dispatch nr.1/2 2014

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1° supplemento a «Obbiettivo professione infermieristica» n. 2/2014 - Direttore responsabile Luca Bartalesi, Autoriz. Trib. Firenze n. 4103 del 10/05/91 - sped. in a.p. 70% DL 353/’03 (con. in L. 27/02/’04 n. 46 art 1, c. 2, DCB FI - Direzione e redazione: Collegio IPASVI, via Pier Luigi da Pa- lestrina, 11 - 50144 Firenze Tel. 055359866 - Fax 055355648 - sito: www.ipasvifi.it, e-mail: [email protected] - stampa: Tipografia Coppini Firenze COLLEGIO IPASVI FIRENZE dispatch dispatch dispatch Lo scopo della giornata, organizzata dal Collegio di Firenze, è quello di far conoscere il percorso norma- tivo che ha sancito il passaggio delle competenze sulla salute dei detenuti dal ministro di giustizia al Servizio Sanitario Regionale oltre a illustrare il per- corso professionale della figura infermieristica all’interno del contesto penitenziario e individuare i punti di forza, e di debolezza, sui quali agire per far evolvere il servizio sanitario nella realtà penitenziaria L’infermiere nei percorsi di salute in carcere Lunedì 19 maggio 2014 ore 9.00-17.00 Firenze - Auditorium Sant’Apollonia Via San Gallo, 25a

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Dispatch 1° supl. al nr. 2 del 2014

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Page 1: Dispatch nr.1/2 2014

1° supplemento a «Obbiettivo professione infermieristica» n. 2/2014 - Direttore responsabile Luca Bartalesi, Autoriz. Trib. Firenze n. 4103 del 10/05/91 - sped. in a.p. 70% DL 353/’03 (con. in L. 27/02/’04 n. 46 art 1, c. 2, DCB FI - Direzione e redazione: Collegio IPASVI, via Pier Luigi da Pa-lestrina, 11 - 50144 Firenze Tel. 055359866 - Fax 055355648 - sito: www.ipasvifi.it, e-mail: [email protected] - stampa: Tipografia Coppini Firenze

COLLEGIO IPASVI FIRENZEdispatchdispatchdispatch

Lo scopo della giornata, organizzata dal Collegio diFirenze, è quello di far conoscere il percorso norma-tivo che ha sancito il passaggio delle competenzesulla salute dei detenuti dal ministro di giustizia alServizio Sanitario Regionale oltre a illustrare il per-corso professionale della figura infermieristicaall’interno del contesto penitenziario e individuare ipunti di forza, e di debolezza, sui quali agire per farevolvere il servizio sanitario nella realtà penitenziaria

L’infermiere nei percorsidi salute in carcereLunedì 19 maggio 2014 ore 9.00-17.00Firenze - Auditorium Sant’Apollonia Via San Gallo, 25a

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dispatch COLLEGIO IPASVI FIRENZE - MAGGIO 20142

La persona al centro.Assistenza sanitaria a Sollicciano

Nuria Biuzzi

Cinque milioni e settecentomila europer il sistema carcere. È la spesa so-stenuta ogni anno dalla Asl 10 di Fi-renze per garantire ai detenuti lo stes-so livello di assistenza sanitaria di cuigodono i liberi cittadini, come previ-sto dal D.P.C.M. del 1° Aprile 2008.La riforma della sanità penitenziariaha interessato anche il nuovo com-plesso di Sollicciano, il più grande isti-tuto di pena toscano, dove da sei an-ni i professionisti dell’azienda sanita-ria fiorentina lavorano per introdurreun modello organizzativo di assisten-za che ricalca quello di medicina ge-nerale.«A Sollicciano – spiega Maurizio Grifo-ni, referente Salute in Carcere dellaAsl 10 – sono espresse tutte le profes-sionalità che operano sul territorio. Daimedici responsabili della salute dei pa-zienti di ogni reparto (circa 200) agliinfermieri, fino agli specialisti comedermatologi, cardiologi, otorini e neu-rologi. Sono anche organizzate visiteesterne, negli ospedali fiorentini diTorregalli, Careggi e Ponte a Nicche-ri, ogni volta che un detenuto neces-siti di controlli specifici e approfon-diti. E l’assistenza sanitaria, natural-mente, è garantita ventiquattro ore algiorno».Come i medici, anche gli infermieri chelavorano a Sollicciano mettono a di-sposizione dei pazienti la loro profes-sionalità. Giova precisare come il ser-vizio sia stato esternalizzato dalla Asl10, attraverso gare d’appalto, e ad og-gi sia gestito dalle cooperative Auxi-lium, Nuova Sair e Girasole che si oc-cupano dei reparti di detenzione verie propri.Gli infermieri dell’azienda sanitariafiorentina, invece, controllano le atti-vità logistiche (come l’acquisto deifarmaci) e il reparto transito, dove so-

no accolti i detenuti nei giorni imme-diatamente successivi all’arresto.«Abbiamo deciso di gestire diretta-mente il reparto transito – spiega Bea-trice Borri, Responsabile AssistenzaInfermieristica Istituti di pena dellaAsl 10 – perché è qui che avviene ilprimo accertamento sanitario ed è sem-pre qui che vengono messi a punto eavviati i percorsi terapeutici».Si tratta, dunque, di un momento par-ticolarmente delicato soprattutto in uncarcere delle dimensioni di Solliccia-no dove i tanti detenuti soffrono dellepiù varie patologie. Ci sono malati cro-nici, persone affette da malattie infet-tive, da problemi di salute mentale oda dipendenza da sostanze.«Facciamo salti mortali – precisa Bor-ri – per garantire a tutti un’assistenzaadeguata. Molto stiamo facendo perla cura, ma ci occupiamo anche dellaprevenzione. Ormai le vaccinazioni egli screening sono una routine. Certoè che le nostre capacità operative so-no legate alla lentezza con cui il mon-do penitenziario si sta adattando a quel-lo sanitario. E’ certamente un pro-blema di risorse, ma i nostri ambien-ti di lavoro non sono adeguati».In un istituto interessato da problemidi sovraffollamento come Solliccia-no, inoltre, gli orari dell’assistenza so-no vincolati alla vita del carcere. Il so-vraffollamento, tra l’altro, è in sé un

fattore di rischio che determina l’au-mento dell’incidenza delle malattie edei problemi di sicurezza. E più de-tenuti significano più pazienti da ge-stire e più bisogni a cui rispondere.«Come infermieri – puntualizza Bor-ri – cerchiamo sempre di instaurareuna relazione umana con i pazienti,perché dare un aiuto concreto è il no-stro mandato professionale. Il carce-re, però, è un ambiente particolare per-ché mentre cerchiamo di valorizzarela deontologia, dobbiamo anche crea-re un rapporto equilibrato con ogni de-tenuto. Talvolta, infatti, certe “aper-ture” possono essere strumentalizza-te dai detenuti stessi. Ed è necessariocapire sempre chi abbiamo di fronte eper farlo velocemente, negli istituti dipena, serve una grande esperienza».Un approccio che tiene conto di un prin-cipio fondamentale: la relazione uma-na migliora l’efficacia del trattamentoterapeutico, anche in carcere. «Negli ultimi anni – conclude Borri –stiamo cercando di mettere la personaal centro del programma di assistenzasanitaria, attraverso il lavoro in equipedi medici e infermieri che seguono neltempo i pazienti. Siamo soddisfatti per-ché abbiamo rilevato una riduzione siadella conflittualità tra detenuti che diatti di autolesionismo».Sembra essere questa la strada da se-guire.

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SETTEMBRE 2012 - COLLEGIO IPASVI FIRENZE dispatch3

Salute mentale a Sollicciano.Un problema che non puo essere ignorato

Nuria Biuzzi

Quando la sanità entra in carcere percercare di dare una risposta ai tanti,troppi detenuti con problemi psi-chiatrici.È quello che cerca di fare il diparti-mento di salute mentale della Asl 10,che tra le quattro unità funzionali com-prende anche Firenze (a sua volta ar-ticolato in quartiere 1 e 4, quartiere3, quartiere 2 e quartiere 5). Ed è nelquartiere 4 che si trova il nuovo com-plesso penitenziario di Sollicciano.Gemma Brandi, Responsabile del ser-vizio Salute Mentale adulti Firenze1 e 4 e istituti di pena, è convinta cheSollicciano sia parte integrante del-la comunità tantoché ha voluto por-tare all’interno della struttura le stes-se professionalità che operano sul ter-ritorio.«Abbiamo cercato di dare ai dete-nuti – spiega Brandi – la stessa as-sistenza che diamo ai cittadini libe-ri (nel rispetto della riforma dellasanità penitenziaria D.P.C.M. del 1°Aprile 2008). Un servizio sanitarioche va in carcere ed è separato dalterritorio è un servizio che asso-miglierà sempre ad un istituto di pe-na, perché il carcere lo fagocita e lointroietta. Anche se al momento del-la riforma non c’erano risorse ag-giuntive, abbiamo cercato di capi-re quali destinare a Sollicciano sen-za sottrarle al resto della comunità,per fare un servizio che non fossesolo psichiatrico ma di salute men-tale».I numeri parlano, infatti, di un pro-blema che non può essere ignorato.A Sollicciano, secondo una ricercacondotta per 6 mesi tra il 2001 e il2002 su tutti i nuovi detenuti, il 47%

dei soggetti che entra in carcere hadisturbi psichiatrici di Asse 1. «Sollicciano con mille detenuti e quin-di con duemila arrivi nell’arco del-l’anno ha, come salute mentale, lastessa utenza del quartiere 3 di Fi-renze che ha quarantamila abitanti– precisa Brandi. Un piccolo esem-pio per rendere bene l’idea delle pro-porzioni e della diffusione del pro-blema».Con le poche risorse disponibili quan-to possibile è stato fatto, ma moltosarebbe ancora da fare. «Il lavoro degli infermieri – spiegaMargherita Musso, infermiera coor-dinatrice servizio Salute Mentale adul-ti Firenze 1 e 4 e istituti di pena – èimportantissimo in carcere. Si trattadi professionisti con un approccio di-verso da quello dello psichiatra, per-ché gli infermieri sono generalmen-te più vicini ai pazienti, per i quali di-ventano spesso un punto di riferi-mento». Manca, però, la possibilità di instau-rare un rapporto con i pazienti dete-nuti perché l’intervento degli infer-mieri è ancora limitato all’urgenza.«Siamo entrati in punta di piedi a Sol-licciano – continua Musso – anchegrazie ai Trattamenti Sanitari Obbli-gatori extraospedalieri, ma il lavorodegli infermieri si riduce ancora allamera esecuzione dell’intervento, checonsiste nella somministrazione difarmaci che i pazienti rifiutano».Un altro piccolo passo in avanti è sta-to fatto proprio quest’anno con l’u-nificazione dei quartieri 1 e 4 di Fi-renze e il passaggio da due a unacaposala. Una delle coordinatrici haaccettato la proposta di entrare a Sol-licciano per aprire in qualche modola porta agli infermieri psichiatrici.Erice Fierro lavora adesso nel team

dello psichiatra Mario Iannucci do-ve collabora anche con due psicolo-gi e un altro psichiatra. Il gruppo ge-stisce attualmente il “reparto transi-to”, che consente di prendere in ca-rico i pazienti dopo aver sottoposto inuovi detenuti a una check list perevidenziare il potenziale rischio sui-cidario. Il progetto è iniziato nella se-conda metà del 2012 perché, nel pri-mo semestre di quell’anno, Sollic-ciano aveva conquistato la maglia ne-ra dei suicidi in carcere in Italia: seiin pochi mesi. Tutto questo in attesa di realizzare ilreparto accoglienza (il progetto è giàstato messo a punto dalla Asl 10, manon sono ancora stati liberati e at-trezzati a Sollicciano spazi idonei perdare il via al progetto stesso). Nel reparto accoglienza, dove i nuo-vi detenuti resteranno al massimo unasettimana, sarà possibile sottoporrei pazienti a check list per costruire unpercorso di ingresso nel resto del car-cere attraverso un lavoro interdisci-plinare.«Fino ad ora abbiamo dato una buo-na risposta a problemi urgenti – sot-tolinea Brandi – ma dobbiamo anco-ra potenziare il servizio infermieri-stico affinché a Sollicciano gli infer-mieri possano far sentire la loro rea-le vicinanza a persone in difficoltà.Il carcere è, infatti, un luogo ambu-latoriale che, però, è anche il domi-cilio del paziente. Per quel che riguarda, soprattutto, iservizi di salute mentale gli infermierihanno un grande rilievo perché co-noscono la casa, la famiglia e la quo-tidianità dei pazienti ai quali som-ministrano regolarmente la terapia.Sarebbe straordinario se questo ap-proccio potesse valere anche per lacella».

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dispatch COLLEGIO IPASVI FIRENZE - MAGGIO 20144

Bambini in carcere.Come garantire loroil diritto alla salute

Nuria Biuzzi

Tommaso (nome di fantasia) ha seianni e vive nel nuovo complesso pe-nitenziario di Sollicciano, dove la ma-dre è detenuta per reati legati alla pro-stituzione.La sua storia porta necessariamentecon sé i tanti interrogativi legati ai di-ritti dei figli di genitori detenuti. Bam-bini che scontano una condanna percrimini non commessi. E se l’artico-lo 32 della Costituzione Italiana ga-rantisce il diritto alla salute, l’arti-colo 2 della Convenzione Onu sui di-ritti dell’infanzia e dell’adolescenza,

stabilisce che i minori non debbanosubire discriminazioni per la condi-zione dei loro genitori. L’articolo 3della stessa Convenzione precisa an-che che l’interesse superiore del bam-bino debba essere sempre considera-to come preminente.Proprio per promuovere la salutedei bambini nel carcere di Solliccia-no, nel Dicembre 2012 è stata av-viata una sperimentazione con novemedici volontari del reparto di neo-natologia dell’ospedale San Giovan-ni di Dio di Firenze. Professionistiche, accompagnati da due assistentisanitarie (Licia Taras e Giovanna Ar-

lato), ogni quindici giorni, entrano nelreparto infermeria della casa circon-dariale per l’assistenza dei bambiniospiti. In tale ambito vengono esple-tate le vaccinazioni necessarie e la va-lutazione auxologica di routine. «Da quando è stata avviata la speri-mentazione non abbiamo riscontratoproblematiche specifiche tra i bam-bini che vivono in carcere – spiegail medico neonatologo e responsabi-le del progetto di assistenza pressoil carcere di Sollicciano, Giovanni Pac-ciani. I bambini soffrono di patologieclassiche come raffreddore, tosse ebronchite. E in caso di complicanzeè possibile aggiungere anche un ac-cesso aggiuntivo».All’interno del carcere ci sono, natu-ralmente, medici e infermieri che sioccupano della cura dei figli delle de-tenute. Non ci sono, però, infermieripediatrici che, normalmente, assisto-no i bambini in età evolutiva, tenendoconto del loro grado di sviluppo co-gnitivo ed emotivo.I bambini sono, infatti, pazienti piùfragili e vulnerabili, il cui benessereè inestricabilmente legato al benes-sere della famiglia e della comunitànella quale vivono. Gli infermieri pe-diatrici, formati proprio per prender-sene cura, ne conoscono il linguag-gio e le esigenze e sono in grado dioffrire loro specifiche prestazioni.Forse in carcere ce ne sarebbe più bi-sogno che altrove, ma ad oggi questafigura non è prevista per i bambini diSollicciano.«Da un anno e mezzo a questa parte –puntualizza Licia Taras – ci occupia-mo, come assistenti sanitarie, anchedi Tommaso. Ne monitoriamo la cre-scita, attraverso la collaborazione congli educatori, ed effettuiamo le vacci-nazioni necessarie. Almeno due voltea settimana offriamo supporto allamamma, cercando di coinvolgerla nel-la cura igienica del bambino e di edu-carla alla gestione della malattia».Dunque si tratta di professionisti che,di consueto, seguono gli adulti e, senecessario, anche i figli delle dete-nute (in collaborazione con i medicidell’ospedale San Giovanni di Dio).A tal proposito è stata anche attivatauna consulenza telefonica e, in casodi urgenza, è previsto un accesso par-

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MAGGIO 2014 - COLLEGIO IPASVI FIRENZE dispatch5

ticolare al pronto soccorso dell’o-spedale di Torregalli.In accordo con una dietista della Asl10, inoltre, è stato predisposto un menùmolto dettagliato sia estivo che in-vernale e ad ampia variabilità gior-naliera, settimanale e mensile (co-me quello messo a punto, ogni an-no, per le mense scolastiche).Dal punto di vista sanitario, con que-sta sperimentazione, l’Asl 10 cerca dirispettare gli orientamenti delle Na-zioni Unite. «I bambini di Sollicciano stanno in cel-la con la loro mamma – precisa ancoraPacciani. Sono locali puliti e spaziosi,ma non sono una casa. E in un paesemoderno è necessario offrire loro unluogo dignitoso di crescita, che non nefaccia dei reclusi senza esserlo. Unastruttura che sia diversa da quella tra-dizionalmente detentiva».I figli delle detenute rischiano, infatti,di pagare due volte perché, fuori dal car-cere, sono spesso vittime di esclusio-ne sociale e incontrano numerose diffi-coltà a riadattarsi al mondo esterno. È nata proprio per questo, per favori-re l’uscita dei bambini dal carcere (fa-cilitando l’accesso delle madri alle mi-sure cautelari alternative), la legge62/2011 in vigore dal Gennaio 2012.Le madri possono scontare la pena coni loro figli fino al compimento delsesto anno di vita del bambino, nonpiù solo fino al terzo, ma non in car-cere. La legge, ed è il caso del piccolo Tom-maso, non ha però risolto il proble-ma per le detenute straniere che, inmancanza di fissa dimora, non posso-no accedere agli arresti domiciliari. Intanto, lo scorso Marzo, il Guardasi-gilli Andrea Orlando ha firmato un Pro-tocollo d’Intesa a tutela dei diritti dei100mila bambini e adolescenti che en-trano nelle carceri italiane.Diritti che devono essere garantiti datutti e che non possono continuare adessere appannaggio dei medici e degliinfermieri che operano nei peniten-ziari italiani. Il carcere è, infatti, la par-te malata della società e non un corpoestraneo. E come tale deve essere re-cuperata non dimenticando le storiedei tanti Tommaso che, proprio in car-cere, stanno trascorrendo la loro in-fanzia.

Nuria Biuzzi

Sarebbe dovuto chiudere il 31 Marzo2014 l’Ospedale Psichiatrico Giudi-ziario di Montelupo Fiorentino, maVilla Ambrogiana è ancora aperta gra-zie ad una proroga concessa alle Re-gioni e firmata dal Presidente della Re-pubblica Giorgio Napolitano, cheposticipa di un anno il superamentodegli Opg.Si tratta di una storia di rinvii tutta ita-liana, di un percorso avviato da anninel rispetto dello spirito della legge Ba-saglia, per garantire la dignità dellepersone (con gravi problemi psichici)detenute. L’alternativa agli Opg proposta dallalegge 9/2012 è la nascita di strutturealternative, piccole residenze per l’e-secuzione delle misure di sicurezza(R.E.M.S.). Il progetto della Asl 11 èquello di attrezzare il centro “La Ba-dia”, in località La Catena nel Comu-ne di San Miniato per ospitare i 35 pa-zienti toscani, oggi internati a Monte-lupo.

Il progetto sembra essere ancora in al-to mare, ma per il Direttore reggentedell’Opg Antonella Tuoni esiste un’al-tra soluzione su cui lavorare.«Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari– spiega Tuoni – erano gestiti da per-sonale medico. Dal 2008 queste strut-ture hanno perso la loro caratterizza-zione tantoché il personale che vi la-vora viene organizzato come se fosseimpiegato in un istituto penitenziarioordinario. Sarebbe possibile potenziareil servizio sanitario in alcune carceri eallestire sezioni ad hoc per ospitare gliinternati degli Opg. Un’alternativa cheobbligherebbe le Regioni a farsi cari-co anche dal punto di vista terapeuti-co dei propri pazienti».A Villa Ambrogiana, infatti, oltre aitrentacinque toscani, sono detenuti an-che sedici sardi, sei umbri, ventidue li-guri, un veneto, due lombardi, cin-que campani, due laziali e un emilia-no.Per Antonella Tuoni, in Toscana, que-sta soluzione sarebbe facilmente rea-lizzabile e consentirebbe di accelera-

Sanita senza sbarre.L’urgenza di chiudere l’Opg

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re il superamento degli Opg. «Baste-rebbe – precisa – riconvertire la casacircondariale femminile di Empoli edattrezzarla per gli ospiti di Montelu-po. Sarebbe in questo modo sacrifica-ta una realtà di nicchia in favore peròdi una realtà di grande sofferenza. Ela Regione dovrebbe investire i soldi(la giunta Rossi ha, intanto, stanziato250mila euro per il piano che porteràalla chiusura di Villa Ambrogiana) nonin strutture, ma in risorse umane».Condivide la proposta, pur eviden-ziandone i limiti il direttore dell’UnitàOperativa Complessa Salute in Car-cere della Asl 11, Franco Scarpa. Lasoluzione avanzata da Antonella Tuo-ni non consentirebbe, infatti, di su-perare l’ambiguità di fondo che ca-ratterizza gli Opg, strutture al con-tempo carcerarie e sanitarie. Potreb-be, però, essere un’alternativa transi-toria in attesa che sia pronta la strut-tura di San Miniato.«E’ difficile stabilire con certezza quan-do le R.E.M.S. saranno effettivamen-te pronte – spiega Scarpa – ma con l’a-pertura delle residenze per l’esecu-zione delle misure di sicurezza si ar-riverebbe ad un sistema totalmente sa-nitario, con un significativo migliora-mento dei trattamenti terapeutici. Pri-ma di tutto, perché, numeri più picco-li di pazienti sarebbero più facili da ge-stire e poi perché si eviterebbe la pro-miscuità tra gli internati (a Montelu-po ci sono anche cinque pazienti percella)».Nell’Opg (contrariamente al carcere)il servizio sanitario influenza la dura-ta della pena. Le misure di sicurezza,infatti, sono applicate in presenza diun’infermità di mente che ha deter-minato l’incapacità di intendere e divolere di una persona al momento del-la commissione di un reato. L’inter-vento di cura influisce, pertanto, sul-la misura della carcerazione perchéil giudice rimette in libertà l’interna-to solo in presenza di un evidentemiglioramento psichico. «Il passaggio alle R.E.M.S sarebbeepocale e strategico – precisa Scarpa–perché il servizio sanitario potreb-be svilupparsi in condizioni ottimali,senza essere appesantito da regole,

strutture e logistica di tipo carcerario». Anche gli operatori sanitari (psichia-tri, medici internisti di guardia, psico-logi, infermieri, tecnici della riabilita-zione) lavorano in maniera non ca-nonica rispetto a come opererebberoin un servizio diagnosi e cura tout court. «I ventisei infermieri che lavorano al-l’Opg hanno scelto di mettere la loroprofessionalità a disposizione degli in-ternati – puntualizza Massimiliano LoPresti, infermiere coordinatore del-l’Unità Operativa Complessa Salutein Carcere della Asl 11 – ma incontra-no quotidianamente difficoltà enormi.Prima di tutto perché l’edificio pre-senta criticità strutturali e poi perchéil lavoro è ostacolato dal regolamentopenitenziario. Nell’ultimo periodo èstata potenziata una tipologia di assi-stenza più incentrata sul paziente, male difficoltà non mancano».E non è causale che tra gli infermieriche lavorano all’Opg si registri un al-to livello di burnout, anche se molto èstato fatto negli ultimi sei anni in ter-mini di assistenza verso gli ospiti diVilla Ambrogiana (basti pensare al-l’introduzione delle cartelle infermie-ristiche o ai progetti terapeutici messia punto da una equipe multi profes-sionale sulla base delle patologie deisingoli pazienti).

«A volte gli infermieri restano davan-ti alla cella – precisa Claudio BaldiniDirettore dell’Unità Operativa Com-plessa Professioni Sanitarie Territo-riali della Asl 11 – impotenti di fron-te ad un’emergenza psichiatrica. Gliinfermieri, però, sono formati per in-tervenire ogni volta che una personaha bisogno di aiuto. La frustrazione dimolti professionisti nasce proprio quan-do questa capacità di risposta viene ne-gata». Nell’Ospedale Psichiatrico Giudizia-rio l’infermeria è all’interno dei repartie il contatto con gli internati è diret-to, ma l’esercizio della professionalitàè limitato perché i servizi penitenzia-rio e sanitario viaggiano su due bina-ri paralleli.«Ci troviamo ad operare in uno “statodi inter-regno” – spiega Scarpa, citan-do Antonio Gramsci. Il vecchio (l’Opgcome finora è stato gestito) muore e ilnuovo (le R.E.M.S) non riesce a na-scere. Questa condizione determinadue conseguenze pericolose: una mag-giore percezione del rischio da partedei professionisti sanitari che hannobisogno di certezze e una minore ri-sposta dei pazienti ai trattamenti di cu-ra. La soluzione è una sanità più libe-ra, in una struttura più libera. Senzasbarre».

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MAGGIO 2014 - COLLEGIO IPASVI FIRENZE dispatch7

Casa Circondariale di Empoli.Un’esperienza sui generis

Nuria Biuzzi

Due medici e quattro infermieri perventiquattro detenute. Sono i nume-ri della casa circondariale femminiledi Empoli, che raccontano una realtàsui generis nel sovraffollato panora-ma carcerario italiano. L’assistenza sanitaria nell’istituto dipena del Pozzale è garantita per do-dici ore al giorno, dalle otto alle ven-ti. La continuità assistenziale è, co-munque, sempre assicurata perché perle emergenze nelle ore notturne è pos-sibile contare sul servizio di Guar-dia Medica della Asl 11.Giova precisare come l’ambulatoriodel carcere, gestito dal 2008 dall’a-zienda sanitaria empolese, sia aper-to dalle 8,30 alle 12,30 e dalle 16,30alle 20. Uno dei quattro infermieri èsempre presente così come, seppurcon orari diversi (tre ore la mattina edue il pomeriggio), uno dei due me-dici che vi lavorano.Anche se la situazione è rimasta cri-stallizzata al 2008, anno della rifor-ma della sanità penitenziaria, a Em-poli i professionisti sanitari garanti-scono un servizio paragonabile a quel-lo di un ambulatorio di medicina ge-nerale. Il servizio è, addirittura, in-tegrato una volta a settimana con vi-site psichiatriche e ginecologiche, sen-za dimenticare quelle odontoiatriche. «La riforma del 1° Aprile 2008 pre-vede che i servizi di assistenza sani-taria per le persone private della pro-pria libertà rispettino i livelli e i pa-rametri dei servizi di assistenza ga-rantiti ai liberi cittadini. Al Pozzale cisiamo riusciti – dice Marcello Graz-

zini medico di guardia della casa cir-condariale di Empoli».Condivide l’idea di Marcello Grazzi-ni anche Claudio Baldini, Direttoredell’Unità Operativa Complessa Pro-fessioni Sanitarie Territoriali della Asl11, che precisa: «L’attività degli in-fermieri più che essere rivolta alla tu-tela sanitaria è orientata alla riabilita-zione e al reinserimento nel tessutosociale delle detenute, con le qualiquesti professionisti riescono ad in-staurare un rapporto diretto e duratu-ro nel tempo. Va da sé che gli infer-mieri, pur operando in un contestocomplesso, siano maggiormente sod-disfatti rispetto ai colleghi di altrerealtà carcerarie perché toccano conmano i risultati del loro lavoro».Le ventiquattro detenute del piccolocarcere toscano hanno alle spalle rea-ti legati alla prostituzione, alla tossi-codipendenza e allo spaccio di so-stanze stupefacenti. E la casa cir-condariale, in realtà, è una struttura acustodia attenuata dove le donne scon-tano condanne definitive, non supe-riori a cinque anni di reclusione.«La nostra attività trattamentale – spie-ga il Direttore della casa circondaria-le, Graziano Pujia – è finalizzata al

reinserimento sociale e, dunque, la-vorativo del condannato affinché lafunzione della pena sia veramente rie-ducativa». Ed è proprio l’organizzazione dellastruttura che consente di rispettare ilmandato del D.P.C.M. del 2008. Me-dici e infermieri hanno, infatti, a di-sposizione farmaci forniti dalla Asl11 sulla base del prontuario ospeda-liero ed un ambulatorio (dotato di de-fibrillatore) dove somministrare an-siolitici e terapie per problemi legatialle tossicodipendenze, effettuare lavaccinazione anti-influenzale, anti-

tetanica ed anti-epatite B, pap test etest di Mantoux. Come dire: si lavo-ra sulla prevenzione.Medici e infermieri operano, dunque,in un contesto difficile ma non dispe-rato. Le detenute durante il giorno, in-fatti, sono libere in sezione.E mentre la mattina si occupano deilavori domestici (cucina e pulizia),il pomeriggio sono impegnate nelleattività più disparate: dai corsi di tea-tro a quelli di alfabetizzazione infor-matica, dai laboratori per la realiz-zazione di borse in stoffa fino alle le-zioni di yoga e archeologia. Progettiche il Direttore del carcere è riuscitoad attivare grazie anche alla colla-borazione con molte associazioni delterritorio e con il Comune di Empoli.«La ricchezza di attività trattamenta-li – precisa Graziano Pujia – ha risvoltiimportanti anche in termini di sicu-rezza perché un impegno costante neltempo allenta le tensioni tra le dete-nute e garantisce una migliore qualitàdi vita all’interno dell’istituto di pe-na. E la prevenzione del disagio psi-chico ha, necessariamente, riflessi po-sitivi sull’attività di medici e infer-mieri che quotidianamente assistonoi pazienti detenuti».

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dispatch COLLEGIO IPASVI FIRENZE - MAGGIO 20148

Via Pierluigi da Palestrina, 11 50144 Firenze | tel: 055/359866 f:ax 055/355648 www.ipasvifi.it

Gruppo OIPAT

L’infermiere Nei percorsi di Salute in Carcere

( 5 crediti ECM – Regione Toscana )

Lunedì19 maggio 2014

ore: 9:00 – 17.00 Auditorium Sant’ Apollonia Via S. Gallo, 25 a – Firenze

OBIETTIVI: Far conoscere il percorso normativo che ha sancito il passaggio delle competenze sulla salute dei detenuti dal ministro di giustizia al SSR, illustrare il percorso professionale della figura infermieristica all'interno del contesto penitenziario. Individuare i punti di forza e di debolezza sui quali agire per far evolvere il servizio sanitario nella realtà penitenziaria

DOCENTI: Alessio Fracchiolla Infermiere Coord. Istituto Penitenziario Marassi BarbaraTrambusti Responsabile politiche per la salute in carcere Beatrice Borri infermiere Coord. casa circondariale Sollicciano Carmelo Cantone Provveditore Regione Toscana Cinzia Puleio Infermiere Coord. Istituto penitenziario Rebibbia Claudio Baldini Dirigente professioni sanitarie infermieristiche Daniela Patriarca infermiere Coord. casa circondariale Sollicciano Danilo Massai Presidente Collegio Ipasvi Firenze Francesca Pernazza Infermiera O.P.G Montelupo Franco Scarpa Direttore O.P.G Montelupo Gloria Ballariano Comandante casa circondariale Sollicciano Luca Benci giurista Massimiliano Lo Presti infermiere Coord. O.P.G Montelupo Matide Balestra Medico Casa Circondariale di Sollicciano Maurizio Grifoni Dirigente medico Mariastella Barbati Infermiera Casa Circondariale di Sollicciano Niccolò Burberi Infermiere libero prof.ta Casa Circ. le Sollicciano Patrizia Niccolini infermiera Casa circondariale di Ferrara Riccardo Tartaglia Direttore Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente Simona Gozzini Dirigente professioni sanitarie infermieristiche Stefano Chivetti Presidente studio Auxilium

MODALITA’ D’ISCRIZIONE:La partecipazione è riservata agli Infermieri.Per iscriversi è necessario compilare la relativa scheda online, presente sul link : https://tom.ipasvifi.it/. Contributo Iscritti Collegio IPASVI Firenze : 15,00 Iscritti altri Collegi : 30,00 Pagamento con bollettino postale: c/c 17570508 intestato al Collegio IPASVI Firenze. Pagamento tramite bonifico bancario: Banca MPS Ag.46 IBAN : IT18E0103002845000000717900 causale – “Corso 19.05.2014” Copia della ricevuta deve essere inviata per mail a [email protected] o per fax (055/355648) alla Segreteria.

PROGRAMMA: 8.30 Registrazione partecipanti

9.00 Saluti delle Autorità Modera Daniela Patriarca 9.15 Introduzione – Presidente Collegio IPASVI (D.Massai) 9.30 Il percorso Normativo (F. Scarpa) 9.50 L’ Infermiere nel contesto penitenziario (F. Pernazza) 10.10 Modelli organizzativi e percorsi assistenziali: l’infermieristica del carcere Ligure (A. Fracchiolla) 10.30 Modelli organizzativi e percorsi assistenziali : l’infermieristica del carcere di Ferrara (P. Nicolini) 10.50 Modelli organizzativi e percorsi assistenziali : l’infermieristica el carcere di Roma (C. Puleio) 11.10 Esperienza Toscana: Adozione del modello di equipe (M. Balestra) 11.30 Assistenza infermieristica nel centro clinico e giudiziario (M. Barbati) 11.50 Assistenza infermieristica nel reparto femminile e penale ( N. Burberi) 12.10 discussione 12.30 conclusioni 13.00 Light lunch

14.00 – 17.00 Tavola Rotonda : L’area Sanitaria in carcere: organizzazione, percorsi sicurezza e responsabilità Modera : L. Benci Intervengono : B.Trambusti, R.Tartaglia, C.Cantone, B. Borri, G.Ballariano, D.Massai, S. Gozzini, M. Lo Presti, M. Grifoni, S.Chivetti, C. Baldini