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1 ELEMENTI DI FILOSOFIA-1: LOGICA, TEORIA DELLA CONOSCENZA. INTRODUZIONE - Che cos’e’ la filosofia - LA FILOSOFIA COME PROBLEMA DEL TUTTO. - LA FILOSOFIA COME PROBLEMA DELLA VITA - UNITA’ DEI DUE PROBLEMI - PROBLEMA DELLA VITA E PRAGMATISMO - FILOSOFIA E METAFISICA: metafisica come teoria dell’ assoluto, realta’ che ha in se’ la ragion sufficiente del suo essere, che non ha bisogno di altro per esistere. Tutto cio’ che e’ relativo ha bisogno di altro per esistere. - VARI TIPI DI METAFISICHE: immanenza (idealismo materialismo) trascendenza (idealismo realismo). - TENTATIVI DI RINUNCIARE ALLA METAFISICA E LORO IMPOSSIBILITA’. - Filosofia e Religione - IDENTITA’ DEL PROBLEMA, DIVERSITA’ NEL MODO DI RISOLVERLO: essere- salvezza. Filosofia e religione hanno un medesimo problema:quello della vita. Si distinguono per il modo di risolverlo: filosofia-ragione, religione-fede. Fede come accettazione di qualcosa che io non vedo, affidarsi a qualcuno. - NECESSITA’ DELLA RIVELAZIONE PER LE VERITA’ SOPRARAZIONALI. Accetto la rivelazione solo per le verita’ che sono superiori alla mia intelligenza, soprannaturali. Ma perche’ mi dovrebbero interessare? Perche’ io sono elevato ad una dimensione soprannaturale. Ma come lo so? Grazie alla rivelazione. Circolo vizioso. Come se ne esce? Rivelazione come fatto storico che si impone (miracoli, ispirazione dello Spirito Santo). - NECESSITA’ MORALE DELLA RIVELAZIONE ANCHE PER CERTE VERITA’ FILOSOFICHE: la spinta ad accettare la rivelazione si fa sentire nella stessa difficolta’ nel risolvere il problema filosofico. - Filosofia e Scienza - Ci sono verita’ che non sono di competenza della filosofia, ma della scienza, e quando un filosofo cerce di dedurre da una metafisica verita’ che sono di competenza della scienza prende grossi abbagli - ALCUNI TENTATIVI DI DISTINZIONE TRA FILOSOFIA E SCIENZA: Aristotele, tre gradi di astrazione: fisica-matematica-metafisica. Ma la fisica di Aristotele era una filosofia. Scheler: la tecnica e il desiderio di dominare l’ ambiente e di governare le forze

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Logic and Theory of Knowledege in a summary of "elements of Philosophy" by Sofia Vanni Rovighi.

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Page 1: Elements of Philopsophy -

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ELEMENTI DI FILOSOFIA-1: LOGICA,

TEORIA DELLA CONOSCENZA.

INTRODUZIONE

- Che cos’e’ la filosofia

- LA FILOSOFIA COME PROBLEMA DEL TUTTO.

- LA FILOSOFIA COME PROBLEMA DELLA VITA

- UNITA’ DEI DUE PROBLEMI

- PROBLEMA DELLA VITA E PRAGMATISMO

- FILOSOFIA E METAFISICA: metafisica come teoria dell’ assoluto, realta’ che ha in

se’ la ragion sufficiente del suo essere, che non ha bisogno di altro per esistere. Tutto cio’

che e’ relativo ha bisogno di altro per esistere.

- VARI TIPI DI METAFISICHE: immanenza (idealismo materialismo) trascendenza

(idealismo realismo).

- TENTATIVI DI RINUNCIARE ALLA METAFISICA E LORO IMPOSSIBILITA’.

- Filosofia e Religione

- IDENTITA’ DEL PROBLEMA, DIVERSITA’ NEL MODO DI RISOLVERLO: essere-

salvezza. Filosofia e religione hanno un medesimo problema:quello della vita. Si

distinguono per il modo di risolverlo: filosofia-ragione, religione-fede. Fede come

accettazione di qualcosa che io non vedo, affidarsi a qualcuno.

- NECESSITA’ DELLA RIVELAZIONE PER LE VERITA’ SOPRARAZIONALI.

Accetto la rivelazione solo per le verita’ che sono superiori alla mia intelligenza,

soprannaturali. Ma perche’ mi dovrebbero interessare? Perche’ io sono elevato ad una

dimensione soprannaturale. Ma come lo so? Grazie alla rivelazione. Circolo vizioso.

Come se ne esce? Rivelazione come fatto storico che si impone (miracoli, ispirazione

dello Spirito Santo).

- NECESSITA’ MORALE DELLA RIVELAZIONE ANCHE PER CERTE VERITA’

FILOSOFICHE: la spinta ad accettare la rivelazione si fa sentire nella stessa

difficolta’ nel risolvere il problema filosofico.

- Filosofia e Scienza

- Ci sono verita’ che non sono di competenza della filosofia, ma della scienza, e quando

un filosofo cerce di dedurre da una metafisica verita’ che sono di competenza della

scienza prende grossi abbagli

- ALCUNI TENTATIVI DI DISTINZIONE TRA FILOSOFIA E SCIENZA: Aristotele,

tre gradi di astrazione: fisica-matematica-metafisica. Ma la fisica di Aristotele era una

filosofia. Scheler: la tecnica e il desiderio di dominare l’ ambiente e di governare le forze

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della natura. Atteggiamento tecnico pratico contrapposto all’ atteggiamento

contemplativo della filosofia. Vero dal punto di vista storico-filosofico ma non ci dice

nulla sulla struttura epistemologica della scienza stessa. Altre distinzioni: cause

ultime/prossime, metodo deduttivo/induttivo. Tutte contengono un’ anima di verita’ ma

vanno precisate meglio.

- FORMULAZIONE PIU’ ESATTA DELLA DISTINZIONE: la filosofia studia gli

aspetti piu’ universali della realta’, la scienza gli aspetti particolari. Per aspetti piu’

universali intendiamo l’ essere e gli aspetti connessi con l’ essere. Le cause supreme

sono le cause piu’ universali, mentre le cause prossime sono le cause particolari. Piu’

si sale verso la causa universale piu’ la conoscenza del come diventa minima, quella

del perche’ massima.

- DISTINZIONI DEL METODO: Ogni uomo ha l’ intuizione astrattiva dell’ essere e

pensa secondo il pdnc. Nella conoscenza quotidiana e nella scienza la nozione di

essere pero’ resta sullo sfondo, e’ solo la ricerca filosofica che ne fa tema di ricerca.

Cosa compete all’ essere in quanto tale, proprieta’ essenziali che competono alla

natura di un’ ente sempre e necessariamente. Ma noi non abbiamo l’ intuizione

astrattiva delle essenze specifiche e percio’ non possiamo procedere con l’ analisi e la

deduzione quando vogliamo ottenere una conoscenza specifica della realta’ corporea

(per questo la fisica antica non era feconda).

- TEORIA DEL LEIBNIZ SULLA DISTINZIONE. Impossibile costruire a-priori una

scienza della natura.

- CARATTERE MATEMATICO DELLA SCIENZA MODERNA. Corrispondente

quantitativo di ogni fenomeno fisico: misurabilita’, esattezza ed oggettivita’.

- LE SCIENZE DEDUTTIVE: resta il problema delle scienze deduttive come la

matematica. Radici ontologiche della matematica?

TEORIA DELLA CONOSCENZA

Capitolo primo: Eliminazione di pregiudizi.

IL METODO CRITICO.

- Metodo critico inteso come spregiudicatezza radicale nella ricerca, cercare di vedere

le cose come stanno senza presupporre alcuna affermazione (atteggiamento di spirito).

Due obiezioni

- E’ una banalita’. E’ sottinteso. Si risponde: e’ tutt’altro che facile, ovvio, naturale

mettersi nell’ atteggiamento di radicale spregiudicatezza. Nella ricerca filosofica non

c’e’ posto per il “si”.

- Altra obiezione: e’ impossibile, inattuabile. Si risponde: confusione tra il non

adoperare certe persuasioni nella costruzione filosofica ed il rinnegarle o dubitarne

come uomini. Si tratta infatti non di negare le persuasioni della vita quotidiana ma di

metterle tra parentesi, di non servirsene per la costruzione filosofica.

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L’ EVIDENZA

- l’ evidenza oggettiva non e’ altro che il vedere che le cose stanno cosi’, il presentarsi

cosi’ delle cose

- tutte le obiezioni contro l’ evidenza non possono che presupporre l’ evidenza.

LO SCETTICISMO

- Lo scetticismo e’ possibile come stato d’animo ma non come dottrina.

Autocontraddittorieta’.

IL PROBLEMA DEL VALORE DELLA FACOLTA’ CONOSCITIVA.

- E’ impossibile la posizione di chi vorrebbe vagliare il valore della facolta’

conoscitiva, se la ragione come facolta’ abbia valore.

- Famosa obiezione di Hegel alla filosofia critica (l’ indagine sul conoscere non puo’

accadere altro che conoscendo)

- Ma il problema di Kant non era se la ragione come facolta’ abbia valore ma quali

siano le conoscenze con valore e meglio ancora come sono possibili I giudizi sintetici

a priori (che lui vedeva realizzati ad esempio nella fisica di Newton).

Capitolo secondo: Fenomenologia della conoscenza.

COME CONSOCIAMO LA CONOSCENZA.

- Certo in qualche modo sappiamo cos’e’ la conoscenza ma ne abbiamo esperienza

immediata? No! Vediamo cose colorate, non vediamo il vedere, udiamo suoni, non l’

udire: sappiamo di conoscere per riflessione.

- Si sbaglia partendo dalla distinzione soggetto-oggetto, che non e’ affatto

immediatamente data.

- Identita’ reale-fisica/ identita’ intenzionale: la conoscenza e’ identita’ intenzionale. Ci

consta qualcosa che e’ altro da noi, presenza dell’ altro a noi.

- Non si coglie mai il conoscere come una cosa, come un oggetto.

- Cogito come risposta alle obiezioni scettiche: Cogito ergo…aliquid est!

CHE COS’E’ LA CONOSCENZA?

- impossibile negare il concetto di conoscenza come fanno in neopositivisti, nell’

esserci-per-me consiste l’ audizione del suono, il conoscere. La conoscenza non e’

una cosa accanto alle altre.

- Aristotele e Tommaso: uno e’ l’ atto del sentito e del senziente.

- L’ identita’ intenzionale era stata dimenticata dalla filosofia moderna, l’ ha rimessa in

circolo Brentano ( e poi Husserl, Moore ecc)

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- I tentativi di negare che noi abbiamo esperienza della conoscenza non riescono (ma

non conoscenza immediata ma riflessa).

DISTINZIONE FRA ATTO E OGGETTO DI CONOSCENZA.

- E’ necessario distinguere in ogni conoscenza l’ atto del conoscere dall’ oggetto

conosciuto.

- L’ oggetto che appare, cosi’ come appare, e’ trascendente la rappresentazione. Le

sensazioni presentano le determinazioni oggettive ma non sono mai le determinazioni

oggettive stesse.

- Questa distinzione e’ anteriore alla questione se l’ oggetto conosciuto sia una realta’

per se’ stante o indipendente da noi.

- Ambiguita’ del termine “contenuto di coscienza”.

FALSE POSIZIONI DEL PROBLEMA DELLA CONOSCENZA

- E’ uno pseudo-problema come si possa passare dalla coscienza all’ essere poiche’ la

coscienza e’ precisamente manifestazione dell’ essere.

CONOSCENZA E RAPPRESENTAZIONE

- Teoria errata che fa consistere la conosenza nell’ avere rappresentazioni. Non basta

avere rappresentazioni, bisogna esser coscienti delle rappresentazioni.

- Nel soggetttvismo gnoseologico la rappresentazione diventa essa stessa oggetto di

conoscenza, questa dovrebbe poi servire a far conoscere gli oggetti esterni, di cui

sarebbero immagini

- Ma la conoscenza degli oggetti anziche’ essere spiegata dalle rappresentazioni e’

presupposta da esse (altrimenti cosa ri-conosco nell’ immagine?)

ORIGINE DELLE TEORIE SOPRA CRITICATE

- Critica alla oggettivita’ delle qualita’ secondarie motivata da un’ esigenza di esattezza

scientifica

- GALILEO: necessita’ di eliminare dalla fisica le nozioni qualitative, per poter dare

alla fisica il carattere di scienza rigorosa. Noi non abbiamo concetti specifici ne’ delle

essenze delle cose ne delle loro qualita’ caratteristiche, non possiamo elaborare una

scienza rigorosa sull’ aspetto qualitativo del mondo corporeo, ma dobbiamo limitarci

a registrarne solo l’ aspetto quantitativo. Esigenza giustissima: il torto era quello di

voler togliere dalla natura cio’ che bisognava togliere solo dalle formule fisiche.

- CARTESIO: come si spiega il salto qualitativo tra fisico e fisiologico? Dal corpo non

sensitivo al corpo sensitivo? Il rischio e’ di introdurre una forma sostanziale (anima).

Anche il corpo sensitivo e’ pura estensione, tutto cio’ che vi e’ di qualitativo

appartiene alla res cogitans. Le qualita’ corporee sono idee, realta’ spirituali. E

l’estensione? E’ anch’ essa un’ idea, ma innata, chiara e distinta quindi oggettiva.

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- LOCKE, BERKELEY: Locke nega che vi siano idee innate ed afferma che tutte

derivano dall’ esperienza sensibile. Berkeley non fa piu’ distinzione tra qualita’

primarie e secondarie e riduce tutti gli aspetti dei corpi a idee. Nel termine idea si

confondono ideato e ideare.

Capitolo Terzo: teoria della conoscenza e critica della conoscenza.

NON SI DIMOSTRA LA VERITA’ DELLA CONOSCENZA IN “GENERALE”

- illusione che ci sia un’ unica scienza che possa darci garanzia di tutte le nostre

certezze e che deriva da due motivi: a) mondo eserno b) illusione che si possa

risolvere il problema dell’ esistenza di qualche cosa senza determinarne anche la

natura (che un mondo di corpi esista dovrebbe dimostrare la teoria della conoscenza).

IL PROBLEMA DEL REALISMO

- il problema del realismo non e’ il problema gnoseologico per eccellenza ma e’ un

problema metafisico. E’ il problema di cosa sia la realta’, non se la realta’ sia.

- Realismo come affermazione che c’e’ essere oltre il pensiero: ma quale pensiero?

Pensiero umano.

- Ma come intendiamo il pensiero umano? Matrice empiristica (soggettivismo alla

Berkeley-Hume) e metafisica (Hegel- tutto cio’ che esiste- il finito- non e’ altro che

un momento dell’ assoluto, che e’ pensiero- ragione umana come potere illimitato)

- Gnoseologia e’ logica come studio della verita’, del pensiero in quanto conosce la

realta’, come e’ possibile una conocenza con valore?

Capitolo quarto: gli universali.

- occorre partire dal minimo di pensato per vedere qual’e’ il carattere per cui l’ ens

rationis si distingue dall’ ente reale. La forma piu’ semplice di pensato e’ il concetto.

- Carattere che compete solo all’ ens rationis e non all’ ente reale: universalita’.

- Universale in logica: oggetto di pensiero che puo’ essere predicato di piu’ individui.

IL PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI

- qual’e’ il valore dei termini universali? Questo e’ il problema logico (poi abbiamo il

problema psicologico e quello metafisico)

- cenni storici: isagoge di Porfirio e commento di Boezio, ma problema sempre

teoreticamente presente nella storia della filosofia. Nominalismo, Concettualismo,

Realismo Esagerato, Realismo Moderato o concettualismo realistico. Si cerchera’ di

dimostrare il realismo moderato dimostrando che a- abbiamo nozioni universali b- tali

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nozioni non si attuano nella realta’ come universali c- che il loro significato si attua

nelle cose reali.

Esistenza di concetti universali

- E’ un fatto che abbiamo nozioni universali ed un fatto si mostra

fenomenologicamente, non si dimostra.

- Questo rosso, queste due mele ma si ha presente anche il rosso, il due , la mela. Enti

che per loro natura potrebbero essere indifferentemente qui e la, mentre questo ente

concreto e’ necessariamente qui o la’.

- La nozione individuale mi presenta un questo, che e’ qui ed ora. La nozione

universale mi presenta un quid, una essenza, che prescinde dal qui e dall’ ora.

TEORIA EMPIRISTICA E CONFUTAZIONE.

- l’ universale rappresenta (dicono gli empiristi) non una essenza ma un complesso di

caratteri tutti particolari che stanno in luogo di tante altre nozioni.

- Ma si domanda: il carattere particolare che si considera isolato dagli altri e che sta in

luogo di considerato identico nei vari individui o come tanti caratteri uguali?

- Se identico non puo’ essere particolare by definition

- Se uguale si domanda: come si fa a dire che quei caratteri sono uguali? Bisogna dire

in cosa sono uguali, e quel quid non puo’ essere che definito come identico nei vari

individui (ddunque non particolare ma universale)

- Questo sopra e’ il dibattito tra J. S. Mill e Spencer.

UNIVERSALE E COMUNE

- gli empiristi confondono spesso universale/comune, individuale/proprio. Ma nella

realta’ tutto e’ individuale e nel nostro concetto tutto puo’ essere universalizzato.

(Rosmini-Sordi).

MOTIVI DELL’ EMPIRISMO NATURALISTICO: A- LA CONFUSIONE FRA L’

ORIGINE ED IL CONTENUTO OGGETTIVO DI UNA NOZIONE

- Hume: ogni concetto non e’ altro che un’ intuizione sensibile e rappresenta un oggetto

singolare. La differenza tra impressione ed idea e’ solo di grado, le idee non sono

altro che immagini illanguidite delle impressioni.

- Ma qual’e’ l’ impressione corrispondente all’ idea di linea retta, o del numero

203.972. Non posso certo rappresentarmele sensibilmente. Eppure esprimo giudizi

perfettamente veri, universali e necessari su di esse. Mentre l’ immagine sensibile

fluttua, e’ diversa in me ed in te tutti sempre siamo perfettamente d’ accordo che

203.972 e’ piu’ di 2.983. Perche’ il concetto e’ appunto diverso dall’ impressione

sensibile, ed e’ sui concetti che si costruiscono le scienze con valore.

LA MANCANZA DEL CONCETTO DI ENTE IDEALE. ERRORE COMUNE ANCHE

AL REALISMO ESAGERATO.

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- L’ universale e’ un ente ideale, ha la sua realta’ di universale solo nell’ intelletto che

lo concepisce (degno di nota il fatto che il medesimo errore stia alla radice sia del

nominalismo che del realismo esagerato).

- Critica di Tommaso a Platone: “credette che la forma del conosciuto necessariamente

sia nel conoscente nello stesso modo in cui e’ nel conosciuto. Osservo’ che la forma

dell’ oggetto inteso e’ nell’ intelletto universalmente, immaterialmente ed

immutabilmente e quindi penso’ che gli oggetti intesi dovessero sussitere in se stessi

in questo modo. Ma cio’ non e’ necessario. Sebbene sia necessario che vi sia nella

realta’ cio’ che l’ intelletto intende, tuttavia non e’ necessario che vi sia nel medesimo

modo.”

Valore oggettivo dei concetti universali.

ESISTONO CONCETTI UNIVERSALI CON VALORE OGGETTIVO

- Resta da escludere il concettualismo, occorre dimostrare che le nozioni universali

hanno valore oggettivo, un corrispondente nella realta. Non possiamo dimostrare che

tutte le nozioni universali hanno valore oggettivo (Il che e’ falso, si pensi al concetto

di chimera) ma come le nozioni universali hanno valore oggettivo.

- Es. nozione universale di piacere e dolore. Con cio’ e’ dimostrato che almeno alcune

nozioni universali hanno un corrispondente nella realta’, ed e’ escluso subito il

concettualismo., peerche’ e’ possibile che un concetto universale abbia valore

oggettivo (ab esse ad posse datur illatio)

UNIVERSALE DIRETTO E RIFLESSO

- In ogni universale distinguiamo cio’ che e’ concepito (la natura o essenza) e il

carattere di universalita’, il carattere per cui l’ essenza o natura e’ predicabile di piu’

individui. L’ essenza e’ per se’ indifferente alla singolarita’ o molteplicita’. Questo e’

l’ universale diretto o anche intentio prima.

- Invece l’ essenza come si attua nel mio intelletto, cioe’ come significato universale

predicabile di piu’ individui e’ detta universale riflesso, o intentio secunda.

- Universale diretto: si forma dal prescindere, con l’ astrazione universalizzatrice, dal

modo di essere singolare dell’ essenza da noi considerata.

- L’ universale riflesso si forma per una riflessione sull’ universale diretto, in cui

paragoniamo l’ universale diretto e lo paragoniamo ai singolare vedendolo predicabile

di piu’ singolari. Esso e’ un ente ideale, solo nella mia mente l’ essenza e’ astratta

dall’ essere individuale

- L’ idealita’ dell’ universale sta tutta nell’ universalita’ e non tocca il contenuto, il cio’

che e’ rappresentato.

ESPOSIZIONE DI QUESTA DOTTRINA NEL “DE ENTE ET ESSENTIA”.

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- Esempio: all’ uomo in quanto uomo appartiene la razionalita’ , ma se predico dell’

essenza dell’ uomo l’ essere una o molteplice sbaglio nell’ attribuzione di questo carattere

al concetto universale di uomo. Infatti se dico che all’ essenza uomo appartiene la

pluralita’ cio’ significherebbe che la natura umana non potrebbe mai esser una, mentre di

fatto lo e’ in quanto e’ ad es in Socrate. E similmente se dicessi che la natura umana e’

una non potrebbe moltiplicarsi in piu’ individui (come per es in socrate e platone).

L’ ASTRAZIONE

- L’ astrazione che ci porta all’ universale e’ un astrazione logica, non reale. E’ un puro

prescindere, non considerando alcuni aspetti della realta’.

- Questo puro prescindere puo’ poi restare nel campo dell’ individuale e allora parliamo

di astrazione impropria o distinguente (empirismo)

- Ma dobbiamo ammettere come si e’ visto un diverso tipo di astrazione che prescinde

dalla singolarita’, dal modo di essere delle cose reali.

ASTRAZIONE E A PRIORI

- apriorita’ nel senso che l’ astrazione universalizzatrice fa essa l’ universale e non lo

trova gia’ dato nelle cose singolari (Rosmini-Sordi) nella realta’ tutto e’ singolare,

nella mente tutto e’ uiversale.

- Se non si riconosce qui l’ apriori si finisce o per negare ogni tipo di scienza

(empirismo) o a dover ammettere troppo a-priori (kantismo- apriori sintetico)

- L’ intelletto non aggiunge nulla al contenuto dell’ esperienza ma gli da solo un modo

di essere diversa da quello in cui si attua nelle cose reali. Ma e’ un prescindere non un

alterare. Cio’ che e’ concepito e’ il reale, non il fenomeno.

SPONTANEITA’ DELL’ ASTRAZIONE UNIVERSALIZZATRICE

- carattere spontaneo, non voluto: intuizione astrattiva. Nostro modo di vedere

intellettivo. Abstractio totalis, considera tutto l’ oggetto ma in modo indeterminato.,

prescindendo dalla singolarita’.

- L’ abstractio totalis ci porta dal piano del sensibile al piano dell’ intellegibile, dal

piano della sensazione a quello del concetto.

L’ ASTRAZIONE E LA COMPOSIZIONE DI MATERIA E FORMA

- spesso si dice che l’ intelletto conosce l’ universale perche’ astrae la materia dalla

forma: conoscere l’ universale corrisponderebbe al conoscere la forma.

- Vero e’ che il fondamento metafisico del valore della conoscenza dell’ universale e’

la presenza di una forma nella realta’ materiale: ma cio’ non significa che conoscere l’

universale sia astrarre la forma dalla materia.

- Nella realta’ anche la forma e’ individua, quindi l’ astrazione si compie anche sulla

forma. La forma e’ individua come tutto cio’ che esiste.

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- Astrarre significa distinguere nello spirito cio’ che non e’ distinto nella natura.

TUTTI I NOSTRI CONCETTI SONO UNIVERSALI

- Tutti I nostri concetti sono universali, non abbiamo mai conoscenza perfettamente

adeguata dell’ individuale come individuale (anzi, come tale non l’ abbiamo mai)

altrimenti la nostra conoscenza non progredirebbe.

LA CONOSCENZA DEL SINGOLARE.

- Noi conosciamo il singolare, ma sempre riferendo I nostri concetti ad un’ esperienza,

e se si tratta di enti corporei questa esperienza e’ sempre sensibile. L’ intelletto

conosce il singolare corporeo sempre indirettamente, convertendo se ad phantasmata.

- Per dire “questo libro” devo aver coscienza che quel quid che io penso come uomo, e’

quello stesso quid che intuisco sensibilmente, qui e ora. Per sapere questo debbo aver

coscienza che il mio concetto di libro deriva da “questo qui”.

MISURA E GRANDEZZA DELL’ INTELLETTO

- Obiezione: se l’ intelletto non coglie mai il concreto, la conoscenza intellettiva e’

inferiore a quella sensitiva: la facolta’ piu’ alta non dovrebbe essere l’ intelletto, ma l’

erlebnis, l’ intuizione (Bergson, Nietzsche) o il coglimento di un un’ universale

concreto (Hegel, Croce).

- Ma l’ intelletto e’ l’ unico modo che l’ uomo ha per elevarsi dal significato che le

cose hanno per lui, polarizzato attorno all’ utile-nocivo, al significato che le cose

hanno in se’, per avere un sapere universalmente e necessariamente valido.

- Va comunque lasciato il posto agli aspetti extra-teoretici della realta’ (arte, affetti ecc)

DAL PIU’ UNIVERSALE AL MENO UNIVERSALE

- L’ intelletto conosce prima il piu’ universale e poi il meno universale. Piu’ univerale

infatti significa piu’ indeterminato e noi cominciamo dai concetti piu’ indeterminati. L’

universale e’ un tutto che contiene una pluralita’ e conoscerlo imperfettamente significa

conoscerlo confusamente. Nel processo si va poi dall’ indeterminato al determinato, dal

generico allo specifico.

DOVE L’ INTELLETTO SCOPRE L’ ESSERE.

- il primo concetto del nostro intelletto e’ il concetto di essere, il concetto piu’

universale di tutti. Mentre l’ oggetto proprio dell’ intelletto umano nella vita presente

e’ la quidditas rei materialis.

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- La prima tesi afferma che l’ intelletto umano si estende di diritto a tutto l’ essere, la

seconda che l’ intelletto umano coglie la prima volta l’ essere nelle cose materiali. Le

cose materiali sono I primi enti che l’ intelletto umano conosce.

- L’ intelletto umano non conosce se non astraendo dalle immagini sensibili, il

contenuto delle sue nozioni l’ intelletto lo trae dalle immagini sensibili.

RIFERIBILITA’ DEL CONCETTO ALL’ IMMAGINE

- L’ intelletto umano non puo’ pensare attualmente nessun oggetto senza rivolgersi all’

immagine, infatti l’ oggetto proprio del nostro intelletto e’ la quidditas rei materialis e

tale quidditas si realizza solo in individui corporei che possono essere rappresentati

solo nell’ immagine sensibile. Il particolare lo si apprende sempre col senso e l’

immaginazione

- I nostri concetti debbono mantenere sempre una certa riferibilita’ all’ immagine.

Infatti oggetto proprio dell’ intelletto umano e’ la quidditas rei materialis e tale

quidditas non si realizza se non in individui corporei che possono essere rappresentati

solo nell’ immagine sensibile.

Capitolo quinto: le verita’ immediatamente evidenti.

1- La verita’

il problema della verita’ riguarda le proposizioni. Finche’ si resta nel mondo dei

concetti si e’ al di qua del vero e del falso, perche’ non si afferma ancora nulla.

CONOSCIAMO DELLE VERITA’

si tratta di contatare che di fatto conosciamo delle verita’

ma porsi un problema significa gia’ di fatto possedere delle verita’ ed essere sicuri

di possederle (es. esiste una superficie bianca di fronte a me e’ una verita’

VERITA’ DI FATTO E VERITA’ NECESSARIE

matters of facts-relation of ideas di Hume, o verita’ di fatto e verita’ di ragione di

Leibniz.

o Le verita’ di fatto affermano l’ esistenza di qualche cosa o determinano la

natura di una cosa esistente.

o Le verita’ di ragione affermano un rapporto fra concetti, essenze, senza

dire se questo rapporto e’ attuato in realta’ o no.

Come ci sono realta’ di fatto immediatamente evidenti, cosi’ ci sono verita’

necessarie immediatamente evidenti, ad esempio il pdid o il pdnc.

CHE COSA E’ LA VERITA’

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Cosa vuol dire che una proposizione e’ vera? Che le cose stanno cosi’ come io

dico, che io esprimo come stanno le cose.

La verita’ e’ dunque l’ adeguazione della conoscenza alla realta’

E perche’ diciamo che le cose stanno cosi’? perche’ vediamo che stanno cosi’.

Evidenza intrinseca. Non ci puo’ essere altro criterio primo e fondamentale di

verita’

La verita’ e l’ evidenza sono dunque realta’ che non si possono negare senza con

cio’ stesso presupporle ed affermarle.

VERITA’ LOGICA ED ONTOLOGICA

Verita’ logica o della conoscenza e’ quella che interessa qui: si parla anche di

verita’ ontologica o delle cose.

L’ aspetto in comune e’ e’ di essere un rapporto intelletto-realta’ ma

o Nella verita’ logica l’ intelletto e’ misurato dalle cose (rapporto tra un’

intelleto e una cosa che l’ intelletto scopre)

o Nella verita’ ontologica la cosa e’ misurata dall’ intelletto (rapporto tra

una cosa e l’ intelletto che presiede alla sua creazione)

o La verita’ logica inerisce alla conoscenza.

LA VERITA’ LOGICA E’ ESPRESSA SOLO DALL’ ENUNCIAZIONE

Non sempre chi conosce sa di adeguarsi alla realta’, non sempre esprime con la

conoscenza questo suo adeguarsi

Quando si apprende semplicemente si e’ nella verita’ ma non si conosce la verita’,

ossia non si esprime ancora con la conoscenza questo rapporto di adeguazione.

Solo nell’ enunciazione puo’ trovarsi propriamente la verita’ come conosciuta

LA CONOSCENZA DELLA VERITA’ SI HA SOLO NELLA RIFLESSIONE?

Si puo’ presentare una difficolta’: se per conoscere la verita’ bisogna conoscere la

conformita’ tra intelligenza e reale allora per vedere la verita’ di un’ enunciazione

bisognera’ prima riflettere sull’ atto conoscitivo per sapere se esso e’ o no

conforme alla realta’

Sarebbe cioe’ una posizione di relismo mediato, teoria che pone l’ autocoscienza a

fondamento di ogni concoscenza.

Ma questo non e’ possibile: non si conosce infatti prima la capacita’ della nostra

conoscenza di adeguarsi alle cose ma piuttosto, conoscendo la verita’ di un’

eneunciazione, si constata in atto la nostra capacita’ di conoscere il vero.

L’ intelletto vede che la sua natura e’ fatta per conformarsi alle cose proprio

mentre vede che attualmente vi si conforma.

2- Verita’ di fatto

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LE VERITA’ DI FATTO SONO ENUNCIAZIONI SINTETICHE A POSTERIORI.

Le verita’ di fatto suppongono l’ esistenza del soggetto della proposizione,

intendono riferisi ad un soggetto dato hic et nunc

In queste enunciazioni il nesso soggetto-predicato e’ dato nell’ esperienza

Tali enunciazioni sono dette da kant: giudizi sintetici a posteriori:

o Sintetici perche’ il predicato aggiunge qualche cosa alla nozione del

soggetto

o A posteriori perche’ l’ aggiunta e’ compiuta in nome di un dato di fatto , di

un’ esperienza.

La negazione di una verita’ di fatto non e’ contraddittoria (anche se anche un puro

fatto mentre e’ non puo’ non essere)

PRIORITA’ DELLE VERITA’ DI FATTO

Non possiamo affermare il valore delle verita’ necessarie se non dopo aver

affermato quello delle verita’ di fatto.

Io non assicurarmi infatti che un’ essenza appartenga alla realta’ se non

cogliendola in un fatto e quindi affermando l’ esistenza di un fatto.

Cio’ vale anche per le essenze in quanto possibili, poiche’ non possiamo sapere se

le essenze che mettiamo in relazione siano possibili prima di vederle realizzare in

un fatto. La non contraddizione infatti ci da’ solo il formale della possibilita’ ma

non mi da’ anche il materiale (che deriva sempre da un fatto)

VERITA’ DI FATTO E PERCEZIONE DELL’ ESISTENTE

Vediamo il fondamento delle verita’ di fatto

Anzitutto la necessita’ di giudicare dipende dal carattere astratto dei nostri

concetti, che ci impone di conoscere per successive sintesi, ossia giudicando.

Partiamo sempre dalla percezione di enti esistenti che non cogliamo

adeguatamente ma solo per aspetti che dobbiamo andare poi a ricomporre in un’

unita’

Il nostro primo giudizio e’ “questo e’”

Tommaso: dobbiamo distinguere nel giudizio due momenti

o Le sintesi dei termini

o L’ assenso dato a questa sintesi (ritorno sulla sintesi dei termini)

La sintesi e’ qualcosa di artificioso nel senso che e’ lo sfaccettamento in piu’

concetti di qualcosa che in se’ e’ uno.

Dobbiamo poi sempre confrontare la nostra sintesi con la percezione da cui siamo

partiti e con l’ essenza che abbiamo analizzato.

IL GIUDIZIO DI ESISTENZA

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Ma questo provare la sintesi dei termini non sarebbe possibile se non partissimo

dalla percezione di una realta’ esistente, se la conoscenza dell’ esistente concreto

non fosse anteriore al giudizio.

Nella percezione di un ente e’ gia implicito il giudizio di esistenza.

L’ esitente reale e’ sperimentato da noi immediatamentee dall’ esistente percepito

concretamente estraiamo il concetto di esistenza.

L’ esistente e’ sempre colto da noi in concreto: per questo non ha senso il

problema: come possiamo conoscere l’ esistenza se i nostri concetti esprimo solo

essenze e che non possono essere i sensi a rivelarci l’ esistenza.

Quando poi vogliamo esprimere concettualmente questo coglimento concreto

allore traiamo il concetto di esistenza.

Non si sente l’ esistenza in astratto ma si sente l’ esistente.

Noi possediamo la facolta’ di scoprire l’ essere delle cose cosi’ come abbiamo la

facolta’ di coglere la luminosita’ e i colori.

Noi percepiamo l’ esistente: quando vogliamo chiarire cosa esso sia dobbiamo

esprimerci con concetti astratti.

3- Verita’ necessarie

PASSAGGIO DALLE VERITA’ DI FATTO ALLE VERITA’ NECESSARIE

Come si passa dalle verita’ di fatto alle verita’ necessarie?

Con una intuizione astrattiva noi cogliamo significati che prescindono dal loro

modo di attuarsi, cogliamo delle essenze che possono essere universalizzate.

Tutto cio’ che attribuiamo non ad un soggetto individuo hic et nunc esistente ma

ad una essenza le e’ attribuito necessariamente ed universalmente.

Le proposizioni che hanno per soggetto un’ essenza sono dunque necessarie ed

universali. Necssarie perche’ se il predicato compete all’ essenza del soggetto non

potra’ esserci quel soggetto senza quel predicato.

L’ APRIORI ASTRATTIVO ALLA BASE DELLA NECESSITA’ E UNIVERSALITA’

Ma donde nasce questa necessita’? dal fatto che io prescindo da cio’ che nel

soggetto puo’ essere o non essere, essere cosi’ o altrimenti, cosi’ come l’

universalita’ nasce dal fatto che io prescindo da quello per cui il soggetto e’

questo qui e non altro.

Cio’ che compete al soggetto considerato come individuo, in cio’ che ha di

irripetibile compete ad esso solo.

Cio’ che invece gli compete in quanto ha una certa essenza competera’ anche a

tutti gli altri individui nei quali si realizza la medesima essenza.

All’ origine dell’ apriori sta l’ astrazione, cio’ che l’ intelletto mette di suo all’

oggetto di conoscenza e’ l’ universalita’.

LE VERITA’ NECESSARIE SONO PROPOSIONI ANALITICHE

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Come e’ possibile conoscere un nesso fra essenze?

Logicamente il nesso si manifesta come essenziale, e non mero fatto, quando la

negazione del predicato porta con se’ anche la negazione del soggetto, ossia

quando non e’ possibile affermare il soggetto e negargli quel predicato senza

contraddirsi.

Kant chiama queste verita’ giudizi analitici: ma per lui se il predicato e’ identico

al soggetto allore siamo in una mera tautologia

Rispondiamo: certo nei giudizi analitici il predicato e’ realmente identico al

soggetto ma la nozione del predicato non e’ identica a quella del soggetto.

Kant nel suo concetto di giudizio analitico salda assieme due concetti che non

sono necessariamente legati:

o Tale che la sua negazione e’ contadditoria

o Puramente tautologico

LE VERITA’ NECESSARIE SONO A-PRIORI

Le verita’ necessarie sono a priori nel senso che il nesso tra soggetto e predicato e’

visto a-priori, cioe’ indipendentemente dall’ esperienza, mentre i termini, ossia le

nozioni del sogg e pred mi son sempre date nell’ esperienza.

Una semplice ripetizione di fatti non mi dara’ mai proposizioni necessarie ed

universali.

DIFFERENZA TRA SCOLASTICA ED EMPIRISMO

Differenza tra empirismo e scolastica nell’ affermazione “tutta la nostra

conoscenza deriva dall’ esperieza”.

Per l’ empirismo tutte le proposizioni universali non sono altro che

generalizzazioni di esperienze

Per la scolastica le proposizioni universali derivano dall’ esperienza perche’ da

essa derivano tutte le nozioni ma per pronunciare una prop univ dobbiamo astrarre

una nozione universale.