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Un'indagine sul carcere di Rimini, i numeri, le sezioni, la vita dietro le sbarre e i racconti dei detenuti.

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Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre

Il carcere di Rimini: raccontida dietrole sbarre

Dossier

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Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre

Rimini è una città dai molti volti, un’ambivalenza, e un’ambiguità che si rispecchia nella vita quoti-

diana e dei cittadini - la più percepibile è la differenza tra la stagione estiva, quella del turismo, e il periodo invernale - ma anche nei “Casetti”, come viene chiama-ta la Casa circondariale della città.

All’inizio dell’anno che sta per concludersi, l’8 gennaio 2013, la Corte Europea dei Diritti Umani ha imposto, entro un anno, l’as-sunzione di un piano per le auto-rità italiana per le riforme in ambito penale e penitenziario nel nome della protezione della dignità umana. L’anno è quasi concluso. Ai molti allarmi, come quello del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, sull’onore del paese messo a rischio, non sono se-guiti i fatti. E in effetti, di fronte al collasso del sistema penitenziario, più che l’onore del paese, viene in mente la dignità cal-pestata di decine di migliaia di persone.

In questo momento vi sono 22 mila de-tenuti in più rispetto ai posti letto regola-mentari. In Italia si registra il tasso di af-

follamento carcerario più alto dell’Unione Europea. Il sistema è oltre il limite del col-lasso, con decine di detenuti stipati in cel-le di pochi metri quadri, costretti, a volte,

a stare in piedi a turno per mancanza di spazi. Nessuna attività di laboratorio.Ad oggi la pena è tutto tranne che riedu-cativa.

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All’interno di questo panorama desolan-te, come si pone il carcere di Rimini? Ci aiuta a fare il punto Elia de Carodell’As-sociazione Antigone “per i diritti e le ga-ranzie nel sistema penale” che mantiene un Osservatorio sulle condizioni di deten-zione nelle carceri italiane con controlli periodici alle singole case circondariali.

La casa circondariale di Rimini “Casetti”, è stata costruita negli anni ‘70 nelle prime colline di Ri-mini, in via Santa Cristina. Dispo-ne di 177 posti e di due reparti a custodia attenuata. Il primo An-

dromeda, si trova in una struttura distaccata dal corpo principale. Ed è composto da 3 stanze per 4 persone con cucina e spazio co-mune. Il reparto Cassiopea, inve-ce, fa parte della struttura princi-pale ed è composto da 3 celle per 3 detenuti ciascuna.Nella struttura principale ci sono alcune celle larghe - rispetto agli standard na-zionali - di 12-15 metri quadrati, alcune anche 18.

In generale qual è il giudizio sul carcere riminese?“La casa circondariale di Rimini - ci ri-

sponde Elia de Caro - è un istituto parti-colare che vive profonde differenze tra il periodo invernale e quello estivo. Le con-dizioni in inverno sono buone e migliori degli altri istituti della Regione. L’estate, invece, la struttura soffre di gravi proble-mi di sovraffollamento, alta percentuale di tossicodipendenti e altissimo tasso di turnover. Il numero dei detenuti aumenta vertiginosamente a partire dall’inizio del-la stagione estiva, soprattutto per reati di spaccio e prostituzione. Alcuni hanno an-che problemi di abiti e vestiario, perché vengono arrestati d’estate e non hanno una completa vestizione.Nelle stesse celle di 12-18 metri quadrati, ad esempio, in inverno possono esserci fino a 7 persone, numero alto ma ancora sostenibile, ma in estate possono supe-rare le 10 con grandi problemi di convi-venza e gestione”.

Il problema dell’aumento cronico di carcerati per metà dell’anno ha anche altre ricadute.“In questi ultimi anni - continua Elia de Caro - a causa della diminuzione dei fondi si è riscontrata una continua diminuzione delle attività laboratoriali. Inoltre le attività

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sono rivolte ai condannati in via definitiva, quindi molti detenuti, soprattutto in estate, non fanno attività. Un altro elemento tipi-co del carcere riminese, infatti, è la bassa presenza di definitivi rispetto ai giudicati. A fine del 2010 - ultimo dato censito - su quasi 250 detenuti, solo 60 erano definiti-vi e 180 no, ed è probabile che ad oggi le proporzioni non siano cambiate”.

La maggior parte dei detenuti è in carcere per reati connessi alla

tossicodipendenza e alla prosti-tuzione. Il 50% dei detenuti è di origine straniera. Il problema del sovraffollamento, come già detto, si presenta soprattutto nei mesi estivi, mentre la situazione torna stabile in quelli invernali. Tra il 2012 e il 2013, la garante regionale dei detenuti Desi Bruno ha effettuato tre ispezioni nel carcere ri-minese (due a febbraio e agosto del 2012 e una nel febbraio 2013) e ha riscontrato notevoli criticità. Nel febbraio 2012 erano

presenti 204 detenuti (a fine anno i dati del ministero ne sancivano invece 174) Il 70% erano stranieri, il 60/65% tossico-dipendente. I condannati in via definitiva erano meno della metà (88) e mediamen-te di lieve entità le pene. Nella sua relazio-ne però il Garante evidenzia come il so-vraffollamento non consenta di adibire un reparto ai soli condannati in via definitiva così i detenuti risultano posizionati nelle celle senza alcuna considerazione della posizione giuridica. Ma c’è di peggio: nel-

I servizi offertiIl carcere di Rimini è dotato di due classi di alfabetizza-zione per stranieri, scuole elementari e medie. Presenti due psicologi, cinque edu-catori e due mediatori cultu-rali. Quattro o cinque medici generici coprono le neces-sità dei detenuti tra le 8 e le 22. Assicurata l’assistenza dentistica. Presenti ai Caset-ti la Caritas che si occupa dell’abbigliamento per gli

indigenti, i sindacati per le pratiche di disoccupazione, lo sportello del comune che si occupa di informazione giuridica.

Gli organiciscarsi Se i detenuti sono in sovran-numero, il personale deve affrontare il problema inver-so. La pianta organica del carcere di Rimini prevede la presenza di 145 agenti men-

tre quelli presenti effettiva-mente sono 102/103.

Le rimostranze dei detenutiLa Garante ha avuto anche contatti con i detenuti che hanno chiesto di poter la-vorare (27 sono quelli alle dipendenze dell’amministra-zione penitenziaria); in par-ticolare gli stranieri hanno lamentato la mancanza di ri-sorse che impedisce di chia-

mare casa ed hanno chiesto di incontrare il magistrato di sorveglianza.

Casa Madredel PerdonoPositivo il giudizio della Ga-rante sulla Casa Madre del Perdono della Papa Gio-vanni che accoglie detenuti comuni non tossicodipen-denti e propone un progetto educativo per una ventina di persone.

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la visita del febbraio 2012, la prima se-zione presentava sei detenuti in celle di 15/16 metri quadri con letti a castello a tre posti. In estate si può anche arriva-re, si legge nella relazione, a 10 persone con i materassi stesi a terra. Il 50% de-gli arresti avviene infatti tra luglio e ago-sto e le presenze ai Casetti superano le 300 unità. “Il reparto risulta da ristruttu-rare completamente con serie infiltrazioni d’acqua in occasione di eventi metereo-logici, con i bagni in pessime condizioni”. Proprio la prima sezione è stata oggetto di un intervento da parte dell’Ausl ma, no-nostante questo, nella visita del febbraio di quest’anno la garante evidenzia come “sebbene sia stato dimezzato il numero delle persone presenti (38), permane una situazione caratterizzata da gravi condi-zioni igienico sanitarie, che ne consiglie-rebbero caldamente la totale chiusura, e di sovraffollamento delle celle.”

Nella relazione si parla poi della sezio-ne Andromeda con 16 posti in custodia attenuata per tossicodipendenti in vista dell’inserimento in comunità (“una espe-rienza di particolare nota da estendere ad altre realtà”) e della sezione invece

chiusa in vista di ristrutturazione (sareb-bero 600mila gli euro stanziati).

Nel carcere è presente un repar-to per omo e transessuali, ma non c’è lavoro extramurario.

“La mancanza di lavoro extramurario è un gap, una mancanza, ed è collegata alla scarsità dei fondi - continua de Caro - ma funziona molto bene la custodia attenua-ta nelle due strutture Andromeda e Cas-siopea. Questa è il vero fiore all’occhiello della struttura. L’iter prevede il passaggio dal sistema ordinario a Cassiopea - il re-parto interno, legato al corpo principale del carcere - e da qui ad Andromeda, che invece si trova in un edificio separato. L’unica critica che noi come associazio-ne abbiamo sollevato è che per realiz-zarli sono stati utilizzati i fondi sulla legge sugli stupefacenti - da utilizzare in teoria in attività preventive - e non del diparti-mento amministrativo penitenziale, ma nonostante questo è stato fatto un ottimo lavoro. Da sottolineare la tenacia della di-rettrice nel mantenere questo reparto”.

Il problema dei fondi è sicuramente il primo e principale, ed è l’elemento che costringe e guida la maggior parte delle scelte del carcere, dato che, volenti o no-lenti, in condizioni del genere viene privi-legiata la spesa legata alla sicurezza e al mantenimento amministrativo.Sulla scia di questa penuria sono dimi-nuiti anche i corsi scolastici, ma è ancora attiva la collaborazione con l’Enaip per i corsi professionali di ceramica, giornali-smo e altri, e col Liceo, il laboratorio di falegnameria e, nonostante una forte contrazione di tutti i corsi, è ancora attiva la collaborazione con l’università di San Marino.

“Quest’anno - conclude Elia de Caro - torneremo a visitare il carcere di Rimini. Nel frattempo riteniamo che non sia più rimandabile la riforma del sistema e gli interventi chiesti a gran voce dalla Cor-te di Giustizia Internazionale secondo cui uno spazio inferiore ai 3 metri quadri per persona è inumano ed è contrario al prin-cipio di riabilitazione.È una ferita che il nostro paese può e deve risanare al più presto”.

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All’interno del carcere si svolge un’attività frenetica: laboratori, la-vori, sportelli di volontariato cerca-

no di tenere intatto il filo che lega i dete-nuti al resto della società, per farli sentire ancora parte del mondo, e al contempo forniscono aiuto, competenze, e nuove professionalità.

Per la maggior parte delle perso-ne il carcere è una scatola nera. Un luogo, anzi un non-luogo di cui non si conosce nulla. Si sa, in linea di mas-sima, perché è lì e a cosa serve, ma le modalità, e la vita quotidiana delle celle sfugge ai pensieri di tutti. Anche quando la casa circondariale, come nel caso di Rimini, è a ridosso della città, poco se ne sa e se ne vuole sapere, come se non fosse più affare dei cittadini. Una volta che i detenuti sono rinchiusi, è un proble-ma dello stato.Questa cesura è forse l’immagine più forte e profonda del carcere. Il taglio col mondo di prima, quello fuori le sbarre, è drammatico. Chi vive in carcere perde, da

un momento all’altro, il contatto col pro-prio mondo - magari, come migrante, già precario - coi figli, i parenti, e anche, da un punto di vista burocratico, con tutte le pratiche che spesso si seguono per poter ottenere uno status maggiormente tutela-to.

Con l’intento di seguire e aiutare i detenu-ti stranieri nel 2006 nasce lo sportello car-cere - Centro d’Ascolto nella casa circon-dariale di Rimini, gestito dall’associazione di volontariato Madonna della Carità.“E’ partito con l’obiettivo di fornire sup-porto, aiuto e sostegno per quanto riguar-da il diritto all’immigrazione, il permesso di soggiorno, e per mantenere i rapporti con la famiglia e il consolato del carce-rato - racconta una delle operatrici dello sportello - quindi un servizio rivolto prin-cipalmente agli immigrati, che sono sog-getti deboli privi di rete parentale e con una scarsa conoscenza della lingua. Poi, col tempo, il centro si è aperto a tutta la popolazione carceraria”.Lo sportello “apre” in carcere ogni martedì

Riprendere contatto col mondo

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mattina, con cadenza settimanale. I de-tenuti possono accedere attraverso una domandina, grazie ai manifesti presenti in bacheca, oppure, se c’è un’urgenza, con una chiamata.“Cerchiamo soprattutto di dare sostegno - continua l’operatrice - di ascoltare le per-sone e di accompagnarle in un percorso di reinserimento. C’è chi ha perso il per-messo di soggiorno e vorrebbe riottener-lo, chi non ha più contatti con la propria famiglia e chi ha bisogno di riprendere le fila di quanto interrotto.“Dopo un po’ di tempo ci si conosce. Si seguono i casi nella speranza di poter fare qualcosa, ma non è facile. Le trafi-le burocratiche sono infinite, e più di una volta accade che quando abbiamo finito di raccogliere tutte le informazioni il de-tenuto è stato trasferito o se n’è andato. In questo caso, però, cerchiamo di rin-tracciarlo e fargli avere ciò che gli serve, grazie anche ai buoni rapporti che abbia-mo instaurato con tutto il personale del carcere”.L’incontro e il confronto con la persona detenuta è un momento di aiuto fonda-mentale per accompagnare queste per-sone sole nel percorso di detenzione e

verso il cammino di reinserimento socia-le. Il lavoro dello sportello, anno dopo anno, con l’appoggio e la collaborazione di tutte le figure che, a vario titolo, opera-no all’interno dell’Istituto di pena, si è raf-forzato e si è fatto portavoce di un qual-cosa che non deve passare inosservato: la responsabilità del trattamento e della risocializzazione non può essere affidata esclusivamente al personale dell’Ammi-nistrazione, ma deve estendersi e coin-volgere altre realtà sociali.

Lo sportello rientra tra le attività a sostegno dell’area educativa.Gli operatori e i volontari entrano

con il permesso del magistrato.

“Oltre allo sportello, la nostra associazio-ne gestisce anche alcune attività ricreati-ve - laboratoriali tra cui lo spazio Emero-teca (un luogo, all’interno della biblioteca d’istituto fornito di giornali e testi in lingua, adibita agli stranieri), un corso di informa-tica di base, aperto a 16 persone, e uno di giornalismo”.

È interessante quest’ultimo corso perché nasce dal desiderio di molti detenuti di confrontarsi con l’attualità, con quello che succede nel mondo.“Una volta a settimana ci incontriamo nel-

Obiettivi del progetto• Facilitare la vita del detenuto attraverso il colloquio, la consulenza legale, la consulenza linguistico-cultu-rale, il disbrigo di pratiche amministra-tive, la realizzazione di attività di socia-lizzazione e laboratoriali.• Messa in rete delle risorse uti-lizzando e ponendo in rete le risorse

che il territorio offre sul piano dell’in-clusione/reinclusione, aumentando le possibilità di reinserimento nel tessuto sociale di riferimento dei detenuti.• Collaborare con le diverse figure professionali all’interno dell’Istituto di pena, ed eventuale coinvolgimento di persone esterne di riferimento rispetto alle comunità di appartenenza.

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la biblioteca del carcere e cominciamo il corso con una rassegna stampa - ci rac-conta una delle tre operatrici del corso di giornalismo - ognuno dei partecipanti, al momento sono 12, cerca la notizia più importante e gli argomenti di maggiore interesse su cui ragionare nel resto della settimana. Poi si leggono le notizie scritte dai detenuti la settimana precedente”.Gli articoli, quasi tutti in italiano, sono re-datti in generi diversi. La maggior parte è prosa, ma non manca la poesia, la lettera e anche il sondaggio agli altri compagni di cella e del carcere. In modo speculare, i temi trattano tanto di ciò che accade fuori dalle sbarre e su cui i detenuti vogliono intervenire, quanto della vita all’interno del carcere, dei bisogni, delle necessità, di ciò che accade”.“Per molti di loro - continua l’operatrice - è importante sapere che c’è qualcuno che li ascolta e che legge i loro pensieri. Per questo abbiamo deciso di raccogliere gli articoli e fare una piccola pubblicazione mensile”. È un lavoro che si definirebbe amatoriale, eppure è uno scorcio vivo e importante di una realtà che non è separata dalla città e dal mondo che la circonda.

È un modo per avere delle antenne e del-le mappe all’interno del carcere. “Alcuni scritti sono stati inviati anche a rinomati premi letterari come il Carlo Castelli per la solidarietà e prossimamente si parteci-perà ad uno dedicato alle più belle lettere d’amore dal carcere”.All’interno delle mura dei Casetti per fortu-na c’è molto fermento. Oltre a questi corsi

se ne svolgono altri, non meno interes-santi: è presente la scuola media Bertola e diversi corsi di alfabetizzazione. Poi ci sono, o ci sono stati, i corsi di fotografia, di pittura, di ceramica, il cineforum, oltre al lavoro di gestione della biblioteca.“I corsi sono aperti a tutti e liberi - conti-nua l’operatrice - e le iscrizioni seguono l’ordine delle domande. Non è facile però interessare i detenuti. Non è sufficiente dar loro uno svago. Per molti è importan-te fare qualcosa di utile. Per questo i cor-si con più richieste sono quelli legati alla scuola e alla scrittura”.

Nel tentativo di tenere aperti i canali con il mondo esterno, soprattutto il delicato rap-porto con i figli, l’Associazione Madonna della Carità, insieme alla Ausl, al Centro Famiglie e l’area educativo-pedagogica d’istituto ha affrontato il tema della geni-torialità. Sono stati organizzati, all’interno del progetto “Padri al di là delle sbarre” il babbo natale in carcere, e anche la festa del papà, momento partecipato dai dete-nuti, in cui si sono svolti laboratori, mo-menti di riflessione, di dialogo, di festa, e di svago.

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Un aspetto non secondario della vita nel carcere è quello sanitario. L’in-fermeria è uno dei punti nevralgici

della quotidianità carceraria.

Nella casa circondariale di Rimi-ni sono presenti una media di 200 detenuti - il turnover è molto rapido e la maggior parte delle persone rimane per meno di un anno, con un continuo cambia-mento. Ogni giorno passano in infermeria tra le 40 e le 50 persone. Questo signifi-ca che, considerando chi si presenta tutti i giorni, in media almeno una volta ogni set-timana o dieci giorni, tutti i detenuti vengo-no visitati per qualcosa. Di questi circa la metà - una ventina - va dal medico di base. Oltre ai medici di assistenza primaria (in totale 5, che si dividono i turni per essere presenti 365 giorni all’anno), nell’inferme-ria del carcere di Rimini ci sono 5 infer-mieri, un agente di riferimento, il direttore sanitario e alcuni specialisti. In particola-re, quelli che si presentano con regolari-tà sono: il dentista, due psichiatri (uno del sert e uno del servizio psichiatrico) un der-

L’infermeria e la sanità dietro le sbarre

matologo (per problemi di scabbia e al-tre malattie della pelle) e un infettivologo (principalmente hiv ed epatite).

L’infermeria è un piccolo mon-do all’interno del carcere, con le proprie dinamiche e i suoi riti. “C’è chi si presenta tutti i giorni - ci racconta un dipendente - per le cause più varie. Spesso, al di là del problema, l’infermeria

è un modo per relazionarsi con qualcuno che non sia i propri compagni di cella, op-pure per richiedere dei farmaci per lenire il dolore della carcerazione”.La distribuzione dei farmaci viene decisa dai medici dell’infermeria e dal direttore sanitario, ne consegue che la modalità tende a cambiare quando cambiano i re-ferenti.

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“Ci sono stati periodi in cui i farmaci per gestire gli stati emotivi si davano con una certa facilità - prosegue il dipendente - Il passaparola tra i detenuti è stato imme-diato, e venivano in tanti. Quando invece, come ora, le possibilità si sono ridotte, anche le richieste sono diminuite. “Oltre all’uso personale per cercare di sopporta-re la carcerazione, lo psicofarmaco viene utilizzato come merce di scambio. E’ una valuta pregiata spesso scambiata con le sigarette”.

Come accade che un farmaco possa es-sere riutilizzato?“Se i detenuti riescono a non deglutirlo, allora poi possono ‘riprenderlo’ e riven-derlo. Per evitare che ciò accada, si cerca sempre di far prendere i farmaci ai dete-nuti direttamente in infermeria, e, quando possibile, in gocce”.Ma alcune volte l’astuzia dei detenuti ri-esce nell’intento. E a quel punto il carce-rato è in possesso di un bene. Periodi-camente le guardie fanno delle spedizioni nelle celle per controllare. E’ una lotta continua.“La vera lotta - ci dice ancora il dipenden-te - è per il medico tra l’ascoltare e venire

incontro alle esigenze del detenuto, per cercare di capire, in definitiva, quando dietro la richiesta per un farmaco o per una visita all’esterno c’è un vero disagio, un problema, una malattia, oppure se è solo un tentativo di ottenere qualcosa”.

È un gioco da equilibristi.Ci sono notevoli responsabilità per i medici, in bilico tra il rischio di ignorare un problema di salute e quello di scivolare in un gioco in cui il detenuto ottiene un piccolo potere all’interno del carcere. E la linea è sottilissima, perché il malesse-re della carcerazione spesso può essere lenito in tanti modi, compreso quello di uscire per una visita. Si lavora, insomma, in condizioni di estrema difficoltà, scon-trandosi con un modo di fare che tende a manipolare.Con questa mentalità i detenuti sono di-sposti a manipolare in primis anche la propria salute se questo serve ad ottene-re qualcosa, e questo accade in maniera endemica.Dicono o fanno cose anche gravi, come tagliarsi o ingerire le pile/batterie in modo da ottenere altro.

“Dormo male, ho sonno, sono imbambo-lato, sto male - ci racconta un medico - sono le richieste più comuni di chi viene in infermeria, solitamente con la speran-za di uscire per una visita o un esame o uscire dal carcere per problemi sanitari. Ma nella quasi totalità di questi casi è questa una chimera: i detenuti vengono autorizzati ad uscire solo per le cose più gravi”. Eppure molti ci provano lo stesso, anche per rompere la monotona routine della giornata, per uscire solo per alcu-ni minuti da una cella sovraffollata, o per parlare con il medico.

Alcuni vanno in infermeria tutti i giorni per prendere il metadone. Sono meno di una decina, su un totale di 80 ex-tossi-codipendenti. Di norma il metadone vie-ne dato solo a chi già lo prendeva fuori, non è una prassi che comincia all’interno del carcere. Poi ci sono quelli che devono fare l’insulina. E ancora quelli che vengo-no per traumi vari, o dovuti alle partite di calcio, oppure per cadute nella doccia.“La caduta nella doccia o il trauma dovuto alla partita di calcio - racconta un medi-co - è la scusa solitamente usata quan-do i detenuti fanno a botte. Sia quando

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le risse sono tra di loro, sia quando inter-vengono le guardie”. Secondo le testimo-nianze nel carcere di Rimini non ci sono ordinariamente spedizioni punitive, ma è mai una pratica che non si può completa-mente escludere dal carcere.Poi ci sono le situazioni estreme, dai transgender che chiedono or-moni, a chi per protesta arriva in infermerie a e comincia a tagliar-si.“Ricordo - dice un dipendente dell’in-fermeria - una delle prime volte in cui è entrato un detenuto, un uomo di cultura araba, che ha cominciato a tagliarsi. Non so se fosse per ripicca, o vendetta, ma in poco tempo s’era creato un lago di san-gue. Sono quasi sempre arabi che fanno dimostrazioni di forza. Come quando, per un altra protesta, alcuni detenuti si cuci-rono la bocca con ago e filo”. In genera-le, al momento, la situazione del carcere è buona - per quanto può essere buona una situazione in carcere - ma col conti-nuo turnover, sono sufficienti tre o quat-tro persone con problemi psicopatologici gravi per creare un clima pesante. fonti

dati garante: (dati e dichiarazioni di Desi Bruno sono tratte

nella relazione annuale 2012 delle attività svolte dal Garante regionale delle persone

private e delle libertà personali)dati antigone: www.associazioneantigone.it

Anno di costruzione e anno di conse-gna: anni settantaVi sono costruzioni successive fat-te nel 1994-1995. Nei nuovi stabili trovano attualmente dislocazione la Direzione, la Caserma della Polizia Penitenziaria dotata di spaccio azien-dale e mensa. E’ stata di recente (tra il 2009 e il 2010) costruita una nuova sala per gli incontri con gli avvocati, molto luminosa e spaziosa. Il reparto Cassiopea è stato appena ristruttura-to ed è un nuovo reparto a custodia attenuata. Lo stesso consta di celle dai 12 ai 15 mq comprensive del vano bagno che comprende anche la doccia. La doccia è confortevole in quanto è stato ricavato un mini vano all’interno del bagno. Vi è una sala per la socialità amplia e spaziosa. Nelle celle vi sono fino a 5 detenuti.

Condizioni generali esterne e inter-ne: buone, ma poco luminosi e molto affollati.Un’ala degli edifici è invece del tutto chiusa ed è in attesa di intervento per la ristrutturazione che renderebbe disponibili altre 8-10 celle, risolvendo buona parte dei problemi del sovraf-follamento.Reparti e/o Sezione omo-transessuali e sezioni a custodia attenuata “Pro-getto Andromeda” e reparto “Cassio-pea”.La sezione IV di detenuti comuni è sempre molto sovraffollata. Qui alcu-ne celle sono anche di 17 mq ma vi sono di media 6 detenuti (in estate anche il doppio).Spazi comuni interni: Passeggi, La-boratoriSpazi comuni esterni: giardini esterni.

STRUTTURA

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Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre

La voce ai detenuti

Proprio nel 2013 sono nati due gior-nali all’interno del carcere, entrambi con l’intento di raccontare la quo-

tidianità carceraria, ma soprattutto di la-sciare libera voce e parola ai detenuti. Il primo è Liberi Dentro nato dentro le celle della casa circondariale riminese grazie al laboratorio dello sportello carcere del-la Caritas che ne cura la realizzazione. Il giornale è il risultato dell’attività del labo-ratorio di lettura e scrittura.Ne sono già usciti alcuni numeri. Si per-cepisce, nei pezzi scritti, la voglia di par-tecipare all’attualità, a ciò che succede fuori dalle singole e piccole celle, e nel contempo il desiderio di portare la propria voce fuori, di far sapere al mondo che si esiste, con i bisogni e i problemi che na-scono in un carcere.

Il giornale si propone come un collage ancora artigianale di voci e tematiche li-beramente espresse e raccolte, un espe-rimento editoriale animato da una reda-zione appassionata.

Eppure è un lavoro che non si può defi-nire amatoriale, è uno scorcio vivo e im-portante di una realtà che non è separata dalla città e dal mondo che la circonda. Ed è anche una bella lezione e una bel-la riflessione da parte di chi ha vissute e sperimentate le situazioni difficili di cui spesso si scrive sui giornali, e oggi ne parla e mette a disposizione la propria esperienza.

Il secondo giornale è La Voce dentro, ini-ziativa lanciata dal quotidiano La Voce in collaborazione col comune di Rimini, l’as-sociazione Papillon ed altre associazioni di volontariato. Il giornale uscirà ogni pri-mo giorno del mese e saranno i detenuti a raccontare in prima persona quello che avviene nel carcere ma anche a dare la propria visione degli eventi che accadono fuori.

La mia vita nella suite numero 6Per quanto si cerchi di raccontare in modo oggettivo e distaccato, ciò che si scrive è figlio delle proprie esperienze, e del pro-

prio giudizio. Il racconto del carcere di un giornalista che non è stato in carcere, per quanto documentato rimarrà pur sempre qualcosa di non del tutto aderente alla realtà. Di seguito, per rimediare a questa lacuna, pubblichiamo uno dei tanti articoli del giornale Liberi Dentro, in cui Davide racconta il suo arrivo e la sua vita in car-cere. I numeri e gli articoli di Liberi Den-tro vengono periodicamente pubblicati su www.riminisocial.it

Quando si entra in carcere, dopo essere stati visitati, il capoposto, cioè l’assistente più alto in grado, ti a ssegna alla stanza e al braccio (sezione) di competenza, dove dovrai passare le tue ferie forzate. All’ini-zio io sono stato a ssegnato alla sezione I°, cella 9, dove gli ospitati con me erano otto. La stanza è composta da otto letti, due tavoli di legno, e da seggiole (chia-mati sgabelli) che a dir la verità sono di una scomodità allucinante. Poi c’è il ba-gno abitabile, così abitabile che lo si usa per cucinare; però, come negli alberghi migliori, c’è il bagno in comune.

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In seguito, per mia fortuna, ho trovato un pacchetto vacanze più vantaggioso e sono finito, sempre nello stesso albergo, in un braccio diverso, alla III° sezione, cel-la 6, non solo di numero, ma anche per le persone che vi soggiornano. Diciamo che la situazione è migliorata: piastrelle al pa-vimento, doccia in cella, non più la cuci-na in bagno. La vita dei villeggianti forzati, diciamo così, è scandita da tempi ben precisi, nel senso che la mattina verso le 7- 7.30, ci viene servito latte e caffè, gentil-mente offerto dalla direzione.Poi, dopo la colazione che ritira uno di noi (il primo che si alza), ci si concentra sulla moka del caffè, che viene fatta sui fornel-li da campo che abbiamo comprato non solo per il caffè, ma anche per cucinare. Diciamo che alle 8.45 quasi tutti siamo in piedi, ci laviamo, caffè, sigaretta e ci si prepara ad andare all’aria a fare avanti in-dietro con gli altri villeggianti. Poi c’è che rientra alle dieci, chi alle undici, faccio presente che non è obbligatorio scendere all’aria perché le camere vengono lascia-te aperte dalle nove alle undici e quindi si può anche passeggiare nel corridoio, con vista panoramica incantevole sul nul-

la. Verso le undici e trenta la Direzione ci offre anche il pranzo che comunemente viene consumato tutti insieme, a tavola, che a turno viene preparato, con diligen-za e tanta cura. Dopo pranzo, sempre a turno, vengono lavati i piatti, viene pulita la tavola e preparato il caffè. Devo dire che c’è chi fa il calendario per quanto ri-guarda le pulizie in genere. Noi, di comu-ne accordo, abbiamo deciso che il nostro grande cuoco Paolo si dedica alla cucina che è squisita come la sua persona. Io

mi occupo di compiti vari, diciamo che, essendo lo sfortunato del gruppo, non avendo i soldi per partecipare alle spese, faccio l’aiuto cuoco.

Tutte le sere, quando Paolo cucina, lo aiuto a scolare la pasta e preparare le porzioni che poi vengono distribuite agli altri. Naturalmente ci si siede a tavola sempre insieme, per rispetto, e sempre per lo stesso motivo si mangia con la ma-glietta. Dimenticavo che il nostro cuoco

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Dossier - Il carcere di Rimini: racconti da dietro le sbarre

Paolo fa un tiramisù che farebbe impal-lidire un pasticcere di professione. Finito di mangiare, mentre altri due, Roberto e Aldo, lavano e asciugano tavola e piatti, Walid fa il caffè, si dà una spazzata a ter-ra, anche perché più di quello non pos-siamo fare, e facciamo una partita a car-te finché non inizia Un posto al sole. C’è un film serale che decidiamo di guardare dopo aver consultato Famiglia cristiana. Quando tutti sono nelle proprie postazio-ni, cioè a letto, allora intervengo di nuovo io, nel senso che inizio il secondo lavoro, quello di pulire la cella da cima a fondo, con i vari prodotti che compriamo, il Liso-form per disinfettare il bagno, il Fabuloso per pulire il pavimento. Dopo aver fat-to le pulizie vado a fare la doccia e prendo le gocce che mi fanno

dormire e che mi ha dato l’infer-miere. A quel punto otto ore di sonno non me le toglie nessuno. Un altro giorno è finito, un altro giorno comincerà doma-ni. Noi cerchiamo di non farli sembrare uguali, ma cambiando le modalità riman-gono sempre uguali. Soprattutto d’estate quando il caldo la fa da padrone. Devo an-che dire che i compagni sono come i ge-nitori, non si scelgono, ma ognuno deve adattarsi a pregi e difetti degli altri. A volte capita purtroppo di avere accanto per-sone che, con noi detenuti comuni, non hanno niente a che fare. Ma non succede nulla che possa venire a nostro sfavore, si fa la domandina e quello va da un’altra parte. Oppure se qualcuno non partecipa e collabora attivamente alla vita e ai lavori della cella (c’è sempre qualche furbetto),

gli si parla e gli si fa capire come funziona la cosa. Se continua, anche lui fa le vali-ge e va in un’altra cella. Queste sono le piccole regole per il quieto vivere. Come quella che quando si dorme la televisione si tiene ad un volume basso; oppure che quando le celle sono aperte ma dentro si riposa, le altre persone non devono avere un tono di voce da mercato. .Come anche fuori si può avere la giornata storta o triste, anche qui nel rispetto degli altri non bisogna far pesare sui compagni di avventura, che qualche volta sono ami-ci, i problemi che si hanno.Concludo dicendo che, per quanto brutta, per me questa è un’esperienza unica e irripetibile, e bisogna far tesoro delle pic-cole cose che poi si apprezzano quando si è fuori. Davide

ANTIGONE IN CARCERECasa Circondariale di RIMINIVia S. Cristina tel. 0541/751306Solo Maschile - Dislocazione: extraur-bana - Tribunale e Ufficio di Sorveglian-za: BolognaCSSA – UEPE : Rimini

Al penitenziario è assegnato un magi-strato di sorveglianza: la Dr.ssa Abiosi.EVENTI CRITICINel 2009 un suicidioNODI IDENTIFICATIVIE PROBLEMATICI:Sovraffollamento, alta percentuale di

tossicodipendenti, altissimo tasso di turnover. Questo istituto attraversa ogni estate un cronico e insostenibile. Pro-blema di forte sovraffollamento mentre di inverno le condizioni sono buone e migliori degli alti istituti della Regione.

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Il reparto “Andromeda” è l’unico a cu-stodia attenuata presente in Emilia Ro-magna ed a esso accedono i detenuti alcoldipendenti o tossicodipendenti. Anche il reparto Cassiopea è destinato a detenuti td e ha forme più blande di custodia rispetto ai reparti comuni.Il reparto a custodia attenuata “Andro-meda” costituisce il migliore spazio de-tentivo all’interno del penitenziario. Esso è sito in un caseggiato indipendente ed è suddiviso in tre stanze da 4 persone dotate di armadi e letti in legno e bagni con docce all’interno di ogni stanza. Vi è poi una cucina comune e uno spazio soggiorno-socialità sempre comune ove è sita una televisione. Per accede-re al reparto di custodia attenuata viene firmato un patto trattamentale bilaterale tra detenuti e Istituto, così anche per i progetti formativi e di istruzione.Ha una propria area verde utilizzata per i passeggi e per le attività sportive. At-tualmente la permanenza all’interno del

reparto Andromeda viene contenuta in 3-4 mesi dopo di che si prevede un pas-saggio al lavoro all’esterno o a comuni-tà terapeutiche esterne tra cui la Cento-fiori che gestisce le attività del reparto.Il reparto a custodia attenuata “Cassio-pea”. È il reparto utilizzato nel peniten-ziario per i detenuti tossicodipendenti. Le celle sono ampie 12-15 mq e tutte dotate di lavabo e docce all’interno del vano bagno ma con spazio apposita-mente dedicato. Vi sono max 3 detenuti per cella.Orari di accesso alle docce: L’u-tilizzo delle docce dipende dai vari re-parti: ottima l’utilizzabilità per i reparti a custodia attenuata mentre negli altri reparti le docce sono poche ( in un re-parto sono 4 per 60 detenuti) e possono essere utilizzate per 6 ore al giorno , dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.Possibilità di utilizzo quotidia-no ore d’aria: vi è uno spazio gran-de all’aperto dotato di tettoia in caso di

pioggia.Orari: in cella, fuori cella e dove; in so-cialità dentro e fuori 6 ore. Vi è anche la possibilità per 6 ore al giorno di comuni-cazione tra le varie celle (nel senso che all’interno di ogni sezione del carcere e reparto vengono lasciate aperte le por-te delle celle per 6 ore).Cucina e sopravvitto: Il servizio mensa per i detenuti è svolto dai de-tenuti stessi. La cucina è amplia ma in un locale che necessiterebbe ristruttu-razione. Non viene servita la carne di maiale. Nessuna segnalazione in meri-to al sopravvitto. Disciplina e luoghi di isolamento: Ci sono due celle predispo-ste per l’isolamento. Vi è regolamento di istituto e all’entrata nel carcere i dete-nuti ricevono l’Informa carcere, redatto in 8 diverse lingue, sugli aspetti regola-mentari e comportamentali cui attenersi nel carcere.

Condizioni materiali

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RiminiSocial2.0 nasce come progetto giornalistico di informazione, approfondimento e utilità, per col-mare la mancanza di attenzione a ciò che possiamo definire vita sociale, o più semplicemente il Sociale. Struttura portante del progetto è il portale internet www.riminisocial.it su cui si trova l’approfondimento giornalistico sul mondo del sociale con l’intento di dare voce alle emarginazioni, alle situazioni di biso-gno, alle storie, i fatti, ma anche le risposte e l’orga-nizzazione dell’associazionismo e della cooperazio-ne sociale.Motore del progetto: la redazione di Social, composta da un caporedattore, un interlocutore per

ognuna delle associazioni del territorio che parteci-pano al progetto (Caritas, Papa Giovanni XXIII, Fon-dazione San Giuseppe, Acli, Educaid, il Millepiedi, la Formica), e la redazione del network riminese Icaro Communication che riunisce i maggiori media pre-senti sul territorio Icaro TV, Icaro Sport, newsrimini.tv, Radio Icaro, il Ponte, TRE e il portale d’informa-zione newsrimini.it, oltre a tutti i collaboratori che di volta in volta partecipano alle inchieste e agli appro-fondimenti.Il Dossier è stato realizzato da Stefano Rossini.Per le foto si ringrazia Riccardo Gallini.Impaginazione, Angela De Rubeis.

Credits:Dossier di

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