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MAGAZINE PUBLISHED BY DALLARA Nr. 34 Anno 2014 "Periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Parma (n.16, 03/09/2010)" ROSETTA LA SONDA SPAZIALE CHE HA AGGANCIATO LA COMETA UTILIZZA ANCHE UNA TECNOLOGIA MESSA A PUNTO DAI TECNICI DELLA FACTORY DALLARA MOTORSPORT ACADEMY EXPERIS MOTORSPORT E DALLARA INSIEME PER FORMARE LE FUTURE “MENTI” DELLE CORSE MONDIALI E RILANCIARE LA MOTOR VALLEY EMILIANA INDY LIGHTS LA SERIE CADETTA DELLA INDYCAR SI RILANCIA GRAZIE ALLA NUOVA DALLARA IL-15 SCOPRIAMOLA INSIEME RENAULT RS01 LA SUPER GT FRANCESE CHE FA SOGNARE ANCHE PROST È NATA DALLA COLLABORAZIONE CON GLI INGEGNERI DI VARANO

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MAGAZINEPUBLISHED

BY DALLARA

Nr. 34Anno 2014

"Periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Parma (n.16, 03/09/2010)"

ROSETTALA SONDA SPAZIALE CHE HAAGGANCIATO LA COMETAUTILIZZA ANCHE UNA TECNOLOGIAMESSA A PUNTO DAI TECNICI DELLA FACTORY DALLARA

MOTORSPORT ACADEMYEXPERIS MOTORSPORT E DALLARA INSIEMEPER FORMARE LE FUTURE “MENTI” DELLE CORSEMONDIALI E RILANCIARE LA MOTOR VALLEY EMILIANA

INDY LIGHTSLA SERIE CADETTA DELLA INDYCAR SI RILANCIA GRAZIEALLA NUOVA DALLARA IL-15SCOPRIAMOLA INSIEME

RENAULT RS01LA SUPER GT FRANCESE CHE FA SOGNARE ANCHE PROSTÈ NATA DALLA COLLABORAZIONE CON GLI INGEGNERI DI VARANO

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Il conto alla rovescia verso la stagione2015 della Indy Lights, la seriecadetta della IndyCar, è ormai partito.

In questi giorni e poi a gennaio sono incalendario gli ultimi test, a inizioprimavera partirà il campionato,organizzato da Dan Anderson, e per ilquale oltre Atlantico c'è molta attesa.Con Stefano De Ponti, il direttore delleoperazioni Usa di Dallara, scopriamo comesi è sviluppata la collaborazione fraVarano e Indianapolis e cosa ci dobbiamoattendere da una categoria che punta adun deciso rilancio. «Le parti strutturali, lepiù importanti per la sicurezza del pilota,come la monoscocca e il musetto vengonorealizzate dalla Dallara in Italia – cispiega De Ponti - gli altri componentiinvece vengono prodotte fatte negli StatiUniti: un po’ qui da noi e per circa unterzo da fornitori locali, soprattutto nellostato dell'Indiana. Dallara Usa è unarealtà in fondo ancora giovane ma cistiamo strutturando ed è già operativa un'area dove vengono realizzate le parti incomposito attrezzata con autoclave, forno,

tavolo da taglio, modelleria ecarpenteria». Il responsabile del progettoè Antonio Montanari, la cui intervistapotete leggere più avanti, a Indianapolisha agito una interessante 'task-force'italo-americana, se così si può dire. «Qui a Indianapolis – continua De Ponti -ho coinvolto un ingegnere, AlexTimmerman, che agisce da referentetecnico di Dallara Usa. E' lui che dialogacon il project leader Montanari e funge dainterfaccia americana per quanto riguardail customer service con i clienti Indy Lightse con i promotori. Abbiamo coinvoltoanche Owen Snyder, che oltre ad essere ilcognato di Steve Kinser, il MichaelSchumacher delle Sprintcars, ha anchevinto due Indy 500 come 'crew chief' conAl Hunser jr e Eddie Cheever. Snyder hacurato tutta la parte dell'a assemblaggio,quella tecnica-logistica dei pezzi.Considerando poi controllo qualità,amministrazione e logistica in totale quinegli Usa sono state coinvolte quattropersone». Un impegno importante, per Dallara,

quello relativo al rilancio della IndyLights, perché l'azienda italiana è ormaiguardata come un esempio di eccellenzadal mondo delle corse made in Usa.«Quando disegniamo un nuovo prodottocerchiamo di ottenere sempre il migliorrapporto qualità-prezzo», analizza DePonti. «In America Dallara è coinvolta inprima linea sotto il profilo del customerservice: non abbiamo distributori chefanno servizio di ricambi, la nostra è unarelazione diretta con i clienti: se qualcosanon va siamo quindi noi i direttiinteressati che devono risolvere i problemi.E' un aspetto che a Dallara sta molto acuore perché chi vive nel mondo dellecorse americane ha una sensibilità diversada quella europea. Qui piace un po' a tuttiintervenire sul prodotto, giocando sul filodei regolamenti. Noi dobbiamo fare inmodo che la macchina abbia una qualitàconsiderevole e soprattutto sia sicura. Evisto che la qualità ha comunque un suoprezzo, la nostra sfida è cercare dicontenere i costi. Anche negli States, acausa della crisi mondiale, circolano

Nata per sedurre

DALLARA USA È SEMPRE PIÙ PARTE INTEGRANTE DEL MONDO DELLE CORSE AMERICANE, E IL PROGRAMMAPER IL RILANCIO DELLA INDY LIGHTS LA VEDE AL CENTRO GRAZIE ALLA PROGETTAZIONE DELLA NUOVA MONOPOSTOPER IL CAMPIONATO 2015. STEFANO DE PONTI CI GUIDA ATTRAVERSO LA NASCITA, LO SVILUPPO E LA CONSEGNADELLE VETTURA – CHE IL PROMOTER DAN ANDERSON HA DEFINITO 'SEXY CAR' - RACCONTANDOCI COME SI È DIPANATALA COLLABORAZIONE FRA LE DUE SEDI DELLA FACTORY. UN RINNOVATO DIALOGO FRA AMERICA E EUROPACHE STA SEDUCENDO ANCHE TEAM DI GRANDE TRADIZIONE COME CARLIN MOTORSPORT

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sempre meno sponsor e soldi. Ilmotorsport non ha perso interesse a livellogenerale, ma ora nella ricerca diinvestitori è in competizione con altrediscipline». La chiave del successo della 'nuova' IndyLights sta anche nel progetto di unafiliera che sappia prendere per mano ipiloti americani e svezzarli in vistadell'impegno nella più prestigiosa delleserie a ruote scoperte. «Tutto ciò che era stato disegnato per laIndyCar e ha funzionato a livello disicurezza è stato implementato - dove loconsente il regolamento – sulla IndyLights, che di fatto sotto il profilo dellasicurezza è una vera e propria miniIndyCar. Il progetto è gestito da DanAnderson, costruttore e grandeappassionato di corse, che ha ideatoquello che qui chiamano “ladder to IndyCar”, un programma educativo per piloti,ingegneri meccanici che conduce dalleformule minori fino alla Indy Car. Lui eTony Cotman, direttore tecnico e direttoredi gara per la Indy Lights, nella

realizzazione della monoposto hannolavorato a stretto contatto con AntonioMontanari e il suo team. Un progettosicuramente interessante, e menocomplicato a livello 'politico' perché non cisono costruttori coinvolti. Attraversoalcuni rendering abbiamo sottoposto adAnderson diverse soluzioni, e lui ha sceltoquella che ha definito una 'sexy car'. Neabbiamo già consegnati diversi esemplari,la settimana scorsa ne sono partiti 3-4 percompletare primo 'bench' di 10 macchineche dovranno svolgere i test il 16-17dicembre a Palm Beach».Il via è in programma il 28 marzo a St.Petersburgh, in Florida, e la notizia cheanche un team prestigioso come l'ingleseCarlin Motorsport sarà della partitarappresenta una certezza in più. «Prevedo un bello schieramento per laprima gara di St Petersburg», conferma DePonti «E la presenza di Carlin Motorsportè una buona cosa: significa che ha trovatonell’Indy Lights un buon pacchetto per lasua attività sportiva negli Stati Uniti, esecondo me ha aperto una porta. Il modo

di concepire le corse in America è diversorispetto all'Europa. L’americanotendenzialmente è conservativo, se trovaun prodotto che va bene lo porta avantiper anni e anni. C’è meno sviluppo einnovazione tecnologica rispettoall’Europa, ma è un modello di businessche funziona».Anche dal punto di vista dei piloti laIndy Lights rappresenta una opportunitàinteressante, che si discosta dal progettooriginale della serie. «Lo spirito IndyLights, quando nacque nel 2002 - lamacchina precedente è stata consegnatadal 2002 fino all’ultima stagione diquest’anno - era di 'carpire' piloti dellecategorie Sprintcar per portarli verso lemonoposto e la Nascar. Per una serie dimotivi questa impostazione non ha avutosuccesso. Grazie a un promoter esternocome Dan Anderson, ora la categoria sista reindirizzando. E’ un buono strumentoper imparare la tecnica delle gare sugliovali – non dimentichiamo che la garaprincipale IndyCar è la 500 di Indianapolis– e per familiarizzarsi con le pisteamericane in generale, che sono moltodiverse da quelle europee per layout,asperità, tipo di asfalto. Diciamo che conl'ingresso di Carlin viene riscoperto lastrada americane alle corse. L'approccioclassico era: in America si corre sugliovali, ci sono i muretti, ci si fa male. Nondimentichiamo però che la Indy Lights èla seconda categoria più veloce al mondo,con medie da 185-189 miglia orarie pergare di un'ora. Un buon pilota di Indydeve saper guidare a velocità sostenutecon 15-16 macchine macchine che tipassano a destra e sinistra. Bisognasapersi anche affidare devi agli 'spotter', ilmembro del team che sta sulle tribune eche ti indica chi hai a fianco, chi ti stasorpassando e ti suggerisce la strategia digara. Questa è una componente che inEuropa non esiste, ma arricchisce ancoradi più il bagaglio di un pilota». Anche losviluppo della Indy Lights ha potutobeneficiare del Simulatore Dallara che èstato inaugurato quest'anno anche nellasua versione americana. «Il Simulatore vamolto bene», conferma De Ponti, «Ineffetti lo stiamo usando molto. In questigiorni è in programma una giornata 'porteaperte' con un modello di vettura adisposizione di piloti e ingegneri IndyLight e Formula Mazda; inoltre il nipoteLouis Schwitzer verrà qui per inauguraretarga dedicata a suo nonno». Insomma,Dallara negli Stati Uniti è sempre piùimpegnata in progetti racing ed extraracing e per gli uomini di De Ponti illavoro davvero non manca.

Stefano De Ponti,

capo delle operazioni

Dallara Usa,

in compagnia

di Al Unser

e dell’ing. Andrea Toso

davanti al Simulatore

inaugurato nella sede

di Indianapolis

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ecco l'Indy

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«Più agile e sicura, y Lights del futuro»

L'INGEGNER ANTONIO MONTANARI HA SEGUITO PER DALLARA LA PROGETTAZIONE E SVILUPPO DELLA IL-15, LA VETTURA CHE DAL PROSSIMO MARZO DARÀ VITA AD UNA EDIZIONE DEL CAMPIONATO 'CADETTO' DELLA INDYCARCHE SI PREANNUNCIA INTERESSANTE E COMBATTUTO. CI SIAMO FATTI RACCONTARE DA LUI LA FILOSOFIAE LE CARATTERISTICHE DELLA MONOPOSTO E COME È STATA ACCOLTA DA PILOTI E TEAM

Ingegner Montanari, ci può raccontarecome sarà la nuova IL-15? Sarà un campionato completamenterinnovato, con nuovi team, tra cui anchepresenze dall'Europa.La Indy Lights erauna serie minore con una vettura ormaivecchia di tredici anni e chiaramente avevaperso ormai gran parte del suo fascino edella sua attrattiva. C'era bisogno di unforte restyling e soprattutto di allinearsi aipiù moderni standard di sicurezza. Lavettura è un grande passo avanti rispettoalla precedente. L'esperienza acquisita conla nuova IndyCar è stata molto importantee trasferita interamente in questo

progetto. Di fatto si può dire che sia unaIndyCar in miniatura.Con un peso di poco sopra ai 600 Kg e 450cavalli con ulteriori 50 tramite il sistema"push-to-pass" e paddle shift, siamo sicuriche potrà dare grande spettacolo e formarepiloti per il passaggio alla serie maggiore».

In che cosa si differenzia da unamonoposto europea?«In apparenza sono abbastanza simili, ilregolamento di sicurezza è però quellodella IndyCar, in quanto correrà anche suovali, in cui le dinamiche di gara sono bendiverse da quelle dei tracciati europei.

La regolazione delle sospensioni è moltopiu ampia del normale per permettere disettare la vettura per questi tracciati, dovesi corre senza differenziale, con pneumaticidi diametri differenziati e camber positivoa sinistra, senza però sostituirecomponenti delle sospensioni in modo daridurre i costi di gestione. I team ricevonoinoltre un semplice kit di trasformazioneaerodinamica specifico per gli speedway.Nasce quindi molto piu simile alle europeerispetto alla versione precedente, che erastata disegnata per correre solo su ovali edadattata in seguito agli stradali. Il roll-barè stato progettato per resistere agli stessi

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carichi IndyCar nonostante il pesoinferiore della vettura, inoltre i pannellianti-intrusione laterale in zylon sono statiestesi e il bordo abitacolo alzato secondogli standard F1 per una ulterioreprotezione laterale. Come sulla 'sorellamaggiore', l'interno abitacolo è rivestito sututti i lati da quasi 5cm di polipropileneespanso, lo stesso materiale protettivo chesi trova all'interno dei caschi.

Come siete riusciti a integrare eottimizzare la produzione dellamonoscocca in Italia e quella di alcunicomponenti in Indiana?«La nostra sede a Indianapolis ècompletamente operativa e produttiva,quindi l'integrazione non è stata unproblema. Il contatto e la comunicazione ècostante, con gli attuali sistemiinformatici è tutto condiviso in temporeale ed è quasi come se non ci fosse tuttaquesta distanza. Per quanto riguarda laproduzione ci siamo divisi i compitidall'inizio, le sospensioni e parte deicomponenti in composito sono giàprodotte nella nostra sede ad Indianapolise soprattutto per quanto riguarda icomponenti di maggior consumo ,contiamo di spostare sempre più laproduzione dei ricambi in Dallara LLC permigliorare l'efficienza e il servizio alcliente».

L'abitacolo è identico a quello dellaserie maggiore?«La monoscocca è molto simile comeforma, le dotazioni di sicurezza sono lestesse. Abbiamo, d’accordo con AndersenPromotions, adottato la stessaomologazione nonostante le prestazioniinferiori: la sicurezza prima di tutto! Lacosa interessante è che la forma internadell'abitacolo e l'abitabilità sonoesattamente le stesse tra le due, quindi seun pilota avesse occasione di fare un testsulla serie maggiore deve solamenteportarsi il sedile che calzerà perfettamentein entrambi i telai. Questo è senza dubbioun forte vantaggio e un'ulterioreattrattiva».

Qual è stato l'apporto del Simulatore?«Il simulatore sicuramente darà ungrande aiuto. L’implementazione delmodello è pronta. Tristan Vautier e JosefNewgarden hanno contribuito a validarlo esvilupparlo dando un feedback importanteconfrontandone la risposta con il realecomportamento della vettura in pista.Sarà disponibile da prima che i teammettano in pista la vettura per la primavolta ed è quindi una grande risorsa. E’un grande aiuto, soprattutto con unamacchina completamente nuova e come siè detto in altre occasioni non solo per ipiloti, ma anche per gli ingegneri e pertutto il team. Sfruttarlo appieno sta tuttoalla fantasia di chi lo utilizza».

Cosa è emerso dagli ultimi test? Qualisono stati i feedback dei piloti? Equelli dei team?«La nuova Indy Lights è stata da subitomolto veloce, e il feedback dei piloti moltopositivo fin da subito. La sentonodecisamente piu leggera e piu agile dellaprecedente, piu reattiva agli input delpilota. Il programma di test è iniziato conun piccolo shakedown nel circuito diPutnam Park vicino ad Indianapolis, perpoi proseguire per tutto il mese di Agostocon Tristan Vautier e Conor Daly, ilchilometraggio percorso è statol’equivalente di una stagione e senzaproblemi. Il programma di test si èconcluso il 6 settembre con Scott Dixon,James Hinchcliffe e Gabby Chaves chesull’ovale di Indianapolis ha battuto ilrecord della vettura precedente.

L’accoglienza da parte dei team è stataottima sin dalla presentazione a Maggio aipiedi della Pagoda in occasione della 500Miglia di Indianapolis. Durante i test sisono sempre alternati i team in visita perassistere ed avere informazioni tecniche.L’interesse è stato sempre molto alto, siamomolto contenti anche perché ha copertotutte le aspettative della serie».

Quando verranno consegnate le vetture?«Le prime dieci vetture sono già stateconsegnate ai team a partire dal 14novembre, e altre sono pronte o in viaggioin questo momento. Tutto è pronto per i teste per la prossima stagione. Per ora hanno confermato dodici team, noie i nostri colleghi americani stiamolavorando a stretto contatto con i loro perdare tutto il sostegno e l’assistenza possibileper preparare le vetture».

Cosa prevede la "road map" da qui allaprima gara?«C’è tanto fermento e lavoro di preparazioneora, ci saranno poi diversi test a gennaio efebbraio a Palm Beach, Homestead e Barber,sia su circuiti stradali sia ovali. Ilcalendario della prossima stagione prevede16 gare, la prima a St. Petersburg il 28marzo, e sinceramente non vedo l’ora!».

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La nuova Indy Lights

il giorno della presentazione

in occasione della

500 Miglia di Indianapolis

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I campioni Dallara 2014

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INDYCAR Dream PowerFinalmente c'è riuscito. E l'emozione è stata tanta che

sul podio di Fontana, dove con un nono posto si èassicurato matematicamente il titolo 2014 della

IndyCar, Will Power è scoppiato a piangere. Il 33enneaustraliano per anni ha inseguito con tutte le sue forzequel traguardo, spesso complicandosi da solo la vita e'scornandosi' con avversari di calibro assoluto come RyanHunter-Reay e Dario Franchitti. La sua ambizione dabambino era di suonare la batteria in una rock band, orapuò sperare di bissare il titolo a bordo della sua Dallaraall'interno di un team blasonato come quello di RogerPenske. Anche quest'anno ha rischiato di gettare viaun'occasione preziosa con gare scriteriate (Pocono,Sonoma, Houston, St Petersburg, Barber...) o anonime(Indianapolis, dove ha comunque rimediato una penalità)anche se a Detroit ha fatto felice il suo team principalnella gara di casa. Per lui il consuntivo parla di 3 vittoriee 7 podi ma soprattutto di un sogno realizzato.  

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INDY LIGHTS Martello ChavesCostanza e caparbietà: queste le qualità che hanno

consentito a Gabby Chaves di assicurarsi il titolo 2014della Indy Lights. In testa al campionato sin dai primi

appuntamenti della stagione, il driver colombiano ha ineffetti chiuso a pari punti con Jack Harvey, il suoaccanitissimo rivale, giungendo secondo alle sue spallenella gara di Sonoma, ma grazie ai sei secondi postiottenuti a bordo della sua Dallara ha regalato il trofeo, ilprimo di grande rilievo nella storia del team, al patronBrian Belardi. Il 21enne di Bogotà ha corso anche in Italia,classificandosi 10° nel 2010 con Eurointernational nellanostra F.3, ma nel 2012 ha risolcato l'Atlantico pergareggiare nello Star Mazda Championships, chiudendo alsecondo posto. Quest'anno per lui 4 vittorie in totale esoprattutto 11 podi, di cui 8 consecutivi nelle ultime 8gare che testimoniano della sua invidiabile tenuta mentale.

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GP2Dietro Hamilton c'è Palmer

Figlio d'arte – suo padre è l'ex driver inglese di F.1Jonathan Palmer – Jolyon Palmer è uno dei pilotipiù interessanti della sua generazione, e il nuovo

campione della GP2. Il titolo lo ha conquistato a Sochi,con una gara di anticipo rispetto al calendario,aggiudicandosi gara 1: è il primo inglese a salire sultrono della GP2 dopo Lewis Hamilton (2006) e questoindubbiamente è di buon auspicio. Al volante dellaDallara del team Dams Palmer del resto aveva iniziato allagrande la stagione, facendo segnare la pole nella primagara della stagione in Bahrain, dove si era aggiudicatogara 2 guadagnando subito la testa della classifica chenon ha più ceduto fino al termine del campionato. Perlui in totale quattro vittorie, tre pole, dodici podi e settegiri veloci e il record di punti per la categoria: davvero ilsuo 2014 avrebbe difficilmente potuto essere migliore.

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GP3 Lynn, da Londra con Come Lewis Hamilton in F.1 e Joylon Palmer in GP2,

anche il campione della GP3 in questo 2014 è inglese,anzi, per la precisione londinese. Si chiama Alex Lynn,

e ha guidato la Dallara del team Carlin al trionfodiventando così il successore di Esteban Gutierrez, ValtteriBottas, Mitch Evas e Daniil Kvyat: tre dei suoi quattropredecessori sono approdato in F.1, un buon viatico per lesperanze di Alex. Classe 1993, in forza al programma juniordella Red Bull (come il neopilota Toro Rosso Kvyat), Lynn èun driver preparato e intelligente che ha iniziato a lasciareil segno l'anno scorso aggiudicandosi la classica di F.3 aMacao. Quest'anno ha chiuso con tre vittorie – la prima aldebutto sul Circuit de Catalunya – due pole, otto podi e duegiri veloci. Peccato per la mancata vittoria sul circuito dicasa, a Silverstone, ma la sua solidità e continuità direndimento lo ha ripagato. Di lui sentiremo parlare.

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rigore

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RENAULT 3.5 Sainz non è più junior

Un campione annunciato, figlio del “leone” dei rally,Carlos Sainz, ma che per trovare la sua strada nelmondo delle corse ha scelto la pista e le ruote

scoperte. Carlos Sainz Jr (anche se ora quel junior noncomparirà più) è il più giovane vincitore nella storia delleWorld Series 3.5 by Renault, il primo uscito dal programmaformativo della Red Bull. Un successo importante, che arrivadopo quello colto nel 2011 nel campionato Renault Nec edopo anni di alterne fortune fra F.3 britannica, F.3 europeae in GP3. All'ultima gara era arrivato molto teso, inquietoper il futuro in F.1 che era diventato più opaco dopol'ingaggio di Max Verstappen da parte della Toro Rosso, maè riuscito comunque a portare a fine la sua “missione” alvolante della Dallara targata Dams, rintuzzando gli assalti diRoberto Mehri. Per lui un bilancio quasi “monotono” di 7vittorie, 7 pole, 7 podi e 6 giri veloci e la sicurezzaraggiunta di un sedile l'anno prossimo in F.1, proprio allaToro Rosso. Per la gioia di papà Carlos senior.

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F.3 FIA EUROPEAN CHAMPIONSHIPOcon, debuttante di successo

Campione al debutto. Non capita spesso. Esteban Ocon èriuscito a vincere il difficilissimo FIA F.3 EuropeanChampionship nella sua prima stagione disputata con la

Dallara-Mercedes del team italiano Prema e battendo nellagraduatoria finale Tom Blomqvist e Max Verstappen. Francese diorigini spagnole, il ragazzo che fin dai tempi del karting è statocatturato ed allevato dal programma Junior Lotus, ha disputatoun’annata esaltante. Arrivato dalla F.Renault 2.0 dove ha corsodue anni sbalordendo fin dalla sua prima apparizione perrisultati e prestazioni, Ocon si è adeguato rapidamente allaguida richiesta dalla Dallara di F.3 dimostrandosi metodico,preciso nei collaudi, veloce nel giro secco in qualifica e con unpasso gara spesso insostenibile per gli avversari. Nelle 33 garedisputate, Ocon ha tagliato il traguardo per primo in noveoccasioni, ma quello che ha fatto la differenza è statal’incredibile serie di piazzamenti a punti: diciotto volte. Chesommate ai nove successi fa ventisette corse concluse a punti.Ocon si è laureato campione con una prova di anticipo sul finaledi campionato ed ha anche partecipato alla gara internazionaledi Macao, ma è stato molto sfortunato rimanendo coinvolto inun incidente con Blomqvist. Ora Ocon è pronto al salto in GP2con la Dallara-Renault del team Dams. Ad Abu Dhabi è stato trai migliori nei test collettivi e sul circuito del Medio Oriente haanche potuto provare la Lotus F.1. Qualche settimana primaaveva guidato la Ferrari F.1 del 2012 a Fiorano come premio peraver vinto il titolo FIA F.3.

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EUROFORMULA OPENStuvik il pioniere

La sua era divenuta una missione. Dopo il secondo postonel campionato F.3 Open del 2013, Sandy Stuvik èrimasto fedele alla italiana RP Motorsport di Fabio

Pampado per tentare di conquistare quel titolo sfuggitogliper un nulla lo scorso anno, battuto da Ed Jones. Ilthailandese è subito stato il punto di riferimento per gliavversari della categoria monomarca (organizzata dallaspagnola GTSport) che utilizza Dallara-Toyota e che nelfrattempo ha cambiato nome in Euroformula Open. Conundici vittorie nelle sedici gare in calendario sparse in tuttaEuropa, è chiaro che per gli altri c’era ben poco da fare. Ecosì Stuvik è divenuto il primo thailandese a vincere uncampionato per monoposto internazionale, un vero recordper questo ragazzo di 19 anni che nel post stagione si è datoda fare parecchio provando altre tipologie di vetture Dallara:prima quella a motore Zytek della World Series Renault, poiquella a spinta dal Renault della GP2. Pensa in grandeStuvik, ora lo aspettano palcoscenici ancora più importanti.

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RS01

DALLARA HA SVILUPPATO IN COLLABORAZIONE CON RENAULT LA NUOVA, BELLISSIMARS01. UNA GT CON PRESTAZIONI CHE SI AVVICINANO A QUELLE DI UNA FORMULA O DIUNA LMP1, CON UNA AERODINAMICA FAVOLOSA E DOTAZIONI DI SICUREZZA ASSOLUTE.DESTINATA AD ESSERE DOMATA DAI MIGLIORI PILOTI E IN GRADO DI ACCONTENTARE ANCHEI GENTLEMEN DRIVER. CE NE PARLA L’INGEGNER PIGNACCA, CHE HA CURATO IL PROGETTO

Una “belva”,

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ma per tuttiDesign di grande impatto, più di 500cavalli di potenza, frenisuperperformanti, cambio a settemarce: la Renault RS01 è lo statodell'arte delle Silhouette GT. IngegnerPignacca, ci racconta come è nato ilprogetto?«Posso dire senz'altro che si è trattato diun progetto nato dal classico fogliobianco, concepito a partire da pochi echiari obiettivi e questo è senz'altro unbel vantaggio. Renault ci ha chiesto disviluppare una vettura che fosse dalpunto di vista delle performance a metàstrada tra un GT3 ed una DTM, pronta peressere usata per gare endurance. Molti

contenuti, quali il motore, il cambio ed ifreni facevano giá parte di un belpacchetto di specifiche concepito dalcliente. L'insieme di tali caratteristiche seda un lato ci ha fatto capire che ilprodotto che avremmo sviluppato sarebbestato davvero fantastico, dall'altro aprivaper noi grandi sfide: la vettura avrebbedovuto essere leggera, dotata di unottimale ripartizione dei pesi e soprattuttodi una aerodinamica che potrei definire"da urlo"».

Quali sono le performance piùsignificative della vettura, anche dalpunto di vista aerodinamico?

«Come ho appena detto l'aerodinamica ècertamente uno dei punti di forza dellavettura oltre che una dinamica veicoloottimizzata per il pneumatico. L'insiemedelle due cose è stato concepito perrendere la vettura molto veloce maguidabile anche da piloti nonnecessariamente professionisti. 1700kg a300 km/h, due numeri che fanno capire acolpo d'occhio il livello straordinario didownforce raggiunto. Questaaerodinamica permette alla RS01 diraggiungere agevolmente i 3g diaccelerazione laterale e longitudinale,valori piú simili ad un Formula o ad unaLMP che ad una GT».

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Quali sono state le richieste di partenza dellaRenault? E quale la sfida progettuale piùdifficile da raccogliere?«Il tempo sul giro in alcune piste di riferimentoed il rispetto dei vincoli stilistici imposti dalcentro stile. Due cose che per definizione nonvanno d'accordo. A rendere tutto molto piúcomplicato ma allo stesso modo più affascinanteè che le forme esterne di una vettura da corsasarebbero state sviluppate per così dire a quattromani, cosa alquanto rara nel motorsport: ilcentro stile Renault ed il nostro reparto diaerodinamica, senza cedere a nessuncompromesso. Lo stile avrebbe dovuto mantenerele sue linee fondamentali e la alta performance,non faceva parte dei parametri negoziabili. Apari merito nella classifica delle sfide raccolteaggiungerei il tempo di sviluppo: siamo partitidal foglio bianco durante l'ultima settimana difebbraio ed il primo prototipo è sceso in pistal'ultima settimana di agosto. Sei mesi dall'idea alprodotto: a raccontarlo sembra incredibile masiamo riusciti a farlo diventare realtà».

Per sviluppare il progetto quali sono state letecnologie Dallara utilizzate?«Distinguerei tecnologie usate per lo sviluppoprodotto e quelle usate per la realizzazione del

prodotto. Dal punto di vista dello sviluppoprodotto abbiamo fatto uso massiccio dellamodellazione 3D che in questo caso ha avutouna ulteriore evoluzione intesa comeaccrescimento della sua importanza nelle diversefasi dello sviluppo del prodotto: per esempioanche durante il montaggio del primo prototipoil digital mock-up vettura, disponibiledirettamente in officina, veniva aggiornato intempo reale per far fronte a tutte le modifichenecessarie, in modo che progettazione emontaggio fossero sempre allineati e coerenti traloro (cosa fondamentale per un progettosviluppato in 6 mesi). Poi, ovviamente gli altristrumenti fondamentali sono stati il CFD(Computational Fluid Dynamics) per lo sviluppoaerodinamico e termico della vettura e l'intensivouso delle simulazioni FEA (Finite ElementAnalysis) per la delibera virtuale di tutti icomponenti vettura. Dal punto di vista delprodotto: i compositi in diverse forme: fibra dicarbonio, fibra di vetro, kevlar dominanosenz'altro la scena tra tutte le tecnologie usate».

Il design è davvero interessante: ci puòspiegare ad esempio come nasce il disegnodelle fiancate?«L'aspetto finito delle fiancate non è stato

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stravolto rispetto ai primi concept che il centrostile Renault ci ha mostrato. Però effettivamentela fiancata è uno dei punti caratteristici dellavettura: l'intera fluidodinamica è pensata inmodo da ottimizzare i flussi sotto il fondovettura, di cui una parte di questi alimentano idue intercooler che si trovano proprio ai fianchi.Per far si che questo delicato equilibrio funzioniabbiamo dovuto limare ed ottimizzare ognisingolo millimetro del primo CAS (ComputerAided Style, così gli stilisti chiamano il loro 3D).Il risultato è straordinario sia dal punto di vistadelle performance che dello stile (ma questa èsolo una mia opinione). Potrei dire che unadelle nostre capacità è stata quella di sfruttare itemi stilistici valorizzandoli per raggiungere il massimo delle performance».

Il richiamo, nella sigla, alla monoposto diF.1 del '77, la prima alimentata turbo, ècasuale o indica una “discendenza”?«Non è assolutamente casuale, c'è molta vogliain Renault di marcare l'importanza della nuovaRS01, la prima vettura Renault Sport a ruotecoperte non derivata da alcuna vettura stradale,richiamando una vettura altrettantorivoluzionaria come la F1 RS01»

La RS01 è destinata a correre all'interno delcalendario delle World Series Renault 3.5:fra i due progetti c'è stato uno scambio ditecnologie, materiali, soluzioni?«Come in ogni progetto Dallara il livello dicondivisione tra i prodotti è abbastanzarilevante. Anche in questo caso pur trattandosidi una vettura a ruote coperte, più simile aduna GT, esiste una forte parentela con le vetturedi tipo sport/formula».

Quali sono i punti forti della RS01 dal puntodi vista della sicurezza?«Le richieste di Renault in termini di sicurezzasono state alquanto esplicite e chiare tantoquanto per le performance. La vettura è dotatadi una cellula di sicurezza (monoscocca più'safety cage' in acciaio), di un muso anteriore edi una struttura di crash posteriore a specificaLe Mans Prototype. Inoltre è dotata di pannellianti intrusione laterali, requisito richiesto dapoco solo per la categoria LMP1. La sicurezza faparte di uno requisiti fondamentali per Renault:la vettura deve garantire i massimi standardpossibili».

I più bravi e fortunti piloti che laguideranno avranno la possibilità di seguireun programma di addestramento per il GT giapponese e addirittura per la 24 Ore di Le Mans: in che cosa la RS01è utile per addestrare piloti pro e gentlemen a sfide del genere?«La vettura ha un livello di carico aerodinamicoed in generale di grip che permettono diraggiungere accelerazioni laterali ben al disopra delle vetture GT3. Questo consente alpilota della RS01 di prepararsi per vetture LeMans, DTM o Super GT giapponese. Inoltre congrande sorpresa (la vettura in questi mesi è infase di sviluppo in pista) anche i gentlemen chehanno potuto guidare la RS01 hanno dimostratouna ottima capacità di essere veloci esoprattutto una tenuta fisica ottimale: per cuidirei che la RS01 è una ottima categoria peraspirare alle vetture Le Mans, DTM e Super GTsia per i professionisti che per i gentlemen».

Alberto Bassi

«La Renault Sport RS01 è una vetturada corsa spettacolare, con lo spiritopuro di una GT. Promette bellesensazioni alla guida. Per le suecaratteristiche sportive di alto livello,la Renault RS01 illustra le grandiqualità della Renault Sport, e la suacapacità di sviluppare macchine dacorsa che rivelano i futuri campionidella GT o dell'Endurance».

Alain Prost

Monoscocca in carbonio DallaraMotore Nismo V6,

24 valvole da 3799 cm3Potenza massima: 500 cavalli

Coppia massima: 600 NmCambio Sadev sequenziale a 7 rapporti

Pneumatici Michelin 30/68 R18 (AV) e 31/71 R18 (AR)

Lunghezza: 4710 mmLarghezza: 2000 mm

Altezza: 1116 mmPeso 1100 Kg

Velocità massima: 300 Km/h

Renault RS01

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Spaz

io Rosetta IL 12 NOVEMBRE È AVVENUTO IL “TOUCH-DOWN” DELLA SONDA LANCIATA OLTREDIECI ANNI FA DALL'AGENZIA SPAZIALE EUROPEA ALLA CACCIA DELLA COMETA“67P/CHURYUMOV–GERASIMENKO”. ANDREA TOSO, CHE HA GUIDATO IL TEAM DI TECNICIE INGEGNERI DELLA DALLARA CHE HA COLLABORATO ALL'IMPRESA, REALIZZANDO IL TRAPANOELETTRONICO INCARICATO DI PERFORARE LA SUPERFICIE DELL'OGGETTO CELESTE, CI RACCONTACOME È NATA E COME SI È SVILUPPATA QUESTA STRAORDINARIA AVVENTURA

uno sprint fra le stelle

Andrea, stavolta ci occupiamo di cosedavvero fuori... dal mondo. Del restosiamo entrambi abbastanza adulti,diciamo così, per ricordarci di quandonegli anni '60 e '70 si parlava di “corsaallo spazio”. Ci racconti cosa è lamissione Rosetta?«Nell’immaginario collettivo le comete sonooggetti celesti misteriosi, portatori disventura o fatti epocali, studiati dagliastronomi fin dal tempo dei caldei; lecomete non sono pianeti ma riaffioranoquasi dal nulla nella geografia del sistemasolare; una cometa e la sua coda di luce,causata dai detriti che perde quando siavvicina al sole riempie il cielo, poi ritornanelle oscurità profonde. Sì, le comete un po’inquietano i nostri ritmi giornalieri. L’ideaalla base della missione è semplice eintrigante perché nasce dalle necessità edell’intelligenza.“Less is more” è uno sloganspesso usato in ambito sportivo ed è moltoadatto per descrivere questa avventura.

Negli anni 2000 il programma spazialeamericano era in auge con

gli Shuttle, la

stazione spaziale, le prospettive di arrivaresu Marte. Al contrario, l’Agenzia SpazialeEuropea (ESA) e le sue affiliate tra cui l’ ASI(Agenzia Spaziale Italiana) era povera difinanziamenti perché le varie nazioni eranoe sono spesso divise su tutto. ESA cercavaun’idea forte per giustificare un’impresanuova e mettere alla prova la culturascientifica europea. L’idea di fondo era: nonpossiamo andare su Marte, non possiamosviluppare un sistema di satellitigeostazionari…è possibileandare su una cometa con pocherisorse economiche e grazieall’ingegno die nostri braviscienziati? Da lì è partita lascintilla. Il Politecnico diMilano, ed in particolare ilDipartimento di IngegneriaAerospaziale guidato dallaprofessoressa Amalia ErcoliFinzi, si è proposto come guida scientifica,ha trovato prima l’appoggio dell’ASI, poi ilconsenso dell’ESA. Una società del settore,di nome Tecnospazio, ora ribattezzataGalileo Selex, ha ricevuto l’incarico dicoordinare tempi, costi e specifiche

dell’intero progetto e trovare aziendecon esperienza nel settore

dei compositi e dei

materiali leggeri (trasportare anche solo ungrammo ad una distanza di 400 milioni dichilometri costa se consideri che la luce ciimpiega oltre 20 minuti). Tecnospazio hacercato tra le aziende del Motorsport perchéquesto settore è il più contiguo a quelloSpazio in quanto i materiali, i controlliqualità, le lavorazioni sonosimili al più solo

semplificati. E cosìinsieme a tante altre aziende,

hanno trovato Dallara. Onestamentenon siamo stati la prima scelta: Ferrarideclinò la richiesta perché troppoimpegnata nel campionato Formula 1».

Bellissima e affascinante sfida,soprattutto per chi ha avuto come

eroi d'infanzia da una parte ThorHeyerdahl e dall'altra Neil Armstrong.Che problemi progettuali pone unaavventura del genere?«Ovviamente la sfida tecnica è statasoprattutto mentale! Immagina di svolgereun esperimento mentale, senza unlaboratorio che possa riprodurre tutte einsieme le condizioni reali in cui l’oggettodeve operare: vuoto quasi assoluto,

temperatura e pressione prossimeallo zero, irraggiamento

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solare e conduzione termica tra tutti icomponenti compresi i circuiti elettronicisenza la possibilità di smaltire calore perchénon c’è conduzione niente attrito, replicareun viaggio in totale ibernazione di diecianni durante i quali la sonda viaggiato allacompleta deriva nelle profondità oscure delsistema solare, persone al centro dicontrollo missione che cambiano con glianni… Ovviamente prima del lancio si sonocondotte prove molto impegnative di“qualificazione”: vibrazioni violente persimulare la fase di lancio, prove in cameraipobarica e criogenica e altre più dettagliatecon varie iterazioni perché non tuttofunzionava al primo tentativo».

Allora immaginiamo di essere Rosetta, edi essere in viaggio…La missione è partita dalla base ESA nellaGuyana (a nord del Brasile, vicinoall’equatore) con un normale razzo Ariane,che ha spinto Rosetta fuori orbita dopo aver

sganciato i vari stadi di propulsione.Dopo il lancio siamo al di fuori dellaatmosfera terrestre e ci stiamo allontanandodalla Terra. Dobbiamo raggiungere unoggetto in movimento e lontano oltre 400milioni di chilometri, una distanza pari a10000 volte il diametro della Terra. Cosafacciamo? Puntiamo diritto al bersagliomobile? No. Non abbiamo motori, nonabbiamo batterie. Allora sfruttiamo labellezza e la sostanza del Creato, cioè lamassa propria dei pianeti: è l “effettofionda”. Prendiamo il un viaggio un po’ allalontana, circa 1,2 miliardi di chilometri perraggiungere un obiettivo lontano solo 400Milioni di chilometri (tanto la dimensionetempo è abbastanza relativa, dobbiamo soloarrivare). Puntiamo sul pianeta più vicinoche è Marte, percorrendo una traiettoriaiperbolica che sfrutti il suo campogravitazionale per accelerare cambiandodirezione; dopo Marte torniamo verso laterra e sfruttiamo di nuovo l’effetto fionda,

sempre aumentando la velocità, poi di nuovointorno a Marte. A quel punto da Terraspengono tutto: dormiamo per dieci annicome la Bella Addormentata e ci lasciamoandare alla deriva negli abissi profondi delsistema solare. Un anno fa il risveglioprogrammato da un “orologio” e scopriamoche il nostro “punto-nave” è sbagliato diqualche centinaio di migliaia chilometri: circa5 volte il diametro della terra, un’inezia!(sembra che il piccolo errore di rotta sia statodovuto a pochi grammi di differenza di peso(su un totale di 400 kg) sia del carburanteusato per le piccole correzioni in uscitadall’atmosfera terrestre sia per la perdita nellospazio vuoto della resina dei pre-impregnatidel materiale composito). Da Terracomandano una breve accensione ecorreggono la rotta. Ma nello spazio vuotonon c’è attrito: se acceleri troppo aumenta lavelocità, arrivi a fianco alla cometa e lasorpassi senza poter tornare indietro; seacceleri troppo poco la cometa si allontanaperché la sua velocità è maggiore. Quindi deviessere preciso con la minima energia che haia disposizione, preciso ma pronto a correggerela rotta perché non puoi pianificare tutto. DaTerra correggono la rotta centellinando lebatterie e la poca idrazina dei razzi (c’è unforte vincolo per tutte le missioniinterplanetarie per limitare l’inquinamentodello Spazio che non solo è patrimonioassoluto, dell’Umanità e di tutto il Creato, mainsieme al Tempo è condizione stessa perchénoi uomini possiamo conoscere il Creato così

come è). Messi in assetto,dispieghiamo i pannelli solari

come la nascita di unacrisalide, raccogliamo

“goccia a goccia” la lucedel sole (a 400 milionidi chilometri il soleillumina davvero poco)e con queste gocceriorientiamo le antenne

per comunicare con laTerra, avviamo le

apparecchiature fotografiche e gli impianti dibordo. Immagina di guidare un’automobilenel vuoto e nel buio assoluti, di avere unavaga idea di dove devi arrivare, senzaautonomia di scelta ma eseguendo leistruzioni che ricevi da lontano, di segnalareal guidatore dove sei e di ricevere le istruzionidopo circa un’ora… Be', un po’ di ansia tiviene.. Da gennaio scorso fino a luglio ciavviciniamo progressivamente alla cometafino ad arrivare a circa 30 km. Da luglio aottobre in quattro mesi le nostre macchinefotografiche rilevano l’intera superficie dellacometa che - sorpresa! - si presenta con unaforma tutt’altro che circolare: è un tubero,una specie di nocciolina americana lunga 4chilometri: valli, crateri e piccoli monti. Da

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Terra cercano una “pianura” per farscendere la sonda: il sito di “ac-cometaggio”è scelto e il 12 novembre avviene il contattocon la superficie. La sonda è sganciata dalmodulo – madre e arriviamo sulla superficiedella cometa: non c’è gravità e rischiamo dirimbalzare via per sempre, abbiamo degliarpioni meccanici precaricati che devonoperforare la superficie (senza sapere ladurezza e la consistenza che avrà. Saràghiaccio o sarà basalto?). Ancorati allasuperficie, è iniziata la fase della missioneche riguarda Dallara: tra i numerosiesperimenti ottici, elettrici e magnetici c’èquello che riguarda il trapano che abbiamoprogettato e costruito in Dallara. La puntacava del trapano penetra nel suolo e la suafilettatura interna estrae schegge e piccolicampioni di suolo cometario e li portatramite condotti in alcuni “fornetti”collegati ad una “giostra” per svolgere piùesperimenti, infine inviamo i dati a terra.La sonda è piccola ed abbiamoun’autonomia di circa 60 ore per svolgeretutti gli esperimenti che consumano lenostre poche energie, poi le batterie siesauriranno per sempre: come la fiorituradell’agave che esplode nella sua massimabellezza e funzionalità prima della morte».

Affascinante, davvero. Che velocitàraggiunge una sonda di questo tipo? Chetipo di motore la spinge?«Nello spazio devi usare quello che hai eportarti dietro tutto quello che ti servirà per

tutta la durata della missione perché nonc’è nessun angelo custode che ti venga adaiutare: “Out there, it is better to have inyour back pack whatever you need tosurvive and work” (John Aldrin).L’alternativa è ricostruire sul posto quelloche ti serve con il materiale che hai, inclusigli scarti (ti ricordi il film Apollo 13?) È unpo’ come una ciurma di marinai in mezzoall’oceano, troppo lontani dal porto, chedeve riparare la nave: non può ricostruiretutto altrimenti la nave affonda ma devesempre riparare qualcosa perché tutto sidegrada , così la nostra vita e la nostraidentità. Se non hai nulla con cui ripararela nave estrai dal vuoto intorno a tequalcosa (e lì viene in aiuto come dal nullail sole e la sua luce che è energia e vita)».

Quali sono i materiali e le tecnologie più interessanti che utilizza?«Tra i materiali più interessanti ne ricordodue: il Vespel, autolubrificante: la punta deltrapano quando penetra nella superficiedella cometa produce attrito e non puoipermetterti il lusso di portare nello zaino ilgrasso perché dopo dieci anni nel vuotoassoluto di grasso non rimane traccia. Unaltro è l’ Invar, un materiale particolare cheha un coefficiente di dilatazione termicanullo. Ritorniamo con il pensiero a Rosetta,per anni siamo esposti per una metà al solee per l’altra metà allo spazio nero eprofondo, senza l’Invar i nostri due lati sidilaterebbero in modo diverso e quindi si

deformano; queste dilatazioni possonoinnescare vibrazione termo-strutturali ecompromettere la precisione delle antennedi comunicazione con la base di controllo,ridurre l’efficienza dei nostri pannelli solaricon cui raccogliere le gocce di luce fino aprovocare vibrazioni catastrofiche e ilcollasso (questo era proprio l’argomentodella mia tesi di Laurea in IngegneriaAerospaziale!)».

Che ricadute – scientifiche, tecnologiche,ma anche filosofiche - può averesecondo te oggi sulla nostra vitaquotidiana l'esplorazione dello spazio?«Vedi, ci sono essenzialmente due principiche ci spingono alla conoscenza, il primoricerca la conoscenza e la verità in sé, comevalore non negoziabile, per soddisfare unacuriosità pura e potente; l’altro principioricerca la conoscenza come valorestrumentale, per usare la conoscenza al finedi migliorare la condizione della vitaumana. Entrambi i principi sono validi,ciascuno di noi è orientano più verso l’uno overso l’altro. Cosa spinse Ulisse adabbandonare figlio, padre, moglie:l’ardore/ ch’i’ ebbi a divenir del mondoesperto/e de li vizi umani e del valore;/mamisi me per l’alto mare apertosol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto/(...) evolta nostra poppa nel mattino,de’ remi facemmo ali al folle volo/ infin che’l mar fu sovra noi richiuso

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io

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Quale era il suo piano? Tornare di là dalmondo con nuove tecnologie e nuoveconoscenze da usare come vantaggiocompetitivo? Ulisse sapeva che non sarebbepiù tornato».

Motorsport e ingegneria aerospazialesono da sempre molto legati: vogliamoanalizzare meglio in che modo?«Il nostro equipaggio di “marinai Dallara”che ha progettato e costruito il trapano eramolto snello: abbiamo lavorato a questoprogramma nelle ore di lavoro straordinarie.Il responsabile della produzione, ItaloMontanari, ora in pensione, uomo dalgrande senso pratico di cui mi ricordosempre le metafore del mondo contadinoapplicate all’esplorazione spaziale, ungiovane progettista mago delle superfici orapadre di due bambini, un bravissimomeccanico, un ingegnere tirocinante ed io,nessun manager: interessante. Ci gestivamoda soli tra tanti altri progetti così urgenti ecosì importanti che adesso... non ne ricordopiù nessuno. Questo progetto del “trapanospaziale” invece era delicato e sobrio, conun così profondo respiro del tempo che forseresterà nella memoria del genere umanocome un atto coraggioso di conoscenza;come Galileo che osò scrutare la luna e ipianeti per scoprire che questi non eranoperfetti e sferici come pretendevano perdogma di fede i filosofi e i teologi; comeWerner von Braun che dopo gli anni terribiliin Germania dedicati allo sviluppo dellamicidiale V2 fu accolto dagli americani e,grazie alla sua esperienza con i missilistrumenti di morte, addirittura guidò ilprogramma spaziale per conquistare laLuna».

A un ingegnere come te viene mai latentazione di progettare una vettura dacorsa tele-guidabile come una astronave?«Forse avevo questa tentazione, o meglio

questa presunzione, vent’anni fa quandopensavo che i meriti dei successi in unagara fossero principalmente da ascrivere agliingegneri. Poi ho avuto la possibilità diguidare una piccola monoposto nei corsi dipilotaggio di Henry Morrogh e mi sono resoconto che il pilota è quasi tutto. Unavettura da corsa teleguidata non è unavettura da corsa, ma solo un videogioco cheinteressa solo chi gioca e annoia gli altri.Anche dietro la missione Rosetta ci sono ipiloti: sono gli uomini del centro di controllodi Darmstadt, il Politecnico di Milano e tantialtri. Rosetta da sola non rappresenta nulla,è solo un oggetto perso nello spazio».

Sugli schermi è uscito il kolossalamericano “Interstellar”, che parla dellaricerca di un habitat alternativo allaterra a grandissima distanza da noi.Oggi disporremmo di una tecnologiaadatta a questo compito?«La tecnologia c’è, ovviamente; manca ilsogno. Scriveva Emily Dickinson unabellissima poesia: Per fare un prato basta

un filo d’erba e un’ape. Un filo d’erba e un’ape. E un sogno.Un sogno può bastare. Se le api sono poche.Se pensi che l’uomo ha camminato sullaLuna quasi cinquant’anni fa, senza supercomputer, Internet, GPS, carbonio,processori real-time, cosa potremmo fareoggi? Cercare un habitat alternativosignifica che dobbiamo scappare da qui, cheabbiamo distrutto il nostro stesso mondo,che lo abbiamo riempito di rifiuti el’abbiamo reso nocivo a noi stessi. Pensaall’isola di Pasqua, un’isola così lontana dalcontinente che non c’è possibilità dicomunicare con nessuno: gli abitanti hannodistrutto tutti gli alberi e tutti i prati perspostare idoli di pietra fino alla morte ditutti. Ora estendi l’isola di Pasqua al mondoe ritrovi la stessa dinamica: siamo unmondo limitato e finito; ci conviene avernecura, “conserviamo quello che non possiamogenerare”».

Perché, allora, questa missione?«Perché solo andando indietro nel tempocapiamo chi siamo e possiamo usare lafionda per avanzare verso il futuro. Da solicon i nostri mezzi non arriveremo mai. Se cibasiamo solo sulla forza di remi dopo un po’ci stanchiamo; se alziamo la vela e lasappiamo governare, voliamo nel vento earriviamo dove vogliamo. Le comete, cosìcome gli asteroidi sono i detriti di collisioniche risalgono al tempo della formazione delsistema solare. Se dall’analisi dei campionidi suolo cometario si troverannoaminoacidici, ammoniaca sotto forma dighiaccio secco o composizioni di cristalliprimordiali che ritroviamo qui sulla nostraTerra, allora capiremo meglio la sostanzadelle stelle, del Cosmo (che significaletteralmente il Bello Eterno) e di noi stessi.“Noi siamo fatti della stessa sostanza dellestelle!».

Andrea Tosoe Stefano Semeraro

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Una Motorsport Academy che formiingegneri e tecnici altamente qualificatie li collochi sul mercato, sia quellointernazionale sia quello emiliano-romagnolo, per rispondere alle esigenzedelle aziende e rilanciare la Motor Valleyitaliana. Un sogno? No, una realtà dalprossimo 23 dicembre, quando verràinaugurata a Maranello la nuova sededella Experis Motorsport, la divisione diManpower, dove ci si occuperà proprio diquesto: formare e “consegnare” alleaziende del motosport i talenti di cuihanno bisogno e che spesso faticano atrovare. Lo strumento saranno quattrocorsi semestrali (aerodinamica,disegnazione cad, dinamica veicoli epower unit) che partiranno fra finemarzo e primi di aprile e avranno comeprotagonisti le strutture e i tecnici dellaDallara, partner di rilievo dell'iniziativa. «Non ho esitato un secondo a sceglierecome partner la Dallara», spiega LucaGiovannini, modenese di Maranello, 12anni passati alla Ferrari e oggi direttoredi Experis Motorsport e della MotorsportAcademy. «Perché alla base c'è un'intesasui valori: al primo posto vengono lepersone, che devono avere spessore,

ideali, dedizione e passione per il mondoin cui lavorano. Concetti condivisi daAndrea Pontremoli e Filippo Di Gregorio». Il progetto di Experis Motorsport delresto parte da uno delle linee guida cheda sempre muove la Dallara Automobili:l'innovazione. «Fino a pochi anni fa iteam e le aziende ci chiedevano personedi comprovata esperienza», continuaGiovannini. «Ora le cose stannocambiando. Anche in F.1 regolamentisempre più stretti e budget ben precisihanno reso appetibili anche figure chenon provengono direttamente dalmotorsport, ma che hanno altrecompetenze, che sanno pianificare econtenere i costi con un approccio piùindustriale, senza per questo perderel'estro e l'artigianalità che è propria diquesto settore. Così mi sono chiesto:perché devo dannarmi per trovareprofessionalità che sul mercato non cisono, mentre invece nel giro di tre anniposso formarle, e per giunta proprio comevogliono i miei clienti? Così è nato questoinvestimento importante, di circa 300mila euro, per trasformare in realtàun'idea che cambierà modo di fareformazione. Per la prima volta infatti

all'interno della stessa offerta avremo laformazione e il placement, ovvero lacollocazione. Oggi chi fa uno non fa altro,mentre un nostro nostro corsista appenamette piede nella Academy diventa uncandidato: noi o teniamo sotto controllo,ne verifichiamo gli avanzamenti, e seindividuiamo una opportunità di lavoroche potrebbe essere adatta a lui a a finepercorso gliela proponiamo subito e lomandiamo in visione alle aziende».Classi al massimo di 15-20 persone percorso, con insegnanti di altissimo livelloe opportunità di apprendimento chenessun altro può fornire. Soprattuttograzie a Dallara. «I corsi prevedono 140ore in formula weekend a intervallibisettimanali. I ragazzi dovrannospaccarsi la schiena per arrivare in fondo,ma chi ce la farà avrà una marcia in più.Gli insegnanti saranno un mix di docentiuniversitari che già collaborano conaziende e professionalità che già lavoranonel motorsport, e la Dallara ci metterà adisposizione galleria del vento, simulatoree i tecnici per svolgere dei workshop.Ovviamente non possono essere corsiaperti a tutti. L'Iter di selezione è moltostringente. Un curriculum va inviato al

Motorsport Academy, nasce la scuola del talento

NELLA NUOVA SEDE LA EXPERIS MOTORSPORT, DIVISIONE SPECIALIZZATA DI MANPOWER, SI OCCUPERÀ DI FORMARE E COLLOCARE NELLE AZIENDE E NEI TEAM INGEGNERIE TECNICI ALTAMENTE QUALIFICATI. LO STRUMENTO SARANNO QUATTRO CORSI DI ALTO LIVELLOCHE SFRUTTERANNO IL SIMULATORE, LA GALLERIA DEL VENTO E PERSONALE DELLA DALLARAAUTOMOBILI, PRINCIPALE PARTNER DELL'INIZIATIVA. ACCANTO ALL'ALTO LIVELLO ANCHEUN CORSO DI RIQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE PER RILANCIARE LA MOTOR VALLEY EMILIANA

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nostro team di ricerca e selezione che poisi occupa del cosiddetto placement. Unavolta verificato l'idoneità, avviene ilcolloquio con un docente e con irappresentanti di Experis e dei partner. Aquel punto verrà definita una classe chesarà forzatamente ridotta, perché allafine tutti i ragazzi dovranno trovare unacollocazione nel motorsport».L'iniziativa, lanciata al Motorsport, staraccogliendo un grande successo, conuna media di 10 iscrizioni al giorno.Accanto all'alto livello Experis Motorsportcurerà anche corsi di qualificazione eriqualificazione del personale, semprecon al centro l'orizzonte del territorio.«Nei prossimi anni – continua Giovannini- investiremo mezzo milione all'anno di

fondi nostri per formare 250 persone astagione sulle tematiche della MotorValley. E' la più grande iniziativa privatamai fatta sul territorio. Attraverso laformazione specifica vogliamo tornare acompetere con l'Oxfordshire inglese, eDallara anche in questo ha un ruolofondamentale di supporto. Non è un casoche per questa attività abbiamo scelto lazona di Parma, Fornovo e Varano, proprioper usare la “leva” della Dallara e dellealtre aziende del comprensorio». Si attiva così un doppio canale: l'altolivello dei quattro corsi della Academy(«ma già a partire dal secondo semestrepotranno diventare sei, con l'introduzionedi tematiche legate all'elettronica...») chedovrà formare tecnici per i team di F.1 e

di altre categoria, ma anche per lesezioni automotive di grandi marchicome Ferrari, Bmw o Renault. E lariqualificazione professionale che dovràfornire manodopera specializzata pertutte le aziende dell'indotto. «Per realizzare un progetto del genereserviva una grande dose di coraggio»,conclude Giovannini. «Ed è incredibilepensare che una idea partorita la scorsaestate vada già a compimento nel giro dicinque mesi. Formazione del talento einvestimento sul territorio, questi sono ledue direttive che stanno a cuore sia a noisia alla Dallara. E come dicevo, perrealizzarli partiamo dagli stessi valori».

Stefano Semeraro

Luca Giovannini

direttore di Experis

Motorsport

con Andrea

Pontremoli

AD Dallara