ROMA. ARA PACIS: LATO MERIDIONALE, LASTRE TERZA E QUARTA - AUGUSTO, I LITTORI, I FLAMINI (Fot. Luce)
Lt ARA PACIS E I SUOI PROBLEMI ARTISTICI ,
E RARO che in un solo monumento coincidano elementi d'interesse storico e insieme
artistico, così vasti e determinanti per lo sviluppo della civiltà umana, come nell' Ara Pacis di Augusto votata dal Senato romano l'anno I3 a. C. e risorta oggi a nuova vita per volontà dell'Italia fascista. Simbolo della unificazione del mondo antico nell' Impero di Roma e della pienezza dei tempi, del novus ordo augusteo, donde scaturirà la rigenerazione cristiana, essa è però anche la prima considerevolemanifestazione di quella nuova esperienza artistica, occidentale e romana, che va rampollando dal grande tronco maturo dell'arte ellenica.
La ricomposizione dell' Ara vale soprattutto a rievocare e porre a fuoco il significato politico e storico del monumento. Ma la sua importanza non può disconoscersi ai fini della storia dell'arte; anche se la maggior parte degli elementi della decorazione erano già per l'addietro ben noti e studiati e idealmente riaccostati nell'organismo
del complesso monumentale. La scoperta di nuovi frammenti, d'interesse essenziale come quelli del vero e proprio altare, la possibilità di un esame vicino e minuzioso dei pezzi antichi e nuovi, la progressiva giustapposizione e ricostruzione delle parti figurate e ornamentali, la visione effettiva, completa del monumento quale esso era in origine, costituiscono senza dubbio una novità tròppo vasta e profonda, perchè lo storico dell'arte non sia portato a riesaminare i propri giudizi o addirittura affrontare su nuove basi tutta la questione artistica del l' Ara Pacis. Sole zone d'ombra restano i due quadri mitologico-simbolici di Roma e dei gemelli con la lupa, in gran parte perduti; le lastre del fregio ancora esuli al Vaticano e al Museo del Louvre e ricomposte in calco; alcuni deformanti restauri antichi delle lastre degli Uffizi: incompletezze, le ultime, per le quali non si esclude la possibilità di trovar rimedio col tempo.
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ROMA, ARA PACIS: LATO MERIDIONALE, LASTRE QUINTA E SESTA - FLAMINI, AGRIPPA, FAMIGLIA IMPERIALE
Le opere d'arte antiche e più famose, molto ammirate, molto discusse, tendono lentamente ad avvolgersi di un'aureola di ammirazione generica e consuetudinaria, che, come una patina, ne copre ed attenua l'esatta e acuta percezione dei contorni, favorisce lo sviluppo di valutazioni medie o apodittiche, porta facilmente alla cognizione superficiale. Così è stato per l'Ara Pacis, intorno alla quale l'elementare sforzo ricostruttivo e il seducente problema esegetico hanno per di più completamente assorbito le possibilità critiche degli studiosi; cosicchè poco di preciso e di concreto si realizzava nel campo della indagine stilistica.
Solo recentemente, e già in parte in relazione con lo scavo e con il restauro iniziati da G. Moretti (i pezzi insigni erano sotto i nostri occhi, a portata delle nostre mani), i problemi artistici dell' Ara Pacis, come già i ricostruttivi e gli esegetici, hanno cominciato ad essere impostati e discussi su basi più salde, meno vaghe e nebulose. Dopo le osservazioni di G. Rodenwaldt I)
e del nostro compianto Marconi,::!) ecco gli studi di F. Matz 3) e di D. Mustilli4) sull'arte augustea, nei quali trova il suo posto adeguato la
decorazione dell' Ara Pacis. Alla domanda: chi furono gli artisti ai quali dobbiamo quest'opera? aggiunge ora il Mustilli, dopo la visione diretta dei pezzi riaccostati, l'altro quesito: è possibile riconoscerne la individualità artistica e le tendenze in base all' esame della loro stessa produzione? Ed egli risponde affermativamente, determinando con sicurezza, pur senza dilungarsi nel circostanziare gli argomenti, mani diverse d'esecutori nei singoli quadri, nell'ambito del fregio figurato e nelle sculture ornamentali. In questi primi accenni di critica concreta è implicita la maturità del problema; e le favorevoli circostanze della ricostruzione invitano ad affrontarlo con nuovo ardore. Il che non è proprio quanto si propone il breve saggio presente, inadeguato al fine grandioso e promettente, e solo inteso ad indicare quali potrebbero essere le vie da battere per conseguirlo e a porre in luce alcuni aspetti, scelti fra i più interessanti, dell' intera questione.
Da considerare in primo luogo è il problema del contenuto. Per la critica esegetica, di cui massimo esponente è G. E. Rizzo, il " significato"
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avevano tentato di dar risposta sia pure sulla base di una imprecisa formulazione; e che più tardi il Marconi ha affrontato, indicando come soluzione il carattere parziale ed incipiente della realizzazione stilisti ca romana dell' Ara, nei confronti delle mature e complete creazioni artistiche dell'età dei Flavi. In altri saggi riguardanti l'Ara Pacis, come quello del Rodenwaldt, non si forniscono sufficienti indizi per determinare se l'autore faccia una sostanziale distinzione tra valore etico, psicologico del monumento e valore più
ROMA, ARA PACIS: LATO MERIDIONALE, SETTIMA LASTRA - LA FAMIGLIA IMPERIALE propriamente estetico:
dell'opera d'arte è il fondamento della sua valu- per riconoscere ciò che egli veramente intenda, tazione e occupa la parte più importante dell' in- oltre il significato letterale o tradizionale del ter-dagine. Ciò naturalmente soprattutto nel caso del- mine, per kiinstlerisches Wollen dell'arte augustea. l'Ara Pacis, monumento così ricco di Il significato" Eppure una giusta determinazione degli ele-da apparire, oltre la pura destinazione religiosa e menti etici dell'Ara, del suo grande Il signifi-votiva, una grandiosa estrinsecazione riassuntiva cato" umano, nei riguardi della creazione arti-di tutto il sistema ideale augusteo, nei suoi ben stica, s'impone come questione d'importanza cogniti elementi come nelle sue in espresse aspira- ovvia e preliminare. Dovremo concedere al velato zioni: simbolo di Pietas, Honos, Virtus, riflessi e contenutismo della critica esegetica che l'arte dei fermati ora nel marmo, come già diffusi ed echeg- rilie~l ' dell' Ara Pacis consiste soprattutto nella gianti fra i sette colli nel grave canto di Orazio. Il manifestazione" dei grandi ideali augustei,
Coerente con le sue premesse teoriche, la critica già estrinsecati nel campo poetico dal canto di estetica tende ora invece a superare il momento Virgilio e d'Orazio? O dovremo prescindere del psicologico della creazione, quello che il Marconi tutto, con l'estetica figurativa, da questo conte-ha designato come ethos augusteo; per indagare nuto umano, di natura extrartistica, per compren-se ad esso corrisponda anche una piena e felice dere appieno il valore stilistico del monumento? realizzazione formale, cioè veramente artistica, È chiaro che, per ammettere questa seconda dell'opera. Ed è precisamente nei così detti Il va- valutazione, occorre ritenere per dimostrato che lori figurativi" , di berensoniana memoria, che tutto il complesso degli elementi spirituali, con-questa realizzazione si cerca, studiando se nei cettuali e morali, espressi nei rilievi dell' Ara rilievi dell' Ara Pacis sia già sostanzialmente su- Pacis sia una imposizione esterna (della tradi-perato il plasticismo ellenico e conseguita l'unità zione, dell'ambiente o della volontà del prin-stilistica nel senso del!' illusionismo romano. cipe) all'atto creativo degli artisti: sia cioè sol-Questioni alle quali già il Riegl S) e la Strong 6) tanto il frutto di una riflessione e il fine di una
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intenzione cosciente e determinata. Ora noi già conosciamo gl'ideali augustei di umanità e di rigenerazione dalla voce dei poeti; sappiamo che il simbolismo di Roma e della Terra, i miti di Enea e di Romolo, il senso vivo e quasi romantico della natura erano parte integrante di questi ideali; abbiamo visto elementi simbolici e storici accostati nel soggetto di un solo monumento figurato, sulla corazza della statua di Augusto di Prima Porta, databile immediatamente dopo il 20 a. C.
Ma siamo d'altro canto autorizzati ad ammettere che il processo formativo di questo grandioso rinnovamento spirituale, di questa Il idea" di un' epoca sia già del tutto conchiuso e cessato prima della creazione dell' Ara Paci s, così da apparire ai suoi artisti come un II precedente" estraneo? O non dovrà piuttosto ritenersi che l'Ara sia essa stessa uno dei fattori dell' ethos augusteo? Certo nei suoi rilievi noi vediamo per la prima volta riflesso in un grandioso organismo figurato l'II idea" di Augusto; ma soprattutto possiamo cogliere il sentimento quasi imponderabile di calda umanità e di religioso affratellamento con la natura, che tende a dare al mito accenti di dolce e moderna semplicità, nobilita la realtà storica verso la solenne gravità del simbolo religioso, scende anche alla decorazione vegetale rendendola viva e fervida fin nelle sue intime fibre, quasi partecipe della cosmica commozione che pervade il creato negli anni felici della palingenesi augustea. Dei, eroi, uomini e cose godono la comune armonia, come già intorno alla culla del Bambino nel carme immortale di Virgilio:
"Ille Deum vitam adcipiet, Divisque videbit Permixtos heroas, et ipse videbitur illis, Pacatumque reget patriis virtutibus orbem. At ti bi prima, puer, nullo munuscula cultu, Errantis ederas passim cum baccare tellus Mixtaque ridenti colocasia fundet acantho " ...
(Ed., IV. I 5-20).
È impossibile che una così delicata sfumatura sia completamente estranea al mondo poetico degli artisti dell' Ara Pacis. E ammesso che faccia parte del loro linguaggio, essa non è più soltanto contenuto psicologico dell'opera d'arte, ma elemento essenziale del processo creativo, realtà estetica, forma.
Una delle accuse rivolte contro la sostanza artistica della decorazione dell'Ara Pacis è la
presunta màncanza di coerenza e di organicità nel contenuto delle sue singole parti. Questo giudizio, già formulato dalla Strong, si fonda evidentemente sopra una visione poco approfondita del monumento. È vero che in esso appaiono accostati elementi, ciascuno dei quali ha un proprio significato ed un proprio sviluppo compositivo autonomo: come i quadri mitologici, i quadri simbolici con personificazioni, il rilievo storico, la decorazione a rami d'acanto, la decorazione a festoni. È vero anche che al fregio storico, raffigurante Augusto, la sua gente, il Senato e il Popolo, manca l'unità e la completezza Il tettonica", materiale, evidente ad esempio nel fregio del Partenone. Ma il principio unitario ed organico non può e non deve esser ricercato nel soggetto delle figurazioni o nelle caratteristiche dello spazio entro il quale esse appaiono sviluppate. L'unità consiste invece proprio in quel sentimento fondamentale che domina tutto il complesso decorativo, in quella religiosità, in quella umanità, in quel senso della natura, dal quale risulta singolarmente raccorciata la distanza', che separa i numi dai mortali, la leggenda dalla vita attuale, gli esseri pensanti dalla cornice delle forze e delle bellezze naturali. Considerato sotto il punto di vista dell'ethos augusteo non apparirà più dissonante l'alternare della scena storica con i quadri mitico-simbolici. Questi la precedono idealmente, come necessaria premessa, ma anche come causa persistente; cosicchè Enea si continua in Augusto, Roma è una realtà divina e storica sempre più viva, la Terra prolifica partecipa intimamente al sogno della grande restaurazione.
Deve esser ricordato d'altra parte che la pluralità dei contenuti in un solo complesso decorativo non è propria dell' Ara Pacis, nè può essere interpretata come un segno d'inesperienza dell' arte romana ai suoi primi passi o una incertezza di transizione tra i due mondi artistici dell' ellenismo e della romanità. La ritroviamo già in antecedenza nei rilievi della base di Domizio Enobarbo (scena storica della lustratio exercitus e fregio con divinità marine), e ancor prima, nell'arte ellenistica d'Asia Minore, nell' Ara di Pergamo (fregio con la gigantomachia e fregio con le avventure di Telefo),
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ROMA, ARA PACIS: LATO SETTENTRIONALE - FRAMMENTO DEL MUSEO DEL LOUVRE CON IL POPOLO
caratteri di un capolavoro, nato da un' unica e semplice ispirazione: l'emozione 'estetica, nel suo atto pi ù vero e profondo, è intraducibile. Possiamo tuttavia riconoscere, con qualche approssimazione, che il linguaggio artistico dei rilievi dell'Ara consiste soprattutto nella capacità di esprimere la real tà viva e concreta, con effetti d'immediatezza temporale e spaziale, ma trasportata in un'atmosfera di grave
e fin negli stessi grandi complessi monumentali del V e del IV secolo. Ma se in queste opere più antiche il filo conduttore della decorazione era l'allusione a miti o gesta glorificanti, ciascuno per suo conto, una certa divinità, una città, una dinastia; proprio nell'Ara Pacis ci sembra superato questo stadio di commemorazione generica, per dar luogo ad una più intima concatenazione di ciascun elemento, inteso come parte di una sola mistica narrazione, che va dalla predestinazione di Enea alla restaurazione di Augusto: quasi note di un'unica melodia, versi del poema di Roma eternato nel marmo. Nello stesso modo il canto del poeta fondeva le avventure del padre antico con le glorie recentissime dei figli, i decreti degli dei e l'intimo familiare dolore del fiore reciso: "Heu miserande puer! si qua fata aspera rumpas
Tu Marcellus eris " ...
Ma come è fermata nel marmo la commozione degli artefici'? In qual modo rivive e trasfigura l'arte dell' Ara Pacis il nobile e grave ideale augusteo'? Estremamente difficile è, come sappiamo, enumerare e distinguere ordinatamente i
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e ideale religiosità. In questo orientamento s'intendono peculiarità stilistiche come la rappresentazione di personaggi reali in atteggiamenti pieni di vita e di sentimento, il tentativo di realizzare nel rilievo l'illusione di una profondità spaziale, l'introduzione dell' ambiente naturale non più soltanto come complemento e allusione, ma come elemento integrante della scena, come tema d'arte a sè stante.
Ben conoscono, come è noto, l'arte ellenistica e l'arte dell'Italia repubblicana il rilievo storico, la rappresentazione realistica e lo sfondo paesistico dei quadri mitologici. Ma, per quanto si cerchi, prima dell' Ara Pacis non è dato incontrare scene reali nelle quali la concretezza attuale delle figure si fonda cosÌ armoniosamente con quel senso di nobile gravità, che è espressione di una nuova coscienza religiosa e civica, e il sentimento umano si manifesti con una così evidente illuminazione degli affetti familiari, attraverso gli atteggiamenti, il carattere delle fisionomie, l'incrocio degli sguardi, la graziosa presenza dei fanciulli, non più studiati nella maliziosa e generica puerizia degli eroti ellenistici, ma nella
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irrequietezza, nella curiosità, nella buffa gravità che effettivamente è propria dei piccoli. L'apparire del Il togato" romano dell' Ara Pacis (come delle donne e dei fanciulli) segna effettivamente qualche cosa di nuovo nello sviluppo dell'arte antica: all'eroe e al bel corpo dell' arte classica, al tipo individuale unilateralmente espressivo dell'arte funeraria etrusca si è sostituito l'II uomo", nella pienezza dei suoi caratteri, con i suoi intimi affetti e la sua funzione sociale. Ma anche nei rilievi mitologici è evidente l'umanizzarsi dei tipi, come attesta la pensosa gravità di Enea.
ROMA, ARA PACIS: LATO SETTENTRIONALE
L'altra essenziale innovazione artIstIca dell'Ara Pacis è la rappresentazione dello spazio, così nei rapporti tra figura e figura come nei riguardi dello sfondo ambientale. È inutile ricordare che l'arte ellenistica, nonostante i suoi sforzi realistici, le sue realizzazioni nel rendimento della folla e del paesaggio, non sia mai riuscita a superare quel principio fondamentale e radicato del rilievo classico che di ogni figura e di ogni cosa fa un elemento astratto, isolato, nella sua forma plastica perfettamente conchiusa, senza reciproci rapporti spaziali e senza sfondo reale. Per la prima volta nei rilievi dell' Ara Pacis troviamo invece realizzata una unità del quadro nello spazio, con effetti d'illusione prospettica, di profondità relativa, di sfondo. Ciò si è ottenuto utilizzando due procedimenti tecnici di diversa origine: da un lato il plasticismo ellenico, esteso dalla forma singola a più forme, rappresentando cioè le diverse figure o cose con un diverso risalto, in modo che la loro superficie d'aggetto risulti su piani ineguali e fruisca quindi di ineguale illuminazione; da un'altro lato l'appiattimento disegnativo e l'uso decorativo
di tratti lineari paralleli, che sono propri della plastica indigena d'Italia e che favoriscono il dissolversi del senso plastico di ogni forma singola in un effetto illusorio d'insieme.
Questi caratteri, che diverranno propri dell'arte augustea (are, base di Sorrento) e del rilievo romano in generale, non sono apparsi finora in monumenti più antichi dell' Ara Pacis. Non li riscontriamo in rilievi, come il frammento di Avellino, ora a Budapest, forse commemorativo della battaglia d'Azio, o come la corazza della statua di Prima Porta. Si può supporre che essi già fossero propri di altre opere d'arte ora perdute: ad esempio dei rilievi dell'Arco di Augusto al Foro Romano, se una notizia degli Scoli Veronesi all'Eneide (VII, 606) è attendibile e non si riferisce soltanto a sculture a tutto tondo, o della decorazione delle Are della Fortuna Reduce e del T arentum. Ma niente vieta di pensare che proprio agli artisti dell' Ara Pacis si debbano queste innovazioni stilistiche così feconde per gli ulteriori sviluppi dell' arte romana. Il fatto che i rilievi appartengono al recinto dell' Ara e che l'altare interno doveva
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ROMA, ARA PACIS: LATO SETTENTRIONALE - IL SENATO
costituire la parte più preziosa di tutto il monumento avrebbe potuto far pensare ad una priorità stilistica della sua eventuale decorazione, in senso innovatore. Ma la scoperta dei frammenti dell'altare e dei due fregi a rilievo, di diversa grandezza, che l'adornavano esclude nettamente anche questa ipotesi; trattandosi di sculture concepite in senso tradizionale, con figure isolate su fondo neutro, e soltanto con qualche timido accenno ad una pluralità relativa di piani, che sembra verisimilmente accolto di riflesso dai grandi rilievi dell' esterno del recinto.
Dalla ricostruzione del monumento può trar luce soprattutto la questione della personalità degli artisti ai quali dobbiamo la sua decorazione. Tutto quanto si è detto sul contenuto e sull'arte unitaria dell' Ara Pacis non può portare se non alla conclusione ovvia che la concezione e il disegno generale del complesso decorativo appartengono ad una sola geniale individualità. D'altro canto le indiscutibili disparità di esecuzione che si riscontrano nelle singole parti del monumento escludono l'i potesi di una lavorazione totale di mano del
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progettista o comunque di una sola mano. Resta da determinare se le differenze siano di natura esclusivamente tecnica oppure investano l' essenza artistica deI lavoro; se cioè gli esecutori appartengano alla classe di scalpellini fedeli al modello, forse anche al bozzetto, del progettista o debbano esser considerati veri e propri artisti.
Iniziando l'analisi dal fregio storico e precisamente dal lato meridionale (1'orientamento topografico sarà quello della ubicazione originaria dell' Ara, e non della sistemazione attuale) si osserva una partizione, per quanto è controllabile, in sette lastre: le due prime da sinistra con frammenti di littori e di un camillo, la terza con littori e metà della figura di Augusto (divisione strana, data la coincidenza con l'imagine più autorevole del fregio, ma che conferma l'unità della concezione e la preesistenza di un modello unitario), la quarta con Augusto e due flamini, la quinta con il terzo flamine e il vittimario e parte della figura di Agrippa sommo pontefice (anche qui si ripete la bipartizione), la sesta e la settima con i membri della famiglia imperiale. Il limite fra quarta e quinta lastra
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ROMA, ARA PACIS : LATO SETTENTRIONALE, LASTRA DEL MUSEO VATICANO - IL SENATO
coincide approssimativamente con la metà del lato, segnata nel restauro del fregio decorativo inferiore dal grande ceppo centrale della ramificazione d'acanto. Un attento esame dei rilievi ci porta subito a constatare una sensibile diversità di effetti stilistici tra le due parti corrispondenti alle lastre prima-quarta e quinta-settima. Nel primo gruppo, almeno nei pezzi più conservati (lastre terza -quarta), si osserva un evidente e caratteristico impiego del tratteggio lineare decorativo, che ricorda da vicino certi rendimenti di pieghe in statue o rilievi di togati di chiara tradizione indigena (specialmente nell'armonioso panneggio dei flamini della quarta lastra); e inoltre uno scarso rilievo delle figure di primo piano e una qualche durezza ed appiattimento nel taglio delle pieghe, integrato dali' impiego del trapano. Nelle lastre di destra questa durezza appare sensibilmente attenuata, il rilievo plastico e l'aggetto delle figure sono più sentiti, la varietà degli atteggiamenti e del giuoco dei panneggi è maggiore, manca o è frainteso l'impiego della linea in senso decorativo, antinaturalistico; pur se si osserva qualche
appiattimento ed è accertato l'impiego del trapano. Anche considerando il diverso stato di conservazione delle due parti (la prima uscita recentemente dal suolo, la seconda nota da tempo e certo ritoccata) non è ammissibile che ambedue appartengano alla mano dello stesso esecutore.
Nel lato opposto del fregio si susseguono da destra la lastra del Vaticano ed una già agli Uffizi con il solenne corteo del Senato; un'altra dagli Uffizi e il frammento del Louvre raffiguguranti verisimilmente il Popolo. Prescindendo dal goffo restauro delle teste e dalla superbcie integrata o levigata degli stessi corpi, riconosciamo in gran parte di questi rilievi una concezione compositiva e tecnica chiaramente distinta da quella del fregio del lato settentrionale. Alla scarsa inventiva delle figure, che fa susseguire in identico atteggiamento una serie di personaggi, e certo anche ad un minor senso di vivacità e di varietà si contrappone una evidente valoriZizazione della forma plastica e corporea in senso ellenistico, con forte aggetto delle figure e gonfia pienezza dei panneggi. Il digradare spaziale dei piani, dalle imagini di primo piano
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ROMA, ARA PACIS: QUADRO DEL LATO OCCIDENTALE - SACRIFICIO DI ENEA AI PENATI (Fot. Anderson)
a quelle disegnate sul fondo, è presente; ma sembra sentito meno spontaneamente. Mancano del tutto appiattimenti e giuochi lineari antinaturalistici: è assente la tecnica del trapano. L'ultima lastra a sinistra, quantunque assai danneggiata, diversifica alquanto dalle altre per la prevalenza delle figure appiattite di secondo piano e per una particolare trattazione del panneggio, a linee e piani spezzati, quasi a rendere la stoffa spiegazzata. Si può ritenere che essa appartenga alla mano di un esecutore distinto.
Considerando dunque tutto il fregio storico preso nel suo complesso, constatiamo in primo luogo una evidente diversità di orientamenti stilistici tra i due lati opposti del recinto: una più spiccata tendenza alla realizzazione del rilievo illusionistico, concreto e vivace, nelle sculture del lato meridionale, raffiguranti Augusto e la sua
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gente; un minor distacco dalla tradizione plastica del!' ellenismo, pur con l'accoglienza dei nuovi mezzi spaziali, nelle sculture del lato settentrionale, con il Senato e il Popolo. Due argomenti ci guidano a ritenere che lo stile e la sensibilità del progettista di tutto il monumento siano quelli del lato meridionale: uno estrinseco, ed è il fatto che in esso sia compreso il soggetto più nobile del fregio, con il principe e la sua corte; l'altro intrinseco all'arte, ed è la constatazione che i mezzi d'espressione illusionistici s'impongono alla sensibilità del plasticismo classicheggiante, e non viceversa.
Ma nell'ambito di ciascuno dei due lati hanno a loro volta lavorato almeno due scultori diversi. Di questi il primo del lato meridionale, che potremo anche designare con il nome di Maestro dei Flamini, è il più decisamente orientato verso
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ROMA, ARA PACIS: QUADRO DEL LATO ORIENTALE - LA TERRA (Fot. Alinari)
la nuova atmosfera stilistica e il più vicino alla tradizione dell'antica tecnica indigena. Il primo scultore del lato settentrionale, il Maestro del Senato, sembra invece essere un artista ellenistico, forse di tradizione asiatica, che accoglie, ma soltanto in superficie, le formule del nuovo orientamento. Una posizione intermedia occupano gli scultori della parte destra del lato meridionale e della parte sinistra del lato settentrionale: il primo, che diremo il Maestro della famiglia di Augusto, profondamente partecipe della innovazione stilistica, ma non dimentico della raffinatezza tecnica e della grazia del classicismo; il secondo, il Maestro del Popolo, dotato di una spiccata personalità, ma troppo poco rappresentato per poter esser individuato e conosciuto in modo sufficiente. È chiaro che il progettista dell' Ara, 1'autore dei modelli (cartoni e bozzetti che siano stati, ma più verisimilmente cartoni) di tutta la decorazione a rilievo, il soprintendente e responsabile dei lavori non può esser identificato che con il Maestro dei Flamini o con il Maestro della famiglia d'Augusto; a meno che non si vogliasupporlo estraneo alla esecuzione del fregio storico, nel
qual caso i due scultori nominati si potrannq ritenere suoi diretti discepoli o fedeli interpreti.
Dei quadri mitico-simbolici due soltanto possono essere considerati ai fini dell' indagine stilistica: quello di Enea sul lato occidentale, cioè sulla facciata del monumento; e quello della Terra sul lato orientale. Ambedue presentano elementi innovatori e maturi rispetto al rilievo ellenistico, anche di paesaggio, del II e del I secolo a. C.: senso dello spazio nello sfondo ambientale, digradare illusionistico dei piani, nobiltà piena di sentimento nella concezione delle figure. È notevole che al risalto spaziale non contribuisce soltanto la impostazione obliquamente prospettica dell' imagine della Terra, ma anche il forte appiattimento di quelle parti che, come il braccio sinistro, si suppongono più lontane dall'occhio dell'osservatore. Non mancano tuttavia le differenze, sulle quali ha portato la sua attenzione il Mustilli. Nel quadro di Enea figure e paesaggio appaiono più fuse e i mezzi d'espressione illusionistici si adeguano con più evidenza alla religiosa gravità, ma anche all' intima e semplice commOZiOne della scena.
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L'intaglio lineare delle pieghe giuoca col tenue degradante ondulare delle rocce per accrescere gli effetti di luce che animano questa superba scultura. Nel quadro della Terra nutrice, seduta tra le aurae [ovis, è invece predominante l'armonia simmetrica e il sentimento concentrato nell'ambito del gruppo centrale; mentre la trattazione dei panneggi, specialmente dei veli rigonfi delle aurae, denuncia una corporeità plastica che l'apparenta con la concezione ellenistica delle lastre dei senatori. Si può quindi supporre che il lato occidentale, la facciata dell' Ara, fosse opera di scultori da identificare con i maestri del lato meridionale: forse, considerata la nobiltà del luogo e del soggetto e l'alto valore stilistico del quadro di Enea, lavoro diretto del progettista del monumento. I quadri del lato orientale sarebbero invece stati affidati ad altro esecutore, che, giudicando dal quadro della Terra, potrebbe essere lo stesso Maestro del Senato.
Ora che la nobilissima base ornamentale del fregio vegetale a rami d'acanto è tornata ad integrarsi e a ricomporsi nella primitiva unità, sarebbe particolarmente proficuo esaminare anche in essa la diversità delle mani esecutrici, ferma restando naturalmente la unità della concezione e dei modelli. Ad una prima indagine risulterà ad esempio prevalente la lavorazione plastica dalle raffinate delicatissime sfumature nel lato settentrionale, in contrasto con un certo appiattimento ed impiego della linea ad intaglio che si riscontra nell'opposto lato meridionale. Si potrà porre il problema se il fregio vegetale corrisponda all' esecuzione dei sovrapposti rilievi figurati, come parrebbe suggerire l'esposta constatazione. Il che ci porterebbe a rovesciare la valutazione estetica del fregio storico, riconoscendo effetti stilistici di gran lunga più nobili al rilievo ornamentale eseguito dal maestro di tradizione ellenistica, rispetto alle parti affidate alla mano dei maestri innovatori di tradizione più spiccatamente italica. Anologhi criteri potranno essere adottati per lo studio dei festoni nell'interno del recinto e delle cornici delle porte.
Conclusioni? In realtà, più che risolvere, si sono qui voluti porre dei problemi, su basi di maggiore concretezza di quanto sia mai stato fatto per l'addietro. I vecchi e i nuovi scavi dell'Ara Pacis non
hanno restituito un blocco o un frammento marmore o nel quale apparisse la firma di un artista. Naturalmente, date le parti irrimediabilmente perdute, non si può escludere recisamente che firma o firme vi fossero. Certo per noi l'opera grandiosa resta e resterà per sempre anonima. E se consideriamo che anonime sono ed erano altre famose sculture augustee, come la statua di Prima Porta e quella di Via Labicana, tanto più probabile ci appare una loro netta contrapposizione con la congerie di sculture classicheggianti, copie o rielaborazioni di più antichi motivi ellenici, che ingombrano l'orizzonte artistico di Roma augustea e recano firme ampollose di scultori greci, generalmente attici, spesso sfacciate usurpazioni di creazioni famose, come nel caso della copia della Parthenos firmata da Antioco o in quella del doriforo policleteo firmata da Apollonio di Archia. L'ambiente di scultori ufficiali dai quali escono i rilievi dell' Ara Pacis era evidentemente ben distinto dagli studi dei famosi artisti classicheggianti in voga a Roma alla fine del I secolo a. C.: e i caratteri stilistici sono un chiaro argomento di conferma. Ma nella decorazione dell'Ara osserviamo addirittura la subordinazione di uno scultore di educazione ellenistica a scultori di educazione italica e romana, uno dei quali può ritenersi l'artista principale del monumento e l'ispiratore della rivoluzione stilistica che appare in via di affermazione. È naturale che neanche per quest'ultimo si può escludere la nazionalità greca o greca d'Italia; ma, se dal campo della nazionalità etnica si passa a quello della nazionalità artistica, dobbiamo ammettere senza esitazione il valore essenziale della sua romanità. Promettente inizio di una nuova grande esperienza estetica, fiorita nei secoli dell' Impero e protesa verso il mondo moderno. M. PALLOTTINO
I) G. RODENWALDT, Die Kunst um Augustus in Die Antike, XIII, 1937.
2) P. MARCONI, in Emporium, XLIII, 1937, pago 477 sgg. 3) F. MATZ, Wesen und Wirkung der Augusteischen Kunst
in Die Welt als Geschichte, IV, 1938, pago 191 sgg. 4) D. MUSTILLI, L'arte augustea in Augustus (Studi in
occasione del Bimillenario Augusteo), 1938. 5) A.RIEGL, Das Holliindische Gruppen-Portrait, pago 81. 6) E. STRONG, La scultura romana, I, 1923, pago 35 e
seguenti.
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