dispense paolo gallina
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dispense paolo gallina meccanica applicataTRANSCRIPT
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(pp. 12-27)
Numero dei gradi di libertà dei meccanismiSistemi meccanici e meccanismi
Alcune definizioni utili:- MECCANISMO: sistema meccanico composto da più corpi che hanno la possibilità di
moto relativo tra di loro;
- MEMBRI: rappresentano i corpi del meccanismo;
- ACCOPPIAMENTI CINEMATICI o COPPIE CINEMATICHE: elementi che collegano ivari membri e permettono loro di muoversi relativamente (un classico esempio fisico èrappresentato dal cuscinetto a sfere). In altre parole le coppie cinematiche introducono deivincoli che impediscono ad un membro di muoversi liberamente rispetto ad un altro;
- GRADI DI LIBERTA’: numero di coordinate indipendenti necessarie a definire laconfigurazione di un meccanismo;
- TELAIO o MEMBRO A TELAIO: è quel membro del meccanismo che viene consideratofisso (solidale al sistema inerziale, ad esempio la struttura di una macchina, la base di un robot);
- Quando si ha a che fare con un meccanismo con nessun membro a telaio, lo si definisce piùpropriamente CATENA CINEMATICA. Si parla di catena cinematica anche quando ci siriferisce ad una parte del meccanismo.
Due ipotesi che semplificano lo studio dei meccanismi:
- I membri sono considerati corpi rigidi;- Gli accoppiamenti cinematici sono considerati privi di gioco.
Le coppie cinematicheTutte le considerazioni che seguono vengono fatte per lo spazio, in cui un corpo rigido ha 6
gradi di libertà. Si ricorda che nel piano un corpo rigido ha 3 gradi di libertà.CLASSE della coppia cinematica: numero di gradi di libertà di moto relativo che la coppia
cinematica permette tra i due corpi vincolati dalla coppia cinematica stessa.
La coppia cinematica può permettere rotazioni o traslazioni relative tra i due corpi.Il valore della classe varia tra un minimo di 1 ed un massimo di 5 (nello spazio).
I corpi si scambiano forze o momenti di reazione a causa del vincolo introdotto dalla coppiacinematica. nc numero di coppie (momenti) e/o forze di reazione vincolare trasmesse da uncorpo all’altro attraverso la coppia cinematica. Vale la relazione:
nc CLASSE 6 per meccanismi spaziali
nc CLASSE 3 per meccanismi piani
SUPERFICI CONIUGATE: zona di contatto tra le parti dei due membri che costituiscono lacoppia cinematica; possono essere costituite da superfici vere e proprie, linee o punti.
L’accoppiamento può essere di:-FORMA: significa che il vincolo è bilaterale; non è necessaria alcuna forza per mantenere
l’accoppiamento; un esempio è dato dal cuscinetto.-FORZA: è necessaria una forza per mantenere l’accoppiamento. Un esempio è dato da una
sfera appoggiata su di un piano che rappresenta una coppia piano-sfera, oppure dalle guide di untornio (vedi figure seguenti)
Alcuni esempi di coppie cinematiche:
COPPIA ROTOIDALE (cuscinetto a sfere)
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 rotazione 3 forze e 2 momenti 1
COPPIA PRISMATICA (guida lineare)
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 traslazione 2 forze e 3 momenti 1
COPPIA ELICOIDALE
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
rotazione e traslazione legate tra di loro
1 GdL
2 forze e 2 momenti
1 forza ed 1 momento interdipendenti1
In figura è rappresentato un martinetto composto da una vite e da una chiocciola (che non sivede in quanto risulta incassata). La chiocciola viene fatta girare, mentre la vite viene tenutaferma. In questo modo la vite si alza o si abbassa molto lentamente.
CAMMA PIANA
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 rotazione ed 1 traslazione 2 forze e 2 momenti 2
COPPIA CILINDRICA
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 rotazione ed 1 traslazione 2 forze e 2 momenti 2
Nell’esempio in figura vengono usate due guide cilindriche per supportare una slittamovimentata da una vite a ricircolo di sfere.
COPPIA SFERICA GUIDATA (giunto cardanico)
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
2 rotazioni 3 forze ed 1 momento 2
COPPIA SFERICA
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
3 rotazioni 3 forze 3
Coppie cinematiche e tipo di motoMOTO PIANO: moto di un meccanismo quando tutti i punti dei suoi membri si muovono su
piani paralleli.Ogni corpo libero di muoversi nel piano ha 3 G.d.L.: due traslazioni ed una rotazione.Nel moto piano le coppie cinematiche si riducono aCOPPIA ROTOIDALE
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 rotazione 2 forze 1
COPPIA PRISMATICA
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 traslazione 1 forze ed 1 momento 1
CAMMA PIANA
G.d.L. del moto relativo Forze e Momenti trasmessi Classe
1 rotazione ed 1 traslazione 1 forza 2
Si considerano solo le forze trasmesse nel piano ed i momenti (vettoriali) perpendicolari alpiano.
Equazioni di strutturaUna equazione di struttura fornisce il numero di gradi di libertà del meccanismo. Per il caso
spaziale vale
k 6m 1 5 c1 4 c2 3 c3 2 c4 c5
dove
k numero G.d.L. del meccanismo
m numero di membri compreso il telaio
c1 numero di coppie cinematiche di classe 1
cj numero di coppie cinematiche di classe j
Nel caso di moto piano si ha invece (Equazione di Grübler)
n 3m 1 2 c1 c2
dove
n numero G.d.L.
m numero di membri compreso il telaio
c1 numero di coppie cinematiche di classe 1
c2 numero di coppie cinematiche di classe 2
Esempi:
L’esempio riguarda un quadrilatero le cui coppie rotoidali estreme sono fisse al telaio
n 34 1 2 4 1
Bisogna fare attenzione quando vi sono coppie rotoidali sovrapposte come nel seguente casoin cui nel punto A vi sono due coppie rotoidali anziché una come potrebbe sembrare.
A
In questo caso vale
n 36 1 2 7 1
Non bisogna tener conto di vincoli sovrabbondanti come nel seguente esempio
Se non ci si accorgesse che ci sono vincoli sovrabbondanti, il calcolo dei gradi di libertàporterebbe all’errato risultato
n 35 1 2 6 0
quando, in realtà, il meccanismo ha 1 G.d.L.
ESEMPIO: calcolo dei gradi di libertà del meccanismo ”pendolino” (meccanismo piano)
n 3m 1 2 c1 c2
34 1 2 4 1
ESEMPIO: calcolo dei gradi di libertà di una piattaforma di Stewart (robot di tipo parallelo)(meccanismo spaziale)
k 6m 1 5 c1 4 c2 3 c3 2 c4 c5
614 1 4 18 6
Notare che sono presenti 12 coppie cinematiche di tipo sfera-guidata (giunti cardani; classe2) e 6 coppie cinematiche cilindriche (classe 2). Gli attuatori agiscono su queste ultime.
Aspetto duale dell’equazione di strutturaPer identificare i gradi di libertà di una struttura si può ragionare in termini diversi,
considerando le forze interne alla struttura.neq numero di equazioni di equilibrio complessive che si possono introdurre (neq numero
di membri tranne il telaio 3 (se si è nel caso di moto piano) o 6 (se si è nel caso di motospaziale))
nrinumero di reazioni interne (forze e momenti). nri è pari al numero di gradi di libertàsottratti dagli accoppiamenti.
Perciò i gradi di libertà di una struttura sono
n neq nri
n 0 meccanismo ad n gradi di libertà
n 0 struttura isostatica
n 0 struttura iperstatica
L’equazione di struttura porta a dei risultati sbagliati in presenza di vincoli sovrabbondanti.
(pp. 28-56)
Analisi cinematica di posizione per meccanismi articolati pianiDefinizione dello schema cinematico
Lo SCHEMA CINEMATICO di un meccanismo rappresenta il meccanismo solamente dalpunto di vista cinematico e non funzionale; consiste in uno schema dove sono messe in evidenzasolo le geometrie e le dimensioni essenziali. Il meccanismo in alto a sinistra è equivalentecinematicamente al meccanismo in basso a destra. Notare come il disco che ruota in posizioneeccentrica sia assimilabile ad una manovella.
A
PO
G
!
rb
Lo schema cinematico non è univoco.
L’equazione di chiusuraI MECCANISMI ARTICOLATI PIANI sono meccanismi realizzati con accoppiamenti
rotoidali o prismatici.ANALISI CINEMATICA DI POSIZIONE DIRETTA:- assegnato un meccanismo con un numero n di gradi libertà;- assegnati n valori delle coordinate indipendenti;calcolare la posizione di tutti i punti del meccanismo.Per facilitare l’analisi cinematica di posizione, ad ogni membro del meccanismo può essere
associato uno o più VETTORI.Si introduce un SISTEMA DI RIFERIMENTO assoluto
Solitamente le estremità del vettore congiungono 2 coppie cinematiche consecutive.Convenzione adottata
Ogni vettore è definito da due parametri: il modulo e la posizione angolare; l’angolo èconsiderato positivo quando la rotazione avviene in senso antiorario rispetto all’orizzontale (èsemplicemente una convenzione che si adotterà d’ora in poi).
Tutti i vettori del meccanismo costituiscono un POLIGONO DI VETTORI.
Si possono scegliere i vettori in maniera tale da ottenere un POLIGONO DI VETTORICHIUSO. Lo schema sottostante si riferisce all’esempio precedente. Notare come l’orientazionedei vettori venga fissata arbitrariamente all’inizio.
A
P O
G
3z
1z
2z
4z
11 cos!z
22 cos!z
"cos3z
1z
Proprietà: la somma vettoriale dei vettori di un poligono di vettori chiuso è nulla.
z1-z2-z3-z40
Si sceglie un verso di percorrenza del poligono di vettori; se un vettore ha orientazioneconcorde con il verso di percorrenza del poligono, esso viene sommato positivamente, altrimenti
negativamente.
L’equazione vettoriale può essere PROIETTATA sugli assi di riferimento
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos z4 cos4 0
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin z4 sin4 0
Quando si proietta, gli angoli sono misurati secondo la convenzione adottata.Si fissa un valore della coordinata indipendente; 1per esempio.
Notare che il sistema ha 1 G.d.L. perciò è necessario fissare una sola coordinataindipendente.
DATI GEOMETRICI NOTI: z1,z2,,z4,4
COORDINATA INDIPENDENTE: 1
INCOGNITE: 2,z3
Il sistema è costituito da 2 EQUAZIONI ALGEBRICHE NON LINEARI in 2 incognite,quindi risolvibile.
Si supponga di aver risolto il sistema.Ora qualsiasi coordinata del punto del meccanismo è calcolabile: per esempio P rispetto al
sistema di riferimento.
Pz1-z2z1 cos1 z2 cos2
z1 sin1 z2 sin2
Problema cinematico diretto ed inversoMECCANISMI IN CATENA APERTA: meccanismi per i quali il poligono dei vettori
associati non è chiuso.Un tipico esempio è dato dai robot cosiddetti SERIALI in contrapposizione ai PARALLELI
Come esempio di calcolo si consideri il seguente robot piano a 3 GdL
x
y
A
y
1z
3z 2z
4z
1!
2!
3!
PROBLEMA CINEMATICO DIRETTO: Assegnate le coordinate libere 1,2,3, calcolarele coordinate del punto A
Non serve risolvere un sistema di equazioni (come nel problema cinematico diretto per unmeccanismo in catena chiusa). Il risultato è semplicemente dato da
Az1z2z3z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3
PROBLEMA CINEMATICO INVERSO: Assegnate le coordinate del punto A el’orientazione dell’ultimo membro 3 (posizione dell’utensile del robot), calcolare il valore dellecoordinate indipendenti.
Si introduce il vettore z4O-Az4-A per avere un poligono di chiusura.
z1 z2 z3 z4 0
z1 z2 z3 A 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3 xA
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3 yA
0
Bisogna risolvere un sistema di EQUAZIONI NON LINEARI nelle variabili 1 e 2, inquanto le variabili sono argomenti di funzioni seni e coseni. Perciò si è visto come generalmentel’analisi cinematica inversa abbia soluzione meno immediata dell’analisi cinematica diretta.
Poligoni di chiusura a più maglie
Meccanismi complessi possono avere PIU’ MAGLIE di chiusura.L’analisi cinematica porta ad una soluzione quando:
numero maglie indipendenti 2 numero incognite
Esempio
1z
9z
8z
7z
6z
5z
4z
3z
2z
!
"
Il meccanismo ha 1 GdL. Scriviamo 2 equazioni di chiusura.
z1 z2 z3 z4 z5 0
z6 z7 z8 z9 z4 z3 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3 z4 cos4 z5 cos5 0
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3 z4 sin4 z5 sin5 0
z6 cos6 z7 cos7 z8 cos8 z9 cos9 z4 cos4 z3 cos3 0
z6 sin6 z7 sin2 z8 sin8 z9 sin9 z4 sin4 z3 sin3 0
Si fissa una coordinata indipendente: 1
Sono noti:
3 2
7 6
8 7 6
5 0
9 0
Dati geometrici noti: z1,z2,z3,z4,z5,z6,z8,z9,,Incognite: 2,4,6,z7
Ancora una volta si ha a che fare con un sistema di 4 equazioni in 4 incognite.
Non tutte le maglie scrivibili rappresentano equazioni linearmente indipendenti. Ad esempiola maglia esterna la cui equazione di chiusura è z1 z2 z6 z7 z8 z9 z5 0 si ottienecome somma delle precedenti.
Metodo numerico di soluzione dell’equazione di chiusura di posizione
La soluzione delle equazioni non lineari possono essere:
UNICHE
MOLTEPLICI
NON ESISTERE
Un metodo numerico usato per la soluzione è il metodo di NEWTON-RAPHSON
( )xf
( )1xf
1x2x3x
( )2xf
( )xg
Consideriamo prima il caso di una unica equazione non lineare scalare.
Obiettivo: trovare lo zero della funzione fx
fx 0
Si parte da un punto qualsiasi x1di primo tentativo.Se fx1 0 allora x1 è già la soluzione cercata, altrimenti si prosegue.Si trova lo zero della retta tangente ad fx nel punto x1. Tale retta è data dallo SVILUPPO
DI TAYLOR di fx troncato al termine lineare
gx fx1 dfdx xx1
x x1
Lo zero di tale retta (gx 0 ) è
x1- 1dfdx xx1
fx1
Consideriamo ora la retta tangente ad fx nel nuovo punto x2 x1 1dfdx xx1
fx1 . Da qui si
trova una nuova retta tangente, se ne calcola lo zero e così via.In generale l’iterazione è
xi1 xi 1dfdx xxi
fxi
Si può facilmente notare come gli zeri delle successive rette tangenti xi convergano allasoluzione cercata.
Condizione per il TERMINE DELL’ITERAZIONE
xi1 xi per prefissato, oppure
fxi1 Caso con n VARIABILI
Fx, y, z
f1x, y, z
f2x, y, z
f3x, y, z
0
0
0
Lo sviluppo di Taylor fornisce
Fx, y, z
f1xi, yi, zi
f2xi, yi, zi
f3xi, yi, zi
f1
xf1
yf1
z
f2
xf2
yf2
z
f3
xf3
yf3
z
xi1 xi
yi1 yi
zi1 zi
La formula iterativa è
xi1
yi1
zi1
xi
yi
zi
-
f1
xf1
yf1
z
f2
xf2
yf2
z
f3
xf3
yf3
z
1
f1xi, yi, zi
f2xi, yi, zi
f3xi, yi, zi
J
f1
xf1
yf1
z
f2
xf2
yf2
z
f3
xf3
yf3
z
ESEMPIO
1z
4z
3z
2z
!
Dati: z10,1m, z30,17m, z40,4m, 84°, 160°Equazioni
z1 z2 z3 z4 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos2 z4
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin2 0
Formula iterativa
2
z2i1
2
z2i
-J1F2i,z2i)
dove
J z2 sin2 z3 sin2 cos2
z2 cos2 z3 cos2 sin2
F2, z2 z1 cos1 z2 cos2 z3 cos2 z4
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin2
Scomposizione in sottopoligoni risolubili separatamenteSvantaggi del metodo di Newton-Raphson:- aumento delle dimensioni di J all’aumentare della complessità del meccanismo
- aumento delle soluzioni multiple difficoltà di scegliere quella correttaIn alternativa è possibile scomporre il meccanismo inSOTTOMECCANISMI
9z
8z
7z
6z
5z
1z
4z
3z 2z
1z
4z
3z
I sottomeccanismi, per essere risolubili, devono essere a MOBILITA’ NULLA 0 gradi dilibertà.
Il sottomeccanismo la cui analisi cinematica di posizione viene risolta, diventa un telaio peril sottomeccanismo che gli sta a valle.
Diadi, triadi e tetradiPer individuare i sottomeccanismi piani a mobilità nulla (detti anche GRUPPI DI ASSUR)
basta ricorrere all’equazione di Grübler (si considerano solo coppie cinematiche di classe c1)
3m 1 2 c 0
Le combinazioni di soluzioni più interessanti sono
m 3 c 3 DIADE
m 5 c 6 TRIADE o TETRADE
La diade è composta da tre MEMBRI BINARI membro con 2 coppie cinematiche.Le diadi offrono una SOLUZIONE ANALITICA
Classificazione delle diadi
RRR
RPR
PRR
PRP
PPR
La diade PPP non è presa in considerazione perché non rappresenta un meccanismo amobilità nulla.
Soluzione analitica delle varie diadi
Tipo Dati geometrici Dati noti Incognite
RRR z1,z2
xA,yA,xB,yB
oppure
zt, t
1,2
2! 1!
tz B
!
A
2! 1"
2"
t!
Se sono noti solamente le coordinate dei punti A e B si calcola
zt yB yA2 xB xA2
t arctan 2yB yA, xB xA
L’arctan 2 è una funzione simile all’arcotangente. L’arcotangente fornisce un valore che ècompreso tra -/2 e /2. L’arctan 2 fornisce un valore che può essere compreso tra 0 e 2.L’arcotan2 fornisce la posizione angolare di un vettore rispetto all’orizzontale secondo laconvenzione data. Notare che per fornire il valore angolare, la funzione ha bisogno di dueargomenti: la proiezione lungo la direzione y del vettore e la proiezione del vettore lungo ladirezione x. La notazione arctan 2 si rifà alla stessa sintassi utilizzata in Matlab.
Per il teorema di CARNOT
1 arccoszt
2 z22 z1
2
2ztz2
2 arccoszt
2 z12 z2
2
2ztz1
infine
2 t 1
1 t 2
Nota che a parità di dati iniziali si poteva trovare un’altra soluzione
Tipo Dati geometrici Dati noti Incognite
RPR z1,z3,,
xA,yA,xB,yB
oppure
zt, t
1,z2
oppure
3,z2
A
B
D
E
F
C
H
!
"
1z 2z
3z tz
t#
zt e t si determinano come per la diade precedente, con l’avvertenza di osservare che ilvettore zt è orientato verso sinistra in alto
zt yA yB2 xA xB2
t arctan 2yA yB, xA xB
Segmenti utili:
BD z3 sin
DE z3 cos
AC z1 sin
CF z1 cos
Poiché CD HB ed osservando il triangolo AHB
HB zt2 AC BD2
z2 HB CF DE
Infine l’angolo cercato
HÂB arccos AC BDzt
FÂB HÂB 2
1 t FÂB
Tipo Dati geometrici Dati noti Incognite
RRP z1,z2, xA,yA,xB,yB, 1,z3
A
B
H
G
L
µ !
"
1z
2z
3z # S
$
Calcoliamo prima l’angolo 1 lavorando sul triangolo GSA
arctanyA yBxB xA
AH zt sin
LG z2 sin
arccos AH LGz1
1 2
Calcoliamo z3 lavorando col segmento LB
LB HB LH
zt cos z1 sin
z3 LB z2 cos
Tipo Dati geometrici Dati noti Incognite
PRP z2,z3,, xA,yA,xB,yB,1,4 z1,z4
A
B
! "
1z
tz
4z
3z 2z
Gli angoli sono tutti ricavabili
zt yB yA2 xB xA2
t arctan 2yA yB, xA xB
2 1
3 4
SISTEMA LINEARE
z1 z2 z3 z4 zt 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3 z4 cos4 zt cos t 0
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3 z4 sin4 zt sin t 0
Notazione matriciale
cos1 cos4
sin1 sin4
z1
z4
d1
d2
dove
d1 z2 cos2 z3 cos3 zt cos t
d2 z2 sin2 z3 sin3 zt sin t
Soluzione
z1
z4
cos1 cos4
sin1 sin4
1
d1
d2
1cos4 sin1 cos1 sin4
sin4 cos4
sin1 cos1
d1
d2
1sin1 4
sin4 cos4
sin1 cos1
d1
d2
Tipo Dati geometrici Dati noti Incognite
PPR z2,z3,,, xA,yA,xB,yB,1 z1,z4
A
B
!
"
1z
tz
4z
3z
2z #
Gli angoli sono tutti ricavabili
zt yB yA2 xB xA2
t arctan 2yA yB, xB xA
2 1
4 2
3 4
SISTEMA LINEARE
z1 z2 z3 z4 zt 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3 z4 cos4 zt cos t 0
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3 z4 sin4 zt sin t 0
Notazione matriciale
cos1 cos4
sin1 sin4
z1
z4
d1
d2
dove
d1 z2 cos2 z3 cos3 zt cos t
d2 z2 sin2 z3 sin3 zt sin t
Soluzione
z1
z4
cos1 cos4
sin1 sin4
1
d1
d2
1sin1 4
sin4 cos4
sin1 cos1
d1
d2
(pp. 57-86)
Analisi cinematica di velocità per meccanismi articolati pianiL’equazione di chiusura delle velocità
ANALISI DI VELOCITA’Noti:- la velocità delle coordinate indipendenti;- la posizione dei membri (effettuata precedentemente con l’analisi cinematica di posizione)Calcolare:- la velocità dei membri (velocità angolare e/o velocità lineare)
1z
4z
3z
2z
!
Si DERIVA l’EQUAZIONE DI CHIUSURAEquazione
z1 z2 z3 z4 0
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos2 z4
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin2 0
Derivando
z1 sin1 1 z2 cos2 z2 sin2 2 z3 sin2 2
z1 cos1 1 z2 sin2 z2 cos2 2 z3 cos2 2
0
Notazione matriciale in cui si separano le incognite dai dati noti
z2 sin2 z3 sin2 cos2
z2 cos2 z3 cos2 sin2
2
z2
z1 sin1
z1 cos1 1 0
JACOBIANO o MATRICE JACOBIANA
J z2 sin2 z3 sin2 cos2
z2 cos2 z3 cos2 sin2
A z1 sin1
z1 cos1non ha una denominazione particolare.
Il sistema nella 2 incognite 2, z2 è LINEARE.
La soluzione è
2
z2
J1A 1
Nel caso generale conn numero di gradi di libertà (numero di coordinate indipendenti)m numero delle equazioni vettoriali di chiusura indipendentiSi arriva derivando rispetto al tempo alle equazioni vettoriali proiettate (2)
2 m
2m
J x
n
A
q
dovex è il vettore delle velocità incognite le cui componenti possono essere velocità angolari o
lineari.
q è il vettore delle velocità delle coordinate indipendenti.
Note:- L’analisi di velocità si riduce ad un problema LINEARE;- Deve sempre essere preceduta dall’analisi di posizione;- I risultati dell’analisi di velocità variano al variare della configurazione cinematica in cui ci
si trova;- Lo JACOBIANO è una matrice quadrata la cui dimensione è pari al doppio delle equazioni
vettoriali indipendenti;- La matrice A ha numero di righe pari al doppio delle equazioni vettoriali indipendenti e
numero di colonne pari al numero delle coordinate libere;- Per meccanismi ad 1 G.d.L. la matrice A consiste in un vettore;
Determinazione della velocità di un punto generico del meccanismo
Effettuata l’analisi di velocità si può calcolare la velocità di qualsiasi punto del meccanismo.
Un punto nel piano può essere espresso come somma di vettori
P z1 zk
z1 cos1 zk cosk
z1 sin1 zk sink
Si DERIVA per calcolare la velocità assoluta del punto (3)
P cos1 z1 sin1
sin1 z1 cos1
z1
1
cosk zk sink
sink zk cosk
zk
k
Notare che:
-z1
1
...zk
k
sono stati calcolati con l’analisi di velocità; alcuni di loro hanno
valore nullo;
- 1,z1,...,k,zk sono stati calcolati con l’analisi cinematica di posizione;
I rapporti di velocità (o coefficienti di sensibilità)
J x A q
Premoltiplicando per l’inverso dello Jacobiano si ottiene (1)
x J1A q
x Wx q
Wx J1A MATRICE DEI RAPPORTI DI VELOCITA’ (tra le velocità incognite x e levelocità delle coordinate indipendenti q )
La componente wij rappresenta la velocità incognita i-esima quando tutte le velocità dellecoordinate libere sono nulle tranne la j-esima che assume valore unitario.
PROPRIETA’Poiché q è il vettore delle coordinate libere, tutte le altre grandezze del meccanismo
(compreso il vettore x) possono essere espresse in funzione di q ( q è inteso come vettore nelseguito)
x fq
Derivando si ottiene
.x
f1
q1 f1
qn
f2m
q1
f2m
qn
q
Per confronto con l’eq. (1), si ottiene
Wx
f1
q1 f1
qn
f2m
q1
f2m
qn
La matrice dei rapporti di velocità tra incognite e coordinate libere è la matrice delle derivateparziali delle incognite rispetto alle coordinate libere.
Wx è funzione solo del meccanismo e non della velocità delle coordinate libere. Wx gq.
Wx è interpretabile anche come matrice degli spostamenti infinitesimi nel senso che vale
dx
f1
q1 f1
qn
f2m
q1
f2m
qn
dq
Esistono infinite matrici dei rapporti di velocità per un meccanismo, nel senso che è sempre
possibile associare la velocità di una serie si grandezze del meccanismo.
l (angoli, moduli ocoordinate x ed y di punti) alle velocità delle coordinate indipendenti q .
.
l Wl q
Quando il meccanismo è ad 1 grado di libertà, la matrice dei rapporti di velocità diventa unvettore e le sue componenti sono i rapporti di trasmissione (nella formula seguente q è
considerato uno scalare). (2)
.
l1.
l2
.
lr
1
2
r
.q
Si vede dalla eq. (4) che i rapporti di trasmissione sono i rapporti di velocità tra la grandezzadi interesse e la coordinata libera (questo vale solamente per i sistemi ad 1 G.d.L.), cioè (5)
1
2
r
.
l1 /.q
.
l2 /.q
.
lr /.q
Quest’ultima osservazione suggerisce anche un modo operativo per calcolare i rapporti ditrasmissione. Infatti, supponiamo di aver effettuato l’analisi cinematica di posizione.Successivamente supponiamo di effettuare l’analisi di velocità risolvendo il sistema lineare (2),cioè determiniamo
.x. Per ultimo, calcoliamo la velocità della grandezza di cui vogliamo trovare
il rapporto di trasmissione attraverso, ad es., l’eq. (3). Se tale grandezza è ha valore.
l, allora, per
l’eq. (5), il rapporto di trasmissione è.
l /.q.
Coefficienti di sensibilità e metodo energeticoSaltare questo paragrafo.
Le configurazioni singolari
Un meccanismo è in CONFIGURAZIONE SINGOLARE quando
detJ 0
detJ 0 rango della matrice J è minore della sua dimensione Il numero di equazioni del sistema J x A q è minore del numero di incognite
(componenti di x ) Alcune componenti possono essere scelte arbitrariamente.
detJ 0 J non è invertibile
PROPRIETA’:
1) La condizione di singolarità dipende dalle grandezze scelte come coordinate indipendenti;
2) La condizione di singolarità dipende dalla configurazione cinematica (definita dai valoridel vettore q) in cui si trova il meccanismo.
ESEMPIO
1z
3z
2z
z1 z2 z3 0
Derivando
z1 sin1 1 z2 sin2 2 z3
z1 cos1 1 z2 cos2 2
0
Fissiamo come COORDINATA LIBERA q z3.
J z1 sin1 z2 sin2
z1 cos1 z2 cos2
detJ 0 z1z2 sin1cos2 z1z2 sin2cos1 z1z2 sin2 1 0La condizione si verifica quando sin2 1 0, e quindi quando l’argomento della
funzione seno vale 0 oppure , cioè
2 1
oppure
2 1
cioè quando i vettori z1 e z2sono allineati.
Le equazioni di velocità nel caso 2 1 0 sono (ad esempio)
z3
z1 1 z2 2
0
Si deduce che la coordinata libera non può assumere valori arbitrari ma deve esserenecessariamente nulla. Per contro, ci sono infinite combinazioni di 1 e 2 che soddisfano ilsistema.
Fissiamo come COORDINATA LIBERA q 1.
J 1 z2 sin2
0 z2 cos2
detJ 0 z2 cos2 0
La condizione si verifica quando
2 2
Questa condizione può verificarsi solamente quando biella e manovella hanno pari lunghezzae sono allineate.
Gruppi di Assur ed analisi di velocità
Il meccanismo può essere scomposto in sottomeccanismi a mobilità nulla (diadi).L’analisi di velocità può essere svolta in sequenza, seguendo lo stesso ordine adottato per la
soluzione del problema cinematico.Il problema di velocità è lineare.
Analisi di velocità delle varie diadi
Tipo Dati geometrici Dati noti Dati calcolati Incognite
RRR z1, z2
x A, y A, x B, y B
xA, yA, xB, yB
1,2 1, 2
2!1!
tzB
!
A
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2"
Se sono note solamente le velocità dei punti A e B si calcola
.
ztx B x A
y B y A
Derivando l’equazione di chiusura zt z2 z1 0 si ottiene
z1 sin1 z2 sin2
z1 cos1 z2 cos2
1
2
x A x B
y A y B
In conclusione
1
2
1z1z2 sin1 2
z2 cos2 z2 sin2
z1 cos1 z1 sin1
x A x B
y A y B
Tipo Dati geometrici Dati noti Dati calcolati Incognite
RPR z1, z3,,x A, y A, x B, y B
xA, yA, xB, yB
1, z2 1, z2
A
B
D
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F
C
E
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3z
tz
Se sono noti solamente le velocità dei punti A ed B si calcola
.
ztx A x B
y A y B
Nota che 1 2 3
Dall’equazione di chiusura z1 z2 z3 zt 0 , derivando si ottiene
z1 sin1 z2 sin2 z3 sin3 cos2
z1 cos1 z2 cos2 z3 cos3 sin2
1
z2
x B x A
y B y A
(pp. 87-105)
Analisi cinematica di accelerazione per meccanismi articolati pianiL’equazione di chiusura delle accelerazioni
ANALISI DI ACCELERAZIONENoti:- le accelerazioni delle coordinate indipendenti;- la POSIZIONE dei membri (effettuata precedentemente con l’analisi
cinematica di posizione) e la VELOCITA’ dei membri (effettuataprecedentemente con l’analisi cinematica di velocità)
Calcolare:- l’accelerazione dei membri (accelerazione angolare e/o
accelerazione lineare)
Partendo daJ x A q
si derivaJ x J x A q A q
Risultatox J1 A q A q J x
Alternativamente si giunge allo stesso risultato derivandodirettamente le equazioni vettoriali di chiusura di velocità
..
zi 0
ESEMPIO
1z
4z
3z
2z
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J z2 sin2 z3 sin2 cos2
z2 cos2 z3 cos2 sin2, A
z1 sin1
z1 cos1
x 2
z2
, q 1
I termini mancanti per la soluzione sono
J z2 sin2 z2 cos2 2 z3 cos2 2 sin2 2
z2 cos2 z2 sin2 2 z3 sin2 2 cos2 2
A z1 cos1
z1 sin1
1
Note:- L’analisi di accelerazione si riduce ad un problema LINEARE;- Deve sempre essere preceduto dall’analisi di posizione e velocità;
Determinazione dell’accelerazione di un punto generico del meccanismo
Effettuata l’analisi di velocità si può calcolare l’accelerazione di un
qualsiasi punto del meccanismo.La velocità del punto è
P cos1 z1 sin1
sin1 z1 cos1
z1
1
cosk zk sink
sink zk cosk
zk
k
Si DERIVA per calcolare l’accelerazione assoluta del punto
P i1
k
sin i i z i sin i zi cos i i
cos i i z i cos i zi sin i i
z i
i
cos i zi sini
sin i zi cos i
z i
i
Notare che:
-z i
i
sono stati calcolati con l’analisi di velocità; alcuni di loro
hanno valore nullo;
-z i
i
sono stati calcolati con l’analisi di accelerazione; alcuni di
loro hanno valore nullo;
- 1,z1,...,k,zk sono stati calcolati con l’analisi cinematica di posizione;
I rapporti di accelerazione
Saltare il paragrafoConfigurazioni singolari ed analisi di accelerazione
Saltare il paragrafoGruppi di assur ed analisi di accelerazione
Saltare il paragrafo
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Capitolo 8
Cuscinetti e guide lineari
8.1 Attrito
Elementi costruttivi come cuscinetti e guide lineari hanno la funzione di diminuirele azioni delle forze d’attrito che nascono quando due corpi strisciano uno sul-l’altro. Prima di procedere con lo studio degli elementi costruttivi in esame, siriassumeranno brevemente le proprietà del coefficiente d’attrito.
R µφ
T
α
Consideriamo un blocchetto disposto su di un piano. Il blocchetto è premutoperpendicolarmente al piano con una forza N . Tra blocchetto e piano sono pre-senti delle azioni d’attrito. Per le proprietà del cono di attrito, la reazione R trablocchetto e superficie di contatto è determinata da un qualsiasi vettore all’in-terno del cono di attrito caratterizzato dall’angolo !!, detto angolo di attrito.Se non si applica nessuna forza di trazione al blocco, R si dispone verticalmentein quanto equilibria solamente la forza N . Nel caso in cui si applichi una forzadi trazione T , R si inclina in maniera tale che la sua componente orizzontalevada ad equilibrare la forza di trazione
89
90 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
T = R sin (!)
Perciò Fa = R sin (!) rappresenta la forza di attrito. Il blocchetto rimane fer-mo in quanto le forze orizzontali sono perfettemente equilibrate. La componenteverticale di R rimane costante ed uguale alla forza N , perciò R cos (!) = N . Sesi aumenta la forza di trazione T , aumenta anche l’inclinazione della reazione Re di conseguenza anche la forza di attrito Fa = R sin (!). Però l’angolo ! dovràessere sempre inferiore a "!. Nel momento in cui arriviamo a tirare il blocchettoin maniera tale che ! = "!, significa che la forza di attrito non è più in gradodi equilibrare la forza di trazione T .Tale condizione è espressa dicendo che il meccanismo è in condizione di moto
incipiente.Il rapporto tra la componente orizzontale e verticale di R, nella condizione
di moto incipiente in cui Fa = Fa m a x , è detto coefficiente d’attrito #.
# =R sin
¡"!
¢
R cos¡"!
¢ =Fa m a x
N
In generale, al di fuori della condizione di moto incipiente, si ha
Fa ≤ # N
Il legame tra il coefficente d’attrito e l’angolo d’attrito è dato da
# =R sin
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¢
R cos¡"!
¢ = tan¡"!
¢
Da che cosa è provocata la forza di attrito Fa?Vi sono diversi fattori concomitanti tra di loro:- Rottura delle microgiunzioni:Quando due corpi vengono a contatto, la forza normale N causa la mi-
crogiunzione di alcune superfici a contatto.
N
T
Quando viene applicata la forza di trazione T , la giunzioni si oppongono almoto. E’ intuitivo pensare che la forza d’attrito provocata dalle microgiunzionisarà tanto più elevata quanto più estesa sarà l’area totale delle micorogiun-zioni. Inoltre l’area totale è tanto maggiore quanto più elevata sarà la forza
8.1. A T T R I T O 91
perpendicolare alla superficie N . Questo è il motivo per cui la forza di attrito èproporzionale alla forza N ,
Fa = !N
- Deformazione non elastica delle asperità:Tra due corpi a contatto sono sempre presenti delle asperità micrometriche.
Quando, durante il moto, tali asperità vengono a contatto tra di loro esse si de-formano plasticamente assorbendo energia senza renderla. Durante il porcesso,generano delle forze che si oppongono alla deformazione e quindi al moto.- Rottura delle asperità:Questo fenomeno è simile al precedente con la differenza che, in questo caso,
le asperità vengono staccate dal corpo originale. Tale fenomeno da anche unspiegazione del fenomeno dell’usuara associato all’attrito.- Solcatura:Questo meccanismo si instatura soprattutto in corpi a contatto di cui uno dei
due è più tenero dell’altro. La solcatura avviene in maniera plastica (l’energiaassorbita non viene ritornata)
8.1.1 Parametri che influenzano il coefficiente d’attrito
Il coefficiente d’attrito tende a variare con la velocità. Il caso di superfici nonlubrificate è molto diverso dal caso di superfici lubrificate. Nel primo caso,l’andamento del coefficiente d’attrito ha un andamento qualitativo come infigura
0,3 5
sµdµ
sm
Il coefficiente d’attrito corrispondente alla velocità nulla è chiamato coeffi-ciente d’attrito statico !s. Quando il corpo è in condizione di strisciamento siparla di coefficiente d’attrito dinamico !d.Il coefficiente d’attrito statico è più elevato del coefficiente d’attrito dinam-
ico. Questo fenomeno è spiegabile ricorrendo al modello della rottura delle
92 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
microgiunzioni. Quando il corpo inizia a strisciare (nell’istante in cui vengonorotte le microgiunzioni) è difficile che se ne creino delle altre durante il moto.Per cui il contributo dato dalla rottura delle microgiunzioni alla forza di attrito,viene a mancare.
Dopo una brusca diminuzione, passando da velocità nulla a velocità piccol-issime (dell’ordine di 0,001 m/s), il coefficiente d’attrito dinamico subisce poiun sensibile aumento al crescere della velocità fino a valori di circa 0,3 m/s. Nelseguente range di velocità fino a circa 5 m/s, il coefficiente d’attrito si mantienepressochè costante. Oltre quella velocità tende a decrescere.
L’attrito è in funzione della rugosità.
Si ricorda che la rugosità media è definita come Ra =
lZ
0
|y| ds
l , cioè comela media del modulo degli scostamenti y della superficie da un valore mediorispetto ad una lunghezza l.
0,5 2,5
µ
mµ
Si possono contraddistingure tre tratti. Per rugosità molto basse il coef-fciente d’attrito aumenta dato che l’area delle microgiunzioni tende ad au-mentare. Poi è presente un tratto costante. Infine, sopra un determinato valore,il coefficiente d’attrito tende ad aumentare a causa del prevalere dei fenomini dirottura delle asperità, deformazione delle asperità e solcaura.
La temperatura è un parametro piuttosto importante.
Il coefficiente d’attrito non manifesta grosse variazioni rispetto alla vari-azione della temperatura ambiente. Ma in tutte quelle applicazioni in cui, acausa dello sfregamento tra le superfici, si genera del calore e quindi aumentilocalizzati di temperatura (si pensi ai freni) il coefficiente può diminuire br-uscamente all’aumentare della temperatura. Il motivo risiede nel fatto che lemicrogiunzioni diventano meno resistenti. Questo fenomeno è particolarmentedannoso nei freni.
In figura è rappresentato il coefficiente d’attrito riferito all’interfaccia dicontatto tra ceppo e disco per velocità pari a 3, 5 m/s.
8.1. A T T R I T O 93
300° 400°
µ
T
0,6
0,4
8.1.2 Attrito volvente
L’attrito volvente si manifesta tra un corpo che rotola su di una superficie. Perfissare le idee pensiamo ad un cilindro. A causa dell’elasticità dei due corpi acontatto il contatto non avviene lungo una linea, ma lungo un striscia più omeno spessa a seconda dell’elasticità. Supponiamo che il cilindro sia molto piùelastico del piano di appoggio. La situazione è la seguente (figura di sinistra)
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bF
pF
nF
Nel caso in cui il cilindro sia fermo, la pressione esercitata dal piano di contat-to sul cilindro non è costante lungo l’area di contatto, ma ha una distribuzionesimmetrica rispetto alla linea diametrale del cilindro. L’azione complessiva dellepressioni è
Fp =
Z
A
p dA
Nel momento in cui viene applicata una forza F al centro del rullo in direzioneorizzontale ed il rullo si mette in movimento, le pressioni non hanno più unadistribuzione simmetrica. Il motivo è dovuto alla viscoelasticità del materiale.Ossia, il materiale che sta a destra della linea di simmetria che viene ad esserecompresso tende ad opporsi alla deformazione. Il materiale a sinistra della lineadi simmetria, una volta compresso, non si estende istantaneamente e quindi non
94 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
restituisce l’energia accumulata nella compressione. Il risultato è che la forza
perpendicolare Fp =
Z
A
p dA risulta essere spostata verso destra.
Impostando l’equilibrio verticale e l’equilibrio ai momenti (con polo il puntodi contatto), si ottiene
Fp = Fn
Fp b = r F
dove b è il braccio della forza Fp ed r è il raggio del rullo, da cui si deduceche la forza neccessaria per muovere il cilindro è
F = Fnb
r
Il coefficiente d’attrito di rotolamento !v viene definito come il rapporto trala coppia resistiva massimaMrm a x = Fp b e la forza normale Fn (nelle condizionidi moto incipiente)
!v =Mrm a x
Fn
Come avviene nel caso di attrito radente, la coppia resistiva che si opponeal moto può assumere i valori
Mr ≤ !v Fn
8.1.3 Fenomeno dello stick-slip
Il fenomeno dello stick-slip, che si manifesta attraverso un ruome stridente, ècausato dall’elasticità del materiale e dalla dipendenza del coefficiente d’attritodalla velocità
F yx
Schematizziamo il problema introducendo alcune semplificazioni. Supponi-amo un blocco premuto contro una superficie con una forza F . Supponiamo cheil coefficiente d’attrito statico sia !s e che quello dinamico !d sia costante alvariare della velocità ma inferiore a !s.La forza di attrito assumerà quindi due valori estremi a seconda che il corpo
sia in movimento o fermo.
8.1. A T T R I T O 95
Fa m a x = !s F (v = 0)
Fa m i n = !d F (v 6= 0)
Partiamo da una configurazione in cui il blocco è fermo e la molla non è estesa(x = y = 0). Supponiamo che la coordinata x si sposti a velocità costante v. Laforza elastica aumenta linearmente secondo la legge
Fel = k (x− y) =
= k x =
= k v t
La forza di attrito Fa equlibra la forza elastica, per cui, anche la forza d’attri-to ha andamento Fa = k v t. Grafichiamo l’andamento delle due forze rispettoal tempo. In rosso è graficato l’andamento della forza elastica, mentre in nerol’andamento della forza d’attrito.
t
maxaF
minaF
TRATTO DI MOVIMENTO
Quando la forza d’attrito raggiunge il suo valore massimo Fa m a x non è piòin grado di contrastare la forza elastica e quindi il blocco si mette in movimento.Dato che il corpo si muove, il coefficiente d’attrito cambia istantaneamente dacoefficiente d’attrito statico a coefficiente d’attrito dinamico, per cui la forza diattrito passa da Fa m a x ad Fa m i n . Da quando il corpo inizia a muoversi il corpoè soggetto ad una accelerazione improvvisa dovuta alla forza totale Fel−Fa m i n .Questa forza, mano a mano che y si avvicina ad x, tende a diminuire, finchè
non arriva ad equagliare la forza minima di attrito. A questo punto il bloccoviene decelerato, in quanto la forza di attrito ha il sopravvento sulla forza elasticae ben presto il blocco si ferma.Da questo istante la forza di attrito tende ad equilibrare la forza elastica,
perciò si ripete il ciclo.
96 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
8.1.4 Lubrificazione
8.2 Cuscinetti volventi
I coscinetti volventi hanno la funzione di sostituire la condizione di moto radentecon moto volvente. L’attrito volvente come è noto è molto minore dell’attritoradente. I cuscinetti sono generalmente costituiti da due anelli all’interno deiquali scorrono gli elementi volventi. Questi possono essere sfere, rulli o rullini.La scelta dei cuscinetti dipende dall’entità del carico che devono sopportare,dal tipo di carico (assiale, radiale o combinato), dalla precisione richiesta, daldisallineamento tollerabile e dagli ingombri. In ogni caso possono subentrarealtri fattori che orientano la scelta, per cui non esiste una linea guida fissa egenerale.
8.2.1 Classificazione dei cuscinetti
I cuscinetti possono essere classificati a seconda della loro tipologia. Nellaseguente figura sono rappresentate in sezione le principali tipologie di cuscinetti.
I cuscinetti radiali a sfere (A) sono i più diffusi tra i cuscinetti. Resistonobene sia a carichi assiali che radiali. Possono operare ad elevate velocità. Comesi vede dalla figura non sono disassemblabili. Esistono versioni autolubrificantiche richiedono poca manutenzione.I cuscinetti a rulli cilindrici (B) vengono utilizzati quando sono presenti
forti carichi radiali dato che il contatto tra anello e rullo avviene lungo unalinea anzichè essere puntiforme. Non resistono per nulla a carichi assiali. Infattipossono anche essere disassemblati sfilando l’anello interno assialmente.I cuscinetti obliqui a sfere (C) come pure i cuscinetti a rulli conici (D)
vengono solitamente montati in coppia, come sarà chiarito in seguito. Come sivede dalla figura resistono al carico assiale solamente in una direzione.I cuscinetti orientabili a rulli (E) hanno la caratteristica di funzionare bene
anche quando l’asse di rotazione dell’anello interno è disassato rispetto all’assedell’anello esterno. Si usano in tutte quelle applicazioni in cui non è possibileallineare perfettamente la sede del cuscinetto e l’albero.
8.2. C US C I N E T T I V O LV E N T I 97
Nella figura seguente sono rappresentati cuscinetti in grado di resistere preva-lentemente a carichi assiali: cuscinetti a rulli conici (A), in cui l’angolo di con-tatto ! è maggiore di 45◦ in maniera tale da resistere prevalentemente a sforzoassiale; cuscinetti obliqui a sfere (B), in cui l’angolo di contatto ! è maggioredi 45◦, cuscinetti assiali a sfere (C) e cuscinetti assiali a rulli cilindrici (D).
Quando gli ingombri sono una variabile critica di progettazione si ricorre acuscinetti a rullini che a parità di anello interno riescono a limitare l’ingombrodell’anello esterno come mostrato nella figura seguente.
8.2.2 Scelta dei cuscinetti
Nella scelta del cuscienetto, si procede nel seguente modo. Individuata la tipolo-gia che più si presta al tipo di applicazione e stimati i carichi a cui deve esseresottoposto il cuscinetto, si passa alla verifica dimensionale. A seconda del tipodi carico cui è soggetto il cuscinetto si intraprendono due strade diverse:1) Cuscinetto che ruota a velocità medio-alta;2) Cuscinetto che ruota a basse velocità o, malgrado ruoti a velocità medio-
alte, sia soggetto a carichi d’urto elevati.Nel primo caso il cuscinetto si rompe per fatica, mentre nel secondo caso,
il cuscinetto si rompe per deformazione permanente provocata dal carico incorrispondenza dei contatti tra pista e corpi volventi.
98 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
Perciò, a seconda dei casi bisogna verificare il cuscinetto secondo uno deidue metodi. Se la verifica porta ad un esito negativo, è neccessario scegliere unaltro cuscinetto (generalmente di dimensioni più elevate) e ripetere la verifica.
Formula di durata - carico puramente radiale o puramente assiale.La formula di durata si utilizza quando il cuscinetto ruota a velocità media-altee non sono presenti carchi d’urto elevati. In questo caso il cuscinetto ha unavita limitata che può essere stimata in numero di giri od equivalentemente inore di funzionamento.Introduciamo alcune definizioni utili.Asse del cuscinetto = asse di rotazione del cuscinetto.Fr = Carico radiale = forza (misurata in N) cui è soggetto il cuscinetto per-
pendicolarmente all’asse del cuscinetto. E’ un valore che si calcola solitamenteattraverso la soluzione di un problema di cinetostatica. Dipende infatti dalleforze inerziali e dai carichi della macchina.
Fa = Carico assiale = forza (misurata in N) cui è soggetto il cuscinettol’ungo l’asse del cuscinetto.
Un cuscinetto radiale è realizzato per sopportare prevalentemente carichi ra-diali, mentre uno assiale per sopportare prevalentemente carichi assiali. In questidue casi estremi, il modo più semplice per calcolare la durata del cuscinettoconsiste nell’impiegare la formula di durata
L10 =
µC
P
¶ p
(8.1)
doveC = coefficiente di carico dinamico. Si misura in N ed è un dato che si legge
direttamente dal catalogo dei cuscinetti.
8.2. C US C I N E T T I V O LV E N T I 99
Il coefficiente di carico dinamico C deve essere diminunito nel caso in cui ilcuscinetto lavori ad alte temperature. Deve essere moltiplicato per un fattoredi temperatura che si ottiene dalla seguente tabella
Temperatura (◦C) 150 200 250 300Fattore di temperatura 1 0,9 0,75 0,6
p =�3 per cuscinetti a sfere103 per cuscinettia rulli
⇥L’esponenziale p tiene conto della tipologia
del cuscinetto.P = carico dinamico equivalente. Nel caso di un cuscinetto radiale soggetto
ad un carico puramente radiale, si considera P = Fr. Nel caso di un cuscinettoassiale soggetto ad un carico puramente assiale, si considera P = Fa.
L10 = durata di base. Rappresenta la durata del cuscinetto in milioni digiri. La vita del cuscinetto non è calcolabile esattamente. Statisticamente, il 90% dei cuscinetti riesce a resistere per un tempo pari alla durata di base che èfornita dalla formula di durata.Si usa comunemente esprimere la durata in di base in ore di funzionamento
utilizzando, al posto dell’eq. 8.1, la seguente
L10h =1000000
60 n
µC
P
¶ p
doven = velocità di rotazione dell’albero (dove il cuscinetto è calettato) misurata
in numero di giri al minuto.Una volta calcolato il valore della durata di base ci si può chiedere se questo
valore è accettabile o meno. La risposta dipende dal tipo di applicazione. Nelcaso non si riesca ad avere dei valori precisi, la seguente tabella di riferimentofornisce dei valori indicativi.
Tipologia di macchina ore di funzionamentoApparecchiature medio-piccole da 300 a 3000Elettrodomestici da 300 a 3000Macchine con funzionamento intermittente da 3000 a 8000Ascensori, montacarichi da 8000 a 12000Macchine funzionanti 8 ore al giorno da 10000 a 30000Macchine funzionanti 24 ore al giorno da 40000 a 50000
Formula della verifica statica - carico puramente radiale o puramenteassiale.
La verifica dei cuscinetti mediante verifica statica si utilizza quando il cuscinettoruota a basse velocità, oppure ruota a velocità medie, ma è soggetto ad urti oforze elevate intermittenti. In luogo della formula di durata 8.1, si utilizza
s0 =C0
P0(8.2)
dove
100 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
C0 = coefficiente di carico statico. Si misura in N ed è un dato che si leggedirettamente dal catalogo dei cuscinetti.
P0 = carico statico equivalente. Nel caso di un cuscinetto radiale soggettoad un carico puramente radiale, si considera P0 = Fr. Nel caso di un cuscinettoassiale soggetto ad un carico puramente assiale, si considera P0 = Fa.
s0 = coefficiente di sicurezza relativo al carico statico. Questo coefficiente,che si ricava dalla eq. 8.2, deve essere superiore ad un determinato valoreche dipende dal tipo di applicazione e dalla tipologia del cuscinetto. Valoriindicativi vengono forniti da tabelle di catalogo. Riportiamo di seguito deivalori di esempio
Tipo di funzionamento cuscinetti rotanti cuscinetti non rotantisfere rulli sfere rulli
Senza vibrazioni 0,5 ÷ 1 1,5 0,4 0,8Normale 0,5 ÷ 1 1,5 0,5 1Con carichi d’urto 11,5 13 11 12
Compresenza di carico assiale e carico radiale - carichi costanti neltempo.
Nella maggior parte delle applicazioni il carico che agisce sul cuscinetto ha siauna componente radiale che assiale. Quando i carichi assiali e radiali sonocostanti nel tempo si opera come di seguitoUn cuscinetto radiale sopporta molto bene carici radiali. In ogni caso è
in grado di sopportare anche dei carichi assiali di modesta entità. Quandoperciò è presente anche un carico assiale se ne tiene conto calcolando un caricoequivalentemente. Le formule eq. ?? ed 8.2 sono ancora valide.In questo caso il carico dinamico equivalente ed il carico statico equivalente
si calcolano nel seguente modo
P = X Fr + Y Fa
P0 = X0 Fr + Y0 Fa
doveX = fattore relativo al carico dinamico radiale sul cuscinetto. Questo valore,
che dipende dalla tipologia dei cuscinetto è fornito dal manuale.Y = fattore relativo al carico dinamico assiale sul cuscinetto.X0 = fattore relativo al carico statico radiale sul cuscinetto.Y0 = fattore relativo al carico statico assiale sul cuscinetto.
Carichi variabili nel tempo.
Nel caso in cui il carico che agisce sul cuscinetto non sia costante nel tempo,si calcola una media di carico assiale Fma e radiale Fmr secondo vari metodi.Vengono presentati i due più comuni.
8.2. C US C I N E T T I V O LV E N T I 101
1) Questo primo metodo si usa quando il carico si mantiene circa costanteper intervalli di tempo regolari, come in figura.
La media del carico (che si riferisce a seconda dei casi al carico assiale oradiale) è
Fm =3
sF 3
1 U1 + ...+ F 3nUn
U1 + ...+ Un
dove Ui sono la durata misurata in numeri di giri durante la quale agisce Fi.2) Il secondo metodo si usa quando il carico varia gradualmente tra un valore
minimo Fm i n ed un massimo Fm a x come in figura
102 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
La media del carico (che si riferisce a seconda dei casi al carico assiale oradiale) è
Fm =Fm i n + 2 Fm a x
3
Una volta calcolate le medie, il carico dinamimico equivalente si ottieneattraverso la consueta combinazione dei carichi
P = X Fmr + Y Fma
8.2.3 Configurazione di montaggio dei cuscinetti
Un albero rotante di una macchina è generalmente supportato in due puntiin condizioni isostatiche. L’albero deve essere vincolato sia assialmente cheradialmente. Uno dei due cuscinetti è vincolato sia assialmente che radialmente,metre l’altro cuscinetto è vincolato solo radialmente come nella configurazioneseguente.
Il cuscinetto a sfere di sinista ha l’anello esterno che va in battuata a sinistrasu di un anello di spallamento. A destra è vincolato dal coperchio. Tutto losforzo assiale agente sull’albero viene assorbito da questo cuscinetto. L’anellointerno del cuscinetto a destra va in battuta sullo spallamento ricavato sull’al-bero. A sinistra è chiuso da una ghiera avvitata sull’albero. In questo modol’albero non può avere alcun movimento assiale. Se vi sono delle variazioni ter-miche che allungano od accorciano l’albero, l’estremità di destra dell’albero sisposta. Questo è il motivo per cui una estremità dell’albero viene lasciata liberadi scorrere. Infatti a destra è presente un cuscinetto radiale a rulli cilindrici.L’anello esterno è vincolato assialmente, come pure l’anello interno, ma, comesi può notare dalla figura, i rulli possono scorrere assialmente lungo l’anellointerno. Questo tipo di montaggio compensa anche gli errori costruttivi nellarealizzazione degli alloggiamenti dei due cuscinetti.
8.2. C US C I N E T T I V O LV E N T I 103
Un altro esempio è fornoto dalla seguente figura
Il cuscinetto di sinistra sopporta il carico assiale ed è quindi tenuto fermo.L’anello esterno del cuscinetto orientabile a rulli di destra può scorrere all’internodella sede assialmente.Ci sono applicazioni in cui è richiesta una elevata rigidità del sistema. Un
esempio è dato dal cuscinettamento dei mandrini delle macchine utensili. L’au-mentata rigidità può essere ottenuta accoppiando due cuscinetti obliqui a sfereod a rulli rulli conici come in figura.
104 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
Il dado di sinistra, avvitandosi, va a premere sull’anello interno del cuscinettodi sinistra. In questo modo i due cuscinetti vengono compressi a pacco. Più sistringe, più è elevata la forza assiale che tiene assieme i due cuscinetti. Questaforza è detta forza di precarico.
Nella figua sopra i cuscinetti impiegati sono cuscinetti obliqui a sfere. Si vedecome la ghiera (in rosso) avvitandosi al filetto, tenda a comprimere l’anello delcuscinetto di sinistra. Gli effetti principali del precarico sono:
- eliminazione del gioco;
- aumento della rigidezza;
Per mettenere in evidenza i benefici del precarico, analizziamo l’accoppia-mento senza precaricarico e con precarico. Il cuscinetto non è un corpo rigido,ma ha una certa elasticità che può essere schematizzata con una rigidezza dicostante elastica k. Perciò l’accoppiamento di due cuscinetti può essere schema-tizzato nelle seguenti figure. Partiamo dal caso in cui non sia presente il precari-co. In questo caso la ghiera non stringe. I due cuscinetti hanno rigidezza kA ekB . Se non vi è precarico le molle sono a riposo. Nota che la figura rappresentasolo metà del telaio dove vanno in battuta i cuscinetti per semplicità.
8.2. C US C I N E T T I V O LV E N T I 105
Ak Bk
Ak Bk
F
Applichiamo una forza F assiale all’albero da sinistra. La forza si scarica
tutta sul cuscinetto A attraverso la ghiera, mentre il cuscinetto B si stacca.
L’albero si è spostato assialmente di una quantità pari a
∆x =F
kA(8.3)
Perciò la rigidezza assiale complessiva dell’accoppiamento è data dalla rigidez-
za assiale kA del solo cuscinetto A.
Nel momento in cui la forza viene a mancare l’albero si riporta nella con-
figurazione iniziale ed il cuscinetto B ritorna in contatto. Questo fenomeno èindesiderato perchè è la manifestazione del gioco assiale.
Consideriamo adesso il caso con presenza di precarico. Come già detto il
precarico viene effettuato attraverso il serraggio della ghiera. Per il momentonessuna forza assiale viene applicata all’albero. La ghiera viene avvitata sull’al-
bero per un tratto di avanzamento pari a ∆xg. Vedi la seguente figura (caso1)). In questo modo le molle non sono più a riposo. Risultano essere compresserispettivamente della quantità ∆xA e ∆xB. Queste due quantità sono diverseperchè nel caso generale i cuscinetti impiegati sono diversi è qunti hanno di-
verse rtigidezze. Dato che sono compresse, le due molle agiscono come in figuragenerando la forza Fp di precarico sull’albero. Le forze sono uguali poichè deve
esserci equilibrio assiale dell’albero. Perciò deve valere
106 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
Fp = kA ∆xA
Fp = kB ∆xB
La somma delle compressioni delle due molle deve essere uguale al tratto dicui è stata avvitata la ghiera, perciò
∆xA +∆xB = ∆xg
In queste condizioni applichiamo una forza assiale F all’albero di ugualeentità a quella applicata al caso senza precarico (vedi nella seguente figura ilcaso 2)).
Ak Bk
Ak Bk
F
pF pF
AF BF
1)
2)
L’albero, a causa della forza F si sposta di una quantità ∆x. A causa diquesto spostamento la molla A si comprime ulteriormente, mentre la molla Btende a scaricarsi. Perciò le forze che le molle producono sulll’albero sono
FA = kA (∆xA +∆x) (8.4)
FB = kB (∆xB −∆x)
8.3. G U I D E L I N E A R I 107
Eseguendo l’equilibrio delle forze agenti assialmente sull’albero, si ottiene
F = FA − FB = (8.5)
= kA (∆xA +∆x)− kB (∆xB −∆x) =
= (kA + kB)∆x
⇒
∆x =F
(kA + kB)
Confrontando l’eq. 8.5 con 8.3, si nota subito come a parità di forza as-siale applicata all’albero, nel caso con precarico lo spostamento assiale chesubisce l’albero è minore del caso senza precarico. Significa che la rigidezzadell’accoppiamento è aumentata ed è data dalla somma delle rigidezze dei duecuscinetti.Notare inoltre che, nel caso di precarico, il cuscinetto B non si distacca as-
sialmente dall’albero. Questo avviene fintantochè la molla B rimane compressa.Aumentando ulteriormente il valore della forza F , dato che la forza tende ascaricare la molla B, potrebbe capitare che la molla si scarichi completamente.Matematicamente la condizione perchè questo non avvenga è FB > 0, cioè (perl’eq. 8.4)
∆xB −∆x > 0
Dato che Fp = kB ∆xB e che ∆x = F(kA + kB ) la condizione si trasforma in
Fp >kB
(kA + kB)F
Nei casi pratici è proprio questa la formula utilizzata per determinare il valoredel precarico, dove F è la stima di quanto potrebbe essere il carico assiale.
8.3 Guide lineari
Le guide lineari servono per realizzare coppie prismatiche ad elevata precisione.Molto usate nelle macchine automatiche e nei robot sono le guide lineari real-izzate con sfere o rulli. Entrambe sono costituite da due elementi di accoppia-mento: la guida vera e propria lunga tanto quanto la corsa utile di movimentodi traslazione ed il pattino. Tra il pattino e la guida sono interposti i corpivolventi per diminuire l’attrito. Nelle applicazioni con carichi modesti vengonoimpiegate delle sfere come corpi volventi, mentre nel caso di carichi elevati siimpiegano dei rulli. Nella seguente figura è rappresentata una sezione di unaguida a rulli.
108 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
Il corpo indicato con il numero 1 rappresenta la guida che è fissata al telaioattraverso delle viti verticali. Sulla slitta è vincolata un’altra guida. Tra ledue guide sono presenti dei rulli cilindrici (indicati col numero 2). A destra laconfigurazione si ripete. Notare che sul telaio è presente un grano (in realtà viè una serie di grani lungo tutta la guida fissa al telaio) che ha la funzione diprecaricare le guide. Infatti, avvitando il grano si va a premere sulla guida fissaa telaio che va a stringere a pacco i corpi volventi e le altre guide.
Grazie alla precisione con cui vengono realizzate, possono raggiungere veloc-ità (' 4 m/s) ed accelerazioni
¡' 50 m/s2
¢di traslazione molto elevate.
8.3.1 Tipologia di montaggio
Forniamo alcune definizioni utili:
Guide vincolate: sono guide sollecitabili da forze e momenti di qualsiasidirezione;
Guide a montaggio orizzontale: vengono denominate in questo modo leapplicazioni in cui il pattino ha un movimento orizzontale;
Guide a montaggio verticale: vengono denominate in questo modo le appli-cazioni in cui il pattino ha un movimento verticale;
verticale
Guide a ricircolo di sfere o rullini : in queste guide i corpi volventi rientranonel pattino. Sono quindi compatti e più economici.
Guide a gravità: Con questa tipologia di montaggio le guide mantengonol’accoppiamento grazie alla forza di gravità del corpo che trasla;
Un esempio è dato dalla seguente configurazione
8.4. D I M E NSI O N A M E N T O D E I PA T T I N I 109
In questo caso i corpi volventi sono rappresentati da rullini (in genere i rullinivengono impiegati quando si hanno problemi di ingombo). Si nota come rispettoalla rappresentazione in sezione, il movimento orizzontale è impedito dalla guidadi destra, mentre la guida di sinistra ha la sola funzione di fornire una appoggioalla slitta. Questo tipo di configurazione permette di compensare le dilazionitermiche. L’accoppiamento è garantito dalla forza di gravità, infatti è il pesodella slitta ad impedire il distacco.
8.4 Dimensionamento dei pattiniCome avviene nei cuscinetti a rotolamento, anche in questo caso si ricorre aduna formula di durataIntroduciamo il fattore di carico C. Esso rappresenta il carico dal quale
risulta una durata nominale di 100000 m di spostamento, a condizione che ilcarico sia costante e che la linea di applicazione del carico sia verticale rispettoall’unità di rotolamento. Il fattore di carico viene fornito dal catalogo.La durata nominale rapprensenta la durata fino alla quale il 90% delle guide
riescono a resistere. La durata (in ) è fornita dalla seguente formula
L = a
µCeff
P
¶ 10/3
105 [m] per rulli e rullini
L = a
µCeff
P
¶ 3
105 [m] per sfere
dove a è un coefficiente che legato alla probabilità. Se si vuole trovare ladurata raggiunta statisticamente dal 90% delle guide a = 1; se si vuole ottenerela durata alla quale arrivano una percentuale maggiore di guide, il fattore adiminuisce. Si utilizza la seguente tabella
% 90 95 96a 1 0,62 0,53
110 C A P I T O L O 8. C USC I N E T T I E G U I D E L I N E A R I
Poichè fattori esterni possono ridurre la capaità di carico, si introduce unfattore di carico effettivoCeff che è legato al fattore di carico dalla seguenteformula
Ceff = fH fT C
dove fH è il fattore di durezza e dipende dalla durezza della pista su cui rotolail corpo volvente. fT è il fattore di temperatura e dipende dalla temperatura difunzionamento.
P rappresenta il carico effettivo che va ad agire sul singolo elemento di roto-lamento. Tale carico va valutrato in maniera cautelativa, ipotizzando il numerominimo di corpi volventi sui quali andrà a scaricarsi il carico complessivo.
Capitolo 9
Ingranaggi
Un ingranaggio è un elemento di trasmissione a rapporto di trasmissione costantecostituito da due ruote dentate. La trasmissione può avvenire tra assi paralleli,concorrenti e sghembi. La seguente figura rappresenta due ingranaggi per latrasmissione del moto con assi paralleli, in cui l’ingranamento è rispettivamenteesterno ed interno.
Le ruote dentate più utilizzate sono quelle con il profilo del dente detto adevolvente di cerchio.
Vediamo come si costruiscono i profili dei denti di due ruote dentate adenti diritti e quali siano le proprietà cinematiche che le contraddistinguono.Consideriamo due ruote piane disposte come in figura (figura di sinistra)
105
106 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Q
B
D
C
A 1O
2OB
A 1O
2O
P
1z
2z
3z
4z
Le ruote hanno raggi diversi e sono vincolate attraverso due coppie rotoidaliai punti O1ed O2. Pensiamo di collegare alle ruote un filo inestensibile ai puntiA ed B e di disporre le ruote in maniera tale che il filo sia verticale. Il filorisulta quindi essere tangente alle due ruote. I cerchi che definiscono il contornodelle due ruote sono detti cerchi di base. Teniamo ferme le ruote. Scegliamoun punto qualsiasi lungo il tratto AB, ad esempio il punto Q. Tagliamo il filoin quel punto ed attacchiamo due pennarelli alle due estremità del filo tagliato.Avvolgendo il tratto BQ attorno alla seconda circonferenza di base il pennarellodisegna la curva QCD detta profilo ad evolvente. Per come è stato costruito, sipuò notare che il profilo è sempre perpendicolare al tratto di filo, come nei puntiC e D. E poichè il tratto di filo è sempre tangente alla circonferenza di base, siconclude che il profilo è sempre perpendicolare alla tangente alla circonferenzadi base. Lo stesso procedimento viene ripetuto con il tratto di filo AQ attornoalla prima circonferenza di base. Le due curve così generate rappresentano ilprofilo di due denti coniugati, uno appartenente alla prima ruota ed uno allaseconda ruota.Questo è il procedimento per costruire i profili di dente. Ovviamente, per
comporre un dente completo, è necessario creare un altro profilo simmetricoal primo. Si potevano adottare altri metodi, come ad esempio denti a profi-lo cicloidale. In realtà, i denti con profilo ad evolvente di cerchio sono quellimaggiormente impiegati nell’industria.Come mai questi profili sono così importanti? Il motivo è che con questi pro-
fili, come verrà mostrato in seguito, il rapporto di trasmissione rimane costanteper piccole variazioni della distanza tra gli assi di rotazione delle due ruote.Proseguiamo con l’analisi cinematica ipotizzando ora una rotazione.
107
Non consideriamo più i due tratti di filo e concentriamoci sui profili che for-mano un corpo unico con i cerchi di base. Ruotiamo la seconda circonferenza dibase in senso antiorario di una piccola quantità angolare (vedi figura di destra).Anche il dente ruoterà ed il suo profilo rimarrà sempre perpendicolare al trattoverticale AB. Infatti il tratto AB rappresenta una tangente alla seconda cir-conferenza di base, e per quanto detto sopra, il profilo è sempre perpendicolarea qualsiasi tangente. Ruotiamo la prima circonferenza di base in senso orariofino a che il profilo di dente che ad essa è vincolato non vada in contatto con ildente della seconda circonferenza. Il punto di contatto, che sarà spostato da Qa P , si trova ora più in basso. Poichè i due profili sono perpendicolari alla stessaretta tangente in P , si deduce che sono tangenti tra di loro. Se si ruotasse insenso antiorario la seconda ruota di un altro po’, i denti andrebbero in contattoin un altro punto lungo il tratto AB. Perciò il punto di contatto tra due denticambia in continuazione, ma si mantiene sempre lungo la linea tangente alle duecirconferenze di base.La linea AB è detta retta d’azione.Vediamo ora come mai il rapporto di trasmissione si mantiene costante ed è
funzione solamente del rapporto tra i raggi dei cerchi di base.Consideriamo la quota y del punto P di contatto. Il punto può essere pensato
come appartenente all’una od all’altra ruota, perciò, adottando una notazionevettoriale, si può scrivere
yP = yO1 + z1 sin (!1) + z3 sin³!1 �
"
2
´(9.1)
dove in questo caso yP rappresenta la coordinata y del punto P pensato comeappartenente alla prima ruota. yO1 è la coordinata y del punto O1 rispetto ad unqualsiasi sistema di riferimento. Nota che z3 rappresenta la lunghezza del trattoAP vincolato rigidamente alla prima circonferenza. In quanto tale, il suo valorerimane costante e la sua posizione angolare è la stessa del vettore z1 a menodella costante !
2 . Ripetendo lo stesso ragionamento pensando P appartenentealla seconda ruota, si ottiene
yP = yO2+ z2 sin (!2) + z4 sin
³!2 �
"
2
´(9.2)
Uguagliando le eq. 9.1 e 9.2, e derivando, si ottiene
z1 cos (!1) !1 + z3 cos³!1 �
"
2
´!1 = z2 cos (!2) !2 + z4 cos
³!2 �
"
2
´!2
E, valutando la relazione per !1 = 0 e !2 = " (che è la situazione rappre-sentata nella figura precedente, parte a sinistra) si ottiene
z1!1 = �z2!2 =, # =!2
!1= �
z1z2= �
Rb1
Rb2(9.3)
ossia il rapporto di trasmissione dell’ingranaggio è funzione dell’inverso delrapporto tra i raggi delle due circonferenze di base. Dalla eq. 9.3 si deduce
108 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
anche che il rapporto di trasmissione è costante poichè z1 = Rb1e z2 = Rb2 sonoi raggi delle circonferenze di base e sono quindi costanti. Se si fosse ripetuto ilragionamento considerando un altro punto di contatto lungo la retta d’azione,si sarebbe ottenuto lo stesso risultato, dato che sarebbero cambiate solamentele quantità z3 e z4. z3 e z4 infatti, non intervengono nella formula che definisceil rapporto di trasmissione data dall’eq. 9.3. Inoltre il rapporto non cambianemmeno quando gli assi di rotazione si allontanano, in quanto, ciò che varia,anche in questo caso, sono sempre e solo i moduli dei vettori z3 e z4.
B
A 1O
2O
Q
1z
2z
P
CERCHI DI BASE
CIRCONFERENZE PRIMITIVE
!
Si tracci la retta che congiunge i centri delle circonferenze di base. Essainterseca la retta d’azione nel punto Q. Le circonferenze che hanno raggi O1Qed O2Q vengono dette circonferenze primitive.L’angolo ! che la linea di ingranamento forma con la tangente comune alle
circonferenze primitive è detto angolo di pressione delle due ruote dentate inaccoppiamento. Solitamente l’angolo di pressione ha valori standard: ! = 15�,! = 20� ..., ! = 25�.Notare che, solo in istanti particolari, il punto di contatto coincide con il
punto Q. Per similitudine dei triangoli rettangoli si deduce che
" = �z1z2= �
O1Q
O2Q
109
Perciò il rapporto di trasmissione può essere espresso anche come rapportodei raggi delle circonferenze primitive.Immaginiamo ora due ruote lisce che ruotano senza strisciare tra di loro,
aventi gli stessi raggi delle due circonferenze primitive. Nel punto di contatto lavelocità periferica delle due ruote è la stessa, perciò
!1O1Q = �!2O2Q
da cui si deduce che il loro rapporto di trasmissione è " = �O1QO2Q
. Diconseguenza, cinematicamente parlando, un ingranaggio è equivalente a dueruote lisce aventi gli stessi raggi delle circonferenze primitive che rotolano senzastrisciare. Esiste anche un altro schema equivalente per interpretare la trasmis-sione dell’ingranaggio. La trasmissione di un ingranaggio è equivalente allatrasmissione di due ruote aventi raggi uguali alle circonferenze di base dell’in-granaggio, quando la trasmissione avviene attrasverso una fune avvolta attornoalle circonferenze di base.Si definisce modulo m della dentatura il rapporto tra il diametro primitivo
D della circonferenza primitiva ed il numero di denti della ruota
m =D
Z(9.4)
Si definisce passo circonferenziale p la distanza tra due profili di dente lungola circonferenza primitiva
p =#D
Z= #m (9.5)
dove Z è il numero di denti della ruota.Un dente si ripete lungo la circonferenza primitiva ogni lunghezza di passo.
Perciò, quando due ruote dentate ingranano, esse devono avere lo stesso passo(e quindi stesso modulo), altrimenti i denti si compenetrerebbero.Conoscendo l’angolo di pressione è possibile trovare la relazione tra il raggio
di base della ruota dentata ed il modulo. Sempre osservando la precedentefigura, si ottiene
O2B
O2P= cos ($)
Sapendo che O2B è il raggio di base Rb2 della seconda ruota dentata e cheO2P è il raggio primitivo della seconda ruota dentata, sostituendo
Rb2 = cos ($)D2
2=
= cos ($)m Z22
dove Z2 è il numero di denti della seconda ruota. Per la prima ruota vale lastessa relazione Rb1 cos ($)
m Z12 . Per concludere, dimostriamo che il rapporto
di trasmissione è dato dal rapporto tra i denti
110 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
! ="2
"1= �
O1Q
O2Q= �
D1
D2= �
m Z1m Z2
= �Z1Z2
Nell’ultimo passaggio si è sfruttata l’eq. 9.4.
9.1 Velocità di strisciamento
Due denti a contatto sono in condizione di strisciamento nel punto di contattoP .
B
A 1O
2O
Q
P
!
11 "#QO
Il punto di contatto può essere pensato come un punto appartenente allaprima ruota, od alla seconda ruota. Nel punto di contatto, la di�erenza tra levelocità assolute dei punti appartenenti alle due ruote è in notazione vettoriale
�$vr =��$O1P a #1 �
��$O2P a #2
dove #1 è un vettore uscente dal piano, avente modulo paria "1 ed #2 è unvettore entrante nel piano ed avente modulo pari a "2. La velocità �$vr rappre-senta la di�erenza delle due velocità assolute dei punti a contatto e quindi la
9.2. COME TRACCIARE IL PROFILO DEL DENTE 111
velocità di strisciamento dei profili dei denti nel punto in cui vengono a contatto.Componendo i vettori, si ottiene
�$vr =³��$O1Q+
��$QP
´a !1 �
³��$O2Q+
��$QP
´a !2 =
=��$O1Q a !1 �
��$O2Q a !2 +
��$QP a (!1 � !2)
Dato che i vettori��$O1Qa!1,
��$O2Qa!2 hanno stessa direzione ed orientazione
ed uguale modulo (come visto nel praragrafo precedente), si conclude
�$vr =��$QP a (!1 � !2)
Notare che la quantità !1 � !2 non è mai una quantità nulla (nemmenoquando il rapporto di trasmissione è unitario) poichè rappresenta una di�erenzadi vettori che sono orientati uno in un verso e l’altro nel verso opposto.Si nota come la condizione di non strisciamento si ha solamente quando il
punto P coincide con il punto Q. A causa dello strisciamento sempre presente,il rendimento della trasmissione è sempre inferiore all’unità.
9.2 Come tracciare il profilo del dente
Consideriamo la seguente figura.
O
AB
0!
C D!"
CIRCONFERENZA PRIMITIVA
L’obiettivo di questo paragrafo consiste nel fornire le coordinate dei puntidel profilo di un dente della ruota dentata rispetto ad un sistema di riferimento.Poniamo l’origine del sistema di riferimento nel punto O. Nella figura il punto Bappartiene alla circonferenza primitiva, mentre i punti D e C appartengono allacirconferenza di base. Per le proprietà della circonferenza primitiva, il trattoDB vale
112 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
DB =pOB2 �OD2 =
=
sµDp
2
¶2�R2b
dove Dp è il diametro primitivo ed Rb è il raggio di base. Se si fissa unaposizione angolare !0 ad arbitrio (quest’ultimo angolo definisce la posizione an-golare del dente attorno alla circonferenza), il punto B nel sistema di riferimentoscelto ha coordinate
B = OD
½cos (!0)sin (!0)
¾+DB
½cos¡!0 +
!2
¢
sin¡!0 +
!2
¢¾=
= Rb
½cos (!0)sin (!0)
¾+DB
½cos¡!0 +
!2
¢
sin¡!0 +
!2
¢¾
dove DB è stato precedentemente calcolato. Consideriamo un altro puntoA appartenente allo stesso profilo del dente. Ripetendo lo stesso ragionamento,si ottiene
A = OC
½cos (!0 +�!)sin (!0 +�!)
¾+CA
½cos¡!0 +�!+
!2
¢
sin¡!0 +�!+
!2
¢¾
(9.6)
Utilizzando le proprietà del profilo secondo cui il profilo è generato dall’avvol-gimento di un filo di lunghezza DB attorno alla circonferenza di base, si deduce
che il segmento DB è la somma del segmento CA e dell’arco"CD
DB = CA+"CD = CA+Rb�!
Sostituendo nella 9.6 si conclude
A = OC
½cos (!0 +�!)sin (!0 +�!)
¾+ (DB �Rb�!)
½cos¡!0 +�!+
!2
¢
sin¡!0 +�!+
!2
¢¾=
= Rb
½cos (!0 +�!)sin (!0 +�!)
¾+
3
Csµ
Dp
2
¶2�R2b �Rb�!
4
D½cos¡!0 +�!+
!2
¢
sin¡!0 +�!+
!2
¢¾
Questa equazione rappresenta le coordinate del profilo del dente nel pianox-y in funzione del parametro �!.Perciò, per tracciare il profilo del dente, è su!ciente incrementare o decre-
mentare il valore �!.I limiti estremi del dente sono fissati da due circonferenze dette circonferenza
di testa e circonferenza di piede. La circonferenza di piede solitamente deveavere raggio non inferiore al raggio della circonferenza di base, altrimenti inquella zona il profilo del dente non risulta più un evolvente di cerchio. In alcunicasi questa ipotesi viene a mancare.
9.3. CONDIZIONI DI INGRANAMENTO 113
dh
CIRCONFERENZA PRIMITIVA
CIRCONFERENZA DI PIEDE
CIRCONFERENZA DI TESTA
ah
I valori di addendum del dente ha e dedendum del dente hd sono standard-izzati e solitamente sono legati al valore del modulo. La superficie del dentecompresa tra la circonferenza primitiva e la circonferenza di testa è detta costamentre la superficie del dente compresa tra la circonferenza primitiva e la cir-conferenza di piede è detta fianco. La somma di ha ed hd forniscono l’altezzadel dente. Solitamente il profilo del dente non taglia la circonferenza di testaa spigolo vivo, ma viene opportunamente raccordato ad essa. Due ruote cheingranano tra di loro hanno stessa altezza di dente.Inoltre le ruote dentate possono essere classificate in ruote normali e ruote
corrette.Nelle ruote normali l’addendum delle due ruote che ingranano è lo stesso,
e così avviene anche per il dendendum. In questo caso si usa il modulo perproporzionare il dente
ha = m hd = 1, 25 m
Viene detto vano lo spazio compreso tra dente e dente. Nelle ruote normalilo spessore del dente misurato lungo l’arco della circonferenza primitiva è metàdel passo; allo stesso modo lo spessore del vano lungo la circonferenza primitivaè metà del passo.
9.3 Condizioni di ingranamento
Si è già visto che due ruote dentata ingranano quando hanno uguale modulo.Però questa non è l’unica condizione da rispettare. Ci sono altre due condizionida rispettare:1) almeno due denti devono essere in presa contemporaneamente;2) i denti non devono compenetrare tra di loro.
114 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
1) Vediamo la prima condizione. E’ necessario che i denti siano sempre inpresa, nel senso che quando due denti si disimpegnano, i successivi devono esseregià impegnati. Nel seguito si tradurrà formalemente questa considerazione.
1A
2A
1P
2P
1O
2O
22D
21D
ah
ah
Nella figura sono rappresentati i profili di due denti nell’istante in cui inizianoad ingranare (la ruota in basso ruota in senso antiorario). Il punto iniziale dicontatto P1 è dato dall’intersezione della retta d’azione con la circonferenza ditesta della ruota in basso. Durante il moto il punto di contatto si sposta lungoil segmento A1A2. I due denti si disimpegnerenno nell’istante in cui il puntodi contatto raggiunge l’intersezione della retta d’azione con la circonferenza ditesta della ruota in alto, cioè il punto P2 in figura. Il segmento P1P2 è inferioreal segmento A1A2. Calcoliamo la lunghezza P1P2
P1P2 = A1A2 �A1P1 �A2P2 =
= A1A2 � (A1A2 �A2P1)� (A1A2 �A1P2) =
= A2P1 +A1P2 �A1A2 =
=
sµD2
2+ ha
¶2�R2b2 +
sµD1
2+ ha
¶2�R2b1 �A1A2
E, sfruttando il fatto che Rb = cos (!) D2 e che A1A2 può essere messo in
funzione dell’angolo di pressione e dell’interasse, si ottiene A1A2 = I sin (!) (Iè la distanza d’interasse tra le due ruote)
9.3. CONDIZIONI DI INGRANAMENTO 115
P1P2 =
sµD2
2+ ha
¶2�µcos (!)
D2
2
¶2+
sµD1
2+ ha
¶2�µcos (!)
D1
2
¶2�I sin (!)
Si è già visto che l’ingranaggio può essere pensato, dal punto di vista cine-matico, come un meccanismo costituido da due ruote (con raggi uguali ai raggidelle circonferenze di base) che trasmettono il moto attraverso un filo avvoltoattorno ad esse. Utilizzando questa similitudine, si deduce che, quando il pun-to di contatto ha percorso il tratto P1P2 lungo la retta d’azione, il filo si saràavvolto di una lunghezza pari a P1P2 attorno alla circonferenza di base. Di con-seguenza, l’angolo di cui avrà ruotato la circonferenza di base è pari a P1P2/Rb.Inoltre, l’arco di cui avrà ruotato la ruota primitiva è pari a L = (P1P2/Rb)
D2 .
Dato che Rb = cos (!)D2 , l’arco di rotazione della ruota primitiva è
L = (P1P2/Rb)D
2=
P1P2cos (!)
L viene chiamato arco d’azione.Questa lunghezza rappresenta l’arco lungo la circonferenza primitiva che si
ottiene per rotazione delle ruote dentate da quando due denti entrano in presafino a quando si disimpegnano. Dato che nell’istante in cui si disimpegnano,altri due denti devono essere in presa, il valore dell’arco d’azione deve esseremaggiore del passo (distanza tra due denti lungo la circonferenza primitiva).Si definisce la quantità rc =
Lp rapporto di condotta. Per quanto visto,
a!nche vi siano sempre almeno due denti in presa deve essere
rc > 1
Valori consigliati vanno da 1,2 ad 1,4. Questo parametro dipende dallageometria delle ruote e dalle loro dimensioni.2) Passiamo alla seconda condizione (che risulta essere più restrittiva): I
denti non devono compenetrarsi.Nei profili ad evolvente di cerchio, il profilo del dente è definito solo es-
ternamente alla circonferenza di base. Si dimostrerà nel seguito che il puntodi inizio ingranamento P1 ed il punto di fine ingranamento P2 devono essereinterni al segmento A1A2. Il segmento A1A2 rappresenta il tratto della rettad’azione compreso tra i due punti di tangenza alle circonferenze di base. Lungoquesto segmento, i denti in presa hanno i profili tangenti tra di loro nel punto dicontatto ed entrambi sono perpendicolari alla retta d’azione. Cosa succede sequesta condizione non viene rispettata, cioè se P1 risultasse esterno al segmen-to A1A2? Nella figura è mostrato il caso in cui la circonferenza di testa dellaruota in basso risulti essere talmente grande da causare che l’ingranamento trai due denti, inizi in un punto P1al di fuori del segmento A1A2. Se così fosse,come mostrato dalla figura sottostante, nel punto di contatto, i profili dei dentiavrebbero normali al profilo diverse, date dalle rette tangenti alle circonferenzedi base: g ed l. I due denti non risultano essere in contatto attraverso superfici
116 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
tangenti tra di loro, bensì la punta del dente della ruota in basso va in contattocon il fianco del dente della ruota in alto. In un instante successivo, la puntadel dente andrebbe a compenetrare il profilo del dente in presa.
1A
2A
1P
2P
1O
2O
22D
21D
ah
ah l
g
Si ricorda che il punto P1 è l’intersezione della circonferenza di testa dellaruota in basso con il segmento A1A2. Per quanto detto P1 al più può arrivarefino a coincidere con A1. Per Pitagora, tale condizione si esprime con la seguenterelazione
q(P1O2)
2 � (A2O2)2 < A1A2
,
P1O2 <q(A1A2)
2 + (A2O2)2
,D2
2+ ha <
qI2 sin2 (!) +R2b2
In conclusione si vede che, fissati i diametri primitivi delle ruote dentate,l’addendum della ruota deve essere limitato, cioè
9.4. FORZE TRASMESSE 117
ha < ha_MAX =
s
I2 sin2 (!) + cos2 (!)
µD2
2
¶2�
D2
2(9.7)
Si vede dalla figura che, se ci si riferisce a ruote normali, il fenomeno dell’in-terferenza si verifica per primo all’intersezione tra la circonferenza di testa dellaruota di diametro maggiore e la retta d’azione.Come si vede, ha_MAX dipende dall’interasse I (solitamente l’interasse, se
il motaggio avviene correttamaente è dato da D1+D2
2 ), dall’angolo di pressionee dai diametri delle due ruote.Nelle ruote normali ha = m. Se si lega il modulo al numero di denti, dato che
m = D2
Z2ma vale anche m = D1
Z1, l’eq. 9.7 porta a due condizioni da rispettare
ha = m < ha_MAX
=, (9.8)
D2
Z2<
s
I2 sin2 (!) + cos2 (!)
µD2
2
¶2�
D2
2(9.9)
D1
Z1<
s
I2 sin2 (!) + cos2 (!)
µD2
2
¶2�
D2
2(9.10)
Considerando la seconda delle due e rielaborandola si ottiene
Z1 >1r³
D2/D1+12
´2sin2 (!) + cos2 (!)
³D2/D1
2
´2� D2/D1
2
Da questa equazione si vede che il numero minimo di denti della ruota denta-ta più piccola (pignone) è in funzione del rapporto di trasmissione e dell’angolodi pressione.
9.4 Forze trasmesse
Consideriamo la seguente figura. Supponiamo che la ruota conduttrice sia quellasovrastante. Il punto di contatto giace lungo la retta d’azione che risulta esseresempre perpendicolare al profilo del dente. La forza che le due ruote dentatesi scambiano, che è tangente ai profili dei denti, risulta essere orientata comela retta d’azione. In figura è rappresentata la forza che il dente della ruotasovrastante esercita sul dente della ruota sottostante.
118 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
F !
Questa forza può essere scomposta in una componente tangenziale Ft =F cos (!) ed una componente radiale Fr = F sin (!). La componente tangen-ziale genera una coppia utile sulla ruota condotta, mentre la forza radiale va ascaricarsi sul supporto della ruota condotta. Anche la ruota conduttrice, per ilprincipio di azione e reazione, è soggetta alle stesse forze radiali e tangenziali(forze opposte per il principio di reazione).
Vediamo quali sono le forze in gioco in una trasmissione
A
B
mC
rC
tF
rF
xR
xRyR
yR
Nella figura sono schematizzate due ruote dentate a denti diritti. Il pignoneposto in alto (ruota 1) ruota in senso orario ed è azionato da una coppia motriceCm. La ruota dentata in basso (ruota 2) è frenata da una coppia frenante paria Cr. Nel punto di ingranamento sono rappresentate le forze che il pignoneesercita sulla ruota 2.
La forza tangenziale Ft è prodotta dalla coppia motrice Ft =Cm
D1/2. Ques-
ta forza, trasmessa alla ruota 2, vince la coppia resistiva, perciò Ft =Cr
D2/2.
Uguagliando le forze si ottiene
9.5. RUOTE DENTATE CILINDRICHE A DENTI ELICOIDALI 119
Cr
Cm=
D2
D1
Da questa relazione si deduce che un ingranaggio ha la funzione di amplificarela coppia applicata al pignone in funzione del rapporto di trasmissione.Come si vede dalla figura, i supporti (si suppone che i supporti siano alla
stessa distanza dalla ruota dentata) risultano sollecitati. Facendo l’equilibriolungo x ed y, si ottiene
Rx =Ft
2=
Cm
D1
Ry =Fr
2=
Cm
D1tan (!)
Si vede perciò che le forze che vanno a scaricarsi sul telaio sono proporzionalialla coppia motrice ed inversamente al diametro del pignone.
9.5 Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali
Trasmettono il moto fra assi di rotazione paralleli o sghembi.
Presentano rispetto alle precedenti un funzionamento più regolare, minoreentità di urti e minore rumorosità. Infatti in esse il contatto fra due denti iniziae cessa gradualmente e non in modo discontinuo come nelle ruote a denti dritti.Il profilo del dente può essere pensato come realizzato nel seguente modo.
120 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Il disegno di sinistra rappresenta la generazione del profilo di dente ad evol-vente di cerchio per le ruote dentate a denti diritti. Il profilo è generato dallalinea appartenente alla superficie che viene avvolta attorno al cilindro di base.Il disegno di destra rappresenta la generazione del profilo di dente ad evol-
vente di cerchio per le ruote dentate a denti elicoidali. Il prifilo è generato dallalinea appartenente alla superficie che viene avvolta attorno al cilindro di base.La linea di partenza è inclinata rispetto alla linea del disegno di sinistra. Lalinea inclinata disegna un’elica sulla circonferenza di base.Geometricamente, le ruote dentate a denti elicoidali si possono pensare gen-
erate da una ruota a denti diritti facendo ruotare ogni sezione normale all’assedi una quantità proporzionale alla sua distanza da una sezione estrema.Questo tipo di ruote trasmettono una forza obliqua rispetto agli assi e la com-
ponente parallela ad essi deve essere convenientemente equilibrata dai cuscinettidegli alberi.Nei riguardi della costruzione, le ruote cilindriche a denti elicoidali non
presentano maggiori di!coltà delle ruote a denti diritti.Una coppia di ruote di questo tipo può essere impiegata per rapporti di
trasmissione compresi fra 0,1 e 10.
!pD
p
np
ep
9.5. RUOTE DENTATE CILINDRICHE A DENTI ELICOIDALI 121
Nella figura sono rappresentati gli elementi geometrici che caratterizzanouna ruota dentata cilindrica a denti elicoidali. La figura rappresenta la vistalaterale della ruota con asse di rotazione disposto orizzontalmente.
Si è detto che una ruota a denti elicoidali si ricava da una ruota a denti diritti
facendo ruotare le sezioni linearmente formando un’elica. Perciò l’inclinazione
dell’elica è definita dall’angolo !: angolo di inclinazione dell’elica. Formalmenteè definito in questo modo: tracciamo la linea di intersezione tra il cilindro prim-itivo ed un profilo del dente come in figura (in figura è stata tracciata anche lacontinuazione fuori dalla ruota dentata). Proiettiamo l’elica ottenuta nel piano
della figura. L’angolo d’elica è l’angolo formato dalla tangente all’elica e l’assedella ruota nel punto in cui l’elica interseca l’asse (vedi figura).Viene definito un passo d’elica.pe = passo d’elica; è la distanza lungo l’asse di rotazione dovuta ad un
periodo completo dell’elica. Il suo valore si ricava dalla relazione (basta pensare
allo sviluppo dell’elica sul piano)
"Dp
pe= tan (!)
dove Dp è il diametro primitivo della ruota.
Se indichiamo con Z il numero di denti, si definisce il modulo frontale
m =Dp
Z
Un altro parametro utile è p = passo frontale; è la distanza tra due profili didue denti successivi misurata lungo il piano perpendicolare all’asse di rotazione
intersecato con il cilindro primitivo. Da questa definizione si ottiene che il passofrontale è legato al modulo frontale
p ="Dp
Z= "m (9.11)
Inoltre si può definire:pn = passo normale; è la distanza tra due profili di due denti successivi
misurata lungo il piano normale al profilo del dente;Tutte le misure a cui ci si riferisce sono misure e�ettuate sulla circonferenza
primitva.
Associato al passo vi è il modulo mn = modulo normale.Similmente a quanto viso per il modulo frontale si ha pn = "mn.
Osservando la figura si può ricavare la seguente relazione
pnp= cos (!)
La stessa relazione vale anche per i moduli.
Due ruote dentate a denti elicoidali possono ingranare solamente quando
hanno uguale modulo normale mn.
122 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Il rapporto di trasmissione è dato dal rapporto tra i denti delle due rispettiveruote, non dal rapporto tra i diametri primitivi. Infatti vale
! ="1"2= �
Z2Z1
Per l’eq. 9.11 il rapporto è pari a
! = �Dp2
Dp1
p1p2
I passi frontali non sono uguali. Possono essere messi in funzione dei passinormali che invece sono uguali (poichè sono proporzionali ai moduli normali),perciò
! = �Dp2
Dp1
p1p2= �
Dp2
Dp1
cos (#2)
cos (#1)
pn1pn2
= �Dp2
Dp1
cos (#2)
cos (#1)
9.5.1 Forze trasmesse
La ruota condotta non è rappresentata in figura. E’ visualizzata solamentela forza che essa trasmette perpendicolarmente al profilo del dente sulla ruotaconduttrice. Si ipotizza che gli ingranaggi si scambino una forza applicata in unpunto per semplicità. Questa forza genera tre componenti sulla ruota.
Come avviene nelle ruote dentate a denti diritti, l’angolo di pressione $ ècostante durante l’ingranamento. L’angolo di pressione è misurato nel piano
9.5. RUOTE DENTATE CILINDRICHE A DENTI ELICOIDALI 123
frontale. Esso esprime il legame tra la componente radiale e tangenziale delleforze di reazione
Fr
Ft= tan (!)
Inoltre, data l’inclinazione dell’elica, si riesce a trovare il legame tra lecomponenti tangenziale ed assiale.
! aF
tF
cioè
Fa
Ft= tan (")
La coppia trasmessa ha valore C = FtD2 . Per cui le forze assiali e radiali in
funzione della coppia prodotta, sono
Fr = tan (!)Ft = 2 tan (!)C
D
Fa = tan (")Ft = 2 tan (")C
D
Da qui si vede il difetto principale di questo tipo di ruote. Oltre a trasmettereuna coppia, trasmettono anche una forza radiale ed una assiale che vanno ascaricarsi sui supporti.
9.5.2 Accoppiamento di ruote elicoidali
Il rapporto di trasmissione tra due ruote elicoidali è dato dal rapporto dei numeridi denti
# = �Z1Z2
A seconda dell’inclinazione dell’elica di una ruota dentata si definiscono duetipi di ruote. Una ruota elicoidale è ad elica destra se, guardandola di profilo,
124 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
con l’asse orizzontale, i denti si abbassano verso destra; è ad elica sinistra se identi si abbassano verso sinistra
!
ELICA DESTRA
!
ELICA SINISTRA
Nelle ruote cilindriche a denti elicoidali con assi paralleli le due ruote in presahanno eliche inclinate dello stesso angolo, ma una è ad elica destra, mentre l’altraè ad elica sinistra.
!
!
Per quanto riguarda assi non paralleli, si possono accoppiare ruote con angolidi elica diversi tra loro come in figura seguente.
9.5. RUOTE DENTATE CILINDRICHE A DENTI ELICOIDALI 125
!
1"
2"
RUOTA MOTRICE
RUOTA CONDOTTA
ELICA COMUNE
Gli assi formamo un angolo ! tra di loro. L’asse orizzontale è l’asse dellaruota motrice. Il segmento con linea più spessa rappresenta l’elica della ruotamotrice (l’elica in vista). L’elica non in vista della ruota motrice ha inclinazioneopposta alla linea più spessa ed è allineanta con la linea elica comune. La lineaelica comune rappresenta la linea dove le eliche delle due ruote ingranano. Lacondizione a!nchè le due ruoti ingranino è che la somma degli angoli di elicasia pari all’angolo tra gli assi
! = "1 + "2
Questa condizione è valida solamente quando gli angoli di elica sono entrambiminori degli angoli degli assi. Nel caso in cui l’angolo degli assi sia minore diuno dei due angoli di elica siamo nella seguente situazione
!1"
2"
RUOTA MOTRICE
RUOTACONDOTTA
ELICA COMUNE
126 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Si vede geometricamente che, in questo caso, la condizione da rispettare è
! = "1 � "2
9.6 Ruote dentate coniche
Sono utilizzate per trasmettere il movimento tra due assi di rotazione concor-renti. Le più comuni sono a denti diritti, ma sono altrettanto di�use le versionia dentatura elicoidale.
L’angolo degli assi può avere qualsiasi valore (90� è una configurazione co-mune). In questi tipi di ingranaggi la superficie primitiva è un cono. Come nelcaso di ingranaggi ad assi paralleli, il moto degli ingranaggi era equivalente aquello di due cilindri primitivi (che rotolano senza strisciare), così, nel caso diruote dentate coniche, il moto è equivalente a quello di due coni primitivi cherotolano senza strisciare lungo la generatrice comune.
!
A
B
1"2"
C
D
9.6. RUOTE DENTATE CONICHE 127
Nella figura soprastante sono rappresentati solamente i coni primitivi e gliassi di due ruote coniche che ingranano tra di loro. Gli assi formano un angolopari a !. "1 e "2 sono gli angoli di semiapertura dei due coni primitivi. Isemiangoli di apertura dei due coni giocano il ruolo che i raggi primitivi avevanoper le ruote dentate cilindriche a denti diritti. La velocità di un punto A, pensatocome appartenente al primo cono primitivo, deve essere la stessa del punto Apensato come appartenente al secondo cono, per cui
vA = DA #1 = CA #2
dove DA e CA sono le distanze del punto A rispettivamente dall’asse dirotazione del primo e del secondo cono primitivo.
Da questa relazione si ricava il rapporto di trasmissione (in modulo, senzatener conto dei versi di rotazione)
$ =#2#1=
DA
CA
Inoltre, osservando la figura, si ottiene DA = AB sin ("1) ed equivalente-mente AC = AB sin ("2). Il rapporto di trasmissione diviene
$ =#2#1=sin ("1)
sin ("2)
9.6.1 Profilo del dente
Anche per le ruote coniche si fa riferimento al cono di base che ha un semiangolodi apertura inferiore al semiangolo di apertura del cono primitivo.
Il profilo del dente si ottiene nella seguente maniera. Si traccia la retta OP sudi un piano tangente al cono di base. Facendo rotolare il piano attorno al conoprimitivo senza strisciamento, la retta solitale al piano descrive una superficie(delimitata in figura dalla curva GP , e dalle rette GO e PO) detta evolventesferica. Tale superficie definisce il profilo del dente.
128 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
O
P
G
!
Nella sezione seguente, il cono primitivo è rappresentato dai tratti punto-tratteggio. Il semiangolo di aperture del cono primitivo è !. Il dente è delim-itato da due coni detti coni di troncatura esterna ed interna. La ruota conicaè delimitata da un altro cono opposto al cono primitivo avente generatrice per-pendicolare alla generatrice del cono primitivo: cono complementare. Questocono che definisce la parte terminale del dente ha la caratteristica di avere la su-perficie perpendicolare alle generatrici del cono primitivo. La sezione del dentein figura è data dai tratti ABCD.
"h
A
B
CD
CONO DI TRONCATURA ESETERNA
CONO DI TRONCATURA INTERNA
CONO COMPLEMENTARE
Valutiamo come vengono trasmesse le forze.La ruota motrice esercita sulla ruota condotta una forza Fn perpendicolare al
9.7. RIDUTTORE ARMONICO 129
prifilo del dente. Osserviamo la seguente figura. In basso a destra è visualizzatauna rappresentazione della forza che la ruota motrice esercita sulla condotta.
Tale forza agisce localmente sul piano perpendicolare alla generatrice comune
dei due coni primitivi. Dato che il dente è a profilo ad evolvente, la forza di
contatto si scompone in due componenti: una forza tangente Ft = Fn cos (!)ed una forza normale S = Fn sin (!) dove ! è l’angolo di pressione. Nella partedella figura dove sono rappresentate le due ruote coniche, la forza tangente non èrappresentata, poichè è data da un vettore uscente dal piano di disegno. Invece
la forza S viene scomposta ulteriormente in due componenti: una forza radialeFr = S cos (") ed una forza assiale Fa = S sin (")
A
B
!
nF
S
tF
"
aF
rF
S
9.7 Riduttore armonico
Si tratta di un particolare tipo di riduttore molto compatto in grado di ottenere
rapporti di riduzione fino a 200 ad 1 ed oltre. Come evidenziato dalla foto ècomposto di tre elementi: una corona dentata internamente che solitamente è
fissa a telaio; una corona flessibile (elemento in centro detto anche flexpline); edun generatore d’onda (elemento a sinistra).
130 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Il flexspline è di diametro leggermente inferiore alla corona rigida ed hasolitamente due denti in meno sulla circonferenza esterna. Essendo elastico puòdeformarsi. E’ tenuto in forma ellitica dal generatore d’onda e i suoi dentiingranano sui denti della corna rigida lungo l’asse maggiore dell’ellisse (figurain basse a destra). Appena il generatore d’onda inizia a girare in senso orario,la zona d’ingranamento dei denti su muove insieme all’asse maggiore dell’ellisse.Quando il generatore d’onda ha girato di 180 gradi in senso orario, il flexspline èrimasto indietro di un dente rispetto alla corona dentata. Ogni giro completo delgeneratore d’onda muove il flexspline indietro di due denti rispetto al CircularSpline. Perciò il movente è il generatore d’onda, mentre il cedente è il flexpline.Nota che per diminuire l’attrito il generatore d’onda è munito di sfere che siinterpongono tra il generatore d’onda (rigido) ed il flexpline (elastico).
I vantaggi o�erti da questo tipo di riduttore sono:- elevata capacità di coppia; dal momento che la potenza è trasmessa per
mezzo di un ingranamento multi-dente, i riduttori Harmonic Drive o�rono unacapacità di coppia uguale a dispositivi che sono il doppio di taglia e che pesanotre volte tanto.- gioco zero- apporto di riduzione elevato in un singolo-stadioIl rapporto di riduzione in un singolo-stadio va da 50:1 a 320:1 con tre soli
componenti.Il rapporto di trasmissione è dato da
9.8. ACCOPPIAMENTO VITE MADREVITE 131
! = �Z2 � Z1
Z2
dove Z1 e Z2 sono rispettivamente il numero di denti del flexpline e dellacorona rigida esterna.
9.8 Accoppiamento vite madrevite
Questo tipo di accoppiamento meccanico ha vari scopi. A tutti è nota la ca-pacità di fissare più elementi a mezzo di viti e dadi. Inoltre il meccanismovite-chiocciola è ideale quando si voglia trasformare un movimento rotatorio inun movimento di traslazione.
CHIOCCIOLA
VITE
p !
Nella figura è rappresentata una vite con filetto a sezione rettangolare. Questitipi di vite sono impiegati per impianti di sollevamento (martinetti) e sistemi diposizionamento. Esistono due modalità operative:
1) La rotazione della chiocciola viene bloccata ed attraverso la rotazionedella vite la chiocciola può avanzare;
2) La vite è vincolata rigidamente al telaio, mentre la chiocciola, ruotando,si sposta assialmente.
Nella seguente figura è mostrato un esempio del primo tipo.
132 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Il filetto della vite si avvolge ad elica attorno all’asse della vite. Il passo del-l’elica del filetto p viene definito passo della vite, mentre ! è l’angolo d’elica delfiletto. L’angolo d’elica è l’angolo che l’elica forma con un piano perpendicolareall’asse della vite.Supponiamo che la vite sia ferma e che la chiocciola ruoti. Il legame tra la
posizione x della chiocciola lungo l’asse di rotazione e la posizione angolare "della chiocciola è
x = " r tan (!)
9.8. ACCOPPIAMENTO VITE MADREVITE 133
9.8.1 Calcolo della coppia di azionamento del martinetto
Per fissare le idee si consideri il caso di un martinetto in cui la vite è vincolataal telaio e la chiocciola possa ruotare.
F
C
!
In figura è rappresentato solamente un settore della chiocciola. F è la forzaapplicata assialmente alla chiocciola, ossia il carico resistivo. C è la coppiache viene applicata alla chiocciola. A!nché la chiocciola avanzi, tale coppiadeve vincere il carico F e le forze di attrito. Il meccanismo vite-chiocciola èassimilabile ad un cuneo disposto sopra un piano inclinato
CHIOCCIOLA
VITE
tF
F
S
aF
"
R
In questo meccanismo equivalente, la coppia C genera una forza sul cuneo
134 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
pari a
Ft =C
r(9.12)
dove r è il raggio della vite. S è la forza di contatto tra la vite e ed il filettoperpendicolare alla superficie stessa. Fa è la forza di attrito che si opponeal moto di salita del cuneo. ! è l’angolo di attrito, per cui vale la relazioneFa
S = tan (!). La somma vettoriale della forza di contatto S e della forza diattrito Fa fornisce la forza di reazione R che la vite esercita sulla chiocciola. Rforma un angolo ! con la perpendicolare al filetto ed un angolo pari a ! + "con la verticale. L’equilibrio delle forze agenti sulla chiocciola lungo la direzioneorizzontale e verticale fornisce
Ft �R sin ("+ !) = 0
�F +R cos ("+ !) = 0
Eliminando la reazione R ed utilizzando l’eq. 9.12 si ottiene il valore del-la coppia che determina l’avanzamento della chiocciola soggetta ad un caricoresistivo pari ad F .
C = r tan ("+ !) F (9.13)
In molti sistemi di sollevamento il carico F è dato dalla forza peso dellastruttura da sollevare. In questi casi, nel momento in cui la coppia C viene amancare, è necessario che la chiocciola non si metta in movimento spontanea-mente causando la discesa incontrollata della chiocciola stessa. Riferendoci allafigura seguente (figura di sinistra), si vede che, nel caso di moto incipiente didiscesa, la forza di attrito si oppone al moto di discesa della chiocciola.
9.8. ACCOPPIAMENTO VITE MADREVITE 135
F
S
aF
!
R
"
a b
!
" F
b a
R
La somma vettoriale della forza di attrito e della reazione di contatto per-pendicolare al filetto è rappresentata dal vettore R. R è disposto verticalmente,in quanto deve equilibrare il carico F . In questo caso il meccanismo è dettoirreversibile, in quanto la chiocciola spontaneamente non scivola sul piano in-clinato. Se però l’angolo di filetto aumenta, o l’angolo di attrito diminuisce, siottiene la configurazione rappresentata dalla figura di destra. In questo caso,per le proprietà del cono d’attrito, R deve sempre essere all’interno di un angolocompreso tra le semirette a e b. Nel tentativo di equilibrare la forza F , il vettoreR al più si dispone lungo la semiretta b. In questo caso la componente verticaledi R e�ettivamente equilibra la forza F
R cos (!� ") = F
Però nasce anche una componente orizzontale R sin (!� ") che non vieneequilibrata da alcuna forza esterna e che causa la discesa spontanea della chiocci-ola. In questo caso il meccanismo è detto reversibile. Riassumendo, le condizionidi reversibilità sono
meccanismo reversibile ! > "meccanismo irreversibile ! < "
L’ottenere la condizione di reversibilità o meno dipende dal tipo di appli-cazione. Ad esempio, se il martinetto viene impiegato per sollevare carichi inmaniera sicura ed è disposto verticalmente, è richiesta la condizione di irre-versibilità. Al contrario se la trasmissione vite chiocciola è disposta orizzon-talmente, in molte applicazioni automatiche è richiesto avere un’alta e!cienza
136 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
e quindi un basso attrito. Perciò la trasmissione diventa reversibile. In questicasi, per ridurre l’attrito, si utilizzano viti a ricircolo di sfere
Tra il filetto della vite e quello della chiocciola sono inserite delle sfere cherotolano all’interno delle proprie sedi.
9.8.2 Viti con filetto trapezoidale
Lo schema di questa vite è rappresentato nella seguente figura.
FpF
!
"2
Si riconosce l’angolo d’elica del filetto !. " è il semiangolo di apertura del-
9.9. ROTISMI 137
l’angolo che definisce la forma del filetto. Questo tipo di viti vengono utilizzatecome elementi di serraggio, accoppiandosi a dadi od avvitandosi direttamente afori filettati. Il motivo è facilmente intuibile. L’elemento su cui è avvitata la vitegenera una forza F lungo l’asse della vite. Tale forza è globalmente equilibratadalla forza perpendicolare alla superficie di contatto
Fp =F
cos (!)
Perciò, più ! aumenta, più la forza perpendicolare alla superficie del filettoaumenta. Inoltre, maggiore è Fp, maggiore è la forza d’attrito (dato che èdirettamente legata alla forza perpendicolare alla superficie) che causa un ottimoserraggio della vite stessa. Questo serraggio è meno e!cacie nel caso in cui! = 0, che corrisponde al caso di viti con filetto a sezione rettangolare.Formalmente si può dimostrare che una vite trapezia, dal punto di vista delle
forze in gioco, equivale ad una vite rettangolare avente un angolo di attrito cherispetta la relazione
tan¡"f¢=tan (")
cos (!)
Si noti come l’angolo di attrito "f , detto angolo di attrito fittizio, aumentiall’aumentare dell’angolo !.Con questa equivalenza si possono utilizzare tutte le formule ricavate per le
viti rettangolari. In particolar modo, per ruotare un dado soggetto alla forzaassiale F è necessaria una coppia (vedi formula 9.13)
C = r tan¡#+ "f
¢F
Le condizione di irreversibilità diventa in questo caso "f > #.
9.9 Rotismi
Prende il nome di rotismo un sistema di ruote dentate ingranate l’una sull’altra.Il rotismo è detto ordinario se gli assi delle ruote sono fissi a telaio; è dettoepicicloidale se alcuni degli assi sono mobili.
9.9.1 Rotismo ordinatio
E’ noto che quando due ruote ingranano esternamente (figura sottostante adestra) il loro rapporto di trasmissione è
$ =%2%1= �
R1R2
dove % = & ed R rappresenta il raggio primitivo della ruota.
138 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
1 2
1! 2!1!
2
Nel caso della figura di destra si può notare che quando la ruota 1 ruota insenso antiorario (la ruota 1 ingrana internamente alla ruota 2) anche la ruota 2ruota nello stesso verso. Perciò il rapporto di trasmissione è in questo caso
! ="2"1=
R1R2
Facciamo riferimento alla seguente figura dove sono rappresentate le primi-tive di tre ruote dentate con assi di rotazione fissi a telaio
1 2 3
1!2!
3!
La ruota motrice è la ruota 1, mentre la ruota condotta è la ruota 3. Cerchi-amo il rapporto di trasmissione tra la ruota 3 e la ruota 1. Per definizione essovale !31 = !3
!1. Moltiplicando e divedendo per "2 si ottiene !31 = !3
!2!2!1. Dato
che !2!1è il rapporto di trasmissione della ruota 2 rispetto alla ruota 1 e che !3
!2è il rapporto di trasmissione tra la ruota 3 e la ruota 2 si conclude che
!31 = !32 !21
ossia, il rapporto di trasmissione tra la ruota condotta e la ruota motrice inun rotismo ordinario è dato dal prodotto dei singoli rapporti di trasmissione tratutte le ruote che costituiscono il rotismo.Espandendo la formula si ottiene
9.9. ROTISMI 139
!31 = !32 !21 =
µ�R2R3
¶µ�R1R2
¶=
R1R3
Applichiamo la formula al seguente esempio
1
2 3
4
La ruota motrice è la ruota 1; la ruota condotta la ruota 4. La ruota 3ingrana internamente con la ruota 4. Il rapporto di trasmissione, per quantovisto è
!41 = !43 !32 !21 =
µR3R4
¶× 1×
µ�R1R2
¶= �
R3R4
R1R2
L’angolo della prima ruota è legato all’angolo della seconda ruota.
9.9.2 Rotismi epicicloidali
Nei rotismi epicicloidali uno o più assi di alcune ruote dentate possono essere nonfissi a telaio. In genere sono vincolati ad una struttura che ha asse di rotazionefisso a telaio. Le ruote con assi non fissi a telaio vengono dette satelliti. Lastruttura a cui sono vincolati gli assi dei satelliti è detta portatreno. I satellitisolitamente ruotano attorno ad una ruota con asse fisso a telaio. Tale ruota èdetta solare. Un esempio di rotismo epicicloidale è dato dalla seguente figura
140 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
1
2
3
SOLARE
PORTATRENO
SATELLITE
Nei rotismi epiciloidali, a di�erenza dei rotismi ordinari, il calcolo dei rap-porti di trasmissione non è così semplice. Per ottenerli bisogna ricorrere allevelocità relative. Concentriamoci sull’esempio. Supponiamo di voler calcolare ilrapporto di trasmissione del portatreno (ruota 3) rispetto al satellite (ruota 2)quando il solare è fermo (ruota 1). Per farlo bisogna porsi nel sistema di rifer-imento del portatreno. Se ci si mette a cavalcioni del portatreno si vedrannole ruote girare con la velocità relativa al portatreno. In altre parole, osservarerispetto al portatreno, equivale a fissare il portatreno ed a far girare le ruotecon le velocità relative. Dato che il meccanismo che si ottiene fissando il porta-treno è un rotismo ordinario, si può calcolare il rapporto tra le velocità (relativaal portatreno) della ruota condotta e la velocità (relativa al portatreno) dellamotrice utilizzando le regole che si applicano ad un rotismo ordinario. Quantodetto vale solo per le velocità relativa. In altre parole, un rotismo epicicloidalepuò essere pensato come un rotismo ordinario se si fissa il portatreno e si lavoracon le velocità relative delle ruote. Seguendo l’esempio si ottiene
!23!13
= �R1R2
dove !23 ed !13 sono le velocità del satellite e del solare rispetto al porta-treno. Notare che �R1
R2è il rapporto di trasmissione tra le due ruote pensato
come se il rotismo fosse oridinario (portatreno fisso). Ponendo le velocità relativein funzione delle velocità assolute si ottiene
!2 � !3!1 � !3
= �R1R2
(9.14)
Questa formula è detta formula di Willis; essa mette in relazione le velocitàassolute delle ruote compreso il portatreno. Poichè il solare è fermo la sua veloc-ità assoluta è nulla !1 = 0. Dall’eq. 9.14 si ottiene il rapporto di trasmissionecercato
9.9. ROTISMI 141
!32 ="3"2=
R2R2 +R1
Una tipica applicazione dei rotismi epicicloidali è il riduttore epicicloidale
schematizzato nella figura sottostante.
Il solare (ruota 1) è l’elemento motore. Attorno al solare ingranano i tre
satelliti (ruote 2 e 4). Il meccanismo funzionerebbe lo stesso dal punto di vista
cinematico con un solo satellite. I tre satelliti vengono utilizzati per distribuire
gli sforzi realizzati. I satelliti hanno gli assi solidali al portatreno (ruota 5) che
rappresenta la ruota condotta. I satelliti inoltre ingranano internamente con la
corona fissa a telaio (ruota 3). Essendo questo rotismo un riduttore è richiestodi calcolare il rapporto di trasmissione del portatreno rispetto al solare cioè il
valore !51 =!5!1. Come al solito consideriamo le velocità relative al portatreno.
I rapporti di velocità delle velocità relative sono gli stessi delle velocità assolute
di un rotismo ordinario ottenuto da quello originario fissando il portatreno. Percui si può scrivere
"35"15
=R2R3
µ�R1R2
¶
dove "35 ed "15 sono le velocità della corona e del solare rispetto al porta-treno (è quindi un rapporto di velocità relative). Il termine di destra rappresenta
il rapporto di trasmissione della ruota 3 rispetto alla ruota 1. E’ dato quindi dal
prodotto dei 2 rapporti di trasmissione rispettivamente tra la ruota 3 e la ruota
2 e tra la ruota 2 e la ruota 1. Gli stessi ragionamenti si potevano riproporre
uguali considerando la ruota 4 in luogo della ruota 2. Esplicitando le velocità
relative, si ottiene
"3 � "5"1 � "5
=R2R3
µ�R1R2
¶
142 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
Poichè la velocità assoluta della corona è nulla (!3 = 0), si ottiene il rapportocercato
"51 =!5!1=
R1R1 +R3
Questo tipo di riduttori spesso vengno utilizzanti in cascata a più stadi perottenere riduzioni spinte.
9.9.3 Di�erenziale
Nella figura seguente è rappresentato un particolare rotismo epiciloidale dettodi�erenziale. Il di�erenziale viene utilzzato nelle automobili per di�erenziare levelocità delle ruote motrici (proprietà richiesta in curva).
1
2
3
4
5
Le ruote sono direttamente calettate alle due ruote coniche 1 e 3. Una ruotaconica 2 ingrana sulle ruote 1 e 3, però il suo asse di rotazione è vincolatoal portatreno. Il portatreno, che forma un tuttuno con la ruota conica 4 puòruotare anch’esso attorno all’asse delle ruote 1 e 3. Il portatreno è azionatodalla ruota conica 5 che rappresenta la ruota motrice. Nel seguito troveremo larelazione tra la velocità del portatreno e le velocità delle due ruote 1 e 3.Utilizzando la formula di Willis, si ottiene che le velocità relative al porta-
treno delle due ruote 1 e 3 rispettano il seguente rapporto
!34!14
= �1
In questo calcolo si è ipotizzato che le ruote 1 2 e 3 siano uguali. Esplicitandole velocità relative, si ottiene
!3 � !4!1 � !4
= �1
da cui
9.9. ROTISMI 143
!4 =!1 + !32
(9.15)
Supponiamo che l’auto stia percorrendo un tratto rettilineo con velocità paria v. Le velocità angolari delle due ruote sono uguali e pari a !1 = !3 =
vr , dove r
è il raggio dei pneumatici. In questo caso, la velocità di rotazione del portatreno,data dalla eq. 9.15, è
!4 =!1 + !32
=vr +
vr
2=
v
r
Supponiamo che l’automobile a�ronti ora una curva avente raggio di cur-vatura R conservando la stessa velocità v. La velocità angolare con cui a�rontala curva è ora = v/R. La ruota 1 è la ruota interna, mentre la ruota 3 è quellaesterna.
R
v
l
!
A!nchè i pneumatici rotolino senza strisciare, la velocità periferica del puntodi contatto dei pneumatici con il terreno deve essere la stessa dell’automobile inquel punto, perciò
!1 r =
µR�
l
2
¶(9.16)
!3 r =
µR+
l
2
¶
Sostituendo le eq. 9.16 nell’equazione 9.15 della velocità del portatreno, siottiene
144 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
!4 =!1 + !32
=
=1
2
µ
r
µR�
l
2
¶+
r
µR+
l
2
¶¶=
=
rR =
v
r
Si conclude quindi che la velocità del portatreno a cui il motore trasmette ilmoto, si mantiene costante anche in curva. Come si ripartisce la coppia applicataal portatreno? Consideriamo l’equilibrio cinetostatico. Applicando il principiodei lavori virtuali si ottiene
C1"#1 +C3"#3 +C4"#4 = 0 (9.17)
dove C1, C3 e C4 sono le coppie applicate rispettivamente alla ruota 1, allaruota 3 ed al portatreno. Il di�erenziale è un meccanismo a due gradi di libertà,perciò l’equazione di equilibrio dei PLV deve essere posta in funzione di due solispostamenti virtuali. Dato che il legame tra la velocità del portatreno e velocitàdelle ruote 1 e 3 è !4 = !1+!3
2 , si ottiene che anche il legame tra gli spostamentivirtuali è
"#4 ="#1 + "#3
2(9.18)
Sostituendo l’eq. 9.18 nell’eq. 9.17, si ottiene
C1"#1 +C3"#3 +C4
µ"#1 + "#3
2
¶= 0
,µC1 +
C42
¶"#1 +
µC3 +
C42
¶"#3 = 0
L’ultima equazione deve essere valida per qualsiasi combinazione di sposta-menti virtuali "#1 e "#3. Per cui, considerando in sequenza le combinazioni"#1 = 1 , "#3 = 0 ed #1 = 0 e "#3 = 1, si ottiene
C1 = �C42
C3 = �C42
Si conclude quindi che la coppia prodotta sul portatreno si ripartisce equa-mente sulle due ruote 1 e 3.
9.9. ROTISMI 145
9.9.4 Di�erenziale con distribuzione di coppia
Questo tipo di rotismo epicicloidale ha la funzione di distribuire la coppia fornitadal portatreno in maniera di�erenziata sui due alberi condotti. Una tipica appli-cazione è la ripartizione della coppia tra le ruote motrici posteriori ed anterioriin un’autovettura con 4 ruote motrici.Nella figura seguente è rappresentato il particolare rotismo epiciloidale.
1
2
3 4
5
6
1C 3C
4C
La ruota conica 2 ingrana sulle ruote 1 e 3, però il suo asse di rotazioneè vincolato al portatreno. Il portatreno 4, che forma un tuttuno con la ruotadentata cilindrica 5 può ruotare anch’esso attorno all’asse delle ruote 1 e 3.Il portatreno è azionato dal pignone 6 che rappresenta la ruota motrice. Nelseguito troveremo la relazione tra la velocità del portatreno e le velocità delledue ruote 1 e 3.Utilizzando la formula di Willis, si ottiene che le velocità relative al porta-
treno delle due ruote 1 e 3 rispettano il seguente rapporto
!34!14
= �µ�N2
N3
¶µ�N1
N2
¶= �
R1R3
dove N indica il numero di denti della ruota.Il segno meno deriva dal fatto che il rotismo ordinario equivalente che si
ottiene non ha gli assi di rotazione paralleli. Ciò determina che, a portatrenobloccato, se la ruota 3 ruota in senso antiorario, la ruota 1 ruota in senso orario.Esplicitando le velocità relative, si ottiene
!3 � !4!1 � !4
= �N1
N3
da cui
146 CAPITOLO 9. INGRANAGGI
!4 =N1 !1 +N3 !3
N1 +N3
Dalla relazione delle velocità si ricava anche la relazione sugli spostamentivirtuali
!4 =N1 !1 +N3 !3
N1 +N3, (9.19)
"#4 =N1
N1 +N3"#1 +
N3
N1 +N3"#3
Le coppie agenti sul sistema sono le coppie C1e C3 agenti sugli alberi condottie la coppia C4 che rappresenta la coppia motrice ed è applicata sul portatrenoattraverso il pignone 6. Applicato il principio dei lavori virtuali, si ottiene
C1"#1 +C3"#3 +C4"#4 = 0 (9.20)
Il di�erenziale è un meccanismo a due gradi di libertà, perciò l’equazione diequilibrio dei PLV deve essere messa in funzione di due soli spostamenti virtuali.Sostituendo l’eq. 9.19 nell’eq. 9.20, si ottiene
C1"#1 +C3"#3 +C4
µN1
N1 +N3"#1 +
N3
N1 +N3"#3
¶= 0
,µC1 +
N1
N1 +N3C4
¶"#1 +
µC3 +
N3
N1 +N3C4
¶"#3 = 0
L’ultima equazione deve essere valida per qualsiasi combinazione di sposta-menti virtuali "#1 e "#3. Per cui, considerando in sequenza le combinazioni"#1 = 1 , "#3 = 0 ed #1 = 0 e "#3 = 1, si ottiene
C1 = �N1
N1 +N3C4
C3 = �N3
N1 +N3C4
Si conclude quindi che la coppia prodotta sul portatreno si ripartisce infunzione del numero di denti delle ruote coniche.
Capitolo 10
Cinghie, catene e funi
10.1 Cinghie non sincrone
Un sistema minimo di trasmissione a cinghia è costituito da due pulegge ed unelemento flessibile (cinghia) avvolto attorno alle due pulegge. Una puleggia èconduttrice, mentre l’altra riceve il moto attraverso la cingia.
Il termine non sincrono, in questa sede, sta ad indicare il fatto che tra lapuleggia condotta e quella motrice può avveniere uno scorrimento, a causa di unpossibile strisciamento tra puleggia e cingia. In altre parole, data una posizioneangolare assunta dalla puleggia motrice, la posizione angolare della puleggiacondotta è nota solo approssimativamente.
Questo tipo di cinghie possono essere classificate in funzione della formadella sezione di cinghia:
- cinghie piane;
Le cinghie piane, di cui sotto vengono dati alcuni esempi di utilizzo, hannouna sezione rettangolare. Sono solitamente costituite da nylon. Vengono impie-gate per la trasmissione di potenze elevate. Per fare in modo che la cinghia nonfuoriesca dalla puleggia, la superficie delle pulegge in contatto con la cinghia èleggermente bombata.
153
154 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
La lunghezza richiesta della cinghia viene ottenuta saldando una estremitàcon l’altra attraverso delle giunzioni incollate. Nella figura seguente vengonorappresentati due tipi di giunzioni
-cinghie a V ;
Questo tipo di cinghie sono largamente impiegate. Si vede dalla figura che laresistenza della cinghia è garantita da inserti resisitenti (cavi di acciaio) a�ogatiall’interno di una matrice di comma.
10.1. CINGHIE NON SINCRONE 155
La forma a V viene impiegata per aumentare l’aderenza tra la cinghia e lapuleggia. Consideriamo la seguente figura che rappresenta la sezione di unacinghia a V inserita nella sede della propria puleggia
PULEGGIA
CINGHIA nF nF
R
!
Lo schema a destra rappresenta la sezione di una cinghia piana. Consideri-amo prima il caso della cinghia piana. Una trasmissione a cinghia è possibilepoichè tra cinghia e puleggia è presente un attrito elevato. Infatti è l’attritoche permette alla puleggia conduttrice di generare una forza tangenziale sullacinghia lungo tutto l’arco per cui è avvolta la cinghia. La forza di attrito è tantomaggiore tanto maggiormente è premuta la cinghia contro la gola della puleg-gia. Se in un punto qualsiasi della cinghia viene applicata una forza normalealla cinghia Fn, in direzione radiale rispetto alla puleggia, la forza d’attrito chenasce in direzione tangenziale alla puleggia è Ft. Il coe!ciente d’attrito, chedipende dai materiali a contatto, è dato dal rapporto
! =Ft
Fn
156 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
Consideriamo ora una cinghia a V (figura di destra). In questo caso la forzaFn è equilibrata radialmente da due forze di contatto R. Il valore di R si ottienedall’equazione di equilibrio radiale
Fn = 2 R sin³!2
´
La forza complessiva di attrito che si viene a creare in questo caso è data da
Ft_eq = 2 R " =
="
sin¡!2
¢ Fn
Chiamiamo coe!ciente d’attrito equivalente, il rapporto tra la forza normaleFn applicata sulla cinghia e la forza tangenziale prodotta Ft_eq
"eq =Ft_eq
Fn=
"
sin¡!2
¢
Perciò una cinghia a V è equivalente ad una cinghia piana avente un ce!-ciente d’attrito equivalente "eq superiore al coe!ciente d’attrito caratteristicodel materiale a contatto ". Per aumentare la potenza trasmissibile, utilizzandolo stesso principio, vengono impiegate le cinghie a costole caratterizzate da unasezione con diversi cunei.
- cinghie a sezione circolare;
Vengono impiegate per trasmettere basse potenze. Sono particolarmentee!caci nel caso in cui la cinghia vada ad azionare molte pulegge con assi sghembicome nel caso rappresentato dalla figura sottostante.
10.1. CINGHIE NON SINCRONE 157
Nelle trasmissioni a cinghia, un lato della cinghia risulta maggiormente ten-sionato rispetto all’altro lato. Nella seguente figura è rappresentata una puleggiacondotta che ruota in senso antiorario.
1T
2T
! !d
T
dTT + 2!d
tdF
ndF
158 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
Il tratto di cinghia in basso è tensionato maggiormente del lato superioredato che deve trascinare la puleggia, perciò
T2 > T1
La tensione della cinghia varia in maniera continua dal valore T1 al valoreT2lungo l’arco di avvolgimento, cioè l’arco per cui è avvolta la puleggia. In figuraè rappresentato un elementino infinitesimo di cinghia soggetto alle seguenti forzeesterne:- dFn: forza di contatto che la puleggia esercita sull’elementino delimitato
dall’arco ds = r d!. r è il raggio della puleggia. L’angolo ! che definisce unpunto sull’arco della puleggia è misurato a partire dal punto in cui la cinghiainizia ad avvolgersi attorno alla puleggia.- T : tensione che il ramo di cinghia meno tensionato esercita sull’elementino
infinitesimo di cinghia. Tale tensione è diretta tangenzialmente alla puleggia.Tale tensione aumenta lungo l’arco di avvolgimento, perciò, dopo un incrementodi angolo infinitesimo d! la nuova tensione è T + dT .- dFt: forza d’attrito che l’arco di cinghia ds esercita sul tratto infinitesimo
di cinghia. Dato che si sta considerando la puleggia condotta, dFt tende adopporsi al moto della cinghia.Non sono state considerate nè le forze centrifughe, nè le forze gravitazionali.L’equilibrio delle forze lungo la linea tangente alla puleggia (linea tratteggia-
ta in figura) e lungo la sua perpendicolare comporta
T cos
µd!
2
¶+ dFt � (T + dT ) cos
µd!
2
¶= 0 (10.1)
dFn � T sin
µd!
2
¶� (T + dT ) sin
µd!
2
¶= 0
Introducendo le approssimazioni cos¡d!2
¢' 1 ed sin
¡d!2
¢' d!
2 , e trascuran-do i prodotti di infinitesimi dT d!, si ottiene
dFt � dT = 0 (10.2)
dFn � T d! = 0
Per facilitare i calcoli si ipotizza che la cinghia stia lavorando in condizionilimite, cioè si ipotizza che la cinghia stia trasmettendo la coppia massima, aldi sopra della quale si verificherebbe uno strisciamento tra cinghia e puleggia.In queste condizioni il legame tra forza di attrito e forza normale è dato dadFt = "eq dFn. Senza tale ipotesi il legame tra forza di attrito e forza normaleè dato da dFt < "eq dFn. Eliminando dalle precedenti equazioni il termine dFn
si ottiene, si ottiene
10.2. CINGHIE SINCRONE 159
!eqT d"� dT = 0
=,dT
d"� !eq T = 0
L’equazione caratteristica della equazione di�erenziale T� !eq T = 0 è #�!eq = 0, per cui la soluzione ha struttura T (") = A e!eq
", dove A è una costanteda determinare. Quando " = 0, il valore della tensione sulla cinghia è dato dalvalore della tensione sul lato meno teso T1. Perciò T (0) = A e!eq
0 = A = T1.La soluzione dell’equazione di�erenziale è quindi
T (") = T1 e!eq"
La tensione nella cinghia aumenta lungo l’arco di avvolgimento con leggeesponenziale. Il legame tra le due tensioni massima e minima è
T2 = T1 e!eq�" (10.3)
dove �" è l’arco di avvolgimento.Le tensioni T2 e T1 determinano due coppie sulla puleggia condotta, una
positiva e l’altra negativa (si oppone al moto). La coppia totale massima che lacinghia può trasmettere alla puleggia è
Cmax = r (T2 � T1) (10.4)
Sostituendo l’eq. 10.3 nella 10.4, si ottiene
Cmax = r¡e!eq
�" � 1¢T1
Da questa formulazione della coppia massima trasmissibile si deduce che- la coppia massima aumenta all’aumentare del coe!ciente d’attrito e del-
l’angolo di avvolgimento;- è sempre necessaria una certa tensione sul lato lento della cinghia; questo
è il motivo per cui le cinghie vengono sempre tensionate.
10.2 Cinghie sincroneNelle macchine automatiche le cinghie sincrone rappresentano una soluzione perla trasmissione di potenza molto e!cacie ed a basso costo. Le cinghie dentatestandard a profilo trapezoidale arrivano a potenze trasmissibili dell’ordine dei150 kW.La tipica configurazione di funzionamento prevede una cinghia dentata inter-
namente che si avvolge attorno a due pulegge dentate esternamente. A di�erenzadelle cinghie trapezoidali non vi è scorrimento tra la puleggia e cinghia. Il van-taggio è che, data la posizione angolare di una puleggia conduttrice, si conosce,istante per istante, la posizione angolare della puleggia condotta.
160 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
Gli elementi che compongono una cinghia sono sostanzialemente 3:
1) Inserto resistente. (A in figura) E’ l’elemento che sopporta i carichi. E’costituito da materiale resistente a trazione, ma non a flessione. Perciò permettealla cinghia di flettersi, ma non di allungarsi. Molte volte è costituito da fili diacciaio.
2) Corpo della cinghia. (B in figura) Costituisce il corpo della cinghia ed identi. Riveste l’inserto resistente.
3) Rivestimento dei denti. E’ un tessuto a basso coe!ciente d’attrito.
Le cinghie dentate, come gli ingranaggi sono in grado di trasmettere potenzemolto elevate, ma hanno in più il vantaggio di essere silenziose e non richiederelubrificazione o manutenzione. La cinghia può collegare anche più pulegge. Lecinghie possone essere dentate anche esternamente in maniera tale da avvolgersiintorno alle pulegge da ambo i lati.
10.2.1 Caratteristiche dimensionali di una trasmissione acinghia
Una cinghia dentata è definita da tre elementi:
1) LP = Lunghezza primitiva. Rappresenta la lunghezza della cinghia sullalinea primitiva che sorrisponde all’asse dell’inserto resistente.
2) Tipo. Col tipo della cinghia si identifica la forma del profilo del dente(trapezoidale, curvilineo, parabolico, ad archi di cerchio). Inoltre cinghie conlo stessa forma di dente hanno passi diversi (passo = distanza tra un dente el’altro).
3) Larghezza. E’ la larghezza della cinghia.
Introduciamo alcune definizioni utili rappresentate graficamente nella seguenteimmagine
10.2. CINGHIE SINCRONE 161
p = Passo = Distanza di due denti contigui misurata lungo la linea prim-itiva. Il passo della puleggia e della cinghia devono essere uguali a!nchèl’ingranamento sia possibile.
DP = Diametro primitivo della puleggia. Definisce in linea teorica la po-sizione della circonferenza primitiva che è sempre maggiore del diametro esternodella puleggia. La relazione che lega il diametro primitivo al passo è
p Z = ! DP
dove Z rappresenta il numero di denti della puleggia.LC = Larghezza della cinghia. E’ in genere determinata in funzione della
potenza da trasmettere.Una interessante applicazione in robotica consiste nell’utilizzare le cinghie
dentate in combinazione con piastre di bloccaggio in maniera tale da permettereil moto di traslazione di una slitta.Nella seguente figura vi sono due applicazioni. Nella prima la cinghia è in
movimento, mentre nella seconda la cinghia è fissata ed il motore aziona lapuleggia centrale.
162 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
10.2.2 Cinghie a profilo trapezoidale (Dimensionamento)
Sono largamente impiagate fino a potenze di 150 kW.Sono divise in funzione del passo della cinghia secondo tabelle simili alla
seguente (Questi valori sono fissati da normativa ISO)Tipo T2,5 T5 T10 T20Passo[mm] 2,5 5 10 20Essendoci moltissimi tipi di cinghia con dieversi profili, esistono altre clas-
sificazioni; in ogni caso, all’interno di una tipologia, il passo è il parametro checontraddistinghue la cinghia.Vediamo ora come si dimensionano le cinghie. Il procedimento che qui verrà
esposto, ricalca i procedimenti impiagati nel dimensionamento di cinghie conaltri tipi di profilo.I dati di progetto sono:- potenza da trasmettere P ;- velocità angolare (o numero di giri al minuto) del’albero conduttore n1(puleggia
di diametro minore);- rapporto di trasmisione !21(della puleggia condotta rispetto alla condut-
trice);La cinghia dovrà trasmettere una determinata potenza P detta potenza nom-
inale. Questa è data ad esempio dalla potenza che il motore scarica sulla pu-leggia conduttrice. Nel dimensionamento, la potenza a cui si fa riferimento(potenza corretta) è maggiore della nominale. Essa tiene conto di altri fattori.Essa vale
Pc = P kc
dove kc è un coe!ciente (maggiore di 1) che dipende dal tipo di attuatoreimpiegato, dal tipo di macchina su cui verrà montata la cinghia, dal rapportodi riduzione e dalla frequanza di utilizzo giornaliero. kc è ricavato da tabelle esolitamente è il prodotto di più coe!cienti.Il passo della cinghia viene scelto in funzione del numero di giri della puleggia
più piccola e della potenza corretta da trasmettere Pc, utilizzando grafici tipoil seguente.
10.2. CINGHIE SINCRONE 163
Le pulegge vanno scelte il maniera tale da realizzare il rapporto di trasmis-sione desiderato, perciò deve valere
!21 =n2n1=
Z1Z2
La formula sopra permette di scegliere le coppie di pulegge che realizzanoil rapporto di trasmissione di progetto. Notare che non è possibile trovare unacappia che realizzi esattamente il rapporto desiderato in quanto Z1 e Z2 sononumeri interi. Si fa in modo di avvicinarsi il più possibile. Inoltre ci sonopiù soluzioni. Scegiendo soluzioni con maggior numero di denti le dimensionidelle pulegge aumentano con relativi problemi di ingombro. Per contro le forzeagenti sulla cinghia sono minori e quindi, a parità di potenza, basta una cinghiadi larghezza minore.Per concludere il dimensionamento della cinghia bisogna scegliere la larghez-
za della cinghia. Nei cataloghi si usano delle tabelle che sono di facile consul-
164 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
tazione. In questa sede, si vuole solo far vedere a che parametri è legata lalarghezza della cinghia.La potenza trasmessa Pc è data da
Pc = !1C1
dove !1 e C1 sono rispettivamente la velocità angolare e la coppia erogatadalla puleggia conduttirice. Introducendo la tensione sulla cinghia F , si ottiene
Pc = !1FDP
2
Poichè è intuitivo pensare che la larghezza della cinghia sia proporzionalealla tensione F , dalla formula si deduce che la larghezza, a parità di potenzatrasmessa, è inversamente proporzionale alla velocità di rotazione ed al diametroprimitivo.La lunghezza della cinghia Lt viene scelta in maniera tale da soddisfare le
esigenze di ingombri. Per progettare l’alloggiamento delle pulegge è neccessariocalcolare l’interasse delle pulegge. Il legame tra la lunghezza e l’interasse dellepulegge si ricava nel seguente modo. Si faccia riferimento alla figura
A B
C
D
E
!
F
E
L’interasse It è in figura la lunghezza del segmento AB. I segmenti AC eBD sono perpendicolari al tratto di cinghia CD. Il tratto AE è parallelo a CD.L’angolo " vale perciò
" = arccos
µDP2 �DP1
2 It
¶
dove DP2 e DP1sono i diametri primitivi della puleggia più grande e dellapiù piccola. Sommando tutti i tratti di cinghia rettilinea e le lunghezze degliarchi di avvolgimento, si ottiene
10.3. CATENE 165
Lt = CD+ FE +!
CF +!
ED =
= 2 It sin (!) +DP1! +DP2 (" � !)
Questa formula che lega interessa a lunghezza della cinghia non è lineare enon è quindi di facile soluzione. Solitamente si ha una lunghezza prefissata del-la cinghia (perchè vi sono delle lunghezze standardizzate e perchè la lunghezzatotale è un multiplo del passo). Per cui capita spesso di dover calcolare l’in-terasse. Nei manuali sono presenti delle formule approssimate, ma quando si haa che fare con una cinghia che passa attraverso più pulegge si devono fare delleconsiderazioni geometriche come sopra.
A volte si introducono dei meccanismi per far variare l’interasse in sede diassemblaggio, sia per facilitare l’assemblaggio, sia per tensionare la cinghia piùfacilmente. In questi casi non è neccesario prevedere un interasse costruttivoesattamente uguale a quello teorico, in quanto viene registrato successivamente.
Ci sono dei valori massimi e minimi di tensione all’interno dei quali la ten-sione della cinghia deve rimanere per un buon funzionamento. Il tensionamentodella cinghia può avvenire in diversi modi. Si è già detto che un modo consistenell’allungare l’interasse. Un altro modo molto usato consiste nel prevedereun galoppino. Il galoppino è una ruota folle che va a premere sulla chinghia.Deve essere a fascia piana se disposto esternamente, oppure dentato se dispostointernamente alla cinghia.
Una volta noto il valore dell’interasse è facile calcolare il numero di denti inpresa ZP
ZP = Z1!
"
Ci deve essere sempre un numero minimo di denti in presa in grado di garan-tire una buona ridistribuzione delle sforzo. Perciò il valore calcolato deve esseresuperiore ai valori forniti dai cataloghi che dipendono dalla velocità e dal tipodi cinghia.
10.3 Catene
Le catene si possono classificare in catene ordinarie e catene articolate. Lecatene ordinarie sono costituite da anelli concatenati tra di loro. Un esempio èdato dalla seguente figura.
166 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
Queste catene vengono impiegate in sistemi di sollevamento ed applicazionispeciali quali movimentazione di ancore. Il movimento alla catena viene resopossibile attraverso pulegge la cui gola è conformata in maniera tale da alloggiaregli anelli della catena. Nella figura seguente ne vengono rappresentati due tipi.
Una catena può essere messa in tiro attraverso un tamburo che presenta unagola elicoidale su cui vanno ad inserirsi gli anelli della catena.
10.3. CATENE 167
Le catene articolate sono invece composte da piastrine e rulli. Uno schemaè fornito dalla figura seguente
Gli elementi della catena, una volta assemblati, assumono la seguente con-figurazione.
Per aumentare la coppia trasmissibile si possono adottare soluzioni con piùmaglie che richiedono per la movimentazione una ruota dentata doppia o triplaa seconda del numero di maglie.
168 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
Le catene articolate vengono avvolte attorno a ruote dentate opportuna-mente sagomate in maniera tale che la sede del perno abbia lo stesso raggio dicurvatura del perno che andrà ad alloggiare. La catena non si disimpegna grazieal fatto che le piastrine della catena rimangono esterne alla ruota confinando irulli all’interno del vano dei denti.
R
p
!
Viene definito p = passo della catena la distanza tra due perni successivi.Indichiamo con R la distanza del centro del perno di catena sulla ruota dal cen-tro della ruota stessa. Viene chiamata circonferenza primitiva la circonferenzaavente raggio R. ! è l’angolo compreso tra due perni consecutivi. Il legame tranumero di denti della ruota dentata ed il passo è
p = 2 R sin
µ!
2
¶(10.5)
Considerando che ! = 2"/Z, dove Z è il numero di denti, la 10.5 diventa
p = 2 R sin³ "Z
´
che rappresenta il legame tra passo, raggio e numero di denti della ruotadentata.
10.3. CATENE 169
Dal punto di vista cinematico, una trasmissione con catena può essere ap-prossimata a quella di una cinghia avvolta attorno a poligoni regolari aventitanti lati quanti sono i denti delle ruote corrispondenti.
R
!"
#$%
&
ZR !cos
La ruota schematizzata nella figura sopra rappresenta la ruota motrice di unatrasmissione a catena. La ruota ha velocità angolare !. Le figure rappresentanola ruota in due posizioni successive. Notare che la distanza della catena dalcentro della ruota nella figura in alto vale R, mentre nella figura in basso valeR cos
¡!Z
¢. Perciò la velocità della catena che è proporzionale alla distanza della
catena dal centro della ruota varia tra due valori estremi
vmax = ! R
vmin = ! R cos³ "Z
´
La variazione relativa di velocità è quindi
vmax � vminvmax
= 1� cos³ "Z
´
Questo e�etto è indesiderato perché determina delle continue accelerazionie decelerazioni della catena. Si nota in ogni caso che l’e�etto viene mitigatoall’aumentare del numero di denti della catena.Il rapporto di trasmissione medio tra gli assi delle due ruote dentate è dato
come al solito dal rapporto dei numeri di denti
170 CAPITOLO 10. CINGHIE, CATENE E FUNI
!21 ="2"1=
Z1Z2
10.4 Meccanismi con funi o cavi d’acciaio
Quasi tutti i sistemi di sollevamento di carichi per impiego industriale fannouso di funi o catene. Nella figura seguente è rappresentata la classica rap-presentazione di un paranco a fune. Dall’immagine si può notare il gruppomotore-riduttore che aziona un tamburo atorno al quale è avvolta la fune inacciaio.
Questo tipo di meccanismo ha proprietà di amplificare la forza con cui èavvolto il cavo attorno al tamburo. Per comprenderne il funzionamento, nellafigura seguente è rappresentato lo schema equivalente del paranco a fune inesame
10.4. MECCANISMI CON FUNI O CAVI D’ACCIAIO 171
ESTREMITÀ AVVOLTA SUL TAMBURO
F
Il blocco superiore rappresenta la struttura comprendente il motoriduttore,il tamburo di avvolgimento ed una puleggia di rinvio. Il blocco in basso rapp-resenta la struttura del gancio, composta di due pulegge. Il gancio è soggettoad una forza (carico) diretta verso il basso che si oppone al sollevamento. Unaestremità del cavo è vincolata alla struttura principale del paranco; viene av-volto attorno alle tre pulegge ed infine viene avvolto attorno al tamburo (nonrappresentato in figura). Il tambuoro mette in tensione il cavo fornendogli unatensione ! che si mantiene costante lungo tutto il cavo fino all’altra estremità,nell’ipotesi che non vi sia attrito tra cavo e puleggia.Considerando l’equilibrio delle forze lungo la direzione verticale, applicato al
gancio, si ottiene
F = 4 !
Da cui si deduce che il sistema delle pulegge quadruplica la forza di tensioneprodotta dal tamburo.
Capitolo 11
Freni
11.1 Freni a ganasce
In questa tipologia di freni (nella figura è rappresentato un freno a ceppi esterni),l’elemento rotante viene frenato da un corpo rigito che, premuto contro l’ele-mento rotante (tamburo), sviluppa una azione di forze d’attrito che si opponeal moto.
Consideriamo un tamburo serrato da un ceppo esterno (detto ganascia) comenella figura seguente
173
174 CAPITOLO 11. FRENI
2!
1!
A
P aF
C
Il meccanismo è disposto in maniera tale che la congiungente il fulcro delceppo (punto A) ed il centro del tamburo, sia disposta verticalmente.La rotazione antioraria del tamburo viene frenata dall’applicazione di una
forza Fa applicata nel punto P del ceppo. Il ceppo preme sul tamburo attraversola guarnizione che si estende per gli angoli !1 ed !2 in figura. Il ceppo èfulcrato nel punto A. L’obiettivo dell’analisi che segue riguarda il calcolo dellamomento frenante causato dall’attrito della guarnizione sul tamburo in funzionedella forza applicata Fa . Nell’a�rontare questa trattazione, si introducono delleipotesi semplicficative.1) Innanzitutto si suppone che il coe!ciente d’attrito " tra la superficie della
guarnizione ed il tamburo sia costante. In realtà il coe!ciente d’attrito dipendeda molti fattori, primi fra tutti, la temperatura e la velocità di strisciamentotra le superfici a contatto.2) In secondo luogo si suppone che durante il normale funzionamento, il
tamburo non si usuri, mentre le guarnizioni si usurino. Questa ipotesi, chenella realtà trova riscontro, in quanto le guarnizioni sono costituite da materialeche si usura e che quindi comporta la sostituzione delle guarnizioni stesse, ènecessaria per calcolare la distruibuzione delle pressioni di contatto tra tamburoe guarnizioni. Infatti, a di�erenza di quanto potrebbe sembrare, la pressione nonè costante lungo la guarnizione. Per capire come essa si ripartisce, si sfruttal’ipotesi di Reye la quale recita:
11.1. FRENI A GANASCE 175
il volume di materiale asportato per usura in un dato intervallo di tempo dauna superficie tenera che striscia su di una superficie dura, è proporzionale allavoro fatto dalle forze d’attrito.Per capire questa semplice ipotesi basta pensare ad una gomma da cancellare.
Se si fa scorre la gomma su di un tavolo, premendo maggiormente su di un lato,quel lato si consumerà maggiormente. Dunque, il lato soggetto ad una presionemaggiore (e quindi ad una forza d’attrito maggiore) va incontro ad una usuramaggiore.Consideriamo un blocco di materiale tenero che scorre ad una velocità vs
sopra un piano di materiale duro. Perpendicolarmente al piano è applicata unapressione p. Il blocco ha una superficie di contatto col piano dari a dA.
p p
aV!
sv
u!
Il volume di materiale asportato per usura dopo un intervallo di tempo !t èpari a !Va. La forza di attrito è pari ad " p dA (" è il coe!ciente d’attrito), men-tre il lavoro fatto dalla forza di attirto è (" pdA) (vs !t) (forza × spostamento).L’ipotesi di Reye, si esprime formalmente con
!Va = f " p dA vs !t
oppure, utilizzando lo spessore di materiale asportato in luogo del volume
dA !u = f " p dA vs !t (11.1)
,!u = f " p vs !t
Riprendendo lo schema del freno, quando la guarnizione si usura, il ceppo siavvicina di poco al tamburo attraverso una piccola rotazione del ceppo attornoal punto A. Valutiamo come varia l’usura da punto a punto del ceppo.
176 CAPITOLO 11. FRENI
A
L !
"
r
l
Nella figura soprastante, il ceppo in linea continua rappresenta la configu-razione del ceppo all’inizio del funzionamento. Si ipotezza che dopo una unitàdi tempo prefissata !t il ceppo si sia usurato. Il ceppo usurato, rappresentatoin figura dalla linea tratteggiata, ruota di un angolo !" attorno al fulcro delceppo (punto A). Ovviamente, la figura rappresenta un grado di usura troppoelevato rispetto a quanto avviene in reltà; è stata scelta una rappresentazionedel genere solamente per facilitare la comprensione. In realtà il valore di !"è da considerarsi piccolissimo. Il materiale asportato è rappresentato dall’areadata dall’intersezione della figura del ceppo tratteggiata ed il cerchio rappre-sentante il tamburo. Il punto L rappresenta un punto qualsiasi sulla superficiedella guarnizione prima dell’avvenuta usura. Le sue coordinate rispetto ad unsistema di riferimento assoluto con origine in A sono
L = l
½cos (")sin (")
¾+ r
½cos¡"� !
2 + #¢
sin¡"� !
2 + #¢¾= l
½10
¾+ r
½cos (#)sin (#)
¾(11.2)
dove l è la distanza tra il punto A ed il centro del tamburo; r è il raggioesterno del tamburo su cui va ad insistere la guarnizione; ", che rappresenta laposizione angolare del ceppo, nella configurazione non usurata vale 90�; # è laposizione angolare del punto di contatto calcolata rispetto ad un riferimento an-golare che è solidale al ceppo (deve essere �$1 < # < $2). Il secondo passaggiodell’eq. 11.2 è giustificato dal fatto che, in configurazione non usurata, " = 90�.
11.1. FRENI A GANASCE 177
Se non vi fosse la presenza del tamburo, il punto L, a causa di una rotazione !"del ceppo, si sposterebbe di una quantità infinitesima pari a
!L =dL (")
d"!" =,
!L = l
½� sin (")cos (")
¾!"+ r
½� sin
¡"� !
2 + #¢
cos¡"� !
2 + #¢¾!" =
·l
½�10
¾+ r
½� sin (#)cos (#)
¾¸!"
Poichè in realtà vi è la presenza del tamburo, la quantità !L rappresental’entità dell’usura a cui è andato soggetto la guarnizione nel punto L a seguitodi una rotazione infinitesima del ceppo pari a !". Come si può vedere dallafigura, il vettore infinitesimo !L non rappresenta l’usura nella direzione per-pendicolare alla superficie della guarnizione nel punto L. Per determinarla, ènecessario calcolare il valore della proiezione del vettore !L sul versore radialedel tamburo che vale (se orientato dal punto L verso il punto C centro dell tam-buro) v = �
©cos (#) sin (#)
ªT. Perciò, lo spessore usurato perpendicolare
alla superficie della guarnizione nel punto L a causa di una rotazione del ceppoinfinitesima !", è il prodotto scalare di !L per v e vale
!u = !L · v = !LT v = (11.3)
= �£l©�1 0
ª+ r
©� sin (#) cos (#)
ª¤½ cos (#)sin (#)
¾!" =
= l cos (#) !"
Da questa formula si deduce che l’usura non è costante lungo la guarnizione.E’ massima nel punto in cui # = 0, cioè orizzontalmente.Confrontando le eqauzioni 11.3 ed 11.1, si ricava
l cos (#) !" = f $ p vs !t =, (11.4)
p =!"
f $ p vs !tl cos (#)
Notare che tutti i termini contenuti nel rapporto "#f $ p vs "t
l sono costantilungo tutta la guarnizione. Quando # = 0, la pressione vale
p0 =!"
f $ p vs !tl (11.5)
Sostituendo la 11.5 nella 11.4, si ottiene la distribuzione delle pressioni lungola guarnizione
p = p0 cos (#)
Questa formula ci dice che la pressione è massima sull’orizzontale, o meglio, èmassima nella direzione perpendicolare alla congiungente il fulcro del ceppo con
178 CAPITOLO 11. FRENI
il centro del mozzo. Questa direzione viene detta anche linea di avanzamento.Visivamente la pressione si distribuisce sul tamburo secondo la figura seguente(figura a sinistra)
2!
1!
C
!
!
C
Si nota che più ci si allontana (inteso come angolo) dalla linea di avanzamen-to, più diminuisce la pressione, quindi meno e!cace è la corrispondente sezionedi guarnizione. Per semplificare la trattazione si considera !1 = !2 = !.
Data questa ultima semplificazione, la risultante di tutte le pressioni lungol’asse verticale è nulla, in quanto le componenti y delle pressioni si eliminano avicenda (quelle dell’arco in basso con quelle dell’arco in alto). Il modulo dellaforza risultante delle pressioni lungo l’asse x si trova integrando le componentix della pressione
Fp =
Z !
�!p s r cos (") d" =
Z !
�!p0 cos
2 (") s r d" = (11.6)
= p0 s r
Z !
�!cos2 (") d" =
dove s è lo spessore del tamburo. Notare che s r d" è l’area su cui insiste lapressione p.
A causa della pressione esercitata e dell’attrito presente tra guarnizione etamburo, è presente un campo di forze distribuite attorno alla circonferenza deltamburo, come in figura
11.1. FRENI A GANASCE 179
!
!
C
Tale campo di forze d’attrito determina l’azione frenante sul tamburo.
Per simmetria, la risultante delle componenti di queste forze lungo l’asse x
è nulla, mentre il modulo della risultante (che è diretta verso il basso) delle
componenti lungo l’asse y vale
Ft =
Z !
�!! p s r cos (") d" =
Z !
�!! p0 cos
2 (") s r d" = (11.7)
= ! p0 s r
Z !
�!cos2 (") d" =
Mentre il momento frenante agente sul tamburo è pari a
Mt =
Z !
�!! p s r2 d" =
Z !
�!! p0 cos (") s r2 d" =
= ! p0 s r2Z !
�!cos (") d" =
Fp non forniscce alcun contributo al momento frenante, poichè passa per il
centro del tamburo. Si è ricavato precedentemente quanto vale il modulo di Ft
, ma non si conosce ancora dove è applicata. Per quanto ne sappiamo potrebbe
essere lungo una qualsiasi retta parallela all’asse y. Per calcolare la distanza
della retta di applicazione di Ft dal centro del tamburo, si ricorre alle seguenti
considerazioni. Il momento prodotto da Ft (che è disposta verticalmente) deve
essere lo stesso di Mt, perciò
Mt = b Ft
dove b è il braccio della forza Ft rispetto al centro del tamburo. Dall’equiv-
alenza dei momenti, sostituendo i valori dettagliati si ricava la distanza di Ft
dal centro
180 CAPITOLO 11. FRENI
b =Mt
Ft= r
R !
�! cos (!) d!R !
�! cos2 (!) d!
Poichè cos2 (!) < cos (!) si ottiene b > r. Confrontando le equazioni 11.6 ed11.7 si deduce che Ft = " Fp.
Supponiamo di voler calcolare la forza Fa da applicare al ceppo in maniera
tale da ottenere un desiderato momento frenante Mt. Consideriamo la forza di
spinta disposta orrizontalmente. In generale non lo è, ma la trattazione matem-
atica è facilmente estendibile al caso in cui non lo sia. Per determinarla, bisogna
impostare un equilibrio di forze agenti sul ceppo, considerando il principio di
azione e reazione tra ceppo e tamburo. In altre parole, le forze Ft ed Fp rapp-
resentano non solo le forze che il ceppo esercita sul tamburo, ma anche le forze
che il tamburo esercita sul ceppo. Le forze agenti sul ceppo vengono rappre-
sentate nella seguente figura (figura di sinistra in cui il tamburo ruota in sensoantiorario)
A
P aF
C pF
tF
l
d
b
aR
A
P aF
C pF tF
ld
b
aR
Nella figura è stata rappresentata anche la reazione vincolare del telaio Ra
agente sul fulcro A. L’equilibrio dei momenti rispetto al fulcro A porta a scrivere
Fa =
µl
"� b
¶Ft
d=
µl
b "� 1¶
Mt
d(11.8)
Se invece il tamburo venisse frenato mentre ruota in senso orario (figura didestra), a parità di momento frenante ottenuto, la forza da applicare sarebbe
11.2. FRENI A CEPPI INTERNI 181
Fa =
µl
!+ b
¶Ft
d=
µl
b !+ 1
¶Mt
d
Per ottenere l’ultima equazione, si è semplicemente invertita la direzionedella forza Ft ed applicato il consueto equilibrio ai momenti delle forze rispettoal punto A.Nel primo caso, quando il tamburo ruota in senso antiorario, la forza Fa da
esercitare è minore che nel secondo caso. Il freno viene detto compresso. Inoltre,nell’eq. 11.8 se l
b< ! la forza Fa risulterebbe negativa. Questa condizione
corrisponde al caso di freno detto autobloccante, nel senso che quando la ganasciaviene accostata al tamburo, essa subisce una forza di richiamo verso il tamburoche frena automaticamente. E’ necessaria una forza esterna per disinnescare ilfreno.
11.2 Freni a ceppi interni
I freni con ceppi interni hanno le stesse distribuzioni di pressione che presentanoi freni con ceppi esterni. La direzione della forza Fa è ora invertita. Nellafigura seguente sono rappresentate le forze agenti sul ceppo. Nella figura disinistra il tamburo ruota insenso orario, mentre in quella di destra ruota insenso antiorario.
aF
pF
tFl
d
b
A
aR
aF
pF
tF
l
d
b
A
aR
L’equilibrio delle forze porta a scrivere
Fa =
µb+
l
!
¶Ft
d=
µ1 +
l
b !
¶Mt
d
per la configurazione di sinistra, mentre per la configurazione di destra, siha
182 CAPITOLO 11. FRENI
Fa =
µl
!� b
¶Ft
d=
µl
b !� 1¶
Mt
d
Il freno, nel secondo caso, diviene autobloccante quando
l
b< !
11.3 Freni a disco
I freni a disco consistono in un disco su cui agisce una pinza come elementofrenante. La pastiglia che va a contatto con il disco è costituita di materialeantifrizione che con l’andare del tempo si usura.
!"
!
1r
2r
La pastiglia viene premuta contro il disco con una forza complessiva F . Perl’ipotesi di Reye, dopo un tempo pari a "t, l’usura della pastiglia è
"u = f ! p vs "t (11.9)
Le pastiglie si consumano uniformemente in ogni punto della superficie acontatto, dato che sono vincolate a traslare perpendicolarmente alla superficiedel disco, perciò "u è costante. La velocità di strisciamento però non è costantein ogni punto della pastiglia; dipende dalla distanza dal centro del disco
vs = # r (11.10)
dove # è la velocità angolare del disco da frenare ed r è la distanza di unqualsiasi punto di contatto dal centro del disco. Combinando le 11.9 ed 11.10,si ottiene
11.4. FRENI A NASTRO 183
p =!u
f " # !t
1
r
Notare che, dato che la quantità k = !uf " # !t è costante in ogni punto della
pastiglia, la pressione è quindi inversamente proporzionale al raggio r. Il valoredella costante k si determina nel modo seguente. L’integrale delle pressionirispetto a tutta l’area di contatto deve uguagliare la forza F .
r2Z
r1
�$Z
0
p r d$ dr = F
k
r2Z
r1
�$Z
0
d$ dr = F =, k =F
�$ (r2 � r1)
Il valore del momento frenante è dato dall’integrale dei momenti tutte leforze d’attrito infinitesime dFa = " p r d$ dr. Perciò
Mt =
r2Z
r1
�$Z
0
r dFa = " k
r2Z
r1
�$Z
0
r d$ dr = " k A
dove A =
r2Z
r1
�$Z
0
r d$ dr rappresenta l’area della superficie di contatto
11.4 Freni a nastro
In questo tipo di freni l’elemento frenante è un nastro avvolto attorno ad untamburo rotante. Consideriamo la figura seguente. Il tamburo ruota in sensoorario. �$ è l’angolo di avvolgimento del nastro attorno al tamburo. Un capodel nastro è vincolato al telaio, mentre l’altro capo è posto in tensione con unatensione pari a T2.
184 CAPITOLO 11. FRENI
!"
2T
Il modello è equivalente a quello di una cinghia avvolta attorno ad unapuleggia. Per cui valgono le relazioni viste per le cinghie. In particolare larelazione tra le tensioni ai due capi del nastro è
T1 = T2 e! �" (11.11)
dove T1 è la tensione che si viene a creare sul lato fisso a telaio del nastro ed! è il coe!ciente d’attrito tra nastro e tamburo. La coppia frenante agente sultambuoro è
C = r (T1 � T2) =
= rT2¡e! �" � 1
¢
Il freno a nastro di questo tipo non ha uguale comportamento rispetto alverso di rotazione del tamburo. Infatti, se il tamburo inverte il moto ed ilnastro viene tensionato, le tensioni ai capi del nastro sono soggette alla seguenterelazione (in luogo della 11.11)
T2 = T1 e! �"
Per cui la coppia frenante è in questo caso
C = r (T2 � T1) =
= rT2
µ1�
1
e! �"
¶
Si noti che la coppia frenante si è ridotta notevolmente.