di gino dato come sbollire rabbia in rima - webalice.it · 16 lunedì 26 aprile 2010 come sbollire...

1
Lunedì 26 aprile 2010 16 Come sbollire rabbia in rima A colloquio con Bruno Tognolini «T u dici che la rabbia che ha ragione/ è rab- bia giusta e si chiama indignazione.../ Io la rabbia giusta/ voglio tenerla in cuo- re/ io voglio coltivarla come un fiore/ vedere come cresce/ cosa ne esce/ co- sa fiorisce quando arriva la stagione/ vedere se diventa indignazione». La «Rima della rabbia giusta» è una delle 50 invettive che sfogliamo nelle Rime di rabbia (Salani ed.), un singolare li- bretto in cui Bruno Tognolini, autore di teatro e tv, nonché scrittore per bambini, ci insegna l’arte di vincere il più distruttivo e dispendioso dei sen- timenti. Come reagire all’umor nero che ci assale ogni giorno, di fronte alle prevaricazioni dei prepotenti, alle manifeste pre- sunzioni dei tromboni, ma anche alle silen- ti vanaglorie delle trombette? Tognolini ver- seggia rime ora scherzose ora ironiche ora sarcastiche per far svaporare le grandi rabbie dei piccoli e le piccole rabbie dei grandi. Poco più di 70 pagine in cui ballano i cristalli di una risata. Ma perché ri- me dedicate proprio alla rabbia? «La rabbia, la paura, la tristezza, la gioia… Gli psicologi definiscono “emozioni primarie” un pugno di sei o sette stati d’animo. Non c’è dunque niente di strano che, come sono stati innalzati inni alla gioia o canti di tri- stezza, si siano levate nei secoli le ri- me di improperio dei poeti. Da stu- dente e poi da lettore incantato dei latini e dei greci, adoravo il genere dell’invettiva». Leggendo il suo libro l’umor nero può diventare una risata. È difficile questo passaggio? «È difficile, ma necessario. O per- lomeno è necessario tentarci. Così co- me fra i gorilla è meglio, più vitale per il branco, battersi i pugni sul petto per affermare il dominio piuttosto che batterli in testa agli altri maschi. Gli uomini hanno sempre costruito per sé e accantonato per gli altri sus- sidi e supporti per tentare di trasfor- mare la rabbia in risata, la tristezza in canto, la paura in racconto». Anche nella forma letteraria? «Le forme letterarie sono attrezzi dell’anima, cacciaviti che aiutano la mano in questo arduo ma irrinuncia- bile lavoro. La risata, la derisione del nemico in belle parole, scarica bru- scamente le cupe forze della rabbia verso zone meno rischiose, e via via più dolci e vitali». Come la definirebbe un poeta la rab- bia, magari in versi? «Tra le mille che potrebbero defi- nirla, e mille volte meglio, per stare in argomento ricorro alla poesia che apre il mio libro. Che definisce la rab- bia e le Rime di rabbia: come una an- tica protasi posta sulla soglia dell’ope- ra, ne illustra il contenuto e l’inten- zione. “Rabbia, rabbia/ fiato di sab- bia/ sangue di gioco/ fiore di fuoco/ fiammeggia al sole/ consuma tutto/ lasciami il cuore/ pulito e asciutto”». Cinque cose o situazioni o sentimen- ti che le suscitano più rabbia nella vita di tutti i giorni... «Il degrado culturale e morale della Povera Patria. La pubblicità che in- vade le superfici ovunque si posino gli occhi. I furbi. I servi. La mia scem- piaggine e pigrizia lungo le vie dell’anima». E i bambini si arrabbiano? «I bambini si arrabbiano: e non “nel loro piccolo”, come le celebri for- miche. Conta la potenza di espansione di un sentimento, non la statura del corpo in cui si espande. I do- lori e le rabbie dei piccoli non sono piccoli do- lori e piccole rabbie, al con- trario: i loro sentimenti sono in grado di inva- derli totalmente più di quanto i nostri siano in grado di invade- re noi. Dato lo stato in cui si trova la Povera Patria (e le altre quattro cose di cui sopra), ci sarebbe da concludere che le piccole rabbie siano piuttosto quelle di noi grandi». Le parole e l’immaginazione, in de- finitiva, aiutano a vincer la rabbia? «Aiutano a darle forma, a rappre- sentarla a se stessi in una qualche for- ma, invece che patirla come una forza amorfa. E già il formato è meglio che l’informe, rappresentare è meglio che patire. Se poi questa forma è bella, ornata dell’elusiva bellezza della poe- sia, la rabbia sarà ancora più gover- nabile, perché in parte goduta nella bellezza, e in parte espansa verso al- tre emozioni e pensieri dall’elusione poetica. A quel punto, forse, poco mancherà a vincerla». Un dubbio: la letteratura e la poesia sono una forma di vendetta? «Al contrario: sono una forma di cura, di dono e di soccorso. Sono rac- conti e geografie che questi Marco Po- lo, gli scrittori e i poeti, riportano del- la nostra stessa anima a noi, che spes- so l’abitiamo seduti nell’angusta ca- pitale, ignorandone le sconfinate pe- riferie. E sono vite supplementari che ci vengono donate, che espandono la nostra rendendola potenzialmente quasi eterna». Ma c’è, secondo lei, un antidoto per eccellenza contro la rabbia? «Non lo so. Non sono un esperto di rabbia, né di altri sentimenti. Sono solo uno scrittore e poeta che ha fatto il suo lavoro di rapsodo: ha raccolto una forma della tradizione, l’invetti- va, per adeguarla all’oggi e alle rabbie dei bambini». AMBIENTE ED ENERGIA SULLA «SERRA», LA COLLINA DEI FANCIULLI E DELLE NINFE, POTREBBERO SORGERE ORRIBILI PALE Salento, i giganti possono tornare Il forte rischio di un mostruoso impianto eolico Riceviamo da Sergio D’Elia e volentieri pubblichiamo questo intervento-rac- conto sul rischio che corre uno scorcio del Salento magico. L’intervento è scritto in collaborazione con Oreste Caroppo (di Italia Nostra). di SERGIO D’ELIA L a leggenda racconta che Eracle, sbarcando sulle coste salentine, scagliò contro i terribili Gigan- ti, che abitavano il luogo, alcuni macigni strappati alla scogliera. Molte pietre sono ancora lì, sparse tra i Massi della Vecchia sulla Collina dei Fanciulli e delle Ninfe, conosciuta localmente come «Serra», acropoli naturale di un’antica civiltà che sorge tra i paesi di Minervino, Giuggianello e Palmariggi nell’imme- diato entro- terra di Otranto. L’opera scultorea del tempo ha da- to alle pietre sacre le forme più strane e la fantasia popolare ha associato loro nomi bizzarri e antiche leggende che si tramandano di padre in figlio. Come il «Piede d’Ercole», un monolite a forma di zampa di un gros- so animale. Oppure «’U Furticiddhu della Vecchia» che richiama la rondella di un fuso (furticiddhu in dialetto locale). Il mo- numento viene detto anche «Masso oscil- lante d’Ercole» in riferimento al mito ori- ginario. Oppure il «Letto della Vecchia», una grossa pietra calcarea di forma cir- colare che assomiglia a un enorme gia- ciglio. Secondo la leggenda, la strega tra- sforma in pietra chiunque non riesca a rispondere alle sue domande, mentre a chi risponde correttamente dona un gallina con sette pulcini d’oro. Storie misteriose, miti pagani e riti sa- cri ammantano la Serra coi suoi massi popolati da ninfe e folletti, diavoli e santi, streghe e madonne, orchi malvagi e fate buone, giganti e pastorelli, viandanti e spiriti del luogo, tesori meravigliosi, forze magiche ed energie cosmiche. Un arco di tempo plurimillenario ha lasciato miracolosamente intatte le loro tracce, ed è straordinario come in così poco spazio siano rappresentate tutte le epoche della storia dell’uomo. Dal paleo- litico al neolitico giungono fino a noi evi- denze di villaggi capannicoli e grotte cul- tuali. Dolmen e menhir richiamano l’età del rame e del bronzo, mentre dell’età del ferro e della civiltà prima greco-messa- pica e poi romana è testimone una torre militare di avvistamento. Al Medioevo ci riportano chiese paleocristiane, cenobi dei monaci greci dell’ordine di San Ba- silio, cripte e chiesette rupestri bizantine come quella dedicata a San Giovanni, vil- laggi quale il casale di Quattro Macine. All’epoca moderna datano numerose masserie, alcune anche fortificate, trulli e caratteristici abituri in pietra a secco e a tegole o addirittura con coperture me- galitiche. Tutto questo sopravvive in un paesag- gio rurale e naturale ancora vergine, ca- ratterizzato da ulivi monumentali, vecchi tratturi e muri a secco, boschi e macchia mediterranea, dove vegetano le ultime su- gherete salentine come quelle di Bosco Paletta, le più orientali al mondo, con querce rare per il basso Salento, quali il fragno, il tutto intervallato da campi agri- coli e preziosi pascoli rocciosi di tutelata steppa mediterranea. Il sito è frequentato dalle rare e protette cicogne bianche, che a detta dei locali hanno nidificato ancora nell’altopiano di Santu Vasili. Con una stratificazione di culti e me- scolanza di sacro e profano, sono sorti santuari cristiani di fortissima devozio- Gola & lussuria «L’assaggiatrice» di G. Torregrossa di ANACLETO LUPO C ome può cambiare la vita di una persona quando ad un tratto viene abbandonata? Un cuore spezzato, una vita che d’improvviso non è più la stessa, il senso d’abbandono che riempie l’animo fino a sembrare insormontabile… L’essere umano è una creatura estrema- mente fragile, una creatura capace di abbattersi con estrema facilità, ma di tirarsi su con grande difficoltà. A volte però nella sua risalita, l’essere umano sbaglia percorso, trasformandosi in qualcosa che non è mai stato, trasformandosi in qualcosa di completamente diverso da quello che era. Una nuova vita, sì, ma non quella che ci si era augurati di vivere. Un libro che parla di questo è L’assaggiatrice di Giuseppina Torregrossa, ginecologa palermitana (Rubbettino ed., pg. 156, euro 10). Protagonista del romanzo è Angela (Anciluzza per gli amici), che, abbandonata dal marito, da sola cresce due figli. Al fine di provvedere ai bisogni suoi e anche delle sue creature, ma anche per trovare un modo per passare il tempo, Anciluzza decide di aprire un piccolo chiosco in cui vende specialità tipiche siciliane. Tutto questo sembrerebbe normale, finché però questo «chioschetto delle delizie», diventa anche un «chio- schetto di lussuria». Infatti Anciluzza capisce ben presto che cibo e sesso vanno d’accordo, e che inoltre il cibo è una potentissima arma di seduzione. Quindi non solo i turisti o i passanti si fermano al chioschetto per mangiare, ma anche per godere dei piaceri dell’eros, in un gioco tra sesso e gola rac- contato senza falsi moralismi. Il libro è scritto con estrema franchezza e semplicità ed ogni capitolo è preceduto da una ricetta di cucina che sarà poi protagonista del capitolo che segue. SOLITUDINE DEL MARATONETA Alan Sillitoe. A dare in Italia l’annuncio della sua morte è l’editrice minimum fax Là dove nel mito Ercole cacciò i titani, e ancora parlano leggende e la storia CHE RABBIA Sopra, Bruno Tognolini L’INTERVISTA DELLUNEDÌ di GINO DATO È morto Alan Sillitoe scrittore inglese Graffiante e satirico. Aveva 82 anni È morto a Londra lo scrittore inglese Alan Sillitoe: aveva 82 an- ni. A dae l’annuncio in Italia è stata minimum fax, la casa editrice che ha pubbli- cato in Italia i suoi libri. Nato a Nottingham il 4 mar- zo 1928, da una famiglia ope- raia, Sillitoe ha avuto una pre- coce vena letteraria pur avendo lasciato gli studi a 14 anni per andare a lavorare. A soli sedici anni, si sentiva - come raccon- terà lui stesso - un operaio in tutti gli aspetti e aggiungeva che per «un operaio era quasi normale nutrire degli ideali so- cialisti». A diciassette anni Sil- litoe si arruola volontario nella Royal Air Force e, dal 1946 al 1947, vive nello Wiltshire, dove lavora come operatore radiofo- nico, mansione che poi svolge- rà per diciotto mesi in Malesia. Qui l’autore inizia a leggere opere di vario genere e svilup- pa la sua passione per la let- teratura. Mentre si trova ancora in Malesia gli viene diagnosticata la tubercolosi e viene ricovera- to in un ospedale militare dove rimane per un lungo periodo. L’isolamento contribuisce a rafforzare la sua vena artistica; sono di questi anni, infatti, le sue prime opere letterarie di vario genere. Il contenuto e lo stile dei suoi testi lo fanno col- locare tra i giovani «arrabbia- ti» della letteratura e del cine- ma inglese degli anni Sessanta, sebbene egli sia sempre stato poco incline alle etichette. Il romanzo che lo rivela al grande pubblico è Sabato sera, domenica mattina (1958), crona- ca impietosa di una gionata di un operaio (da cui fu tratto l’omonimo film di Karel Reisz).

Upload: lekhanh

Post on 25-Feb-2019

218 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Lunedì 26 aprile 201016

Come sbollirerabbia in rimaA colloquio con Bruno Tognolini

«T u dici che la rabbiache ha ragione/ è rab-bia giusta e si chiamaindignazione.../ Io la

rabbia giusta/ voglio tenerla in cuo-re/ io voglio coltivarla come un fiore/vedere come cresce/ cosa ne esce/ co-sa fiorisce quando arriva la stagione/vedere se diventa indignazione». La«Rima della rabbia giusta» è una delle50 invettive che sfogliamo nelle Rimedi rabbia (Salani ed.), un singolare li-bretto in cui Bruno Tognolini, autoredi teatro e tv, nonché scrittore perbambini, ci insegna l’arte di vincere ilpiù distruttivo e dispendioso dei sen-timenti. Come reagire all’umor neroche ci assale ogni giorno, di frontealle prevaricazioni dei prepotenti, allemanifeste pre-sunzioni deitromboni, maanche alle silen-ti vanagloriedelle trombette?Tognolini ver-seggia rime orascherzose oraironiche orasarcastiche perfar svaporare legrandi rabbiedei piccoli e lepiccole rabbiedei grandi. Pocopiù di 70 paginein cui ballano icristalli di unar i s at a .

Ma perché ri-me dedicateproprio allara b b i a ?«La rabbia, la paura, la tristezza, la

gioia… Gli psicologi definiscono“emozioni primarie” un pugno di seio sette stati d’animo. Non c’è dunqueniente di strano che, come sono statiinnalzati inni alla gioia o canti di tri-stezza, si siano levate nei secoli le ri-me di improperio dei poeti. Da stu-dente e poi da lettore incantato deilatini e dei greci, adoravo il generedell’i nve t t iva » .

Leggendo il suo libro l’umor neropuò diventare una risata. È difficilequesto passaggio?«È difficile, ma necessario. O per-

lomeno è necessario tentarci. Così co-me fra i gorilla è meglio, più vitale peril branco, battersi i pugni sul pettoper affermare il dominio piuttostoche batterli in testa agli altri maschi.Gli uomini hanno sempre costruitoper sé e accantonato per gli altri sus-sidi e supporti per tentare di trasfor-mare la rabbia in risata, la tristezzain canto, la paura in racconto».

Anche nella forma letteraria?«Le forme letterarie sono attrezzi

dell’anima, cacciaviti che aiutano lamano in questo arduo ma irrinuncia-bile lavoro. La risata, la derisione delnemico in belle parole, scarica bru-scamente le cupe forze della rabbiaverso zone meno rischiose, e via viapiù dolci e vitali».

Come la definirebbe un poeta la rab-bia, magari in versi?«Tra le mille che potrebbero defi-

nirla, e mille volte meglio, per stare inargomento ricorro alla poesia cheapre il mio libro. Che definisce la rab-

bia e le Rime di rabbia: come una an-tica protasi posta sulla soglia dell’ope -ra, ne illustra il contenuto e l’inten -zione. “Rabbia, rabbia/ fiato di sab-bia/ sangue di gioco/ fiore di fuoco/fiammeggia al sole/ consuma tutto/lasciami il cuore/ pulito e asciutto”».

Cinque cose o situazioni o sentimen-ti che le suscitano più rabbia nellavita di tutti i giorni...«Il degrado culturale e morale della

Povera Patria. La pubblicità che in-vade le superfici ovunque si posinogli occhi. I furbi. I servi. La mia scem-piaggine e pigrizia lungo le viedell’anima».

E i bambini si arrabbiano?«I bambini si arrabbiano: e non

“nel loro piccolo”, come le celebri for-miche. Conta lapotenza diespansione diun sentimento,non la staturadel corpo in cuisi espande. I do-lori e le rabbiedei piccoli nonsono piccoli do-lori e piccolerabbie, al con-trario: i lorosentimenti sonoin grado di inva-derli totalmentepiù di quanto inostri siano ingrado di invade-re noi. Dato lostato in cui sitrova la PoveraPatria (e le altrequattro cose di

cui sopra), ci sarebbe da concludereche le piccole rabbie siano piuttostoquelle di noi grandi».

Le parole e l’immaginazione, in de-finitiva, aiutano a vincer la rabbia?«Aiutano a darle forma, a rappre-

sentarla a se stessi in una qualche for-ma, invece che patirla come una forzaamorfa. E già il formato è meglio chel’informe, rappresentare è meglio chepatire. Se poi questa forma è bella,ornata dell’elusiva bellezza della poe-sia, la rabbia sarà ancora più gover-nabile, perché in parte goduta nellabellezza, e in parte espansa verso al-tre emozioni e pensieri dall’elusionepoetica. A quel punto, forse, pocomancherà a vincerla».

Un dubbio: la letteratura e la poesiasono una forma di vendetta?«Al contrario: sono una forma di

cura, di dono e di soccorso. Sono rac-conti e geografie che questi Marco Po-lo, gli scrittori e i poeti, riportano del-la nostra stessa anima a noi, che spes-so l’abitiamo seduti nell’angusta ca-pitale, ignorandone le sconfinate pe-riferie. E sono vite supplementari checi vengono donate, che espandono lanostra rendendola potenzialmentequasi eterna».

Ma c’è, secondo lei, un antidoto pereccellenza contro la rabbia?«Non lo so. Non sono un esperto di

rabbia, né di altri sentimenti. Sonosolo uno scrittore e poeta che ha fattoil suo lavoro di rapsodo: ha raccoltouna forma della tradizione, l’invetti -va, per adeguarla all’oggi e alle rabbiedei bambini».

AMBIENTE ED ENERGIA SULLA «SERRA», LA COLLINA DEI FANCIULLI E DELLE NINFE, POTREBBERO SORGERE ORRIBILI PALE

Salento, i gigantipossono tornareIl forte rischio di un mostruoso impianto eolico

Riceviamo da Sergio D’Elia e volentieripubblichiamo questo intervento-rac-conto sul rischio che corre uno scorciodel Salento magico. L’intervento è scrittoin collaborazione con Oreste Caroppo (diItalia Nostra).

di SERGIO D’ELIA

La leggenda racconta che Eracle,sbarcando sulle coste salentine,scagliò contro i terribili Gigan-ti, che abitavano il luogo, alcuni

macigni strappati alla scogliera. Moltepietre sono ancora lì, sparse tra i Massidella Vecchia sulla Collina dei Fanciulli edelle Ninfe, conosciuta localmente come«Serra», acropoli naturale di un’anticaciviltà che sorge tra i paesi di Minervino,

Giug gianelloe Palmarigginell’imme -diato entro-terra diO t r a n t o.

L’operascultorea deltempo ha da-to alle pietre

sacre le forme più strane e la fantasiapopolare ha associato loro nomi bizzarri eantiche leggende che si tramandano dipadre in figlio. Come il «Piede d’E rc o l e » ,un monolite a forma di zampa di un gros-so animale. Oppure «’U Furticiddhu dellaVecchia» che richiama la rondella di unfuso (furticiddhu in dialetto locale). Il mo-numento viene detto anche «Masso oscil-lante d’Ercole» in riferimento al mito ori-ginario. Oppure il «Letto della Vecchia»,una grossa pietra calcarea di forma cir-

colare che assomiglia a un enorme gia-ciglio. Secondo la leggenda, la strega tra-sforma in pietra chiunque non riesca arispondere alle sue domande, mentre a chirisponde correttamente dona un gallinacon sette pulcini d’o ro.

Storie misteriose, miti pagani e riti sa-cri ammantano la Serra coi suoi massipopolati da ninfe e folletti, diavoli e santi,streghe e madonne, orchi malvagi e fatebuone, giganti e pastorelli, viandanti espiriti del luogo, tesori meravigliosi, forzemagiche ed energie cosmiche.

Un arco di tempo plurimillenario halasciato miracolosamente intatte le lorotracce, ed è straordinario come in cosìpoco spazio siano rappresentate tutte leepoche della storia dell’uomo. Dal paleo-litico al neolitico giungono fino a noi evi-denze di villaggi capannicoli e grotte cul-tuali. Dolmen e menhir richiamano l’etàdel rame e del bronzo, mentre dell’età delferro e della civiltà prima greco-messa-pica e poi romana è testimone una torremilitare di avvistamento. Al Medioevo ciriportano chiese paleocristiane, cenobidei monaci greci dell’ordine di San Ba-silio, cripte e chiesette rupestri bizantinecome quella dedicata a San Giovanni, vil-laggi quale il casale di Quattro Macine.All’epoca moderna datano numerosemasserie, alcune anche fortificate, trulli ecaratteristici abituri in pietra a secco e ategole o addirittura con coperture me-g alitiche.

Tutto questo sopravvive in un paesag-gio rurale e naturale ancora vergine, ca-ratterizzato da ulivi monumentali, vecchitratturi e muri a secco, boschi e macchiamediterranea, dove vegetano le ultime su-gherete salentine come quelle di Bosco

Paletta, le più orientali al mondo, conquerce rare per il basso Salento, quali ilfragno, il tutto intervallato da campi agri-coli e preziosi pascoli rocciosi di tutelatasteppa mediterranea. Il sito è frequentatodalle rare e protette cicogne bianche, che adetta dei locali hanno nidificato ancoranell’altopiano di Santu Vasili.

Con una stratificazione di culti e me-scolanza di sacro e profano, sono sortisantuari cristiani di fortissima devozio-

Gola & lussuria« L’assaggiatrice» di G. Torregrossa

di ANACLETO LUPO

Come può cambiare la vita di una persona quando adun tratto viene abbandonata? Un cuore spezzato, unavita che d’improvviso non è più la stessa, il sensod’abbandono che riempie l’animo fino a sembrare

insor montabile… L’essere umano è una creatura estrema-mente fragile, una creatura capace di abbattersi con estremafacilità, ma di tirarsi su con grande difficoltà. A volte però nellasua risalita, l’essere umano sbaglia percorso, trasformandosiin qualcosa che non è mai stato, trasformandosi in qualcosa dicompletamente diverso da quello che era. Una nuova vita, sì,ma non quella che ci si era augurati di vivere.

Un libro che parla di questo è L’assa ggiatrice di GiuseppinaTorregrossa, ginecologa palermitana (Rubbettino ed., pg. 156,euro 10). Protagonista del romanzo è Angela (Anciluzza per gliamici), che, abbandonata dal marito, da sola cresce due figli. Alfine di provvedere ai bisogni suoi e anche delle sue creature, maanche per trovare un modo per passare il tempo, Anciluzzadecide di aprire un piccolo chiosco in cui vende specialitàtipiche siciliane. Tutto questo sembrerebbe normale, finchéperò questo «chioschetto delle delizie», diventa anche un «chio-schetto di lussuria». Infatti Anciluzza capisce ben presto checibo e sesso vanno d’accordo, e che inoltre il cibo è unapotentissima arma di seduzione. Quindi non solo i turisti o ipassanti si fermano al chioschetto per mangiare, ma anche pergodere dei piaceri dell’eros, in un gioco tra sesso e gola rac-contato senza falsi moralismi.

Il libro è scritto con estrema franchezza e semplicità ed ognicapitolo è preceduto da una ricetta di cucina che sarà poiprotagonista del capitolo che segue.

SOLITUDINEDELM A R ATO N E TAAlan Sillitoe.A dare in Italial’annunciodella sua morteè l’editriceminimum fax

Là dove nel mitoErcole cacciò i titani,

e ancora parlanoleggende e la storia

CHE RABBIA Sopra, Bruno Tognolini

L’I N T E RV I S TA DEL LU N E D Ìdi GINO DATO

È morto Alan Sillitoescrittore ingleseGraffiante e satirico. Aveva 82 anni

Èmorto a Londra loscrittore inglese AlanSillitoe: aveva 82 an-ni. A dae l’a n nu n c i o

in Italia è stata minimum fax,la casa editrice che ha pubbli-cato in Italia i suoi libri.

Nato a Nottingham il 4 mar-zo 1928, da una famiglia ope-raia, Sillitoe ha avuto una pre-coce vena letteraria pur avendolasciato gli studi a 14 anni perandare a lavorare. A soli sedicianni, si sentiva - come raccon-terà lui stesso - un operaio intutti gli aspetti e aggiungevache per «un operaio era quasinormale nutrire degli ideali so-cialisti». A diciassette anni Sil-litoe si arruola volontario nellaRoyal Air Force e, dal 1946 al1947, vive nello Wiltshire, dovelavora come operatore radiofo-nico, mansione che poi svolge-rà per diciotto mesi in Malesia.Qui l’autore inizia a leggereopere di vario genere e svilup-pa la sua passione per la let-t e r at u r a .

Mentre si trova ancora inMalesia gli viene diagnosticata

la tubercolosi e viene ricovera-to in un ospedale militare doverimane per un lungo periodo.L’isolamento contribuisce arafforzare la sua vena artistica;sono di questi anni, infatti, lesue prime opere letterarie divario genere. Il contenuto e lostile dei suoi testi lo fanno col-locare tra i giovani «arrabbia-ti» della letteratura e del cine-ma inglese degli anni Sessanta,sebbene egli sia sempre statopoco incline alle etichette.

Il romanzo che lo rivela algrande pubblico è Sabato sera,domenica mattina (1958), crona-ca impietosa di una gionata diun operaio (da cui fu trattol’omonimo film di Karel Reisz).