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Page 1: LA MORTE DI ALDA MERINI LapoetessadeifolliedeiNavigli · 2009. 11. 12. · n molte edizioni delle opere di Alda Merini accanto ai testi nuovi se ne trovano ripropo-stianchediabbastanzalontani.Ma,ariconsi-derarne

31 CULTURAil GiornaleLunedì 2 novembre 2009

Chi era

Un’esistenza dolorosa consolata dai versi

Matteo Sacchi

Merini, come ama-va chiamarsi lei,omettendo il no-me,sipuòricordar-lasolocomesefos-seviva.Perchéque-

gli occhi infinitamente profondieranol’essenzamattadellavita.Al-da, come con affetto la chiamava-no gli altri, la si può ricordare sem-pre e solo come se fosse estate. An-che perché lei vi avrebbe detto in-differentemente,asecondadeimo-menti,che l’estate èpremonizionedi vita o premonizione di morte.

E l’ultima volta l’abbiamo vistaproprio quest’estate. Milano eracalda, caldissima. Lei, Alda, era di-stesa in un letto con un insensatocopriletto invernale in una stanzapiena, piena di tutto. Non c’era piùspazio per nulla. Non c’era spazionemmeno sui muri. Su una verni-cestancacheavevailcolordellani-cotina ogni centimetro era un nu-mero.Qualcunoscrittoconlapen-na,qualcunoscrittoconilrossetto.

«Sono la mia agenda» diceva laMerini. «Così non si perdono. So-

no comodi, si sa dove sono. E poialcuni li so leggere solo io... Certo,però,quandoandavoingiroedove-vo chiamare qualcuno non riusci-vo... Mi dicevano: non ce l’hail’agenda...Eiodicevo:sìcel’ho,mal’ho lasciata a casa...». E poi rideva,una risata gutturale, allegramentestonata,unarisatachesiportavaingroppa il peso di troppe sigarette.Sì,rideva,ancheseneinecrologisene dimenticheranno tutti, ridevaAldaMerini,lapoetessatriste,lapo-etessa della pazzia. Quella che peranni è stata premiata, esaltata, rin-chiusa,osannataodimenticataaci-cli alterni. Rideva perché i suoi oc-chi cilestrini non sentivano il pesodeltempo.Eilpesodeltempoque-gli occhi non lo sentivano perché,in quella strana casa, il tempo erarelativo. Ha fatto irruzione, mali-gno, solo ora che lei non c’è più.Quando lei era, fuori c’era la Ripa

Ticinesealla moda,pedonale e vo-tata all’aperitivo. Dentro, superatalacorteesalitelescale,c’eraunpo-sto che oscillava tra passato e futu-roignorandoilpresente.Lesigaret-te si accendevano e si spegnevanodicontinuo eanchelaMerinisiac-cendeva e si spegne con loro.

Sololasuasolitudineerasempreaccesa, feroce e viva: «Mi sento so-la, sai, d’estate uno vorrebbe un vi-cino. Sì, vorrei un vicino anziano

cheresti qua anche lui... Qualcunocon cui parlare. Sono sola». E pocoimportacheilcampanellosuonas-sespesso,chelagentevenisseavisi-tarladalontano,comesivainvisitadauna Pizia,da una Sibilla deiver-si.

«Ma no, non la visita cretina...L’anziano...habisognodiundialo-go vero, di insegnare quello chesa,nondiunattodicarità...Glianzianisognanomaachiliraccontanoiso-gni...».Perchéanzianaormaisisen-tiva senza infingimenti, senza bel-letti. «Figurati, io voglio stare qui.Vogliostarequi,daquiall’eternità,daquiallacameradaletto».Avreb-bevolentieririnunciatoaiversi,co-sìdiceva,maforseerasolounadel-lesuefintefollievezzose:«Sì,qual-cosascrivo...qualcosa...Melachie-dono... Sai in quanti. Alda mi faiunapoesia,mifaiuncantico...Adu-lazione tanta... Compagnia poca...Ma il cantico dovrei farlo al padro-ne di casa e magari all’idraulico semiriallacciailtubodelgas».Ineffet-ti, l’idraulico era una questionegrossa. Una delle poche che le im-portasse ancora. Il gas era l’ultimomodo rimasto per accendere le si-garette: «Tutti questi accendiniconlasicura perbambini... Inreal-tà è la sicura anti-Merini, non rie-scopiùadaccendereniente...Inva-canza per i bambini... Gli accendi-niperibambini...Tuttoperibambi-ni... E io non posso avere nemme-no un vicino anziano che resti quianche lui...».

Lei era viva e quindi conscia del-lamorte,leimportavanoquindiso-lo le cose piccole della vita, le cosepiccolechesonounversoanchese

non finiscono su carta. Inutile par-larledelcomitatoperilNobel,diri-conoscimenti o premi. Li conside-ravamoltopiùirrilevantidella cor-nucopia d’argento con i confettiche qualcuno le aveva inviato perun matrimonio. «Me li mandino ipremi, con un milione di euronon si compra amore, attenzio-ne...Tidimenticanoanchequan-do ti ricordano...». Accettava diavere persone accanto, ma perpazienza, accettava di essere

una icona ma quasi per sbaglio(«Piaccio molto ai gay... Genteche non vuol baciarmi»). Ma inrealtà avrebbe voluto una cosasola: infrangere un muro che so-lo lei, Alda, sembrava vedere, unmuro che la separava dagli altri.«Milano è la mia casa, ma non èdavvero più quella di una volta,sembra il paese dei balocchi. Or-maimipiacesolodi notte. IlDuo-modinotteèbellissimo,il Castel-lo Sforzesco di notte è bellissi-mo... Io non esco ma lo so... Dinotte sogno, l’ho gia detto?». Macosa sognava: «Ragazzi bellissi-mi... Che mi baciano... Peccatoche quando mi sveglio non ci so-no più, mentre le bollette invecesì... Sai che il Magnificat l’hoscritto ispirata da un carpentie-re... Era bellissimo, mi ha datol’ideadell’angelo». Le ho chiestose era quel Magnificat: «Sì, quel-lo che Wojtyla teneva sul como-dino, lui era grandissimo, uma-no, uno splendido Pontefice...La sua malattia quanto mi ha fat-to soffrire... Ormai penso spessoalla morte... Mi chiedo comemai la vita si risveglia ogni matti-na portandosi dietro una Meriniche preferirebbe morire nel son-no... Ma non è la morte, è la vec-chiaia il problema... Non il mori-re, ma il morire sola come un ca-ne».

Ora se ne è andata davvero edè difficile dire se nel farlo si siasentita ancora sola o, forse per laprima volta, abbia sentito l’ab-bracciodelle cose, quelloche an-cheil versopiù bellonon puòrac-chiudere.

Silvio Ramat

I n molte edizioni delle opere di Alda Meriniaccanto ai testi nuovi se ne trovano ripropo-sti anche di abbastanza lontani. Ma, a riconsi-derarne l’intero percorso, credo rimangano

due i momenti capitali della sua poesia.Il primo corrisponde al suo esordio folgorante,

a quando nel ’50 Giacinto Spagnoletti la rivelò, leimilanese diciannovenne, includendola in un re-pertorio prestigioso: Poesia italiana contempora-nea 1909-1949. Fu appunto Spagnoletti il vero sco-pritore di Alda – l’aveva conosciuta nel ’47 –, fu luiancora a pubblicarla nella collana che dirigevaper Schwarz (La presenza di Orfeo, 1953). Ma èdoveroso menzionare altri lettori, capaci di chiari-re criticamente alla Merini (i cui studi non eranoandati oltre la scuola d’avviamento) certi caratte-ri della sua stessa poesia, così impetuosa e abnor-me. Da Angelo Romanò a Maria Corti e a GiorgioManganelli (che Alda poi ricorderà «maestro diun’epoca intera»); e a Quasimodo, Betocchi, Tu-roldo... Proprio la Corti, nell’introduzione a Vuo-to d’amore (Einaudi 1991) noterà che nel librettodel ’62, Tu sei Pietro (Scheiwiller), la Merini sem-bra già assillata da una tensione, apparentemen-te contraddittoria, a fondere «impulsi religiosi ederotici, cristiani e pagani».

Tra le raccolte che (ri-)confluiscono in Vuotod’amore spicca La Terra Santa, più volte stampa-ta e ristampata (addirittura in due edizioni quasicoeve e concorrenziali: Scheiwiller 1983 e Lacaita1984, prefate rispettivamente dalla Corti e da Spa-gnoletti!). La Terra Santa deriva dalla terribileprova decennale, 1962-72, dell’internamento nel«Paolo Pini» di Affori: «Manicomio è parola assaipiù grande/ delle oscure voragini del sogno...»;«Il manicomio è una grande cassa di risonanza/ eil delirio diventa eco/ l’anonimità misura...». Se-quenza spesso infernale, che nasce dallo spaven-to e produce spavento. Osserva la Corti che «ilpopolo dei folli di Affori, con le mani aggrappatealle sbarre, si configura speculare al popolo “pre-diletto da Dio”». Donde «la sovrapposizione Ter-ra promessa-Manicomio»; e, aggiungiamo noi, lasacralità diffusa per l’intera sequenza, che è dav-vero il secondo momento capitale di questa poe-sia, dopo la stagione orfica di giovinezza.

Fra così dolorose traversie, la Merini ha saputomettere al mondo quattro figlie; e sposarsi duevolte: la seconda, col medico-poeta Michele Pier-ri («Pierri divino, ... condottiero di nostalgia»),che per età poteva esserle padre. Dati che perònon si sono mai inseriti in una esistenza «norma-le»: di fatto e dunque – per ciò che qui interessa –un troppo o un troppo poco han sempre contras-segnato le pagine della Merini, abissali nella so-stanza e cupe anche là dove paiano più ispirate abonomia. Come ad esempio nelle Satire della Ri-pa (la Ticinese, dimora di Alda). Lì persone e luo-ghi fanno campionario vivace – tabaccaio e prosti-tuta, osteria e negozio di frutta e verdura – ma nontanto da animare i congegni di una allegria possi-bile.

Insieme con altre raccolte ch’era bene ripubbli-care (Destinati a morire, Le ripe petrose, Foglibianchi), le Satire fanno parte ora di un volumepiuttosto corposo che comprende di nuovo LaTerra Santa e anzi ne riadotta il titolo (Scheiwiller1996). C’è in esso quanto giova a cogliere il valoredell’itinerario poetico dall’80 in qua; mentre perquel che precede l’80 può servire l’antologico Te-stamento (Crocetti 1988) a cura di Giovanni Rabo-ni. Un discreto successo, anche di pubblico, haaccompagnato da ultimo la Merini (premio Li-brex-Guggenheim 1993; premio Viareggio 1995),sollecitandola a un frequente esercizio della pro-sa: dal Diario di una diversa (Scheiwiller 1986) aDelirio amoroso (Il melangolo 1989), a La pazzadella porta accanto e a La vita facile (Bompiani1995 e ’96).

Ma le prose non alterano la fisionomia già affi-data, e con più ardore, alle poesie, a quello cheAmbrogio Bersani, nella premessa a Superba è lanotte (Einaudi, 2000) giudica un «sistema poeticoassolutamente singolare», i cui motivi resistonoalla continua sperimentazione: «L’ansia, l’amo-re, i confini sbarrati della reclusione e lo slanciovitale della resurrezione».

Dietro la dolcezzaun mondo cupoe contraddittorio

AMICI «Adulazione tantacompagnia poca... avreibisogno di qualcunocon cui passar il tempo»

LA MORTE DI ALDA MERINI

DISINGANNO «Me limandino pure i premi...ti dimenticano anchequando ti ricordano...»

La poetessa dei folli e dei NavigliAveva 78 anni ed era malata da tempo. Autodidatta, scoperta da Spagnoletti, lanciata da Maria Corti,l’autrice della «Terra santa» ebbe una vita segnata dal ricovero in manicomio. E da amori tormentati

Si è spenta ieri a Milano, all’età di settantottoanni,AldaMerini.Lapoetessa,lecuicondizio-ni di salute erano precarie, era ricoverata daalcuni giorni all’ospedale San Paolo di Mila-no, nel reparto di oncologia, a causa di un tu-moreosseo.Considerataunadellepiùgrandiscrittrici italiane del ’900, aveva cantato neisuoi versiil disagio e la malattia mentale. Erastato fondato anche un comitato per candi-darla al Nobel. La camera ardente sarà, pro-babilmente, allestita oggi a Palazzo Marino.

Il critico

Nata in una famiglia di condizioni modeste (pa-dre dipendente di una compagnia assicurativa emadre casalinga), A. Merini frequenta da ragaz-za le scuole professionali all’Istituto Laura Sole-ra Mantegazza e cerca, senza riuscirci (per nonaver superato la prova di italiano), di essere am-messa al Liceo Manzoni. Esordisce come autricegiovanissima, a soli 15 anni, sotto la guida di Gia-cinto Spagnoletti che fu lo scopritore del suo ta-lento. Nel 1947, Merini incontra «le prime ombredella sua mente» e viene internata per un mese aVilla Turro. Nel 1953 esce il primo volume di ver-

si intitolato La presenza di Orfeo e nel 1955 NozzeRomane e Paura di Dio. Nel 1961 pubblica Tu seiPietro. Dopo Tu sei Pietro inizia un triste periododi silenzio e di isolamento, dovuto all’interna-mento al «Paolo Pini», che dura fino al 1972. Nel1979 la Merini ritorna a scrivere, dando il via aisuoi testi sulla drammatica esperienza del mani-comio, testi contenuti in La Terra Santa e L’altraverità. Diario di una diversa. Nel febbraio 2009 aMilano era nato un comitato per ottenere che adAlda Merini venisse concesso il Nobel per la lette-ratura.

SOLITUDINE Alda Merini è stata una delle poetesse italiane del Novecento, ha cantato la solitudine e la follia [Grazianeri]

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