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  • Antropologia per la Societ / 3

  • Antropologia per la Societ

    Antropologia per la Societ accoglie contributi di ricerca capacidi coniugare il rigore dellanalisi, lattenzione alla comunicazionee linquietudine per lapplicazione dei risultati. Guidati dalla con-vinzione che lo strumento dellindagine etnografica costituiscaun saper fare scientifico e al contempo unesperienza umanaassolutamente calata nella societ, i testi contenuti nella collanaambiscono a contribuire oltre che con delle interpretazioni, an-

    che atttaverso utili strumenti per lazione.

    Volumi pubblicati:1. Zanotelli F., Lenzi Grillini F. (a cura di), Subire la Cooperazione?

    2. Pinelli B., Donne come le altre3. Pellecchia U., Zanotelli F. (a cura di), La cura e il potere

    Di prossima pubblicazione:Pellecchia U., Lusini V., Incontro, Relazione, Comunicazione

  • LLAA CCUURRAA EE IILL PPOOTTEERREESALUTE GLOBALE, SAPERI ANTROPOLOGICI,AZIONI DI COOPERAZIONE SANITARIA TRANSNAZIONALE

    a cura diUmberto Pellecchia e Francesco Zanotelli

  • La cura e il potere / a cura di UmbertoPellecchia e Francesco Zanotelli. -Firenze : ed.it, 2010. -268 p. ; 21 cm ( Antropologia per la societ ; 3. )ISBN 978-88-89726-57-0ISBN eBook 978-88-89726-58-7Permalink formato digitale:

    Propriet letteraria riservata 2010 ed.it, Firenze-Catania

    Via dei Rododendri, 150142 Firenze - Italy

    [email protected]

    Prima edizione: novembre 2010Printed in Italy

    Progetto grafico: ed.itFoto in copertina: Simone Pierotti

    www.simonepierotti.com

    Provincia di SienaForum Provinciale della Cooperazione e Solidariet internazionale

    Con il contributo di

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    Sommario

    Presentazionedi Gabriele Berni

    Introduzionedi Umberto Pellecchia, Paolo Rossi e Francesco Zanotelli

    Parte primaPolitiche internazionali e salute globale

    La salute negata: da Alma Ata ai Millenium DevelopmentGoals, e ritornodi Chiara Bodini e Ardig Martino

    Accesso ai farmaci e ricerca nei Paesi in Via di Sviluppodi Giosu De Salvo

    Parte secondaStrumenti antropologici tra corpi locali e politiche globali

    Antropologia, corporeit e cooperazione sanitariadi Ivo Quaranta

    Antropologia e salute pubblica. Comprendere linintelle-gibilit dellAIDS in Sud Africadi Didier Fassin

    Cooperazione sanitaria e medicina tradizionaledi Pino Schirripa

    Distanze e divergenze tra politiche globali della salute epratiche locali: il caso del Ghana e dellUgandadi Elisa Vasconi

  • Aspetti antropologici e giuridici della medicina islamica con-temporaneadi Dariush Atighetchi

    Parte terzaAzioni di cooperazione sanitaria transnazionale

    La cooperazione narrata: un incontro tra saperi medici inKenyadi Giorgio Pellis e Marina Spaccini

    La cooperazione sanitaria decentrata: esperienze e prospet-tive dalla Toscanadi Maria Jos Calds Pinilla,Nicol Bellanca, Elena Como, Re-nato Libanora e Andrea Rapisardi

    Corpi migranti: un dialogo tra istituzioni, associazionismoe antropologi sul diritto alla salute e sulle esperienze di curain contesti di migrazionecon interventi di Michela Ciminiello (p. 210), Cecilia Franci-ni (p. 212), Giulia Capitani (p. 214), Suela Cadri (p. 218), Bar-bara Tomassini e Franco Bassi (p. 219), Fabio Mugnaini (p. 221)

    Conclusioni: prospettive applicative per la giustizia socialedi Francesco Zanotelli

    Riferimenti bibliografici

    Autori ed enti organizzatori

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    183

    191

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    241

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  • Presentazione

    di Gabriele Berni(Provincia di Siena, Assessore alla Cooperazione Internazionale)

    In questi anni segnati da una forte crisi economica mondiale, chesta provocando vere e proprie emergenze anche allinterno dellesociet pi ricche mettendo a rischio quei livelli di coesione socia-le che fino a ieri potevano sembrare acquisiti per sempre, conti-nuiamo a pensare che lattenzione verso la cooperazione allo svi-luppo e la solidariet internazionale non rappresenti solo un im-pegno doveroso (in ragione delle responsabilit che i paesi pi ric-chi portano verso il mancato sviluppo di altri) ma rappresenti an-che un valore positivo in s.Un valore che si concretizza sia sul piano culturale sia nella pro-

    spettiva di costruire una comunit mondiale pi equa e pi giusta,per ci stesso in grado di garantire a tutti standard pi alti di con-vivenza e qualit della vita.Fare cooperazione e solidariet internazionale non significa, per

    noi che viviamo nella parte ricca del mondo, occuparsi di altro edi altri: ha sempre significato e a maggior ragione significa oggi ri-conoscere linterdipendenza che ci lega a tutto il pianeta in una co-munit davvero mondiale dove il bene essere di ciascuno in-dissolubilmente legato al bene essere di tutti.Il Forum provinciale della Cooperazione e Solidariet Interna-

    zionale si costituito tre anni fa per iniziativa della Provincia di Sie-na avendo tra le proprie finalit:

    a) stimolare e favorire lattivit di cooperazione allo sviluppo e so-lidariet internazionale in provincia di Siena;

    b) promuovere un processo di reciproca conoscenza e scambio diesperienze tra le diverse realt, valorizzandone le potenzialit,

  • favorendone lintegrazione di attivit e percorsi anche in vistadelleventuale elaborazione di progetti comuni;

    c) collaborare alla definizione delle politiche di cooperazione in-ternazionale a livello provinciale anche in relazione alle politi-che regionali;

    d) favorire lo scambio di informazioni e la collaborazione tra i sog-getti interessati, nellottica di integrare le specifiche competen-ze e creare sinergie tra i vari attori con particolare attenzionealla presenza dei migranti sul territorio provinciale in quanto anel-lo privilegiato di congiunzione con le comunit dorigine;

    e) identificare e condurre azioni di sensibilizzazione, promozio-ne e pubblicizzazione per attivare nuove energie;

    f) promuovere percorsi di formazione per laggiornamento e laqualificazione continui degli aderenti al Forum;

    g) essere un soggetto elaboratore e divulgatore della cultura del-la cooperazione internazionale allo sviluppo, mediante: la promozione di azioni di educazione sul territorio; la promozione di ricerche, studi e pubblicazioni; la raccolta, valorizzazione e diffusione di informazioni e dati; lorganizzazione di convegni, seminari, tavole rotonde e con-ferenze.

    Il presente volume si inserisce perfettamente nei percorsi atti-vati dal Forum e rappresenta senza dubbio un prezioso contribu-to, reso possibile dalla collaborazione e dalla coprogettazione didue associazioni (CREA - Centro Ricerche EtnoAntropologichee CUAMM - Medici con lAfrica) che hanno saputo operare su quel-la linea di cooperazione tra cooperanti di cui ancora troppo spes-so si sente la mancanza.La capacit di saper mettere a disposizione le proprie compe-

    tenze e le proprie specificit allinterno di progetti e iniziative con-divise con altri operatori del settore rappresenta un valore aggiun-to di primaria importanza lungo il percorso di crescita comples-siva e collettiva che allorigine dellidea stessa del Forum provin-ciale.

    8 La cura e il potere

  • 9Presentazione

    Sono tante e anche assai diverse tra di loro le azioni di coope-razione e solidariet internazionale che si originano dal nostro ter-ritorio, come tanti e diversi tra di loro sono i soggetti attivi in que-sto campo. una pluralit che rappresenta una grande ricchezzae che favorisce il maggiore coinvolgimento di singoli cittadini, or-ganizzazioni e enti.Allorigine di queste azioni troviamo sempre una forte motiva-

    zione solidaristica, un atto di buona volont sincero e per ci stes-so sempre apprezzabile e condivisibile.Tuttavia, soprattutto quando da iniziative di tipo pi occasio-

    nale ed estemporaneo passiamo a interventi pi strutturati, di verae propria cooperazione internazionale allo sviluppo, ci rendiamoconto che la buona volont non pi sufficiente e che, sia purecon le migliori intenzioni, si rischia talvolta di attivare percorsi eprogettualit non sempre in grado perseguire davvero gli obietti-vi desiderati e talvolta addirittura tali da diventare controproducen-ti per gli stessi beneficiari.In questo senso purtroppo la storia della cooperazione inter-

    nazionale allo sviluppo, e quella italiana in particolare, piena diesempi.Da questa considerazione discende la priorit che tra le iniziati-

    ve del Forum provinciale abbiamo voluto riconoscere a percorsi for-mativi che, facendo tesoro delle competenze gi presenti sul nostroterritorio, sapessero mettere a disposizione di tutti queste conoscen-ze non gi per calare dallalto nozioni e saperi da assumere acritica-mente, ma come occasione per stimolare riflessioni e confronti cri-tici e autocritici il pi possibile aperti e condivisi.

  • La cura e il potereSalute globale, saperi antropologici,azioni di cooperazione sanitaria transnazionale

  • Introduzione

    di Umberto Pellecchia, Paolo Rossi e Francesco Zanotelli1

    Miseria morborum genitrice. Con questespressione, a partire dal Me-dioevo, una parte della nascente scienza medica ha voluto soste-nere una interpretazione rivoluzionaria della salute e delle pratichemediche: la malattia, la sofferenza umana, affonda le sue cause nel-la povert e, quindi, nelle condizioni sociali che la generano. La miseria la madre delle malattie ci che sosteneva, an-

    cora nella seconda met del Settecento, il medico igienista tedescoJohann Peter Frank2. Anchegli figlio di una concezione aperta del-la medicina, incline a comprenderne i fattori extra-medici che in-fluivano nella diffusione delle pestilenze, Peter Frank cap che nonera possibile combattere il male biofisico con una teoria del mor-bo, quanto piuttosto con una teoria sociale o politica che te-nesse in conto le condizioni di vita degli affetti. Questa teoria tro-va il suo senso proprio nella miseria, causata dalle disuguaglian-ze economiche e di potere, che a loro volta sono alla base delle di-seguali possibilit non solo di curarsi dalla malattia, ma di goderedi un pi generale stato di benessere psicofisico e sociale.Sfortunatamente queste concezioni illuminate, nel corso del-

    la storia della disciplina medica, sono rimaste relegate negli stratisotterranei, sorpassate gradualmente ed egemonicamente da un ap-proccio tecnicista della medicina e della cura e da una concezio-ne sempre pi biologica e sempre meno sociopolitica del males-sere. La medicina si pertanto affermata come scienza a s stan-te, organizzata attorno ad un corpo di conoscenze proprio (il cor-po umano, la patologia, ecc.), che utilizza un insieme di pratichee tecniche meccaniche (per tale morbo occorre tale procedura cli-nica) oggi divenute vere e proprie tecnologie futuristiche3. Laffer-

  • 14 La cura e il potere

    mazione della medicina come scienza si plasmata tuttavia sullab-bandono delle implicazioni etiche, filosofiche e soprattutto socio-politiche del benessere e del malessere. proprio contro questoprocesso, soprattutto per come si affermato nel Novecento, cheil pensatore critico Ivan Illich nel 1976 lancia i suoi strali, mostran-do come in realt la medicina non manchi esattamente di etica, quan-to piuttosto abbracci, pi o meno consapevolmente, quella eco-nomicista del capitalismo. Per Illich i medici, come gli ideologi delcapitalismo che evoluzionisticamente naturalizzano la civilt indu-striale e la pongono in cima alla classifica delle possibili societ, han-no trasformato la malattia, il malato, la sofferenza, in eventi natu-rali sostenendo la medicina occidentale come una medicina uni-versale che non sarebbe condizionata da valori storicamente pro-dotti. E questo, attraverso laffermazione da un lato della tecnicae dallaltro di un approccio naturalizzante del corpo. Questultimodiventa un insieme di organi da manipolare attraverso una tecno-logia sempre pi sviluppata. Con la macchina medica, affermasempre il pensatore, la medicina provoca essa stessa la malattia4 eforme di dipendenza, ad esempio dai farmaci, che la costituisco-no come un dispositivo del capitalismo in grado di creare consu-matori inconsapevoli (Illich, 2004).In ogni caso, sia la teoria della miseria morborum genitrice

    sia il pensiero di Ivan Illich permettono di introdurre la propostadi riflessione di questa raccolta di saggi. Quellinsieme di fenome-ni salute, medicina, politiche sanitarie, cura, malattia che han-no a che fare con il benessere (o la sofferenza) bio-psico-fisica del-lessere umano, non possono essere intesi n a livello concettua-le n a livello pratico come separati dallinsieme pi ampio delledinamiche sociopolitiche e dei rapporti di forza e di potere in cuisono immersi. Spingendosi pi oltre, anzi, ci che i capitoli di que-sto volume sembrano affermare che i fenomeni correlati alla sa-lute sono intrinsecamente connessi con il potere ed i rapporti diforza: la salute, di conseguenza, oltre ad essere una questione diordine biologico (e quindi tecnico) un processo politico (quin-di sociale). In tal senso le pratiche relative alla salute e soprat-

  • 15Introduzione

    tutto alla risoluzione delle disfunzioni legate alla salute, le malat-tie necessitano di soluzioni non solo di ordine medico-sanitarioma anche, e forse soprattutto, di ordine politico-sociale.

    Politiche globali, saperi antropologici, azioni di cooperazione tran-snazionale

    Abbiamo fin qui accennato a due snodi di carattere teorico dalleforti implicazioni pratiche: da un lato la naturalizzazione della ma-lattia (e la tecnicizzazione della cura); dallaltro, la separazione, nel-lambito della scienza medica, tra la manifestazione del male sul cor-po singolo e la sua contestualizzazione allinterno di rapporti di for-za e di potere.Nel corso del presente volume, questi due processi vengono de-

    scritti a partire da ambiti disciplinari diversi (storia della medici-na, antropologia medica, economia dello sviluppo) cos come a par-tire da esperienze diversificate (didattica della salute globale, ricer-ca etnografica, attivit medica nellambito di Organizzazioni NonGovernative). Ci che unifica i diversi approcci e le diverse ragio-ni di interesse qui contenute in particolare quella accademica del-la ricerca e quella applicativa delle azioni di cooperazione interna-zionale la medesima convinzione: che i processi citati sopra rap-presentino degli ostacoli per la corretta comprensione, e quindi perla risoluzione, del male.Una volta identificato lordine dei problemi, si tratta di collo-

    carne lanalisi in una scala adeguata. La precisa scelta contenuta inquesto libro di affrontare i temi della malattia e della cura sul pia-no globale, considerandoli per come essi si intersecano con le di-namiche politiche mondiali, con la storia recente dei trattati inter-nazionali, con gli interessi commerciali e di ricerca delle impresetransnazionali, con i flussi migratori contemporanei5. Questa scel-ta deriva in primo luogo dallincontro tra antropologi e medici, in-teressati al confronto sul piano delle ideologie e delle pratiche del-la cooperazione internazionale e dello sviluppo6. Per gli antropo-

  • 16 La cura e il potere

    logi in particolare per coloro tra essi che assumono le dinami-che dello sviluppo come oggetti di osservazione e analisi e peri medici impegnati in azioni di cambiamento, la discussione nonpu che collocarsi su un piano globale, in quanto nella loro pra-tica di ricerca e di azione, entrambi vivono esperienze incompren-sibili se non accompagnate dalla capacit di tenere insieme gli even-ti locali e quotidiani con le storie, le politiche, gli equilibri econo-mici internazionali. Un ulteriore elemento che accomuna antropo-logi e medici cooperanti la loro presenza sul terreno, spesso ac-compagnata dal viaggio e dallestraniamento e pertanto dalla ne-cessit di relativizzare il proprio sguardo al contempo allargando-lo e comprendendolo in una dimensione pi ampia. Tale sguardo poi accompagnato dalla constatazione che i terreni frequentati(in questo volume osserviamo in modo particolare il continenteafricano) sono scenario, e manifestazione, di processi economici,politici, sociali disequilibrati.Abbiamo quindi chiamato a raccolta esperti nellambito dellan-

    tropologia medica, dei processi storico-politici globali e della coo-perazione sanitaria internazionale con il principale fine di avvici-nare, per mezzo di un medesimo contenitore, pratiche di ricercae di azione diverse, ma in grado insieme di fornire un pano-rama di dati, strumenti concettuali e metodologie di intervento. In-fatti, oltre a rendere evidenti i processi politici connessi con spe-cifiche manifestazioni del disagio dei corpi, il nostro obiettivo quel-lo di offrire esemplificazioni e riflessioni sugli strumenti che pen-siamo utili per chi opera singolarmente in ciascuno dei campi e set-tori menzionati. Su questo aspetto direttamente applicativo torne-remo in sede di conclusioni.La prima parte del volume, che raccoglie il contributo di Chia-

    ra Bodini e Ardig Martino, e quello di Giosu De Salvo, tracciauna storia delle politiche di salute globale, e dei relativi trattati in-ternazionali, dal secondo dopoguerra fino alla contemporaneit,individuando nel corso di circa 60 anni due paradigmi, tra loro di-vergenti, per lazione internazionale nel campo della salute: quel-lo basato sulla salute come diritto per tutti, emerso nei decen-

  • 17Introduzione

    ni della decolonizzazione e ripreso dalla conferenza di Alma Ataalla fine degli anni settanta, per il quale la salute concepita comeuno stato integrato di benessere fisico, mentale e sociale; e quel-lo neoliberista, affermatosi negli anni ottanta e novanta, che fa-vorisce la tecnicizzazione dellintervento medico e la sua mercifi-cazione, e che si realizza su scala globale attraverso limplementa-zione di riforme sanitarie nazionali basate su questi principi. Bo-dini e Martino7, attraverso una esaustiva presentazione di dati epi-demiologici, evidenziano il fallimento degli obiettivi che questo se-condo approccio si dato, e danno conto dellattuale dibattito scien-tifico internazionale, caratterizzato da un progressivo ritorno ver-so posizioni maggiormente sensibili ad un approccio olistico allasalute.Il testo di De Salvo8 si inserisce nella critica alla politica sani-

    taria neoliberista mostrando le difficili condizioni e il mancatodiritto di accesso ai farmaci per le popolazioni del mondo attual-mente colpite dalle principali pandemie quali AIDS, tubercolosi emalaria. La conflittualit politica ed economica che si scatena in-torno alla ricerca, al brevetto e alla libert di esportazione dei far-maci generici (fondamentali perch raggiungono un numero ele-vato di ammalati a costi bassi) vede agire in modo contrappostolobbies dellindustria farmaceutica, organismi politici internazio-nali, governi nazionali dei paesi pi poveri e Organizzazioni NonGovernative. Il caso internazionale dei Trips (aspetti commercia-li dei diritti di propriet intellettuale) ricostruito in dettaglio da DeSalvo, esemplare della parzialit del discorso liberista, poich innome del diritto di brevetto, si raggiunge lobiettivo di limitare lalibera circolazione dei farmaci, mostrando inoltre la stretta con-nessione tra pratiche politico-legislative ed interessi economici le-gati al campo della ricerca e della commercializzazione dei prodot-ti medici.Nella seconda parte del volume, il quadro politico internazio-

    nale passa sullo sfondo, lasciando emergere contesti nazionali, re-gionali e locali specifici, i quali per, come in un gioco di specchi,rimandano costantemente alle dinamiche globali affrontate nella

  • 18 La cura e il potere

    prima parte. Lanalisi politologica, inoltre, cede il passo allapproc-cio antropologico. Il testo di Ivo Quaranta9 apre una densa sezio-ne dedicata ad approfondire le concezioni sul corpo, i diversi sa-peri della cura, il ruolo della salute pubblica, dellintervento uma-nitario e delletica in alcuni contesti africani (Camerun, Ghana, SudAfrica, Uganda) e nei paesi con diritto islamico. I capitoli di Qua-ranta e di Fassin mettono al centro della riflessione il processo so-ciale di costruzione locale della spiegazione intorno allAIDS, unamalattia che ha attirato linteresse di molti antropologi non tantoper la sua estrema diffusione, quanto piuttosto perch diversamen-te associata dai soggetti che hanno contribuito alla sua elabora-zione culturale e istituzionale ai comportamenti sessuali dei sin-goli, agli aspetti morali connessi con lo stato di salute o di malat-tia, ai processi storici della dominazione coloniale, agli interessi po-litici delle istituzioni in epoca postcoloniale. Quaranta, in questaoccasione10, utilizza lesempio camerunese da lui conosciuto, perrichiamare lattenzione almeno su tre aspetti che possono esseredi insegnamento generale: innanzitutto che, al di l della visionebiologista del corpo e della malattia, esistono ontologie che riman-dano la malattia dal corpo singolo al corpo sociale, inserendo lacomprensione anche di una patologia come lAIDS, in una pi am-pia lettura delle (malevole) relazioni interpersonali, o addirittura diquelle tra gruppi11. Ne consegue, ragionevolmente, che la ricercadella cura passi attraverso coloro che si ritiene abbiano gli stru-menti e le capacit per indagare il piano invisibile delle intenzio-nalit altrui (Quaranta, infra). In secondo luogo, constatando comeAIDS e altre pandemie contemporanee siano diffuse soprattuttotra le popolazioni maggiormente impoverite, si sottolinea il ruo-lo delle disuguaglianze locali, nazionali ed internazionali e dellaviolenza quotidiana funzionale a riprodurle nel predisporre al-cuni soggetti sociali e non altri a tali malattie. In terzo luogo, si in-troduce la questione della sofferenza e della sua problematica rap-presentazione nel campo delle azioni umanitarie, un tema sul qua-le ritorneremo in sede di conclusione e sul quale Didier Fassin hascritto pagine illuminanti (Fassin, 2000; 2006; 2007b).

  • 19Introduzione

    Lantropologo e medico francese, nel contributo al nostro volu-me12, si sofferma sul difficile caso dellAIDS in Sud Africa, dove ladifficolt, oltre che materiale, di ordine logico: come accettare e quin-di affrontare una malattia che promette alla morte un adulto su quat-tro? (Fassin, infra). Il compito dellantropologia, ci indica lautore, in questo caso quello di contribuire a spiegare, ossia a dare senso,ad un flagello di tale portata. Secondo Fassin ci possibile operan-do a partire dalla biografia delle persone per osservare come nei lorocorpi siano iscritti molteplici ordini della diseguaglianza, e tra questiannovera la diseguaglianza in termini di salute; ma al contempo in-teressato a mostrare lazione dei corpi come soggetti che produco-no una interpretazione del malessere e della malattia, secondo quel-la che egli definisce lesperienza storica soggettivata. Nel caso del Sud Africa, lenorme diffusione dellAIDS spie-

    gata come oggettivazione della diseguaglianza sotto tre punti di vi-sta: per le condizioni socioeconomiche (povert, livello di istruzio-ne e di professionalit) che si saldano tragicamente con la distin-zione razziale costruita durante i secoli di segregazione; per la vio-lenza criminale (tra cui quella sessuale), che si inscrive in un diffu-so clima di violenza repressiva istituzionale sia durante che nel dopoapartheid; per i processi migratori, connessi con una pi generaleeconomia politica, che ha prodotto spostamenti in massa di soli uo-mini, o che ha indotto giovani donne alla prostituzione. La soggettivazione della disuguaglianza passa, invece, attraver-

    so le narrazioni individuali e di gruppo, dei malati come dei poli-tici. Ma sono soprattutto i primi a farsi carico, oltre che del disa-gio fisico del male, anche di quello psicologico, legato ad un piampio processo di colpevolizzazione della vittima per i suoi sup-posti comportamenti amorali; un processo che ci dice lautore ha fatto riaffiorare in Sud Africa stereotipi di ordine razziale. Afianco degli stereotipi sui comportamenti culturali e sessuali, emer-gono i sospetti, resi pi concreti in seguito alle audizioni della Com-missione sulla Verit e la Riconciliazione, riguardo alluso strate-gico del virus dellAIDS durante lapartheid con fini di controllodemografico della popolazione nera.

  • 20 La cura e il potere

    I saggi di Schirripa e di Vasconi, basati su materiale di ricer-ca raccolto in Ghana e in Uganda, affrontano un altro versantedel rapporto tra la sfera politica e quella medica che non riguar-da esplicitamente il corpo e la malattia, quanto piuttosto la curae i sistemi di sapere che se ne occupano. In entrambi i casi, i la-sciti dei due diversi approcci alla salute globale affrontati nella pri-ma parte del volume, vengono richiamati a partire dalla specifi-ca prospettiva delle medicine cosiddette tradizionali, nel loro rap-porto con la bio-medicina di origine occidentale. Se infatti la con-ferenza di Alma Ata ha espresso il principio universalista dellasalute per tutti, le difficolt insite nel diffondere sul territorioospedali e presidi medici di stampo occidentale hanno progres-sivamente indotto a modificare tale prospettiva, volgendo il prin-cipio della assistenza sanitaria di base per tutti verso un con-cetto di medicina di comunit e verso la valorizzazione dei gua-ritori autoctoni gi presenti e capillarmente diffusi sul territorio.Purtroppo, come spiega chiaramente Schirripa13, la compresen-za dei medici occidentali (spesso afferenti a programmi di coo-perazione internazionale) e dei guaritori tradizionali nei territo-ri, non si sviluppa su un piano paritetico ma piuttosto diventa ilterreno per la competizione tra competenze e saperi, oltre cheper laccaparramento di risorse. In particolare, nel presentare unodei tentativi ufficiali pi significativi di collaborazione tra siste-mi medici diversi nel Ghana indipendente, Schirripa sottolineala distanza che si venuta a creare tra gli operatori sanitari oc-cidentali per i quali sussiste linteresse solamente verso quelle com-petenze erboristiche maggiormente assimilabili al proprio sape-re, estrapolandole da una pi ampia comprensione che sta alla basedi quegli stessi saperi; parimenti, cresce la diffidenza da parte deiguaritori tradizionali che sentono minacciata la propria esclusi-vit sui pazienti.Elisa Vasconi opera una antropologia politica dei sistemi sa-

    nitari muovendosi dal contesto internazionale dei trattati di salu-te mondiale, alle riforme sanitarie nazionali di Ghana e Ugandaorientate verso la decentralizzazione dei servizi, fino a vederne le

  • 21Introduzione

    concrete attuazioni, e carenze, in due distretti regionali. La sua ana-lisi, che parte dal duplice interesse verso le politiche della salutee verso la salute come spazio di contesa politica, evidenzia quan-to, nella storia dei due paesi africani, la medicina tradizionale siastata usata dai governi centrali in funzione nazionalista nellim-mediata fase postcoloniale; e nellottica di una maggiore demo-cratizzazione dei servizi in epoca pi recente. Lo sguardo etno-grafico rivela per un elevato livello di insoddisfazione da partedei settori rurali del territorio in merito alle politiche di decentra-lizzazione dei servizi, facendo supporre che al discorso sulla de-mocratizzazione corrisponda invece una pratica politica di mag-gior dipendenza dagli organismi finanziatori internazionali (Ban-ca Mondiale, ma anche ONG).Il capitolo di Dariush Atighetchi14 conclude la sezione pi pro-

    priamente antropologica del volume richiamando lattenzione suun ulteriore ambito di intersezione tra il potere giuridico-politico,la dimensione religiosa e le pratiche mediche di azione sul corpo.Oggetto del testo di Atighetchi sono infatti le interpretazioni del-le diverse scuole di diritto islamico intorno ai riferimenti contenu-ti nel Corano e nei detti del profeta (ahadith) sul tema dellinfusio-ne dellanima, ossia il momento in cui Dio infonde la vita al feto.Se la definizione di questo momento, stabilito dal Corano in 120giorni dopo il concepimento, appare netta nelle sue conseguenzegiuridiche sulla proibizione dellaborto, lanalisi che lautore com-pie a partire dai diversi pronunciamenti delle scuole sunnite in ri-guardo alla liceit o meno dellaborto prima di tale data, mostra-no un panorama al contrario molto variegato. Lanalisi compara-ta della legislazione contemporanea sullaborto in alcuni Stati a pre-valenza musulmana mostra una altrettanto ampia variabilit. Il te-sto di Atighetchi ci induce pertanto a considerare il piano giuridi-co comparato come fondamentale per non assolutizzare letture dicontesti culturali tra loro accomunati dalla medesima religione eal contempo ci induce a porre attenzione alle situazioni in cui il pia-no religioso assume importanza in medicina non solamente in ter-mini etici ma anche in termini giuridici.

  • 22 La cura e il potere

    La terza ed ultima sezione del volume dedicata alle azioni dicooperazione transnazionale in campo sanitario. Abbiamo intesoinfatti far conoscere alcune esperienze dirette per lo pi sorte dalterritorio toscano di medici, mediatori culturali, amministrato-ri pubblici e antropologi che sono coinvolti in azioni di interven-to operativo o di analisi di un contesto sanitario con il fine di mo-dificarlo. Nellusare il termine cooperazione transnazionale ci ri-feriamo ad azioni che non si limitino a trasferire risorse materia-li e conoscenze in contesti lontani, poich agiscono a cavallo trale frontiere producendo riflessioni ed effetti concreti nei presidimedici del nostro stesso sistema sanitario (nazionale, regionale, lo-cale) e sul campo della salute come luogo in cui si esprimono re-lazioni politiche, sociali, umane.Il concetto di cooperazione transnazionale si avvicina molto a

    quello di cooperazione decentrata, sul quale si soffermano gli au-tori del secondo capitolo di questa terza parte. A sostegno dellin-novativit di questo modello rispetto a quello tradizionale di coo-perazione allo sviluppo internazionale, sta lidea della relazione traterritori (associazioni, cittadini, istituzioni, imprese), molto spessomediata dai migranti che stanno a cavallo tra i due territori. Nel cam-po della salute, lesperienza della cooperazione sanitaria toscana vie-ne analizzata come un possibile esempio di attuazione dei princi-pi della cooperazione decentrata per i benefici che essa in gradodi apportare: di materiali, di risorse umane che migliorano loffer-ta e laccessibilit alle cure essenziali, di formazione, di supporto or-ganizzativo. Il fatto che si svolga tra strutture di pari livello di pae-si diversi (ospedali, amministrazioni comunali, etc.) facilita una coo-perazione pi paritaria e democratica, oltre che dare visibilit allestrutture locali nei confronti dei propri governi, attivando proces-si di empowerment. Inoltre ha delle importanti ricadute nel territoriotoscano da diversi punti di vista, ma soprattutto nella capacit di af-frontare con maggior consapevolezza e attenzione le cure verso ipazienti extracomunitari.La dinamica ora accennata tra dispositivi della cura e immigra-

    zione nel territorio italiano approfondita nel dialogo a pi voci

  • 23Introduzione

    che costituisce il capitolo intitolato Corpi migranti. Ad esso han-no partecipato esponenti di associazioni di volontariato e Orga-nizzazioni Non Governative che operano nel campo dellassisten-za agli immigrati (nei territori di Arezzo, Firenze e Siena), ed espo-nenti dei servizi sanitari a livello regionale (Toscana) e provincia-le (Siena). I testi scaturiti dalla tavola rotonda15, oltre a far cono-scere le modalit con cui operano alcuni segmenti del servizio so-ciale pubblico e del terzo settore, evidenziano alcune criticit cheriguardano principalmente: le possibilit reali di accesso al siste-ma sanitario pubblico per i migranti, indipendentemente dal lorostatus di regolarit; la mancanza di chiarezza ed uniformit nel-lapplicazione della legislazione sullaccesso alla salute; e, infine,la difficolt di mediazione tra medico e paziente connessa, anchese non esclusivamente, alla carenza di figure di mediazione lingui-stico-culturale. Lintervento al dibattito dellantropologo Fabio Mugnaini con-

    tribuisce a riportare questi processi sul piano, riflessivo, delle con-nessioni tra condizione sociale del paziente e sue ricadute nellam-bito del campo medico. Il casus dal quale sviluppa le sue riflessio-ni riguarda unesperienza di etnografia svolta da un nutrito grup-po di studenti di antropologia dellateneo senese con la supervisio-ne di alcuni loro docenti, presso limprovvisato centro di accoglien-za per stranieri richiedenti asilo a Follonica, in provincia di Gros-seto, tra il 2008 e il 2009. La situazione descritta ben si presta aduna analisi di antropologia politica delle relazioni mediche in quan-to la paura che la presenza degli immigrati alimenta o viene ali-mentata dalla stampa locale declinata secondo il linguaggio del-lemergenza infettiva. Secondo lanalisi di Mugnaini, questo senti-mento di paura del diverso e del suo corpo si diffonde e acquistaconsenso tra i diversi soggetti coinvolti (popolazione locale, istitu-zioni comunali, lavoratori della polizia, addirittura colleghi univer-sitari e autorit accademiche), in ragione del fatto che nella per-cezione locale le individualit presenti nel campo di accoglienzasi sono progressivamente trasformate in un corpo unico, e ipo-teticamente infetto. Lautore punta il dito contro una politica im-

  • 24 La cura e il potere

    migratoria interessata al governo delle vite piuttosto che alla com-prensione storica e umana della mobilit territoriale, richiamandoin pi occasioni lattenzione sul concreto rischio che questo com-porta per tutti noi. Un atteggiamento di esclusione dellaltro (il mi-grante, il rom) non solo dai confini nazionali, ma anche, una vol-ta al loro interno, dalla possibilit di manifestarsi come portatoredi una propria e specifica esperienza di vita, personale, costituisceuna pericolosa falla e una possibile linea di sfondamento nei con-fronti del rispetto di noi stessi come esseri umani, e di quei dirittidei quali attualmente godiamo.Lantropologia negli ultimi decenni si impegnata molto nel de-

    nunciare tali rischi, elaborando teorie e pratiche di ricerca che util-mente possono entrare in collaborazione con altri saperi e altre pras-si come la stessa medicina o la cooperazione internazionale alfine di prospettare unidea di salute pi concreta e pi legata allereali cause di sofferenza.Lintervento intitolato La cooperazione narrata, che assume

    i toni di una testimonianza ragionata, affidato a Giorgio Pellis eMarisa Spaccini, due medici che hanno costellato la propria vitapersonale e professionale di numerose e prolungate permanenzedi cooperazione internazionale presso le popolazioni africane. Illoro racconto16 si sofferma sulla progressiva e necessaria opera diadattamento che i due medici volontari hanno operato su s stes-si negli anni, venendo a contatto non semplicemente con delle ma-lattie da curare, quanto piuttosto con delle persone prima checon dei pazienti sofferenti con delle norme sociali, con specifi-cit linguistiche e di organizzazioni del pensiero. In particolare, mo-strano nel loro percorso una peculiare forma di convivenza riusci-ta, nella compresenza, tra la loro medicina occidentale e quella lo-cale, maggiormente dedita e adatta, rispetto alla prima, a spiega-re il male oltre che, se possibile, a curarlo.La convinzione che muove nel complesso la presente collezio-

    ne di saggi che la salute e le azioni per affermarla necessitano diun approccio multiplo, cosciente e politico per poter essere elabo-rate come strategia di un benessere sociale; che non investe cio

  • 25Introduzione

    semplicemente la malattia in quanto tale, ma tutte le sfere della vita. quindi dal contributo dellantropologia, come illustreremo neiseguenti paragrafi di questa introduzione, che possiamo attinge-re per collocare in una nuova prospettiva problematiche usualmen-te relegate in alcuni settori della scienza medica o della politica in-ternazionale.

    Corpo e bio-potere: le novit dellapproccio antropologico

    Un approccio di questo genere si rapporta inevitabilmente con quel-la rivoluzione tentata da molti antropologi medici che, trovandonella distinzione cartesiana tra mente e corpo la base epistemolo-gica della medicina occidentale la cosiddetta biomedicina (Piz-za, 2009: 51-57 , sostiene invece una visione alternativa del cor-po e della corporeit. Per gli antropologi si tratta di pensare il cor-po come mindful body, corpo pensante (Scheper-Hughes e Lock,1987) e lessere umano come essere che vive nel corpo (Sche-per-Hughes, 2000: 281). Come illustra Ivo Quaranta nel suo sag-gio in questo volume, partire da una concezione differente del cor-po significa approcciare in maniera problematica il terreno sucui opera il sapere medico. Parallelamente, crediamo che la rivo-luzione suggerita dallantropologia medica consista nel compren-dere come, nel corso della storia, la salute, la malattia ed i proces-si ad esse collegati, abbiano subito da parte delle istituzioni sani-tarie e di governo occidentali un processo di de-politicizzazioneche ha indotto a considerare la malattia una disfunzione del cor-po e la cura come la tecnica per ripararlo. E questo ha effettiva-mente alimentato non solo un meccanismo di consumo di tipo ca-pitalista (si pensi appunto ai meccanismi dellindustria farmacolo-gica ben descritti nel capitolo di Giosu De Salvo), ma anche e so-prattutto lidea di una ineluttabilit del male, come fenomeno na-turale, svincolato da fattori sociopolitici.Se il corpo, invece, diventa una premessa necessaria per arriva-

    re al contesto (Scheper-Hughes, 2000: 282), gli spazi politici, sto-

  • 26 La cura e il potere

    rici e sociali diventano centrali nellanalisi della malattia e delle con-cezioni o narrazioni che gli specialisti medici mettono in campoper spiegarla. In tal senso viene immediato il riferimento a MichelFoucault e alle sue riflessioni sulla clinica (Foucault, 1998). Soffer-miamoci in particolare sulla traduzione italiana del sottotitolo diquestopera del filosofo francese: una archeologia dello sguardo medi-co. Il tema dello sguardo viene posto dallautore come chiave di let-tura di un rapporto tra apparato medico e corpo che si viene a co-stituire nella storia occidentale grosso modo dalla Rivoluzione fran-cese in poi. Pi recentemente, il concetto di sguardo lo troviamonel lavoro del medico-antropologo Byron J. Good (2006) e nel suoapproccio critico al sapere medico cos come viene trasmesso dal-lAccademia. Torneremo pi avanti su Byron Good; per ora, rima-nendo su Foucault, occorre comprendere come il filosofo si pon-ga alla base di una concezione differente della medicina e della sa-lute. Con lo strumento dello sguardo, Foucault vuole sostanzial-mente mettere in luce come, nel corso della storia moderna del-lOccidente, la malattia si sgancia da un piano filosofico-metafisi-co per diventare un oggetto in s appannaggio di una classe di spe-cialisti (i medici), di una istituzione (la clinica) e di un insieme diconoscenze (il sapere medico). Questa procedura di settorializza-zione, come si affermava poco sopra, non per Foucault un fe-nomeno neutro: esso investe, pi in generale, il rapporto tra sog-getto e societ nei termini in cui il sapere medico si pone come stru-mento privilegiato di conoscenza sul corpo; tuttavia:

    [...] il corpo anche direttamente immerso in un campo politico: i rappor-ti di potere operano su di lui una presa immediata, linvestono, lo marchia-no, lo addestrano, lo suppliziano, lo costringono a certi valori, lobbliganoa delle cerimonie, esigono da lui certi segni (Foucault, 1976: 29).

    Il corpo, per Michel Foucault, uno spazio dove il potere eser-cita il suo controllo, e la conoscenza medica funzionale a que-sta operazione. Il potere influenza la sessualit e le preferenze ses-suali, cos come categorizza i corpi sani, distinguendoli dai cor-

  • 27Introduzione

    pi malati sulla base di codici fissi che servono a reprimere la mol-teplicit delle identit. Il potere controlla ci che non previstoda lui stesso e ci che non pu controllare viene recluso e trasfor-mato. In questo senso la clinica cos come la prigione e succes-sivamente il manicomio nascono per Foucault come strumentidel potere, istituzioni totali, dove cio sul soggetto viene operataun disciplina della devianza su tutti gli aspetti che lo riguardano:corpo, fattezze, pensieri, comportamenti. Nelle sue opere sulla cli-nica, sulla psichiatria e la sessualit e sulla prigione emerge lazio-ne del potere, della societ e dei rapporti politici operata sui cor-pi, la volont di controllo, educazione, disciplina. Il corpo, in Fou-cault, da un lato dominio in cui si inscrivono i rapporti di pote-re e dallaltro strumento primo ed ultimo di potere sugli indivi-dui. Il potere per Foucault si afferma e si riproduce proprio attra-verso il corpo. Esso biopotere:

    Le relazioni sociali e tecniche in campo biomedico sono attivate attraversolacquisizione di competenze corporee e si dispiegano in quel regime poli-tico-sociale che Michel Foucault ha definito come biopolitica, un regimedi sorveglianza e di controllo di tipo panoptico17, cio di estensione capil-lare della visibilit dei soggetti da parte delle istituzioni (Pizza, 2005: 152).

    La teoria del biopotere di Michel Foucault, come mostreremopi oltre, funzionale ad un approccio critico ed alternativo allamedicina e serve, per i nostri fini, ancora una volta a sviluppare quel-lidea che il sapere medico non pu essere inteso come pura co-noscenza tecnica sul corpo fisico e biologico. La medicina ed il con-trollo dei corpi, seguendo lapproccio foucoultiano, possono es-sere veicoli di controllo sociale nei termini in cui medicalizzan-do un fenomeno dalle implicazioni sociali lo estraggono dal flus-so ordinario e dialettico dei rapporti sociali e politici. Le questioni riguardanti le migrazioni contemporanee in Italia

    affrontate nel capitolo sui Corpi migranti, esemplificano quantodetto: i migranti sono soggetti ad un controllo sempre pi forza-to sia della loro mobilit sia dei loro percorsi di cittadinanza. Que-

  • 28 La cura e il potere

    sto controllo viene esercitato dagli organi dello Stato attraverso lororamificazioni periferiche e specializzate; tra queste, le istituzioni sa-nitarie che in nome della loro responsabilit di salute pubblica ope-rano sui corpi migranti protocolli di indagine medica. Uno de-gli effetti che si possono verificare la costruzione del binomiomigrante-portatore di malattia, le cui conseguenze nel senso co-mune sono di alimentare un clima di sospetto e diffidenza rispet-to ad una presunta diversit. Un approccio epidemiologico mo-stra in realt come le malattie dei migranti altro non sono chemalattie di noi tutti o, se non cos comuni, sono causate da gravisituazioni di marginalit e povert conseguenti alle modalit del loroarrivo o permanenza.

    Determinanti sociali della malattia e violenza strutturale

    Ancora una volta, dunque, ci muoviamo in un mare molto pi am-pio di quello strettamente medico: la malattia, cos come il sape-re ad essa legata, un fenomeno inserito in rapporti di forza e cometale va concepito. Assunto questo, si ritorna alla miseria madre del-le malattie: cos come la medicina un sapere politicamente con-notato, anche la malattia ha delle cause socialmente e politicamen-te definite, ben esemplificate nel caso dellAIDS descritto da Di-dier Fassin nel suo capitolo. Le intuizioni della medicina progres-sista dei secoli passati, annebbiate dal tecnicismo e dalla naturaliz-zazione della medicina come scienza, riemergono nella contem-poraneit come possibilit alternative di interpretazione della sa-lute. Recentemente e non solo in ambito socio-antropologico molte critiche alla medicina nascono allinterno di istituzioni glo-bali titolate alla regolamentazione di quelle che si usa definire po-litiche sanitarie. Con il rapporto Closing the Gap nel 2008 un grup-po di ricercatori e funzionari istituzionali mette in discussione ilrapporto storico tra medicina e risoluzione dei malesseri, concen-trandosi sulle cause o determinanti sociali della salute. La Com-missione sulle Determinanti Sociali della Salute afferma che:

  • 29Introduzione

    Le condizioni in cui le persone vivono e muoiono sono, rispettivamente,plasmate da forze politiche, sociali ed economiche [pertanto] la giustiza so-ciale una questione di vita o di morte. [...] Il fatto che molte persone vi-vono con molto e altre con poco; che alcune godano di condizioni di vitaconfortevoli mentre altre in condizioni brutali, non un fatto di natura. [Que-ste condizioni] sono create da profondi processi sociali strutturali, prodot-ti di politiche che tollerano o, addirittura, rinforzano la disuguale distribuzio-ne di potere, ricchezza e altre risorse sociali (WHO, 2008b: 3 e 109, traduzionee corsivi nostri).

    Lidea che per combattere le malattie, in particolare le pe-sti contemporanee come lAIDS, necessario risolvere le con-traddizioni storiche che hanno determinato le relazioni disegua-li tra aree del mondo e popolazioni. Questo si ottiene indagan-do le differenze economiche e sociali in nome di una pi gene-rale giustizia sociale.Il cambiamento di prospettiva che discende da un appello alle cau-

    se sociali delle malattie critica in primo luogo lapproccio biomedi-co delle politiche sanitarie nazionali e globali che sostengono la ne-cessit di investire nella produzione delle prestazioni sanitarie pergarantire maggiore salute (un aspetto al quale dedicato il capito-lo di Elisa Vasconi). In secondo luogo, appunto, si sostiene che lamortalit o la morbilit siano innanzitutto connessi a fattori di ri-schio non sanitari e pertanto occorre ripensare un orizzonte di col-laborazione tra differenti discipline in grado di elaborare un percor-so multidimensionale di risoluzione dei problemi di salute. Importante, in questo senso, innanzitutto notare come la sud-

    divisione accademica tra antropologia medica ed antropologia po-litica la prima concentrata sullanalisi delle differenti interpreta-zioni socioculturali della malattia e del corpo e la seconda sulla com-prensione delle dinamiche di potere decade nella pratica di ricer-ca. Come sostengono alcuni antropologi medici italiani che han-no contribuito al presente volume (ci riferiamo a Ivo Quaranta ea Pino Schirripa), spesso le differenze tra antropologia medica epolitica sfumano, in grazia di un approccio che tiene in stretta re-

  • 30 La cura e il potere

    lazione i concetti di corpo, malattia, salute con quelli di potere, di-suguaglianza e politica. Cos come si sostenuto finora, per lan-tropologia contemporanea la salute non pu essere sganciata dal-le sue premesse ed implicazioni politiche. a partire dalla fine degli anni sessanta che le discipline etno-

    antropologiche cominciano a riflettere oltre che sui saperi medi-ci altri anche sul sistema medico occidentale, inteso come co-struzione storico-sociale di un sapere sul corpo e sulla salute. Labiomedicina, come altri tipi di conoscenze, viene quindi proble-matizzata in chiave critica, decentrando lottica da una dimensio-ne biologica ed organica ad una sociale. La malattia inizia ad es-sere intesa come incorporazione dellesperienza sociale, intenden-do sottolineare il fatto che il corpo, tuttaltro che elemento passi-vo, ingloba quelle dinamiche sociopolitiche che possono portareal malessere. Il concetto di incorporazione si accompagna a quel-lo gi citato di mindful body, rispettivamente di Thomas Csordas (1990;2003) e di Nancy Scheper-Hughes (2000). Un esempio di questomodo di intendere la malattia ce lo fornisce proprio lindagine et-nografica di Scheper-Hughes presso i lavoratori salariati del Nor-dest del Brasile. Affetti da manifestazioni di malessere che la scien-za medica riconduceva alla categoria nosologica della nevrosi psi-cologica e pertanto soggetti a medicalizzazione, essi vengono in-tervistati dallantropologa statunitense al fine di raccogliere la lorosoggettiva interpretazione della malattia. Con questa strategia me-todologica, la narrazione, lantropologa mette in evidenza lesisten-za di una pluralit di livelli attraverso i quali il corpo e le sue ma-nifestazioni sofferenti possono essere elaborati. Tra essi, il livelloclinico-medico quello che meno riesce a cogliere laspetto essen-ziale se vogliamo, la causa della sofferenza degli operai: la mal-nutrizione, orari di lavoro insopportabili, scarsa possibilit di ne-goziazione politica sulle loro condizioni di vita. Queste condizio-ni di disagio esistenziale emergono attraverso lammalarsi del cor-po. La malattia, pertanto, pu essere intesa come incorporazione,in questo caso di un insieme di disuguaglianze sociali che compon-gono lesistenza di quelle persone. Il paradigma dellincorporazio-

  • 31Introduzione

    ne evidentemente risente di un approccio foucaultiano: il potere,in questo caso economico, usa il corpo per manifestarsi non tan-to come istituzione (nellesempio etnografico, lindustria, il pa-drone) quanto piuttosto come insieme di pratiche diseguali.Lesempio dei lavoratori brasiliani fornisce unutile illustrazio-

    ne anche di una possibile strategia alternativa di rapporto tra me-dico e paziente. Anche secondo Byron Good (2006) la formazio-ne accademica dei medici impedisce di fatto una visione ampia dicos la malattia trascurando la soggettivit del malato, il suo pun-to di vista, e categorizzando i sintomi come unici segnali adegua-ti ad una anamnesi. necessario invece, per Good, comprende-re la rete di significati entro cui il paziente narra la sua condizio-ne di malato poich in essa il medico pu trovare un percorso com-pleto di risoluzione. La condizione dei migranti ci offre ancora unesempio utile (Seppilli, 2000): la difficolt che molte persone stra-niere hanno nel parlare dei loro problemi sanitari riscontrata daimedici in sede di anamnesi, non dipende tanto da una difficoltlinguistica come afferma Fabio Mugnaini nel Capitolo Corpi mi-granti di questo volume quanto piuttosto da un pi generale sta-to di disagio sociale in cui esse sono posizionate, conseguenzadei rapporti di forza in cui vengono incluse fin dal momento delloro arrivo. Il medico deve tenere conto di questo per produrre unesame obiettivo dello stato di salute del paziente migrante: secon-do Good, lo strumentario teorico della medicina non sufficien-te. Occorre un approccio narrativo che vada al di l della nosolo-gia classica e che concepisca la malattia come una manifestazio-ne dellesperienza sociale in cui il malato immerso e delle cate-gorie culturali da esso utilizzate per narrarla (Pizza, 2005; Atighet-chi in questo volume).Unesperienza che in molti casi un vissuto di sfruttamento, di

    disagio, di contraddizioni storiche irrisolte, di disuguaglianze. Lastoria del paziente connessa con la storia sociale ed economica delcontesto in cui vive, permette di capire cosa ha generato quel tipodi sofferenza. Lantropologo Paul Farmer (2004; 2006) ci fa com-prendere questo concetto attraverso la storia di Acphie, una del-

  • 32 La cura e il potere

    le tante vittime dellAIDS dellisola di Haiti dove lo studioso com-pie le sue ricerche. La giovane ragazza haitiana, figlia di una fami-glia di contadini, si trova costretta ad abbandonare il suo villaggioin seguito alle inondazioni dei campi familiari causate dalla costru-zione di una diga. Si trasferisce quindi in citt, al seguito di un mi-litare che la prende con s come amante, sopportando la vergo-gna sociale generata dalla sua scelta, condizionata dalla speranzadi ottenere dei benefici economici per s e per i familiari. Dopopoco tempo, per, il militare si ammala di una strana malattia eAcphie si ritrova a vivere di stenti, questa volta in un contesto ur-bano molto distante da quello a cui lei era abituata. Abbandona-ta dal suo amante ormai deceduto, la giovane rimane incinta dopoaver conosciuto un giovane nelle sue stesse condizioni precarie, la-vora come cameriera in situazioni di sfruttamento e, dopo non mol-to, si ammala e muore di AIDS, in una clinica senza risorse a cau-sa del regime politico dellisola. Intanto la figlia di Acphie e il suogiovane compagno rimangono affetti dal virus e nella stessa fami-glia della ragazza il dramma del lutto porta a sofferenze diffuse ead una stigmatizzazione sociale.Con questo racconto, qui estremamente sintetizzato, Paul Far-

    mer ci mostra ancora una volta quanto la malattia sia un fenome-no molto pi complesso di quanto sembri. I livelli interpretatividella storia di Acphie sono molteplici. Affiora la storia politicadellisola di Haiti, sfruttata da interessi economici internaziona-li, che non permette il corretto funzionamento delle cliniche; lastoria familiare di Acphie che condiziona la sua scelta di diven-tare amante di un militare e che condizionata a sua volta dallamorte della ragazza; lindigenza della situazione in cui la ragazzasi ritrova dopo la morte della persona su cui lei aveva investito lesue aspettative esistenziali. LAIDS, per Farmer, tutto questo: una rete di relazioni diseguali che strutturalmente genera la sof-ferenza; ci che egli chiama violenza strutturale. Con questo con-cetto lantropologo medico intende definire quel processo di in-corporazione delle dinamiche diseguali dei rapporti di forza strut-turali entro cui il soggetto costretto a vivere la sua esistenza. La

  • 33Introduzione

    violenza strutturale per Farmer prodotta in forma indirettadallorganizzazione sociale stessa e si articola attraverso degli assidi sofferenza (Farmer, 2004): i rapporti di genere; i rapporti et-nici (cio tra cultura egemonica e cultura subalterna); i rapporticulturali (Pizza, 2005: 101-102). La violenza strutturale non sologenera le condizioni sociali della sofferenza ma limita di fatto an-che la capacit di azione dei soggetti (Farmer, 2003; Nguyen e Pe-schard, 2003): Acphie condizionata dallo status sociale in cui inserita (donna, povera, ammalata), che ne limita la libert di scel-ta tra le possibilit di cura offerte dalla medicina. Il campo di for-ze in cui inserita veicola le sue strategie di risoluzione della sof-ferenza, che a causa delle basse condizioni materiali la porta ine-vitabilmente alla morte.Il concetto di campo di forze elaborato da Pierre Bourdieu

    (1972) si pu definire come una rete di relazioni e rapporti di for-za che stabiliscono le regole entro cui si muove lattore sociale.La libert di questultimo nello stabilire le sue scelte conseguen-te alla sua posizione allinterno di questa rete e allaccettazione diqueste regole. Il campo di forze struttura quindi le azioni di unindividuo, ne costruisce lhabitus, ovvero i possibili modi di esse-re. Evidentemente il campo strutturato su basi diseguali: un in-dividuo che appartiene, ad esempio, ad una classe sociale bassaavr una serie di condizioni di partenza dettate dal suo habitusmol-to pi difficili di uno appartenente alllite. Nel campo medico cisignifica che nonostante lenorme investimento in tecnologia sa-nitaria, i benefici di questultima sono appannaggio di quei pochiche, date le loro condizioni di partenza vantaggiose, possono be-neficiarne. Laccesso alle cure e ai farmaci , ad esempio, costo-so; gli ospedali pi attrezzati sono ubicati in contesti urbani, li-mitando laccesso ai villaggi rurali; e cos via. In pi il campo condizionato dalla storia e dai rapporti politici: una nazione co-lonizzata, ad esempio, avr sedimentato nella contemporaneit deifattori di disuguaglianza storica che limitano i cittadini nelle loropossibilit di scelta molto di pi di una nazione che non ha maivissuto il fenomeno del colonialismo.

  • 34 La cura e il potere

    Il dilemma della cooperazione internazionale: diritto alla vita o giu-stizia sociale?

    La violenza strutturale quindi radicata nei processi storici e po-litici, e diventa un fattore essenziale per comprendere e risolverele cause che determinano la sofferenza e la malattia. importan-te sottolineare la valenza attuale di questo concetto: le disuguaglian-ze, oggi, sono un fattore che difficilmente viene preso in conside-razione nelle politiche sanitarie presentando ancora una volta la ma-lattia come puro fattore naturale. , questo, un rischio che cor-rono non solo le istituzioni sanitarie ma anche quelle organizza-zioni che si occupano di cooperazione e solidariet internaziona-le. Lapproccio umanitario alla salute che contraddistingue moltis-sime Organizzazioni Non Governative spesso cade nella contrad-dizione di de-politicizzare le questioni legate alla salute delle po-polazioni beneficiarie concentrandosi su risoluzioni di tipo tec-nico-sanitario, tralasciando quindi le implicazioni legate alla vio-lenza strutturale18. Tale comportamento spesso giustificato sul-la base della specializzazione medica che per, a ben vedere, di-venta un modo come un altro per non influire sui meccanismi po-litici della sofferenza, poich ci significherebbe assumere una po-sizione troppo difficile da gestire in termini di relazioni diploma-tiche (Pandolfi, 2005).Concetti come violenza strutturale e campo ci portano

    a ragionare, ancora una volta, sullo stretto legame tra cura e po-tere, tra corpo e malattia e tra giustizia e sofferenza sociale. Perritornare ad un concetto che sintetizza in una parola sola questibinomi, lantropologo francese Didier Fassin ci suggerisce, nel-le sue opere, di usare quello foucaultiano di biopotere (Fassin,1996; 2004; 2007). Se il biopotere potere sulla vita, questulti-ma viene isolata dalla scienza medica e dagli approcci tecnicistialla salute (come quelli di molte politiche sanitarie) dalle sfere eti-che e politiche diventando, secondo le parole di Giorgio Agam-ben (1995), nuda vita:

  • 35Introduzione

    Nella prospettiva di Agamben, il potere agisce attraverso la capacit di con-trollare la nuda vita, non ammettendola a una vita significativa. La vita di-viene parte del potere paradossalmente proprio attraverso la sua esclu-sione: in quanto nuda vita, corpi sofferenti e da salvare, mera esisten-za biologica che oggi gran parte della popolazione mondiale (dagli immi-grati irregolari, alle vittime di tortura, ai richiedenti asilo, agli esclusi delleperiferie urbane, alle vittime di catastrofi, ai sopravvissuti dei genocidi, ecc.)si vede riconosciuti quei diritti ascrivibili alla cittadinanza. La nuda vita, inaltre parole, emerge come modalit storica di costruzione dei rapporti di po-tere, effetto di specifiche strategie di controllo (Quaranta, 2006c: 10).

    Lo Stato, secondo Didier Fassin, ha una responsabilit strate-gica nella gestione della nuda vita in quanto organizzatore di tut-ta quella rete di decisioni istituzionali che determinano le politichesanitarie ed i diritti di cittadinanza. Come si detto in preceden-za, la gestione della vita significa anche possibilit di esercitarvi uncontrollo: in tal senso le politiche sanitarie sono un obiettivo stra-tegico dellamministrazione di una comunit nazionale, che spes-so impongono linee di discrimine tra chi pu godere di salute e chino. Il diritto alla salute informa quindi pi in generale del dirittoche regola il rapporto tra lindividuo e lo Stato (Pizza, 2005: 93) equindi delle politiche della cittadinanza. questo un punto estremamente delicato del rapporto tra me-

    dicina e potere: dopo aver dichiarato lirriducibilit della salute amero fattore biologico-tecnico e averne rivendicato le connessio-ni sociali e politiche, abbiamo visto come la disuguaglianza si in-corpora nei soggetti diventando elemento strutturale della defini-zione della malattia. Con Didier Fassin e con il concetto di nudavita, passiamo ora ad un possibile orizzonte di costruzione di unapproccio alternativo alla sofferenza sociale19. La cooperazione sa-nitaria internazionale, cos come le politiche sanitarie nazionali edinternazionali, sono portatrici secondo Fassin di un ethos com-passionevole: anzich indirizzare sforzi di policy adeguati, sia gliattori della cooperazione sia le istituzioni globali rinunciano a pen-sare la disuguaglianza e la violenza strutturale come elementi sog-

  • 36 La cura e il potere

    getti a possibili cambiamenti, concentrandosi su piani di svilupposanitario poco dissimili dalla filantropia. Il risultato una riprodu-zione dei rapporti di forza e una politica della nuda vita. Alla sof-ferenza, al contrario, si dovrebbe rispondere con unetica della giu-stizia sociale, da sviluppare attraverso una volont politica ed unosforzo scientifico multidisciplinare atto a rispondere dei moltepli-ci livelli di cui si compone la salute.Intenzionalmente trascurata dalle politiche di giustizia sociale,

    anche se freneticamente sottoposta ad una variet di investimen-ti globali che si perdono verso direzioni non risolutive, esiste unarealt geografica che purtroppo si offre come esemplificativa diquanto detto finora. Ci riferiamo al Continente africano, nelle sueplurali forme di espressione sociali e storiche, accomunate da unasubordinazione costante ad una mentalit globale del potere con-temporaneo che ha le sue radici nel colonialismo. La maggior par-te dei saggi che compongono questo volume prendono come casietnografici contesti africani (Camerun, Sud Africa, Ghana, Ugan-da, Kenya). Ci dovuto ad una oggettivit storico-politica che ren-de le realt africane protagoniste oscure della violenza struttura-le e del biopotere. Le politiche globali della salute, nonostante leingenti quantit di denaro pubblico investito, allo stato dei fatti sisono rivelate davvero poco risolutive. Ed il loro insuccesso ha ali-mentato il luogo comune che lAfrica fosse affetta da un male an-cestrale di difficile comprensione.I motivi del fallimento risiedono, in realt, in dinamiche di po-

    tere tuttaltro che oscure. I programmi di intervento nella maggiorparte dei casi si sono indirizzati verso obiettivi errati o sono statiguidati da premesse ideologiche che avevano il solo intento di ri-produrre la subordinazione per interessi economici o ethos diffe-renti da quelli di uno sviluppo reale. I ruoli dellantropologia e diuna collaborazione tra antropologia, medicina e tutte quelle disci-pline che possono confluire verso un approccio teorico e praticodella giustizia sociale sono molteplici ed il presente volume ne sug-gerisce alcuni. In primo luogo, per, crediamo che uno dei suoi com-piti principali risieda nel decostruire quei luoghi comuni sedimen-

  • 37Introduzione

    tati nel corso della storia che servono a giustificare gli ethos delleattuali politiche della salute in Africa. Le disuguaglianze di cui lAfri-ca soggetta non sono un elemento inevitabile e necessario sullequali non si pu intervenire. Esse hanno una storia (quella colonia-le), delle forme di cui possibile fare unanalisi e delle ragioni chepi che appartenere ad una presunta natura ignota delle societafricane sono sociali e politiche. E pertanto modificabili.

    Il futuro della cooperazione sanitaria internazionale

    A ben guardare, nel mondo dei trattati e delle pratiche della coo-perazione internazionale in campo sanitario, esistita, e oggi tor-na a farsi sentire, una prospettiva medica fortemente implicata ecosciente della connessione tra cura, politiche sanitarie, e disugua-glianze socioeconomiche. Ce ne danno atto Bodini e Martino nelloro capitolo iniziale.Partendo dallassunto che la salute un diritto universale ed un

    cardine fondamentale per lo sviluppo socioeconomico e cultura-le di tutti i popoli, essa, insieme allo stato di benessere, rappresen-ta uno dei principi fondamentali degli interventi di cooperazioneinternazionale. Tale congiunzione ha determinato nel corso deglianni una serie dinterventi, programmi, documenti che hanno ten-tato di trasformare il diritto in una pratica operativa.Nel 1945 nasce il concetto di aiuto pubblico ai paesi pi ar-

    retrati, teso a giudicare la promozione sociale ed economica di talipaesi come un impegno collettivo della comunit internazionale;esso produce un radicale mutamento della tipologia di interventiche molti paesi europei effettuavano singolarmente in quegli Sta-ti sottoposti alla loro influenza e basati essenzialmente sul concet-to di colonialismo. Il piano Marshall, studiato essenzialmente perdare corso alla ristrutturazione economica delle economie euro-pee stravolte dal Secondo Conflitto mondiale, racchiude nella suapremessa questo nuovo concetto di cooperazione che nel 1948 avrla sua consacrazione nella Dichiarazione Universale dei Diritti del-

  • 38 La cura e il potere

    lUomo, promulgata allassemblea delle Nazioni Unite e sancita nel-lart. 25:

    Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la sa-lute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo al-lalimentazione, al vestiario, allabitazione, e alle cure mediche e ai servizi so-ciali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malat-tia, invalidit vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mez-zi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volont. La mater-nit e linfanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini,nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezionesociale.

    Nello stesso anno nasce lOrganizzazione Mondiale della Sa-nit con lo scopo di condurre tutti i popoli al livello pi alto di sa-lute possibile, considerando la salute nella sua connotazione piampia di benessere fisico, mentale e sociale e quindi come undiritto di tutti gli esseri umani, che va oltre il semplice concetto diassenza di malattia.A queste prime e fondamentali affermazioni, fece seguito una

    presa di coscienza sempre pi profonda dellimportanza del benes-sere dei paesi pi poveri che si concretizz nel corso degli anni intre importanti dichiarazioni: la dichiarazione di Alma Ata (1978),nella quale si stabilisce lobiettivo della garanzia della salute per tut-ti tramite la diffusione delle prestazioni sanitarie di base (PrimaryHealth Care) entro il 2000; la Dichiarazione degli Obiettivi del Mil-lennio, sottoscritta da tutti i 191 paesi aderenti allOnu (2000) daraggiungere entro il 2015; la Dichiarazione di Parigi sullo stato ela sicurezza del lavoro (2005) ed il successivo Protocollo applica-tivo di Accra (2006).Il variare delle condizioni economiche nel corso degli anni, e gli

    orientamenti di politica economica affermatisi a partire dagli anniottanta, portarono ad un ridimensionamento degli obiettivi di AlmaAta. La scarsit di risorse umane e finanziarie non permise la dif-fusione della medicina di base nelle zone rurali pi svantaggiate, men-

  • 39Introduzione

    tre, anche nei paesi pi poveri, la classe economica dominante, for-te del suo potere e dellincapacit dei governi a gestire un reale de-centramento, indirizz le risorse verso lo sviluppo di prestazioni acarattere ospedaliero e specialistico che, gravate da forti tickets, ri-masero inaccessibili alla maggioranza della popolazione.Levoluzione economica port in quegli anni nuovi attori sul-

    la scena della Cooperazione Internazionale, come il Fondo Mo-netario Internazionale e la Banca Mondiale. Questi cambiarono ra-dicalmente gli indirizzi dettati dallaccordo di Alma Ata, trasfor-mando la cooperazione sanitaria in interventi contro le malattie piche nella ricerca di salute e di benessere; questo il periodo dei pia-ni di lavoro verticali con interventi mirati a poche malattie cono-sciute e di cui erano note le cure. Tale programmazione ha por-tato negli ultimi trentanni ad un aumento della distanza fra pae-si ricchi e paesi impoveriti; se vero che in questo periodo laspet-tativa di vita nei primi aumentata di sette anni, altrettanto veroche tale aspettativa diminuita tra i secondi, dove laccesso a nuo-ve e pi efficaci cure negato e dove lHIV si diffonde con estre-ma rapidit.Nel 2000 lAssemblea della Nazioni Unite, preso atto del fal-

    limento delle politiche sanitarie globali, defin una serie di impro-rogabili obiettivi da raggiungere entro il 2015 che dovevano coin-volgere tutte le nazioni in uno sforzo globale per garantire il mi-nimo dellassistenza a tutti i cittadini del mondo. Questo documen-to prese il nome di Documento per lo Sviluppo del Millennio e si arti-cola in otto punti: sradicare la povert estrema e la fame; garanti-re leducazione primaria universale; promuovere la parit dei ses-si e lautonomia delle donne; ridurre la mortalit infantile; miglio-rare la salute materna; combattere lHIV/AIDS, la malaria ed al-tre malattie; garantire la sostenibilit ambientale; sviluppare un par-tenariato mondiale per lo sviluppo.La globalizzazione che progressivamente ha caratterizzato le eco-

    nomie e le comunicazioni nel nuovo millennio ha prodotto non soloun flusso costante di merci e di persone ma ha anche permesso difocalizzare maggiormente lattenzione sul concetto di salute globa-

  • 40 La cura e il potere

    le rendendola un punto centrale delle politiche di sviluppo econo-mico e sociale di ogni paese e diffondendo una metodologia mul-tidisciplinare nellaffrontare il problema della salute globale.In Italia, il 14 Luglio 2009 sono state elaborate le Linee Guida

    della Cooperazione. Gi nel 1989 il nostro paese si era dato dei prin-cipi guida sullattivit di cooperazione internazionale, a cui face-va riferimento non solo lattivit pubblica, ma in parte anche lat-tivit di associazioni autonome. Oggi, con il documento Salute Glo-bale. Principi guida della Cooperazione Italiana, si determinano gli in-dirizzi dellAttivit Pubblica dellintervento italiano in tema di sa-lute globale e di aiuto alla sviluppo. Il documento nasce dallatti-vit multidisciplinare del Comitato di Direzione Generale per lacooperazione allo sviluppo del Ministero degli Esteri. I Principi gui-da fanno riferimento ai principali documenti redatti da organismiinternazionali dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dellUo-mo alla Dichiarazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio completati dagli ultimi documenti delle conferenze di Roma, Pa-rigi ed Accra. In essi si afferma la complessit del problema salu-te e lo si affronta riproponendo il tema della salute globale: il si-stema dintervento proposto dal documento di Alma Ata, la pri-mary health care, torna a rappresentare il modello principale nelloschema integrato fra medicina territoriale (distretto sanitario) edospedale, anche se non viene menzionata come fondamento del-la cura e del mantenimento della salute la primary surgery. Ma ciche maggiormente auspicabile e necessario, come sottolineava-mo allinizio di questa Introduzione, un rinnovato approccio allacura e alla salute globale, capace di integrare pi sguardi: quella mol-teplicit di sguardi di cui anche questo volume portatore.

  • 41Introduzione

    Note

    1 La presente Introduzione stata redatta da Umberto Pellecchia, ad eccezione della parte intito-lata Politiche globali, saperi antropologici, azioni di cooperazione transnazionale, di cui si in-caricato Francesco Zanotelli e della parte intitolata Il futuro della cooperazione sanitaria interna-zionale, scritta da Paolo Rossi.2 Moini (2009); Corriere Salute, 12 dicembre 1994.3 Si pensi, ad esempio, alla manipolazione genetica e alle tecnologie di chirurgia estetica, solo perfare due esempi comuni.4 Lapproccio di Ivan Illich perde le sfumature di presunta radicalit se lo confrontiamo con i re-centi dati dellOrganizzazione Mondiale della Sanit che mettono in luce come, ad esempio negliStati Uniti, i decessi per cause imputabili ad errori medici o ad errate terapie farmacologiche sia-no in aumento. Cfr. Moini, 2009.5 Comprensibilmente, non arriviamo a contenere tutti i molteplici aspetti di queste relazioni, tra iquali uno di primario rilievo riguarda le manifestazioni mentali del disagio collegate con i proces-si di diseguaglianza citati. In quella direzione si pu fare proficuamente riferimento a Beneduce,2007 e 2010.6 Il presente volume nasce dalla comune ideazione di un percorso di seminari organizzati nellar-co del 2009 a Siena dagli antropologi Francesco Zanotelli e Umberto Pellecchia (CREA - CentroRicerche EtnoAntropologiche) e dal medico ospedaliero Paolo Rossi (CUAMM - Medici con lAfri-ca, sezione di Siena), nellambito delle attivit di formazione alla cooperazione internazionale pro-mosse dal Forum Provinciale di Siena per la Solidariet e la Cooperazione Internazionale. In unaoccasione precedente, il Forum aveva ospitato una giornata di studio e di confronto tra antropo-logi e cooperanti organizzata dal CREA sulla sostenibilit dello sviluppo; i risultati sono poi con-fluiti nel volume Subire la Cooperazione?, pubblicazione a cura di Zanotelli e Lenzi Grillini, 2008.7 Il loro testo si basa sulla relazione presentata a Siena il 17 aprile 2009 nellambito del seminarioLa salute globale tra politiche pubbliche e mercati internazionali. Corpi, merci e valore della per-sona.8 Rielaborazione della relazione presentata a Siena il 10 dicembre 2009 nellambito dellincontrosu Squilibri mondiali, accesso ai farmaci e sperimentazioni.9 Rivisitazione della relazione presentata a Siena il 21 marzo 2009 nellambito del seminario su Con-cezioni del corpo e dibattiti bioetici. Alcuni strumenti utili, tra antropologia e diritto.10 Per ulteriori approfondimenti si veda Quaranta, 2006c.11 Si veda anche il capitolo di Schirripa in questo stesso volume.12 La conferenza di Fassin si tenuta a Siena il 17 aprile 2009 nellambito dellincontro su Merci-ficazione del corpo e valore della persona: la salute tra politiche globali e mercati internazionali.13 Il suo testo trae spunto dalla relazione presentata a Siena il 28 marzo 2009 nellambito del se-minario su Lincontro tra saperi medici nel contesto della cooperazione internazionale.14 Riprende la relazione presentata a Siena il 21 marzo 2009 nellambito dellincontro su Conce-zioni del corpo e dibattiti bioetici. Alcuni strumenti utili, tra antropologia e diritto.15 Tenutasi a Siena il 17 aprile 2009 sul tema Corpi migranti. Il diritto alla salute e le esperienzedi cura in Toscana.16 Narrazione prodotta dagli autori a Siena il 28 marzo 2009 nellambito del seminario su Lin-contro tra saperi medici nel contesto della cooperazione internazionale.17 Il panopticon da cui laggettivo usato nella citazione un progetto di costruzione di un car-cere ideale realizzato da Jeremy Bentham nel 1791. In pratica ledificio era concepito come una

  • 42 La cura e il potere

    struttura centrale dove il guardiano poteva osservare tutti i prigionieri in ogni momento. In que-sto senso nella sua opera sulla prigione del 1975, Michel Foucault prende il panopticon come meta-fora architettonica della sua concezione del potere come forma di controllo assoluto su corpi e men-te dei soggetti.18 Il caso delle popolazioni rom presenti negli stati dellUnione Europea esemplificativo. La gra-vit delle condizioni di salute di questi soggetti determinata dallincapacit e dalla non volontpolitica degli Stati di deliberare politiche di salute adeguate che affrontino la marginalit sociale en-tro cui i Rom sono costretti a vivere. Questa incompetenza cosciente delle politiche statali vienescaricata sui Rom attraverso un paradigma culturalista, che massimizza o in alcuni casi addiritturainventa dei tratti culturali (il nomadismo, ad esempio) che giustificherebbero la difficolt ad in-serirli in percorsi di cittadinanza sanitaria. In realt i Rom, come molti gruppi sociali marginaliz-zati, sono vittime di una violenza strutturale storica perpetuata proprio dagli Stati di accoglien-za nei loro confronti. Sulle dinamiche politiche connesse con laccesso alle cure sanitarie nel casodei Rom si pu proficuamente consultare Pellecchia, 2010.19 importante notare come, anzich parlare genericamente di malattia, si vuole qui sottolineareluso di sofferenza sociale per indicare tutte le concause sociali di uno stato di salute negativo.

  • Parte primaPolitiche internazionali e salute globale

  • La salute negata: da Alma Ata ai Millenium Develop-ment Goals, e ritorno

    di Ardig Martino e Chiara Bodini

    La medicina una scienza sociale, e la politica nientaltro che una medicina su larga scala

    (Rudolf Virchow, 1821-1902)

    La salute ai tempi della globalizzazione

    Rudolf Virchow era un famoso patologo e accademico tedesco del-lOttocento, molto conosciuto per le sue scoperte mediche nel cam-po della biologia e della patologia, ma anche per aver individuatochiaramente nelle condizioni ambientali e sociali dei fattori di ri-schio per la salute. Virchow fu un fervente sostenitore della salu-te pubblica, e la sua produzione scientifica ricca di osservazio-ni e raccomandazioni sui modi per migliorare la salute delle per-sone agendo sulle condizioni di vita, economiche e sociali. Per isuoi meriti, Virchow ebbe numerosi incarichi istituzionali, fu fun-zionario del Reichstag dal 1880 al 1893 e partecip alla riforma delsistema sanitario tedesco (che diede origine al modello Bismarck,tuttora uno dei modelli di servizio sanitario pi diffusi al mondo). probabilmente a contatto con le istituzioni che Virchow ha ma-turato la consapevolezza del ruolo cruciale giocato dalla commit-tenza politica nel contrastare le cause delle malattie, attraverso lazio-ne normativa ed economica. Si narra che Virchow si oppose cosduramente alleccesso della spesa militare rispetto a quella socio-sanitaria che Bismarck, irritato, lo sfid a duello. Virchow, aven-do il diritto di scelta delle armi, e per sottolineare il valore della pre-venzione rispetto a quello della cura, scelse due salsicce di maia-le: una salsiccia cotta per s e una cruda, caricata con larve di Tri-chinella (il nematode che causa la Trichinellosi), per Bismark, cos

  • 46 La cura e il potere. Parte prima

    che il Cancelliere di ferro si vide costretto a rifiutare il duello per-ch troppo rischioso (Schultz, 2008: 1480-81).Lidea che la salute, in quanto oggetto complesso egualmente bio-

    logico, politico e sociale, vada affrontata non solo sul terreno del cor-po, unutile introduzione allanalisi della salute delle popolazioni inepoca di globalizzazione, e delle politiche sanitarie messe in atto a li-vello internazionale per promuoverla e tutelarla. Una delle caratte-ristiche della globalizzazione infatti il grado di complessit delle suedinamiche, dovuto alle fitte interazioni tra gruppi di individui, garan-tite dalle nuove tecnologie e sostenute dalla mondializzazione del com-mercio, dei viaggi e delle politiche. Gli effetti che tali interazioni pro-ducono a livello locale influiscono, nel bene e nel male, sulla salute,e non sono chiaramente comprensibili da una prospettiva meramen-te biologica. La salute ai tempi della globalizzazione dunque un og-getto estremamente denso di rappresentazioni, indagabili nelle loroprospettive solo attraverso strumenti compositi e multidisciplinari.Tra gli apporti fondamentali dellapproccio multidisciplinare vi

    certamente la ridefinizione, o meglio lampliamento, del signifi-cato di malattia. Se ammettiamo infatti che la salute non dipendesolo dalla sua componente biologica, quando analizziamo le con-dizioni di salute di un individuo o di una popolazione non analiz-ziamo solo il successo o linsuccesso della medicina nel garantirecure adeguate. Questo significa che lo stato di salute molto piche un indicatore di una disfunzione fisiologica, dellaggressivitdi una patologia o della potenza di un presidio diagnostico-tera-peutico. Se la malattia il risultato delleffetto dinamico dei mol-teplici fattori che la influenzano, lo stato di salute diviene infattianche unindicatore di questi processi.Per i gruppi di popolazione gravati da un maggiore carico di ma-

    lattia, questa impostazione analitica di estrema importanza per-ch, spostando lattenzione dalla fragilit fisiologica o dalle man-canze dei servizi sanitari verso processi pi ampi, ci aiuta a rico-noscere gli altri fattori determinanti uno stato di cattiva salute, adefinire i processi che li reificano e ad individuare strategie di con-trasto ragionevoli ed efficaci.

  • 47La salute negata

    Epidemiologia delle disuguaglianze

    in questottica processuale che possibile analizzare il differen-te peso della natura e della societ come fattori di rischio, e la re-sponsabilit degli individui, e dei processi che limitano le loro ca-pacit di reazione, come cause di malattia. Se la salute , in que-sta visione, uno stato socialmente definito, si pu meglio compren-dere anche il significato del titolo che abbiamo scelto per questocapitolo, La salute negata: la negazione della salute indica infatti iprocessi attivi ed arbitrari che agiscono a monte dei fattori deter-minanti un buono stato di salute, e ne causano leffetto differen-ziale proprio in quelle persone con peggiori esiti. Identificare i pro-cessi attivi ci consente contestualmente di indicare un soggetto,un agente, individuale ovvero collettivo e diffuso1, responsabi-le della negazione di salute. in questo modo che la bassa aspet-tativa di vita di una parte della popolazione mondiale cessa di es-sere una fatalit naturale a cui la scienza, suo malgrado, non riu-scita a dare una risposta, per divenire invece un evento determi-nato, reversibile ed evitabile. Il significato sotteso del nostro ti-tolo dunque un pragmatico tentativo di comprendere perch,come e per causa di chi o che cosa alcuni gruppi di persone, nelcontesto globale e locale, persistono nel presentare esiti in salu-te tanto svantaggiati, e di fare contestualmente emergere le stra-tegie che, alla luce dei fatti, appaiono pi credibili per modifica-re tali situazioni.Per capire quanto il meccanismo descritto sia aderente alla re-

    alt della globalizzazione, possiamo cominciare dallepilogo: RichardHorton, direttore della prestigiosa rivista sanitaria britannicaThe Lancet, nellaprile del 2008 ha aperto il suo editoriale sullasalute materno-infantile in questo modo:

    Bambini e donne stanno morendo perch coloro che hanno il potere di pre-venire quelle morti hanno scelto di non agire. Questa indifferenza da par-te di politici, amministratori, donatori, finanziatori della ricerca, da parte del-la stessa societ civile il tradimento della nostra speranza collettiva per

  • 48 La cura e il potere. Parte prima

    una societ pi forte e pi giusta; per una societ che d valore a ogni vita,indipendentemente da quanto giovane o nascosta agli occhi del pubblico que-sta vita possa essere. Quello che abbiamo di fronte un mondo squilibra-to in cui solo coloro che hanno soldi, forza militare e influenza politica sta-biliscono cosa conta e chi conta (Horton, 2008: 1219).

    Horton giunge a queste conclusioni sulla scia di numerosi stu-di epidemiologici, pubblicati su prestigiose riviste mediche inter-nazionali e nei rapporti ufficiali delle maggiori agenzie sanitarie mon-diali. Questa mole di dati, solida e basata su evidenze, ha comin-ciato a mettere in crisi, in maniera sempre pi acuta e su scala glo-bale, lintero apparato della promozione della salute, il concetto disviluppo in cui storicamente inscritto e la tecnica medica di cuisi serve.Nel corso degli ultimi anni infatti emerso, con sempre maggio-

    re chiarezza, quanto i notevoli miglioramenti nelle condizioni di vitae di salute ottenuti su scala planetaria nel corso del Novecento si sia-no di fatto realizzati in maniera estremamente disuguale tra diversigruppi di popolazione. Il rapporto annuale del 2008 dellOrganiz-zazione Mondiale della Sanit (OMS), nel rivedere le strategie di pro-mozione della salute, riporta esattamente questa posizione:

    Nel complesso, il progresso in salute nel mondo stato considerevole. Sei bambini avessero continuato a morire con i tassi del 1978, si sarebbero con-tati 16,2 milioni di decessi a livello mondiale nel 2006. Nella realt, si sonoverificati 9,5 milioni di decessi. [...] Ma queste cifre mascherano alcune dif-ferenze significative tra i vari paesi. Dal 1975, il tasso di declino della mor-talit sotto i cinque anni nel suo complesso stato molto pi lento nei pae-si a basso reddito rispetto a quelli pi ricchi (OMS, 2008).

    Sempre secondo il rapporto dellOMS, la prevalenza delluso dimetodi contraccettivi rimane in Africa intorno al 21%, mentre inaltre regioni a basso reddito si sono raggiunte coperture del 61%delle popolazioni target. Laumento nelluso dei metodi contrac-cettivi si accompagnato ovunque ad una diminuzione dei tassi

  • 49La salute negata

    di aborto, ma nellAfrica Sub-Sahariana il numero assoluto di abor-ti invece aumentato, e quasi tutti sono stati eseguiti in condizio-ni insicure. Anche i servizi per mamme e neonati continuano adessere problematici: ci sono ben 33 paesi al mondo in cui ancorameno della met di tutte le nascite ogni anno viene seguita da per-sonale sanitario qualificato, con picchi minimi addirittura del 6%,e lAfrica Sub-Sahariana lunica regione al mondo in cui lacces-so a servizi sanitari competenti al momento del parto non in au-mento2. Questi dati sono particolarmente significativi e molto usa-ti a livello mondiale perch, oltre a dare indicazioni sulle condizio-ni della salute materno-infantile e riproduttiva, sono raccolti in mododiffuso ed omogeneo, sono affidabili e rappresentano un buon in-dicatore per valutare anche la salute della popolazione generale ela competenza dei servizi sanitari.Ancora, il rapporto dellOMS riferisce che, in accordo alla cre-

    scita del reddito medio pro capite degli ultimi decenni, laspetta-tiva di vita nel mondo aumentata di quasi otto anni tra il 1950 eil 1978, e di altri sette anni da allora ad adesso. Il reddito per aumentato in maniera disuguale nei vari paesi, crescendo pi ra-pidamente nei paesi che gi avevano un reddito alto e meno in quel-li con reddito basso. La polarizzazione dei redditi ha creato un di-vario tra ricchi e poveri senza precedenti nella storia: il differen-ziale di reddito tra il quinto della popolazione mondiale pi pove-ra ed il quinto pi ricco era di 11 a 1 nel 1913, divenuto di 30 a1 nel 1960, di 60 a 1 nel 1990 e di 74 a 1 nel 1997 (Peoples He-alth Movement et alii, 2005: 4). Nel 2000, a livello globale, l1% del-la popolazione adulta deteneva il 40% della ricchezza mondiale, edil 50% della popolazione a malapena l1%3.Cos come la disparit nella distribuzione di risorse, tra la met

    degli anni settanta ed il 2005 il gi allarmante differenziale nellaspet-tativa di vita tra i paesi ad alto reddito e i paesi poveri, invece cheridursi, si ampliato ulteriormente di 2,1 anni, mentre tra i paesi adalto reddito e i paesi dellAfrica Sub-Sahariana il divario cresciu-to mediamente di 3,8 anni. Nel 2007 laspettativa di vita media inGiappone era di 82 anni, ma di soli 34 anni in Sierra Leone4.

  • 50 La cura e il potere. Parte prima

    I dati presentati sulla salute materno-infantile, sul reddito, sul-laspettativa di vita sono solo parte di una pi ampia serie di soli-de evidenze, estese a diversi contesti del pianeta, che dimostranoin maniera allarmante quanto laumentare delle disuguaglianze siadi fatto un problema strutturale, e si venga a configurare come lanuova frontiera nella promozione della salute. A sostegno di quan-to detto, nel 2005 stata istituita in seno allOMS una commissio-ne apposita: la Commissione sui Determinanti Sociali di Salute. Pre-sieduta da Sir. Michael Marmot, la Commissione ha svolto in treanni unimportante lavoro di sintesi e rielaborazione delle esperien-ze internazionali, focalizzandosi su disuguaglianze, fattori socialiche le determinano, effetti nei paesi a sviluppo avanzato ed in quel-li poveri. Nel 2008 ha pubblicato il suo rapporto finale, intitolatoClosing the gap in a generation, che ricapitola le informazioni raccol-te e suggerisce una serie di azioni di contrasto finalizzate, come diceil titolo, ad eliminare il divario esistente in termini di mortalit emorbilit nellarco di una generazione. Nellintroduzione al volu-me gli autori sottolineano:

    La giustizia sociale una questione di vita o di morte. Influisce sulle con-dizioni di vita delle persone, sul conseguente rischio di malattia e di morteprematura. Guardiamo con ammirazione al continuo aumento dellaspet-tativa di vita e di buona salute in alcune parti del mondo, e con allarme alfallimento del miglioramento in altri. Una bambina che nasce oggi in alcu-ni paesi ha unaspettativa di vita di 80 anni ed in altri inferiore ai 45. Ancheallinterno degli stati ci sono drammatiche differenze di salute, strettamen-te connesse con il grado di svantaggio sociale a cui le persone sono espo-ste. Differenze di questa portata, allinterno e tra i paesi, semplicemente nondovrebbe esistere (OMS, 2008).

    Anche la Commissione fa dunque riferimento a disuguaglian-ze strutturali, esistenti sia tra paesi che allinterno dei paesi. Di que-ste ultime, nel rapporto Closing the Gap sono raccolti esempi recen-ti: in Inghilterra e Galles il rischio di mortalit aumenta parallela-mente allaumento dellindice di deprivazione del proprio quartie-

  • 51La salute negata

    re, ed il differenziale di mortalit tra chi vive in zone molto o pocosvantaggiate di olt