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STRATEGIE NUTRIZIONALI, INTEGRAZIONE E RECUPERO Responsabile scientifico: Enrico Arcelli

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STRATEGIE NUTRIZIONALI, INTEGRAZIONE E RECUPERO

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Page 1: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

STRATEGIE NUTRIZIONALI,INTEGRAZIONE E RECUPERO

Responsabile scientifico: Enrico Arcelli

Page 2: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010
Page 3: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

L’Equipe Enervit: la scienza e la ricerca per lo sport . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Indice e carico glicemico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Pre-sport: strategie nutrizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

Alimentazione e integrazione durante lo sport . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Il recupero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Sport e proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

Omega-3 e sport . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

INDICE

Page 4: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

4

l’equipe enervit:la scienza

e la ricerca per lo sport

L’Equipe Enervit è una società di ricerca scientifi-

ca applicata allo sport che si avvale della collabo-

razione di un gruppo di esperti, di ricercatori e del

contributo di centri universitari italiani e di altri

paesi europei.

In più di trent’anni, l’Equipe Enervit ha fatto

la storia dell’alimentazione e dell’integrazione per

l’attività fisica. Le esperienze maturate “sul

campo” hanno consentito di studiare a fondo i

problemi dell’integrazione proteica ed energetica,

della sete, dei radicali liberi e del recupero.

L’Equipe Enervit ha diffuso le conoscenze scien-

tifiche sviluppate grazie agli studi dei suoi ricer-

catori e ha insegnato a molte generazioni di spor-

tivi ad alimentarsi in modo corretto e continua a

farlo oggi con lo scopo di tradurre queste espe-

rienze in risposte utili alle esigenze di tutti coloro

che praticano sport ad ogni livello o che sempli-

cemente conducono una vita attiva.

Gli esperti dell’Equipe Enervit sono impegnati

anche nella divulgazione delle più moderne stra-

tegie alimentari e sono al servizio di tutte le per-

sone che credono nella ricerca della salute attra-

verso l’alimentazione.

L’obiettivo di questa pubblicazione dell’Equipe

Enervit è appunto quello di diffondere le ultime

novità nel campo della nutrizione dello sport e di

fornire a coloro che praticano attività fisica le linee

guida che consentono loro di potersi alimentare ed

integrare nei modi più razionali.

La nutrizione applicata allo sport è un campo

di ricerca relativamente nuovo, in evoluzione e

in rapida crescita. Nuovi studi scientifici stanno

fornendo informazioni innovative per capire come

Page 5: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

5

reagisce l’organismo di un atleta durante o dopo

l’attività fisica.

I dati acquisiti in laboratorio, però, non sempre

aiutano a capire quello che accade effettivamente

durante un allenamento o una competizione. È

per questo che è così importante il contatto con-

tinuo con gli atleti.

In questo modo è possibile soddisfare i fabbisogni di

energia e di nutrienti, in moltissimi casi assai elevati

e, al tempo stesso, concorrere al raggiungimento e

al mantenimento della migliore “forma” fisica.

Una razionale alimentazione, inoltre, deve garantire

la reintegrazione di quegli elementi le cui carenze

potrebbero limitare la prestazione.

Page 6: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

6

- 1 -Indice e carico glicemico

È ormai nota da decenni la possibilità di classificare i

carboidrati in funzione della loro attitudine a determi-

nare risposte glicemiche ed insulinemichepiùomeno

pronte. Nella letteratura scientifica è stato introdotto

il termine di glycemic index (GI) e, in italiano, di indice

glicemico (IG).

L’impiego di questo criterio classificativo degli

alimenti (specie di quelli contenenti carboidrati)

ha ricevuto un crescente supporto scientifico ed ha

ora molte applicazioni di tipo pratico.

L’INDICE GLICEMICO

L'indice glicemico è l’espressione della velocità con

cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione

di un certo alimento. In un grafico in cui si indicano i

valori della glicemia nelle due ore successive all’as-

sunzione di 50 g di un alimento che si vuole testare,

in pratica, si calcola la superficie al di sopra dei valori

basali e la si confronta conquella chesi hadopo l’inge-

stione di 50 g di un alimento di riferimento, di solito

il glucosio (si veda la Figura 1).

Un indice glicemico pari a 50, per esempio, indica che

l'alimento preso in esame determina un’area

di innalzamento della glicemia che è la metà

di quella del glucosio.

Risposta glicemica

Ris

post

agl

icem

ica

3

2,5

2

1,5

1

0,5

0

-0,530 60 90

Glucosio

Saccarosio

Fruttosio

3

5

2

5

1

5

0

5

Glucosio

S ii5

2

5

1

5

0

5

Saccarosi

Fruttosio

5

0

30 60 90

Tempo (min)

Figura 1 - Il grafico indica l’andamento nel tempo (in min) dellaglicemia (in mmol/L) dopo l’assunzione di 50 g di glucosio (lineablu), di saccarosio (linea rossa) e di fruttosio (linea verde).

Page 7: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

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Tabella 1

COME CONSIDERARE L’INDICE GLICEMICO

Molto basso: inferiore a 40

Basso: inferiore o uguale a 55

Medio: compreso tra 56 e 69

Alto: superiore o uguale a 70

Tabella 2

ESEMPI DI INDICE GLICEMICO

RIFERITO AL GLUCOSIO

Broccoli, finocchi, insalata, spinaci,

zucchine, etc. 15

Soia 18

Yogurt bianco 19

Fruttosio 23

Ciliegie 23

Orzo perlato 23

Legumi 30

Albicocca 32

Latte scremato 34

Pere 38

Mela 39

Ravioli 41

Pesca 44

Arancia 46

Uva 48

Piselli 49

Cioccolato 51

Succo d’arancia 54

Banana 56

Pasta 57

Biscotti da tè 58

Patate bollite 59

Riso bianco 60

Gelato 63

Biscotti di pasta frolla 66

Zucchero 67

Gnocchi 69

Pane bianco di frumento 73

Miele 76

Patate fritte 78

Wafer alla vaniglia 80

Patate al forno 88

Glucosio 100

L’indice glicemico di un alimento, oltre che

dal tipo di carboidrato presente in esso, viene

influenzato da altri fattori:

• dal metodo di cottura (il riso soffiato ha

un indice glicemico superiore a quello bollito,

oppure le carote crude presentano un indice

glicemico più basso rispetto a quelle cotte);

Page 8: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

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• dalla composizione del pasto (la presenza

di grassi e di proteine rallenta la digestione e

di conseguenza i carboidrati contenuti nell’ali-

mento vengono assorbiti più lentamente);

• dalla presenza di fibre (quelle idrosolubili

rallentano l'assorbimento di glucosio a livello

intestinale e sono in grado di mantenere

la glicemia costante per lunghi periodi).

In seguito a queste evidenze, ci si è resi conto

di quanto possa essere importante tenere conto

dell’indice glicemico anche nelle scelte alimen-

tari dello sportivo, non soltanto per ottenere

effetti favorevoli sul peso e sulla composizione

corporea, ma anche per una più favorevole

modulazione del metabolismo energetico

durante la prestazione.

Gli alimenti a basso indice glicemico, in partico-

lare nei pasti che precedono una gara o un alle-

namento, possono favorire l’utilizzo dei grassi

durante l’attività fisica e consentire così un

risparmio del glicogeno.

L'indice glicemico non è l'unico parametro che

occorre considerare per calcolare la risposta

glicemica. Esiste un indice, infatti, che è ancora

più importante: quello del carico glicemico.

Il carico glicemico (CG), oltre a tenere conto

della qualità dei carboidrati contenuti negli

alimenti (come fa l’indice glicemico), considera

anche la loro quantità.

IL CARICO GLICEMICO

Il carico glicemico non tiene conto solo

dell’indice glicemico, ma della densità dei car-

boidrati. Quanto più un cibo è densamente costi-

tuito da carboidrati, tanto più è elevata la risposta

glicemica e la conseguente messa in circolo

dell’insulina.

Le ricerche scientifiche, del resto, hanno eviden-

ziato che, per mantenere un ottimale livello

di glicemia post-prandiale, non è sufficiente

prendere in considerazione il solo indice glice-

mico, ma anche la quantità complessiva dei car-

boidrati assunti. Il carico glicemico si ottiene

moltiplicando la quantità di carboidrati presente

in un alimento per il suo indice glicemico e divi-

dendo poi per 100:

IG x grammi di carboidrati dell’alimento

CG = ---------------------------------------------

100

In questo modo, si definisce la quantità –

e non solo la qualità - di alimento e, di conse-

Page 9: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

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guenza, quella dei carboidrati che è bene assu-

mere in un pasto. Il carico glicemico deve esse-

re di circa 30. Un pasto con elevato carico glice-

mico, infatti, comporta un’altrettanto elevata

risposta glicemica post-prandiale, con relativo

aumento del livello di insulina nel sangue.

Per esempio 100 grammi di pasta danno un cari-

co glicemico (CG) di 45,6 (che supera abbondan-

temente il valore ideale di 30). Esso si ricava

moltiplicando l’indice glicemico (IG) della pasta

(57) per la quantità di carboidrati, in grammi,

presenti in 100 g di pasta (80) e dividendo per

100 il risultato. Per poter mangiare nello stesso

pasto anche 300 g di broccoli con CG 1,35 (IG 15

x 9 g di carboidrati / 100) e una mela di 120 g con

CG 4,7 (IG 39 x 12 g di carboidrati / 100), si devo-

no assumere non più di 40-45 g di pasta pesata

a crudo.

CARBOIDRATI PER LO SPORT

I diversi carboidrati utilizzati dagli sportivi hanno

caratteristiche differenti l’uno dall’altro.

Fruttosio

Il fruttosio è un prodotto naturale. Come il sac-

carosio è lo zucchero della barbabietola e della

canna da zucchero, così il fruttosio è natural-

mente presente nella frutta, nel miele, nelle

cipolle o nella cicoria.

Il fruttosio è molto solubile ed ha proprietà

organolettiche eccezionali: il suo potere dolcifi-

cante è superiore al saccarosio ed è un esalta-

L'indice glicemico (IG) è un indicatore qualitativo dell’effetto che ha sull’andamento della

glicemia (ossia dei livelli del glucosio nel sangue) una determinata quantità di un cibo conte-

nente carboidrati. Segnala, in pratica, qual è l’entità della risposta della glicemia in seguito

ad una quantità di cibo contenente 50 g di carboidrati disponibili.

Il carico glicemico (CG) è un indicatore quantitativo, che si ottiene moltiplicando l’indice glice-

mico per la quantità di carboidrati presenti nell’alimento e dividendo poi per 100. In questo

modo, si definisce la quantità – e non solo la qualità – dell’alimento e, di conseguenza,

dei carboidrati da assumere in un pasto (valore ideale 30).

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tore di gusto e aromi. Il fruttosio è considerato

insulino-indipendente e favorisce il consumo

di grassi da parte dei muscoli nel corso dell’at-

tività. Dopo l‘assunzione, il fruttosio passa rapi-

damente dallo stomaco, mentre viene assorbito

a livello intestinale ad una velocità inferiore

rispetto al glucosio e al saccarosio.

La sua risposta glicemica è nettamente meno

elevata di quella di altri zuccheri semplici.

Il fruttosio ha l’indice glicemico più basso in asso-

luto tra gli zuccheri semplici con un valore di 23.

Giunto al fegato, esso viene trasformato in glu-

cosio e immagazzinato sotto forma di glicogeno

epatico, una riserva di energia che può essere uti-

lizzata durante lo sforzo fisico.

CARATTERISTICHE DEL FRUTTOSIO

• Elevata velocità dello svuotamento gastrico

• Graduale assorbimento intestinale e, di conse-

guenza, un utilizzo modulato nel tempo

• Bassa risposta insulinemica, con conseguente

miglior utilizzo dei grassi circolanti (FFA) e un

possibile risparmio del glicogeno muscolare

• Assenza di “ipoglicemia reattiva”

• Efficacia sulla risintesi del glicogeno epatico

• Basso indice glicemico (23).

Maltodestrine

Le maltodestrine sono polimeri del glucosio; esse,

in altre parole, sono molecole di varia lunghezza,

composte da un numero di molecole di glucosio

molto variabile: maltosio (due molecole di gluco-

sio), trisaccaridi (tre molecole), tetrasaccaridi

(quattro molecole) e polisaccaridi (composti da un

numero ancora maggiore di molecole di glucosio).

Una prerogativa di non poco conto riferita alla

particolare struttura chimica di questi elementi

nutritivi è la capacità di esercitare una minor

pressione osmotica rispetto a simili soluzioni

di glucosio o zuccheri semplici. Tale terminologia

significa che, quando sciogliamo le maltodestrine

in acqua, si ha una bevanda meno "densa" di

quelle preparate con altri zuccheri. Questa carat-

teristica permette una vantaggiosa utilizzazione

da parte dell'organismo secondo quanto viene

dimostrato da numerose ricerche scientifiche.

CARATTERISTICHE DELLE MALTODESTRINE

• Esercitano una bassa pressione osmotica

• Consentono di mantenere adeguati livelli

di glicemia durante l'esercizio

• Sono in grado di elevare il tempo di esaurimento

negli sforzi prolungati

Page 11: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

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• Possono consentire un risparmio di glicogeno

muscolare

• Hanno un elevato indice glicemico (100 come

il glucosio), adatto per il recupero dopo l’attività.

In miscela con il fruttosio, l’indice glicemico si

riduce.

• Dopo lo sforzo, favoriscono un più rapido

ripristino delle riserve di glicogeno muscolare

rispetto agli altri carboidrati.

Glucosio

Il glucosio è formato da una sola molecola (mono-

saccaride); rappresenta la forma di gran lunga più

comune di carboidrato elementare che passa dal-

l’intestino al sangue dopo la digestione e una delle

fonti energetiche per l’organismo e per le cellule.

Il glucosio è un supporto anche nella sintesi delle

proteine e nel metabolismo dei grassi. Dato che

le cellule del sistema nervoso non sono in grado

di metabolizzare i lipidi, il glucosio rappresenta

la loro fonte principale di energia. Il glucosio, dopo

l’assorbimento dall’intestino, entra nel sangue e

una frazione viene indirizzata direttamente alle cel-

lule del cervello, mentre gran parte del rimanente

si accumula nel fegato e nei muscoli in una forma

complessa simile all’amido, denominata glicogeno.

Quest’ultimo costituisce una fonte fondamentale di

energia per il corpo, in particolare quando si svolge

attività fisica. Il rapido assorbimento fa del glucosio

uno degli zuccheri semplici a più alto indice glice-

mico, tanto che il valore viene fissato a livello inter-

nazionale a 100 e rappresenta l’unità di misura di

tale indice in confronto con tutti gli altri carboidra-

ti. Il livello di glucosio nel sangue e nei tessuti è rego-

lato da alcuni ormoni, soprattutto dall’insulina e dal

glucagone.

Si tenga presente che gli altri monosaccaridi pre-

senti in natura sono il fruttosio (del quale si è già

parlato) e il galattosio (che si trova nello zucchero

del latte, il lattosio, un disaccaride costituito da

una molecola di glucosio e, appunto, da una

di galattosio). Il fruttosio e il galattosio, dopo l’as-

sorbimento intestinale, vengono indirizzati al

fegato, dove vengono a loro volta convertiti in glu-

cosio. Il percorso di trasformazione di questi zuc-

cheri fa sì che il glucosio che ne deriva venga rila-

sciato lentamente da parte del fegato; il loro indice

glicemico, dunque, risulta essere sensibilmente

inferiore a quello del glucosio.

Nell’interno delle cellule, la via metabolica per

convertire il glucosio in molecole più semplici

e per produrre energia sotto forma di adenosin-

trifosfato (ATP) è definita glicolisi, un processo

Page 12: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

12

chimico che, attraverso vari passaggi, porta

alla trasformazione di ogni molecola di glucosio

in due molecole di acido piruvico.

Saccarosio

Il saccarosio è un disaccaride; esso, cioè, è formato

da due molecole, una di glucosio e una di fruttosio;

è lo zucchero che si consuma abitualmente a casa

o al bar e che di solito è chiamato semplicemente

zucchero o zucchero da cucina.

Nei paesi europei, il saccarosio viene estratto dalla

barbabietola e nel resto del mondo dalla canna da

zucchero. Ha un indice glicemico medio-alto (67).

Isomaltulosio

L’isomaltulosio è uno zucchero naturale, simile ma

meno dolce del saccarosio ed è tra i componenti del

miele e dello zucchero di canna. Come il saccarosio,

l’isomaltulosio è formato da una molecola di frutto-

sio e da una di glucosio; esse però sono legate

diversamente tra loro. Il legame dell’isomaltulosio è

più resistente all’azione digestiva: ne consegue un

assorbimento che è del 20-25% più lento rispetto al

saccarosio. L’isomaltulosio ha un indice glicemico

basso e un basso grado di osmolarità, rispetto al

glucosio e al fruttosio.

Come documentato da alcune ricerche scientifiche,

durante sforzi prolungati, l’isomaltulosio fornisce

energia per un tempo più prolungato e contribuisce

a far “bruciare” più grassi del saccarosio.

BIBLIOGRAFIA

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13

Gli obiettivi delle strategie nutrizionali da attuare

prima di ogni attività sportiva sono rivolti

a ottimizzare la disponibilità di carboidrati e

di riserve idriche.

L’ingestione di carboidrati 3-4 ore prima di uno

sforzo fisico può aumentare i depositi di glicogeno

epatico e muscolare ed è stata associata a un

miglioramento delle prestazioni nelle prove

di endurance. Va considerato, però, che un

aumento dei livelli plasmatici di insulina

in conseguenza all’assunzione di carboidrati,

specialmente ad alto indice glicemico, nell’ora

precedente l’inizio dell’attività inibisce la lipolisi

e l’immissione in circolo del glucosio da parte

del fegato.

Per quello che riguarda l’idratazione dell’organi-

smo, molti atleti hanno difficoltà ad arrivare

all’esercizio fisico avendo la giusta quantità

di acqua nel corpo.

L’APPORTO DI ENERGIA

La scelta di alimenti a basso indice glicemico

o, meglio, l’esclusione di alimenti ad alto indice

glicemico dai pasti immediatamente precedenti

la prestazione sportiva, può favorire l’ossida-

zione degli acidi grassi in corso di esercizio

fisico.

L’utilizzo di acidi grassi da parte dei muscoli,

a sua volta, sembra indurre il risparmio di gli-

cogeno che, quindi, risulta disponibile più a

lungo durante la prestazione sportiva, soste-

nendone la durata o permettendo eventual-

mente un’intensità più elevata nelle fasi finali.

Un uso controllato di carboidrati a basso indice

glicemico nelle ore precedenti la prestazione,

inoltre, può far sì che si riduca il rischio di ipo-

glicemia reattiva durante le prime fasi della

prestazione stessa.

All’origine di questi effetti c’è la modulazione

- 2 -Pre-sport: strategie nutrizionali

Page 14: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

14

della produzione insulinica; essa è elevata con

gli alimenti ad alto indice glicemico e ha effetti

inibitori sul rilascio di acidi grassi liberi da

parte del tessuto adiposo, con la conseguente

carente disponibilità per il metabolismo ener-

getico dei muscoli. Sono ormai numerose, in

effetti, le evidenze sperimentali a favore dell’as-

sociazione tra impiego di carboidrati a basso

indice glicemico, maggiore concentrazione pla-

smatica di acidi grassi liberi e l’ossidazione

di una maggiore quantità di essi durante

l’esercizio fisico.

La strategia nutrizionale pre-gara basata sul

basso indice glicemico e sul contenimento della

produzione insulinica, in ogni caso, è utile soltanto

in quelle discipline sportive nelle quali si verifichi

un’effettiva tendenza all’esaurimento del glicogeno

muscolare e nelle quali l’intensità di esercizio sia,

almeno in alcune fasi della prova, compatibile con

l’utilizzo dei grassi a scopo energetico, quindi con

frequenze cardiache inferiori a quella della soglia

anaerobica.

Al di sopra di questi livelli, infatti, è ben nota la

rapida caduta dell’utilizzo dei lipidi a scopo ener-

getico, con sostanziale impossibilità di un consu-

mo alternativo a quello dei carboidrati e, in parti-

colare, del glicogeno.

LA LETTERATURA SCIENTIFICA

Sono numerosi i lavori scientifici che dimostrano

gli effettivi vantaggi dell’assunzione di pasti

o di carboidrati a basso indice glicemico prima

dell’attività sportiva quando lo sforzo è protratto.

Nello studio condotto dal Dipartimento di

Nutrizione dell’Università californiana di San

Josè (De Marco et al. 1999), i dati evidenziano

che un pasto assunto da 10 ciclisti ben allenati

30 minuti prima di un allenamento (2 ore al

70% del massimo consumo di ossigeno e

in seguito al 100% del massimo consumo

di ossigeno fino a esaurimento) può incidere

positivamente sulla massima prestazione rela-

tiva ad un impegno elevato. Al termine dell’in-

tenso esercizio, i livelli plasmatici di glucosio

sono risultati più alti e la valutazione della per-

cezione dello sforzo è risultata significativa-

mente più bassa nel caso del pasto a basso

indice glicemico a confronto con quello ad alto

indice glicemico. Da sottolineare che il tempo

di esaurimento era migliore del 59% dopo

il pasto a basso indice glicemico (206.5 ±43.5 s),

rispetto a quello ad alto indice glicemico

(129.5 ±22.8 s). La ricerca del Dipartimento di

Scienza dello Sport, Salute ed Esercizio

dell’Università Britannica di Hull (Moore et al.

Page 15: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

15

2009) ha valutato gli effetti di alimenti a basso e

ad alto indice glicemico, consumati da 10 ciclisti

45 min prima di un allenamento di 40 km, sul

metabolismo e la successiva prestazione di

endurance. La composizione di entrambi i pasti

prevedeva 1 g di carboidrati per chilogrammo di

peso corporeo. Il tempo finale per completare il

percorso fu significativamente inferiore per il

gruppo che aveva assunto i carboidrati a basso

indice glicemico (93±8 min) rispetto a quelli con

alto indice glicemico (96±7 min). Anche il livello

di ossidazione dei carboidrati risultò più elevato

nel caso del pasto a basso indice glicemico nei

confronti di quello ad alto indice glicemico.

Un pasto a basso indice glicemico, quindi,

è in grado di aumentare la disponibilità e una

maggiore ossidazione dei carboidrati per tutto il

periodo e fino alla fine dell’attività e di mantenere

elevata la produzione di energia. I dati hanno evi-

denziato anche il miglioramento dei tempi delle

prestazioni.

PROTEINE PRIMA DELL’ATTIVITÀ FISICA

Un discorso differente è quello relativo a ciò che

è bene assumere prima di un allenamento per

il miglioramento della forza e/o della massa

muscolare.

L’aumento di dimensioni delle fibre muscolari è,

in genere, stimolato da un intenso allenamento

contro resistenza, associato alla disponibilità

di aminoacidi essenziali; tale fenomeno è la risul-

tante di due processi sempre e parallelamente

in atto: la sintesi proteica e la degradazione pro-

teica. Un bilancio fra i due processi tale da favorire

l’accrescimento della massa muscolare è possi-

bile solo se la velocità della sintesi proteica eccede

quella della degradazione proteica; i fattori

alimentari che supportano l’uno o l’altro processo,

inoltre, sono differenti. L’allenamento contro resi-

stenza, fra l’altro, determina la produzione di

ormoni con effetto anabolico, come l’IGF-1, e sti-

mola l’mTOR, una molecola che favorisce la sin-

tesi proteica. Un effetto sinergico è posseduto

dall’assunzione di aminoacidi, soprattutto con-

temporanea con l’attività fisica, dal momento che

anch’essi, agiscono su IGF-1 e mTOR.

Dal punto di vista nutrizionale, i due processi

di sintesi e di degradazione proteica sono entrambi

influenzati dalla concentrazione nel plasma

sanguigno di aminoacidi essenziali, mentre non

risentono della presenza di aminoacidi non

essenziali; i tempi con cui si verifica la disponi-

bilità di aminoacidi essenziali, tuttavia, è l’ele-

mento caratterizzante. La sintesi proteica, infatti,

viene stimolata da un’elevata presenza di amino-

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acidi essenziali nel plasma, ovvero da un notevole

incremento della concentrazione in tempi brevi;

tale picco ha però effetti modesti nell’inibire

la degradazione (Boirie et al., 1997). Un modera-

to incremento protratto nel tempo, viceversa,

inibisce la degradazione proteica, ma non ha

alcun effetto sulla sintesi (Dangin et al., 2001). È

chiaro che in generale, in diversi momenti, sono

utili sia fonti di aminoacidi essenziali a rapido

assorbimento, sia fonti a lento rilascio.

L’insieme delle evidenze di alcune ricerche

scientifiche sull’assunzione di proteine prima

dell’attività fisica sembra suggerire che, al fine

di favorire al massimo la crescita muscolare in-

dotta dall’allenamento, sia utile assumere, im-

mediatamente prima dell’allenamento, un inte-

gratore che abbia contemporaneamente le

seguenti caratteristiche:

- sia ricco in aminoacidi essenziali;

- sia ricco in leucina;

- venga assorbito molto rapidamente.

Una ricerca condotta dall’Università del Texas

(Tipton et al., 2001) ha evidenziato che quando,

immediatamente prima di un allenamento

muscolare, si assumeva, assieme a dei carboi-

drati, una quantità relativamente modesta

(6 grammi) di aminaocidi essenziali puri, in forma

rapidamente assimilabile, si aveva un significati-

vo incremento della sintesi proteica rispetto a

quando la somministrazione avveniva immediata-

mente dopo il lavoro. Una possibile spiegazione

formulata dall’equipe di Tipton fu la seguente: l’au-

mento notevole del flusso sanguigno al muscolo

durante lo sforzo poteva provocare un tempora-

neo incremento della possibilità di utilizzare ami-

noacidi essenziali per la sintesi proteica, quando

tali aminoacidi fossero disponibili per le fibre

muscolari con il giusto timing. L’esperimento di

Tipton dimostrò che non conta solamente la com-

parsa degli aminoacidi nel flusso sanguigno, ma

anche le dinamiche di trasporto di aminoacidi

essenziali dal sangue al muscolo, dinamiche alte-

rate in modo transitorio e favorevole durante l’al-

lenamento.

COME È POSSIBILE OTTENERE FONTI

PROTEICHE CON UN TIMING COSÌ RAPIDO

Poiché il processo digestivo delle proteine porta

alla loro demolizione a cui segue l’assorbimento

dei “frammenti” generatisi, “idrolizzare” le pro-

teine ovvero “predigerire” le proteine con un pro-

cesso industriale che mima quello naturale, porta

ad ottenere fonti proteiche ad assimilazione più

rapida. L’assorbimento dovrebbe essere più rapido

Page 17: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

17

somministrando aminoacidi liberi, ovvero l’equiva-

lente di proteine già completamente “fram-

mentate” nei singoli aminoacidi. Questo non ac-

cade, come documentato da alcune ricerche

scientifiche. Il processo naturale di digestione

di una proteina non arriva a totale completezza

e nell’intestino si trova di norma una miscela

di aminoacidi liberi, di dipeptidi e di tripeptidi (Silk

et al., 2008). Questi tre elementi possono essere

assorbiti tal quali, mentre peptidi di 4 o più amino-

acidi non possono attraversare l’epitelio intestinale

se non in condizioni molto particolari. La ricerca ha

dimostrato che miscele di tripeptidi, di peptidi

e di aminoacidi singoli vengono assorbite in modo

più efficiente rispetto a miscele di soli aminoacidi

liberi. (Silk et al., 2008 – Matthews, 1972).

GLI AMINOACIDI ESSENZIALI NON SONO TUTTI

UGUALI. IL RUOLO SPECIALE DELLA LEUCINA

Ogni aminoacido essenziale ha un ruolo nella

sintesi proteica nella misura in cui è un compo-

nente del muscolo umano; l’importanza della

leucina, tuttavia, va probabilmente oltre il suo

ruolo di “mattone” costitutivo della proteina

muscolare. Recenti studi sembrano dimostrare

come, accanto ad altri fattori, la leucina sia deter-

minante nell’“innescare” la sintesi proteica,

dando l’avvio, all’interno della cellula, ad un pro-

cesso biochimico che successivamente coinvolge

gli altri aminoacidi essenziali come “materiale da

costruzione”. La leucina sembra stimolare la sin-

tesi proteica, agendo sull’mTOR (Koopman et al.,

2008). In questo processo, in un certo senso, la

leucina può essere considerata non soltanto co-

me un “mattone”, ma anche e soprattutto il

“capomastro” (Garlick, 2005; Dreyer et al., 2008).

ASSUNZIONE DI NUTRIENTI PRE-ESECIZIO

Queste sono le principali considerazioni da tenere

presenti:

1. I depositi di glicogeno sono limitati e dipendono

in larga misura dallo stato nutrizionale, dall'in-

tensità e dal livello di allenamento dell’atleta.

I depositi endogeni di glicogeno durante attività

da moderata a elevata intensità (65 - 85%

Sintesi proteica muscolare

25

20

15

10

5

0

perc

entu

ale

%

prima

21

dopo

8

dopo 1 h

11

dopo 3 h

17

Figura 1 - Percentuali di sintesi proteica muscolare con assun-zione di 6 g di aminoacidi essenziali, assieme a 35 g di saccaro-sio sciolti in 500 ml di acqua, prima e dopo l’esercizio fisico.

Page 18: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

18

del massimo consumo di ossigeno) possono

avere una durata variante da 90 a 180 minuti

(Tarnopolsky et al., 2005).

2. L’intensità, il ritmo e il volume dell’attività

si riducono in relazione alla diminuzione

dei livelli di glicogeno (Coyle et al., 1985).

La deplezione del glicogeno è associata

all’aumento del catabolismo del tessuto

muscolare e alla riduzione dell’attività del

sistema immunitario (Gleeson et al., 2004).

3. Quando si compiono allenamenti per aumentare

la forza e/o la massa muscolare, l’assunzione

prima dell’attività di soli aminoacidi essenziali

o di sole proteine aumenta la sintesi proteica

muscolare. L'ingestione pre-esercizio di pro-

teine e di carboidrati, inoltre, ha dimostrato

di produrre una quantità significativamente

maggiore di sintesi delle proteine muscolari

(Tipton et al., 2001).

4. L’assunzione regolare di varie fonti di proteine,

in combinazione con carboidrati stimola

un maggiore aumento della forza e agisce

positivamente sulla composizione corporea

rispetto alla sola assunzione di carboidrati

(Cribb et al., 2006).

GLOSSARIO

IGF-1: IGF significa insulin-like growth factor;

si tratta di un ormone con effetto anabolico.

mTOR: è l’acronimo di mammalian Target

Of Rapamycin (bersaglio nei mammiferi della

rapamicina); è un enzima attivato dall’allena-

mento e dagli aminoacidi, in particolare dalla

leucina.

Leucina: è un aminoacido essenziale, ossia che

deve essere necessariamente dato come tale

con gli alimenti; è uno dei tre aminoacidi a catena

ramificata, assieme all’isoleucina e alla valina.

Page 19: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

19

BIBLIOGRAFIA

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Page 20: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

20

Le tre fonti energetiche utilizzabili dai muscoli

durante lo sforzo sono essenzialmente costituite:

(a) dal glicogeno, soprattutto da quello contenuto

nei muscoli stessi;

(b) dai grassi endogeni, quelli che arrivano per

via ematica dagli adipociti e quelli già presenti

nei muscoli;

(c) dai carboidrati esogeni, quelli assunti con

l’integrazione nel corso dello sforzo stesso.

Poiché in molte discipline sportive di media-

lunga durata (specie in quelle cicliche, ma anche

nei giochi di squadra) la prestazione peggiora

quando i depositi muscolari del glicogeno si svuo-

tano (Costill, 1971; Kustrup et al., 2006), è impor-

tante non soltanto iniziare l’attività fisica avendo

tanto glicogeno nei muscoli, ma anche massimiz-

zare l’utilizzo dei grassi endogeni e dei carboidrati

assunti nel corso dello sforzo.

COME RISPARMIARE GLICOGENO MUSCOLARE

L’utilizzo prima dello sforzo di carboidrati a diffe-

rente indice glicemico influenza l’utilizzo dei

grassi endogeni da parte dei muscoli nel corso

dell’impegno fisico che viene compiuto successi-

vamente. Se, infatti, prima dell’esercizio vengono

assunti carboidrati ad alto indice glicemico, non

soltanto si ha un sensibile aumento della glice-

mia, ma anche dell’insulinemia (Wu e Williams,

2006; Febbraio et al., 2000) e questo accelera il

consumo del glucosio ematico, favorendo l’ipogli-

cemia, ma soprattutto rende più difficile il consu-

mo di grassi da parte del muscoli. Se, al contra-

rio, l’attività fisica è preceduta dal consumo di

carboidrati a basso indice glicemico, succede che

nel corso di essa aumenta l’utilizzo dei grassi

- 3 -Alimentazione e integrazione

durante lo sport

Page 21: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

21

endogeni e si determina, come conseguenza, il

risparmio di glicogeno muscolare (Mondazzi e Ar-

celli, 2009); questo è soprattutto importante nelle

fasi iniziali e quando l’intensità è inferiore a quel-

la della soglia anaerobica.

Nelle fasi ad alta intensità, invece, per poter avere

un risparmio del glicogeno – in particolare con

l’obiettivo, se si sta gareggiando, di poterne avere

a disposizione una certa quantità per il finale

della competizione - diventa invece importante

massimizzare l’utilizzo dei carboidrati assunti nel

corso dello sforzo. Al contrario di quello che suc-

cede a riposo, nel corso dello sforzo l’assunzione

di carboidrati non determina un aumento dei li-

velli di insulina nel sangue (Coyle et al., 1986;

Hargreaves et al., 1984; Jeukendrup, 2004). In

questo caso, dunque, non deriva alcuna influenza

negativa (in termini di utilizzo di grassi), dal fatto

di assumere carboidrati ad alto indice glicemico, i

quali, per le loro caratteristiche, vengono assor-

biti in tempi molto rapidi. Ciò è soprattutto van-

taggioso se si tiene conto del fatto che è stato

chiaramente dimostrato che, nel soggetto che sta

pedalando, la velocità di ossidazione dei carboi-

drati esogeni non dipende dai tempi di perma-

nenza nello stomaco, né dalla capacità dei mu-

scoli di estrarre i carboidrati dal sangue, ma è

principalmente limitata dall’assorbimento di essi

a livello intestinale (Jeukendrup e Jentjens,

2000). Si noti che sotto sforzo l’afflusso di sangue

all’intestino si riduce notevolmente e con esso la

capacità di assimilazione dei vari nutrienti, car-

boidrati compresi.

LA QUANTITÀ MASSIMA DI CARBOIDRATI CHE È

POSSIBILE CONSUMARE DURANTE LO SFORZO

Fra i carboidrati da assumere nel corso dello

sforzo, dunque, quelli ad alto indice glicemico

rappresentano la prima scelta; in questo senso,

vanno molto bene sia il glucosio, sia i polimeri

di esso, vale a dire le maltodestrine, che, con la

digestione, danno luogo a molecole di glucosio.

Secondo Jeukendrup (2008), l’assunzione di tali

carboidrati consente di ossidare, nel corso del-

l’attività fisica, fino a 1 g di carboidrati di origine

esogena per ogni minuto. Non si può andare oltre

tali livelli per il fatto che questa è, appunto, la

massima quantità di glucosio che può essere

assorbita; il trasporto di tale molecola attraverso

la parete intestinale, infatti, avviene grazie a spe-

cifici carriers (trasportatori) che, in pratica, arri-

vano a saturazione quando i carboidrati presi per

bocca raggiungono 1 g/min.

Ad ogni modo, si può sfruttare il fatto che l’assor-

bimento del fruttosio avviene attraverso un diffe-

rente carrier (Ferraris e Diamond, 1997).

Page 22: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

22

Quando, infatti, il trasportatore del glucosio rag-

giunge la saturazione, quello del fruttosio può

essere ancora attivo e può lavorare parallela-

mente, permettendo l’assorbimento di una certa

quantità di tale monosaccaride, quantità che è un

po’ inferiore a quella che sa trasportare il carrier

del glucosio, ma che, in ogni caso, va a sommarsi a

quella. Se, perciò, si prendono contemporanea-

mente glucosio (o maltodestrine) e fruttosio è

possibile ottenere un’aumentata ossidazione di

carboidrati esogeni, addirittura fino a 1,75 g/min,

(Jeukendrup, 2008).

È però importante che siano scelte corretta-

mente le quantità e i rapporti di tali carboidrati.

Le dosi dei carboidrati assunti, infatti, devono

pareggiare (o, meglio, superare di poco) quelle

massime che possono essere assorbite;

se, infatti, permanessero nell’apparato digerente

elevate quantità di carboidrati, ne potrebbero

derivare disturbi gastrointestinali per l’atleta,

specie se si fa riferimento al fruttosio.

L’interpretazione della letteratura scientifica

(Jentjens e Jeukendrup, 2005; Jeukendrup,

2008), in pratica, suggerisce che l’apporto del

glucosio debba essere, come massimo, pari

a 1,2 g/min e quello del fruttosio di circa 0,9

g/min, per un totale, quindi, di 2,1 g/min

di carboidrati. Combinando opportunamente

fruttosio e glucosio (o maltodestrine) si può

arrivare ad un’ossidazione di carboidrati

di circa a 1,7 g/min.

Queste assunzioni di alti dosaggi di carboidrati

sono piuttosto impegnative, nel senso che impli-

cano la combinazione di bevande e/o di gel e/o

di sciroppi e/o di compresse.

Per quello che riguarda la scelta fra glucosio come

tale o come polimero (maltodestrine), ci sono vari

motivi per preferire le maltodestrine. Esse, innan-

zitutto, garantiscono una diminuzione della dolcezza

del prodotto, in genere non gradita dagli atleti

L’assorbimento dei carboidrati

intestino

Glucosio

pareteintestinale

sang

ue

Fruttosio

Figura 1 - Il passaggio di monosaccaridi attraverso la pareteintestinale avviene grazie a dei trasportatori (carrier); quelliper il glucosio (le cui molecole sono indicate sopra come piccoliesagoni) ne consentono il trasporto massimo di 1 g per min;il carrier del fruttosio (piccoli pentagoni, più sotto) è in gradodi trasportarne una quantità un po’ inferiore, ma tale quantità –andando a sommarsi a quella del glucosio – riesce a fare sì chenel sangue arrivino più zuccheri di quelli che arrivebbero conla sola assunzione di glucosio o di molecole (come le maltode-strine) che, con la digestione, danno luogo a glucosio.

Page 23: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

23

quando di esso ne va assunta una notevole quantità

nel corso di una competizione di lunga durata;

se si usano le maltodestrine, inoltre, vi è - a parità

di peso e di apporto calorico - una diminuzione

della osmolarità della bevanda.

Va precisato, infine, che le ricerche che hanno fornito

questi dati sono state effettuate in soggetti che

pedalavano, in laboratorio (sul cicloergometro) o su

strada (su biciclette da corsa). La pratica suggeri-

sce che gli stessi quantitativi di carboidrati non pos-

sono certamente essere assunti da chi sta correndo.

Per i singoli corridori è indispensabile provare in

allenamento le quantità e le qualità dei prodotti che

possono essere tollerati nel corso dello sforzo.

CONCLUSIONI

Si può dire, in definitiva, che per risparmiare

il glicogeno muscolare e per fare sì che - per una

pari intensità dello sforzo sostenuta fino a quel

momento - se ne abbia a disposizione una quan-

tità maggiore alla fine della competizione,

è importante utilizzare carboidrati a basso indice

glicemico prima dello sforzo, in tal modo favo-

rendo il consumo dei grassi endogeni, specie

nella prima parte dell’attività fisica.

Durante l’impegno, poi, è bene scegliere la miscela

di carboidrati che garantisce lamassima ossidazione

dei carboidrati stessi da parte dei muscoli impe-

gnati nello sforzo. Le ricerche compiute negli ultimi

anni dimostrano per chi sta pedalando che:

• la quantità di carboidrati utilizzata dai muscoli

dipende sostanzialmente dalla quantità

di carboidrati assorbita a livello intestinale;

• assumendo glucosio o carboidrati che (come

le maltodestrine), dopo la digestione, forniscono

molecole di glucosio, i muscoli sono in grado

di ossidare comemassimo 1 g/min di carboidrati;

• sfruttando il fatto che, a livello intestinale, il traspor-

tatore del fruttosio è diverso da quello del glucosio,

assumendo - assieme al glucosio (o alle maltode-

strine) – anche fruttosio, si puòaumentare l’assorbi-

mento intestinale di carboidrati e, di conseguenza,

portare fino a 1,7 g/min la quantità che di essi può

essere utilizzata per ogniminuto daimuscoli;

• per avere il massimo vantaggio da tale punto

di vista, è bene che esista una certa proporzione

fra i carboidrati che vengono assunti; tenendo

anche conto delle capacità massime di assorbi-

mento di essi, è verosimile che le quantità ideali

siano di 0,9 g/min per il fruttosio e di 1,2 g/min

per il glucosio (o le maltodestrine);

Page 24: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

24

• al fine di avere il massimo assorbimento inte-

stinale (e, di conseguenza, il massimo utilizzo

di carboidrati esogeni da parte dei muscoli),

senza d’altro lato avere disturbi gastrointesti-

nali, la quantità di carboidrati assunti per bocca

non dovrebbe eccedere i 2,1 g/min;

• le maltodestrine presentano alcuni vantaggi nei

confronti del glucosio per il fatto che sono meno

dolci e che garantiscono una minore osmolarità.

BIBLIOGRAFIA

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Page 25: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

25

Una corretta alimentazione può favorire il recu-

pero degli atleti?

Ci sono validi motivi per credere che in molti casi

possa essere così. Per prima cosa, però, va detto

che nello sport il termine “recupero” può avere

significati differenti (Tabella 1). Ci si può riferire,

per prima cosa, al ritorno verso i valori di riposo

della frequenza cardiaca subito dopo uno sforzo.

Si può anche usare il termine “recupero” facendo

riferimento al pagamento dei debiti di ossigeno.

Si pensi, in particolare, a quanto può succedere

durante l’attività fisica; si possono fare due

esempi:

• il caso di un corridore che stia compiendo

delle ripetute, come 8 volte 200 m. ad alta

intensità;

• il caso di un giocatore di calcio che compie,

durante la partita, alcuni sprint a breve

intervallo l’uno dall’altro.

In queste due situazioni l’atleta va incontro

ad un debito di ossigeno che è bene che venga

pagato al più presto e che ha due componenti:

(a) il debito di ossigeno alattacido; in questo

caso è importante che la fosfocreatina venga

risintetizzata il più presto possibile; (b) il debito

di ossigeno lattacido, nel quale è utile che

gli ioni La- e H+ siano allontanati il più veloce-

mente possibile dai muscoli e dal sangue.

Nei casi citati finora - quello del ritorno della

frequenza cardiaca verso i valori basali e quello

del pagamento dei debiti di ossigeno, nel loro

insieme costituenti quella che, secondo Zie -

genfuss et al. (2008), può essere chiamata fase

veloce del recupero – l’alimentazione, ad ogni

modo, non può rendere più rapido il recupero, a

meno che il soggetto presenti particolari caren-

ze; ciò che davvero conta è l’allenamento.

- 4 -Il recupero

Page 26: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

26

Ma il termine “recupero” può fare riferimento

anche a processi che avvengono al termine di un

certo sforzo e che complessivamente rap-

presentano la fase lenta del recupero (Zie-

genfuss et al., 2008), come per esempio al riac-

quisto da parte del corpo dell’acqua e dei mine-

rali, al riempimento delle scorte di energia, alla

riparazione dei tessuti danneggiati e così via

(Tabella 1). È soprattutto importante che tale

recupero sia veloce se, dopo una competizione o

dopo un allenamento impegnativo, è previsto -

entro alcune ore o alcune decine di ore - un

nuovo impegno. Un recupero ottimale, infatti,

consente ad un atleta di presentarsi nelle miglio-

ri condizioni non soltanto ad una seduta di alle-

namento se ne ha già compiuta una il giorno pre-

cedente, ma anche ad una partita di calcio quan-

do il giocatore, dopo una partita, ne deve giocare

un’altra nel giro di due-tre giorni e persino in una

manifestazione del ciclismo come il Giro d’Italia

o il Tour de France quando c’è da compiere una

tappa ogni giorno. In tali casi il recupero può cer-

tamente essere reso più rapido grazie ad una

corretta alimentazione. Questo articolo riguar-

derà soprattutto il riempimento dei depositi di

glicogeno dell’organismo e la sintesi proteica

che pone rimedio alle microlesioni che, durante

l’attività, si determinano a livello muscolare.

Tabella 1I SIGNIFICATI DEL TERMINE “RECUPERO”

TIPO DI RECUPERO TEMPI DI RECUPERO IMPORTANZA(ordine di grandezza) DELL’ ALIMENTAZIONE

FASE VELOCE DEL RECUPERO• Ritorno verso i valori di riposo minuti nessuna importanzadella frequenza cardiaca

• Pagamento dei debiti minuti o decine nessuna importanzadi ossigeno (alattacido e lattacido) di minuti

FASE LENTA DEL RECUPERO• Riacquisto, al termine di uno ore o decine di ore fondamentalesforzo, dell’acqua, dei minerali,dell’energia; riparazionedei tessuti danneggiati….

Page 27: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

27

RIEMPIMENTO DEI DEPOSITI DI GLICOGENO

In molte discipline (gran fondo di ciclismo,

maratona, partita di calcio...), la prestazione ri-

sulterà senza dubbio compromessa (Costill et

al., 1971) se già all’inizio si ha una scarsa quan-

tità di glicogeno nei depositi muscolari, in parti-

colare per avere sostenuto in precedenza un im-

pegno che ha portato alla sua deplezione. Una

dieta “normale” talvolta non consente di recupe-

rare il glicogeno neppure in 48 ore, mentre una

dieta che apporti una bassa quantità di carboi-

drati può richiedere anche più di 3-4 giorni

(Costill et al., 1971). Va tenuto presente che esi-

stono due stadi nel recupero del glicogeno da

parte delle fibre muscolari, il primo dei quali è

insulino-indipendente, mentre il secondo è insu-

lino-dipendente (Price et al., 1994).

Nelle decine di minuti immediatamente suc-

cessive all’attività (primo stadio) è più rapido il

riempimento di glicogeno delle fibre muscolari

che sono state impegnate, grazie al fatto che,

dopo l’esercizio, vi è una traslocazione alla super-

ficie di esse di una molecola che è indicata come

GLUT4 (Glucose Transporter Carrier Protein 4).

Il GLUT4 non soltanto consente – senza che nel

sangue ci siano livelli di insulina superiori alla

norma - il passaggio del glucosio dal sangue

all’interno della fibra, ma favorisce la sintesi del

glicogeno nella fibra stessa agendo su quello che

è l’enzima più importante nel favorire tale proces-

so, la glicogeno sintasi. Secondo Price et al.

(1994), questa elevata tendenza delle fibre musco-

lari ad assorbire glucosio e a sintetizzare glicoge-

no tende a perdere di efficacia già nelle decine di

minuti successive al termine dello sforzo; dopo

un’ora, infatti, essa è scesa ad un quinto, mentre

dopo due ore è scesa ad un nono.

Per quello che riguarda il tipo di carboidrato che

è bene che l’atleta assuma in questa fase,

va detto che oggi - a seconda di come vengono

digeriti ed assorbiti - gli alimenti apportatori di

carboidrati vengono suddivisi in quelli “ad alto

indice glicemico” e in quelli “a basso indice glice-

mico”. I primi sono quelli che, una volta assunti

per bocca, determinano un rapido innalzamento

della glicemia e, di conseguenza, dell’insuline-

mia. Sono ad alto indice glicemico i cibi ricchi in

amidi e poveri in fibre, per esempio il pane, il

riso, i dolci, le patate, i cereali della mattina, le

merendine, le bibite dolci (cole, aranciate, tè

pronti in bottiglia…) e così via. Si veda, in propo-

sito, l’articolo a pag. 6.

I cibi “a basso indice glicemico”, al contrario,

Page 28: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

28

fanno sì che nel sangue siano poco accentuati

i livelli di innalzamento di glucosio e di insulina.

Sono a basso indice glicemico molti tipi di verdura

e la maggior parte dei tipi di frutta. Fra i carboi-

drati comunemente usati dagli atleti, hanno un

indice glicemico elevato il glucosio, le maltode-

strine e il saccarosio. Il fruttosio, invece, ha un

basso indice glicemico.

LE DUE FASI DEL RECUPERO DEL GLICOGENO

MUSCOLARE

Per quello che riguarda la prima fase del recu-

pero del glicogeno, in teoria, nel corso di essa

(per il fatto che è insulino-indipendente),

potrebbero essere utilizzati anche carboidrati

a basso indice glicemico poiché, soprattutto

grazie al GLUT4, le molecole di glucosio posso-

no entrare nelle fibre senza che ci sia la neces-

sità di elevati livelli di insulina. In pratica, però,

anche in questa fase è preferibile scegliere

quelli ad alto indice glicemico, grazie ai quali il

glucosio arriva più rapidamente nel sangue e

risulta così anticipata l’azione del GLUT4 nel

farlo entrare nelle fibre muscolari e nel favori-

re la sintesi del glicogeno.

Quanto alla seconda fase del recupero, in essa -

essendo ormai cessato lo stimolo costituito

dall’attività fisica - il GLUT4 non si trova

più alla superficie delle fibre muscolari e, al

fine del passaggio delle molecole di glucosio

nelle fibre stesse e della risintesi del glicogeno,

sono necessari alti livelli di insulina nel sangue

che favoriscono la traslocazione del GLUT4

alla superficie delle fibre e che si possono otte-

nere assumendo carboidrati ad alto indice gli-

cemico, come glucosio, maltodestrine o sacca-

rosio. La contemporanea assunzione di proteine

e/o di aminoacidi, in particolare di glutammina,

favorisce la sintesi del glicogeno (Zawadzki et

al., 1992; Ivy, 1998; Ivy et al., 2002; Berardi et

al., 2006), soprattutto quando l’apporto di car-

Il recupero del glicogeno muscolarepe

rcen

tual

e%

tempo (min)

85

2015 11

0

0

20

40

60

80

100

120

30 60 90 120

Figura 1 - La tendenza al recupero del glicogeno muscolareè soprattutto veloce nelle decine di minuti successivi all’attività(fase insulino-indipendente), grazie al fatto che alla superficiedelle fibre muscolari è presente una molecola denominataGLUT4. Poi tende via via a rallentare. Affinché avvenga la risintesidel glicogeno muscolare, però, è necessario che vengano assunticarboidrati. Da Price et al. (1994), modificata.

Page 29: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

29

boidrati è inferiore ad 1,2 g per kg di peso cor-

poreo e per ora (Jentjens e Jeukendrup, 2003).

LA SINTESI PROTEICA DOPO L’ALLENAMENTO

Vari autori hanno dimostrato che dopo uno

sforzo muscolare intenso il recupero può esse-

re favorito e che si possono avvertire meno

disturbi muscolari (dolori ed indolenzimenti)

se, subito dopo lo sforzo, si assumono proteine

e/o certi specifici aminoacidi o molecole da essi

derivate. Per capire il motivo di ciò, va detto,

per prima cosa, che in ogni momento della

giornata le proteine del corpo umano vanno

continuamente incontro a break-down e a sin-

tesi (Phillips, 2004). I due processi avvengono

contemporaneamente, anche se – a seconda

dei momenti – può prevalere l’uno oppure l’al-

tro. L’alimentazione e l’allenamento hanno, da

tale punto di vista, una notevole importanza.

Nell’individuo sedentario il patrimonio proteico

del corpo rimane pressoché costante. Quando

egli è digiuno da varie ore, però, il break-down

tende a prevalere, mentre predomina la sintesi

nelle decine di minuti successive al momento

nel quale egli ha assunto proteine con gli ali-

menti (Phillips, 2004).

Quanto all’atleta, nel corso dell’allenamento

nei suoi muscoli prevale l’atteggiamento catabolico

e dunque il break-down (Adlercreutz, 1986);

si ha perciò una perdita di proteine. Dopo l’alle-

namento (subito dopo o a partire da qualche

tempo dopo il termine di esso), al contrario,

tende di solito a prevalere l’atteggiamento ana-

bolico e, dunque, la sintesi predomina sul

break-down (Adlercreutz, 1986; Gibala, 2007);

le proteine del corpo tendono così ad aumenta-

re, a patto, però, che ci sia la disponibilità della

materia prima necessaria per la sintesi, vale a

dire degli aminoacidi derivati dalla digestione

degli alimenti proteici (Tipton et al., 2004). È

utile, in ogni caso, che – proprio grazie ad un’ap-

propriata alimentazione - la sintesi proteica

(quella che pone rimedio alla demolizione pro-

teica che si è avuta durante l’allenamento e

quella che favorisce la produzione di nuovo

materiale proteico) venga favorita non appena

viene terminata un’attività fisica impegnativa.

Tra l’altro, secondo Phillips et al. (1997), dopo

ogni seduta di allenamento questa tendenza

alla sintesi proteica dura per alcune decine di

ore, ma è massima soltanto nelle tre ore suc-

cessive all’allenamento; è ridotta della metà già

dopo 24 ore, mentre scende ad un terzo dopo 48

ore (Chesley et al., 1992; MacDougall et al.,

1995; Phillps et al.,1997).

Page 30: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

30

GLI AMINOACIDI A CATENA RAMIFICATA E LA

GLUTAMMINA

Oltre all’apporto di proteine, ad ogni modo,

è importante anche quello degli aminoacidi

a catena ramificata (Rasmussen et al., 2000;

Dreyer et al., 2008; Drummond et al. 2008).

Gli aminoacidi a catena ramificata sono tre

(leucina, valina, ed isoleucina) e sono “aminoaci-

di essenziali”, ossia hanno queste due caratteri-

stiche: il corpo non è in grado di sintetizzarli ed

essi sono indispensabili per il benessere, la

salute e la vita stessa degli individui. È necessa-

rio, dunque, che vengano assunti per bocca

come tali. Essi sono presenti in percentuale dif-

ferente nelle varie proteine alimentari. La carne

bovina, per esempio, è composta per il 20% da

proteine. Gli aminoacidi ramificati costituiscono

il 20% di queste proteine. 100 gr. di carne bovina

contengono quindi 4 gr. di aminoacidi ramificati.

L’integrazione con aminoacidi a catena ramifi-

cata è in grado negli atleti di ridurre l’eccesso di

ormoni catabolici e di far tornare più facilmente

alla norma, subito dopo l’allenamento, gli

ormoni anabolici (Carli et al., 1992).

Fra gli aminoacidi a catena ramificata, oggi

viene data molta importanza alla leucina;

essa, infatti, si è dimostrata capace di agire su

due molecole che favoriscono la sintesi proteica:

un enzima, la mTOR (mammalian Target Of

Rapamycin), e un ormone con effetto anabolico,

l’IGF-1 (Insulin-like Growth Factor) (Rasmussen

et al., 2000; Dreyer et al., 2008; Drummond et al.

2008). Si veda il glossario a pagina 18. Grazie a

ciò, la leucina è in grado di favorire il recupero

muscolare immediatamente dopo un esercizio

intenso. Secondo Rowbotton et al. (1996), le

competizioni e gli allenamenti impegnativi pos-

Sintesi proteica dopo lo sforzo

perc

entu

ale

%

tempo in ore (h)0

0

20

40

60

80

100

120

6 12 18 24 30 36 42 48

50

Figura 2 - Subito dopo l’allenamento o a partire da qualchetempo dopo di esso (a seconda che, dal punto di vista ormo-nale, si passi velocemente o meno da un atteggiamento cata-bolico ad uno anabolico), inizia la sintesi proteica per porrerimedio al break-down proteico che si è avuto duranteil lavoro e per iniziare la sintesi di nuove proteine. Questatendenza alla sintesi proteica – determinata dall’allenamento– si protrae per alcune decine di ore, ma già dopo 24 oreè pari al 50% di quella massima e dopo 48 ore è pari ad unterzo. Affinché la sintesi possa effettivamente verificarsi,però, é necessario che le fibre muscolari disponganodei “mattoni elementari”, vale a dire degli aminoacidi chederivano dalla digestione delle proteine.

Page 31: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

31

sono ridurre la produzione da parte dell’organi-

smo di glutammina, un aminoacido che normal-

mente non è essenziale, ma che lo diventa pro-

prio in queste situazioni. La glutammina è parti-

colarmente utile ai tessuti in rapida crescita,

come l’epitelio intestinale e quello emopoietico.

Quando il suo livello nel sangue scende, il siste-

ma immunitario perde efficienza e può ridursi la

resistenza alle infezioni (Castell e Newsholme,

2001; Castell, 2003). Il calo di tale aminoacido,

inoltre, è considerato un indice biochimico di

sovrallenamento (Rowbotton et al., 1996).

CONCLUSIONI

Al fine della rapida risintesi del glicogeno

muscolare dopo un impegno che ha portato

alla sua deplezione, in definitiva, è utile assume-

re carboidrati ad alto indice glicemico e iniziare

a farlo il più precocemente possibile dopo il ter-

mine dello sforzo. Se contemporaneamente si

assumono proteine, il recupero del glicogeno è

favorito e, al tempo stesso, si aiuta la sintesi

proteica, in particolare si pone più rapidamente

rimedio agli effetti negativi determinati nei

muscoli dall’atteggiamento catabolico che si ha

nel corso dell’attività fisica. Gli aminoacidi a

catena ramificata, in particolare la leucina,

favoriscono la riparazione dei tessuti muscola-

ri subito dopo lo sforzo e la sintesi di nuove

proteine muscolari.

La glutammina, a sua volta, favorisce la sinte-

si del glicogeno, oltre ad allontanare il rischio

di infezioni e di sovrallenamento, due possibili

conseguenze degli sforzi intensi e ripetuti.

Tabella 2I FATTORI ALIMENTARI CHE ACCELERANO IL RECUPERODOPO UNA GARA O DOPO UN ALLENAMENTO INTENSO

RIACQUISTO DELL’ACQUA E DEI MINERALI bevande con minerali

RISINTESI DEL GLICOGENO carboidrati ad alto indice glicemico+ proteine o aminoacidi(glutammina in particolare)

RIPARAZIONE DEI TESSUTI DANNEGGIATI proteine + leucinaE SINTESI DI NUOVE PROTEINE

Page 32: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

32

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Page 33: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

33

LAVORO MUSCOLARE E TURN-OVER PROTEICO

L’ipertrofia, vale a dire l’aumento di dimensio-

ni delle fibre muscolari, è di norma la conse-

guenza di un allenamento intenso contro resi-

stenza (specie in palestra con macchine e bilan-

cieri), associato alla disponibilità di aminoacidi

essenziali (sono molecole essenziali quelle che

l’organismo non sa sintetizzare e che, dunque,

essendo indispensabili all’organismo stesso

per sintetizzare nuove molecole proteiche,

devono obbligatoriamente essere assunte gior-

nalmente con gli alimenti). Si tenga presente,

ad ogni modo, che nell’organismo c’è un conti-

nuo turn-over, vale a dire si svolgono due pro-

cessi sempre e parallelamente in atto: la

degradazione proteica (o break-down) e la sin-

tesi proteica. Le proteine del corpo, in parole

semplici, vengono continuamente degradate e

ricostruite; non tutti gli aminoacidi che deriva-

no dalla degradazione vengono recuperati e si

potrebbe dire che, di conseguenza, servono

“pezzi di ricambio”. Dal punto di vista quantita-

tivo, questo fattore è senz’altro più rilevante in

coloro che praticano sport ad elevato impegno

muscolare.

Un bilancio positivo fra i due processi, tale

cioè da favorire l’accrescimento della massa

muscolare, è possibile solo se la velocità della

sintesi proteica eccede quella della degradazio-

ne proteica; i fattori alimentari che supportano

l’uno o l’altro processo, inoltre, sono differenti.

Il lato comune è il fatto che, dal punto di vista

nutrizionale, questi processi sono entrambi

influenzati dalla concentrazione nel plasma

sanguigno di aminoacidi essenziali; il timing

della loro disponibilità è l’elemento caratteriz-

zante.

La sintesi proteica, in pratica, viene stimolata

- 5 -Sport e proteine

Page 34: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

34

da un picco di aminoacidi essenziali nel plasma,

ovvero da un notevole incremento della concen-

trazione in tempi brevi; tale picco ha però effetti

modesti nell’inibire la degradazione.

Un moderato incremento di tale concentrazione

protratto nel tempo, viceversa, inibisce la

degradazione proteica, ma non ha alcun effetto

sulla sintesi. È chiaro che in generale, in diver-

si momenti, siano utili sia fonti di aminoacidi

essenziali a rapido assorbimento sia fonti a

lento rilascio.

TUTTE LE PROPRIETÀ DELLE PROTEINE

Un individuo attivo ha necessità nutrizionali

superiori a quelle di un sedentario. Per il maggior

dispendio energetico, infatti, aumentano le sue

richieste di macronutrienti; spesso, a causa del-

l’abbondante sudorazione, vi è anche un incre-

mentato bisogno di acqua e di minerali. Le neces-

sità proteiche, in particolare, sono aumentate.

Più proteine se si svolge attività fisica

La maggior richiesta di proteine è necessaria:

• per permettere l’aumento della massa mu-

scolare, aumento che si verifica particolar-

mente in certe fasi della preparazione;

• per via del fatto che negli sportivi (caratterizzati,

come sono solitamente, da una maggior

massa magra e da una minor massa grassa)

il contenuto di proteine nel corpo è maggiore

a parità di peso corporeo e che in loro il turn-

over proteico è aumentato;

• poiché, oltre ai carboidrati e ai grassi, le pro-

teine possono costituire una fonte di energia;

negli sport di resistenza esse coprono fino al

15% del fabbisogno energetico in attività di

durata superiore all’ora (Gibala, 1987; Paul,

1989).

I benefici legati all'assunzione di proteine

• aumento della sazietà - Il potere saziante

di un cibo è influenzato da numerosi fattori.

Tra questi ve ne sono alcuni prettamente sog-

gettivi, come l'aspetto e l'appetibilità, ed altri

oggettivi, come la composizione in macronu-

trienti (carboidrati, proteine, grassi), il volume

e il contenuto in acqua e fibra. Le proteine

generalmente aumentano la sazietà in misura

maggiore rispetto ai carboidrati o ai grassi,

grazie al fatto che determinano la produzione

di ormoni quali il CCK e il PYY, capaci di ritar-

dare l’insorgenza dell’appetito.

• aumento della termogenesi – le diete a ele-

vato apporto proteico sono associate ad un

incremento della termogenesi, che influenza

Page 35: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

35

e aumenta la spesa energetica (in studi con-

dotti per lunghi periodi, l'aumento della ter-

mogenesi contribuisce alla relativamente

bassa efficienza energetica delle proteine).

L'energia spesa per i vari processi fisiologici

e metabolici legati alla digestione, all'assor-

bimento e all'elaborazione dei nutrienti intro-

dotti con la dieta, infatti, ammonta al 30% del-

l’apporto calorico fornito dalle proteine assun-

te con gli alimenti.

• mantenimento o accrescimento della massa

magra - in alcuni individui, una dieta modera-

tamente elevata in proteine può avere un’azione

stimolante sull’anabolismo muscolare, favoren-

do il mantenimento della massa magra musco-

lare e migliorando il profilo metabolico.

Tuttavia, gli eventuali potenziali vantaggi asso-

ciati a un moderato aumento dell’assunzione

di proteine devono essere valutati alla luce

dell’abituale dieta e delle individuali esigenze.

PROTEINE E AMINOACIDI:

LE NECESSITÀ PER LO SPORTIVO

Nell’individuo normale non in sovrappeso le proteine

corporee costituiscono quasi il 15% del peso

del corpo (arrivano quasi al 20% o più nell’atleta

muscoloso e con una percentuale di grasso molto

bassa) e sono componenti strutturali dei tessuti

(muscoli, organi interni, pelle, sangue...). I pro-

cessi che regolano il metabolismo organico sono

controllati da proteine (ormoni ed enzimi). Sono

sempre strutture proteiche gli anticorpi, le sen-

tinelle che neutralizzano gli attacchi di agenti

esterni.

Tutte le proteine ingerite devono essere dap-

prima digerite da specifici enzimi, chiamati

genericamente proteasi, che le spezzano nelle

loro parti costitutive, gli aminoacidi. Questi

ultimi vengono poi assorbiti attraverso le pare-

ti intestinali. In seguito, essi passano all'inter-

no dei vasi sanguigni e vengono trasportati dal

sangue al fegato, poi ai tessuti per creare,

sostituire e riparare le strutture dell'organi-

smo. Soprattutto in mancanza di grassi e di car-

boidrati disponibili, le proteine possono essere

utilizzate a scopo energetico.

Le proteine si trovano in forma immediatamente

disponibile in molti tipi di alimenti di origine

animale e vegetale (sono particolarmente

abbondanti nella carne, nelle uova, nel latte,

nella soia e nei legumi). Le molecole proteiche

sono costituite da una ventina di aminoacidi dif-

ferenti; di essi, come si è detto in precedenza,

sono definiti essenziali quelli che non possono

Page 36: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

36

essere sintetizzati dall’organismo; essi sono

nove per gli adulti e dieci per i bambini: lisina,

triptofano, valina, istidina, leucina, isoleucina,

fenilalanina, treonina, metionina; per i bambini

anche arginina.

L’ANABOLISMO E IL CATABOLISMO MUSCOLARE

In un sedentario, la sintesi proteica muscolare

(o anabolismo) è in equilibrio con la degradazione.

Quando costui è a digiuno da varie ore, però,

la demolizione (o catabolismo) prevale e il suo

patrimonio in massa muscolare si riduce. La

situazione si inverte e il bilancio torna in parità

quando egli si alimenta con un pasto contenente

anche proteine (Phillips, 2004).

In chi compie d’abitudine allenamento per

la forza (contro resistenza) e si alimenta corret-

tamente, l’anabolismo prevale sul catabolismo

con conseguente aumento delle proteine

muscolari. Nel corso della singola seduta, però,

pur avvenendo sia la sintesi che la degradazio-

ne, quest’ultima è superiore; ciò succede so -

prat tutto nelle discipline di endurance (Gibala,

2007).

Al termine del lavoro fisico è la sintesi a preva-

lere sulla demolizione, a patto però che ci sia

disponibilità di aminoacidi per il muscolo.

L’allenamento contro resistenza, infatti, stimola

la sintesi delle proteine muscolari per lo meno

per due giorni; essa è massima nelle tre ore

successive all'esercizio, si dimezza dopo 24 ore,

ma – pur essendosi ridotta ad un terzo - é anco-

ra attiva dopo 48 ore (Chesley et al., 1992;

MacDougall et al., 1995; Phillips et al.,1997).

La sintesi proteica, in ogni caso, è maggiore sia

rispetto al solo esercizio senza la possibilità

di disporre di aminoacidi, sia alla sola disponibilità

di queste molecole senza l’attività contro

resistenza (Biolo et al., 1997; Tipton et al., 2004).

QUANDO ASSUMERE LE PROTEINE

Se l’obiettivo è quello di sfruttare al meglio questa

tendenza alla sintesi proteica derivata dall’alle-

namento, è un errore consumare una quantità

eccessiva di proteine in un unico pasto (Layman

2009), tenendo anche conto che l'assunzione

di molte proteine in un'unica soluzione ne riduce

l'assorbimento. Considerando che nell'organismo

non esistono depositi di aminoacidi, nel giro

di poche decine di minuti dal momento in cui essi

sono stati assimilati e, dunque, sono giunti

nel sangue, essi o sono utilizzati per sintetizzare

proteine, oppure vengono trasformati in altre

molecole. Se per parecchie ore non vengono

assunte proteine, per la verità, l’organismo

“smonta” quelle dei muscoli e utilizza gli aminoacidi

Page 37: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

37

che ne derivano per sintetizzare enzimi, ormoni

e le altre proteine necessarie per vivere.

A rigore, dunque, un “serbatoio” di proteine esi-

ste. Esso, però, è costituito proprio dai muscoli e,

nel caso dell’atleta che abbia come obiettivo quel-

lo dell’aumento della massa muscolare, questo

costituisce senza dubbio uno svantaggio.

Se si vuole ricavare dalle sedute di allenamento

per la forza la produzione di proteine muscolari

che sia quella massima possibile e che, in parti-

colare, avvenga con continuità nelle decine

di ore successive alla seduta stessa, perciò,

è preferibile non concentrare l’assunzione protei-

ca in un solo o in soli due pasti.

In un articolo pubblicato sul numero di marzo 2009

della rivista “Nutrition and Metabolism” il prof.

Donald Layman dell’Università dell’Illinois ha evi-

denziato che, per il massimo stimolo della sintesi

proteica, un adulto deve assumere circa 90 g

di proteine in un giorno, distribuendole in uguali

quantità di circa 30 g per ogni pasto principale,

mentre oggi in genere la suddivisione non è uniforme,

essendo di circa 10 g di proteine a colazione, di circa 20

g a pranzo e di circa 60 g a cena, con evidenti problemi

sull’efficace utilizzo delle proteine. Fra l’altro nelle abi-

tudini alimentari italiane, il contenuto in proteine della

prima colazione molto spesso è nullo o quasi.

In chi segue i criteri dell’alimentazione zona,

le proteine possono essere distribuite secondo

25

15

15

5

0

20

primacolazione

spuntino spuntino cenapranzoprima spuntinopranzo cena

g di

pro

tein

e

assunzione proteica giornaliera: 90 grammi

spuntino

35

20

15

10

5

0

30

25

primacolazione

spuntino spuntino cenapranzoprimacolazione

pp spuntinopranzo cena

g di

pro

tein

e

assunzione proteica giornaliera: 120 grammi

spuntino

Figura 1 - Distribuzione consigliata delle proteine nei pasti della giornata (tre pasti principali e due spuntini; il primo dei due puòanche essere spostato la sera, prima di coricarsi) al fine di favorire al massimo la sintesi proteica. A sinistra è indicatala distribuzione delle proteine se l’assunzione giornaliera consigliata di proteine è di 90 g, a destra se è di 120 g. Un’elevata quantitàquotidiana di proteine va concordata con un medico sportivo.

Page 38: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

38

quanto indicato nella figura 1; in chi ha una

massa magra notevole e si allena molto, ovvia-

mente, i quantitativi quotidiani di proteine posso-

no essere anche maggiori, ma comunque ben

distribuiti nei pasti principali e negli spuntini.

Altrettanto importante (o in misura maggiore)

è assumere proteine nel periodo immediatamente

precedente o in quello immediatamente successivo

alla seduta per la forza. La sintesi proteica è maggiore

(Biolo et al., 1997; Phillips et al., 1997), infatti,

se nel periodo che segue l’allenamento il muscolo

ha una buona disponibilità di aminoacidi; tra l’altro,

l’apporto di aminoacidi ai muscoli che hanno appena

lavorato può essere maggiore per il fatto che in essi

c’è un aumento della circolazione (Biolo et al.,

1997; Phillips et al., 1997).

Anche al fine della scelta del momento più cor-

retto per assumere le proteine, però, va tenuto

presente che, a seconda della loro origine, esse

hanno tempi differenti di digestione e di assorbi-

mento intestinale. Differente, di conseguenza, è

anche il momento in cui si verifica il picco ema-

tico degli aminoacidi che derivano dalla loro

assimilazione, nonché la durata della permanen-

za di essi nel sangue. Boirie et al. (1997), Dangin

et al. (2001), Lacroix et al. (2006) e Farnfield et al.

(2008), per esempio, hanno constatato che i livel-

li ematici degli aminoacidi nel sangue hanno un

picco circa due ore dopo l’assunzione delle proteine

del siero del latte (proteine “veloci”), salvo poi

avere una rapida discesa subito dopo e ritornare ai

livelli basali dopo tre ore; se viene assunta casei-

na (proteina “lenta”), invece, il picco massimo

(pari a circa la metà del picco delle proteine del

siero) é raggiunto dopo quattro ore e rimane

costante per lo meno fino alla settima ora.

LE PROTEINE DELLA SOIA PER LO SPORT

Si è soliti pensare che la capacità di favorire

lo sviluppo della muscolatura da parte delle

proteine della soia sia inferiore a quella delle

proteine del siero del latte. L’errore nasce dal

fatto che le proteine sono abitualmente classi-

ficate in funzione del valore biologico e non in

funzione alla reale capacità di stimolare la sin-

tesi proteica. Uno studio apparso di recente

(Kalman et al, 2007) sul Journal of the Inter -

national Society of Sports Nutrition, dimostra

che in due gruppi di soggetti che si erano sot-

toposti a 12 settimane di allenamento per lo

sviluppo della massa muscolare, non c’è alcu-

na differenza per quanto riguarda sia la com-

posizione corporea sia la quantità di testoste-

rone libero, fra coloro che avevano assunto 50

grammi di proteine della soia (Supro®) e coloro

Page 39: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

39

che, invece, avevano assunto pari quantità di

proteine del siero del latte. Per valutare la qua-

lità delle proteine, si utilizza tradizionalmente il

metodo della Protein Efficiency Ratio (PER); esso,

però, riflette la richiesta di amminoacidi dei gio-

vani ratti in crescita e non quella degli organismi

umani. Il metodo considerato attualmente più

attendibile è, invece, quello denominato Protein

Digestibility-Corrected Amino Acid Score

(PDCAAS), un indicatore della qualità della pro-

teine basato su vari parametri, quali il contenuto

aminoacidico di una proteina alimentare, la dige-

ribilità e la capacità di fornire amminoacidi

essenziali nella quantità adeguata a soddisfare le

reali necessità dell’organismo umano. Secondo

questo metodo, le proteine isolate dalla soia

Supro® hanno ottenuto il massimo punteggio

totalizzabile (1.0), esattamente come le proteine

del siero del latte.

Numerosi studi hanno evidenziato che, ai fini

dell’aumento della massa muscolare, le proteine

isolate della soia hanno un’efficacia equivalente a

quelle del siero del latte (Kalman et al., 2007;

Candow et al., 2006). Dalle ricerche scientifiche

appare evidente che il consumo di miscele di pro-

teine “rapide” e “lente”, vale a dire con differenti

tempi di assimilazione, determina un incremento

maggiore della massa muscolare rispetto all’as-

sunzione di una singola proteina o di proteine che

hanno lo stesso tempo di digestione e di assimi-

lazione. Da sottolineare, inoltre, che le proteine

della soia sono ricche di arginina. Le ricerche

scientifiche hanno dimostrato che questo ami-

noacido ha effetti positivi sul rilascio dell’ormone

della crescita, sul sistema immunitario e sulla

risintesi del glicogeno dopo l’attività fisica nel

caso che l’apporto di carboidrati sia ridotto.

Page 40: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

40

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Page 41: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

41

Obiettivo di questo articolo è di esporre i motivi

per i quali è vantaggioso per gli atleti l’utilizzo

costante degli acidi grassi essenziali omega-3.

Da questo punto di vista, si può certamente fare

riferimento ad alcune ricerche scientifiche pub-

blicate negli ultimi anni.

In ogni caso, va premesso che, ai fini dell’otti-

mizzazione della performance sportiva, un ruolo

fondamentale viene svolto dagli ormoni. Gli

ormoni, infatti, fungono da agenti per il trasferi-

mento delle informazioni, ossia sono dei “mes-

saggeri” che tengono i contatti fra i vari organi.

Essi in ultima analisi controllano praticamente

ogni elemento che abbia una rilevanza ai fini

della prestazione atletica, per esempio ai fini

degli “aggiustamenti” che si verificano nel corso

dell’attività fisica per permettere che essa possa

svolgersi con la massima efficienza possibile,

oppure per quello che riguarda l’insieme degli

“adattamenti” che si verificano in seguito ad un

dato tipo di allenamento oppure di un altro.

Molti degli ormoni prodotti nel nostro corpo pos-

sono essere modulati dal regime alimentare, in

particolare dalla strategia alimentare zona e/o,

appunto, dall’assunzione di acidi grassi omega-

3 a catena lunga, come EPA e DHA.

GLI ACIDI GRASSI OMEGA-3 E L’INFIAMMAZIONE

Oggi gli atleti, per poter raggiungere le presta-

zioni di alto livello e per poterle mantenere, si

allenano molto. I maratoneti d’alto livello, per

esempio, compiono ogni giorno due sedute di

allenamento (o persino tre) e, complessivamen-

te, superano la media di 30 chilometri quotidia-

ni di corsa, ma in qualche caso anche di 40. A

lavori altrettanto impegnativi si sottopongono

ciclisti, triathleti, marciatori, sciatori di fondo,

ma anche atleti di varie altre discipline. Per loro

ciò implica un aumento del rischio di incorrere

in infortuni, soprattutto in quelli da microtraumi

ripetuti; la conseguenza è il riposo forzato per

periodi più o meno lunghi, con un’inevitabile

perdita di efficienza.

I fattori che legano l’elevato rischio di infortuni

all’aumentata quantità di allenamento sono rap-

presentati, secondo alcuni autori (Ekstrand e

- 6 -Omega 3 e sport

Page 42: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

42

Gillquist, 1982; Lysens et al., 1984), dallo stress

eccessivo, in particolare al fatto che in tale

situazione vi è un sensibile aumento dei livelli

ematici di quello che è considerato l’ormone

dello stress, il cortisolo. L’eccesso di tale ormo-

ne, fra l’altro, comporta spesso un peggiora-

mento della performance.

Vi è, parallelamente, un’aumentata produzione

di ormoni ad attività proinfiammatoria. Secondo

Ostrowski et al. (1998), per esempio, l’esercizio

fisico intenso fa sì che il muscolo produca una

grande quantità di citochine proinfiammatorie.

Secondo Pedersen et al. (2000), i livelli di inter-

leuchina-6, un tipico eicosanoide proinfiamma-

torio, aumentano di ben 100 volte in seguito ad

una seduta impegnativa. Poiché il livello di inter-

leuchina-6 è correlato con il danno muscolare, si

può immaginare che cosa può succedere in un

atleta quando tale produzione di eicosanoidi

proinfiammatori si ripete per due (o tre) volte al

giorno e sono molto limitati i tempi per recupe-

rare tra un momento di “insulto” e il successivo.

Al tempo stesso, le sessioni di allenamento

intenso riducono la produzione di prostaglandi-

ne della serie 1, dotate di attività antinfiammato-

ria. Poiché sono l’entità della risposta proin-

fiammatoria e di quella antinfiammatoria a con-

dizionare la durata dei tempi di recupero dopo

una seduta di allenamento (o dopo una competi-

zione), si può dire che quanto maggiore è la pro-

duzione di ormoni proinfiammatori e quanto

minore è quella degli ormoni antinfiammatori,

tanto maggiore dovrà essere il tempo di recupe-

ro necessario all’atleta e tanto minore dovrà

essere il lavoro compiuto se egli vuole ridurre il

rischio di infortunio.

Al fine di diminuire questo stato infiammatorio

dell’organismo che cosa possono fare gli atleti?

È possibile ridurlo in maniera radicale seguendo

un’alimentazione anti-infiammatoria (come la

strategia alimentare zona), poiché ciò fa dimi-

nuire la formazione di acido arachidonico, vale a

dire dell’elemento che maggiormente stimola la

formazione di eicosanoidi proinfiammatori che

sono alla radice dell’infiammazione (Sears,

2005). Lo stato infiammatorio dell’organismo si

riduce ulteriormente proprio con un’integrazio-

ne adeguata di olio di pesce ricco di EPA e DHA

(Sears, 2005); tali acidi grassi omega-3 a lunga

catena, infatti, sono in grado, fra l’altro, di sosti-

tuire una parte delle molecole di acido arachido-

nico presenti nelle membrane cellulari e questa

è una premessa alla produzione sia di una mino-

re quantità di eicosanoidi proinfiammatori (come

l’interleuchina-6), sia di una maggior quantità di

Page 43: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

43

prostaglandine della serie 1, dotate di effetto

antinfiammatorio (Bagga, 2003; Burns et al.,

2007; Grimble, 1998). Tutto questo, in pratica,

significa che l’integrazione con omega-3 può

essere considerata come un mezzo per ridurre il

rischio di infortuni soprattutto in chi compie

allenamenti intensi e ripetuti.

È stato anche ipotizzato che l’eccessiva produ-

zione di citochine possa essere la causa del

sovrallenamento (Smith, 2000), un’altra delle

conseguenze – anch’essa, come gli infortuni,

assai temuta dagli atleti – delle elevate quantità

di allenamento.

GLI ACIDI GRASSI OMEGA-3 E L’EFFICIENZA

DEL SISTEMANERVOSO CENTRALE

L’utilizzo abituale di acidi grassi omega-3 a cate-

na lunga si è dimostrato efficace anche nel

migliorare l’efficienza del sistema nervoso cen-

trale, in particolare per quello che riguarda

alcune caratteristiche (come i tempi di reazione

e il tono dell’umore) che possono essere molto

utili per la prestazione di atleti di varie discipli-

ne. Fontani et al. (2005b), per esempio, hanno

seguito due gruppi di soggetti sani in una ricer-

ca in doppio cieco; ad un gruppo è stata fornita

un’integrazione di omega-3, mentre all’altro è

stato dato un placebo (olio d’oliva). I soggetti

sono stati sottoposti a test che prevedevano dif-

ferenti tipi di attenzione; in alcuni di loro si otte-

nevano miglioramenti significativi dopo l’assun-

zione di omega-3. Risultavano ridotti i tempi di

reazione, in particolare quelli coinvolgenti i pro-

cessi corticali complessi, tanto importanti in

molti sport, a partire dai giochi di squadra (cal-

cio, basket, rugby, hockey…), dai giochi indivi-

duali (tennis…) e dagli sport di combattimento

(pugilato, karate, judo…). I test sui tempi di rea-

zione risultano ulteriormente migliorati se si

abbinano i policosanoli agli omega-3. Il tono del-

l’umore è stato altresì studiato da Fontani et al.

(2005a) mediante il test POMS (Profile Of Mood

POMS

35

40

45

50

55

60

65

Vigore Aggressività Tensioneansia

Stanchezza Depressione Confusione

Valo

rim

edi

Prima

Dopo

Figura 1 - Valori medi del test POMS (Profile Of Mood State, profilodello stato dell’umore); è evidente come, dopo l’assunzione diomega-3, si abbia unmiglioramento significativo del vigore, mentresi riducono i valori per le sensazioni negative, soprattutto per quellidell'aggressività, dell'ansia e della depressione (Fontani et al., 2005a).

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44

State, ovvero profilo dello stato dell’umore). Da

questo test si ricavano valori, espressi numeri-

camente, di una sensazione positiva (vigore) e di

cinque sensazioni negative (aggressività, tensio-

ne-ansia, confusione, depressione, stanchezza).

Fontani et al. (2005a) hanno evidenziato come,

dopo l’assunzione di omega-3, si abbia un

miglioramento significativo del vigore, mentre si

riducono i valori per le sensazioni negative,

soprattutto per quelli dell'ansia, della depres-

sione e dell'aggressività. Si veda la Figura 1.

ALTRI POSSIBILI EFFETTI FAVOREVOLI PER LA

PRESTAZIONEDELL’ATLETA DALL’USODIOMEGA-3

Negli atleti esistono forse altri effetti favorevoli

determinati dall’integrazione con acidi grassi

omega-3 a catena lunga. Tali effetti, però, non

hanno avuto una conferma “sul campo”, per lo

meno negli atleti agonisti di un certo livello

(Tabella 1).

Secondo Sears (2005), per esempio, l’associa-

zione della strategia alimentare zona e dell’inte-

grazione con olio di pesce, ottimizzando la pro-

duzione di eicosanoidi, fa sì che si abbia un

aumento del diametro dei capillari e, quindi,

un’accelerazione del trasferimento di ossigeno

ai muscoli, in tal modo aumentando la produzio-

ne aerobica di ATP, la “benzina” dei muscoli.

Negli atleti d’alto livello delle discipline aerobi-

che, in realtà, non è ancora chiaro se gli indici di

utilizzo di ossigeno dopo l’assunzione di omega-

3 abbiano subito miglioramenti, forse perché in

questi atleti l’efficienza aerobica è già quella

massima possibile.

Un altro possibile effetto dell’integrazione con

omega-3 è rappresentato dall’aumento della

massa muscolare, così importante negli atleti

delle discipline nelle quali sono fondamentali la

forza e la potenza muscolare, non soltanto, dun-

que, nei lanci dell’atletica, nel sollevamento pesi

e nel body building, ma anche nelle prove di

velocità, di salto e così via. Nel corso delle sedu-

te di lavoro contro resistenza (quelle che vengo-

no effettuate proprio per aumentare la massa e

la forza dei muscoli), come è ben noto, si deter-

minano danni microscopici (microlesioni) che

costituiscono lo stimolo biologico per la sintesi

di nuove proteine, il fattore-base per il migliora-

mento di quelle caratteristiche muscolari. La

riduzione dell’infiammazione e il passaggio

dalla fase catabolica a quella anabolica che si ha

nella fase successiva all’allenamento è tanto più

precoce quanto minore è lo stato infiammatorio

dell’organismo. Il naturale processo di rilascio

in circolo di una buona quantità di fattori ormo-

nali con effetto anabolico (soprattutto del GH,

Page 45: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

45

l’ormone della crescita) è sicuramente favorito

dall’utilizzo della strategia alimentare zona e,

forse, anche dall’utilizzo abituale di omega-3. In

tal modo può essere aiutata la sintesi proteica

dei muscoli. In questo caso, ad ogni modo, l’effi-

cacia sulla sintesi proteica sembra essere pos-

seduta più dalla strategia alimentare zona che

dagli acidi grassi omega-3.

L’abbinamento di zona ed omega-3 è senz’altro

molto utile anche ai fini del dimagrimento.

Esistono discipline sportive nelle quali gli atleti

sono suddivisi in base al proprio peso corporeo

(sollevamento pesi, pugilato ed altri sport di

combattimento, pesi leggeri del canottaggio….)

e nelle quali, dunque, può risultare determinan-

te diminuire la massa grassa, senza – al tempo

stesso – ridurre la massa muscolare. Anche

nella maggior parte degli altri sport (le eccezio-

ni sono pochissime, come il sumo o le categorie

con il peso più alto del sollevamento pesi e degli

sport di combattimento) un’eccessiva quantità di

grasso corporeo può pregiudicare i livelli di

performance. Si è dimostrato clinicamente che,

anche in questo caso, l’associazione della stra-

tegia alimentare zona e di omega-3 consente di

eliminare l’eccesso di grasso corporeo in manie-

ra più efficace rispetto alle diete solitamente rac-

comandate agli atleti.

CONCLUSIONI

L’integrazione con acidi grassi essenziali

omega-3 a catena lunga (EPA e DHA),

in definitiva, è sicuramente efficace nel dimi-

nuire lo stato infiammatorio dell’organismo, nel

migliorare lo stato dell’umore e l’attentività,

riducendo i tempi di reazione complessi.

È altresì possibile che ottengano anche altri

effetti che possono favorire la performance

atletica (si veda la Tabella 1).

Tabella 1GLI EFFETTI DELL’INTEGRAZIONE CON OMEGA 3 NEGLI ATLETI

EFFETTI DIMOSTRATIA. Effetti antinfiammatori: B. Effetti sul sistema nervoso centrale• minori rischi di infortuni; • miglioramento dell’attentività• tempi ridotti di recupero; e dei tempi di reazione complessi;• minori rischi di sovrallenamento. • miglioramento del tono dell’umore.

EFFETTI POSSIBILIC. Effetti sull’apporto di ossigeno ai muscoli. D. Effetti sulla massa muscolare. E. Effetti sul dimagrimento.

Page 46: ENERVIT EQUIPE SPORT NUTRITION REPORT 2010

46

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