla trasversale BD. Ora la tesi (1.1.1) è unaconseguenza immediata di (1.1.2)–(1.1.4).

Dal precedente teorema deduciamo una fondamentale conseguenza relativaalla somma degli angoli interni di un triangolo.

Corollario 1.1. La somma delle ampiezze degli angoli interni di un trian-golo è pari all’ampiezza di un angolo piatto.

Introduciamo ora il concetto di circonferenza.

Definizione 1.1. Siano dati R > 0 e un punto O del piano. Si chiamacirconferenza di centro O e raggio R il luogo di punti del piano aventidistanza dal punto O pari a R.

Definizione 1.2. Si chiama corda di una circonferenza γ ogni segmentoche ha per estremi due qualsiasi punti di γ. Una corda passante per ilcentro è detta diametro.

Una prima domanda naturale da porsi è la seguente: quali condizioniindividuano una circonferenza?

Teorema 1.3. Siano A, B e C tre punti non allineati. Allora esisteun’unica circonferenza γ che li contiene.

Dimostrazione. Con riferimento alla Figura 1.4, tracciamo gli assi dei seg-menti AB e BC (ricordiamo che, per definizione, l’asse di un segmentoAB è il luogo di punti del piano equidistanti da A e B; esso coincide conla retta perpendicolare al segmento, passante per il suo punto medio).Dato che i tre punti A, B e C non sono allineati, gli assi dei due segmenti

3Si noti che la dimostrazione della proprietà degli angoli alterni interni fa uso inmodo esplicito del V postulato di Euclide.

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 7

non sono paralleli e quindi si incontrano in un punto che chiamiamo O.Osserviamo che:

OA ∼= OB

in quanto O appartiene all’asse del segmento AB. Analogamente,

OB ∼= OC .

Dalla transitività4 della relazione di congruenza segue che

OA ∼= OB ∼= OC .

Dunque O è equidistante da A, B e C, per cui la circonferenza di centroO e raggio pari alla lunghezza del segmento OA contiene i tre punti dati,come richiesto. L’unicità della circonferenza con questa proprietà seguedal fatto che O è l’unico punto equidistante da A, B e C.

O

A

BC

asse di AB

asse di BC

Figura 1.4 – Costruzione della circonferenza passante per tre punti non allineati.

Definizione 1.3. Si chiama angolo al centro ogni angolo che ha il verticecoincidente col centro della circonferenza.

4La relazione di congruenza è una relazione di equivalenza, cioè soddisfa le seguentiproprietà:a ∼= a riflessivase a ∼= b, allora b ∼= a simmetricase a ∼= b e b ∼= c, allora a ∼= c transitiva .

8 Geometria euclidea

Con riferimento alla Figura 1.5, si dice che l’angolo "AOB insiste sull’arco⌢AB (precisiamo che la nostra notazione è riferita alla circonferenza per-corsa in senso antiorario). Si dice anche che l’angolo "AOB, la corda AB

e l’arco⌢AB si corrispondono, ovvero sono elementi corrispondenti.

O

A

B

AB!AOB⌢AB

Figura 1.5 – L’angolo al centro !AOB insiste sull’arco⌢

AB.

Vale il seguente teorema, intuitivamente evidente, di cui omettiamo ladimostrazione:

Teorema 1.4. In una circonferenza, ad angoli al centro congruenti cor-rispondono corde e archi congruenti. Viceversa, a corde o ad archi con-gruenti corrispondono angoli al centro congruenti.

Definizione 1.4. Si chiama angolo alla circonferenza ogni angolo conves-so5 che ha il vertice sulla circonferenza e i due lati secanti la circonferenzastessa, oppure un lato secante e l’altro tangente (si veda la Figura 1.6).

L’intersezione tra un angolo alla circonferenza e la circonferenza è un arco.Si dice che l’angolo alla circonferenza insiste su tale arco o che tale angoloè sotteso dall’arco. Ad esempio, l’angolo alla circonferenza "AV B nella

Figura 1.6a insiste sull’arco⌢AB. Invece l’angolo "AV B nella Figura 1.6b

insiste sull’arco⌢AV .

5Un angolo si dice convesso quando, scelti due punti qualunque interni all’angolo,anche il segmento che li unisce è interno (in pratica, gli angoli convessi sono quelliinferiori o uguali a 180◦).

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 9

V

A B

(a)

V B

A

(b)

Figura 1.6 – Angoli alla circonferenza: (a) due lati secanti; (b) un lato secante el’altro tangente.

Definizione 1.5. Un angolo al centro e un angolo alla circonferenza sidicono corrispondenti quando insistono sullo stesso arco.

Osservazione 1.1. (i) Per ogni angolo alla circonferenza c’è un unicoangolo al centro corrispondente.

(ii) Per ogni angolo al centro, vi sono infiniti angoli alla circonferenzacorrispondenti.

Queste osservazioni sono visualizzabili nella Figura 1.7: l’angolo al centro"AOB corrisponde agli angoli alla circonferenza "AV B, !AV ′B, !AV ′′B, etc.

O

V V′′

V′

B

A

Figura 1.7 – Angoli alla circonferenza corrispondenti allo stesso angolo al centro.

10 Geometria euclidea

Teorema 1.5. Ogni angolo alla circonferenza è la metà del corrispondenteangolo al centro.

Dimostrazione. Con riferimento alla Figura 1.8, dobbiamo verificare che

"AV B ∼=1

2"AOB (1.1.5)

O

V

B

A

Figura 1.8 – Un angolo alla circonferenza ed il corrispondente angolo al centro.

La dimostrazione si effettua distinguendo tre casi.

Caso 1: O appartiene ad uno dei due lati dell’angolo alla circonferenza"AV B.A seconda che i lati siano entrambi secanti, oppure uno secante e unotangente, si possono presentare le due situazioni illustrate nella Figura 1.9.Consideriamo il primo caso (due lati secanti). Indichiamo con α l’ampiezzadegli angoli "AV B e "V AO, che sono uguali perché △AV O è un triangoloisoscele sulla base AV 6. Sia β l’ampiezza dell’angolo "AOB. Per il Teoremadell’angolo esterno (Teorema 1.2) possiamo concludere che

β = α + α = 2α ,

ovvero (1.1.5).

6Per verificare che in un triangolo isoscele △ABC gli angoli alla base AB sono

uguali si tracci la bisettrice di !ACB, la quale incontra AB in un punto H . Adesso,

applicando il primo criterio di congruenza ai triangoli !AHC e !BHC, si conclude che!CAH ∼= !CBH .

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 11

α

α

β

A

V

B

O

(a)

V A

B

O

(b)

Figura 1.9 – Caso 1 del Teorema 1.5.

Nel secondo caso (un lato secante e uno tangente) la tesi è immediata, inquanto l’angolo alla circonferenza è retto e quello al centro piatto.

Caso 2: O è interno all’angolo alla circonferenza "AV B.A seconda che i lati siano entrambi secanti, oppure uno secante e uno tan-gente, si possono presentare le due situazioni illustrate nella Figura 1.10.La dimostrazione può essere effettuata riconducendosi al Caso 1 sopra.Più precisamente, con riferimento alla Figura 1.10a, in base a quantodimostrato nel Caso 1 possiamo scrivere:

"AOC = 2α e !BOC = 2β .

Ma allora

"AV B = α + β e "AOB = 2α + 2β = 2(α + β) ,

da cui (1.1.5) segue.Nel caso in cui un lato sia secante e uno tangente la (1.1.5) si evince im-mediatamente osservando la Figura 1.10b (si noti però che, in questo caso,la tesi è: "AV B ∼= 1

2!BOV ).

12 Geometria euclidea

βα

2βO

A

V

C

B

(a)

α

V

O

A

C

B

(b)

Figura 1.10 – Caso 2 del Teorema 1.5.

Caso 3: O è esterno all’angolo alla circonferenza "AV B.A seconda che i lati siano entrambi secanti, oppure uno secante e uno tan-gente, si possono presentare le due situazioni illustrate nella Figura 1.11.

βα

2α 2β

O

A

V

C

B

(a)

α

V

O

A

C

B

(b)

Figura 1.11 – Caso 3 del Teorema 1.5.

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 13

La dimostrazione è simile a quella del Caso 2, con la seguente variazione:con riferimento alla Figura 1.11a abbiamo

"AV B = α− β e "AOB = 2α− 2β = 2(α− β) ,

da cui la (1.1.5) ancora segue. Il Caso 3(b) è analogo al Caso 2(b).

Dal teorema precedente discendono immediatamente due importanti con-seguenze:

Corollario 1.2. Tutti gli angoli alla circonferenza che insistono sullo stes-so arco (o su archi congruenti) sono congruenti tra loro (si riveda ancorala Figura 1.7).

Corollario 1.3. Ogni angolo alla circonferenza che insiste su una semi-circonferenza è retto (si veda la Figura 1.12).

O

V

BA

Figura 1.12 – Angolo alla circonferenza che insiste su una semi-circonferenza.

Come applicazione del Corollario 1.3 possiamo costruire, con riga e com-passo, le due rette tangenti ad una circonferenza e passanti per un puntoesterno P dato. Per prima cosa, costruiamo il punto medio M comeindicato nella Figura 1.13a .Poi, tracciamo la circonferenza con centro M passante per O e P , e chia-miamo A e B le sue intersezioni con la circonferenza originaria, come inFigura 1.13b. Infine, tracciamo le rette individuate da PA e PB, come inFigura 1.13c. Queste due rette sono tangenti alla circonferenza di parten-za, in quanto gli angoli "OAP e !OBP sono retti grazie al Corollario 1.3.

14 Geometria euclidea

O

M

P

(a)

A

B

O

M

P

(b)

A

B

O

M

P

(c)

Figura 1.13 – Costruzione delle due tangenti passanti per un punto esterno.In (a) l’asse del segmento OP passa per i punti di intersezionedi due circonferenze aventi lo stesso raggio, centrate in O e Prispettivamente.

Dopo questo lavoro preliminare su triangoli e circonferenze possiamo in-trodurre il concetto di poligono circoscritto o inscritto rispetto ad unacirconferenza.

Definizione 1.6. Un poligono si dice inscritto in una circonferenza se tuttii suoi vertici appartengono alla circonferenza. In tal caso la circonferenzasi dice circoscritta al poligono.

Definizione 1.7. Un poligono si dice circoscritto ad una circonferenza setutti i suoi lati sono tangenti alla circonferenza. In tal caso la circonferenzasi dice inscritta nel poligono.

Nella Figura 1.14a vediamo un pentagono inscritto in una circonferenza.Nella Figura 1.14b abbiamo invece un quadrilatero circoscritto ad unacirconferenza.Una prima domanda che viene spontaneo porsi è la seguente: dato unpoligono, sotto quali condizioni è possibile determinare una circonferenzainscritta, o circoscritta, rispetto al poligono?Le Figure 1.15a e 1.15b mostrano che la risposta al quesito precedente nonsempre è affermativa. Possiamo però ragionare nel modo seguente: se unpoligono è inscritto in una circonferenza, i suoi lati sono corde di questacirconferenza, per cui gli assi del segmento dei suoi lati passano tutti perun unico punto, cioè il centro della circonferenza. Viceversa, se gli assi dei

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 15

A

BC

D

E

(a)

A D

B

C

(b)

Figura 1.14 – (a) Pentagono inscritto. (b) Quadrilatero circoscritto.

A

B

C

D

(a)

A D

B C

(b)

Figura 1.15 – (a) Quadrilatero non inscrivibile. (b) Quadrilatero noncircoscrivibile.

lati di un poligono hanno un punto in comune, esso risulta equidistantedai vertici del poligono. Quindi la circonferenza, che ha centro in questopunto e passa per uno dei vertici del poligono, necessariamente contieneanche tutti gli altri vertici, risultando così circoscritta al poligono (si vedala Figura 1.16).Riassumendo, possiamo enunciare il seguente teorema.

Teorema 1.6 (Condizione di inscrivibilità). Un poligono è inscrivibile inuna circonferenza se e solo se gli assi dei suoi lati si incontrano in uno

16 Geometria euclidea

A

BC

D

E

O

Figura 1.16 – Pentagono (non regolare) inscrivibile.

stesso punto (che è il centro della circonferenza circoscritta).

Se un poligono è circoscritto ad una circonferenza, ogni coppia di laticonsecutivi costituisce la coppia di segmenti di tangente condotti alla cir-conferenza dal loro punto di intersezione, quindi le bisettrici degli angolipassano tutte nello stesso punto, il centro della circonferenza inscritta.Viceversa, se le bisettrici degli angoli di un poligono hanno un punto incomune, esso risulta equidistante dai lati del poligono, per cui la circonfe-renza che ha centro in questo punto e raggio pari a tale distanza è inscrittanel poligono (si veda la Figura 1.17).

A D

B

C

O

Figura 1.17 – Quadrilatero circoscrivibile.

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 17

Tutto ciò può essere riassunto nel seguente teorema.

Teorema 1.7 (Condizione di circoscrivibilità). Un poligono è circoscrivi-bile ad una circonferenza se e solo le bisettrici dei suoi angoli si incontranoin uno stesso punto (che è il centro della circonferenza inscritta).

Come già accennato nell’introduzione, abbiamo la seguente definizione.

Definizione 1.8. Un poligono si dice regolare quando ha tutti i lati etutti gli angoli congruenti, ossia quando è equilatero ed equiangolo.

Nelle Figure 1.18 sono illustrati alcuni primi esempi di poligoni regolari:il lettore può constatare che, in ognuno dei quattro casi rappresentati,effettivamente gli assi dei lati e le bisettrici degli angoli hanno un puntoin comune. Infatti, per i poligoni regolari, vale il seguente teorema cheenunciamo senza dimostrazione.

(a) (b) (c) (d)

Figura 1.18 – Esempi di poligoni regolari: (a) triangolo equilatero, (b) quadrato,(c) pentagono regolare, (d) esagono regolare.

Teorema 1.8. Un poligono regolare è sia inscrivibile sia circoscrivibile aduna circonferenza, ed il centro della circonferenza inscritta coincide conquello della circonferenza circoscritta.

Il centro della circonferenza circoscritta (o della circonferenza inscritta)ad un poligono regolare è detto centro del poligono. Il raggio della circon-ferenza circoscritta si dice raggio del poligono; il raggio della circonferenzainscritta si chiama invece apotema del poligono (si veda la Figura 1.19).Un’altra importante classe di poligoni, per i quali esistono sempre sia lacirconferenza inscritta sia quella circoscritta, è costituita dai triangoli. Sipuò affermare ciò in base al seguente classico teorema, che ci limitiamo adenunciare.

18 Geometria euclidea

ar

O

Figura 1.19 – Apotema, centro e raggio di un poligono regolare.

Teorema 1.9 (Punti notevoli di un triangolo). In un triangolo:

(i) gli assi dei lati si incontrano in uno stesso punto, detto circocentro(Figura 1.20a);

(ii) le bisettrici degli angoli si incontrano in uno stesso punto, dettoincentro (Figura 1.20b);

(iii) le mediane si incontrano in uno stesso punto, detto baricentro (Fi-gura 1.21a);

(iv) le rette che contengono le altezze dei lati si incontrano in uno stessopunto, detto ortocentro (Figura 1.21b).

È importante fare alcuni commenti al teorema precedente.1. L’esistenza della circonferenza circoscritta per ogni triangolo segue dalpunto (i) e dal Teorema 1.6. Il punto che hanno in comune gli assi deilati di un triangolo si chiama circocentro proprio perché è il centro dellacirconferenza circoscritta al triangolo.2. L’esistenza della circonferenza inscritta per ogni triangolo segue dalpunto (ii) e dal Teorema 1.7. Il punto che hanno in comune le bisettricidegli angoli di un triangolo si chiama incentro proprio perché è il centrodella circonferenza inscritta al triangolo.3. In generale, circocentro, incentro, ortocentro e baricentro non coinci-dono tra loro. In particolare, il centro della circonferenza inscritta nonnecessariamente coincide con quello della circonferenza circoscritta.4. L’incentro e il baricentro sono sempre interni al triangolo, perché talisono bisettrici e mediane. Invece, il circocentro e l’ortocentro possono

1.1 Circonferenza e poligoni inscritti o circoscritti 19

A

B

C

(a)

A

B

C

(b)

Figura 1.20 – (a) Circocentro. (b) Incentro.

A

B

C

(a)

A

B

C

(b)

Figura 1.21 – (a) Baricentro. (b) Ortocentro.

cadere sia internamente al triangolo, sia esternamente, sia sui lati stessidel triangolo. Ad esempio, nella Figura 1.22b vediamo che il circocentro Osi trova sul lato AB: necessariamente, O risulta essere il punto medio dellato AB e tale lato è un diametro della circonferenza circoscritta; inoltre,l’altezza rispetto al lato AB deve essere congruente alla metà di AB stesso.Nella Figura 1.22a l’ortocentro O è esterno al triangolo.5. Il baricentro gode anche della seguente sorprendente proprietà, cheenunciamo senza dimostrazione nel seguente teorema.

Teorema 1.10. Il baricentro divide ciascuna mediana in due parti, di cuiquella che contiene il vertice è doppia dell’altra.

20 Geometria euclidea

O

A

B C

(a)

A B

C

O

(b)

Figura 1.22 – (a) Ortocentro esterno. (b) Circocentro su un lato.

1.2 Il Teorema di Pitagora

Il Teorema di Pitagora è da molti considerato come il primo grande teo-rema della matematica: la sua dimostrazione, dovuta appunto a Pitagorao a qualche allievo della sua scuola, risale al VI secolo a.C., ma pare chel’enunciato del teorema fosse già noto ai Babilonesi intorno al 1600 a.C.Per inquadrare questo teorema in un contesto opportuno, premettiamoalcune considerazioni sul concetto di area.L’area A di un rettangolo, notoriamente, è data dalla formula

A = base× altezza ,

sulla quale vale la pena di riflettere un attimo con riferimento alla Figu-ra 1.23. In particolare, supponendo che l’unità di misura delle lunghezzesia, ad esempio, il centimetro, diventa evidente il significato di esprimereA in centimetri al quadrato.Da un punto di vista operativo, diventa importante ragionare sul concet-to di figure equivalenti, dove per equivalenti intendiamo aventi la stessaarea. Un primo risultato elementare, ma fondamentale, è l’equivalenza traun qualunque triangolo ed un opportuno rettangolo: più precisamente,abbiamo il seguente teorema.

1.2 Il Teorema di Pitagora 21

Figura 1.23 – Rettangolo con base e altezza misurate in centimetri.

Teorema 1.11. Ogni triangolo è equivalente ad un rettangolo avente perbase un lato qualunque del triangolo, e per altezza la metà dell’altezzarelativa a quel lato.

Dimostrazione. Dato un triangolo △ABC come in Figura 1.24, tracciamol’altezza CH relativa ad AB, indicando con M il suo punto medio. Poicostruiamo le proiezioni A′ e B′ di A e B sulla retta parallela ad AB e pas-sante per M . Dobbiamo dimostrare che il triangolo △ABC è equivalenteal rettangolo ABB′A′. Sempre riferendoci alla Figura 1.24, analizziamo idue triangoli rettangoli △AA′D e △DMC: abbiamo

AA′ ∼= CM ,

in quanto questi due segmenti sono congruenti alla metà di CH. Inoltre,

!A′DA ∼= !CDM ,

in quanto opposti al vertice. Quindi, applicando il Corollario 1.1, con-cludiamo che anche !A′AD e !DCM sono congruenti. Riassumendo, i duetriangoli rettangoli △AA′D e △DMC hanno uguali gli angoli e un la-to, e pertanto, per il secondo criterio di congruenza per i triangoli, sonocongruenti. In modo analogo, si verifica che anche i 2 triangoli rettan-goli △CME e △EB′B sono congruenti, dalla qual cosa la tesi discendefacilmente.

Ora possiamo senz’altro passare all’illustrazione del Teorema di Pitagora.

Teorema 1.12 (Teorema di Pitagora). L’area del quadrato costruito sul-l’ipotenusa di un triangolo rettangolo coincide con la somma delle aree deiquadrati costruiti sui cateti.

22 Geometria euclidea

A B

C

H

M

A′ D E B′

Figura 1.24 – Equivalenza tra un triangolo ed un opportuno rettangolo.

Dimostrazione. Rappresentiamo il Teorema mediante la Figura 1.25, incui △ABC è un triangolo rettangolo, Qa e Qb sono i quadrati costruiti suicateti, mentre Q è il quadrato costruito sull’ipotenusa.

A B

C

b

a

Qb

Qa

Q

Figura 1.25 – Teorema di Pitagora: Area(Q) = Area(Qa) + Area(Qb).

Per dimostrare il teorema costruiamo il quadrato di lato a+ b e lo scom-poniamo in due modi diversi, cioè come indicato rispettivamente nelleFigure 1.26a e 1.26b.Gli otto triangoli rettangoli 1–8 nelle Figure 1.26a e 1.26b sono tutti equi-valenti perché, per costruzione, hanno i 2 lati a, b, e l’angolo (retto) traessi compreso congruenti: quindi sono congruenti per il Teorema 1.1. Inol-tre, il quadrilatero equilatero Q è effettivamente un quadrato, in quantoi suoi quattro angoli risultano retti per il Corollario 1.1. A questo puntoil lettore dovrebbe riconoscere che la conclusione della dimostrazione èimmediata.

1.2 Il Teorema di Pitagora 23

b

a

a

b

a

b

b a

Q

1 2

34

(a)

a

a

b

b

a

b

a b

Qb

Qa

5

6

7

8

(b)

Figura 1.26 – 1–8 sono tutti triangoli rettangoli equivalenti.

Vediamo adesso alcune applicazioni del Teorema di Pitagora.

◃ Esercizio 1.1. Due torri, alte rispettivamente 30 e 40 metri, distanofra loro 50 metri. Tra le due torri si trova una fontana, verso la qualediscendono contemporaneamente due uccelli, uno da ogni torre, alla stessavelocità. Sapendo che i due uccelli raggiungono la fontana nello stessomomento, determinare la distanza della fontana dalle due torri.

A BF

P

Q

40m

etri

30m

etri

x

50 metri

Figura 1.27 – Problema della fontana e delle torri.

24 Geometria euclidea

Soluzione. Il problema può essere schematizzato come nella Figura 1.27, in cuiAP e QB rappresentano le due torri, mentre F indica la posizione (non nota)della fontana. Inoltre, indichiamo con x la distanza di F dalla torre AP , per cuila distanza di F dalla torre QB risulta essere pari a (50 − x). Visto che i dueuccelli si muovono alla stessa velocità, la condizione da imporre per determinarela posizione di F è

PF ∼= QF . (1.2.1)

Ora, applicando il Teorema di Pitagora ai triangoli rettangoli △PAF e △QBF ,deduciamo che la (1.2.1) equivale a

x2 + 302 =√

(50− x)2 + 402 . (1.2.2)

Elevando al quadrato si trova

x2 + 302 = 502 + x2 − 100x+ 402 ,

da cui

x =50 · 50 + 40 · 40− 30 · 30

10 · 10 = 5 · 5 + 4 · 4− 3 · 3 = 25 + 16− 9 = 32 .

Il centro della fontana dista 32 metri dalla torre AP e 18 metri dall’altra. ▹

◃ Esercizio 1.2. Consideriamo la Figura 1.28. Assumendo che la lun-ghezza di AO sia pari a r, esprimere la lunghezza del raggio della circon-ferenza con centro in O3 in funzione di r.

A BO1 O O2

O3

r/2

x

r

Figura 1.28 – Illustrazione relativa all’Esercizio 1.2.

Soluzione. Per prima cosa impostiamo il problema come in Figura 1.28, dovex è il raggio incognito che dobbiamo determinare. Ora possiamo applicare ilTeorema di Pitagora al triangolo rettangolo △O1OO3, ottenendo

(r

2

)2+ (r − x)2 =

(r

2+ x)2

. (1.2.3)

1.3 Teorema di Talete e concetto di similitudine 25

Sviluppando i calcoli in (1.2.3), si trova

r2 − 3xr = r(r − 3x) = 0

la cui unica soluzione èx =

r

3,

che è accettabile in quanto compresa tra 0 e r/2.▹

1.3 Teorema di Talete e concetto di similitu-dine

Ingrandire o rimpicciolire oggetti, mantenendo inalterate le proporzioni, èalla base di molte attività diversissime fra loro. Gli architetti si servonospesso di un plastico per riprodurre un modello in scala di un progetto.I biologi utilizzano ingrandimenti per esplorare le cellule o per studiaregli insetti. In questa sezione vedremo come formalizzare, da un puntodi vista matematico e geometrico, queste idee di cui abbiamo dato unaprima descrizione: in particolare, arriveremo al concetto di figure simili,cioè, a parole, figure aventi la stessa forma, anche se non necessariamentecongruenti.Il punto di partenza è il Teorema di Talete, sicuramente uno dei piùimportanti della geometria euclidea piana.

Teorema 1.13 (Teorema di Talete). Dato un fascio di rette paralleletagliate da due trasversali, il rapporto tra le misure di due segmenti AB eCD, individuati dal fascio su una trasversale, è uguale al rapporto tra lemisure dei loro corrispondenti A′B′ e C ′D′ sull’altra trasversale.

Omettiamo la dimostrazione di questo teorema, ma riteniamo che sia mol-to importante per il lettore capirne pienamente il significato osservandola Figura 1.29. In particolare, identificando i segmenti con la loro misu-ra, possiamo scrivere che la conclusione del Teorema di Talete può essereespressa mediante l’uguaglianza dei due seguenti rapporti:

AB

CD=

A′B′

C ′D′. (1.3.1)

26 Geometria euclidea

A A′

B B′

C C′

D D′

a

b

c

d

r r′

Figura 1.29 – Fascio di rette parallele tagliate da due trasversali.

Per uso futuro, è anche utile notare che la precedente equazione è equiva-lente alla seguente proporzione:

AB : CD = A′B′ : C ′D′ . (1.3.2)

Ora possiamo introdurre il concetto di similitudine tra triangoli.

Definizione 1.9. Diremo che due triangoli sono simili se:

(a) hanno gli angoli ordinatamente congruenti;

(b) il rapporto tra le misure dei lati opposti ad angoli congruenti ècostante.

A B

C

A′ B′

C′

Figura 1.30 – Due triangoli simili.

1.3 Teorema di Talete e concetto di similitudine 27

Con riferimento alla Figura 1.30, la definizione di similitudine fra triangoliequivale alle condizioni:

A ∼= A′ , B ∼= B′ , C ∼= C ′ eA′B′

AB=

B′C ′

BC=

A′C ′

AC. (1.3.3)

Il numero reale

k =A′B′

AB(1.3.4)

in (1.3.3) viene chiamato rapporto di similitudine: in particolare, se k = 1,i due triangoli sono congruenti; se k < 1 il triangolo △A′B′C ′ risulta piùpiccolo rispetto a △ABC; infine, se k > 1, il triangolo △A′B′C ′ è allorapiù grande rispetto a △ABC.Per indicare che due triangoli sono simili useremo la scrittura seguente:

△ABC ∼ △A′B′C ′ .

Nelle applicazioni risultano molto utili i seguenti cosiddetti criteri di si-militudine, per la cui dimostrazione lo strumento principale è il Teo-rema di Talete. Per illustrare meglio questa affermazione forniremo ladimostrazione del primo criterio.

Teorema 1.14 (Primo criterio di similitudine). Se due triangoli hannodue angoli ordinatamente congruenti, allora sono simili.

Dimostrazione. Con riferimento alla Figura 1.31, l’ipotesi è:

A ∼= A′ e B ∼= B′ ,

mentre la tesi è △ABC ∼ △A′B′C ′. Osserviamo preliminarmente che,dalle ipotesi e dal Corollario 1.1, si ricava immediatamente che

C ∼= C ′ .

Sovrapponiamo i due triangoli in modo che abbiano un vertice in comune,diciamo A = A′, e i lati a coppie paralleli, come illustrato mediante laFigura 1.32: grazie al Teorema di Talete deduciamo che

AB : AC = A′B′ : A′C ′ .

28 Geometria euclidea

A B

C

A′ B′

C′

Figura 1.31 – Due triangoli simili.

In modo simile (il lettore verifichi come esercizio questa affermazione) laprecedente proporzione può essere completata arrivando a

AB : AC = A′B′ : A′C ′ = BC : B′C ′ .

In conclusione, abbiamo così ottenuto tutte le condizioni richieste dallaDefinizione 1.9, per cui la dimostrazione è completa.

A=A′ B

C

B′

C′

Figura 1.32 – Dimostrazione del primo criterio di similitudine.

Teorema 1.15 (Secondo criterio di similitudine). Se due triangoli hannodue lati proporzionali e l’angolo compreso congruente, allora sono simili.

Teorema 1.16 (Terzo criterio di similitudine). Se due triangoli hanno ilati proporzionali, allora sono simili.

Come prima importante conseguenza dei precedenti criteri possiamo illu-strare due risultati molto utili, noti col nome di Teoremi di Euclide.

1.3 Teorema di Talete e concetto di similitudine 29

Teorema 1.17 (Primo Teorema di Euclide). In un triangolo rettangolociascun cateto è medio proporzionale tra l’ipotenusa e la sua proiezionesull’ipotenusa.

Dimostrazione. Con riferimento alla Figura 1.33, dobbiamo dimostrare leseguenti proporzioni:

BC : AB = AB : BH (1.3.5)

BC : AC = AC : HC . (1.3.6)

A tal fine, possiamo osservare che, come conseguenza del primo criteriodi similitudine (Teorema 1.14) i due triangoli △BAC e △BHA sono si-mili, da cui la (1.3.5) segue immediatamente. In modo analogo, dallasimilitudine di △BAC e △AHC si ricava la (1.3.6).

H

A

CB

Figura 1.33 – AH è l’altezza relativa all’ipotenusa in un triangolo rettangolo.

Teorema 1.18 (Secondo Teorema di Euclide). In un triangolo rettangolol’altezza relativa all’ipotenusa è media proporzionale tra le proiezioni deicateti sull’ipotenusa.

Dimostrazione. Sempre con riferimento alla Figura 1.33, dobbiamo pro-vare la seguente proporzione:

HC : AH = AH : BH .

La dimostrazione è molto simile a quella del teorema precedente, per cuii dettagli vengono lasciati al lettore come esercizio.

30 Geometria euclidea

A beneficio del lettore riassumiamo, attraverso la Figura 1.34, le principalirelazioni metriche fra gli elementi di un triangolo rettangolo:

(i) a2 + b2 = c2 (Teorema di Pitagora);(ii) a2 = p1 c e b2 = p2 c (Primo Teorema di Euclide);(iii) h2 = p1 p2 (Secondo Teorema di Euclide).

H

A

CB

a b

p1 p2c

h

Figura 1.34 – Elementi fondamentali di un triangolo rettangolo.

Passiamo ora ad alcune applicazioni di questi concetti.

◃ Esercizio 1.3 (Teorema delle secanti). Dimostrare la seguente affer-mazione: se da un punto esterno ad una circonferenza si conducono duesemirette secanti e si considerano i quattro segmenti che hanno un estremonel punto esterno e l’altro nei punti di intersezione delle secanti con la cir-conferenza, il prodotto delle misure dei due segmenti appartenenti a unasecante è uguale al prodotto delle misure dei due segmenti appartenentiall’altra secante.

Soluzione. Come primo passo, il lettore è invitato a costruire una rappre-sentazione grafica del contenuto di questo esercizio; il risultato da ottenere èillustrato nella Figura 1.35, attraverso la quale bisogna riconoscere che la tesida verificare è semplicemente:

PA · PB = PC · PD .

Ora, verifichiamo che i due triangoli △APD e △BPC sono simili: infatti,!ABC e !ADC sono congruenti in quanto angoli alla circonferenza che insistono

1.3 Teorema di Talete e concetto di similitudine 31

sullo stesso arco; poi, l’angolo "APC è comune, quindi la nostra affermazione èun’immediata conseguenza del primo criterio di similitudine. Ne deduciamo che

PD : PB = PA : PC ,

da cui la tesi è immediata.▹

P

A

C

B

D

Figura 1.35 – Illustrazione dell’Esercizio 1.3.

◃ Esercizio 1.4 (Teorema della secante e della tangente). Dimostrarela seguente affermazione: se da un punto esterno ad una circonferenza sitracciano una semiretta tangente ed una secante, il prodotto delle misuredei due segmenti che hanno un estremo nel punto esterno e l’altro nei puntidi intersezione della secante con la circonferenza è uguale al quadrato dellamisura del segmento di tangenza.

Soluzione. Come per l’esercizio precedente, per prima cosa costruiamo un’ap-propriata rappresentazione grafica (si veda la Figura 1.36). Ora, la tesi daverificare è:

PT2= PA · PB .

Dato che i ragionamenti richiesti sono analoghi a quelli dell’esercizio precedente,il lettore è invitato a completare autonomamente la dimostrazione, verificando,in particolare, la similitudine tra i due triangoli △APT e △TPB. (Suggerimen-to: osservare che "ATP e "TBA sono congruenti, in quanto entrambi sono angoli

alla circonferenza che insistono sull’arco⌢AT ).

Secondo i resoconti di Plutarco, Talete sbalordì i sapienti sacerdoti egizianiper il modo in cui riuscì a determinare l’altezza della piramide di Cheope

32 Geometria euclidea

PA

T

B

Figura 1.36 – Illustrazione dell’Esercizio 1.4.

mediante l’uso di un semplice bastone e la valutazione delle ombre (datidi facile misurazione): questa applicazione del concetto di similitudine ècontenuta nell’esercizio seguente.

◃ Esercizio 1.5. Si osservi la Figura 1.37: dedurre l’altezza della pira-mide attraverso un uso opportuno del concetto di similitudine.

240 m

6.2 m

10 m

Figura 1.37 – Illustrazione dell’Esercizio 1.5: la piramide di Cheope ed il bastonedi Talete.

Soluzione. Il problema può essere schematizzato attraverso la rappresentazionedi una sezione della piramide, come in Figura 1.38. In questa figura, le rettecontenenti CF e EG rappresentano raggi del sole, mentre EF rappresenta ilbastone. Data la lontananza del sole, si può supporre che i raggi siano parallelie quindi che CF sia parallelo a EG. Sempre con riferimento alla Figura 1.38, ilproblema di partenza diventa quindi equivalente al seguente: note le misure diHF , EF e FG, determinare la lunghezza di CH.Osserviamo che i due triangoli rettangoli △CHF e △EFG sono simili grazie alprimo criterio, in quanto

!CFH ∼= !EGF

1.4 Esercizi di riepilogo 33

perché corrispondenti rispetto a due rette parallele tagliate dalla trasversale AG.Ne segue la validità della seguente proporzione:

CH : EF = HF : FG ,

da cui, usando i dati

HF = 240m. EF = 6, 2m. FG = 10m. ,

è facile ricavare che l’altezza CH misura circa 148,8 m.▹

HA B

C

F

E

G

Figura 1.38 – Sezione della piramide di Cheope.

1.4 Esercizi di riepilogo

◃ Esercizio 1.6. In un triangolo △ABC si consideri un punto D su ACtale che AB = AD. Mostrare che 2!CBD ∼= "ABC − "ACB.

Soluzione. Riferendoci alla Figura 1.39a, si ha !CBD ∼= !ABC−!ABD. EssendoAB = AD segue che !ABD ∼= !ADB. Quindi

!CBD ∼= !ABC − !ADB . (1.4.1)

Inoltre, !ADB è un angolo esterno al triangolo △BCD, da cui segue, per ilTeorema 1.2,

!ADB ∼= !CBD +!ACB . (1.4.2)

Sostituendo (1.4.2) in (1.4.1) si trova !CBD ∼= !ABC−!CBD−!ACB , da cui latesi. ▹

34 Geometria euclidea

C

A

B

D

(a)

C

A

B

D

L M

(b)

Figura 1.39 – (a) Illustrazione dell’Esercizio 1.6. (b) Illustrazione dell’Eserci-zio 1.7.

◃ Esercizio 1.7. Sia △ABC un triangolo con AB > AC . La bisettricedell’angolo "ABC e la bisettrice dell’angolo esterno in C si incontrano in unpunto D. Siano L e M i punti di intersezione della retta per D parallelaa CB con AC e AB rispettivamente. Mostrare che LM = MB − LC .

Soluzione. La rappresentazione del problema è illustrata in Figura 1.39b.Per costruzione si ha !ABD ∼= !DBC. Inoltre, !DBC ∼= !BDM essendo angolialterni interni rispetto alle rette parallele individuate da CB e DM tagliatedalla trasversale DB. Per la transitività della relazione di congruenza !ABD ∼=!BDM , da cui △DMB è un triangolo isoscele. Segue che

DM = MB . (1.4.3)

In modo analogo si dimostra che

DL = LC . (1.4.4)

Sostituendo (1.4.3) e (1.4.4) in DM = DL+ LM si perviene al risultato. ▹

◃ Esercizio 1.8. Sia △ABC un triangolo rettangolo e siano D, E e Frispettivamente il piede dell’altezza rispetto all’ipotenusa AB, l’interse-zione dell’ipotenusa con la bisettrice dell’angolo retto e il punto mediodell’ipotenusa. Mostrare che !DCE ∼= "ECF .

Soluzione. Si consideri il triangolo rettangolo △ABC inscritto in una semi-circonferenza come mostrato in Figura 1.40. Estendiamo CE sino ad incontrarela circonferenza in G. Essendo, per costruzione, "ACG ∼= !BCG, segue che icorrispondenti angoli al centro sono congruenti, ovvero:

"AFG ∼= !BFG .

1.4 Esercizi di riepilogo 35

F

C

G

D

EBA

Figura 1.40 – Illustrazione dell’Esercizio 1.8.

Quindi FG è perpendicolare a AB e, conseguentemente, parallelo a CD. Idue angoli !DCE e !FGE sono quindi congruenti (essendo angoli alterni internirispetto a rette parallele). Osservando, infine, che CF = FG si ha che iltriangolo △CFG è isoscele, da cui !ECF ∼= !FGE ∼= !DCE . ▹

◃ Esercizio 1.9. In un triangolo △ABC si estenda l’altezza relativa a ACsino ad un punto G tale che EG = CF , dove E ed F rappresentano i piedidelle altezze relative a AC e AB rispettivamente. Sia H l’intersezione dellaretta per G, perpendicolare a BG, con il prolungamento di AB. Mostrareche AH = AC.

C

A BF

G

E

H

Figura 1.41 – Illustrazione dell’Esercizio 1.9.

Soluzione. Per costruzione (si veda la Figura 1.41) il lettore dovrebbe dedurreche !GHA ∼= !BAC. Adesso, !BGH ∼= "AFC in quanto entrambi angoli retti,per cui segue dal Teorema 1.14 che i due triangoli △AFC e △HGB sono simili.Possiamo quindi scrivere

AC

CF=

BH

GB. (1.4.5)

36 Geometria euclidea

In △BHG, AE è parallelo a HG, da cui, per il Teorema 1.13,

AH

EG=

BH

GB. (1.4.6)

Dalle (1.4.5) e (1.4.6), tenendo conto che EG = CF , si conclude. ▹

◃ Esercizio 1.10. Sia △ABC un triangolo qualunque e sia E un puntosull’altezza relativa a CB. Mostrare che AC

2 − CE2= AB

2 − EB2.

A

C BD

E

(a)

A

D B

C

G

E

P

(b)

Figura 1.42 – (a) Illustrazione dell’Esercizio 1.10. (b) Illustrazione dell’Eserci-zio 1.11.

Soluzione. Sia D il piede dell’altezza relativa a AB (si veda la Figura 1.42a).Applicando il Teorema di Pitagora ai triangoli △ADC e △EDC si trova:

CD2+AD

2=AC

2,

CD2+ ED

2=EC

2.

Sottraendo membro a membro queste due relazioni si trova

AD2 − ED

2= AC

2 − EC2. (1.4.7)

In modo analogo, considerando i triangoli △ADB e △EDB, si perviene a

AD2 − ED

2= AB

2 − EB2. (1.4.8)

Infine, combinando (1.4.7) e (1.4.8) si ha la tesi. ▹

1.4 Esercizi di riepilogo 37

◃ Esercizio 1.11. Due corde AC e DB di una circonferenza son traloro perpendicolari e si intersecano in un punto G. Si estenda l’altezzarelativa a AD del triangolo △ADG, sino ad incontrare BC in un puntoP . Mostrare che BP = CP .

Soluzione. Per prima cosa rappresentiamo il problema come mostrato in Fi-gura 1.42b. Nel triangolo rettangolo △AEG l’angolo !DAG è complementare a"AGE, il quale è complementare a !EGD. Segue che !DAG ∼= !EGD. Inoltre,osserviamo che !EGD ∼= !BGP . Gli angoli !DAC e !DBC sono angoli alla cir-conferenza che insistono sullo stesso arco e quindi sono congruenti. Segue che!CBG ∼= !BGP , da cui BP = GP . In modo analogo si dimostra che CP = GP .

◃ Esercizio 1.12. Si consideri un cubo di lato pari a√3 cm. Calcolare

la misura delle diagonali (ovvero, i segmenti che congiungono due verticinon appartenenti alla stessa faccia).

Soluzione. Indichiamo con ℓ la lunghezza del lato del cubo. Applicando ilTeorema di Pitagora, deduciamo che la diagonale Dfaccia di una faccia del cubomisura:

Dfaccia =√

ℓ2 + ℓ2 =√2 ℓ .

Adesso possiamo calcolare la misura della diagonale del cubo Dcubo applicandoancora il Teorema di Pitagora:

Dcubo =√

D2faccia + ℓ2 =

2 ℓ2 + ℓ2 =√3 ℓ .

Nella nostra situazione abbiamo ℓ =√3 cm , per cui:

Dcubo =√3 ·

√3 cm = 3 cm .

◃ Esercizio 1.13. Calcolare il rapporto tra la diagonale di un quadratoe la lunghezza della circonferenza in esso inscritta.

Soluzione. Indichiamo con ℓ la lunghezza del lato del quadrato. Allora ladiagonale del quadrato, come conseguenza del Teorema di Pitagora, misura:

Dquadrato =√2 ℓ .

38 Geometria euclidea

Poiché ℓ è anche il diametro della circonferenza inscritta, il rapporto richiestovale: √

2 ℓ

π ℓ=

√2

π.

1.5 Elementi di geometria solida

In questo paragrafo presentiamo le formule per il calcolo dell’area e delvolume di alcuni solidi notevoli. Prima di far questo ricordiamo le formuleper il calcolo dell’area di un poligono regolare e del cerchio.Con riferimento alla Figura 1.43 si ricava immediatamente che l’area di unpoligono regolare con n lati (in figura un pentagono) è pari a n volte (nelcaso del pentagono 5 volte) l’area del triangolo avente base di lunghezzaℓ ed altezza l’apotema a. Quindi, denotato con Pn un poligono regolarecon n lati, la sua area è:

A(Pn) = nℓ · a2

=p · a2

, (1.5.1)

dove con p = n ℓ abbiamo indicato il perimetro del poligono.

ar

Figura 1.43 – Pentagono regolare.

Sempre con riferimento alla Figura 1.43, il lettore non dovrebbe aver dif-ficoltà a comprendere che, man mano che il numero n dei lati aumenta,il poligono regolare tende ad approssimare il cerchio circoscritto. Il peri-metro del poligono tenderà quindi alla lunghezza della circonferenza, cioè

1.5 Elementi di geometria solida 39

2 π r, mentre l’apotema si avvicinerà al raggio r. Usando la (1.5.1) si in-tuisce che l’area di un cerchio di raggio r vale π r2.

Ricordiamo adesso le definizioni di alcuni solidi notevoli.1. Si chiama prisma un poliedro avente come basi due poligoni congruentiposti su piani paralleli, e come facce laterali dei parallelogrammi. Un pri-sma che ha gli spigoli laterali perpendicolari alle basi si dice retto. Infine,un prisma retto si dice regolare quando le basi sono dei poligoni regolari.Un prisma con base rettangolare si chiama parallelepipedo.2. Si chiama piramide un poliedro i cui vertici, tranne uno, appartengonoad uno stesso piano chiamato piano della base. Il vertice esterno alla baseè detto vertice della piramide. Una piramide si dice regolare se i verticiappartenenti alla base descrivono un poligono regolare e il vertice della pi-ramide si trova sulla retta perpendicolare alla base passante per il centrodel poligono.3. Si chiama cono circolare retto il solido ottenuto dalla rotazione di unsegmento attorno ad una retta passante per uno, ed uno solo, dei suoiestremi.4. Si chiama cilindro circolare retto il solido ottenuto dalla rotazione diun segmento attorno ad una retta ad esso parallela.

Siamo ora pronti per richiamare le principali formule per il calcolo dell’areae del volume dei solidi appena definiti.

Prisma regolarecon base un n-gono re-golare

a

h

Area laterale

Aℓ = n(ℓ · h)

Area totale

At = Aℓ+2Ab = n(ℓ·h)+n(ℓ·a) = n ℓ(h+a)

Volume

V = Ab · h = nl · a · h

2

40 Geometria euclidea

Parallelepipedo

a

b

h

Area laterale

Aℓ = 2(a · h) + 2(b · h) = 2(a+ b) · h

Area totale

At = Aℓ + 2Ab = 2(a+ b) · h+ 2(a · b)

Volume

V = Ab · h = a · b · h

Piramide regolarecon base un n-gono re-golare

a

hd

Area laterale

Aℓ = nℓ · d2

Area totale

At = Aℓ+Ab = nℓ · d2

+nℓ · a2

=n ℓ

2(d+a)

VolumeV =

Ab · h3

= nℓ · a · h

6

Tronco di piramideregolarecon base un n-gono re-golare

a

a′ℓ′

hd

Area laterale

Aℓ = n(ℓ+ ℓ′) · d

2

Area totale

At = Aℓ +Ab +Ab′

VolumeV =

(Ab +Ab′ +√Ab · Ab′) · h

3

1.5 Elementi di geometria solida 41

Cono circolare ret-to

r

d h

Area laterale

Aℓ = π r · d

Area totale

At = Aℓ +Ab = π r · d+ π r2

Volume

V =Ab · h3

=π r2 · h

3

Cilindro circolareretto

r

h

Area laterale

Aℓ = 2 π r · h

Area totale

At = Aℓ + 2Ab = 2 π r · h + 2π r2

Volume

V = Ab · h = π r2 · h

Sfera

r

AreaA = 4 π r2

VolumeV =

4

3π r3

42 Geometria euclidea

Alcune di queste formule hanno una spiegazione piuttosto semplice ed in-tuitiva. Per esempio, è facile convincersi che il volume di un parallelepipe-do sia pari all’area della base moltiplicata per l’altezza. Concettualmentemolto più profonde sono invece le formule necessarie a calcolare il volumedi una piramide o di una sfera. Nei prossimi due esercizi, il cui studiopotrebbe ragionevolmente avvenire in una fase successiva, ne daremo unadimostrazione intuitiva e sostanzialmente completa.

◃ Esercizio 1.14 (*). Dimostrare che il volume di una piramide regolareè

V =A · h3

,

dove con A abbiamo indicato l’area di base e con h l’altezza.

Soluzione. Consideriamo, per semplicità espositiva, il caso di una piramideregolare con base quadrata. L’idea è di approssimare la piramide con una piladi parallelepipedi come mostrato nella Figura 1.44, dove riportiamo una sezionepiana della suddivisione. Sia n il numero di parti in cui abbiamo suddivisola piramide e siano (n − 1) i parallelepipedi costruiti come in Figura 1.44. Sinoti che la parte più alta della piramide non contiene alcun parallelepipedo.La somma dei volume dei parallelepipedi non sarà il volume della piramide ma,man mano che aumenta il numero n delle suddivisioni, questa tenderà al volumedella piramide7.Le aree A1, . . . ,An−1 delle basi dei parallelepipedi P1, . . . , Pn−1 sono propor-zionali all’area A della base della piramide secondo le proporzioni seguenti (siosservi la Figura 1.44):

A1 :

(

h

n

)2

= A : h2

A2 :

(

2h

n

)2

= A : h2

...

An−1 :

(

(n− 1)h

n

)2

= A : h2 .

7Questo argomento è esattamente quello utilizzato da Eudosso di Cnido nel quartosecolo a.C.

1.5 Elementi di geometria solida 43

Pn−1

Pn−2

...

P2

P1

hn

2hn

(n−1)hn

h

Figura 1.44 – Approssimazione della piramide con i parallelepipedi P1, . . . , Pn−1.

Da ciò si deduce che:

Ak = A k2

n2, k = 1, 2, . . . , n− 1 .

Detti V1, . . . ,Vn−1 i volumi dei parallelepipedi P1, . . . , Pn−1 si trova

V1 + · · · + Vn−1 = A1 ·h

n+ · · ·+An−1 ·

h

n

=A · hn3

(12 + 22 + · · ·+ (n− 1)2) .

Adesso, con metodi che vedremo nel Capitolo 2, ed in particolare tenendo contodell’Esercizio 2.21, si può verificare che

12 + 22 + · · ·+ (n− 1)2 =2n3 − 3n2 + n

6.

Segue che

V1 + · · ·+ Vn−1 = A · h 2n3 − 3n2 + n

6n3

= A · h(

2n3

6n3− n2

2n3+

n

6n3

)

= A · h(

1

3− 1

2n+

1

6n2

)

.

44 Geometria euclidea

Per finire il lettore deve convincersi (provando a valutare queste espressioninumeriche) che per valori di n molto grandi si trova:

1

2n≈ 0 ,

1

6n2≈ 0 .

Matematicamente, queste approssimazioni possono essere rese rigorose medianteil concetto di limite (che non tratteremo però in questo libro). ▹

Osservazione 1.2. Con un procedimento analogo a quello visto nell’Eser-cizio 1.14, approssimando un cono con una pila di cilindri si perviene allaformula per il calcolo del volume di un cono.

◃ Esercizio 1.15 (*). Dimostrare che il volume di un tronco di piramideregolare è

V =(Ab +Ab′ +

√Ab · Ab′) · h

3,

dove con Ab e Ab′ abbiamo indicato rispettivamente l’area della baseinferiore e superiore del tronco di piramide, mentre con h l’altezza.

Soluzione. Con riferimento alla Figura 1.45 il volume del tronco di piramide èdato dalla differenza tra i volumi di due piramidi. Indicando con h+x l’altezzadella piramide completa, si ha che il volume del tronco di piramide è

V =Ab · (x+ h)

3− Ab′ · x

3=

1

3[x(Ab −Ab′) + hAb] . (1.5.2)

h

x

Figura 1.45 – Il volume di un tronco di piramide è la differenza tra i volumi didue piramidi.

1.5 Elementi di geometria solida 45

Adesso, le aree Ab e Ab′ sono proporzionali secondo la proporzione

Ab : (x+ h)2 = Ab′ : x2 .

Segue che x è soluzione dell’equazione

(Ab −Ab′)x2 − 2hAb′ x− h2Ab′ = 0

che ammette, anticipando risultati che verranno illustrati nel Capitolo 4, lasoluzione positiva

x = hAb′ +

√AbAb′

Ab −Ab′.

Sostituendo, nella (1.5.2), il valore di x trovato si ha immediatamente la tesi.▹

◃ Esercizio 1.16 (*). Dimostrare che il volume di una sfera di raggio rè

V =4

3π r3 .

Soluzione. Si consideri una semi-sfera S di raggio r e la si circoscriva con uncilindro con altezza pari al raggio della sfera. Si consideri poi un cono circolareretto con il vertice nel centro della sfera e base il cerchio superiore del cilindro.Nella Figura 1.46 mostriamo una sezione verticale della costruzione descrittasopra.

Figura 1.46 – Illustrazione dell’Esercizio 1.16.

Adesso dimostriamo la seguente affermazione:In ogni piano orizzontale che interseca la configurazione dei tre solidi, l’areadella sezione di semi-sfera è pari all’area della sezione del cilindro meno l’areadella sezione del cono.

46 Geometria euclidea

Dimostrazione. Supponiamo che il piano orizzontale sia ad una certa quota h.Il raggio della sezione Sh di semi-sfera sarà, usando il Teorema di Pitagora,rSh

=√r2 − h2. Quindi l’area di Sh diventa A(Sh) = π · (r2 − h2). L’area della

sezione di cilindro non dipende da h ed è sempre pari all’area della base, cioèπ · r2. Il piano orizzontale interseca il cono in una circonferenza di raggio h(si costruisca un opportuno triangolo isoscele per verificare questa proprietà).Segue che l’area della sezione di cono è π ·h2. Calcolando ora l’area della sezionedi cilindro meno l’area della sezione di cono si ottiene:

π · r2 − π · h2 = π · (r2 − h2) = A(Sh) .

Per concludere utilizziamo il seguente principio del volume:Se due solidi hanno tutte le sezioni orizzontali di pari area, allora i solidi hannolo stesso volume.Usando questo criterio deduciamo che il volume della semi-sfera è la differenzadel volume del cilindro meno il volume del cono:

V(S) = π · r2 · r − π · r2 · r3

=2

3π · r3.

Il volume della sfera, essendo due volte quello della semisfera, è proprio datodalla formula cercata. ▹

1.6 Esercizi proposti

◃ Esercizio 1.17. In un quadrato ABCD, sia M il punto medio di AB.Una retta per M , perpendicolare a MC , incontra AD in un punto K.Mostrare che !BCM ∼= !KCM .

◃ Esercizio 1.18. Dato un quadrato ABCD sia E un punto interno taleche !EDC ∼= !ECD = 15◦, mostrare che △ABE è equilatero.

◃ Esercizio 1.19. Sia △ABC un triangolo rettangolo retto in C. SianoD e E due punti su AB tali che BD = BC e AE = AC. Indicata conG la proiezione ortogonale di D su AC e con F la proiezione ortogonaledi E su BC, mostrare che DE = EF +DG.

◃ Esercizio 1.20. La misura della base maggiore DC di un trapezioA,B,C,D è 97. La misura del segmento che unisce i punti medi E e Fdelle diagonali misura 3. Determinare la misura della base minore AB.

1.7 Commenti e note bibliografiche 47

◃ Esercizio 1.21. Due pali di una linea elettrica sono alti 40 e 60 me-tri rispettivamente. Dei cavi di supporto sono tirati dalla cima di ognipalo alla base dell’altro. A che altezza h dal suolo si trova il punto diintersezione dei due cavi?

◃ Esercizio 1.22. Una circonferenza è inscritta in un triangolo isosceledi base 12 e altezza 8. Una seconda circonferenza è inscritta in modo darisultare tangente alla prima circonferenza e ai lati uguali del triangolo.Determinare il raggio r della seconda circonferenza.

◃ Esercizio 1.23. Una piramide retta a base quadrata ha l’area dellasuperficie totale di 800 cm2. Sapendo che l’area della superficie di base è8/17 dell’area della superficie laterale, calcolare il volume del solido.

◃ Esercizio 1.24. La misura del perimetro di un trapezio rettangolo è di42 cm; il lato obliquo è 10 cm e la differenza delle basi è 6 cm. Calcolarel’area totale ed il volume del solido ottenuto dalla rotazione completa deltrapezio attorno alla base maggiore.

1.7 Commenti e note bibliografiche

Il notissimo V postulato della geometria euclidea classica, nella sua for-mulazione più moderna, risulta equivalente alla seguente asserzione:

Per un punto passa una ed una sola parallela ad una retta data.

Nel corso dei secoli, numerosi matematici tentarono di dimostrare che il Vpostulato era conseguenza dei primi quattro (Proclo, Posidonio, Tolomeo,e inoltre alcuni matematici arabi). Nel 1733, il matematico Giovanni Ge-rolamo Saccheri credette di aver dimostrato il V postulato, ragionando nelseguente ordine di idee: se si assumono solo i primi quattro postulati, lageometria (alternativa a quella euclidea) che ne deriva è contraddittoria.In realtà, nei ragionamenti di Saccheri non era presente alcuna contrad-dizione e il suo lavoro altro non fece che spianare la strada allo sviluppodelle geometrie non euclidee (si veda [11]): in particolare, nella cosiddettageometria iperbolica le parallele sono infinite (modello del disco di Poin-caré), mentre nella geometria ellittica (modello della sfera di Riemann)due rette distinte hanno sempre due punti in comune. Le geometrie non

48 Geometria euclidea

euclidee hanno importanti applicazioni in vari campi, come ad esempiol’architettura (geometria proiettiva e descrittiva).

Forse non sorprende che la formula per il calcolo del volume di una pi-ramide o di una piramide tronca fosse già nota agli antichi egizi. Peròmeraviglia che nel famoso papiro di Rhind (anche noto come papiro di Ah-mes dal nome dello scriba che lo trascrisse verso il 1650 a.C) sia indicatauna dimostrazione rigorosa di queste formule (si veda, per esempio, [3,pag. 31]).

Non è molto noto nei paesi occidentali che nel secolo III il grande matema-tico cinese Liu Hui arrivò, utilizzando il metodo costruttivo (algoritmico),a molti dei risultati della geometria ellenica, quali il Teorema di Pitagorao il calcolo del volume di una piramide (si veda, per esempio, [21, pag. 37]).

Per una trattazione moderna e completa della geometria euclidea classicail lettore può consultare [20]. Alternativamente, si possono consultare varitesti per le scuole superiori, come ad esempio [25].

2Insiemi, funzioni elinguaggiologico-matematico2.0 Scopi del capitolo

In questo capitolo introduciamo simboli e nozioni di base inerenti alla teo-ria degli insiemi. Illustriamo gli insiemi numerici fondamentali partendodai numeri naturali sino ad arrivare ai numeri reali. Poi procediamo al-l’illustrazione del concetto di funzione tra due insiemi. Il capitolo terminacon una sezione in cui vengono presentate alcune delle tecniche usuali didimostrazione: si tratta di un argomento importante per sviluppare lecapacità critiche di ragionamento e il rigore matematico del lettore.Questo capitolo è estremamente importante e va quindi studiato con mol-ta attenzione. D’altra parte, sicuramente la comprensione del concetto difunzione progredirà attraverso lo studio degli altri capitoli: per questo mo-tivo il lettore potrebbe beneficiare, in una fase successiva, di una riletturacritica di questi primi argomenti.

50 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

2.1 Elementi di teoria degli insiemi

Conviene considerare il concetto di insieme come primitivo, cioè non ri-conducibile a nozioni più elementari. Più precisamente, diremo che uninsieme è una collezione di oggetti, determinati e distinti, della nostrapercezione o del nostro pensiero, concepiti come un tutto unico. Talioggetti si chiamano elementi dell’insieme.Generalmente, indichiamo gli insiemi con le lettere maiuscole A,B,C,D,etc., mentre per i suoi elementi useremo le lettere a, b, c, d, etc. Se a è unelemento di A scriviamo

a ∈ A (a appartiene a A) .

Se invece b non appartiene a A, si scrive:

b /∈ A .

Quando un insieme A possiede un numero finito di elementi, chiameremoquesto numero cardinalità1 di A, e lo indicheremo con il simbolo #(A).In certi testi, come sinonimo di cardinalità si può trovare numerosità opotenza.

Prima di continuare, è utile introdurre alcuni altri simboli e notazioni chesaranno regolarmente usati in tutto il resto del libro:

: significa tale che2

∃ significa esiste∀ significa per ogni⇒ significa implica .

(2.1.1)

Altri simboli verranno di volta in volta introdotti all’occorrenza.

♦ Esempio 2.1. (i) Un insieme si può definire in modo estensivo, cioèesibendo i suoi elementi. Ad esempio, l’insieme A dei numeri naturalida 0 a 5 si scrive come

A = {0, 1, 2, 3, 4, 5} (si noti l’uso delle parentesi graffe) . (2.1.2)

In questo esempio #(A) = 6 .1Nella teoria assiomatica degli insiemi viene data una definizione rigorosa di

cardinalità, che si adatta al caso di insiemi infiniti.2A volte si possono usare i simboli alternativi t.c. oppure |.

2.1 Elementi di teoria degli insiemi 51

(ii) Un insieme può essere definito in modo intensivo, cioè a partireda una proprietà comune a tutti i suoi elementi; per esempio, sedenotiamo con N l’insieme dei numeri naturali (si veda il §2.2), alloral’insieme A definito in (2.1.2) si può ridefinire come

A = {n ∈ N : n ≤ 5}

e si legge: l’insieme degli n appartenenti ai numeri naturali tali chen è minore o uguale a 5.

(iii) L’insieme privo di elementi si chiama insieme vuoto3 e si indica con∅.

Consideriamo ora gli insiemi:

A = {a, b, c, d}, B = {a, b, d} . (2.1.3)

Confrontando i due insiemi A e B possiamo facilmente dedurre la veridicitàdella seguente affermazione:

x ∈ B ⇒ x ∈ A . (2.1.4)

A parole, la (2.1.4) significa semplicemente che il generico elemento x diB è anche elemento di A. Questo può essere riscritto nel modo seguente:

B ⊆ A , (2.1.5)

dove il nuovo simbolo ⊆ esprime appunto il fatto, intuitivamente evidente,che l’insieme B è contenuto nell’insieme A. Alternativamente, possiamoanche dire che B è un sottoinsieme di A. Notiamo anche che nella nostrasituazione

A ⊆ B , (2.1.6)

3L’accettazione dell’insieme vuoto induce spesso resistenze psicologiche simili a quel-le che hanno accompagnato lo zero nel corso della sua storia. Contrariamente a quantoqualcuno è forse portato a credere, sia in un caso che nell’altro non si tratta del “nulla”.L’insieme vuoto, per quanto particolare, è comunque un insieme soggetto alle stesseregole di tutti gli altri. Se ci convince poco definirlo come un insieme (in effetti: l’unicoinsieme) privo di elementi, possiamo far uso (tra le altre possibili) della definizioneformale seguente: ∅ = {x : x = x}. Siccome la proprietà “x = x” è, per ogni x,sicuramente vera o falsa (in effetti è sempre falsa), abbiamo correttamente definito uninsieme, che per l’appunto risulta privo di elementi.

52 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

cioè A non è contenuto in B. (In generale, una / su un simbolo indica lanegazione del simbolo stesso: per esempio # significa non esiste).

Tra due insiemi A e B si possono definire le seguenti operazioni:

Unione: A ∪B = {x : x ∈ A oppure x ∈ B}

Intersezione: A ∩B = {x : x ∈ A e x ∈ B}

Differenza: A \B = {x ∈ A : x /∈ B} .Inoltre, se A ⊆ B, definiamo il complementare di A rispetto a B come:

CB(A) = {x ∈ B : x /∈ A} .

♦ Esempio 2.2. Se A = {1, 2, 3, 5, 7} e B = {0, 2, 3, 6, 8}, allora

A ∪B = {0, 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8}, A ∩B = {2, 3}, A \B = {1, 5, 7} .

Se A = {1, 2, 3, 5, 7} e B = {1, 2, 3, 5, 7, 9, 11}, allora

CB(A) = {9, 11} .

Le operazioni elementari con gli insiemi si possono visualizzare in modografico con l’ausilio dei diagrammi di Venn, come mostrato nella Figu-ra 2.1.

◃ Esercizio 2.1. Siano A e B due sottoinsiemi di C. Verificare, conl’ausilio dei diagrammi di Venn, le seguenti uguaglianze, note col nome diformule di De Morgan:

(i) CC(A ∪ B) = CC(A) ∩ CC(B)(ii) CC(A ∩ B) = CC(A) ∪ CC(B) .

(2.1.7)

Suggerimento: Pensare C come il foglio in cui sono rappresentati A eB, oppure, in altre parole, considerare C come l’ambiente in cui si trovanoA e B.

Adesso il lettore non dovrebbe avere difficoltà a svolgere in modo autono-mo il seguente:

2.1 Elementi di teoria degli insiemi 53

A B

(a) A ∩B

A B

(b) A ∪B

A B

(c) A \B

A B

(d) CB(A)

Figura 2.1 – Diagrammi di Venn.

◃ Esercizio 2.2. Siano A e B gli insiemi definiti in (2.1.3). Siano poi:

C = {a, b, 1} , D = {a, c, 2} , E = {c, 1} .

Verificare che:

(i) A ∪ B = A (ii) A ∩ B = B(iii) A ∪ C = {a, b, c, d, 1} (iv) A ∩ C = {a, b}(v) A ⊆ (C ∪D) (vi) D ∩ C = {a}(vii) B ∩ E = ∅ (viii) E ⊆ (C ∪D)(ix) B \ A = ∅ (x) CA(B) = {c} .

(2.1.8)

Si noti che, al fine di interpretare correttamente, da un punto di vistalogico-matematico, l’uguaglianza fra due insiemi, si deve tenere conto delfatto che

(A = B ) ⇔ (A ⊆ B e B ⊆ A) , (2.1.9)

dove il simbolo ⇔ denota equivalenza fra due proposizioni.

Per concludere questa breve introduzione al concetto di insieme illustriamoil significato di prodotto cartesiano tra due insiemi. Dati due insiemi A e

54 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

B, si considerino tutte le coppie {a, b} dove a ∈ A e b ∈ B. Una coppiasi dice ordinata se il primo elemento appartiene al primo insieme ed ilsecondo al secondo insieme. Le coppie ordinate si indicano con [a, b]4.Due coppie ordinate [a, b] e [a′, b′] sono uguali se a = a′ e b = b′. Orapossiamo dare la seguente:

Definizione 2.1. Siano A e B due insiemi. Allora il prodotto cartesianodi A e B, denotato con il simbolo A × B, è l’insieme di tutte le coppieordinate [a, b] con a ∈ A e b ∈ B.

♦ Esempio 2.3. Se A = {1, 2} e B = {a, b, c} il prodotto cartesiano è

A× B = {[1, a], [1, b], [1, c], [2, a], [2, b], [2, c]} .

2.2 Insiemi numerici fondamentali

Prima di illustrare il concetto di funzione, che sarà argomento del §2.3,conviene prendere familiarità con i principali insiemi numerici. In parti-colare, abbiamo5:

(i) N = {0, 1, 2, . . . , n, . . . }(ii) Z = {. . . ,−2,−1, 0, 1, 2, . . .}(iii) Q = {m

n: m,n ∈ Z, n = 0, m e n sono primi tra loro} ,

(2.2.1)

che rappresentano rispettivamente l’insieme dei numeri naturali , dei nu-meri interi relativi , e dei numeri razionali .È evidente che N ⊆ Z ⊆ Q. Talvolta può essere utile anche utilizzare ilsimbolo $, che indica l’inclusione stretta. Più precisamente, N $ Z inquanto N ⊆ Z ma Z % N. Osserviamo anche che, a differenza degli esempiincontrati nel §2.1, gli insiemi in (2.2.1) sono costituiti da un numeroinfinito di elementi.Un insieme numerico fondamentale per i nostri scopi è poi quello dei co-siddetti numeri reali : questo insieme sarà indicato con il simbolo R. Unadefinizione formalmente rigorosa dell’insieme dei numeri reali richiede co-noscenze matematiche avanzate che esulano dai nostri scopi. Quindi ci

4In altri testi si può trovare la notazione (a, b) per indicare le coppie ordinate.5Due numeri interi si dicono primi fra loro se il loro massimo comune divisore è 1.

2.2 Insiemi numerici fondamentali 55

accontentiamo di dire che operativamente possiamo identificare l’insiemedei numeri reali R con i punti di una retta su cui sono fissati, come mostrala Figura 2.2, l’origine O, corrispondente al valore 0, l’unità di misura ued il verso.

0 1 2 3−1−2−3

u

√2 πe

Figura 2.2 – Corrispondenza fra numeri reali e punti di una retta.

Si può osservare che Q $ R: in questo caso, l’inclusione è stretta, inquanto, ad esempio,

√2 /∈ Q (si veda il Teorema 2.3).

D’altra parte, sottolineiamo che√2 compare in modo naturale sia in

contesti geometrici (ad esempio, rappresenta la misura della diagonaledi un quadrato di lato 1), sia in ambito algebrico, come una soluzionedell’equazione:

x2 − 2 = 0 . (2.2.2)

I numeri reali non razionali, come ad esempio√2, vengono detti irraziona-

li . La rappresentazione decimale di un numero irrazionale ha un numeroinfinito di cifre, senza andamento periodico. Inoltre all’interno dei numeriirrazionali esistono dei numeri reali, come π o il numero di Nepero6 eche, diversamente da

√2, non sono soluzione di alcuna equazione polino-

miale a coefficienti interi (si veda il Capitolo 4 per la definizione rigorosadi polinomio). Questi numeri, concettualmente più complicati, vengonochiamati numeri trascendenti .Infine, precisiamo che anche certi numeri razionali hanno, nell’usuale rap-presentazione decimale, un numero infinito di cifre dopo la virgola, maqueste si ripetono con periodicità. I seguenti esempi fissano le idee e laterminologia:

1

3= 0, 3333 . . . = 0, 3 .

1, 45357 = 1, 45357575757 . . .

In questo secondo esempio 1 è la parte intera, 453 sono le cifre del cosid-detto antiperiodo, mentre 57 è il periodo. Numeri di questo tipo vengono

6Le prime quindici cifre del numero di Nepero e sono 2.71828182845905 .

56 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

comunemente chiamati periodici. Per effettuare correttamente le operazio-ni con i numeri periodici è opportuno preliminarmente trasformarli nellacorrispondente frazione (ad esempio, sostituire 0, 3 con (1/3)). Per nonspezzare il flusso dell’esposizione, rimandiamo agli esercizi di riepilogo nel§2.5 l’illustrazione di questa tecnica di trasformazione.

Chiudiamo questa sezione conducendo il lettore a fare alcune riflessio-ni di tipo algebrico. Partiamo dal fatto che le due operazioni definitesull’insieme R, cioè la somma ed il prodotto

a, b 3→ a + b

a, b 3→ a b ,

soddisfano le seguenti proprietà:

commutativa a+ b = b+ a ab = baassociativa a+ (b+ c) = (a+ b) + c a(bc) = (ab)c

inverso a+ (−a) = 0 a(1

a) = 1 se a = 0

elemento neutro a+ 0 = a a 1 = a

Vale inoltre una proprietà che coinvolge le due operazioni:

distributiva (a+ b)c = ac+ bc

In certe situazioni, quando la scrittura di una data formula dovesse risulta-re ambigua, inseriremo un · tra due simboli per denotare la moltiplicazione.In altre parole, scriveremo equivalentemente a b oppure a · b.Osservazione 2.1. Le proprietà delle operazioni definite su R risultano ov-vie e potrebbero essere omesse. Averle inserite in modo esplicito dovrebbeservire al lettore per riflettere su due aspetti importanti. Per prima cosa,queste sono le uniche proprietà algebriche soddisfatte dalle operazioni disomma e prodotto tra numeri reali. In secondo luogo, il lettore dovrebbeesercitarsi ad utilizzare le proprietà formali delle operazioni per semplifica-re espressioni algebriche complesse. A titolo di esempio, il lettore dovrebbefare tutti i passaggi, riflettendo su quale proprietà ha utilizzato in ciascunpassaggio, per verificare la seguente identità:

a(1 + 1/a)

b(b2 − b) + (1− b)(1 + a) = 0 , a, b = 0.

2.3 Il concetto di funzione 57

Infine, in R è definito un ordinamento totale, indicato con il simbolo # ,in virtù del quale, dati due numeri reali a e b, si ha:

a # b oppure b # a .

Questo ordinamento verifica le seguenti proprietà:

riflessiva a # aantisimmetrica se a # b e b # a allora a = btransitiva se a # b e b # c allora a # c

Osservazione 2.2. La scrittura a < b significa che a è strettamente minoredi b. Si noti che se a = b è corretto affermare che a # b. Inoltre si puòutilizzare la notazione a $ b la quale è equivalente a b # a.

Valgono le seguenti relazioni tra l’ordinamento di R e le operazioni disomma e prodotto:

se a # b allora a+ c # b+ c ∀c ∈ Rse a # b e c > 0 allora ac # bcse a # b e c < 0 allora ac $ bc

2.3 Il concetto di funzione

Il concetto di funzione7 riveste un ruolo fondamentale non solo in mate-matica, ma in tutte le discipline scientifiche. Questa duttilità universalederiva dalla semplicità dell’idea che ne sta alla base.Una funzione possiamo intenderla come un apparecchio di Input-Output(Ingresso-Uscita): prende un Input e fornisce un Output. Questo av-viene secondo una prescrizione (legge) precisa (univoca): gli stessi Inputdaranno sempre gli stessi Output.

♦ Esempio 2.4. Ogni volta che il valore di una grandezza dipende dalvalore di un’altra grandezza, si ha una funzione. La natura e la nostravita sono piene di questo tipo di dipendenze. Si consideri, ad esempio,un termometro in una posizione fissa. La temperatura segnata non saràsempre la stessa, ma varierà con il tempo, ad esempio con l’escursione ter-mica giornaliera o stagionale. Quindi la temperatura dipende dall’istante

7In matematica, un sinonimo di funzione è applicazione.

58 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

in cui viene misurata. Ciò rappresenta una funzione: in un dato istantet (Input) viene segnata una certa temperatura T (Output). Diremo chela temperatura è una funzione della variabile tempo. Nel caso in cui sivari anche la posizione spaziale del termometro, la temperatura verrebbea dipendere non solo dal tempo, ma anche dalla posizione. In questi casi,si parla di funzioni dipendenti da più variabili.

Ora possiamo formalizzare il concetto di funzione tra due insiemi qualsiasi.

Definizione 2.2. Siano A, B due insiemi. Una funzione f : A → B (silegge: funzione f dall’insieme A all’insieme B) è una legge che a ognielemento a ∈ A associa un elemento b ∈ B. Si scrive f(a) = b e si diceche b è l’immagine di a (attraverso f). L’insieme A è detto dominio di f(oppure insieme di definizione di f), mentre B si chiama codominio di f .

♦ Esempio 2.5. Siano A = {a, b, c, d}, B = {1, 2, 3}. Sia poi f : A → Bdefinita da

f(a) = 1 , f(b) = 2 , f(c) = 1 , f(d) = 2 . (2.3.1)

La legge (2.3.1) definisce correttamente una funzione f : A → B. Questastessa funzione può anche essere rappresentata mediante il diagramma inFigura 2.3.

A B

a b c d 1 2 3

Figura 2.3 – Visualizzazione della funzione dell’Esempio 2.5.

♦ Esempio 2.6. Siano A = {a, b, c, d}, B = {1, 2, 3}. Sia poi g : A → Bla legge definita da

g(a) = {1, 2} , g(b) = 2 , g(c) = 3 .

2.3 Il concetto di funzione 59

La legge g non definisce una funzione poiché l’elemento a ha due imma-gini e l’elemento d non ha nessuna immagine. Si veda il diagramma inFigura 2.4.

A B

a b c d 1 2 3

Figura 2.4 – Esempio di una legge che non è una funzione.

Riprendendo l’Esempio 2.5, si può osservare che gli elementi a, c ∈ Ahanno la stessa immagine. Inoltre l’elemento 3 ∈ B non è l’immagine dialcun elemento di A. Tutto ciò non contraddice la Definizione 2.2, marientra in quelle che sono le proprietà della funzione f . Più precisamente,abbiamo:

Definizione 2.3. Sia f : A → B una funzione. Diremo che essa èsurgettiva (o suriettiva) se:

∀ y ∈ B , ∃ x ∈ A t.c. f(x) = y . (2.3.2)

Con riferimento all’Esempio 2.5, abbiamo già osservato che:

# x ∈ A t.c. f(x) = 3, (2.3.3)

per cui la funzione f dell’Esempio 2.5 non è surgettiva.

Definizione 2.4. Sia f : A → B una funzione. Diremo che f è iniettivase:

∀x1, x2 ∈ A ( f(x1) = f(x2) ) ⇒ ( x1 = x2 ) . (2.3.4)

Un’alternativa equivalente alla (2.3.4) è

∀x1, x2 ∈ A ( x1 = x2 ) ⇒ ( f(x1) = f(x2) ) . (2.3.5)

60 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

(L’equivalenza logica tra (2.3.4) e (2.3.5) sarà verificata nell’Esercizio 2.5).La funzione dell’Esempio 2.5 non è iniettiva, in quanto f(a) = f(c)contraddice la (2.3.4).

◃ Esercizio 2.3. Siano A e B come nell’Esempio 2.5.

(i) Definire una funzione f : A → B surgettiva.(ii) Definire una funzione f : B → A iniettiva.(iii) ∃ una funzione f : A → B iniettiva?(iv) ∃ una funzione f : B → A surgettiva?(v) Definire una funzione f : A → A iniettiva e surgettiva.

Soluzione.

(i) Ad esempio, si può porre f(a) = 1, f(b) = 2, f(c) = 3, f(d) = 1.

(ii) Ad esempio, si può porre f(1) = a, f(2) = b, f(3) = c.

(iii) No, poiché #(A) > #(B). Infatti, dovendo ogni elemento di A avereun’immagine in B, necessariamente almeno due elementi di A dovrannoavere la stessa immagine.

(iv) No. Affinché la funzione f : B → A sia surgettiva ci dovrebbe esserealmeno un elemento di B per ogni elemento di A.

(v) Ad esempio, si può porre f(a) = a, f(b) = c, f(c) = d, f(d) = b.

Definizione 2.5. Sia f : A → B. Diremo che f è bigettiva (o corrispon-denza biunivoca) se f è surgettiva e iniettiva.

Per esempio, la funzione descritta nella soluzione dell’Esercizio 2.3 (v)è bigettiva. Ora, al fine di arrivare rapidamente ad esempi a cui siamomaggiormente interessati, passiamo ai casi più significativi in cui dominioe codominio di f sono insiemi aventi infiniti elementi, con particolareattenzione al caso di insiemi numerici.

♦ Esempio 2.7. Sia f : N → Z definita da:

f(n) = n , ∀ n ∈ N .

Questa funzione è iniettiva ma non surgettiva.

2.4 Tecniche di dimostrazione 61

♦ Esempio 2.8. Sia f : N → N definita da:{

f(n) = 0 se n è pari

f(n) =n+ 1

2se n è dispari .

(2.3.6)

Questa funzione non è iniettiva, ma è surgettiva (verificarlo!).

◃ Esercizio 2.4. Definire una funzione bigettiva f : N → Z.

Soluzione. Si può porre, per esempio:⎧

f(n) =n

2se n è pari

f(n) = −n+ 1

2se n è dispari .

(2.3.7)

Osservazione 2.3. Lo zero è un numero pari. Per capire meglio l’Esem-pio 2.8 e l’Esercizio 2.4, può essere d’aiuto scrivere esplicitamente le imma-gini di alcuni valori numerici. Per esempio, per (2.3.6) possiamo scriveref(1) = 1, f(2) = 0, f(3) = 2, f(4) = 0, f(5) = 3, etc.Invece per (2.3.7) si ha: f(0) = 0, f(2) = 1, f(4) = 2, f(6) = 3, etc. e poif(1) = −1, f(3) = −2, f(5) = −3, etc.

2.4 Tecniche di dimostrazione

Per proposizione intendiamo un enunciato per il quale si può stabilire ilsuo valore di verità, cioè se è vero (V ) o falso (F ). Vediamo, a titolo diesempio, alcune proposizioni:

p1 : 2 è un numero naturale

p2 : 2 + 2 ≥ 7

p3 : π ∈ R .

I corrispondenti valori di verità sono V per p1 e p3, F per p2. Proposi-zioni più complesse possono essere ottenute mediante l’uso dei cosiddetticonnettivi logici , che elenchiamo di seguito ponendo a fianco di ognuno diessi il suo significato:

62 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

∼ non∧ e∨ oppure⇒ implica (se . . . , allora . . .)⇔ doppia implicazione (se e solo se)

La costruzione delle proposizioni più complesse richiede l’uso di parentesiper rendere il linguaggio non ambiguo. Ecco due esempi:

(i) p1 ⇒ (p2 ⇒ p3)

(ii) (p1 ∧ p2) ⇔ p3 ,

che in parole diventano:

(i) Se vale p1, allora p2 implica p3

(ii) p1 e p2 valgono se e solo se vale p3 .

Se una proposizione complessa p è ottenuta, mediante l’uso dei connettivilogici, a partire da proposizioni p1 . . . pn, è naturale chiedersi quale siail suo valore di verità in funzione dei valori di verità delle proposizionip1 . . . pn mediante le quali essa è costruita. Il punto di partenza è datodalle tavole di verità mostrate nella Tabella 2.1.Queste tavole di verità hanno un significato intuitivamente molto chiaro:ad esempio, nessuno dovrebbe meravigliarsi, leggendo la Tabella 2.1b, delfatto che p1∧p2 risulta vera se, e solo se, entrambe p1 e p2 sono vere. Solola tabella 2.1d potrebbe generare qualche perplessità nel lettore, per cuiora la discutiamo brevemente: poniamo

p1 : c’è il sole

p2 : faccio una passeggiata

La proposizione

p1 ⇒ p2 (Se c’è il sole, allora faccio una passeggiata)

2.4 Tecniche di dimostrazione 63

p ∼ pV FF V

(a)

p1 p2 p1 ∧ p2V V VF V FV F FF F F

(b)

p1 p2 p1 ∨ p2V V VF V VV F VF F F

(c)

p1 p2 p1 ⇒ p2V V VF V VV F FF F V

(d)

p1 p2 p1 ⇔ p2V V VF V FV F FF F V

(e)

Tabella 2.1 – Tavole di verità.

è falsa solo se c’è il sole e non faccio una passeggiata; cioè, p1 ⇒ p2 èfalsa solo se p1 è vera e p2 è falsa. In parole, se non c’è il sole, il fatto cheio faccia la passeggiata o meno non cambia il valore di verità, che è V inentrambi i casi.Ora, concentrandosi un momento, si può anche riconoscere che tutto ciòè equivalente al fatto che la proposizione (2.4.1) sotto è una tautologia(dove tautologia significa proposizione vera sempre, indipendentementedai valori di verità delle proposizioni usate per costruirla):

(p1 ⇒ p2) ⇔ ((∼ p1) ∨ p2) . (2.4.1)

Il fatto che la (2.4.1) sia una tautologia deriva dall’osservazione, innanzi-tutto, che la tavola di verità di ((∼ p1)∨ p2) coincide con la Tabella 2.1d;poi, si applica la Tabella 2.1e.Il seguente esercizio risulterà utile quando discuteremo le tecniche di di-mostrazione di un teorema.

◃ Esercizio 2.5. Verificare che la seguente proposizione è una tautologia:

(p1 ⇒ p2) ⇔ ((∼ p2) ⇒ (∼ p1)) (2.4.2)

64 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

Soluzione. La tavola di verità di (∼ p2) ⇒ (∼ p1) è la seguente:

p1 p2 (∼ p2) ⇒ (∼ p1)V V VF V VV F FF F V

(2.4.3)

Poiché (2.4.3) coincide con Tabella 2.1d, la conclusione segue immediatamentedalla Tabella 2.1e. ▹

In particolare, useremo la (2.4.2) nelle cosiddette dimostrazioni per con-trapposizione.

Tecniche di dimostrazioneAdesso illustriamo, mediante esempi semplici, dimostrazioni

(i) : costruttive;

(ii) : per contrapposizione;

(iii) : per assurdo;

(iv) : per induzione.

Teorema 2.1. Esiste una funzione bigettiva f : N → Z.

Dimostrazione. (costruttiva) : Questo teorema può essere dimostrato co-struendo esplicitamente la f : N → Z con le proprietà richieste. I dettaglidi questa costruzione sono stati forniti nell’Esercizio 2.4.

Teorema 2.2. Sia n ∈ N. Se n2 è pari, allora n è pari.

Dimostrazione. (per contrapposizione): Poniamo

p1 : n2 è pari

p2 : n è pari

2.4 Tecniche di dimostrazione 65

L’asserto da dimostrare è p1 ⇒ p2. In virtù della tautologia (2.4.2) pos-siamo, in modo equivalente, dimostrare che (∼ p2) ⇒ (∼ p1). In parole, èsufficiente dimostrare che:

se n e dispari, allora n2 e dispari. (2.4.4)

Ma, se n è dispari, allora si può scrivere n = 2k+1, dove k ∈ N. Dunque

n2 = (2k + 1)2 = 4k2 + 4k + 1 = 2(2k2 + 2k) + 1

è dispari, come richiesto.

Teorema 2.3.√2 ∈ Q.

Dimostrazione. (per assurdo): In questo caso, la dimostrazione consistenel mostrare che, negando la tesi, si arriva ad una contraddizione (as-surdo). Supponiamo dunque che

√2 ∈ Q: allora deve essere possibile

scrivere √2 =

n

m, (2.4.5)

dove m,n ∈ Z, m, n = 0 e m,n sono primi fra loro.Elevando al quadrato la (2.4.5), si ottiene facilmente

2m2 = n2 .

Dunque n2 è pari e, per il Teorema 2.2, anche n è pari, cioè n = 2k.Quindi

m2 = 2k2 ,

da cui anche m è pari, cosa che contraddice il fatto che m e n siano primitra loro.

Per chiudere questa sezione, illustriamo ora il principio di induzione ma-tematica. Il modo più semplice per enunciarlo è il seguente:

Proprietà 2.1 (Principio di induzione). Sia pn, n ∈ N, una famiglia diproposizioni. Se

(i) p0 è vera;

(ii) (pk vera) ⇒ (pk+1 vera),

66 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

allora pn è vera ∀n ∈ N.

Per visualizzre il significato del principio di induzione si può pensare aduna fila di soldati in cui

(i) il primo soldato cade;

(ii) (la caduta del soldato al posto k) ⇒ (la caduta del soldato al postok + 1).

Allora tutti i soldati cadono.

Introduciamo l’utile simbolo di sommatoria Σ. In particolare, precisiamoche, se a1, . . . , an sono n numeri reali, allora vale la regola di scrittura:

n∑

i=1

ai = a1 + a2 + . . . + an (2.4.6)

(si legge sommatoria per i da 1 a n di ai). Il simbolo i viene chiamatoindice di sommatoria. Altre lettere comunemente usate per denotare unindice di sommatoria sono j, k oppure ℓ, ad esempio.

Teorema 2.4. ∀ n ∈ N, si ha

n∑

ℓ=0

ℓ =n (n+ 1)

2. (2.4.7)

Dimostrazione. (per induzione): dobbiamo verificare che sono soddisfattele due ipotesi induttive (i) e (ii) del principio di induzione (Proprietà 2.1).Per la (i), si ha semplicemente

0∑

ℓ=0

ℓ =0 (0 + 1)

2= 0 ,

che effettivamente risulta vera. Per quanto invece riguarda la (ii), possia-mo scrivere

k+1∑

ℓ=0

ℓ =k∑

ℓ=0

ℓ + (k + 1) =k (k + 1)

2+ (k + 1)

= (k + 1) (k

2+ 1) =

(k + 1) [(k + 1) + 1]

2, (2.4.8)

2.5 Esercizi di riepilogo 67

dove, per la seconda uguaglianza in (2.4.8), abbiamo usato il fatto che la(2.4.7), per l’ipotesi induttiva, è vera per n = k. A questo punto la (2.4.8)non è altro che la (2.4.7) con n = k + 1.

Aneddoto: Si narra che Gauss, all’età di 7 (sette!) anni, abbia ottenutola (2.4.7) nel modo seguente:

1n

++

2(n− 1)

++

3(n− 2)

++

· · · · · · ++

(n− 1)2

++

n1

Ognuno dei vale (n+1), e di ce ne sono n. Quindi la somma delle

due righe vale n (n+ 1). Dividendo per 2, si ottiene la (2.4.7)!

2.5 Esercizi di riepilogo

◃ Esercizio 2.6. Sia A l’insieme dei naturali multipli di 2 e sia B l’insiemedei naturali multipli di 6. Descrivere i seguenti insiemi:

A ∩ B ; CB(A) ; CN(A) ; A×B .

Soluzione. Osserviamo preliminarmente che

A = {2k ∈ N : k ∈ N} ; B = {6k ∈ N : k ∈ N} .

Quindi B ⊂ A, per cui A ∩B = B. Poi,

CB(A) = {(2 + 6k) ∈ N : k ∈ N} ∪ {(4 + 6k) ∈ N : k ∈ N} .

Proseguendo, troviamo:

CN(A) = {(2k + 1) ∈ N : k ∈ N} .

InfineA×B = {[2k, 6ℓ] ∈ N×N : k, ℓ ∈ N} .

Si può notare che A×B è un sottoinsieme del prodotto cartesiano di N con sestesso.

68 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

◃ Esercizio 2.7. Siano A e B gli insiemi definiti nell’Esercizio 2.6; siapoi

D = {[k, k] ∈ N×N : k ∈ N} .

Descrivere l’insieme(A× B) ∩D .

Soluzione.

(A×B) ∩D = {[6k, 6k] ∈ N×N : k ∈ N} .

◃ Esercizio 2.8. Siano A e B gli insiemi definiti nell’Esercizio 2.6. Siconsideri la funzione f : A → B definita da:

f(n) = 6n ∀ n ∈ A .

f è iniettiva? f è surgettiva?

Soluzione.

6n1 = 6n2 ⇒ n1 = n2 ,

quindi f è iniettiva. Per quanto riguarda la surgettività, è sufficiente osservareche, dato che 1 ∈ A,

# n ∈ A tale che f(n) = 6 .

Quindi f non è surgettiva.▹

◃ Esercizio 2.9. Siano A e B gli insiemi definiti nell’Esercizio 2.6. Sidefinisca, se possibile, una funzione bigettiva f : B → A.

Soluzione. Basta porre:

f(n) =n

3, ∀ n ∈ B .

Vediamo ora alcuni esercizi che ci consentiranno di acquisire la tecnicanecessaria per trasformare un numero periodico nella corrispondente fra-zione, in cui numeratore e denominatore sono numeri interi (in molti te-sti questa, una volta ridotta ai minimi termini, viene chiamata frazionegeneratrice del numero periodico).

2.5 Esercizi di riepilogo 69

◃ Esercizio 2.10. Verificare che

0, 9 = 1 . (2.5.1)

Soluzione. Poniamo x = 0, 9. Possiamo scrivere:

10x = 9, 9 ,

da cui10x− x = 9, 9− 0, 9 = 9 .

Da questo si ricava subito9x = 9 ,

e quindi x = 1. Alternativamente, il lettore avrebbe potuto procedere perassurdo, supponendo 1− 0, 9 > 0 e derivando una contraddizione. ▹

Il metodo dell’esercizio precedente consente in realtà di costruire la fra-zione generatrice di qualunque numero periodico, come adesso mostriamoin dettaglio.Rappresentiamo un generico numero periodico in forma decimale mediantela scrittura:

x = r1 . . . rn, a1 . . . apb1 . . . bq (2.5.2)

Tutte le cifre che compaiono nella scrittura di x sono numeri naturali, conr1 = 0: in particolare x ha q cifre nel periodo e p cifre nell’antiperiodo.Per abbreviare la scrittura poniamo:

R = r1 . . . rn , Ap = a1 . . . ap , Bq = b1 . . . bq , (2.5.3)

per cui x = R,ApBq. Ora osserviamo che:

10p · x = RAp, Bq e 10p+q · x = RApBq, Bq .

Da questo possiamo scrivere:

10p+q · x− 10p · x = RAp Bq, Bq − RAp, Bq = RApBq −RAp ,

da cui si deduce:

10p · (10q − 1) · x = RApBq −RAp ,

70 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

ovvero:

x =RAp Bq − RAp

99 . . . 900 . . . 0, (2.5.4)

dove il numero di 9 nella frazione generatrice (2.5.4) è pari a q, mentre ilnumero di 0 è esattamente p. Si noti però che, per completare il processo,può risultare necessario ridurre la frazione generatrice trovata in (2.5.4) aiminimi termini.

◃ Esercizio 2.11. Determinare la frazione generatrice di:

x = 34, 23 . (2.5.5)

Soluzione. Applichiamo la (2.5.4) (con q = 2 e p = 0). Si ottiene:

x =3423 − 34

99=

3389

99.

Notiamo che gli unici numeri primi che dividono 99 sono 3 e 11: dato che ilnumeratore non è divisibile per nessuno di questi due numeri, concludiamo chela frazione generatrice trovata è già ridotta ai minimi termini. ▹

◃ Esercizio 2.12. Determinare la frazione generatrice di:

x = 37, 7241 . (2.5.6)

Soluzione. Applichiamo la (2.5.4) (con q = 2 e p = 2). Otteniamo:

x =377241 − 3772

9900=

373469

9900.

Notiamo che gli unici numeri primi che dividono 9900 sono 2, 3, 5 e 11: dato cheil numeratore non è divisibile per nessuno di questi quattro numeri, concludiamoche la frazione generatrice trovata è già ridotta ai minimi termini. ▹

◃ Esercizio 2.13. Dimostrare la seguente formula per induzione:

n∑

ℓ=1

2ℓ= 2−

(

n + 2

2n

)

. (2.5.7)

2.5 Esercizi di riepilogo 71

Soluzione. Come primo passo, verifichiamo che la (2.5.7) è soddisfatta pern = 1. Abbiamo:

2−(

1 + 2

21

)

= 2− 3

2=

1

2.

D’altra parte, anche1∑

ℓ=1

2ℓ=

1

2,

come richiesto. Adesso dobbiamo utilizzare l’ipotesi induttiva per dimostrareche:

n+1∑

ℓ=1

2ℓ= 2−

(

n+ 3

2n+1

)

.

Abbiamo:n+1∑

ℓ=1

2ℓ=

n∑

ℓ=1

2ℓ+

(n+ 1)

2n+1.

Ora, usando l’ipotesi induttiva, si ha:

n+1∑

ℓ=1

2ℓ=

n∑

ℓ=1

2ℓ+

(n + 1)

2n+1= 2−

(

n+ 2

2n

)

+(n+ 1)

2n+1

= 2− 2(n+ 2)− (n+ 1)

2n+1

= 2−(

n+ 3

2n+1

)

,

come richiesto. ▹

◃ Esercizio 2.14. Un vecchio saggio dice:

(i) nessuna persona irrazionale è un matematico;

(ii) tutte le persone razionali che si impegnano per far fortuna diventanoricche.

In base a questi principi di saggezza si può dedurre che:

(a) nessuno che non si impegni può essere un matematico;

(b) i matematici che si impegnano per far fortuna diventano ricchi;

(c) i matematici diventano ricchi solo se si impegnano per far fortuna;

72 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

(d) le persone razionali sono sempre dei matematici;

(e) tutti i ricchi sono persone razionali oppure sono dei matematici.

Soluzione. Le due affermazioni del saggio possono essere schematizzate comesegue:

(i) matematico ⇒ razionale

(ii) ( razionale e impegno) ⇒ ricco

(si noti che per (i) abbiamo usato l’Esercizio 2.5). Ora, applicando (i), deducia-mo che:

(iii) ( matematico e impegno) ⇒ ( razionale e impegno)

Infine, da (iii) e (ii):

(iv) ( matematico e impegno) ⇒ ricco

Quindi la risposta (b) è corretta. Il lettore completerà lo studio di questoesercizio verificando che le altre possibili risposte NON sono accettabili.

2.6 Esercizi proposti

◃ Esercizio 2.15. Ordinare i seguenti numeri razionali in ordine crescente

3

4,5

6,13

10,1

2.

◃ Esercizio 2.16. Gigi ha una torta: dopo un’ora, ne ha mangiato i(2/7) e, nell’ora seguente, ne mangia i (2/7) di ciò che rimaneva dopo laprima ora. Quale parte di torta viene mangiata da Gigi in queste due ore?

◃ Esercizio 2.17. Scrivere in forma di quoziente di interi il numeroperiodico 2, 1331 .

◃ Esercizio 2.18. Si consideri la funzione f : N → N definita da:

f(n) = n3 , ∀ n ∈ N .

Stabilire se f è: iniettiva, surgettiva, bigettiva.

2.6 Esercizi proposti 73

◃ Esercizio 2.19. Calcolare la somma dei primi n numeri dispari:

n−1∑

k=0

(2k + 1) .

◃ Esercizio 2.20. Calcolare la somma dei primi n numeri pari.

◃ Esercizio 2.21. Dimostrare che la somma dei quadrati dei primi nnumeri naturali è:

n∑

k=0

k2 =n(n+ 1)(2n+ 1)

6.

◃ Esercizio 2.22. Dimostrare le seguenti affermazioni:

(i) la somma di due numeri pari è un numero pari;

(ii) la somma di due numeri dispari è un numero pari;

(iii) il prodotto di due numeri dispari è un numero dispari.

◃ Esercizio 2.23. Dati due numeri reali a e b, con a < b, poniamo:

(a, b) = {x ∈ R : a < x < b} .

L’insieme (a, b) viene chiamato intervallo aperto di estremi a e b (si notiche a ∈ (a, b) e b ∈ (a, b)). Ora si consideri l’insieme

I =⋃

k∈Z

(k, k + 1)

(questa simbologia significa che l’insieme I è l’unione degli (infiniti) in-tervalli aperti (k, k + 1) , dove k è un numero intero). DeterminareCR(I) .

◃ Esercizio 2.24. Si consideri la proposizione seguente:

(i) ogni uomo politico ha qualche buona qualità;

Dire che la proposizione (i) è falsa equivale a dire che:

(a) esiste almeno un uomo politico senza alcuna buona qualità;

74 Insiemi, funzioni e linguaggio logico-matematico

(b) tutti gli uomini politici sono senza alcuna buona qualità;

(c) se un uomo non ha nessuna buona qualità, allora è un politico;

(d) ogni uomo politico è senza buone qualità;

(e) se un uomo ha almeno una buona qualità, allora è un politico.

2.7 Commenti e note bibliografiche

La teoria degli insiemi è stata inizialmente sviluppata, nella seconda metàdel secolo XIX, dal matematico tedesco G. Cantor. Una sistemazione piùmoderna (assiomatica) dei fondamenti di questa teoria è stata iniziata daZermelo, intorno al 1908. Attualmente, questa teoria svolge un ruolo im-portante per i fondamenti della matematica e si colloca nell’ambito dellacosiddetta logica matematica. Per un approccio elegante a questi argo-menti si può consultare il libro di Halmos [18].

In questo capitolo abbiamo lavorato, in modo operativo e diretto, conl’insieme dei numeri naturali N : segnaliamo però che un’introduzionematematicamente rigorosa dei numeri naturali richiede, anche nell’ordinedi idee di quanto visto nel Capitolo 1 per la geometria euclidea classica, unapproccio assiomatico di cui il principio di induzione è una conseguenza(si veda [8]); gli assiomi relativi ai numeri naturali sono noti come assiomidi Peano, in onore del matematico che, rielaborando un precedente lavorodi Dedekind, per primo li introdusse nel 1889.

Riprendiamo ora brevemente il concetto di numero trascendente: formal-mente, si tratta di un numero irrazionale che non è algebrico, cioè non èsoluzione di nessuna equazione polinomiale della forma:

anxn + an−1x

n−1 + . . .+ a1x+ a0 = 0 ,

dove n ≥ 1 e i coefficienti ai sono numeri interi, non tutti nulli. L’insiemedei numeri trascendenti non è chiuso rispetto all’addizione e al prodotto;ad esempio, se x è trascendente, così sarà −x, ma la loro somma (che è0) è evidentemente un numero algebrico. L’insieme dei numeri algebri-ci è numerabile, cioè ammette una corrispondenza biunivoca (= funzione

2.7 Commenti e note bibliografiche 75

bigettiva) con l’insieme dei numeri naturali N. Al contrario, l’insieme ditutti i numeri reali R è non numerabile; ciò implica che l’insieme dei nume-ri trascendenti è non numerabile, cioè esistono infinitamente più numeritrascendenti che algebrici (lasciamo al solo livello intuitivo il significato diquesta affermazione). Tale risultato fu dimostrato da Cantor alla fine delsecolo XIX.In generale, diciamo che dimostrare che un dato numero è trascendentepuò essere molto difficile: l’esistenza dei numeri trascendenti fu dimostrataper la prima volta nel 1844 dal grande matematico francese J. Liouville,che riuscì a costruire un’intera importante classe di numeri trascendenti,i cosiddetti numeri di Liouville.In particolare, la scoperta dei numeri trascendenti consentì la dimostrazio-ne dell’impossibilità di risolvere diversi antichi problemi geometrici riguar-danti costruzioni con riga e compasso. Il più famoso, cioè la cosiddettaquadratura del cerchio, consiste nel costruire, mediante riga e compasso,un quadrato avente la stessa area di un dato cerchio: l’impossibilità a ri-solvere questo problema equivale alla trascendenza di π, che fu dimostratarigorosamente da F. Von Lindemann nel 1882.