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FUORI LUOGO DROGHE & DIRITTI NUOVA SERIE ANNO 8 NUMERO 4 SUPPLEMENTO MENSILE DE IL MANIFESTO 28 APRILE 2006 IN EDICOLA L’ULTIMO VENERDÌ DEL MESE La coincidenza dell’uscita del giornale con l’i- nizio della legislatura ci ha spinto a rivolgere un appello a Romano Prodi. Se ne occupano i due editoriali: quello di Franco Corleone e quello di Giuseppe Bortone e Sandro Del Fattore della Cgil. Il governo Berlusconi ha stravolto i principi del diritto anche sulle droghe. Livio Pepino spiega come la responsabilità tabellare trasformi il sospetto in prova. I tecnici ministeriali avrebbero per- ciò fatto meglio a tirarsi indietro, come rileva Giorgio Bignami. La regione Lazio decide di rilanciare la riduzione del danno. Ne scrive Luigi Nieri. Onu, Europa e politiche globali. Grazia Zuffa ha intervistato l’olandese Jan G. Van Der Tas alla luce della recente riconferma di Antonio Costa al- l’Unodc. Con un commento di Joep Oomen. Canapa. Si terrà a Roma la 6ª edizione della Million Marijuana March. Ne scrive Marina Impallomeni . Della coltivazione di canapa a uso personale, del rilievo penale e della giurisprudenza dal ’75 ad oggi si oc- cupa Stefano Anastasia, mentre Matteo Ferrari spiega che in Svizzera la de- penalizzazione della marijuana sarà oggetto di un referendum. Giustizia. In Gran Bretagna le forze di polizia ragionano sulla legalizzazio- ne. Vincenzo Scalia ne ha parlato con Luigi Notari del Siulp. Simona Fatello Orsini ci racconta un incontro con gli adolescenti. Pubbli- chiamo anche un brano tratto dall’ultimo libro di Andrea Gallo. Chiudiamo con un viaggio nel tempo di Gianpaolo Carbonetto, caporedatto- re cultura del Messaggero Veneto, sul divieto di droghe e libri nel XVIII secolo. IN QUESTO NUMERO fuori luogo .it Oggi si riunisce il Parlamento della XV Legislatura repubblicana. Camera e Senato aprono una nuo- va stagione dopo il risultato elettorale che ha visto la sconfitta di Berlusconi e soci. Abbiamo scam- pato il pericolo di Berlusconi al Quirinale e ci libereremo di Pera e Casini che per cinque anni hanno fatto del Parlamento lo zerbino della volontà prevaricatrice del Governo. Leggi ad personam, contro- riforma della giustizia, stravolgimento della Costituzione, la Bossi-Fini sull’immigrazione, una leg- ge elettorale partitocratica: sono solo alcune delle perle volute dalla maggioranza per l’interesse par- ticolare di una componente e imposte senza confronto e dibattito. Alla fine, a tempo scaduto, appro- fittando della distrazione del Presidente della Repubblica e della connivenza dei presidenti delle ca- mere, fu approvata con decreto legge e due voti di fiducia la legge del giro di vite punitivo sulle dro- ghe. Noi non dimentichiamo e oggi coltiviamo la speranza che le finestre di Montecitorio e Palazzo Madama si spalanchino per far uscire l’odore di incenso dei teocon nostrani e dei laici pentiti e far entrare il profumo della libertà. Alle pagine 3, 8 e 9 PEACE ON DRUGS Sono più di mille le adesioni a “Peace on drugs”, il Manifesto per una politica delle droghe alternativa verso il 2008 approvato dagli Stati generali delle droghe il 4 marzo 2006 a Firenze. È questa la piattaforma più avanzata e praticabile, che deve essere rilanciata con forza e fatta assumere dai nuovi parlamentari dell’Unione. Per questo chiediamo ai lettori di firmare e di organizzare incontri per raccogliere l’adesione dei deputati e dei senatori delle proprie città e regioni. L’abrogazione della legge Fini-Giovanardi e l’avvio del confronto parlamentare sulla depenalizzazione, è bene non illudersi, non cadranno dal cielo e non saranno scontati. La presenza di un movimento forte è la condizione necessaria. Per aderire: www.fuoriluogo.it CAMERE CON VISTA

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FUO

RIL

UOG

ODROGHE&DIRITTI

NUOVA SERIEANNO 8

NUMERO 4SUPPLEMENTO

MENSILEDE

IL MANIFESTO

28APRILE2006IN EDICOLAL’ULTIMO VENERDÌDEL MESE

La coincidenza dell’uscita del giornale con l’i-nizio della legislatura ci ha spinto a rivolgereun appello a Romano Prodi. Se ne occupano idue editoriali: quello di Franco Corleone e quello di Giuseppe Bortone eSandro Del Fattore della Cgil. Il governo Berlusconi ha stravolto i principidel diritto anche sulle droghe. Livio Pepino spiega come la responsabilitàtabellare trasformi il sospetto in prova. I tecnici ministeriali avrebbero per-ciò fatto meglio a tirarsi indietro, come rileva Giorgio Bignami. La regioneLazio decide di rilanciare la riduzione del danno. Ne scrive Luigi Nieri.Onu, Europa e politiche globali. Grazia Zuffa ha intervistato l’olandese Jan G. Van Der Tas alla luce della recente riconferma di Antonio Costa al-l’Unodc. Con un commento di Joep Oomen.

Canapa. Si terrà a Roma la 6ª edizione dellaMillion Marijuana March. Ne scrive MarinaImpallomeni. Della coltivazione di canapa a

uso personale, del rilievo penale e della giurisprudenza dal ’75 ad oggi si oc-cupa Stefano Anastasia, mentre Matteo Ferrari spiega che in Svizzera la de-penalizzazione della marijuana sarà oggetto di un referendum.Giustizia. In Gran Bretagna le forze di polizia ragionano sulla legalizzazio-ne. Vincenzo Scalia ne ha parlato con Luigi Notari del Siulp. Simona Fatello Orsini ci racconta un incontro con gli adolescenti. Pubbli-chiamo anche un brano tratto dall’ultimo libro di Andrea Gallo.Chiudiamo con un viaggio nel tempo di Gianpaolo Carbonetto, caporedatto-re cultura del Messaggero Veneto, sul divieto di droghe e libri nel XVIII secolo.

IN QUESTO NUMERO

fuoriluogo.itOggi si riunisce il Parlamento della XV Legislatura repubblicana. Camera e Senato aprono una nuo-

va stagione dopo il risultato elettorale che ha visto la sconfitta di Berlusconi e soci. Abbiamo scam-

pato il pericolo di Berlusconi al Quirinale e ci libereremo di Pera e Casini che per cinque anni hanno

fatto del Parlamento lo zerbino della volontà prevaricatrice del Governo. Leggi ad personam, contro-

riforma della giustizia, stravolgimento della Costituzione, la Bossi-Fini sull’immigrazione, una leg-

ge elettorale partitocratica: sono solo alcune delle perle volute dalla maggioranza per l’interesse par-

ticolare di una componente e imposte senza confronto e dibattito. Alla fine, a tempo scaduto, appro-

fittando della distrazione del Presidente della Repubblica e della connivenza dei presidenti delle ca-

mere, fu approvata con decreto legge e due voti di fiducia la legge del giro di vite punitivo sulle dro-

ghe. Noi non dimentichiamo e oggi coltiviamo la speranza che le finestre di Montecitorio e Palazzo

Madama si spalanchino per far uscire l’odore di incenso dei teocon nostrani e dei laici pentiti e far

entrare il profumo della libertà. Alle pagine 3, 8 e 9

PEACE ON DRUGSSono più di mille le adesioni a“Peace on drugs”, il Manifesto peruna politica delle droghe alternativaverso il 2008 approvato dagli Statigenerali delle droghe il 4 marzo2006 a Firenze. È questa lapiattaforma più avanzata epraticabile, che deve essererilanciata con forza e fatta assumeredai nuovi parlamentari dell’Unione.Per questo chiediamo ai lettori difirmare e di organizzare incontri perraccogliere l’adesione dei deputati edei senatori delle proprie città eregioni. L’abrogazione della leggeFini-Giovanardi e l’avvio del confrontoparlamentare sulla depenalizzazione,è bene non illudersi, non cadrannodal cielo e non saranno scontati. Lapresenza di un movimento forte è lacondizione necessaria. Per aderire:www.fuoriluogo.it

CAMERE CON VISTA

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Le lettere vanno indirizzate a:redazione fuoriluogo c/o il manifestovia Tomacelli, 146 – 00186 Romafax 0669921052e-mail: [email protected] Supplemento mensile

de il manifesto28 aprile 2006FUORILUOGOLETTERE2

AIUTATECISiamo un gruppo di detenuti delpadiglione Roma della Casa Cir-condariale di Poggioreale a Napo-li e vorremmo mettere alla lucedel giorno tutto ciò che avviene ainostri danni. Siamo costretti asubire vere e proprie misure cor-porali per banali problemi di rou-tine, si scende a perdere ogni mi-nima dignità umana a causa deicomportamenti inauditi di deter-minati agenti di custodia, coordi-nati dall’Ispettore Antonio Bruno,che svolgono il loro lavoro gio-cando sulla nostra pelle.In questo padiglione ci sono per-sone malate a livello sia fisicoche psicologico, questo dovrebbeessere un luogo di recupero manon lo è affatto, ci sono malati diAids che si trovano in cella di pu-nizione senza nessun controllomedico, docce comuni utilizzatesia da detenuti sani che da quelliaffetti da gravi patologie infettive,botte da orbi su tutti i fronti soloper avere terapie prescritte daimedici del Sert. Anche solo unaperlustrazione alla stanza di tran-sito farebbe capire in quali gravisituazioni di disagio viviamo, tan-to essa è fatiscente.Le malattie infettive sono presealla leggera e c’è un insostenibileclima di tensione. Anche se tuttinoi abbiamo sbagliato non è giu-sto sopportare tutto ciò e perde-re la nostra dignità per un gruppodi agenti fanatici e sotto la ditta-tura del loro ispettore, già noicombattiamo con i nostri proble-mi di sovraffollamento e di un ca-ro spesa inaudito ancor più la si-tuazione diventa invivibile standoa contatto con queste personedeterminate solo a distruggere lanostra anima, per loro siamo so-lo un numero che non merita al-cun rispetto e dobbiamo solo su-bire i loro soprusi sia verbali chefisici. Stiamo 22 ore chiusi in cel-la senza una socialità, si rubanoil tempo sui colloqui, i nostri po-chi diritti vengono cancellati.Quello che avete visto a Live suItalia 1 è solo una pagina spiace-vole di ciò che avviene all’esternoma il vero inferno è all’interno diquesto padiglione dimenticato datutti perché siamo tossici malatiche non valgono nulla.Fate qualcosa, aiutateci, vi prego,è solo un appello di persone inpreda alla disperazione e qui è fa-cile perdere il controllo e faresciocchezze, chiediamo un con-trollo igienico sanitario su tutta lastruttura che anche se stanno pit-turando rimane sempre fatiscen-te nei servizi e in tutto quello cheè primario sul prevenire malattieinfettive, cioè docce, bagni, ali-menti, distretto sanitario. PregoDio che questa lettera possa ser-vire a far sentire la nostra voce.Aiuto, chiediamo solo aiuto.

Un gruppo di detenuti, carcere di Poggioreale, Napoli

Sento il bisogno di scrivere a causa della discriminazione a cui sono sottoposto ora-mai da otto anni. Prendendo 20 ml di metadone pro-die, non ho diritto a guidare e lamacchina e il motorino. Sono appunto otto anni che lotto con vari ricorsi andati piùo meno bene. Ho dovuto sopportare un salasso per i test delle varie commissioni me-diche a cui sono sottoposto, e ora anche l’impossibilità di muovermi con il 50 cc.Quando mi fermeranno chiederanno 2.000 euro o giù di lì. Come si deve comporta-re una persona che come me non ha mai avuto un incidente dal 1979, anno del rila-scio della mia patente B? Con quali mezzi servirò la mia indipendenza e quella di miamadre oramai ottantaquattrenne?

Lettera firmata, Livorno

MARGARONRISPONDECaro amico livornese,chi consuma droga può vedersi ritirare la patente per due motivi: o è stato sorpreso a guidaresotto effetto di alcool o droga (articolo 187 e 188 del codice della strada), oppure ha rifiutato diottemperare all’ordinanza del prefetto, di presentarsi al Sert per un eventuale trattamento, do-po essere stato sorpreso in possesso di sostanze stupefacenti (art. 75 dell’ex Dpr 309/90 ora de-creto Fini-Giovanardi). Per riottenerla deve presentarsi davanti alla commissione provincia-le per la valutazione della sua idoneità fisica e psichica, istituita ai sensi degli articoli 119 e126 del CdS.Pur non fornendo informazioni quantitative sull’assunzione e quindi sugli effetti prodotti, laricerca di tracce della (o delle) sostanza contestata nell’urina o nei tessuti è alla base della va-lutazione per l’idoneità. Se l’esame dell’urina può solamente escludere che durante i tre o quat-tro giorni prima del prelievo sia avvenuta una assunzione, quello del capello può, a secondadella lunghezza esaminata, escluderla invece per diversi mesi. Si tratta quindi di un esamemolto più affidabile ed eloquente ma purtroppo può essere effettuato solo presso alcuni labo-ratori e quindi è troppo poco utilizzato. A causa dei limiti della ricerca nell’urina, la commissione tende ad aumentare il numero diesami ed ad ampliare il periodo durante il quale effettuarli ma anche a diminuire il tempo peril quale si rinnova la patente. In effetti per tutti i cittadini la patente ha una validità di diecianni ma nei casi dubbi la commissione può rilasciarla per un tempo più breve generalmenteuno, due o cinque anni. Le scelte di una commissione non sono quindi senza conseguenza sulportafoglio del malcapitato, poiché le spese per gli esami di laboratorio possono in teoria va-riare da circa 100 euro una tantum, in caso di test del capello, a più di 150 euro ogni anno ri-correndo agli esami dell’urina. Sebbene le commissioni cerchino di armonizzarsi tra di loro, non vi è dubbio che esistono del-le disparità di comportamento vistose tra una provincia e l’altra e colpiscono anche chi è intrattamento con metadone o buprenorfina. Giustamente catalogati nelle sostanze psicotrope,la tolleranza nei confronti di questi farmaci varia molto da una commissione all’altra, nono-stante non siano documentate alterazioni delle capacità di guida a dosaggi terapeutici. Trat-tandosi di farmaci che servono alla cura ed alla riabilitazione, il fatto che alcune commissionirifiutino di concedere la patente a chi è in trattamento può vanificare, come fa giustamente no-tare il nostro amico di Livorno, i tentativi di reinserimento lavorativo e quindi il processo direcupero. L’unico consiglio che posso dare alla persona che si sente penalizzata è di fare ricor-so contro la decisione della sua commissione di competenza. Verrà allora esaminata dalla com-missione di una provincia vicina, il problema è indovinare se essa sarà più comprensibile... etollerante!

Henri Margaron, direttore Dipartimento delle dipendenze Asl 6 Livorno

LA PATENTE NEGATA

IRANOltre il 5% della popolazione iraniana fa uso distupefacenti, secondo gli ultimi dati resi notidal ministero della Salute. Una conferma che,nonostante le leggi intransigenti della Repub-blica islamica, il fenomeno è in costante au-mento, soprattutto tra i giovani. Fino ad ora leautorità avevano ammesso l’esistenza soltantodi due milioni di consumatori. Ma Moham-mad Mehdi Gouya, capo del Centro per il con-trollo delle malattie del Ministero della Salute,citato dall’agenzia Isna, ha parlato di 3,7 milio-ni di consumatori, dei quali 2,5 milioni tossico-dipendenti. Gouya ha anche ammesso che, se-condo stime non ufficiali, nel paese vi sarebbe-ro 70.000 sieropositivi, mentre i dati accertatiparlano di poco più di 13.000. Nella maggio-ranza dei casi il virus è stato contratto attraver-so l’uso di siringhe sporche. Dopo la rivoluzio-ne islamica in Iran sono state distrutte le pian-tagioni di oppio, che in passato veniva fumatoquasi esclusivamente da persone anziane, ed èstata introdotta una legge che prevede la penadi morte per i trafficanti trovati in possesso dialmeno 30 grammi di eroina o cinque chilo-grammi di oppio. Le sentenze vengono a volteeseguite con impiccagioni sulla pubblica piaz-za. In passato fonti di polizia hanno rivelatoche oltre il 50 per cento dei detenuti sono con-sumatori di stupefacenti e molti continuano afarne uso anche in carcere. Ma oltre all’oppio eall’eroina si è diffuso in Iran negli ultimi annil’uso di ecstasy. La televisione di Stato ha am-messo l’esistenza del fenomeno mandando inonda cartoni animati educativi a scopo di pre-venzione.

CUBAL’Avana è disponibile alla firma di un accordobilaterale in materia di lotta al narcotrafficocon gli Usa «per migliorare i risultati fin qui ot-tenuti dal governo». È quanto ha dichiarato,nel corso di un incontro con la stampa, il co-lonnello Jorge Samper, responsabile del corpodelle Guardie di frontiera cubane. Da parte suail generale Jesus Becerra, comandante dei ser-vizi antidroga cubani, ha ricordato che nel ca-so degli Stati Uniti la collaborazione è stabilitapragmaticamente «di volta in volta».

COLOMBIANonostante la distruzione di numerose colti-vazioni di coca nel 2005, l’estensione dellepiantagioni colombiane è aumentata del 26%rispetto all’anno precedente: è quanto risultadai dati resi noti dall’agenzia statunitenseOndcp (Office of National Drug Control Policy).Nel 2004 infatti risultavano 114.100 ettari dipiantagioni di coca, saliti a 144.000 nel 2005. Adispetto dei dati, il governo americano ha di-feso il “Plan Colombia” sostenendo che stareb-be dando i propri frutti. Secondo Washington icontrolli relativi al 2005 comprendono un’areapiù che doppia rispetto a quelli precedenti enon è dunque detto che la produzione totale dicoca sia aumentata della stessa percentuale. LaColombia è il primo produttore mondiale dicoca, e fonte del 90% della cocaina venduta sulmercato americano, secondo fonti ufficialiamericane.

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Una compilation con canzonistoriche e originali di 16 straordinari interpreti per dire no alla criminalizzazione della marijuana

I cd sono in vendita presso le librerie La Feltrinelli,RicordiMediastores, Il libraccio e Melbookstore. Info: 06/68719687 • 68719622e-mail: [email protected]

NEFFA

PITURA FRESKA

RICKY GIANCO

FOLKABBESTIA

EUGENIO FINARDI

LA FAMIGLIA ROSSI

CLAUDIO BISIO

TÊTE DE BOIS

GIANFRANCO MANFREDI

MAURIZIO CAMARDI E KAMMERENSEMBLE

GIORGIO GABER

PUNKREAS

GIGI MARRAS

VALLANZASKA

ARTICOLO 31

PATRIZIO FARISELLI

Parole e musica contro l’intolleranza

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3Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006 FUORILUOGOEDITORIALI

Fuoriluogomensile di Forum Droghenuova serie anno 8, numero 4chiuso in redazione il 21/4/06supplemento de il manifestodel 28/4/06

Direzione:Grazia ZuffaCecilia D’EliaCoordinamentoredazionale:Marina [email protected]:Beatrice Bassini

Claudio CappuccinoLeonardo Fiorentini(webmaster)Enrico Fletzer Patrizio GonnellaGiovanni NaniSusanna RonconiSergio SegioMaria Gigliola Toniollo

Comitato editoriale:Stefano Anastasia, Andrea Bianchi, Giorgio Bignami, Giuseppe Bortone, Gloria Buffo, Massimo Campedelli,Stefano Canali, Giuseppe Cascini,

Luigi Ciotti, Maria GraziaCogliati, Peter Cohen,Antonio Contardo, Franco Corleone, PaoloCrocchiolo, Daniele Farina,Matteo Ferrari, Andrea Gallo, Maria Grazia Giannichedda,Betty Leone, Franco Maisto, Luigi Manconi,

Patrizia Meringolo, Toni Muzi Falconi, Mariella Orsi, Livio Pepino,Tamar Pitch, Anna Pizzo,Toy Racchetti, ErsiliaSalvato, Nunzio Santalucia, Luigi Saraceni, Uwe Staffler,Stefano Vecchio,Maria Virgilio

Direttore responsabile:Maurizio BaruffiSegreteria di redazione:tel. e fax 06.69921052E-mail: [email protected] grafico:Andrea MattoneDisegni: Onze

Impaginazione:Sagp, RomaSito web: www.fuoriluogo.itRealizzato col contributo diLeonardo Previ e SaraSecomandi di Methodos s.p.a.Editore: Forum Droghe

c/o Crs via Nazionale 75, 00184 RomaE-mail: [email protected]. n. 25917022Pubblicità: Poster pubblicità s.r.l.via Tomacelli, 146 00186 Romatel. 06/68896911fax 06/68308332

Stampa: Sigraf spa, via Vailate 14Calvenzano (Bg)Registrazione:Trib. Roma: n. 00465/97 del 25/7/97Iscrizione al Registronazionale della Stampa:n. 10320 del 28/7/00

Non deludeteci!

NUMERI DA DILETTANTILa legge Fini-Giovanardi ha finalmenteavuto la prima versione delle sue tabelle.Nessuna sorpresa, ma semmai alcuneconferme, inclusa quella che gli espertigovernativi non hanno prodotto niente disostanzialmente diverso da quello cheavrebbero potuto fare dei dilettanti.Infatti, si può sostenere scientificamenteche la dose singola di cocaina è di 150 mg?Secondo qualunque testo attendibile,questa dose dovrebbe essere intorno ai20-30 mg, e come è noto, per la cocainanon si sviluppa significativa tolleranzanemmeno nel consumatore regolare. Perl’amfetamina, la dose singola è stata fissa-ta a 100 mg, quando normalmente sareb-be di 5-10 mg. Per l’eroina è 25 mg, unadose che può essere molto bassa per unconsumatore regolare, ma che è altissima,e molto rischiosa se iniettata, per un con-sumatore occasionale. Solo per l’ecstasy eper la cannabis le dosi singole indicatepossono considerarsi sostanzialmentecorrette. 150 mg di Mdma sono in realtà ladose massima “consigliabile”. Mentre 25mg di Thc sono una dose in assoluto ab-bastanza elevata, ma si deve pensare che,fumando, fino al 60-70% va perso. Inveceper l’Lsd la dose singola di 50 micro-grammi è davvero bassa, poco sopra laminima dose con un effetto percepibile.Come si vede, queste dosi singole sonostate fissate solo con criteri (politici) cer-vellotici e non con criteri scientifici. Lostesso vale per i moltiplicatori che deter-minano la dose massima che dovrebbedistinguere, salvo prova contraria, il con-sumatore dallo spacciatore. Perché mai 5per la cocaina (con cui si arriva peraltro auna dose totale da cavallo) e 3 per l’Lsd(con cui si arriva a una dose totale che èsolo una dose singola medio-bassa)?Comunque, la situazione è questa, ed èmolto grave. Se non si arriverà al più pre-sto all’abrogazione della legge, queste ta-belle avranno pesantissime conseguenzeper molte persone. E soprattutto, conside-rando il loro numero, per molti giovanifumatori di cannabis: con somma ingiu-stizia presi a caso nella massa, e poten-zialmente rovinati per la vita.Come uscirne? Nonostante le promesse,visti i tempi che corrono e il clima politi-co, ho purtroppo molti dubbi che la leggesulla droga possa diventare una prioritàper il prossimo governo (si spera) Prodi.Sta quindi a tutti noi fare le dovute pres-sioni e tenere alta l’attenzione dell’opinio-ne pubblica. Educare, non punire!

a cura di claudio [email protected]

PERCHÉ SONOANTIPROIBIZIONISTA

FRANCO CORLEONE

Romano Prodi ha fatto bene a proclamare la vittoria immedia-tamente e a confermare la volontà di governare il Paese sullabase del programma dell’Unione. Ha avuto ancora più ragio-ne nel respingere nettamente la strumentale offerta di Berlu-sconi di un dialogo addirittura teso all’obbiettivo di un gover-

no di grande coalizione o di unità nazionale.D’altronde chi ha teorizzato e praticato il dominio della maggioranza e la“tirannide della cifra” non è credibile nei panni dello statista preoccupatodell’interesse generale. La fola del paese spaccato, delle due Italia è usatacome giustificazione per ciò che non avrebbe neppure la dignità culturaledel compromesso storico, ma si qualificherebbe per un immondo papoc-chio.È nella logica dei sistemi bipolari che il consenso elettorale si orienti sullecoalizioni o i partiti contrapposti con differenze anche minime. Il proble-ma sta nell’accettazione del risultato e in una azione di governo che tengaconto dei rapporti presenti nella società, in modo che il confronto non sitrasformi nell’anticamera della guerra civile. Certo i voti si contano, ma si possono anche “pesare” e una analisi ap-profondita confermerà che il successo del centro-sinistra va oltre i dati nu-merici. Da questo punto di vista il consenso dei giovani e dei settori socialipiù acculturati è un segno inequivoco.Lo stretto margine di maggioranza al Senato è un elemento da non sotto-valutare nelle implicazioni pratiche, e che deve spingere a una riflessioneseria di carattere istituzionale. Da troppi anni il mito della governabilitàaveva spostato il baricentro sul governo, annullando quella che un tempoveniva esaltata come la “centralità del parlamento”. Dalla riforma dei re-golamenti alle leggi delega, dai decreti legge omnibus ai maxi emenda-menti, dai voti di fiducia a ripetizione alle leggi finanziarie blindate e oc-culte, è stato un susseguirsi di forzature che hanno reso il processo legi-slativo una caricatura della democrazia.

La situazione che preoccupa tanti commentatori e politologi diregime deve invece essere colta come una felice occasione perripristinare e ricostruire una condizione di agibilità del con-fronto politico e culturale a livello istituzionale e nel paese.«Poche leggi, ma chiare e comprensibili», era l’ammonimento

di Mazzini. Questa indicazione va attualizzata nel senso che le grandi rifor-me necessarie devono nascere da un approfondimento e da una discussio-ne che coinvolga anche i cittadini, per scelte non imposte ma consapevoli.All’opposizione dovranno essere garantiti spazi di controllo e di espres-sione adeguati, ma questa dovrà rinunciare a cercare di impedire allamaggioranza di legiferare.La priorità assoluta deve essere il ripristino della legalità nella pubblicaamministrazione, depurandola da una lottizzazione selvaggia e da unaoccupazione partitica, per consentire l’apertura di una stagione straordi-naria di “ordinaria amministrazione”, che dia il segno del cambiamento emotivi gli apparati.In questo quadro, non vanno sacrificati i diritti civili e sociali nel timoreche dividano e «spacchino»: al contrario, aiutano il processo di civilizza-zione, indispensabile nell’attuale clima di incattivimento e imbarbari-mento.La questione della politica sulle droghe non ammette incertezze e richie-de il rispetto degli impegni proclamati in campagna elettorale con l’abro-gazione immediata della Fini-Giovanardi (prima ancora del decreto Mi-nisteriale sulle famigerate tabelle) e l’avvio del confronto sul superamen-to del Dpr 309.Subito va nominato il Capo del Dipartimento per le politiche sulle drogheche reimposti il rapporto con le regioni, i servizi pubblici e privati e guar-di alle politiche europee. Segnando da subito una profonda discontinuitàcol passato.Presidente Prodi, non ci deluda! ■

GIUSEPPE BORTONE* SANDRO DEL FATTORE**

Ci sembra necessario ribadire, in particolare inquesta delicata fase dei rapporti politici e sinda-cali nel nostro paese, un punto d’analisi essen-ziale rispetto all’offensiva neoliberista e neoau-toritaria che si è dispiegata negli ultimi anni.

Alla spinta verso la demolizione del welfare e l’accentua-zione delle disuguaglianze, viste come possibili molle diun nuovo dinamismo sociale, si è accompagnato infatti unattacco senza precedenti alle libertà personali: quest’ulti-mo sottintende un’idea di fondo dello Stato, concepito co-me falsamente “etico”, moralistico ed intrusivo: e quest’i-dea di Stato viene delineata e propagandata per compen-sare la crisi dello stato sociale e dei valori fondamentali disolidarietà e di convivenza civile. In alcuni casi le due ten-denze (neoliberista e neoautoritaria) s’intrecciano diretta-mente, come accadde per l’offensiva sull’articolo 18 delloStatuto dei lavoratori, o come avviene per la Legge 30 sulmercato del lavoro, che degrada e precarizza la condizio-ne del lavoratore dipendente e il suo rapporto con l’auto-rità dell’impresa. In altri casi, come per la legge Bossi-Finisull’immigrazione, l’attacco alla 194 sull’interruzione vo-lontaria di gravidanza, la Fini-Giovanardi sulle droghe, ilnesso fra rottura della solidarietà e rilancio delle politichecoercitive e neoautoritarie appare meno immediatamentechiaro, ma risulta in definitiva ugualmente decisivo.È in questo contesto generale, sommariamente delinea-to, che si colloca l’approccio della Confederazione allapolitica delle droghe ed alla necessità di coniugare suquesto terreno la sacrosanta contestazione nei confrontidella Fini-Giovanardi, con la capacità di proposta e diriforma anche in vista di nuovi possibili equilibri politi-ci e di governo.

In materia di legislazione sulle droghe, e di riorga-nizzazione dei relativi servizi, la Cgil si è semprefondata, per contrastare le tendenze che abbiamodelineato sulla difesa dei diritti: “diritto alla cura”,“diritto alla salute” e, dunque, risorse adeguate e

normative aggiornate per i servizi, ma anche diritto all’au-todeterminazione dei soggetti (in assenza di veri e proprireati): un diritto quest’ultimo, centrale per consentire aiservizi stessi di svolgere pienamente la loro funzione so-ciale e sanitaria, escludendo invece il ricorso “pedagogi-co” allo strumento penale e coercitivo, il quale sottrae lepersone alle possibilità e ai luoghi della cura.Ecco quindi il tema essenziale della depenalizzazione delconsumo personale di sostanze, citato, insieme agli altrielementi della nostra proposta, nella “Carta dei diritti de-gli operatori e degli utenti” elaborata dalla Funzione pub-blica Cgil nel marzo 2002 e nell’intervista rilasciata da Gu-glielmo Epifani a Fuoriluogo nel dicembre dello stesso an-no. Questa impostazione risulta tanto più significativa,quanto più oggi, di fronte a una crisi dell’approccio liberi-sta/autoritario, si pone l’esigenza di ridefinire modelli eproposte alternativi e praticabili.Riguardo alla politica delle droghe sono da valorizzare, aquesto proposito, le proposte contenute nel programma

È l’oradei diritti

Dedicato a Giancarlo Arnao

*responsabile Politiche tossicodipendenze Cgil nazionale**responsabile Dipartimento welfare e nuovi diritti Cgil nazionale

continua a pagina 4

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FINI-GIOVANARDI

LA REGIONE TOSCANAIMPUGNA LA LEGGELa Regione Toscana impugna davantialla Corte costituzionale la legge Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze.Prima di tutto, le nuove disposizioninon sono mai state sottoposte all'e-same della Conferenza Stato-Regioniper il parere di competenza. In parti-colare, afferma la Giunta regionale ri-ferendosi al titolo V della Costituzio-ne, «lo Stato avrebbe dovuto acquisi-re obbligatoriamente l'intesa con leRegioni». Le disposizioni, sintetizza ilricorso, «interferiscono con materieregionali e, segnatamente, con lamateria della tutela della salute» e inpiù contrastano anche con quel prin-cipio di «leale collaborazione» che do-vrebbe informare di sé i rapporti tra ivari livelli dell'organizzazione statale. Un secondo punto contestato riguardala parità fra strutture pubbliche e pri-vate. Infatti le nuove norme affidano aqueste ultime compiti che in prece-denza erano riservati ai Sert e vengo-no abilitate alla diagnosi dello stato ditossicodipendenza. Una decisione analoga è stata assun-ta dalla giunta regionale dell’EmiliaRomagna.

4 FUORILUOGOITALIAMONDO

M a r i n a I m p a l l o m e n i

Il movimento riparte dalla canapa. Dopo la street parade lan-ciata dall’Mdma, che lo scorso 11 marzo ha portato in piaz-za 50.000 persone per protestare contro la legge Fini-Gio-vanardi, sabato 6 maggio Roma ospiterà la sesta edizioneitaliana della Million Marijuana March, un evento globalea cui aderiscono ormai oltre duecento città in tutto il mon-do. La manifestazione è nata su tre parole d’ordine ugualiin tutto il pianeta: la fine delle persecuzioni e la scarcera-zione immediata dei consumatori e dei coltivatori di ma-rijuana per uso personale; il diritto all’accesso immediato

all’uso terapeutico; il diritto a coltivare liberamente una pianta che cre-sce in natura. A questi tre punti se ne aggiungono altri due diretta-mente legati al contesto italiano: la cancellazione immediata della leg-ge Fini-Giovanardi da parte del nuovo governo e il superamento della309/90 (la “vecchia” legge Jervolino-Vassalli modificata dal referen-dum del ‘93), con la richiesta al governo di tenere una nuova conferen-za governativa sulle droghe entro il 2006.

«Vogliamo – spiega uno degli organizzatori, Alessandro “Mefi-sto” Buccolieri – una legge partecipata dal basso che non escluda il di-ritto all’autocoltivazione per uso personale. Del resto, tutta la campa-gna dell’Unione è intrisa del concetto di governare con i cittadini, e nondall’alto».

A questo proposito va ricordato che il testo di riforma della leggesulla droga, elaborato dal cartello “Dal penale al sociale” epresentato da più di cento parlamentari già nella scorsa legi-slatura, prevede per l’appunto anche la depenalizzazionedella coltivazione a uso personale, giustamente equiparataalla detenzione (a uso personale), come spiega Stefano Ana-stasia alla pagina accanto.

Una particolare attenzione è dedicata all’uso terapeu-tico della canapa, a cui sarà dedicato nella stessa giornata unincontro seminariale con pazienti, medici, politici, ammini-stratori pubblici, semplici attivisti. Quello della canapa me-dica è un tema che sta particolarmente a cuore agli organiz-zatori, i quali si battono perché venga riconosciuto il valoreterapeutico della pianta nella sua interezza, senza che i pa-zienti siano costretti ad acquistare in farmacia i costosi deri-vati sintetici come il Marinol negli Usa o il Sativex, uno spraysublinguale prodotto da una casa farmaceutica inglese e re-centemente registrato in Canada. Aquesta prospettiva il mo-vimento contrappone le esperienze di auto-aiuto com’è il ca-

so del Pic (Pazienti impazienti cannabis), un gruppo di pazienti che si cu-rano proprio con la pianta di canapa e che si battono per non essere cri-minalizzati da leggi vecchie o nuove.

Il corteo, che partirà alle 16 da Piazza della Repubblica, sarà aper-to da una zona “no-oil” con mezzi a pedali, “ciclofficine” e “fantaveicoli”,bande musicali e giocolieri. L’anno scorso hanno partecipato all’iniziati-va 10.000 persone e 11 camion, e quest’anno gli organizzatori contano an-che sull’effetto dell’11 marzo. Inoltre stanno approntando un codice di au-to-regolamentazione per evitare scritte sui muri o altre manifestazioni discarsa civiltà. Tra le altre misure previste, l’obbligo di para-ruote per i ca-mion e un particolare invito a non distribuire bottiglie di vetro.

L’arrivo è previsto alla Bocca della Verità, dove si terrà un concer-to. Tra i gruppi che hanno già garantito la loro partecipazione, i Punkrease i Folkabbestia. I “sound system” si spengeranno alle 23.30 per permet-tere alla manifestazione di terminare a mezzanotte. Il palco non avrà sim-boli né bandiere, ma solo i colori della Million Marijuana March. Scritte estriscioni saranno dedicati a Marc Emery, l’attivista canadese su cui pen-de attualmente un mandato di cattura della Dea, l’agenzia antidroga sta-tunitense che ne chiede l’estradizione. Il suo reato? Essere diventato unpersonaggio simbolo del movimento cannabista. Nel suo paese è un uo-mo libero, ma gli basterebbe varcare la frontiera con gli Usa per rischiarel’ergastolo.

L’evento sarà seguito da Radio for Peace su un canale satellitaree sul web (www.radioforpeace.info). Sono previsti anche collegamenticon il Sudafrica. ■

A Roma la sesta edizione della Million Marijuana March

STRADE DI CANAPA

Svizzera, raccolte le firme necessarie per il referendum sulla cannabis

LA CARICA DEI CENTOMILA

dell’Unione: esse contengono – anche grazie al lavoro svol-to da un ampio e unitario movimento, del quale siamo sta-ti parte integrante – appunto la proposta di una piena de-penalizzazione delle condotte legate al consumo di sostan-ze, e quella di una riorganizzazione dei servizi, con risorseadeguate e salvaguardando la funzione di garanzia delpubblico. La prima e fondamentale richiesta, per il movi-mento di lotta che si è sviluppato, come pure all’interno delprogramma dell’Unione, è quella di una rapida abrogazio-ne della Fini-Giovanardi: noi riteniamo che la depenalizza-zione debba essere contestuale rispetto a questo decisivopassaggio, e che si debba successivamente, ma in tempi ra-pidi, porre mano ad una vera conferenza degli operatori delsettore, aperta al contributo dei consumatori di sostanze (iquali hanno avuto un ruolo assai rilevante nella battagliacontro l’approccio neoautoritario del Governo).Una valida base di partenza, infine, proprio per il discorsosulla depenalizzazione, è certamente offerta dalla propostadi legge che fu presentata, col nostro attivo sostegno, già nelluglio 2003 (alla Camera) e che vide come primi firmatari iparlamentari Livia Turco e Marco Boato.

Giuseppe Bortone e Sandro Del Fattore

M a t t e o F e r r a r iB E L L I N Z O N A

La Cancelleria federale ha annunciato la riuscitaformale dell’iniziativa popolare “per una poli-tica della canapa che sia ragionevole e che pro-tegga efficacemente i giovani”. In gennaio, in-fatti, sono state depositate 105.994 firme valide

sulle 100.000 firme necessarie per proporre una consulta-zione referendaria.Nel giugno 2004 il parlamento, rifiutando per la secondavolta di pronunciarsi, aveva affossato definitivamente larevisione della legge sugli stupefacenti proposta nel 2001dal governo, rifiutandosi di discutere le possibilità di re-golamentazione di un esteso mercato che esiste di fatto,benché la legge lo proibisca. A seguito di questa decisio-ne, il comitato “Per la protezione della gioventù dalla nar-cocriminalità” (composto da rappresentanti di tutti i mag-giori partiti, esponenti del settore della canapa, esperti diprevenzione e membri dell’apparato giudiziario) avevalanciato l’iniziativa popolare, ora riuscita. Fra due o treanni gli svizzeri saranno pertanto chiamati a votare sul se-guente testo costituzionale, che non legalizza né consumoné commercio bensì depenalizza il primo e prevede formedi tolleranza per il secondo:

1il consumo di sostanze psicoattive della pianta di ca-napa, come pure il possesso e l’acquisto delle stesse per

il consumo personale, sono esenti da pena;

2la coltivazione di canapa psicoattiva per il consumopersonale è esente da pena;

3la Confederazione emana prescrizioni sulla coltivazio-ne, la produzione, l’importazione, l’esportazione e il

commercio di sostanze psicoattive della pianta di canapa;

4mediante provvedimenti appropriati la Confederazio-ne assicura che si tenga adeguatamente conto della

protezione dei giovani, e la pubblicità per le sostanze psi-coattive della pianta di canapa o per il loro uso è proibita.

Copresidenti del comitato nazionale interpartiticosono nove deputati nazionali, appartenenti alle due Ca-

mere federali, alle tre regioni linguistiche e ai quattro par-titi di governo. Per il fronte referendario la legislazione at-tuale, datata di trent’anni, è del tutto superata dall’evolu-zione sociale ed è urgente ritrovare coerenza tra gli enun-ciati nella legge e la sua applicazione concreta.

Questa revisione costituzionale intende eliminareefficacemente il mercato nero della canapa, cessando così lacriminalizzazione di mezzo milione di consumatori e per-mettendo un importante passo verso una più mirata tuteladella gioventù. Si ritiene che gli obiettivi di salute pubblicae la tutela dei giovani siano meglio realizzabili in situazio-ni trasparenti, con possibilità di regolamentazione, così co-me viene fatto, ad esempio, per l’alcol e altre sostanze ocomportamenti. L’apparato giudiziario sarà inoltre alleg-gerito di numerosissimi casi “bagattella” e la polizia solle-vata da un esteso mandato repressivo ormai non più credi-bile, da sostituire con un mandato misto di “controllo e re-pressione degli abusi”. Infine, lo Stato è oggi privato di pa-recchi milioni di franchi d’introiti, giacché la cifra d’affaridel mercato nero della canapa è stimata ad almeno un mi-liardo di franchi all’anno (a mo’ di confronto: il mercatodelle bevande alcoliche ha un giro d’affari di circa 8 miliar-di di franchi). Le nuove entrate fiscali ottenute tramite la ca-napa dovranno essere prevalentemente impiegate in pro-getti di prevenzione e di tutela dei giovani.

Secondo il fronte referendario, durante la raccoltadelle firme, ai volontari (in generale giovani, ma non solo)si sono presentate parecchie difficoltà, più di quanto pre-visto. Resta però il fatto che il termine ultimo per la rac-colta delle firme (diciotto mesi) scadeva il 20 gennaio 2006e l’iniziativa è riuscita con un margine molto ristretto,mentre gli organizzatori si erano pomposamente ripropo-sti di effettuare la raccolta di firme più veloce della storiadella democrazia diretta elvetica...

Non è quindi da prevedere un ampio sostegno po-polare in occasione della futura votazione. Resta però ilfatto che un’analoga iniziativa, depositata nel 1994, nonera riuscita neppure a raccogliere le firme necessarie. ■

È l’ora dei diritticontinua da pagina 3

Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006

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Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006 FUORILUOGOITALIA

MONDO

L u i g i N i e r i *

Ora che Berlusconi, Giovanardi e Fini sonoall’opposizione, ora che i loro drug men(Muccioli e don Gelmini) non hanno piùpadrini al governo, la politica sulle droghedeve cambiare, completamente, nelle ispi-razioni di fondo, nei principi regolatori, neipartner prescelti. In questi 5 anni i vari car-telli di associazioni, sindacati e comunitàhanno fatto loro la vera e dura opposizionealla politica proibizionista e illiberale delle

destre. Il programma dell’Unione è una buona base di partenza. Su-bito va abrogata la legge approvata in zona Cesarini dalla Casa del-le libertà e poi si deve ripartire da un testo che sia il più avanzatopossibile, senza cautele o auto-censure. D’altronde non c’è alcun bi-sogno di fare politiche al ribasso solo per accontentare quei drug menche invece non hanno perso tempo ad accreditarsi a consiglieri deigovernanti di turno.

Le regioni possono giocare un ruolo sinergico e strategico conil nuovo Governo per una rinnovata politica sulle droghe, ispirata aequilibrio, buon senso, mitezza. Nel Lazio, in accordo con le orga-nizzazioni sindacali, abbiamo messo in bilancio 12 milioni di euro in

due anni esplicitamente destinati a politiche so-ciali e sanitarie di riduzione del danno, di pre-venzione e recupero. Abbiamo voluto far emer-gere il tema “tossicodipendenza” dall’indistintavoce del sociale, per evitare dimenticanze, rimo-zioni, giustificazioni.

Una nuova politica sulle droghe – dopol’era Storace – deve essere costruita insieme aquei cartelli che per anni, con entusiasmo e de-terminazione, hanno radicalizzato lo scontro coni sostenitori della legge Fini. Non va dimenticatoche a Roma, all’indomani dell’approvazione diquella legge, sono scese in piazza ben 50 milapersone in segno di protesta e indignazione; che

il documento Peace on drugs ha avuto migliaia di adesioni; che il car-tello “Non incarcerate il nostro crescere” è riuscito tenacemente a te-nere unite realtà e esperienze anche fra loro diverse.

Ora va programmata la spesa di quei 12 milioni di euro, in-sieme a operatori, comunità, associazioni e movimenti, nel segno del-la discontinuità rispetto al passato. La partecipazione alla program-mazione è essenziale per evitare politiche pubbliche calate dall’alto,incapaci di cogliere le sfumature e le complessità della questione del-le tossicodipendenze che al proprio interno vede intrecciarsi aspettisociali, giuridici, sanitari e etici. La programmazione della spesa evi-ta inutili finanziamenti a pioggia. I 12 milioni di euro consentono larealizzazione di un progetto sociale e sanitario ispirato alla riduzio-ne del danno. La legge Giovanardi-Fini assolutizza i punti di vista,enfatizzando l’aspetto penale o in alternativa quello medico. Non hauna visione olistica, manca di una prospettiva d’insieme. Quella vi-sione e quella prospettiva vanno recuperate.

Ci si è coralmente indignati delle injecting rooms proposte inToscana. Invece anche di questo bisogna avere il coraggio di parlare.Bisogna discuterne con chi ha esperienza nelle unità di strada, conchi conosce i modelli svizzeri e inglesi. Il pragmatismo deve tornarea orientare e governare le politiche sociali e, in particolare, quelle sul-le droghe.

Oggi si insediano le nuove Camere a maggioranza di centrosi-nistra. Il programma dell’Unione deve essere la cartina di tornasole peruna riforma legislativa globale. Va subito però abrogata la legge delledestre prima che dispieghi i suoi effetti. Con un quadro legislativo di-verso, le Regioni possono e devono ambire a diventare i luoghi dellapolitica dove si sperimentano interventi diversi da quelli che finorahanno caratterizzato il settore delle tossicodipendenze. Il proibizioni-smo non ha cambiato gli stili di vita. Prendiamone atto. ■

*Assessore al bilancio della Regione Lazio

FINI-GIOVANARDI, SANZIONI PESANTI PER CHI COLTIVA Lazio, i fondi per la riduzione del danno

UNA PIANTA IN GABBIALA VIA D’USCITA C’È

RISORSEPREZIOSE

5

S t e f a n o A n a s t a s i a

«Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, (...) coltiva (...) sostanzestupefacenti o psicotrope proibite è punito con la reclusione da sei a vent’annie con la multa da 26.000 a 260.000 euro». Categorico l’articolo 73 del testo uni-co sulle droghe così come modificato dall’emendamento-monstre Fini-Giova-nardi al decreto-legge sulle olimpiadi invernali. Tutt’al più, «quando, per imezzi, per la modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la qualità e laquantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità,si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da 3.000 a26.000 euro» (comma 5). Nessun riferimento alla coltivazione della cannabis in-dica nell’articolo 75 che prevede le sanzioni amministrative per chi «importa,

esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene» sostanze stupefacenti o psicotrope a fini di con-sumo personale.

La coltivazione domestica della canapa a fini di consumo personale, dunque, ha rilievo penale, sep-pure generalmente qualificabile come fatto di lieve entità, e dunque punibile in forma attenuata sulla base del-l’art. 73, co. 5, citato. L’unica alternativa al carcere è affidata al successivo comma 5bis, secondo cui, nell’ipo-tesi di fatti di lieve entità, «limitatamente ai reati (...) commessi da persona tossicodipendente o da assuntoredi sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice (...), su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero,qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anzichéle pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità (...) [per] una durata corrispondente a quel-la della sanzione detentiva irrogata».

Non diversamente dal nuovo testo unico in materia di droghe risultante dall’emendamento-monstre,anche la vecchia Iervolino-Vassalli manteneva espressamente la coltiva-zione tra le condotte vietate e, laddove stabiliva le eccezioni alle sanzio-ni penali per i consumatori, si limitava a enumerare i casi dell’importa-zione, dell’acquisto e della detenzione. Unica (non irrilevante) differen-za era quella indotta dalla distinzione delle sostanze stupefacenti in di-verse tabelle: ne seguiva che la coltivazione di derivati della cannabis afini di consumo personale era punibile con la reclusione da sei mesi aquattro anni e con la multa da mille a 10mila euro, invece che con penesimili alle attuali (da uno a sei anni di reclusione e da 2600 a 26000 euro).

A dire il vero in via giurisprudenziale si è tentato, con alterne (e,tutto sommato, incerte) fortune, di spostare la coltivazione dei derivatidella cannabis nell’area delle condotte depenalizzate (e quindi sanzio-nate solo amministrativamente). Soprattutto all’indomani del referen-dum del 1993, che cancellò le sanzioni penali per il consumo di droghe,non pochi giudici di merito si orientarono a riconoscere la irrilevanza penale della coltivazione di una o po-che piantine di marijuana (per una rassegna della giurisprudenza in materia si rinvia ad Averni e Grasso inwww.fuoriluogo.it/assistenza/coltivazione.htm). Ma la Corte di cassazione e la Corte costituzionale, quandoci hanno messo becco, non sono mai state tenere nei confronti della coltivazione della cannabis. Ancora vi-gente il regime “lassista” della legge 685/1975, la Cassazione specificava che «la coltivazione di canapa in-diana è equiparata, ai fini della pena, alla fabbricazione illecita (...) a prescindere dalla quantità del prodotto,in considerazione della particolare pericolosità di un’attività che incrementa la produzione. Di conseguenza,anche la coltivazione casalinga rientra nel concetto di produzione e di fabbricazione» (VI Sez. Pen., Sent.15422/1990). Dieci anni dopo, la IV Sezione ribadisce e specifica che «la coltivazione non autorizzata di pian-te dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti costituisce un reato di pericolo, per la cui configurabilità nonrilevano la quantità e la qualità delle piante, la loro effettiva tossicità, la quantità di sostanza drogante da essaestraibile e il fine cui la coltivazione è rivolta»; anzi «anche nel caso in cui la droga sia destinata all’uso perso-nale, la complessa attività svolta con la coltivazione (...) giustifica la diversità della disciplina normativa ri-spetto alle altre ipotesi (...) di cui, a seguito di referendum, è stata esclusa l’illiceità penale» (Sent. 4209/2000).E poco dopo, «la punibilità [della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali siano estraibili sostanzestupefacenti, ndr] può (...) escludersi nelle sole ipotesi in cui, oltre alla non destinazione all’uso di terzi, si ac-certi altresì in concreto l’inoffensività della coltivazione per la sua inidoneità a mettere a repentaglio il benegiuridico protetto dalla norma incriminatrice, ad esempio, quando si tratti di una sola pianta da cui possaestrarsi un quantitativo di sostanza insufficiente a provocare un apprezzabile stato stupefacente» (Cass., IVSez. Pen., Sent. 9984/2000), quando cioè il reato di pericolo si risolve in un reato impossibile.

Del resto, se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi a proposito della corretta interpretazione dellanorma dopo il referendum del 1993, è del tutto evidente che la rinnovazione della scelta punitiva attraversol’emendamento Fini-Giovanardi taglia la testa al toro (e le radici alla pianta).

Da questa gabbia punitiva (e irrazionale), che tende a equiparare allo spaccio la coltivazione ad usopersonale di piantine di canapa (invece di riconoscere al consumatore-coltivatore il merito di sottrarsi al mer-cato illegale di sostanze stupefacenti), si esce solo attraverso la delimitazione dell’intervento penale in mate-ria di droghe al solo traffico e spaccio di sostanze stupefacenti così come proposto da lungo tempo dagli ope-ratori delle tossicodipendenze e come previsto nelle proposte di legge Boato, Cavallaro e altri nella passata le-gislatura. Qualificando come reato solo la detenzione di sostanze stupefacenti «al fine di cederle a terzi per ri-cavarne un profitto», i parlamentari dell’Unione delinearono infatti un percorso realistico ed efficace per usci-re dalle sabbie mobili dell’ideologia proibizionista e delle sue aberrazioni. Confidiamo che quelle prudenti emisurate proposte non restino lettera morta nella legislatura che va ad aprirsi. ■

Dopo il ’93 molti giudici sancirono l’irrilevanza

penale della coltivazione di canapa a uso personale

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6 Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006FUORILUOGOGUARDANDO

AL 2008

JOEP OOMEN

Secondo tre convenzioni internazionali, i go-verni dovrebbero perseguire l’obiettivo dieliminare l’offerta e la domanda di drogheper scopi non medici o scientifici. Questo ap-proccio è stato confermato nel 1998, durante

l’assemblea generale dell’Onu (Ungass) di New Yorkche ha fissato l’anno 2008 come scadenza per valuta-re i risultati di questa strategia.L’assunto basilare secondo il quale la soluzione aiproblemi legati alle droghe sarebbe la proibizione, sista dimostrando un errore in molte regioni del mon-do. Tuttavia esso è difeso dall’Unodc (United NationsOffice on Drugs and Crime), l’agenzia incaricata dicoordinare le politiche antidroga a livello internazio-nale con sede a Vienna. Ogni anno, a marzo, l’Unodcinvita i governi alla Commissione sulle Droghe nar-cotiche, un meeting in cui possono presentare i risul-tati ottenuti nella lotta alla droga.Per un semplice cittadino, partecipare a uno di questimeeting (l’ultimo si è tenuto dal 13 al 17 marzo) puòessere un’esperienza istruttiva. Se credete che i go-verni vogliano sfruttare la scadenza del 2008 per va-lutare onestamente i risultati delle loro politiche sulledroghe in base alle evidenze e ai fatti, ne uscirestesentendovi dei marziani.Il direttore esecutivo dell’Unodc, Antonio Maria Co-sta, ha aperto il meeting di quest’anno introducendoalcuni concetti nuovi allo scopo di nascondere i falli-menti nella lotta globale contro la produzione e il con-sumo, che secondo Costa è un «comportamento inci-vile». In previsione del suo fallimento rispetto all’o-biettivo di ottenere una riduzione anche minima delfenomeno globale delle droghe, l’Onu ora sostiene chel’obiettivo sarebbe semplicemente quello del «conteni-mento»: naturalmente, un obiettivo molto più difficileda valutare rispetto alla semplice «eliminazione».

Costa ha fatto alcune osservazioni interessan-ti. «In proporzione – ha detto – le droghe uc-cidono più di altre sostanze, legali, che in-ducono dipendenza». Egli ha poi fatto rife-rimento alle cifre ufficiali Onu concernenti il

tabacco, che è usato dal 30% della popolazione mon-diale adulta e causa 5 milioni di morti all’anno. Le dro-ghe illegali sono consumate dal 5% della stessa popo-lazione e causano 200.000 morti all’anno. In altre paro-le, le statistiche di Costa gli danno torto.Meno innocenti sono stati i commenti di Costa suipresunti successi del cosiddetto sviluppo alternativoin aree dove si producono principalmente oppio e fo-glia di coca (in Asia e sud America). Ha fatto l’esem-pio del Laos. Ma in Laos come in altri paesi, lo «svi-luppo» che le politiche Onu hanno portato ai coltiva-tori di oppio comprende la militarizzazione, la riloca-lizzazione forzata, la perdita di reddito sostenibile e,secondo alcuni osservatori, la vita di migliaia di indi-geni.Prima del meeting era circolata la notizia che Costanon sarebbe stato riconfermato nel ruolo di direttoreesecutivo dell’Unodc perché il governo Usa non erasoddisfatto di lui. Forse c’era questo motivo dietrol’attacco di Costa all’Europa, che «ha il problema del-la droga che merita». L’«approccio incoerente» del-l’Europa, con cui Costa intende la decriminalizzazio-ne della cannabis e l’opposizione ai test antidroganelle scuole, starebbe mandando «alle persone segna-li disorientanti ». Secondo Costa, la cannabis sarebbe

I ritualidell’inganno

continua a pagina 8

Uno sconosciuto a Vienna. Antonio Maria Co-sta, segretario generale della Banca europeaper la ricostruzione e lo sviluppo, viene desi-gnato al posto di Pino Arlacchi alla guida dell’Unodc nel marzo 2002. Al momento dellasua nomina è del tutto sconosciuto al pubblicoitaliano, né risulta che si sia mai occupato didroghe. Tra i compiti che lo attendono vi è quel-lo di organizzare a Vienna, nell’aprile 2003, ilmeeting dell’Onu di valutazione di medio termi-ne del piano Arlacchi. Il piano era stato lancia-to dal suo predecessore nel 1998 con lo slo-gan “cancellare la droga dal pianeta entro il2008: possiamo farcela”.

Studenti nel mirino. Dal 9 all’11 ottobre 2002a San Patrignano si tiene il raduno annuale“Rainbow”, organizzato da Andrea Muccioli allapresenza di una folta rappresentanza del gover-no. Guest star, il premier in carica Silvio Berlu-sconi. Costa approfitta dell’occasione per pro-porre l’introduzione di test antidroga nelle scuo-

le con esami della saliva, del sudore, del capel-lo, dell’urina. I ministri Moratti e Sirchia, presen-ti all’incontro, reagiscono con imbarazzo.

La frittata afghana. Il 25 ottobre 2002 Costapresenta a Roma il rapporto annuale sulle col-tivazioni di papavero da oppio in Afghanistan. Èpresente alla conferenza stampa una nutritadelegazione del governo italiano, dal vicepre-mier Fini al sottosegretario Margherita Boniver,allo “zar” antidroga italiano Pietro Soggiu. I datiregistrano la ripresa su larga scala della produ-zione, che balza dagli 8.000 ettari coltivati nel2001 ai 69.000-79.000 ettari coltivati. Un’en-nesima sonora sconfitta della “guerra alla dro-ga” dell’Unodc, ma Costa respinge l’evidenzae invoca molti più mezzi per assistere il gover-no Karzai e fornire ai cittadini mezzi di sussi-stenza alternativi.

Test antidroga, Costa ci riprova. Dicembre2002. Costa insiste con l’idea già proposta al

meeting di San Patrignano dei test antidroganelle scuole, noncurante evidentemente delleperplessità dei ministri Moratti e Sirchia perproblemi di accettabilità e difficoltà organizzati-ve. Rendendosi conto che un test obbligatoriodi massa sarebbe incostituzionale e impratica-bile, si rifugia in una ipotesi di volontarietà.

Tabelle e coltelli. Nei mesi che precedono ilmeeting di Vienna dell’aprile 2003, il direttoredell’Unodc preme sull’Oms affinché non tra-smetta ufficialmente alla Commissione sulledroghe narcotiche una raccomandazione sullacanapa, impedendo di fatto agli stati membri didiscuterla. La raccomandazione, stilata a Gine-vra nel 2002, riconosceva il valore medico delThc e ne chiedeva la riclassificazione nelle con-venzioni Onu. La vicenda trova conferma nellarisposta del ministro della salute olandeseHans Hoogervorst a un’interrogazione parla-mentare (n. 2180 del 25/6/03) presentata alparlamento olandese.

G r a z i a Z u f f a

Antonio Costa è appena stato riconfer-mato alla guida dell’Unodc, l’agenziaOnu per le droghe. Tra i suoi compitivi sarà quello di organizzare la prossi-ma sessione speciale dell’Onu sulledroghe prevista nel 2008, quando an-drà in scadenza il piano decennalelanciato da Pino Arlacchi a New Yorkcon lo slogan “un mondo libero dalladroga entro il 2008: possiamo farcela”.

Ne parliamo con Jan G. Van Der Tas, dell’organizzazione olan-dese Netherlands Drug Policy Foundation ed ex diplomatico.

A tuo parere, qual è la ragione della riconferma di Costa? Sitratta semplicemente di manovre politiche all’interno della bu-rocrazia Onu, oppure Costa è stato premiato per il suo approc-cio “duro”, e perché rappresenta una garanzia che alla sessio-ne speciale dell’Onu nel 2008 non vi sia alcun dibattito vero néalcun cambiamento?

Negli ultimi mesi erano circolate voci secondo cui gliamericani ne avevano abbastanza di Antonio Costa e si sareb-bero opposti alla sua riconferma. Ora sembra che si sia trattatodi disinformazione, o quantomeno di un tentativo di intimidir-lo per farlo allineare ancora più rigidamente all’approccio “proi-bizionista” americano. Non sarebbe la prima volta, come dimo-stra tutta la discussione sulla “riduzione del danno” di un annofa, quando Costa ritenne opportuno confermare la sua lealtà aWashington in una lettera al Dipartimento di Stato. Natural-mente, tutto ciò minaccia di portare a un ulteriore blocco di qua-lunque dibattito ragionevole sulle droghe, a livello di Nazioniunite. Fortunatamente questo dibattito si svolge ugualmente inmolte parti del mondo, ed anche in Europa. Possiamo solo spe-rare che nel corso del suo secondo mandato Antonio Costa, uneuropeo, possa essere spinto a fermare la deriva verso l’irrile-vanza dell’agenzia di cui è alla guida e dei trattati Onu su cui es-sa si basa. È troppo sperare che il suo senso di integrità intellet-tuale o forse, semplicemente, il suo senso dell’onore, possanofargli scorgere la luce prima che sia troppo tardi?

Torniamo al 2003, quando a Vienna si svolse la cosiddetta “va-

L’ONU, L’EUROPA E LE POLITICHE GLOBALI: PARLA L’OLANDESE JAN G. VAN

UNA PARTITA A

OBBEDIRE E COMBATTERE, LA CARRIERA

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Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006 FUORILUOGO

lutazione di medio termine” del piano decennale per eliminarele coltivazioni di droghe illegali, varato all’assemblea generaledell’Onu del 1998, a New York. All’epoca, il movimento di rifor-ma delle politiche sulle droghe sperava in una valutazione se-ria del piano, che avrebbe portato a riconoscere il fallimentodell’approccio dell’Onu. Inoltre, i riformatori si aspettavanoche quasi tutti i paesi europei chiedessero un cambiamentodelle politiche sulle droghe a livello globale, rivendicando l’ef-ficacia delle politiche “miti” adottate in Europa. Invece è acca-duto il contrario: l’approccio morbido (in particolare sulla cana-pa) è stato fortemente attaccato da Costa, con l’appoggio de-gli Usa. I paesi europei si sono limitati a stare sulla difensiva,invece di spargere i semi della riforma. In vista dell’appunta-mento del 2008, pensi che questo evento possa essere unareale opportunità di cambiamento (anche piccolo) nelle politi-che globali?

L’obiettivo dichiarato dei nostri amici americani è im-pedire che nel 2008 (o 2009) abbia luogo una vera valutazionedel piano decennale lanciato nel 1998. Ricordiamo che anchenel 1998 gli Usa riuscirono a bloccare il piano messicano di faredell’assemblea generale sulle droghe di New York (Ungass) unmomento di valutazione delle politiche Onu. All’ultimo mee-ting della Commissione sulle droghe narcotiche (Cnd), che si ètenuto a Vienna lo scorso marzo, l’Unione Europea ha propostouna risoluzione sulla valutazione per il 2008, che è stata adotta-ta solo in una forma adulterata: infatti il termine stesso, “valu-tazione” (evaluation), era inaccettabile per gli Usa (e i loro pochialleati in questo campo). Il termine “valutazione” implicavache potesse esservi qualcosa di sbagliato nelle attuali politichee nei trattati Onu, e questo naturalmente era un punto di par-tenza inaccettabile! Quando si dice l’integrità intellettuale! Etuttavia è di grande importanza che un drappello di funziona-ri europei (il cosiddetto “gruppo orizzontale sulle droghe”) ab-bia presentato una proposta simile, sostenuta anche dalla Com-missione europea. Ciò che ancora manca è la volontà dei nostripolitici di pronunciarsi più chiaramente sulla inefficacia e sullaimproprietà morale delle politiche proibizioniste dei nostriamici americani. I cittadini e i riformatori dovrebbero fare piùpressione sui politici locali e nazionali perché questi mettanoapertamente in agenda la modifica della politica sulle droghe.

Al di là dei timidi tentativi che tu citi, l’Europa può davvero gio-care un ruolo sulla scena mondiale? Oppure l’unico obiettivorealistico per i paesi europei sarebbe il “rimpatrio” delle politi-che sulle droghe, come ha scritto Cindy Fazey su Fuoriluogonell’aprile 2003? Di più: possiamo ancora affermare che l’Eu-ropa è la roccaforte dell’approccio “morbido” sulle droghe?

Sì, penso che l’Europa abbia un ruolo importante dagiocare da qui al 2008. I nostri amici francesi lo definirebbero“le rayonnement de la culture europeenne” (l’ascendente dellacultura europea). Tuttavia, dobbiamo sapere che anche in Eu-

ropa troppe forze proibizioniste sono ancora al lavoro. Perciòè rischioso puntare direttamente a una politica comune di tut-ta l’Unione Europea, perché potrebbe risolversi al momentosolo in una forma un po’ più attenuata di proibizione, con tut-ti i difetti fondamentali che questa implica. Nell’Ue, c’è anchela questione basilare del principio di “sussidiarietà”. Le poli-tiche sulle droghe debbono davvero essere uguali a Napoli ea Maastricht, e debbono essere decise a Bruxelles? Penso chel’idea di Cindy Fazey di un “rimpatrio” delle politiche sulledroghe sia valida; non dobbiamo ripetere l’errore dei trattatiOnu, di una “misura che va bene per tutti”, anche a livello del-l’Unione europea.

Nonostante tutto, i fautori della riforma non possono ignorarel’appuntamento Onu del 2008. Quali possono essere gli obietti-vi più opportuni? Ad esempio: è realistico (e utile) chiedere larevisione delle convenzioni Onu? Oppure i trattati internazio-nali sono destinati a diventare sempre più irrilevanti, via viache le politiche sulle droghe cambiano nei fatti? Prendendo aprestito una espressione di Alex Wodak: le convenzioni Onusono solo delle “tigri di carta”, e i riformatori non dovrebberospenderci più di tanto?

Fortunatamente i fautori della riforma sono molti, e la-vorano a vari livelli. Alcuni di noi preferiscono lavorare dal bas-so, altri hanno accesso diretto ai politici e ai media. Altri ancorapossono cercare di far crescere la consapevolezza negli am-bienti accademici o nel mondo degli operatori delle tossicodi-pendenze, dove molto spesso la falsa modestia, l’elitarismo (ogli interessi acquisiti) e l’apatia portano alla non partecipazioneal dibattito più ampio sulla politica delle droghe. Possiamo sce-gliere i nostri obiettivi di conseguenza, ma non dobbiamoescludere nessuno di questi approcci.

I trattati Onu sulle droghe costituiscono un ostacolo for-midabile nel dibattito sulla riforma della politica sulle droghe.Perciò vanno attaccati. D’altra parte, di solito Alex Wodak haragione e dunque i trattati Onu potrebbero rivelarsi effettiva-mente delle tigri di carta. La cosa essenziale è fare in modo chequeste questioni entrino a far parte del dibattito pubblico. Nonper nulla, i proibizionisti cercano di impedire o sopprimere ladiscussione! Alcuni potrebbero scegliere, in un primo tempo, diconcentrare il dibattito sulla cannabis. Se guardiamo al fanati-smo con cui i nostri amici americani (e l’agenzia antidroga del-l’Onu) tendono ad attaccare, ad esempio, l’approccio dei cof-feeshops in Olanda, è evidente che lo considerano il punto piùdebole della loro armatura.

D’altra parte, gli argomenti a favore del fatto che i go-verni si assumano le loro responsabilità regolando i mercati del-le droghe, invece di lasciarli in mano alla criminalità... questi ar-gomenti sono certamente convincenti sia per le droghe obietti-vamente più pericolose (le cosiddette droghe pesanti), sia per lacara vecchia marijuana. Perciò c’è un sacco di lavoro da fare, eserve tanto coraggio. Non da ultimo, anche in Italia! ■

L’esternazione svedese. All’inizio di marzo, duranteuna visita in Svezia – uno tra i paesi più proibizionistid’Europa – Costa si esprime contro qualunque allen-tamento delle leggi penali sulla canapa. È il suo mo-do di “prepararsi” al meeting di Vienna che lo atten-de ad aprile.

Di Pino in peggio. Vienna, aprile 2003. Al meeetingper la valutazione di medio termine della strategiaOnu sulle droghe promossa da Pino Arlacchi – lostesso da cui Gianfranco Fini annuncerà la sua con-troriforma sulle droghe – Costa conferma la strategiadel suo predecessore senza mostrare alcun segnodi ripensamento, nonostante l’evidente fallimento.Così facendo, riesce a portare a casa la promessadi nuovi fondi per raggiungere l’obiettivo di un mondosenza droga entro il 2008. Nel discorso di apertura del meeting sferra il suo at-tacco alla canapa, considerata una droga pesante al-la stregua di eroina e cocaina. Snatura inoltre la no-zione di riduzione del danno, facendovi rientrare an-che le strategie di eradicazione.

Dimissioni. Nel novembre 2003 il Financial Timesdiffonde la notizia che il messicano Samuel Gonza-lez Ruiz, un alto funzionario dell’Unodc responsabiledella lotta al crimine organizzato, si è dimesso de-nunciando fenomeni di corruzione all’interno dell’a-genzia. Costa si dice molto stupito e dichiara di es-sere venuto a conoscenza della questione solo a co-se fatte. Un’inchiesta dell’Oios (Un Office of InternalOversight Services) giunge alla conclusione che leaccuse erano infondate.

La questione Aids e la riduzione del danno. Allaconferenza internazionale sull’Aids di Bangkok (lu-glio 2004) Costa riconosce pubblicamente l’utilitàdelle pratiche di riduzione del danno per contrasta-re il contagio dell’Hiv. «Nel corso dell’ultimo decen-nio – dichiara – abbiamo anche imparato che l’epi-demia di Hiv/Aids tra i tossicodipendenti può esse-re fermata, e invertita, se ai tossicodipendenti ven-gono forniti, in fase precoce e su larga scala, servi-zi di vario tipo come gli interventi di strada, la forni-tura di materiale pulito per iniezione e una serie di

modalità di trattamento, compreso il trattamentosostitutivo».

Il caro Bobby. La reazione del Dipartimento di Statonon si fa attendere. Robert Charles, sottosegretariodi stato americano, richiama Costa all’ordine: la ridu-zione del danno non s’ha da fare, e soprattutto nons’ha da nominare. Per renderlo più convincente, ilmessaggio è condito dalla minaccia di tagliare i fondiall’Unodc. La minaccia è seria, visto che l’Unodc viveproprio dei finanziamenti volontari dei governi, Usa (eItalia) in testa. Ma il direttore dell’Unodc non tentanemmeno di difendere la sua autonomia, preferendochinare il capo: in una lettera riservata datata 11 no-vembre 2004, rassicura il «caro Bobby» prometten-dogli quanto richiesto.

Smentito sui coffeeshops. Nel dicembre 2005 sitiene a Palermo la conferenza nazionale governati-va sulle droghe, e il direttore dell’Unodc ne appro-fitta per esternare: «I coffeeshops in Olanda chiu-deranno tra breve» annuncia. «Violano le convenzio-

ni internazionali e, inoltre, il rifornimento della mer-ce avviene attraverso canali illegali.» Immediata lasmentita ufficiale dell’ambasciata olandese, chedopo una rapida verifica rimette le cose a posto: ilgoverno olandese, chiarisce, non ha alcuna inten-zione di chiudere i coffeeshops. Con buona pace diCosta.

Fedeltà premiata. Il mandato di Costa alla guidadell’Unodc si avvicina alla sua scadenza naturale. Il 22 marzo 2006, il Financial Times scrive che laCasa Bianca sarebbe contraria alla sua riconfer-ma. La scusa ufficiale per la bocciatura sarebbe ilpossesso di una pistola Glock ricevuta in omaggiodalla casa costruttrice, e per la quale Costa nonavrebbe richiesto l’autorizzazione di Kofi Annancome previsto dalla procedura. Il caso però sisgonfia da solo. Il 4 aprile giunge la conferma cheCosta è stato riconfermato da Annan per i prossi-mi quattro anni. Il nuovo mandato decorre dal 7maggio 2006.

a cura di Marina Impallomeni

DER TAS

APERTA7

DI ANTONIO COSTA AI VERTICI DELLE NAZIONI UNITE

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RESISTENZA!8

l’anello più debole della catena di controllo globale sulledroghe, poiché il suo uso aprirebbe «la porta ad altre dro-ghe».I delegati provenienti dall’Unione europea non hannonemmeno reagito a questo attacco. La discussione dellaproposta dell’Ue sulla valutazione che dovrebbe avere luo-go nel 2008 è terminata con la cancellazione anche della piùpiccola speranza che questa valutazione potesse risolversiin una diagnosi obiettiva, scientifica e trasparente del pro-blema. Ciò è stato dovuto in parte all’opposizione degliUsa a qualsiasi intervento «esterno» nel processo di valu-tazione, in parte agli stessi delegati dell’Ue.Questi ultimi hanno sostenuto che il nuovo piano d’azionedell’Ue sulle droghe 2005-2008 si baserebbe sulla valuta-zione del precedente piano d’azione (2000-2400). Tale va-lutazione, pubblicata nell’ottobre 2004, indica che il pianod’azione 2000-2400 non ha sortito alcun risultato positivo.Ciò nonostante, il nuovo piano d’azioneripropone in larga misura gli stessi obiet-tivi del precedente. In breve, i fallimentiriferiti nel documento di valutazione so-no stati considerati come incoraggia-menti a continuare.

In questo clima, molti rappresentanti non-governativi han-no cercato di far valere il proprio punto di vista su come af-frontare il problema droga. Circa 35 delegati di Ong aveva-no avuto il permesso di partecipare al meeting dell’Onu, maquelli che hanno formulato proposte di cambiamento han-no rapidamente scoperto il vero valore di questo invito. An-che al forum delle Ong organizzato a margine del meeting,era impossibile mettere in discussione il presupposto proi-bizionista che sottende le attuali politiche sulle droghe.Partecipare a questo meeting ha reso chiaro l’attuale di-lemma di Encod. Dobbiamo cedere allo status quo attuale,e accettare l’idea che nei prossimi anni sia possibile ottene-

re solo qualche cambiamento «cosmeti-co»? Dopo il meeting a Vienna, AntonioMaria Costa è stato riconfermato diret-tore esecutivo dell’Unodc per altri quat-tro anni. Dovremmo restare una mino-ranza quasi anonima di persone in dis-

senso, restando al margine e costituendo un facile bersa-glio per la stigmatizzazione? Oppure dovremmo cercare diincidere sul processo politico e relazionarci con i politici,mostrando quante persone vogliono la fine della guerra al-la droga, o mostrando i probabili vantaggi che derivereb-bero da una regolamentazione legale del mercato delledroghe?Se la cannabis è l’anello più debole delle politiche sulledroghe dell’Onu, essa potrebbe essere l’anello più fortedella battaglia per cambiarla. Nei prossimi mesi Encod haintenzione di elaborare una dettagliata proposta politica sucome organizzare il mercato della cannabis in Europa. Po-tremmo usare le esperienze fatte in Olanda, Germania,Spagna, Svizzera per elaborare proposte concrete che pos-sano essere presentate a livello europeo, oltre che nei di-battiti nazionali.

Joep OomenDa The Encod Bulletin on drug policy in Europe, n. 16, April 2006

L i v i o P e p i n o

«Quindici o venti spinelli, cinque strisce di coca, dieci inie-zioni di eroina, cinque compresse di ecstasy o anfeta-mine: queste le quantità massime consentite per il con-sumo personale, il cui superamento introduce una pre-sunzione di spaccio e apre la porta a una condanna dasei a venti anni di carcere». Il messaggio che ha accom-pagnato la diffusione delle tabelle predisposte dallaCommissione chiamata a precisare la disciplina intro-dotta con la legge 2 febbraio 2006, n.49, è chiaro e univoco, pur se restatutta da verificare la sua resistenza di

fronte alla complessità del reale. I pilastri della svolta repressiva in at-to in tema di stupefacenti e tossicodi-

pendenze sono noti: l’assimilazione delle droghe leggere a quelle pesan-ti, l’aumento abnorme delle pene per la detenzione a fini diversi dal con-sumo personale (elevate nel minimo a sei anni), la drastica diminuzionedelle ipotesi di applicabilità dell’attenuante della lieve entità del fatto(esclusa dalla legge n. 251/2005 nel caso di reato commesso da un reci-divo), l’aumento – qualitativo e quantitativo – delle sanzioni ammini-strative, comunque previste per l’uso di qualunque stupefacente in qua-lunque quantità. È in questo contesto che mutano il ruolo e la funzionedelle tabelle previste dal testo unico n. 309/1990: da indicatore delle so-stanze vietate a improprio sostituto del giudice nell’accertamento della fi-nalità della detenzione. Il nuovo comma 1 bis del testo unico sugli stu-pefacenti prevede, infatti, la pena della reclusione da sei a venti anni e la multa da 26.000a 260.000 euro per chi «importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque il-lecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare sesuperiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di con-certo con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Di-partimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione,avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero peraltre circostanze dell’azione, appaiono destinate a un usonon esclusivamente personale». E in due mesi di lavoro lasolerte commissione ministeriale ha stabilito, per ciascunasostanza, la «dose media singola» (corrispondente alla«quantità di principio attivo per singola assunzione ido-nea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente uneffetto stupefacente o psicotropo»), il «moltiplicatore va-

riabile» («individuato in base alle caratteristiche di ciascuna classe di sostanze e con par-ticolare riguardo al potere di indurre alterazioni comportamentali e scadimento delle ca-pacità psicomotorie») e, infine, la «quantità massima detenibile» (determinata dal pro-dotto della dose singola e del moltiplicatore).

Inutile dire che questa individuazione preventiva dello spacciatore virtuale è pri-va di ogni attendibilità fattuale e stravolge i principi fondamentali dell’equità, della logi-ca e del diritto. Bastino alcuni flash. Primo. Moltiplicare per un numero determinato la«dose media singola» (anche a ritenere tale concetto dotato di una qualche dignità scien-tifica) può indicare, in ipotesi, il margine di pericolosità di assunzioni ravvicinate nel tem-po ma è strutturalmente inidoneo a dire alcunché sulla finalità della relativa detenzione:

definire spacciatore per legge chi detiene sedici anziché quindici spinelliè del tutto irrazionale e privo di riscontri nelle più comuni massime diesperienza. Secondo. La civiltà dei moderni ha abbandonato il sistemadelle prove legali: nessuno può essere ritenuto colpevole in base alla di-rezione del volo degli uccelli, o al numero delle testimonianza d’accu-sa, o allo status dell’accusatore. La condanna esige, in ogni caso, un giu-dizio in concreto sorretto dal vaglio critico delle prove acquisite: cioèesattamente ciò che viene escluso dal sistema delle tabelle. Terzo. Perrendere praticabile questo distorto meccanismo, la legge ha costruitoun inedito diritto penale dell’apparenza: secondo il comma 1 bis del-l’art. 73 del testo unico n. 309 si è colpevoli non se si spaccia ma se le so-stanze detenute «appaiono destinate a un uso non esclusivamente per-sonale» (sic!). La domanda al novello Giustiniano è d’obbligo: cosa ac-cade se la detenzione (data la quantità) sembra destinata allo spaccio,ma in concreto si accerta al di là di ogni ragionevole dubbio che così nonè? Quarto. La responsabilità tabellare realizza, a ben guardare, l’introdu-zione nel sistema «del tipo d’autore» o, in altri termini, la trasformazio-

ne del sospetto in prova: la storia insegna, peraltro, che dal “sospetto spacciatore” è age-vole passare al “sospetto terrorista”, al “sospetto delinquente” o all’untore di manzonia-na memoria.

C’è quanto basta per drastici interventi demolitori della Corte costituzionale e pri-ma ancora, nei limiti della sua competenza, della magistratura. Sperando che non ce nesia bisogno, avendo la nuova maggioranza parlamentare la possibilità di cancellare su-bito, con un tratto di penna, questo scempio etico e giuridico. ■

LE TABELLE DELLA FINI-GIOVANARDI STRAVOLGONO I PRINCIPI DEL DIRITTO

DELINQUENTI VIRTUALI

Con la responsabilità tabellare il sospetto si trasforma in prova: la storia insegna che dal sospetto spacciatoresi può passare al sospettoterrorista, al sospettocriminale, all’untore

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I rituali dell’inganno

FL Visita il sito di Encod:www.encod.org

PROSPETTO RIEPILOGATIVO PER LE PRINCIPALI SOSTANZE STUPEFACENTI

SOSTANZA DOSE MEDIA MOLTIPLICATORE QUANTITÀ MASSIMA SOSTANZA LORDA NUMERO DI DOSI/SINGOLA (IN MG) (1) VARIABILE (2) DETENIBILE (IN MG IN GRAMMI ASSUNZIONI (3)

DI PRINCIPIO ATTIVO) N. DI COMPRESSE (3)

Eroina 25 10 250 1,7 (15%) 10 ass.

Cocaina 150 5 750 1,6 (45%) 5 ass.

Cannabis 25 20 500 5 (10%) 15 – 20 ass.(marijuana e hashish)

Mdma (ecstasy) 150 5 750 5 compr. 5 ass.

Amfetamina 100 5 500 5 compr. 5 ass.

Lsd 0,05 3 0,150 3 francobolli 3 ass.

(1) “Quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente o psicotropo”.(2) “Individuato in base alle caratteristiche di ciascuna classe di sostanze e con particolare riguardo al potere di indurre alterazioni comportamentali

e scadimento della capacità psicomotoria”.(3) Questo dato, pur essendo fornito dal governo, ha solo valore orientativo.

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G i o r g i o B i g n a m i

Victoire précaire per il centro-sini-stra, come ha realisticamentetitolato Libération. E tra i possi-bili effetti perversi di tale pre-carietà, dobbiamo temere leesitazioni e le lungaggini nellaabrogazione della Fini-Giova-nardi e a maggior ragione nel-la revisione della normativaprecedente – quella funesta

Jervolino-Vassalli varata guarda caso una quindicina dianni or sono proprio sotto la spinta di forze politiche og-gi nello schieramento dell’Unione. La famigerata Tabella unica, approvata in extremis pochigiorni prima del 9 aprile, riflette fedelmente l’assurdità el’atrocità di una legge che penalizza inpari misura sostanze tra loro diversissi-me sia per caratteristiche farmacologi-che, sia per rischio tossicologico, come lacannabis, gli oppiacei, gli psicostimolan-ti e gli allucinogeni. Con le spiegazionifornite insieme alla Tabella approntatadai cosiddetti esperti – tra i quali vistosa-mente mancavano tutti i maggiori stu-diosi italiani di psicofarmaci e droghe, apartire ovviamente da quelli che in sededi audizione parlamentare avevano viva-cemente criticato la Tabella unica – moltiaspetti negativi si sono ulteriormenteesplicitati. In particolare, nel materialeinformativo distribuito alla conferenzastampa governativa (che del tutto impro-priamente dà indicazioni al giudice per l’applicazionedella legge), si sostiene l’ipotesi che i tre criteri che fannoscattare l’ipotesi penale – la quantità massima detenibile,la modalità di presentazione, le altre circostanze dell’a-zione – possono applicarsi sia congiuntamente che sepa-ratamente l’uno dall’altro. Tradotto in volgare, questo si-gnifica che da può essere spedito in galera un ragazzo ilquale detiene una quantità di cannabis inferiore allaquantità massima, ma confezionata in modo che le dosi«appaiono destinate ad un uso non esclusivamente per-sonale», e non ha i soldi per pagarsi un collegio di avvo-cati di grido che lo aiutino a provare il contrario. Per con-tro un soggetto di più elevato livello socio-economico,adeguatamente assistito da principi del foro e da testimo-ni compiacenti, potrà andare a piede libero qualora “di-mostri” che i chili di coca trovati nel baule del suo Merce-done erano solo la giusta scorta per il consumo persona-le, in vista di un prolungato romitaggio in qualche grottadella Cappadocia (ma per l’interpretazione di una normacosì confusa e controversa, rimandiamo ai giuristi, in par-ticolare all’articolo accanto di Livio Pepino).

Apiù forte ingrandimento, non si può insistere ab-bastanza sulla assurdità del criterio della Dose media sin-gola stabilita per sostanze tra loro diversissime (un valoresenza senso soprattutto al confronto tra droghe che pro-ducono o viceversa non producono tolleranza e dipen-denza), per poi arrivare alla Dose massima detenibile ap-plicando un moltiplicatore che moltiplica il falso di par-tenza. A questo punto si svela lo svarione aritmetico, for-temente offensivo per l’intelligenza del popolo italiano,vera e propria truffa da banchetto delle tre carte, con ilquale si è voluto gabellare il moltiplicatore variabile – 20per la cannabis, 10 per gli oppiacei come la eroina, 5 pergli psicostimolanti come la cocaina, 3 per gli allucinogenicome l’Lsd – come una misura di tutela nei riguardi di chimaneggia le droghe meno pericolose. Infatti quando il ri-schio è zero, come nel caso della cannabis (salvo che neirari casi di consumo problematico della medesima), qual-

siasi moltiplicatore non può che dare un prodotto egualea zero; mentre se il rischio è consistente, anche un molti-plicatore più modesto darà un prodotto finale corrispon-dente a un rischio elevato.

Non si parlerà in questo commento di altri aspettilargamente noti, come per esempio la diversissima gra-vità delle stesse sanzioni amministrative (ritiro della pa-tente e altro) in funzione del livello socio-economico deisoggetti scampati alla sanzione penale. Ma almeno duepunti che direttamente si collegano ai problemi farmaco-tossicologici vanno menzionati prima di chiudere. Il pri-mo riguarda la completa chiusura nei riguardi degli usimedici della cannabis. La cannabis, di certo, non è una pa-nacea come alcuni ingenuamente sostengono, non fa spa-rire tumori maligni né risana sistemi nervosi devastatidall’una o l’altra patologia. Tuttavia il mix di sostanze inessa contenute produce un effetto tranquillizzante e blan-

damente euforizzante che può costi-tuire un aiuto prezioso per sopportarele miserie e le sofferenze in varie ma-lattie soprattutto neurologiche, ma an-che tumorali e altre. (Mutatis mutandis,il discorso è simile a quello che valeper gli oppiacei, che non curano nes-suna malattia ma il cui uso è addirittu-ra imperativo quando il dolore superauna certa intensità e persistenza). Lascienza ufficiale, sottoposta agli ukazedegli Usa, dell’Onu, dei governi proi-bizionisti come quello italiano, colpe-volmente rifiuta di ascoltare la testi-monianza di innumerevoli soggettiche hanno alleviato la loro sofferenzagrazie alla cannabis; quindi evita di

procedere a quelle sperimentazioni cliniche controllateche sono oramai conditio sine qua non per includere un pro-dotto nell’armamentario farmaceutico ufficiale.

Una seconda grave conseguenza del proibizioni-smo oltranzista è stata appena evidenziata da un articolo

del New England Medical Journal, uscito guarda caso pro-prio in sincronia col varo della nostra Tabella unica (6aprile 2006, vol. 354, N. 14, pp. 1448-1450). L’articolo com-menta un rapporto in corso di stampa del National Insti-tute of Drug Abuse statunitense, che mostra come negliultimi anni si sia ridotto del 10-30% il ricorso dei teenageramericani alle droghe di strada, mentre in parallelo è no-tevolmente aumentato l’uso non medico di farmaci leciti(potenti analgesici, sedativi e psicostimolanti). Di un taleriorientamento dei consumi certamente si rallegrerannosia le multinazionali del farmaco, sia i politici proibizioni-sti fanatici. Ma l’autore del succitato articolo – Richard A.Friedman, psichiatra responsabile di una clinica psicofar-macologica presso una delle facoltà mediche di New York– onestamente ricorda nel suo commento due fatti impor-tanti. Primo: secondo le più recenti indagini in Usa del-l’ente governativo ad hoc, l’uso non problematico dellacannabis tra i giovani resta la regola, quello problematicol’eccezione. Secondo: l’uso di potenti analgesici, sedativi epsicostimolanti, anche a dosi contenute, non solo aumen-ta il rischio di lesioni per incidenti stradali e in attivitàsportive, ma può anche pregiudicare il completamentodello sviluppo del sistema nervoso se avviene prima delraggiungimento della maturità piena (nel teenager, ap-punto).

E quale può essere il giudizio su quei tecnici checontro ogni regola scientifica hanno collaborato alla reda-zione della Tabella unica, piuttosto che opporre al gover-no agonizzante una ragionevolissima e assai poco ri-schiosa obiezione di coscienza?

Per il momento non è certo il caso di drammatizza-re, invocando per esempio il principio etico-giuridico san-cito una volta per tutte a Norimberga, un principio che ri-fiuta l’attenuante dell’ordine dall’alto per gli atti che ledo-no i diritti dell’uomo. Ma se l’abrogazione della Fini-Gio-vanardi e la revisione della Jervolino-Vassalli dovesserotardare, allora sì che le responsabilità di questi esperti si fa-rebbero pesanti, date le gravi conseguenze per moltissimisoggetti di una applicazione sistematica della legge. ■

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RESISTENZA! 9

Quale può essere ilgiudizio sui tecnici che contro ogni regolascientifica hannocollaborato a redigerela Tabella Unica invece che opporre obiezione di coscienza?

Le assurdità dei criteri della “dose media singola” e della “quantità massima detenibile”

IL GIOCO DELLE TRE CARTE

OPERATORI DEL PIEMONTE

DISPERSO UN PATRIMONIO DI BUONE PRASSICon l’approvazione della legge Fini-Giovanardi, fondata più su calcoli di opportunità politica che su basi certe di scientificità e rigore, si sonoconcretizzati i timori di un peggioramento delle condizioni globali di intervento nel settore che gli operatori pubblici delle tossicodipendenze pa-ventavano. Ci sentiamo pertanto in dovere (in quanto professionisti della salute e cittadini) di portare alla ribalta gli aspetti più contraddittori epericolosi della legge approvata denunciando:■ L’impianto fortemente coattivo: questa legge estende le tipologie di comportamento sanzionabili, i rischi penali ed amministrativi e l’al-ternativa terapia/sanzione, spesso fittizia la prima e drammaticamente reale la seconda (...), restringendo pesantemente i margini di scelta omotivazionali alla cura, e depotenziando nel binomio controllo/cura quest’ultima funzione propria soprattutto del Servizio pubblico.■ L’assoluto mancato riconoscimento delle valutazioni scientifiche e di settore: nonostante in fase istruttoria siano stati ascoltati tecnicidelle più diverse provenienze ed orientamenti che hanno tutti concordato sulla non applicabilità e sul contrasto con le più attuali evidenze scientifi-che del settore, non è stato dato alcun peso a queste indicazioni (...) sconfessando persino il parere negativo della Consulta Governativa.■ L’equiparazione degli accessi e delle funzioni di strutture pubbliche e strutture private: tale aspetto, contrastato peraltro anchedalla stragrande maggioranza del privato sociale, rischia di mettere in acuto conflitto lo spirito di collaborazione che da decenni informa i rap-porti tra pubblico e privato (pur con mille difficoltà), sovrapponendo e mettendo in chiaro antagonismo funzioni e competenze anziché integrar-le, senza prevedere peraltro alcuna copertura economica per questo cambiamento.■ L’accorpamento in un’unica tabella delle sostanze psicoattive illegali: invece di differenziare comportamenti, sostanze, effetti, modid’uso (...) si rimarca e si assume come valore primo l’assunto “drogarsi è illecito” facendo discendere arbitrariamente i confini della legalitàsu alcune delle mille sostanze possibili e passibili di (tossico)dipendenza, e sull’individuazione di un quantitativo-soglia “criminogeno”, piutto-sto che problematico (nonostante che la letteratura scientifica internazionale abbia da tempo escluso la possibilità di determinare a priori deivalori-soglia di abuso/dipendenza univoci per tutti).La nostra preoccupazione come operatori dei Servizi pubblici piemontesi per le Tossicodipendenze è che questa legge, illiberale e scientifica-mente non fondata, disperda l’immenso patrimonio di conoscenze, buone prassi, acquisizioni cliniche, rapporti tra soggetti pubblici e privati,relazioni “forti” e “deboli” con gli utenti e con il territorio, che in un quarto di secolo sono stati faticosamente costruiti ed accumulati dai Servi-zi e che definiscono in modo qualificante quella che a livello europeo rappresenta la più capillare rete di Servizi (multidisciplinari) per le dipen-denze presente su un territorio nazionale. ■

Questa lettera aperta è stata sottoscritta da oltre 270 operatori dei servizi pubblici del Piemonte

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Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006FUORILUOGOGIUSTIZIA10

V i n c e n z o S c a l i a

La questione della liberalizzazione edella depenalizzazione delle sostanzestupefacenti continua a tenere banco,al di là delle politiche proibizionisteadottate, con intensità variabile, dai di-versi paesi europei. In alcuni di questi,anche esponenti della polizia prendo-no la parola denunciando il fallimentodell’approccio punitivo. Così è in GranBretagna, dove pronunciamenti del

genere si sono di nuovo ripetuti negli ultimi giorni e un alto uf-ficiale si è esplicitamente schierato per la legalizzazione. E la po-lizia italiana, che posizione prende in merito? Vi sono, al suo in-terno, settori che possono promuovere e portare avanti posizio-ni analoghe a quelle del collega inglese? Ne discutiamo con Lui-gi Notari, segretario nazionale del Siulp.

In Gran Bretagna, c’è da un po’ di tempo un certo movimento diopinione a favore della legalizzazione, con prese di posizione an-che a livello di dirigenti. Come segretario del più antico sindaca-to di polizia italiano, tu come la vedi? La polizia italiana, a brevee medio termine, potrebbe assumere posizioni analoghe?

Non credo. E per una ragione culturale molto impor-tante. La polizia anglosassone ha un imprinting molto pragma-tico, che attiene alla gestione pratica dell’ordine pubblico. Lepolizie latine hanno un’impostazione diversa, meno laica, piùetica, e a tratti anche fondamentalista. Le polizie latine si ispira-no ad una formazione conformista rispetto alla legge, ispirataall’obbedienza e all’educazione del cittadino. Negli anni ‘70,grazie alla contaminazione dei movimenti, la polizia italiana sistava laicizzando. Adesso questa tendenza è sfumata. Le nuoveleve non vengono reclutate nella società civile, bensì tra i corpimilitari. Ne derivano tendenze fortemente neo-fondamentali-ste, che incidono anche nel campo delle droghe.

Ma volendo adottare un approccio più laico, tu non pensi chel’implementazione di politiche antiproibizioniste potrebbe gio-vare anche alle forze dell’ordine?

Io mi considero un allievo e lettore della buonanima diGiancarlo Arnao. Indubbiamente il proibizionismo rappresen-ta un canale privilegiato per l’acquisizione di risorse da partedei gruppi criminali, un po’ come avveniva nell’America di AlCapone. È chiaro che la fine del proibizionismo assesterebbe uncolpo ai gruppi criminali. Allo stesso modo, la legalizzazione ela depenalizzazione degli stupefacenti ridurrebbero la sacca di

criminalità di strada che si produce attorno allo spaccio, che ve-de il coinvolgimento di migranti non integrati. Il problema è unaltro. Da un lato la sovrapposizione tra droghe leggere e pesan-ti contribuisce a criminalizzare cittadini ordinari e sostanze, co-me la marijuana, che si possono coltivare in casa. Dall’altro lato,una legalizzazione generalizzata porrebbe un altro problema: achi dovrebbe rivolgersi lo stato per commercializzare eroina ecocaina? Ai gruppi criminali, che sono gli unici a commercializ-zarla.

Allora, dal punto di vista delle forze dell’ordine, a tuo giudiziocosa andrebbe fatto in merito alla questione del consumo edella vendita di stupefacenti?

Innanzitutto, bisognerebbe seguire meglio i tossicodi-pendenti. Voglio dire, vino e sigarette sono legali, tutti cono-sciamo le loro potenzialità negative. Sulle droghe questo non sisa, e ne consegue la criminalizzazione dei consumatori, oltre adun consumo poco responsabile degli stupefacenti. Allora mi pa-re che la seconda misura da intraprendere dovrebbe esserequella di rendere l’opinione pubblica e i poliziotti consapevolidel fatto che i consumatori di stupefacenti sono cittadini ordi-nari, come gli altri. In terzo luogo, è necessaria una formazionedelle forze dell’ordine nelle direzioni sopraindicate. Bisogna to-gliere questo pregiudizio che, partendo dalle origini sociali deiconsumatori di cocaina, vede questa sostanza come non perico-losa, mentre viceversa considera la marijuana, in quanto drogadi “balordi”, come una sostanza pericolosa.

Ma il Siulp potrebbe prendere posizione per una politica anti-proibizionista?

Teoricamente sì. Il problema è che manca all’interno del-le forze dell’ordine un clima che renda possibile un ragiona-mento sereno su legalizzazione e depenalizzazione del consu-mo degli stupefacenti. È un argomento tabù. Basta vedere idrammi che scoppiano quando si scopre che un nostro collegafa uso di sostanze stupefacenti. Alcuni poliziotti, grazie all’ac-quisizione di saperi sul campo, riescono ad acquisire un certogrado di consapevolezza. Ma il vero problema è quello del ri-flusso degli ultimi anni, dovuto alla spinta militarizzante subi-ta dalle forze dell’ordine. Penso ad esempio alla trasformazionedei Carabinieri in quarta arma della difesa. Fino ai primi anni’90, alle presentazioni dei libri di Arnao organizzate da noi delSiulp accorrevano i più alti dirigenti della Polizia. Oggi questosarebbe impensabile. Ci sono fenomeni di “ribellismo intellet-tuale”, ma molto circoscritti. Finché non si romperà l’isolamen-to tra forze dell’ordine e società civile, un pronunciamento anti-proibizionista da parte delle prime è improbabile. ■

Intervista a Luigi Notari, segretario nazionale del Siulp

MODELLO LATINO

La Federazione della polizia scozzese si è schie-rata a favore della legalizzazione di tutte le dro-ghe, compresa l’eroina e la cocaina, come ripor-ta l’Edinburgh Evening News del 14 aprile. Il pro-nunciamento ha fatto scalpore perché è la primavolta che un’organizzazione assume questa posi-zione, anche se già si erano avuti pronunciamen-ti in questo senso a livello individuale da parte dialti ufficiali. L’ispettore Jim Duffy, presidente del-la federazione che rappresenta ben 7.000 poli-ziotti, ha detto che è inevitabile imboccare altrestrade, prendendo atto di non poter vincere laguerra alla droga. Se invece le droghe fosseroregolamentate come le sigarette o l’alcol, ci sa-rebbero meno morti per droga e si potrebberoconcentrare le operazioni di polizia su altre prio-rità nella lotta al crimine.

Analoga opinione ha espresso nel mese di mar-zo un altro importante dirigente, Tom Lloyd, cheha guidato la polizia della contea di Cambridge fi-no allo scorso giugno (Cambridge Evening News,28 marzo). A suo parere, la polizia lavora bene esi susseguono gli arresti e i sequestri, tuttavia«quando si arresta uno spacciatore, un altro èpronto subito a prendere il suo posto». «I granditrafficanti hanno tra le mani un business moltoredditizio. Hanno accesso a una larga offerta diprodotti a basso costo e possono contare suuna rete pronta e disponibile di venditori al detta-glio, che spesso sono essi stessi consumatori.Così se ne stanno seduti nel retrobottega a ra-strellare il contante, con pochissimo rischio perse stessi». La soluzione proposta è far sì che i ri-schi per i criminali siano assai maggiori dei bene-

fici che possono ricavare dal business per met-terli fuori mercato. Per raggiungere lo scopo, loStato dovrebbe garantire le droghe ai consuma-tori disperati: una forma di regolamentazione del-le droghe, non di liberalizzazione, perché la pro-duzione, la vendita e il consumo al di fuori deicanali autorizzati resterebbero soggetti a severepunizioni. Tom Lloyd sta cercando di organizzareun forum di discussione su questo problema.Tra le precedenti prese di posizioni nell’ambitodelle forze dell’ordine a favore dell’allentamentodella proibizione, ricordiamo quella della poliziadel quartiere di Brixton, a Londra: col suo assen-so, fu condotta qualche anno fa la sperimenta-zione consistente nel non perseguire il consumodi marijuana, per concentrare l’azione repressivasulle droghe pesanti. ■

LA GIOSTRA IMPAZZITAG.M. ha vissuto per anni in una cella sporca e ma-leodorante del carcere romano di Rebibbia. Butta-to sul letto, incapace quasi di ogni gesto, i rifiuti siammassavano sul pavimento senza che nessunoavesse il compito di fare pulizia. Oggi G.M. è uffi-cialmente dichiarato invalido psichico al 100%,ma già da oltre 15 anni vive in un mondo vago chepoco ha a che fare con il nostro. A chi si avvicina-va alle sbarre della cella, faceva strani discorsi suGesù, oppure restava in silenzio, gli occhi negli oc-chi, fino a quando l’operatore o il visitatore occa-sionale non decideva di andarsene. Non ricono-sceva le persone che aveva attorno. I medici gli da-vano grosse dosi di tranquillanti, che lui bevevaavidamente. Ogni tanto prendeva qualche calciodagli agenti, irritati da quel suo modo di fare as-sente. Magari finiva in ospedale per uno o duegiorni. Dopo qualche mese veniva rimesso sullavia Tiburtina, in mano un sacchetto nero dellaspazzatura con i pochi stracci con cui era entrato,camminava con il busto sporto in avanti in chissàquale direzione, dormiva dove capitava, qualchevolta ritrovava la strada di casa, citofonava allamadre, saliva e si faceva fare una doccia, poi tor-nava per strada. In nottate di freddo, capitava cheaprisse un’automobile qualsiasi e si mettesse adormire nell’abitacolo. Gli davano qualche meseper furto d’auto. La macchina giudiziaria, rapidae implacabile dove è necessario, lo rimandava inpoche ore nella cella zozza di Rebibbia. Passavaqualche altro mese e il giro di giostra si ripetevaanalogo. Talvolta a G.M. veniva affiancato un“piantone”, un altro detenuto con il compito espli-cito di stare vicino a chi non è autosufficiente. Nonè previsto che sia l’istituzione a farlo. Il piantonegli rubava quelle poche sigarette che qualche vo-lontario di tanto in tanto gli andava portando, malo aiutava a lavarsi e ad andare in bagno. Qualchesettimana fa, la madre e la sorella di G.M. si sonorivolte a noi in uno stato di disperazione. Il lorocongiunto non era più a Rebibbia e non sapevanocome fare a ottenere notizie. Ci siamo informati, eabbiamo saputo che a G.M. è stata applicata unamisura di sicurezza di due anni. Ma quale societàsi sente insicura se G.M. cammina per strada? Èstato trasferito in una colonia agricola in Sarde-gna. Nessun familiare sarà mai in grado di andar-lo a trovare così lontano da casa. Invalido totale dimente, G.M. ha avuto la misura di sicurezza che siapplica ai delinquenti abituali, professionali e pertendenza. Di tre mesi in tre mesi, ha effettivamen-te trascorso quasi un’intera vita nel carcere roma-no di Rebibbia. Nella più realistica delle ipotesi,nessuno psichiatra lo prenderà mai in cura se nonper riempirlo di tranquillanti, uscirà dal ricordodei pochi operatori che ve lo hanno mai fatto en-trare, e vivrà gli anni che gli restano gettato comeuna cosa sulla branda di una cella. Come Vito DeRosa, che ha trascorso 51 anni sottoposto a unamisura di sicurezza in un Ospedale PsichiatricoGiudiziario prima che per puro caso un Consi-gliere Regionale e Antigone si accorgessero di luie mettessero in moto il meccanismo per fargliavere la grazia. E prima che, graziato, trascorres-se due miseri anni e mezzo in una comunità, ri-dotto ormai a corpo e niente più, e lì questo cor-po morisse di una normale malattia, esattamen-te un mese fa.

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IL VASO DI PANDORA

GRAN BRETAGNA

DALLA POLIZIA UN’APERTURA SULLA LEGALIZZAZIONE

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11Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006 FUORILUOGOGIOVANI

S i m o n a F a t e l l o O r s i n i *

Fucecchio, un bel paese a cavallo fra leprovince di Firenze e Pisa. Nell’ulti-mo fine settimana di marzo si svolgeil Forum sulle politiche giovanili, or-ganizzato dall’amministrazione co-munale, dal titolo “Non sono micanoccioline” (un invito a dare il giustopeso alle opinioni dei ragazzi). Gliambiti di discussione sono scelti daigiovani (200 ado-

lescenti tra i 16 ed i 18 anni): droghe,razzismo, alimentazione.

In tutte le sessioni di lavoro èemersa la necessità di confrontarsi dipiù su questi temi con adulti esperti enon solo con i docenti che, avendo tra ipropri compiti la valutazione scolasticae il rapporto diretto con i genitori, nonsono compatibili, a giudizio dei ragazzi,con la relazione aperta e non giudicanteche invece questi desidererebbero.

Frase dal brusio di sottofondo:«l’insegnante ha un suo potere, è al disopra... ci aiutasse per il suo ruolo...non confondiamo le carte... a ognuno ilsuo, per piacere...». I giovani chiedono:«perché la prevenzione sulle droghe nelle nostre scuole ègestita dagli insegnanti e non da psicologi o educatori?».La risposta è che non ci sono risorse. «Ma vale la pena far-le, le cose, in questo modo?» replicano loro.

Sessione sulle droghe. Sono presenti ottanta ado-lescenti, Grazia Zuffa per Fuoriluogo, Armando Zappolinidell’associazione Libera, due assistenti sociali del Sert e lasottoscritta.

Vediamo un cartone di South Park: c’è un docenteche sa dire solo: «la droga fa male, capito?». Poi gli vienerubata la marijuana che aveva fatto passare tra i banchiper farne sentire il profumo in modo che i ragazzi possa-no riconoscere l’”erba” e chi la usa. Povero docente! Li-cenziato, tacciato di spaccio dai suoi concittadini. Gli ri-mane la strada, che lo accoglie. Così il professore utilizzaprima l’alcol (come tutti: si inizia con l’alcol, questa è laprima sostanza di “accesso”, la più diffusa e la più peri-colosa), poi le altre sostanze. Conosce una donna, smettedi consumare droghe ed è felice... ma con il suo entusia-smo viene comunque scambiato per drogato; durante unviaggio in India viene rintracciato dai suoi buoni e braviconcittadini, arrestato, curato e poi reinserito nella società.Perde tutto quello che aveva conquistato, ma ora ha di nuo-vo il lavoro. Torna in classe e dice: «Capito? La droga fa ma-le, ‘pito»? E gli alunni, che all’inizio del cartone non l’ascol-tavano... non lo ascoltano neanche alla fine.

Una volta rotto il ghiaccio, molte sono le sollecita-zioni, le riflessioni, le considerazioni e le domande chefanno loro, i ragazzi. «Non è giusto mettere sullo stessopiano tutte le droghe!». Applauso. «Sembra che gli adultisappiano solo dire che la droga fa male ma non dannospiegazioni sufficienti, tutto bian-co o nero su questo tema... ma pernoi esistono le sfumature di gri-gio».

C’è anche qualcuno che èd’accordo con la legge stralcioGiovanardi «perché le droghefanno male ed è giusto esser du-ri». Tra i ragazzi che incontriamoc’è sempre qualcuno che dicequesta cosa. La maggior parte diquelli che dicono così usano dro-ghe. Andando avanti nel discor-

so, ci facciamo l’idea che facciano queste affermazioniquasi per autodenigrarsi: in fondo mi comporto male e sonodeprecabile. Fino ad arrivare a un utente di un servizio abassa soglia di riduzione del danno, che l’altro giorno hadetto a una mia collega: «fanno bene a difendersi da me».E continuiamo così, a far sentire i consumatori sempre più“fuori” ed “esclusi”, ed anche a ragione...

Ma torniamo al Forum. Molte ragazze e ragazzi cidicono che si sanno regolare nel bere. Fanno differenza traessere brillo ed essere ubriaco. «Mi limito» dice una ra-gazza di 16 anni. «Anziché tre rhum e pera, ne bevo uno».

A seguire un ragazzo di 18 anni. «Un no-stro amico lo limitiamo noi – spiega –perché gioca in una squadra di calcio e cidispiace quando esagera nel bere o nelfumare».

Alla classica domanda sul perchési utilizzano le droghe, ci rispondono:«gli adulti dicono che chi si droga ha pro-blemi. Noi abbiamo problemi come tuttigli altri, non è la droga a fare la differen-za». Poi danno più risposte: «per diver-tirci», «per sballare», «per disinibirci»,«per avere un momento di pazzia», «peravere un po’ di leggerezza».

Incredibile, ma semplice e natu-rale, ai genitori chiedono di fare i genito-ri: dare consigli, non obbligare. Molti si

vedono come futuri genitori e considerano naturale, nelruolo di genitori, consigliare ai figli di non utilizzare le so-stanze psicotrope.

Sugli adulti osservano stupefatti: «si generalizzasul fatto che siamo noi ragazzi a drogarci, ma in realtà lepersone che vediamo con problemi seri di droga sonoadulte. Prima erano problemi di eroina, ora di cocaina, in-somma droghe pesanti e prese con frequenza e modalitàdiverse dalle nostre». E sugli slogan che li riguardano –“giovani che si drogano”, “giovani problematici”, “giova-ni che non pensano”, “giovani teppisti” – commentano:«siamo proprio delusi da quegli adulti che vedono la par-te per il tutto e non ci danno possibilità di espressione».

Domenica 9 aprile ero di nuovo in Toscana, a vede-re Siena-Lazio: altra città, altro contesto, ma sempre pienodi giovani. Non avevo il simbolo della mia amata Lazio percui ho messo una spilletta ideata da Claudio Cippitelli perun corso di Theores, la scuola di formazione della coopera-tiva Parsec. Visto che a Roma si tende a stigmatizzare e adefinire molti ragazzi e ragazze “teppa”, Claudio provoca-toriamente è stato al gioco, cercando di individuare in que-sto appellativo anche un aspetto positivo, una risorsa per lacostruzione di un’identità dei giovani. È nata così la spillet-ta con la scritta “La teppa eccellente”.

Non vi dico... tanti giovani definiti da qualcuno“teppisti ultras” erano felicissimi dell’idea e si sono mes-si a parlare con me. Si è aperto un mondo di idee, di valo-ri, di pensieri che vanno decisamente oltre l’etichettarli“teppa”. Certo questa è un’altra storia, storia quotidianadegli operatori sociali che i giovani li incontrano davveroed evitano di intrappolarli in etichette che li schiacciano eli spingono verso il basso... ‘pito? ■

*Cooperativa Parsec, Roma

CRONACA DI UNA GIORNATA DI INCONTRO E DIALOGO CON GLI ADOLESCENTI

RAGAZZI SENZA ETICHETTE

Sugli slogan coniati sudi loro, “giovani che sidrogano”, “giovaniproblematici”, dicono:siamo delusi dagli adultiche vedono la parte per il tutto e non ci dannopossibilità di esprimerci

A n d r e a G a l l o

L’orientamento proibizionista si regge sul malessere della normalità, e, più in particolare, sulla sua instancabile ri-produzione. Limitiamo lo sguardo alla condizione dei più giovani. Ecco che subito ci appare un insieme di ge-nerazioni che percepiscono come loro orizzonte il rischio d’esistenza, l’assenza di futuro. E vorrebbero “tutto esubito” visto che “del doman non v’è certezza”. Il futuro intuibile, almeno a grandi linee, coincide per esse conl’insicurezza sociale, la carenza delle protezioni civili fondamentali e il degrado delle protezioni sociali...

Come adattarsi a questa normalità quotidiana, come restare dentro le sue perimetrazioni, proprio quando questanormalità e queste perimetrazioni sono fonte di un malessere ampio, pungente, multiforme? Normalizzarsi in questa nor-malità, in nome della quale vengono decretate tutte le proibizioni e, di conseguenza, le emarginazioni, le esclusioni e lestigmatizzazioni che conosciamo non è impresa da poco. E meno che meno consigliabile.

Il contesto è questo. Fuori di esso non avrebbe alcun senso porre la domanda: chi sono i consumatori di droga? Alsuo interno, la risposta risulta, almeno per noi, del tutto scontata. Sono ragazzi che cercano una modificazione del loro sta-to ordinario di coscienza per rendersi “assenti” a tempo indeterminato proprio a quel malessere generato dai dispositivirestrittivi della normalità e delle istituzioni che ne intessono la trama.

Consumano tanto, i giovani. Subiscono e lanciano nuove mode. È stato loro insegnato ad Apparire, Avere, Appro-priarsi e questa sottocultura delle tre A sembra aver aperto una breccia inquietante nel loro mondo interiore come nella lo-ro vita di relazione.

Registriamo una situazione singolare: per molti aspetti i ragazzi sono gelosissimi della loro privacy; per altri, inve-ce, hanno bisogno di esporsi in pubblico. Hanno bisogno di trovare forme di identificazione collettiva come i meeting, iconcerti, i rave party, la discoteca, dove, al limite, il discorso più rilevante non è nemmeno più l’occasione di incontro ma

l’esibizione, il mettersi in mostra, il misurare se stessi dentro un rituale di gruppo. Si chiedono: comemi vedranno gli altri? Quale idea si sono fatti di me? Sono queste le domande a cui sentono di doverdare risposte.

C’è un forte desiderio in loro di provare, provarsi, sentire. Sembrerebbe che siano in cerca. Malo sono davvero o la loro propensione è piuttosto quella di stare dentro il sistema senza mai identifi-carsi pienamente con esso? Dentro la famiglia, ma anche fuori; dentro la scuola ma avendo tante altremodalità di aggregazione; dentro l’associazionismo ma nella pluriappartenenza; dentro la vita quoti-diana ma con la testa altrove.

La domanda finale che mi faccio e vi giro è dunque la seguente: i giovani vogliono ancora di-ventare soggetto della storia che li comprende o abbiamo già ucciso la loro coscienza, dono di Dio, laloro intelligenza, la loro anima? ■

Da Il cantico dei drogati, Sensibili alle foglie

IL RISCHIO DELL’ESISTENZA

Facce d i b r onzo

Negli anni Settanta, secondo Enri-co Berlinguer un’affermazione elet-torale del 51% era da considerarsiinsufficiente per governare. Ora ba-sta il 49%.

( m a r a m a l d o )

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12 Supplemento mensilede il manifesto28 aprile 2006FUORILUOGOL’ARTICOLO

VIAGGIO NEL TEMPO DALLA PROIBIZIONE DELLE DROGHE AI LIBRI VIETATI DEL DICIOTTESIMO SECOLO

IL CORPO E L’ANIMA G i a n p a o l o C a r b o n e t t o *

La nuova legge sulla droga è au-toritaria, irrazionale e antiscien-tifica. Autoritaria, perché in essac’è tutta la volontà punitiva diuno stato dispotico per il qualeil cittadino non è un individuolibero, ma un sottoposto; unostato che rispolvera il proibizio-nismo, che affida ampi marginidiscrezionali alle forze di poli-

zia. Irrazionale perché naviga tra contraddizioni profon-de che nessuno ha avuto il tempo, ma soprattutto la vo-lontà di risolvere, tanto che ci sono seri dubbi che possaessere messa in pratica. Antiscientifica perché soltantoun folle o un ignorante potrebbe parificare uno spinelloa una dose di eroina.

Fini e i suoi dicono che la droga è un veleno, siaperché consumata in grandi quantità fa male, sia inquanto dà assuefazione. Ed è vero per marijuana, hashi-sh, Lsd, cocaina, eroina e mille altre sostanze, come, delresto, per l’alcol, la nicotina, la cioccolata; anche per il sa-lame, che induce in me un irrefrenabile desiderio anchese so che in forti quantità può finire per fare strame dellemie arterie.

Ma, visto che parliamo di veleni, proviamo ad an-dare un po’ indietro nel tempo, per l’esattezza nel diciot-tesimo secolo. In quei tempi, la salute che premeva alleautorità erano quella dell’anima e quella del regno e noncertamente la salute fisica dei sudditi. Di quest’ultima sioccupavano, per i ricchi, i medici privati; per i poveri, iguaritori e le streghe, o alcuni ordini religiosi caritatevo-li: comunque allo Stato non costava niente né preservar-la, né curarla, ragion per cui ognuno poteva fare del suocorpo quel che voleva.

Assai diversa era invece la questione della saluteideologica, sia religiosa, sia politica (quando le due cosenon coincidevano) della popolazione, il cui degrado po-teva alterare l’ordine stabilito, propiziare disordini, at-tentati, rivolte e rivoluzioni. E, quindi, quel che si sup-poneva avvelenasse la mente era rigidamente controlla-to: innanzitutto, la carta stampata. In Spagna e in Italia diquesta vigilanza si occupò l’Inquisizione; in Francia, ametà del diciassettesimo secolo, il ministro del re Jean-Baptiste Colbert aveva istituito un “corpo di polizia let-teraria” che funzionò con temibile efficienza anche perbuona parte del secolo successivo, fino a quando non fuspazzata via dalla Rivoluzione francese.

I libri avevano bisogno del permesso reale per po-ter essere pubblicati e messi in circolazione, permessoche poteva essere negato per diversi motivi: offese allareligione per difetto (come per Helvétius) o per eccesso(come per i giansenisti), per discrepanza religiosa (comeper i protestanti), per attentato alle sane consuetudini(come per i libertini), propaganda sovversiva (come gliopuscoli contro i nobili o contro la persona del re), criti-che poco rispettose nei confronti dei sapienti dell’acca-demia, eccetera.

Ovviamente, anche i libri proibiti venivano pub-blicati e messi in circolazione, con i problemi tipici dellaclandestinità, ma con l’aggiunta di una notorietà supple-mentare. Più le opere erano proibite e più erano ricerca-te perfino dai semianalfabeti, mentre i loro autori diven-tavano ancor più famosi: sarebbe bello poterlo chiedere aVoltaire! Inoltre, i libri vietati venivano plagiati senzascrupolo, falsificati, smontati e rimontati, adulterati inmille modi a seconda dell’interesse economico dei librai.La gente voleva leggere il proibito Rousseau e finiva perleggere un assurdo surrogato qualsiasi o addirittura ildemenziale filosofeggiare di Marat, i cui effetti e, soprat-tutto, difetti erano destinati a diventare letali.

Per meglio comprendere la situazione forse è me-glio dare la parola a uno specialista dell’epoca: Robert Le-pape. La citazione è lunga, ma non contiene parti inutili: lapolizia letteraria, dice, «riposa su una convinzione che di-rige i suoi metodi: i libri illeciti sono droghe pericolose cheavvelenano il corpo della società. Di qui la definizione deimembri dell’ambiente letterario come “popolazione a ri-schio” che conviene vigilare, con l’aiuto di spie e di provo-catori. Si spiano i tipografi; si controllano minuziosamentegli arrivi della carte e il flusso delle merci; si limitano i luo-ghi di fabbricazione e di vendita dei libri, si moltiplicano leispezioni e le perquisizioni; si ottiene spesso di smantella-re le reti di produzione e di diffusione delle opere proibite;si arrestano anche i piccoli rivenditori il cui commercio silascia invece prosperare in cambio della speranza di infor-mazioni su delinquenti più importanti. Si imprigionano, sipuniscono con il divieto di esercitare la professione, si mul-tano tipografi e venditori, operai e autori».

«La controparte di questa accanita repressione –continua Lepape – sono due effetti contraddittori. Da unlato un certo marciume morale del mezzo editoriale, inmano a personaggi torbidi, delatori e autentici delin-quenti: assimilato dalla polizia al mondo dei pericolosibassifondi, quello del libro ha una certa tendenza ad av-

vicinarvisi, trascinato dalla solidarietà che nasce dall’e-marginazione. Però, d’altra parte, la polizia del libro haanche l’effetto di stabilire solidarietà e complicità fra iprofessionisti che, malgrado ciò, spesso si abbandonanoa una selvaggia concorrenza. Perfino fra gli opulenti epuntigliosi tipografi e librai parigini ben avviati e ben or-ganizzati nella difesa della propria corporazione c’è chinon resiste al piacere e al vantaggio di prendersi gioco diquella polizia, di partecipare a circuiti illegali, di infran-gere regolamenti asfissianti e di offrire i libri proibiti a unpubblico sempre più numeroso e avido». Vi ricorda qual-cosa?

E per di più, sempre per il Settecento, bisogna an-che menzionare il traffico di materiale clandestino stam-pato nella permissiva Olanda, gli affari della polizia incombutta con i librai, i censori che per indulgenza o peravidità nascondevano le opere proibite in casa propria, ichierici e gli scrittorucoli conservatori che fabbricavanocon redditizia diligenza innumerevoli “preservativi” let-terari contro gli scrittori pericolosi, trattati terapeutici percompensare i danni provocati dai loro errori e così via.Continua a ricordarvi qualcosa?

Immagino che questa carrellata di persecuzionirisulti estremamente familiare in quanto oggi in Europala situazione non è molto diversa, eccetto per il fatto chele persecuzioni oggi non servono tanto a controllare i pe-ricoli della carta stampata, quanto quelli della chimica.Le autorità si preoccupano meno delle idee che abbiamoin testa che delle sostanze che ci scorrono nel sangue. An-che adesso ci sono droghe legali, con licenza di circola-zione, e altre che invece non ce l’hanno per motivi stabi-

liti dalle autorità secondo varie argomentazioni ideolo-giche; ma alcune di queste droghe vietate in taluni casipossono essere assunte, con l’opportuna ricetta medica,cioè con l’equivalente della dispensa del Santo Uffizioche era necessaria per leggere i libri elencati nell’Indicedelle Opere Proibite.

Quanto all’adulterazione dei prodotti, al maggiorinteresse suscitato proprio perché proibiti, alla formazio-ne di un ambiente criminale intorno alla loro fabbrica-zione e distribuzione, alla proliferazione di imbroglionispecializzati nella lotta contro il veleno, i risultati sonopiù o meno identici: le stesse cause danno luogo agli stes-si effetti, ingigantiti nella nostra epoca dalla massifica-zione urbana e da altri problemi socio-strutturali. Stori-camente chiunque può constatare che le droghe non so-no state proibite a causa della delinquenza organizzata,della perversa influenza sociale e delle morti per abusoche esse provocavano, ma che, anzi, cominciarono a es-sere causa della delinquenza organizzata, di un’influen-za perversa sulla società e di morte proprio a partire dal-la loro proibizione.

Le misure repressive non arrestarono la stampa,così come l’efficacia della persecuzione delle droghe non èstata maggiore e per molti aspetti ha avuto risultati ancorpiù disastrosi. La persecuzione non serve ad altro che apotenziare e a ingigantire ciò che si pretende di sradicarecon la coercizione. Indubbiamente alcuni libri possonoturbare negativamente certe persone, spingendole a fardel male a sé e agli altri. Le parole e le idee sono in poten-za molto più pericolose di qualsiasi composto chimico,perché scendono più in profondità e hanno un effetto piùattivo e duraturo sui gruppi umani. Tuttavia oggi la mag-gior parte di noi è convinta che questi potenziali danni siaccompagnino a importanti effetti positivi che non posso-no essere separati nettamente da essi e che comunque nonpossono essere evitati se non con l’educazione e l’applica-zione assennata delle leggi generali che regolano le societàcivilizzate. Solo quando qualcosa, non importa che si trat-ti della stampa o della chimica, funziona in libertà possia-mo istruirci per impararne l’uso ed evitarne l’abuso conquella che può essere chiamata in entrambi i casi, tempe-ranza. Cosa difficile da applicare, in realtà, perché, davan-ti a qualsiasi piacere, la cosa più semplice è rinunciarvi deltutto, o abbandonarvisi incondizionatamente. Ma il no-stro rapporto con il piacere è sempre stato piuttosto con-flittuale e ricco di sensi di colpa e infatti, come acutamen-te annota Lichtenberg, «la moderazione presuppone ilpiacere; non così l’astinenza. Per questo sono più gli aste-mi dei moderati».

Rinunciare alla proibizione non significa però chela società debba lavarsi le mani del problema della drogae delle tossicodipendenze delegandolo esclusivamentealla responsabilità individuale, anche perché, come disseuna volta Adorno «La libertà non sta nello scegliere tra ilbianco e il nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescrit-ta». Una società non disumana, una società democraticaha degli obblighi nei confronti dei propri cittadini, obbli-ghi di spiegazione, di messa in guardia, di creazione del-le condizioni migliori perché uno possa essere vivo e fe-lice nella propria realtà senza dovere andarsene a creareuna artificiale.

Ekkerhart Krippendorf nel suo splendido L’arte dinon essere governati dice che la politica è anche l’arte del-la mediazione, ma è soprattutto la capacità di valutare edi scegliere cos’è meglio per la società. Davanti a una leg-ge di questo tipo la valutazione e la scelta di una cittadi-nanza seria e di una classe politica responsabile non puòche essere quella di testimoniare e di agire: l’errore esisteed è grosso, ora bisogna fare in modo che tutto questo siacambiato il prima possibile. ■

* Caporedattore cultura del Messaggero Veneto

A quei tempi alle autorità stava a cuore la salute ideologica deisudditi, non quella fisica e la

stampa era sotto rigido controllopoiché poteva avvelenare le menti